4 Luigi Pirandello II fix Mattia Pascal l8 CAPITOLI DE It FU MATTIA PASCAL I. Premessa n. Premessa seconda (filosofíca) a mo' di scusa m. La casa e la talpa iv. Fu cosi v. Maturazione R Tactactac... VU, Cambio třeno vm. Adriano Meis IX. Un po' di nebbia x. Acquasantiera e portacenere xi. Di sera, guardando il fiume XII. Uocchio e Papiano Xin. II lanternino XIV. Le prodezze di Max xv. Io e 1'orabra mia xvi. II ritratto di Minerva xvn. Rincarnazione xviii. II fu Mattia Pascal Awertenza sugli scrupoli della fantasia Prima dell'inizio (i-ii) Alia narrazione vera e propria la voce di Mattia Pascal fa precedere due premesse, die suonano anche come gioco ironico rispetto alle consuete prefazioni: e, come sottolinea Giancarlo Mazzacurati, la stessa «duplica-zione della premessa e gia di per se segno di adesione alle tipologie piu diffuse nel romanzo umoristico internazionale», tra i cui maggiori esempi ci sono «i prologhi in corso d'opera di Sterne», «le premesse moltiplicate di L'umorisino nella «duplicazione della premcisaw 29$ Ciísi dl identita del person aggio Superamenío delk iiisrfasioiie La scrittsjra giustiiícata da unä «disttfa-ziüiie prowi- EPOCA IO GUERRE E FASCTSMO r.,io-i^s Jean Paul» (scrittore tedesco autore di opere sottilmente umanistic:hi\ \tC^-1825) e un testo fundamentale per Pirandello, la Storia straordincnin-üi IV ter Schlemilh (la celebre storia dell'uomo che perde l'ombra, del tedesco Adalbert von Chamtsso, 1781-1838). Proprio in un orizzonte «umorislico» il romanzo prende awio con una paradossale dichiarazione di inrericzzg sulla stessa identitä del personaggio, che si riferisce a un tempo pa'ssa:o in cui era certo almeno del proprio nome, confrontandolo con un presente in cui esso e andato perduto: e questa perdita di se viene subito sot traft a a vicende convenzionali, a qualcuna delle consuete disgrazie famillarf e n-condotta a un caso particolarmente strano e diverso, che il personaggio im prende a narrare. Ma prima di iniziare la narrazione, Mattia Pascal pre senta la propria condizione di bibliotecario: prima defFinizio delle sue av-venture ha prestato servizio in una biblioteca, dove si trova anche alia tine, quando ha ormai perduto la propria identitä e inizia a scrivere la propria autobiografia. In quella biblioteca polverosa e trascurata da tuLLi, Mattia ha appreso la vanitä e l'mutilitä del libri: e il libro che comincia a scrivere sarä affidato proprio a quella biblioteca, sepolto tra quei libri vani c inutili, nell'attesa improbabile di qualche cunoso lettore. La seconds pre messa (scherzosamente chiamata filosofica) vuole mostrare come l'auto-biografia di Mattia Pascal, pur essendo contigua ai libri polverosi di quella biblioteca (dove hanno luogo abnormi e paradossali alleanze ira maic-rie sacre e materie licenziose), puö svolgersi solo rifiutando i tmdizionali modelli narrativi: mentre il bibliotecario Pellegrinotto lo esorta a eqsLttii-re un testo «condotto sul modello di questi ch'egli va scovando oella bi blioteca», dotato di un particular sapore, egli awerte il totale esatirirsi non soltanto del metodo naturalistico, ma di ogni forma di «narrazione minu-ta e piena d'oziosi particolari», di ogni automatica raccontabilitä de! reale. Con I'umoristica esclamazione Maledetto sia Copernico! viene chiamata in causa la rivoluzione copernicana, che ha fatto perdere alTuomo il po sto centrale nell'universo e ha ridotto aH'inessenzialitä tutte le sue vicen de, ha fatto perdere ogni valore al minuto emergere delle forme e degli og-getti della vita umana {e degli esordi narrativi basati sui minuti panicolart quotidiani Mattia sottolinea tutta la vaeuitä, presentandone un breve iro-nico elenco). Le Stesse calamitä naturali (che agli uomini contemporaliei si presentano sotto l'aspetto di notizie) mostrano quanto sia marginale e inessenziale la presenza dell'uomo sulla terra: ma, come sottolinea il bibliotecario Pellegrinotto, gli uomini continuano comunque ad appoggiar-si sulle illusioni e sulla distrazione: la narrazione della propria vita satii ai-lora giustificata per Mattia proprio da una distrazione provvidentialt:. Solo dimenticando prowisoriamente l'inessenzialitä delle vicende c dei sen-timenti umani Mattia poträ parlare della propria vita, fame romanzo: per Pirandello nel mondo modemo la letteratura puö essere giustiücata solo da questa «distrazione», questa sospensione della vanitä: per se stessa co me per ogni storia umana. [EDIZIONE: Luigi Pirandello, Mfu Mattia Pascal, a cura di G. Ferroni, Bompiani. MiLnci 1994] ■0,a LMGI PIRANDELLO. IL FU MATTIA PASCAL na delle poche cose, anzi forse la sola ch'io sapessi di certo era questa: che mi chiamavo Mattia Pascal1. E me ne approfittavo. Ogni qual volta quakuno de' miei amici o conoscenti dimostrava d'aver perduto il senno tlno al punto di venire da me per qualche consiglío o suggerimento, mi sliingevo nelle spalle, socchiudevo gli ocelli e gM rispondevo: lo mi chiamo Mattia Pascal. Grazie, caro. Questo lo so. -Eii par poco? Mon pareva molto, per dir la veritä, neanche a me. Ma ignoravo allora che . iss volesse dire il non sapere neppur questo, il non poter piú risponde-re,: cioě, come prima, all'occorrenza: lo ml chiamo Mattia Pascal. 1 >u t'cuno vorrä bene compiangermi (costa cosi poco), immaginando l'a-rroce cordoglio d'un disgraziato, al quale awenga di scoprire tutt'a un trat-to: che.. .2 sí, niente, insomma: né padre, né madre, né come fu o come non fit; e vorrä pur bene indignarsi (costa anche meno) della corruzione dei co-stumi e de' vizii, e della tristezza dei tempi, che di tanto male possono es-scr cagione a un povero innocente. -bbene, si accomodi. Ma ě mio dovere awertirlo che non si tratta pro-pnamente di questo. Potrei qui esporre, di fatti, in un albero genealogico, 1 origrne e la discendenza della mia famiglia e dimostrare come qualmente non solo ho conosciuto mio padre5 e mia madre, ma e gli antenati miei e le loro azioni, in un lungo decorso di tempo, non tutte veramente lodevoli. allora? 1 Mama Pascal: la critica ha mostrato come la scelta del nome, come del resto qua-■ sempre 111 Pirandello, non sia affatto ca-lale: per ció che riguarda Mattia ě ímme-ato ll nferimento a matto, usato nel testo esso del romanzo, nel capitolo XVII, per jcca del fratello Roberto, a cui si ag-t;iunge un riferimento all'apostolo Mattia, cui gli Atti degli Apostoli, i, 15-26, dico-rro che fu chiamato a sostítuire Giuda e fu testimone della resurrezione di Cristo (Se-dita). Cosi il nome del personaggio, che "el romanzo muore e «risorge» due volte, collega all'ambito della resurrezione, co-ire mostra anche il cognome Pascal (che ivia a Pasquale e alia Pasqua), che per al-'1 a via evoca il teosofo francese Théophi-Pascal, due opere dél quale sono citate da un personaggio del romanzo, e il grande scrittore francese Blaise Pascal (su cui r. CANONE EUROPEO, tav. 90), che Piran-• lellq ata due volte nel saggio su L'umort- smo e con la cui filosofia egli mostra important! consonanze. 2. scopriie ... che...: la voce del narratore interrompe improwisamente il suo di-scorso e intreccia un dialogo con i lettori, invitandoli a non compiangerlo per I'e-ventuale mancanza di padre o di madre o di quant'altro, e a non considerarlo vitti-ma della corruzione dei costumi, Quesra prima interruzione mostra come la scrit-rura narrativa pirandelliana sia caratteriz-zata da «una tecnica di intersezione», che porta ad uscire dalla rappresentazione «intrecciando col pubblico un dialogo spesso ironico, da giocoliere della sospensione e dell'ellissi» (Mazzacurati). 3. non solo ... mio padre: il narratore si correggera all'inizio del capitolo III: «Ho detto troppo presto, in principio, che ho conosciuto mio padre. Non l'ho conosciuto. Avevo quattr'anni e mezzo quand'egli mori». EPOCA 10 GUERRE E FASCISMO í uug1 PIRANDELLO. II FU mattia PASCAL i Ecco: il mio caso ě assai piú strano e diverso; tanto díverso e strano t|w n ! faccio4 a narrarlo. | Fui> per circa due anni, non so se piú cacciatore di topi che guárdiatio di j libri nellabiblioteca che un monsignor Boccamazza5, nel 180?. voPc 'asciar i morendo a! nostro Comune. Ě ben chiaro che questo Monsignnré dovei-; te conoscer poco 1'indole e le abitudíni de' suoi concittadini; o fótsc spcro che il suo lascito dovesse col tempo e con la comoditá accendert: v-c! lorc anímo 1'amore per lo studio. Finora, ne posso rendere testimonianza. noa si é acceso: e questo dico in lode de' miei concittadini. Del dono nna il Comune si dimostró cosi poco grato al Boccamazza, che non volle 'íenpurc erigergli un mezzo busto pur che fosse, e i libri lascio per moltí e ínolri an ní accatastati in un vasto e umido magazzino, donde poi li trasse, pensare voi in quale stato, per aíiogarlís neEa chiesetta fuori mano di Sama JMana Líberale?, non so per qual ragione sconsacrata. Qua li affidó, seti^alcun discernimento, a titolo di beneficio, e come sinecura, a qualche <;lacceri-dato ben protetto il quale, per due lire al giorno, stando a guardarli, o an-che senza guardarlí affatto, ne avesse sopportato per alcune ore il umto della muffa e del vecchiume. Tal sortě tocco anche a me; e fin dal pritno giorno io concepii cosi' rníseia stima dei libri, sieno essi a stampa o manoscritti (come alcuni an>ich>ssimi della nostra bibhoteca), che ora non mi sarei mai e poi mai messo a scrí-vere, se, come ho detto, non stimassi dawero strano il mio caso c lale da poter servire ďammaestramento a qualche curioso lettore, che per awcti-tura, ríducendosi finalmente a efřetto Tantica speranza della buorúiníma di monsignor Boccamazza, capitasse in questa biblioteca, a cui io lascio questo mio manoseritto, con 1'obbligo pero che nessuno possa aprirlo sc non cinquanťanni dopo la mia terza, ultíma e definitiva mořte. Giacché, per il momento (e Dio sa quanto me ne duole), io sono moi-to, si. giá due volte, ma la prima per errore, e la seconda... sentirete. PREMESSA SECONDA (FILOSOFICA) A MO' DI SCUSA L'idea, o piuttosto, il consiglio di serivere mi ě venuto dal mio reverendo ami-co don Eligio Pellegrinotto, che al presente ha in custodia i libri della Bocca^ mazza, e al quale io affido il manoseritto appena sara terminato, se m?.; sará. 4. mi faccio: mí accingo, incomincio. 5. Boccamazza: il cognome del fondatore della biblioteca riprende quello di un per-sonaggio del Decameron di Boccaccio, protagonista di una novella a lieto fine (V, 3). 6. allogarli: coilocarli. 7. Santa Maria Liberale: anche se la cítta-dina di Mattia Pascal ě Mkano, ímmagi-naria localita della Liguria, Pirandello ri-cava moltí dati che la caratterizzano dal-la Sicília e dalla natia Girgenti. Nelľím- tnagine della chiesetta c e la gtrnmca ^ug-gestione dí qualche chíesa perifeika cl! Girgenti, ma tutta la biblioteca boccamazza costituisce ana deformazioncgtof-tesca della Biblioteca Lucchesiaf..1 lor-cíata a Girgenti nei 1765 dal vesco\o A11 drea Lucchesi Palli (il cui stato di .ibban dono ě deseritto da Pirandello in una Itii-tera al suo maestro uníversitario, il Lilolo-go romanzo Ernesto Monaci, di mel 3 ?c:L-tembte rS89), lo serívo qua, nella chiesetta sconsacrata, al lume che mi viene dalla lan-terna lassú, della cupola; qua, nelľabside riservata al bibliotecario e chiu-sa da una bassa cancellata di legno a pilastrini, mentre don Eligio sbuffa sotto 1 mcarico che si ě eroicamente assunto di mettere un po' ďordine in questa vera babilonia di libri. Terno che non ne verrä mai a capo. Nessuno prima di lui s'era curato di sapere, almeno alľingrosso, dando di sfug-gíta lui'occhiata ai dorsí, che razza dí libri quel Monsignore avesse donate, al Comune: si riteneva che tutti o quasi dovessero trattare di materie religiose. Ora il PeEegrinotto ha scoperto per maggior sua consolazione, una varieta grandissima dí materie nella bibhoteca di Monsignore; e siccome i libri luron presi di qua e di lä nel magazzino e aceozzati cosi come veni-vano sotto mano, la confusione ě mdescrivibile. Si sono strette per la vicí-nanza Ira questí libri amicizie oltre ogni dire speciose: don Eligio Pelle-grinoito mi ha detto, ad esempío, che ha stentato non poco a staccare da un trartato molto licenzíoso Dell'arte di amar le donne, libri tre di Anton Muzio Porro, delľanno 1571, una Vita e morte diFaustino Materucci, Be-nedetlino diPolirone, che talum chiamano Beato, biografia edita a Manto-va nel 16258. Per humidita, le legature de' due volumi si erano fraterna-mente appíccicate. Notare che nel libro secondo di quel trattato licenzio-so si díscorre a hrngo della vita e delle awenture monacali. Moid libri curiosi e piacevolissimi don Eligio Pellegrinotto, arrampicato tutto il giorno su una scala da lampionajo9, ha pescato negh scaffali delJa biblioteca. Ogni qual volta ne trova uflo, lo lancia dalľalto con garbo, sul íavolo ne che sta in mezzo; la chiesetta ne rintrona; un nugolo di polvere si leva, da cui due o tre ragni scappano via spaventati: io accorro dalľab-side, scavalcando la cancellata; do prima col libro stesso la caccia ai ragni su pe'1 tavolone polveroso; poi apro il libro e mi metto a leggiucchiarlo. Cosi, a poco a poco, ho fatto il gusto a siffatte letture. Ora don Eligio mí dice che il mio libro dovrebbe esser condotto sul modeho dí questi ch'e-gli va scovando nella biblioteca, aver cíoě il loro particolar sapore. Io scrol-lo le spalle e gli rispondo che non e fatica per me. E poi altro mi trattiene. ■Tutto sudato e ímpolverato, don Eligio scende dalla scala e viene a pren-děre una boccata ď aria nelľortícello che ha trovato modo di far sorgere qui díetro ľabsíde, riparato giro giro da stecchi e spuntoni. -Eh, mio reverendo amico, - gli dico io, seduto sul murello, col mento ap-pöggiato al pomo del bastone, mentr'egli attende alle sue lattughe. - Non ■mi par piú tempo, questo, di scriver libri, neppure per ischerzo, In consi-derazione anche delia letteratura, come per tutto il resto, io debbo ripete-re il mio solito ritornello: Maledetto sia Copernico!10 8, DeWartt dí amar... nel ifiz;: nel citáte questi testi sttavaganti e probabiknente inesistenti Pirandello mpstra la sua cu-Tiositá per una cultura bíblíografica ed erudíta, stravolgendola in chiave grotte-sca e paradossale con il singolare connu-bio tra quei libri di carattere opposto, ap-piccicati tra loro daUumiditá. 9. scala da lampionajo: una di quelle scale che si usavano per accendere le lampade a olio o a gas dell'illumrnazione pubblica. 10. Maledetto sia Copernico.': nella seconda parte del saggio su L'umorismo Pirandello fara ancora riferimento al canonico e astronomo polacco Niccolo Copernico (1473-1543) per mostrare il legame tra la EPOCA lo GUERRE E FASCISM O , - Oh oh oh, che c'entra Copernico! - esclama don Eligio, levandtw >,u |B vita, col volto infocato sotto il cappellaccio di paglia. - Centra, don Eligio. Perché, quando la Terra non girava... - E dalli! Ma se ha sempre girato! - Non ě vero. L'uomo non lo sapeva, e dunque era come se non girassc Pc-tanti, anche adesso, non gira. L'ho detto l'altro giorno a un \ ecchio conra-dino, e sapete come m'ha risposto? ch'era una buona scusa per g;i uhria-chi. Del resto, anche voi, scusate, non potete mettere in dubbio die-Giosue fermó il Sole". Ma lasciamo star questo. Io dico che quando la Tcira non girava, e l'uomo, vestito da greco o da romano, vi faceva cosi belli ligura e cosi altamente sentiva di sé e tanto si compiaceva della propria dignity, t re do bene che potesse riuscire accetta una narrazione minuta e piena ďovio si particolari. Si legge o non si legge in Quintiliano, come voi m'avc'e in>>e-gnato, che la storia doveva esser fatta per raccontare e non per prowireí" - Non nego, - risponde don Eligio, - ma ě veto altresi che non si so no mat scritti libri cosi minuti, anzi mínuziosi in tutti i piú ripostí particolari. come dacché, a vostro dire, la Terra s'ě messa a girare. - E, va bene! II signor conte si levó per tempo, alle ore otto e mezzo tin Lise. .. La signora contessa indossd un obito lilia con una ricca fiorítura di mcr-letti alia gola.,. Teresina si mořiva difame... Lucrezia spasimava ďautore' Oh, santo Dio! e che volete che me n'importi? Siamo o non siauio su un'invisibile trottolina, cui fa da ferza un fil di sole, su un granellino di sob bia impazzíto che gira e gira e gira, senza saper perché, senza perveni- mai teoria copernicana e la scoperta della mar-ginalita dell'uomo nell'universo, rivelando tra l'altro di averne ricavato da Leopardi (dall'operetta morale II Copernico: cfr. 8.4.9) il suo uso «umoristico»: «Uno dei piri grandi umoristi, senza saperlo, fu Copernico, che smonto non propriamente la macchina dell'universo, ma l'orgogliosa immagine che ce n'eravamo fatto. Silegga quel dialogo del Leopardi che s'intitola appunto dal canonico polacco». 11. Giosue fermo il Sole: allude al racconto biblico (Libra di Giosue, 10,12-14) secon-do cui il re ebreo chiese e ottenne da Dio che il Sole si fermasse su Gabaon, perche egli potesse compiere firm in fondo la vendetta sui suoi nemici: nella tradizione cat-tolica questo episodio era stato a lungo usato come prova dogmatica della centralis della Terta e del moto del Sole attorno ad essa, anche contro le ipotesi e i calcoli della nuoya scienza. Mattia sostiene ironi-camente che don Eligio, come ecclesiasti-co, dovrebbe credere alia lettera al testo biblico, con tutto cio che ne consegue. 12. Si legge ... provare?: si riferisce a una battuta del retore latino Quimiiisaio i>cc T d.C), contenuta nellaInstitutio< oramm. X, i, 31: «Historia... scribitur ad-n.irran-dum non ad probandum* ("1,1 stol'iu s,i scrive per narrare, non per provare''.. 13. IIsignor conte ... d'amore. eleiKO ci formule stereotipate, come cscmpi d] convenzionali esordi narrativi, eii 10 u n modello romanzesco che Pirande'lo r tiene non piú praticabile. MazAia.i 1U1 ha sottolinearo la vicinanza di quesro elenco parodistico con i propositi del pocta francese Pará Valéry (cfr. p. Si, rilerii: ir, unpasso divenuto addirittura proverbia-le del Manifeste du surreaiisme tli Manile sto del surreaiismo"), del 1924, di Andté Breton (cfr. 10.S.S): «Paul Valcrv prop" neva recentemente di raccogliere urfan-tologia del maggior numero ppss:biie c:i esordi di romanzo, dall'insania dei qaali si attendeva raolto... Una simile idea 1j ancora onore a Paul Valéry, che icripo aproposito di romanzi, mi gataiiíica cla;, per quanto lo riguarda, si sarebbe sempre rifiutato di scrieere: La ma-\ .Vi./ alle cinques. lUIGI PIRANDELLO. IL FU MATTIA PASCAL ä desrino, come se ci provasse gusto a girar cosi, per farci sentire ora un po' piü di caldo, ora un po' piü di freddo, e per farci morire - spesso con coscienza d'aver commesso una sequela di piecole sciocchezze - dopo jnquanta o sessanta giri? Copernico, Copernico, don Eligio mio, ha rovi-iato 3'umanitä, irrimediabilmente. Ormai noi tutti ci siamo a poco a poco tdattati alla nuova coneezione dell'infinita nostra piecolezza, a considerarci mzi men che niente nell'Universo, con tutte le nostre belle scoperte e in-ienzioni; e che valore dunque volete che abbiano le notizie, non dico del-e nestre miserie particolari, ma anche delle generali calamitä? Storie di rernweei ormai, le nostre. Avete letto di quel piecolo disastro delle Antil-e't? Niente. La Terra, poverina, stanca di girare, come vuole quel canoni-;o polacco15, senza scopo, ha avuto un piecolo moto d'impazienza, e ha ihuffato un po' di fuoco per una deEe tante sue bocche. Chi sa che cosa le ivevj mosso quella specie di bile. Forse la stupiditä degli uomini che non fono stati mai cosi nojosi come adesso. Basta. Parecchie migliaja di ver-liiicci abbrustoliti. E tiriamo innanzi. Chi ne parla piü? Don Eligio Pellegrinotto mi fa perö osservare che, per quanti sforzi fac-;iämo nel crudele intento di strappare, di distruggere le illusioni che la jrowida natura ci aveva create a fin di bene, non ci riusciamo. Per fortu-iä; l'uomo si distrae facilmente'6. Questo e vero. Ii nostro Comune, in certe notti segnate nel calendario17, ion fa accendere i lampioni, e spesso - se e nuvolo - ci lascia al bujo. E che vuol dire, in fondo, che noi anche oggi crediamo che la luna non stia jer altro nel cielo, che per farci lume di notte, come il sole di giorno, e le ■Stelle per offrirci un magnifico spettacolo. Sicuro. E dimentichiamo spes-(ö e volentieri di essere atomi infinitesimali per rispettarci e ammirarci a ?icenda, e siamo capaci di azzuffarci per un pezzettino di terra o di doler-i di certe cose, che, ove fossimo veramente compenetrati di quello che sia-no, dovrebbero parerci miserie incalcolabili. Ebbene, in grazia di questa distrazione prowidenziale, oltre che per la »tranezza del mio caso, io parlerö di me, ma quanto piü brevemente mi >arä possibile, dando cioe soltanto quelle notizie che stimerö necessarie. Ucune di esse, certo, non mi faranno molto onore; ma io mi trovo ora in ina condizione cosi eccezionale, che posso considerarmi come giä fuori äella vita; e dunque senza obblighi e senza scrupoli di sorta. Cominciamo. [4; disastro delle Antille: si riferisce pro-aabilmente a una notizia di cronaca degli uini precedent!1, quella sulla catastrofica aruzione del vulc'ano Montagne Pelee nella Martinica (1901), che aveva causato un dtissimo numero di morti. Nel modo in mi Pirandello parladell'azione distrutti-re- de! vulcano balenano inoltre evidenti ^uggestioni da La gineslra di Leopardi. 15. quel canonico polacco: il gia «maledet-:o» Copernico. t6. le illusion! ... si distrae facilmente: in questa parte del discorso di Mattia tor-nano essenziali termini leopardiani, con il richiamo alle illusioni prodotte dalla natura, che resistono a ogni proposito di distruggerle, e al rilievo che nella vita sociale assume la distrazione. 17. in certe ... calendario: nelle notti di luna piena, quando il Comune cerca di ri-sparmiare suirüluminazione pubblica, fi-dando nella luce lunare, senza tener con-to del rischio che la hma sia coperta dalle nuvole. TlO.4 LUIG1 PIRANDELLO- ĽUMORISMO La distinzione comico e umoristico L'umorismo // sentimento del contrario (II, li) Si riportano qui le pagine centrali del saggio su L'umorismo, con la di-stinzione tra V avvertimento del contrario, proprio del comico, e il sentimentu del contrario, proprio deH'umorismo. La distinzione si appoggia su una nozione del processo di formazione dell'opera d'arte che ha le sue radiči in varie teorie tardoottocentesche, soprattutto di area francese, ma che tiene conto in modo rilevante di De Sanctis e delle sue nozioni di vita organica e di forma (cfr. 8.8) ed ě in forte contrasto con i principi del-VEstetica di Croce. Pirandello ritiene che l'opera d'arte risulti da una messa in forma del «libero movimento della vita inferiore»: in questo processo ha una presenza non trascurabile la riflessione, la coscienza stes-sa che l'artista ha del proprio fare; essa costituisce una forma del senti-mento, un principio critico interno, sempře attivo nelTopera d'arte. Ma mentre in genere questa attivitä della riflessione resta invisibile, mero specchio del sentimento, nell'umorismo essa giudica e scompone il sen-timento stesso. La scomposizione, con il sostegno di procedimenti anali-tici, della logica e della crittca, ě quindi un dato essenziale dell'umori-smo: e proprio da essa sorge il sentimento del contrario. Siamo evidente-mente agli antipodi della concezione crociana della poesia come mtui-zione urica pura, espressione di un sentimento che esclude il diretto in-tervento della riflessione. [EDIZIONE; Luigi Pirandello, L'umorismo e akr, renze 1394] a eura di Ľ. Ghidetti, Giunti, H- Vediamo dunque, senz'altro, qual ě il processo da cur risulta auella narfi mode ii considerare il rnondo, chc costituisce appunto la materia e la ra-gione dell'umorismo. Ordinariamente, - ho giá detto altrove1, e qui m'ě forza ripetere - 1'opera ďarte ě creata dal libero movimento della víta interiore che organa le idee e le immagini in una forma armoniosa, di cui tutti gli elementi han corri-spondenza tra loro e con 1'idea-madre che le coordina. La riflessione, durante la concezione, come durante l'esecuzione dell'opera d'arte, non resta certamente inattiva: assiste al nascere e al crescere dell'opera, ne segue le fasi progressive e ne gode, raccosta i varii elementi, li coordina, li com-para. La coscienza non rischiara tutto lo spirito; segnatamente per l'arti-sta essa non ě un lume distinto dal pensiero, che permetta alia volonrá di attingere in lei come in un tesoro d'immagini e d'idee. La coscienza, in somma, non ě una potenza creatrice, ma lo specchio interiore in cui il pensiero si rimira; si puó dire anzi ch'essa sia il pensiero che vede sé stesso, as-sistendo a quello che esso fa spontaneamente. E, d'ordinario, nelTartista, nel momento della concezione, la riflessione si nasconde, resta, per cosi dire, invisibile: ě, quasi, per l'artista una forma del sentimento. Man ma-no che l'opera si fa, essa la critica, non freddamente, come farebbe un giu-dice spassionato, analizzandola; ma ďun tratto, mercé l'impressione che ne riceve. Questo, ordinariamente. Vediamo adesso se, per la natural disposizione d'animo di quegli scrittori che si chiamano umoristi e per il particolar mo-do che essi hanno di intuire e di considerar gli uomini e la vita, questo stesso procedimento awiene nella concezione delle loro opere; se cioě la riflessione vi tenga la parte che abbiamo or ora descritto, o non vi assuma piuttosto una speciále attivitá. Ebbene, noi vedremo che nella concezione di ogni opera umoristica, la riflessione non si nasconde, non resta invisibile, non resta cioě quasi una forma del sentimento, quasi uno specchio in cui il sentimento si rimira; ma gli si pone innanzi, da giudice; lo analizza, spassionandosene; ne scompone J'immagine; da questa analisi pero, da questa scomposizione, un altro sentimento sorge o spira: quello che potrebbe chiamarst, e che io difatti chiamo il sentimento del contrario. Vedo una vecchia signora, coi capelli ritinti, tutti unti non si sa di quale or-ribile manteca1, e poi tutta goffamente imbellettata e parata d'abiti giova-nili. Mi metto a ridere. Avverto che quella vecchia signora ě il contrario di do che una vecchia rispettabile signora dovrebbe essere. Posso cosi, a prima giunta e superficialmente, arrestarmi a questa impressione comica. Il comico ě appunto un avvertimento del contrario. Ma se ora interviene in me la riflessione,, e mi suggerisce che quella vecchia signora non prova for-se nessun piacere a pararsi cosi come un pappagallo, ma che forse ne sof- 1. ho gia detto altrove: nota dello stesso Pirandello: «Vedi nel mio volume gia citato Arte e scienza il saggio Un critico fan-tastico»: il saggio, dedicato alio scrittore Alberto Cantoni, era apparso sulla «Nuova antologia» del 16 marzo 1905, mentre la raccolta di saggi Arle e scienza apparve nel T908, lo stesso anno de Ľu- morismo. 2. manteca: unguento. 30Ó EPOC fre e lo fa soltanto pecché pietosamerite scondendo cosi le rughe e Ja canizie, riesca a rito molto piú giovane di lei, ecco.che ioň® i ■ ma, perché appunto la riflessione, lavorand ; 1 tře a quel primo awertimento, o píůttošto, j avvertimenío del contrario mi ha fatto passar :: trario. Ed ě tutta qui la dífferenza tra iltořn^ •. «Signore, signore! oh! signore, forse, coméig j : to questo; forse vi annojo raccontandovi qu | colari delia mia vita domestica: ma-perme i t tutto ciö...». Cosi grida Marmeladofß taeli% ; ; Dostojevski, a Raskolnikoff tra le risatedegl t ; grido ě appunto la protesta dolorosa ed esas i tistico contro chi, di fronte a lui. siferma a u 1 ficiale e non riesee a vedeme altro che la Cö r Ed ecco qua un terzo esempío, che per la-s i trebbe dir tipíco. Un poeta, il Giusti, em t SanťAmbrogio a Miláno, e vi trova;un pien 1 Di que' soldáti settentrionali, Come sarebbe boemi e croatt, Messi qui nella vigna a far da paliv.. II suo primo sentimento ě ďodio: quei sóle U cordargli la patria schiava. Ma ecco levarsi: no: poi quel cantico tedesco lento lento, D'un suono grave. flebile, solenne che e preghiera e pare lamento. Ebbene, que to una disposizione insolita nel poeta, awez'ľ '■ 'ls*r*L ra política e civile: determina in lui la dispi ■ . i> ..(. pjW stica: cíoě, lo dispone a quella part ícola r riflí t>?\ primo sentimento, dell'odio suscitatodalla \ m: il. q ~M punto il sentimento del contrario. II poeta 1 .■ Tit^ la dolcezza amaift; Dei canti uditi da řandullo: il core, '•% 3. Marmeladoff: si ríferisce a una scéna : narrata nel capítolo del grande romanzo di Dostoevskij (cfr. canone europeo, tav. 2IO.I. A questo esempio Pirandello aggíunge poi subito quello deiTatteggia-mento del poeta nei confront! del «cantico tedesco» in SanťAmbrogio di Giuseppe Giusti (cfr. TS.y) e dei caratteri del per-: ,'DELLO. ĽUMOR1SMO ~he ďa voce domestica gľimpara, ' ]j ripete i giomi del dolore. In pensier mesto delia madre cara, ■Jrí desíderio di pace e ďamore, Tfjó sgomento di lontano esilio... -e cbe quei soldáti, strappatí ai loro tetti da un re pauroso, t ckira vita, a dura disciplína, íuti, derisi, solitari stanno, trumenti ciechi ďocciiiuta rapina, ;he lor non tocca e ehe forse non sanno. -o il contrario deľľodio di prima: povera gente! lontana da' suoi, jn!un paese qui che le vuol male... sonaggio presentí : mento cl ba il riso ■o ivndt sicísO, al del corui äneta e costretto a fuggir dalla chiesa perche Qui, se non fuggo, abbraccio un caporale, Colla su' brava mazza di nocciuolo Duro e piantato li come un piuolo. btando questo, awertendo cioe questo sentimento del contrario che na-da una speciale attivitä della riflessione, io non esco affatto dal campo jela ermea estetica e psicologica. L'analisi psicologica di questa poesia e ' aecessario fondamento della valutazione estetica di essa. Io non posso stenderne la bellezza, se non intendo il processo psicologico da cui risul-]a perfetta riproduzione di quello stato d'animo che il poeta voleva su-itare, nella quale consiste appunto la bellezza estetica. edtamo ora un esempio piü complesso, nel quale la speciale attivitä del-„ riflessione non si scopre cost a prima giimta; prendiamo un libro di cui jbbiamo giä discorso: il Don Quijote del Cervantes. Vogliamo giudicar-;il valore estetico. Che faremo? Dopo la prima lettura e la prima im-fesione che ne avremo ricevuto, terremo conto anche qui dello stato ' anuno che l'autore ha voluto suscitare. Qual e questo stato d'animo? vorremmo ridere di tutto qtianto c'e di comico nella rappresenta-lone di questo povero alienato che maschera della sua follia se stesso e [1 altn e tutte le cose; vorremmo ridere, ma il riso non ci vierte alle labte schietto e facile; sentiamo che qualcosa ce lo turba e ce I'ostacola; e iisenso di commiserazione, di pena e anche d'ammirazione, si, perene ■le ertliche awenture di questo povero hidalgo sono ridicolissime, pur v'ha dubbio che egli nella sua ridicolaggine e veramente eroico. Noi ibianio una rappresentazione comica, ma spira da questa un sentimen-,rhec) impedisce di ridere o ci turba il riso della comicitä rappresenta-^ lo rende amaro. Attraverso il comico stesso, abbiamo anche qui il mtimento del contrario. L'autore l'ha destato in noi perche s e destato 30Ó EPOCA lo GUF.KRE f. FASCISMO 1910.,^' : fre e lo fa soltanto perché ptetosamente s'inganna che, parata cosi Qi : : scondendo cosi le rughe e la canizie, riesca a trattenere a sé ratnofedě', nia' i rito moko piú giovane di lei, ecco che to non posso piú riderne cornl- pti ma, perché appunto la riflessione, lavorando in me, mi ha fatto andar q) tre a quel primo awertimento, o píuttosto, piú addentro: da quel primo ; awertimento Jel contrario mí ha fatto passare a questo sentimentů del r0n. ! trano. Ed ě tutta qui la differenza tra il comico e l'umoristico. «Signore, signore! oh! signore, forse, come gli altri, voi stimate riáictíla tut-' to questo; forse ví annojo raccontandovi qviesti stupidi e miserabili pam-colari della mia vita domestica: ma per me non ě ridicolo, perché. io ,\<>nto tutto cid....». Cosi grida Marmeladoff3 nelTostería, in Delitto e CastrodrJ : Dostojevski, aRaskolnikoff tra le risate degli awentoriubrtachLE: questo ' griclo ě. appunto la protesta dolorosa ed esasperata d'un personaggtoujrjol ■ ristico contro chi, di fronte a lui, si ferma a un primo awertimento super-" : ficiale e non riesce a vedeme altro che la comicitä. r Ed ecco qua un terzo esempio, che per la sua lampante chiarez2a, si po-: trebbe dir tipíco. Un poeta, il Giusti, entra un giorno nella'chiť- i „j ■ Sant'Ambrogio a Milano, e vi trova un pieno di soldáti, Di que' soldáti settentrionali, | Come sarebbe boemi e croati, Messt qui nella vigna a far da paii... 2 II suo primo sentimente ě ďodio: quei sóldatacci ispídi e duri son 1 i -. cordargli la patria schíava. Ma ecco levarsi nel tempio il suono dell'orea-: no; poi quel cantico tedesco lento lento, D'un suono grave, flebile, solenne -r; che ě preghiera e pare lamento. Ebbene, questo suono determina a ui ■ r-to una disposizione insolita nel poeta, awezzo a usare il flagello della ssul-ra politica e civile: determina in lui la disposizione propriamente umonjí stica: cioě, lo díspone a quella particolar riflessione che, spassionandosi del-primo sentimento, dell'odio suscitato dalla vista di quei soldáti, genem ap-"-. punto il sentimento del contrario. II poeta ha sentito nell'inno la dolcezza amara Dei canti uditi da fanciullo: il core, s~ 3. Marmeladoff: si riferisce a una scena narrata nel capitolo del grande romanzo di Dostoevski] (cfr. canone europeo, tav. 210). A questo esempio Pirandello aggiunge pol subito quello dell'atteggia-mento del poeta nei confronti del «cantico tedesco» in Sant'Ambrogio di Giuseppe Giusti (cfr. T8. j) e dei caratteri del per- sonaggio di Don Chisciotte. dalla cm r. -presentazione comica spira «un se mento che ci impedisce di ridere o ci:i;r-ba il riso della comicitä rappresentata. ce lo rende amaro. Attraverso il conrnu stesso, abbiamo anche qui il senttménro del contrario». yjIGI FIRANDF.LLO. L'UMORISMO .Che da voce domestica gl'impara, ■ Ce li ripete i giorni del dolore. Ün pensier mesto della madre cara, ::%Jn desiderio di pace e d'amore, Uno sgomento di lontano esilio... "f - fette che quei soldáti, strappati ai loro tetti da un re pauroso, A dura vita, a dura disciplina, Mutí, derisi, solitari stanno, Strumenti ciechi ďocchiuta rapina, Che lot non tocca e che forse non sanno. Ed ecco il contrario dell'odio di prima: Pověra gente! lontana da'siioi, In un paese qui che le vuol male... H poeta e costretto a fuggir dalla chiesa perché Qui, se non fuggo, abbraccio un caporale, Colla su' brava mazza di nocciuolo Duro e piantato lí come un piuolo. Notando questo, awertendo cioe questo sentimento del contrario che na-sce da una speciale attiviía della riflessione, io non esco affatto dal campo della eritica estetica e psicologica. L'analisi psicologica di questa poesia ě il necessarío fondamento della valutazíone estetica di essa. Io non posso íflíenderne la beUezza, se non intendo il processo psicologico da cui risul-tala perfetta riproduzione di quello stato ďanimo che tl poeta voleva su-: scítare, nella quale consiste appunto la bellezza estetica. ■: ¥ediamo ora un esempio piú complesso, nel quale la speciale attivitä dělila riflessione non si scopre cosi a prima gíunta; prendíamo un libro di cui abbiamo giä discorso: il Don Quijote del Cervantes. Vogliamo gíudicar-ne il valore estetíco. Che faremo? Dopo la prima lettura e la príma im-;: pressione che ne avremo ricevuto, terremo conto anche qui dello stato ďanimo che 1'autore ha voluto suscitare. Qual ě questo stato ďanimo? Noi vorremmo ndere di tutto quanto c'ě di comico nella rappresenta-. ztone di questo pověro alienato che maschera della sua follia sé stesso e gli altri e tutte le cose; vorremmo ridere, ma il riso non ci viene alle lab-; bra schietto e facile; sentiamo che quaicosa ce lo turba e ce 1'ostacola; ě un senso di commiserazione, di pena e anche ďammirazione, si, perché :: se le eroiche awenttire di questo pověro hidalgo sono ridicolissime, put non v'ha dubbio che egli nella sua ridicolaggine é veramente eroico. Noi abbiamo una rappresentazione cornica, ma spira da questa un sentimen-:■; to che ci impedisce di ridere o ci turba il riso della comicitä rappresenta ce lo rende amaro. Attraverso il comico stesso, abbiamo anche qui il • T> 1,1 1--.... :-...:-.„l.í„'U»,(„t„ 307 líí; ce 10 leueic anuu^. iuLmv^j^ ^ wv,..—---——,--------- ^ , ■sentimento del contrario. L'autore l'ha destato in noi perche s e destato EPOCA 10 GUERRE E FASCI5MO lo.o-194, in lui, e noi ne abbiamo giä veduto le ragioni. Ebbene, perche non si sco-pre qui la speciale attivitä della riflessione? Ma perche essa - fruuo della tristissima esperienza della vita, esperienza che ha determinaio k di sposizione umoristica nel poeta - si era giä esercitata sul sentime; ito di lui, su quel sentimento che lo aveva armato cavaliere della fede a Lepar to. Spassionandosi di questo sentimento e ponendovisi contro, da gktd ce, nella oscura carcere della Mancha, ed analizzandolo con am dezza, la riflessione aveva giä destato nel poeta il sentimento del corttrs rio, e frutto di esso e appunto il Don Quijote: e questo, sentime;] to.:clc! contrario oggettivato. Ii poeta non ha rappresentato la causa del proees-so - come il Giusti nella sua poesia, - ne ha rappresentato soltanto l'ef fetto, e perö il sentimento del contrario spira attraverso la comicitä dein rappresentazione; questa comicitä e frutto del sentimento del contrari-generato nel poeta dalla speciale attivitä della riflessione sul primo sentimento tenuto nascosto. Quaderni di Serafíno Gubbio operátore Una mano che gira una manovella (I, m) "1 romanzo sul mondo del cinema (articolato in sette Quaderni di un numero di capitoli variabile tra quattro e sei) prende awio con due capitoli in-troduttivi, in cui il personaggio di Serafino Gubbio dichiara la sua condi-done. Con le battute iniziali (aperte dal presente Studio) egli non mira tan-fo a giustificare il proprio proposito di narrare, quanto a fissare il proprio punto di vista sul mondo in una sorta di presente assoluto, in una estraneitä rispetto agli oggetti di quel suo studio (la genie) e a quelle occupazioni che, leila loro normalita (ordinarie), si oppongono alla distaccata passivitä e al-'irnpassibilitä del suo sguardo. E proprio la vista riceve subito un rilievo es-■enziaie, con la presentazione degE occhi intenti e silenziosi, in cui i due ag-settivi riferiti a sfere sensoriali diverse producono una sinestesia, che met-e subito lo sguardo in diretto rapporto con la mancanza di linguaggio ver-jale, con la condizione di operátore muto a cui ě ridotto Serafino. Questo soggetto parlante si pone come un narratore «senza autoritä», ■enza nessuna consistenza sicura, sradicato e privo di posizione sociale: un lovero ex studente, che, come dirä nel Quaderno secondo, ha svolto in molo irregolare gli studi filosofici e ha fatto «intima e tormentosa conoscen-,a con tutte le macchine inventate dalľuomo per la sua felicitä». E il suo ě m tempo senza tempo, dominato dal girare assoluto della macchina, dal-'estema e meccaniea ripetizione a cui essa da luogo. Ma da questa posizione egli awerte quänto gli uomini, presi dalla vita sociale e dalle loro abi-tudim quotidiane, rifuggano dal prendere coscíenza di sé, non awertendo >he, al di lä di tutto ciô che appare normale, owio e consueto, c'e sempre iin obre. Le abitudini e le funzioni della vorticosa vita moderna, con il suo fmgoroso e vertiginoso meccanismo che sempre piú si comphca, non per-mettono mai di fermarsi, tutto ě dominato da una velocitä insensata, che HÜ esseri umani prendono sul serio, come prendono sul serio i loro gesti e leloto vesti, tutto ľartifício che hanno costruito intorno a sé: ma si tratta Serafino, ľeperatore msito Narratore sensa autorita Gli iioraini ßOii prendono coscietiza di sé, nan awertono ľ«oltre»