672 /erso lo Zeb 910 dl Fabio P listeria LE NOTTICHIASE EIÍÁNO TUTl } HP H IL SEN NO DI POT Che cosa ci inseona la lettemium di guerra E l'i?igegno dell'uomn e I Gu'.do Daiia Croce di Sant'Antonio, dentro i boschi del sangue e del muschio. Di qui saliva una sera Rigoni Stern piangendo Přímo Levi ďaffocata simmetrica desolazlone, sulla roccia spezzata poggiando una mano smagrita o una laerima. Pin su, al diradare clei pini, si aprono le ferite e le voragini, le diianiate vite, i cimiteri. E l'Area Sacra: a quale osceno dio? a quale irragione? Vacche brucano cardi, bambini in corsa innalzano eontorti frammenti di granata ignari del passato e del future. Ma prima, su una polla irta ci'insetti, pazze vibrano a stormi le libellule. 1 i mm H ■ mm mm mm mm HUll 91 ■ ■ Inedito. Di prossima pubblicazione in Fabio PListeria, Cenere, ■ presso Marcos y Marcos. li dono di riattizzare nei passato la scintilla della speranza e prescntc solo in queilo storico che e compenetrato dall'idea che neppure i morti sa-ranno al sicuro dai nemico, se vince, E questo nemico non mai smesso di vincere, Benjamin Non si pud raccontare 11 passato, senza parteci-parvi con tutto 1'universo presente. La stessa ora non ritorna mai, nel fiume del tempo, Nessuno pud raccontare, Nessuno sa. Quel Ii che torne-ranno viventi, anneriti e stordki dai lunghi mesi di guerra, ne sapranno mcno di quelii che non tornano, che giacciono sotto la sabbia. Serra La guerra insomnia era tutto quelfo che non si capiva. Celine Itonia delle sorti Un centenario che dura da quattro anni. E continuerá, im-placabile, sino alia line di questo 2018: cosi 'doppiando', nel Quovo secolo, la proverbialc interminabilitá, in quello precedente, delPevento cui si riferisce. In un tempo come il nost.ro, del resto, Vinfotainment della cultura-spettacolo si nutre di ricorrenze ben piii improbabili. Eppure la 'rima' fra due tern- 67^ le nottichiass eranö tutte ü | |H lÉSENNODIPOä I pi diversi, die appunto un anniversario dovrebbe istUqM non appare in questo caso graíuita. Se la generaziorie; traverse la Grande Guerra fece esperienza delia fine' mondo ("il mondo di ieri", nelle parole di Stefan-.Zweig]*| anche a noi pare si stia esauren.lo, in questo momenro, i I tempo iniziato allora. Sicché ě nelle inquietudini di quel tempo che possono specchiarsi quelle, cosi diverse, del noscro, Per dirla con un uomo d allora, T.S. Eliot, il "secolqii come 1'ha definite Eric Hobsbawm, ě iniziato insomma corf^ bang - Sarajevo, 28 giugno 1914; Due colpi ái pistola, died ml lioni di morti, la fine di un mondo, per dirla col titolo a effetto di un'ottima sintesi storiografica3 - e si conclude con un whimper. Intanto i mol ti bang delle micro-guerre a trammentazione che punteggiano il nostra presente - guerre asimmetriche e anestetícamente invisibilizzate, ma a sempře měno bassa intensita - a partire dallll settembre 2001 sempře piu ci si awi-cinano, sebbene attutiti da una coltre di nebbia mediática, dai:; fumi ideologic! che quei colpi strumentalizzano in ogni modo. Bisognerá pero precisare, per quanto possibile, in quale sen-' so - in quali sensi, anzi - con quel bang sia iniziato il tempo nel quale abbiamo condotto. da allora, le nostre esistenze. In quale senso, cioě, non possiamo non dirci anche noi, come fece una volta Amelia Rosselli, "figli delia guerra"5. II titolo di un 1 Einvio a Cosa signified resistere, cosa signified ricordare, "doppio-y.ero", 25 aprile 2012: http://www.doppiozero.com/materiiJi/specia-ii/25-aprile-cosa-significa-resistere-cosa-sigoiŕica-ricordare. 2 Cfr. Stefan Zweig, II mondo di ieri. Ricordi di un europeo [19441; traduzione di Lavinia Mazzucchetti, Milano, Mondadori, 1946, 3 Roma-Bari, Laterza, 2014. 4 Cfr. Thomas S. Eliot, Cli uomini vuoti [1925], in id., U sermone di fuoco, traduzione di Massimo Bacigalupo, íntroduzione di Margite Breda, Milano, "Corríere delia Sera", 2012, pp. 86-7, 5 Amelia Rosselli, "Ma la logica ě il cibo degli artisti", iňteryista i\ Paola Zacometti [1990]; poi, coi titolo Figli delia guerra, in Ead., F < («tn la vita che ho perso. Conversazioni e internists, 1964-1993, a eura dl Mag! 67.5 m? libro recente d i Angelo Ventrone, Grande guerra e Novecento6, ribadisce un assunto per me lampante sin dal primo monienio in cui - ormai un quarto dl secolo fa - ho cotninciato a studia je questo repertorio. E doě che quel titolo vale la pena ride-"clinarlo, con variazione minima ma decisiva, Grande guerra ě Novecento. Se ě vero, come ha sostenuto Alain Badiou nel suo libro che proprio al Secolo s'intitola, che il Novecento ě stato "il secclo delia guerra", non ě tanto per la criminale catastro-ficitä dei conrlkti che lo hanno spezzato in due quanto perché si ě posto, da un certo momento in avanti e da allora in poi $efinitivamente, sotto il paradigma delia guerra1. Lo dice gia negli anni Cinquanta Ingeborg Bachmann, coi versi spesso ci-tati delia pocsia Tutti igiornv. "La guerra non viene piü dichia-rata, / ma proseguita. L'inaudito / ě divenuto quotidiano"8; e nel 1963 lo ribadisce Mordo Nahum, il Greco delia Tregua di Primo Levi: "Guerra ě sempře"9. Tanto tempo dopo lo ripete palerio Magrelli, nel deŕinire Guace - né pace né guerra, quin- jöira Venturini e Silvia De March, prefazione di Laura Barile, Firenze, ^ßorifiormato Le Lettere, 2010, p. 117. Rinvio a La figlia delia guerra, in "Se / dalle tue labbra uscisse la venia", Amelia Rosselli a diect annidalla scomparsa, atii del Convcgno del Circolo Rosselli, Firenze, 8-9 giugno .....2006, sezione monogratica del "Quaderni del Circolo Rosselli", XVII, 2007,3, pp. 37-44. 6 Cfr. Angelo Ventrone, Grande guerra e Novecento. La storia che ba cambiato il mondo, Roma, Donzelii, 2015. i7 Alain Badiou, // secolo [2005], traduzione di Vera Verdiani, Milano, Feltrinelli, 2006, p. 47. Non troppo diverse le conclusion!, sotto JüEt'akro cíelo ideologíco, di Tony Judt, Postwar. La nostra storia 1945- 2005 [2005], traduzione di Aldo Piccato [2007], Roma-Bari, Laterza, )::2017. * Ingeborg Bachmann, Tutti i giorni, in Ead., II tempo dilazionato '1953.1, in Ead., Poesie, a eura di Maria Teresa Mandalari, Parma, Guan-ftfl978, p. 31. 9 Primo Levi, La tregua, Torino, Einaudi, 1963; ora in Id., Opere complete, a eura di Marco belpoliti, íntroduzione di Daniele Del Giudi-ce, Torino, Einaudi, 2016, vol I, p. 340. 1 676 US MOTTi CHIÄKE EBANO 'XUTla Li.í '•íl s iNNODIPOI 677 di, ma un'oscena commisííone delle due - la condiaóii ppe I fro te apps .i'jferjoirnj , i possibile? [...] - Che disastro! Che disastro!-',7 l| ~^ modo, nel Giornale del nou měno tnterventisto. e mťiíqrk , Gadda, e soprattutto neí suoi del pari secretail manoscritti filosofirí dcgii an ni Vend, k ch.knssi.rrxa \& d«;gnosi ddl errors tattico commesso da Cadorna e Capeilo, reí di aver domzío-nato l'artiglieria troppo in alta quota e avanzata, rispettc ri prevísto salier.te ďattacco neraico, ksriandoia cosi iaefficece e ineffettuale al momento cmciale28. 27 Cfr. Ardengo Soffici,La ritirata de!Friuli, Firenze.Libreriadelía Voce, 1919; poi in id., Opere, vol. III, Firenze, Vallecchi, i960, pp. 223-391; poi in Id., J diari áella Grande Guerra. Kobilek, La Ritirata del Vrtuli, Taccuini inediti, a eura di Maria Bartoletti Poggi e Marino Biondi, Firenze, Vallecchi, 1986 (la citazione, qui. a p. 243). 28 Contínuí i riferimenti all'esperienza vissuta in guerra in Carlo Emilie» Gadda, Meditazione milanese [těsto del 1928 pubblicato posru-mo nel 1974], a eura di Paola ítaiia, in Id., Seritti inediti e poshimi, a eura di Dante Isella, Paola ítaiia, Giorgio Pinotti c Claudio Vela, Milano, Garzantí, 1993, pp. 615-894 (la citazione a p. 840). Nel XXV capitolc della prima stesura, per esempio, si susseguono la crítica alla condu-zione strategica complessiva di Cadorna e quella alla gestioně tatťica a Caporetto: "La guerra e la rte rnílitare in generale ci offronp eserjípí infiniti di generali solerti e devoti alla causa per essersi incaponiti la un metodo, quando il metodo primo consiste nel non averne o almeno neílescogitare od invenire od eurein cio che gíunga come impreyeduto ailavversario. I 'Bisogna avere spirito offensivo'. Benissimo, Ma selo spirito offensivo consiste nel quotidiano attaeco alle posizioni. ávversa-rie, versoIbra del thě, ecco che lavversario, fumando la pipa e řimesco-lando 1'aromatica bevanda, aspetterá le falangí sacríficate inutiimente al tiro del suo schioppo buono, come il parroco ďun paese di campagna 1 attende li uccelletri alla 'bressanella'. [...] 'Le posizioni dominaňti devo-no essere nostre'. Benissirno. Ma se sono alte due o tremila metri e una nebbia fltta riempie i monti e le valíi, e non si vede a un palmo dal naso, bisogna ricordarsi che in quel momento le posizioni dominant! non dominanci nulla e sono una pura desígnazione verbale. E sulfondovaileiL? nsmico poträ cavalcare in parata", DiPOI me fts-t i '-tari - Giunti a questo tornante, noa si poträ evitare una riflessione ■ i carattere metodologico. (E si perdoni se, in quanto segue, enr;i - r d 1 ito un quanto di memoria personale.) Quando 1'-)%: diseutevo alia "Sapienza" ia mia tesi di laurea sulla guerra di Gadda, eravamo alla fine di un ciclo storiograíico esaltante, che aveva del tutto decostruito la precedente inter-'i, pretazione - nella quale erano ín sostanza concordi idealísmo = liberale, beilicísmo fascista e marxismo ídealístícizzato - della ' Grande Guerra come ultimo, glorioso capítolo del Risorgimen-■•' to. Un interpretazione, questa, 'ufficialmente' vigente síno aglí an ni Sessanta; e che istítuiva una continuitä anzitutto retorica, linguistica, fra la mitologia patriottica delťOttocento - quella : di cui piú di recente Alberto Mario Banti ci ha mostrato la na- %........tura a sua volta profondamente sessista, razzista. in una parola giá biopolíticheggíante29 - e quella fascistoide, e poi fascista senzaltro, delle jettatorie "ume ínesauste" che spesseggiano in d'Annunzio e dintorni. Mitologíe entrambe prodotte, del resto. dalla Masse dei coitä"30: da queglí intellettuali ideolo-gizzati, cioě, che alla meta delťOttocento come all'inizio del secolo seguente, rappresentavano la totalita dei graduati delle forze annate. 29 Cfr. Alberto Mario Banti, Honoře della naziot/e. Identita sessuale e violen za nel nazionalismo europeo dal XVIII secolo alla grande guerra, Torino, Einaudi, 2005; Id., Sublime madre nostra. La nazione italiana dalRisorgimento alfascismo, Roma-Bari, Laterza, 2011, 30 Era questo il titolo di un Savoro assai polemice, e ín molti sensi esemplare, del periodo successivo: Lucia Strapping Claudia Micoccí á e Alberto Abruzzese, La classe dei colti. Intellettuali e societa nel pri-Wi mo Novecento italiano, Bari, Laterza, 1970. II paradigma ideologico ě quello poi sistematizzato dal caposcuola di questa generazione di f crítici, Alberto Asor Rosa, nel vasto panorama dal titolo La cultura, in Storia ď Italia, vol. IV, Dali'Unita adoggi, Torino, Einaudi, 1975, t. II, I pp. 821-1664. 684 LE NOTTICHIARE EKAWO TVTTE Ofw'A ' Fra anni Settanta e Novanta, a quests interpretazn rL mo 'classica' (e classista) - che poneva in prüthö:ptöäo ilceU^'l so alia guerra di chi d'altronde ideologicamente se ne era re^ responsabile (la minoranza rurnoiosissima uegii intervener? : cioe) - se ne era dunque avvicendata un'aitra, ail?: Tarr1<3 j * i metralmente antltetica, che in evidenza poneva, <■>' cc->f- ^ t dissenso a quella stessa guerra: di chi sera beri-guardatc 4t| volerla, cioe, in quanto non solo non ne condivideva ms neD pure ne coraprendeva i presupposti ideologic! (la maggioran- "% za silenziosa del cosentti, per i u 1 ä ma parte proveruenn # dalle Campagne). Un importance stagione di scavt, 'Bg'ua clel '% ISessantotto' non solo in senso ideologico, ma proprio metodo- -1 logico: rispondevano infatti a un'esigenza archeologica, in senso ; '- | foucaultiano, quegli studi e quelle riscoperte che finalmente';i ;* disseppellivano la scrittura dei soldati sempiici e deiloro fami- -J gliari; voci di iiletterati, il piü delle volte semialfabetizzafi, voci "' 1-flebili quanto coraggiose che ~ col loro provenire dagli strati ''- "I piü 'bassi' del 'popolo in armi' - raccontavano della guerra -j una veritä non mediata, 'scandalosa' in quanto non compro- 1 messa dai filtri della tradizione letteraria31. I KfeoDiPOl 685 Frutto Fuori stagione, ma fragrantissimo, dl quel tempo dl JBm sono State, pochi anni fa, le magnifiche pagine sulla Gran-EpGuerra scoperte nello scatenato memoriale Terra matta del jÄiliario Vincenzo Rabito, classe 1899, conservato nell'archivio Puristico di Pieve Santo Stefano32. Ma francamente stupisce che ancor oggi si possano rinvenire, dissepolte da qualche en-fer archivistico, echi di voci sconosciute che testimoniano una yolta di piü lasprezza della protesta contro la guerra o, come la chiarna Pietro Trifone (che alcuni di questi documenti ha Siportato e commentato in un suo libro dal titolo sintomatico '•Moria linguistica deü'JtaUa disuntia), Kla marea montante della disapprovazione e del risentimento popolare": 3! Archetipo di queste ricerche, sebbene volto a un difterente im-piego dei material i, il grande libro di Leo Spitzer. Lettere di prigionieri di guerra italiani. 19D-1918 [19211, traduzione di Renato Solmi,a eure di Lorenzo Renzi, Torino, Bollati Bortnghiert, 1976 (riproposto nc! 2016 in una nuova, splendida edizione da! Saggiatore, con intervenci di Lpren-co Renzi, Antonio Gibeiii, Luca Morlino, Silvia Albesano e Laura Vanelii;' cfr. Enrico Testa, Leo Spitzer, scrivere di espedienti, in "alfabetiß v.5 'gtu-'" gno 2016, hiips://www.alfabeta2.it/20l6/06/0.5/leo-spitzer-scrivere-e-: spedienti/). Su questo repertorio si veda la sintesi di Antonio GibeiU, La letteratura degli iiletterati, in Atlante della letteratura italidna direttö da Sergio Luzzatto e Gabriele Peduliä, vol. III, DalKomanHcwnoaoggk& cura di Dornenico Scarpa, Torino, Einaudi, 2012, pp. 472-6, Prežiose -nel panorama editoriale recente - 1 antológia di Quinto Antonelli, Storia intima della grande guerra. Lettere, diári e mernorie dei soldáti äl fronte, Roma, Donzelli, 2014, e le rifiessioni di Antonio Gibeiii, La guerra :gran--de. Storie di gente comune, Roma-Bari, Lateraa, 2014. \ Dalla Calabria 21 Ottobre 1918. Signor Presidente; cd a voi o dirigenti delia Nazione!.,. [...] Q voi Vigliacchi! ,,. ehe fate propaganza con gli brindisi... a Lon- f' dra... ed a Parigi!... e;l a tozzare i biccbieri.., deľio spumante! e Sciampagna! ... ecc! ecc.i ... Vi preghiamo francamente di finiría!... Q Voi cornuti - Spuderati - senza cuore! Sangui- ii:; sughi del genere umano... ne sarete domani i responsabbili! ... Finitela Schifosi! ... Impostori! ... Parassiti Sanguisughi! |:;:. ... Sfruttatori dello stato! ... [...] Invochiamo; ehe é ora di fi- $ niria! ... e non intendiamo piú soffrire! ... per vostra causa! i:ľ ... Si puô ragionare! ... e non piü con le armi. Badáte, ehe non siamo né rivoluzionari! né pacifisti! .,. ma bensi, queste parole di fuoco! ... escono dal Puro saneue Calabrese! ... 33 -2 Nella, parziale quanto meritoria, edizione del memoriale (Vin-: cenzo Rabito, Terra matta, a cura di, Evelina Santangeic e Luca Ricci, Torino, Einaudi, 2007) le pagine sulla Grande Guerra sono un quarto del totale, un eentinaio su quattrocento circa (cfr. Antonio Gibeiii, La guerra grande, cit., pp. 43-9). Su Rabito e sul suo ineredibíle m.anoscritto Costanza Quatnglio ha realizzato nel 2012 il bel documentario Terra-matta. II Novecento italiano di Vincenzo Rabito analfabeta siciliano. 33 Cit. in Píetro Trifone, Storia linguistica dell'ltalia disunita, Bologna, il Mulino, 2011, p. 104. 686 IE NOTTICHIARE ERANQ TUTTi 687 In una clelle leitete censurate dei soldáti dal fronte, riava?, te solo di recente allÄrchivio di Stato di Rohm e per ia volta pubblicate tre anni fa nei monumentale catalogo delte mostra ĽEuropa in guerra, curata a Trieste e a Trentc Del Giudice, si puô trovate la deauncia di uno stuprc petrato dal neraico, i brutaíi "Unni" - secondo quell un cavallo di battaglia delia propaganda ne: confrt popolazione civile34, herni dai propri siessi commilitonL Q ehe verranno in seguito definiti 'stupri etniď, ŕatti subire aííe "přede di guerra" dopo íe cenquiste, sono una delk biü bieche e criminali tradizioni militariste; ma durante la Grande Guerra ide pratíca verme, ancorché ufficíosamente, incoraggiara dagli Aíti Comandi, quale forma ctí disciplinameňío ciel corpí del 'popolo in armi'35. In questa occasíone, pero, ľoltraggio ~ ü erímine - sessuale non conttappone nazionalitä diverse: 34 Cfr. Antonio Gibelli, duerra e vtotenze scssualt: U caso venetqe^. friulano, in La memoria delia grande guerra »eile Dolomili, Udine, Gašpari, 2001, pp. 195-206; Daniele Ceschin, "Ľestremo oítraggió": lá via-lenza alle donne in Vrtuli e in Venelo durante ľoceupazione austro-germ-nica (1917-1918), in La violenza contro la popolazione civile nclla Grande guerra. Deportati, profugbi, internati, a eura di Bruna Bianchi,. Miia.no, Unicopii, 2006, pp. 165-84. 35 °Gli ufficiaii non intervenivano quasi mai per Impedire il ríps-íersi di questi episodi, anzí in molri casi erano complici dei loro soldáti. Nelia migíiore delie ipotesi lasciavano fare senza intervenire, assistea-do passivaraente alle violenze e anche suecessivamente i comandi non presero aicun provvedimento verso i eolpevoli": Daniele Ceschin, Do/w Caporetío. Ľinvasione, ľoceupazione, la violenza sui civili, in La societa italiana e la Grande Guerra, numero monografico a eura di Gíovanna Procacci di "Storia e politics. Annali delia Fondazione Ugo La Maiía", XXVIII, 2013, Roma, Gangemi, 2014, p. 180. Per il retroterra 'discipli-nare' cfr. ľimpressionante Emiiio Franzina, Casini di guerra.. 11 tempbi-libero delia trincea e i postriboli militari nel primo conflitto mondial^;-Udine, Gašpari, 1999. Piu in generale si veda Alberto $tramacciónt}:Cnŕ-,;: mini di guerra. Storia e memoria del caso äaliano, Roma-Bari, Laterza, 2016, pp. 24-33. 1 SEJI ill iiili 1 ill Šli" IIP! lÉälpi elíl.:' 90 lip mm HP Hp &P SP E li. '.jfe'ednsuetudine alia brutalita porta i soldáti a produrre una fgrita; nel corpo, presuntamentě coeso, della nazione stessa. mo squarcio agghiacciante di biopolitica in atto, cosi, ci viene '"péíato: Zona di guerra 1-8-16 ore 17 [..,] Eiisa mia, ora sono alia vigiglia della parrenza, domani se-~ ra presso ha pocco ha questa ora saremo in viaggio o pocco B ďopo. Ora ci ritroviamo nelle vicinanze di Padova-Vicenza, e JG;chiacchere fa credere di ritornare ove abbíamo combattuto per IG ben tre mesi [...] ě giá 9 mesi ehe non combatto, e se un altra pa i lotto!a cosi intelligente mi dovesse colpíre anche prima che P dovessi entrare in trincea, sarebbe ora presente ľunica mi con-Si solazione. Vedi Elisa mia attualmeote cosa si desidera, il male, |G per essere salvi e scampi dai gravi pericoli, e essere liberi dai G grandi disagi che conduce una guerra di cosi grande durata ■■ e difficoltosa anche per i grandi comandanti nel trasportare grandi masse di soldáti. [...] Pei paesi piů piccoli come S. Fior di Sotto, e Vazzola, ci sono numerose truppe, quasi tutti meridionali che ai nostri citadini non garbano tanto, e oggigiorno ancor meno, per un fat to che successe ha S. Fior di Sotto che adesso ti raconterô. Una sera o meglio dire una notte, fu oltraggiata una ragazza quatordí-cenne dai soldáti. Dopo di aver fatto scempio del suo corpo per tutta la notte, forse in pareechi, la lasciarono al mattino morente, ritrovata fu trasportata ďurgenza alľospedale per il pronto socorso, ma la poverina aveva troppo sofferto, e mori-rono dopo poche oře. Pensa se fosse possibile ritrovare quei barbari eďio giudice ignaro la pena che gli farei subire. [...] Ciao mia solo conforto in questo momento di trepidezza ama-mi sempře ch'io ti sono fedele íino alia morte. I baci che possa dare ha te da un cuore innamorato e i miei.36 36 Riproduzíone fotografica e traserizione alle pp. 289-91 di ĽEuropa in guerra. Tracce del secolo breve, catalogo della mostra di Trieste, LE NOTTICHIARE ERANOlfiTí F r" •■ ■ ■ ■ ■ t L'emblema piů stupefacente dí questa testimonianza diď 'basso' - senza parole, o con parole cosi eloquentemertte 'povere' - ě rappresenťáto per rae dagli straordinari repe^ti? che nel 2014, al MART di Rovcreto, s'incontravano alľinízio del grande percorso espositivo La guerra che vena non sam la prima. Si tratta di enormi soprascarpe, sorta di 'sca fandů' realizzati con materiál i di fortuna (legno, paglia, grassoJ dagli stessi soldáti per difendersi, prima che dal nemico in ar-5 mi, da queílo rappresentato dalľambiente ostile; e coi quaíi dobbiamo immaginarli muoversi, cauti e goffi. sopra met^M neve, come astronauti su un pianeta alieno. Testimonianza appunto muta quanto straziante delía guerra verticale, come ľha chiamata Diego Leoni in un importante saggio recente" nel quale si documenta, fmalmente con dovizia di deíťaglf. anche 'tecnicf, la speciftcitä che rende unico il nostro fronte, quasi sempře ínvece negletto dalle ricostruzioni stenografi--che ďinsieme suila Grande Guerra in Europa: ía guerra in alta quota, ehe aglí eserciti italiano e austriaca poneva pro-blemi insorrnontabiii anzitutto dal punto di vista tecnico, appunto (come si legge in taňte pagine del Giornale dí guerra e di prigionia del tenente, e studente ďíngegneria, Carlo Emilie-Gadda). Questi reperti sono stati rbvenuti nei 2009 a Puma Linke, postazione austroungarica sita sul gruppo delľOrtles e oggi considerata il luogo della memoria piů ako d'Europa, situato com'e a 3629 metri ďaltezza: comportano protocol-íi di raccolta e interpretazione non troppo diversi da queiii Magazzino delle Idee, 30 novembre 2014-28 febbraio 2015; Třen to, La-steilo del Buon Consiglio, 28 marzo 2015-30 maggio 2015, á eura di Piero Del Giudice, Trieste, Edizioni "e", 2014 (con il commento di Alessandro Magnifici, Le lettere censurate, alle pp. 282-3). " Diego Leoni, La guerra verticale. \domini, animali e macchine sul fronte di montagna 1915-1918, Torino, Einaudi, 2015. Cfr. anche Mark Thompson, La guerra bianca. Vita e morte sul fronte italiano 1915-1919 [2008], traduzione di Piero Budinich, Mikno, il Saggiatore, 2012. : lljĚNNODIPO! w, lip 'archeológia propriamente detta (si veda, sopra, il capitolo fEguerra postuma)is. Facile contrapporre {'autenticita di queste testimonianze i iírette, e spesso tercibiíi, alie taňte e taňte pagine, di contro cosi scivolose nella loro ambiguitä, ehe durante e dopo la guer-ľ B vengono pubbiicate dagli inteilettuali, cioe dagli ufficia-;.....|i; i quali, tutti piú o meno accesí interventisti al tempo del "maggio radioso", anche nel bel mezzo delia tragédia ehe a ilpŕo volta li sconquassa (e in molti casi li spazzerä via definiti-ř vamente), non riescono a dismettere del tutto la propria ideo-I logia. Costretti a chiudere gli occhi di fronte a un orrore che If in precedenza, come tutti del resto, mai neppure lontanamente .. avevano potuto immaginare. E che anche a distanza di tempo. ■■ tornando ossessivamente - come tutti colore che vi erano stati ;ä£ coinvolti - su quella ferita, su quella faglia che ha suddiviso la loro esistenza in un prima e un dopo, quell'ideológia non m?. potranno che ribadirla. X ' Si pensi al caso, non meno che esemplare, di Gadda. II quale :| durante i combattimenti e ía purgatoriale prigionia a Cellelager, in Germania, aveva scritto le pagine terribili e tragichc del suo :,: diario di guerra; ma che poi quelle stesse pagine aveva censurato nel piú profondo dei suoi cassetti: dove "i giudizi poco benevoli - verso i superioři", sta scritto nello stesso Giornale, "sono chiusi i come in una tornba"39 (e inaccessibili resteranno sino al 1955 e " aile successive integrazioni del '65 e del '91; ancora oggi - ha Cfr. Franco Nicolis, Ľalia caverna alia trincea. Ľarcheologia come metodo di conoscenza dei conflitti armati contemporanei, in "La guerra che verrä / non e la prima", catalogo della mostra di Rovereto, MART, 4 ottobre 2014-20 settembre 2015, a cura di Cristiana Collu, Mil ano, Electa, 2014, pp. 118-27, 59 Carlo Emiiio Gadda, Giornale di guerra e di prigionia, Firenze, Sansoni, 1955; Torino, Einaudi, 19652; ora (con ľaggiunta di Id., Taccui-no di Caporetto, a cura di Sandra e Giorgio Bonsanti, Milano, Garzanti, 1991) in Id., Saggi giornali favole e altri scritti-I, Milano, Garzanti, 1992, p. 631. lilií Ell 690 Lfc, NOTTICHÍAEE ERANO TüTi>|sg testimono i 2 * t- es| »áic i _c 11 •"; Pasivit-.!*. - continuano a emergcre. dal 'pack' deposiíaro al Vieosseux e aliuvionato nel '66, nuove > i ne di ■, fest •. i rpu cbenessuco finora, ě in grado di leggere)40." Giudizi1' ancora měno "benev©! Ií" saranno poi cenit nutí come dei to, allaltczza del 1928, nesli exempla del trattato filosofico Meditované milanese, restato ine-dito sino alla mořte dell'autore. Ě lo stesso Gadda che nel 1934 nel CasteUo di Udine, confessera: "il mio diario di guerra coiF: tíene dei giudizi, esso ě dunque impossibile'M1. e che proprio in quel libro, il suo ptd t ompromesso coíla retorica íascásta (cld resto impaginato approfittando della gran voga editoriele ebe sulla Grande Guerra, pour cause, in quegli anni Trenta 11 regime fattivaniente incoraggia), prodáme j "in guerra hc passaretal-. eune ore delle migliori di mia vita, di queile ebe nťhanno dato oblio e compiuta knrnedesimazione de! mto essere con le mia idea: questo, anche se tréma la terra, si cbiama fsl^cíts"42 40 Mí rífensco all'intervenco di Paola ítaiia, Carte di guerra: docu-: menti dal Fondo Gadda del Gabi.tetio G,F. Vieusseux, alla giornaradb studí Le guerre di Gadda (Universita di Parma, 18 novembre 2015) 41 Carlo Emilio Gadda, Impossibilita di un diario di gterra-Ů931J, inj id., II caslello di Udine, Firenze, Edizioni di "Solária", 1934; qra in ftl.;; Romami e racconti-l, a eura di Raffaella Rodondi, Guido Lucchíni ed Emilio Manzotti, Milano, Garzantí, 1988, p. 141. Cfr. Franco Contotbia, Guerra, memoria, serittura. U caso italiano, in Stephane Audoín-Rouzeau * ejean-jaeques Becker, La prima guerra mondiale [2004], edižione ítaliana; a eura di Antonio Gibeíli, Tbrino. Einaudi, 2007, pp. 631-2. 42 Carlo Emilio Gadda, li castello di Udine, cíl. p. 142. Que.Ho' deikf (non necessaríamente sadica) gioia della guerra ě on sen tímentoattes tato anche akrové. Mel Sofftci pressoché live di Kobiiek. Giornale ď hattagfia, per esempio, si legge: "Vivo in uno stato di iucida esaltazione, Come án«>; merso in una serenká ďesistenzariconquistata. Passo ie mie oře ripensan», do a queiio che e stato e che nvedc nei miei sogní. I Qitello che ě aweniíto| mi sembra di una bellezza indicíbile. Rimpiango i giorní passati lassu,ffl£j; porto un ricordo delizioso come di quakte cosa di aperco e di purp. Sen-j, to che non ritroveró mai moment i cosi pieni e grandi. I Vorrei che tutti fossero alla guerra perché potessero poi sentire questa feconda gioia;díl 691 " _ proprio questa "idea", o meglio questa ideológia, aveva spin-pr xo anti reducí - Gaddíi non escluso - ad atíerire al Fascismo, í§' Jr ' J "dl ittori mutilata" (espressíone coniata dal '" ricordarla. I Sto a letto il piú del tempo, leggendo, abbandonandomi a una sorta dí íelicita panica, che a volte si conereta in versi, i quali esprimono ítDpunto questo mio stato lirico" (I diari della Grande Guerra. Kobiiek, La Rilirata del Trivii, Taccuini inediti, cit., p. 193). Segue appuato una prima ■ cedazione del componimento Ospedale da campo 026 (ora in questo volume, nel capítolo La guerra-riftessione, p. 334). Simiíe ii sentimente espresso, ma assai a posteriori (in Mamma marcia, romanzo scrítto verso ii 1951-52 -z i, bbU-r. :r.íumo nel 1959) da Curzio Malaparte: "Per un uomo che ha fatto la guerra, tutta la víta non ě che uno scuro, profondo, inconscío f ricordo della guerra, e dei suoi orrori, e delle sue meravigiiose amícizie, delle sue meravigiiose, incantate ore felici" (cit, in Enzo R. Laforgia, Malaparte serittore di guerra, Firenze, Vailecchi, 2011, p. 12). Paradossale, come "!í suo solíto, Alberto Savinio. Che la. guerra in prima persona non la vede f*;' am la idcaiizza ne! plazer, o ricordo di copertura, di un suo frammento restato aSbra inedito, Ľalbergo "Di Trebisonda" (che rientra nel progetto ' i íncompíuio di romanzo sulla guerra, Innocenzo Paleari: si veda sorto la _ : sua scheda nel Foglio matrtcolare ín coda a questo volume); "La il pericolo - ~ f - contributo simpatico deka vita. - diveniva un aileato del fascino che pro-vocava la comunanza con gli akrí uomini, tutti parimenti soggettí a una stessa sorte tragicamente minaccíosa, ma palese, patente, reále, e pertanto amabile" (cit. in Paola Italia, // pellegrino appassionato. Savinio serittore V)D-V)25, Palermo, Sellerio. 2004, p. 92). Ma ľautorepereccellenza della felicitd di guerra ě senzaltro Comisso: infatti in un passo dell autobiografia Le mie stagioni lo vediamo ricercare i luoghi di una sua esperienza bellica; non, come fanno altri reducí, per commuoversi a quella memoria dolorosa (ě il caso per esempio dí Giani Stuparich: si veda sotto, nel Foglio matri-colare, la scheda su suo fratello Carlo), o per constatare come Ungaretti ; che "il Carso non e píú un inferno" (valga anche per lui il rinvio al Foglio matricolare) ma, viecversa, alla ricerca di un'intenskä di vita perduta: cer-cando di "recuperare la vitalita tornando ai luoghi ín cui era stato ťelice [...], Ma 1'incantesimo, questa volta, non funziona [...]: la strada per saiire í alla teleferica non si trova, il posto dov'erano adagíati i feriti ě irriconosci-bile" (Matteo Giancottí, Paesaggi del trauma, cit., p. 101; la citazione da Giovanni Comisso, Le mie stagioni [1951], in Id., Opere, a eura di Rolando Damiani e Nico Xaldini, Milano, Mondadori, 2002, pp. 1209-10). mm lllill Sílili i:lT|:!!:|:iii^^Ěi!ii:ii^í illilj ■,:;,/;:ľj^v::::,^;:i^ II 692 LE NOTTICHIARE ERANO Ti i DI PO! 693 píú cclebre, dal piü colpcvole cli questí intellettuali, il J'A' : nunzio della Preghmn di Se tagha)^ trarra il propno pi&íjĚĚ cace carburante cmotivo e identiíario: puntando tutto alloř " come sempře fara in seguito, sul risentirnento coilettivo di »<-~ classe sociale, la piccola borghesia colta, da sempře pře astratti furori44. Elůborazione del mito Miti, si. Quelli di cui si nutri il Fascismo, cetto, ma che a lungo sopravvissero anche dopo il suo crollo (e torna no a cír-colare, oggi, in piü dun tentativo insidiosamente revisionista). Proprio II mito della Grande Guerra s'intitoid, nel 1970, usb.-pera di svolta scritta da uno storico dalla formazione lettcrariá, Mario Isnenghi, che era stato alťavanguardia nellá descrkia stagione 'archeologica (con un libro giá straordinario, ma a differenza del successivo, purtroppo, finora mai ripcoposta l vinti di Caporetto nella lettemtura di guerra)^ e che ora decí-deva di assumere in pieno quell'ideologia 'íntellettuaie', quel mito. Non per farlo proprio, perö, bensi per rivoltarlo come un guanío: per mostrare come le sue contraddizioni, isuoi silenzi, le sue complicata, potessero essere chiamatc a test!moniarě*S fronte alla storia46. Fu per me quella, ancorché tardiva rispetto *3 Si veda, sopra, il capitolo La guerra-lutto, alle pp. 553-4. 44 Tende a ridimensionare questo nesso il libro di .VI a reo Mondini, La guerra italiana. Partire, raccontare, tornare. 1914-18.. Bologna, ilMtili* f no, 2014 (si vedano in particolare le pp. 361 sgg.). 45 Padova, Marsilio, 1967. * Lo spíega lo stesso Isnenghi a posteriori, ne! 1989, nella Vmtfazto-ne alla terza edizione del Mito della Grande Guerra (che cambia editore, passando da Laterza al Mulino, e perde il sottotitolo del 1970, DaMärisj, netti a Malaparte): sono le pagine 395 sgg. nella settima edizione, 20iéG-Quello stesso anno si chiedeva ironico, riferendosi alla stagione dijsc^visif e ritrovamenti degli "Scritti e voci di popolo", di cui sopra: "alfa fin lilie. ig]a prima pubb.Uca2i.0nc, una let mra decisíva. Questo libro, . ' ' e envio tutte ur/alba. seritio quasi, per iotero nel |í]995 ms pubbíicsto solo tře anni dopo (coniplici i solití anní-versad interminabili), veniva tutto da questa nuova rívoluzione cooernicana: non a caso insistetti perché proprio Isnenghi lo -" Jjattczzasse con una sua prefazione (il che, sebbene non ci fos-i simo mai incontrati, egli fece con grande generosita). D-unque era stato uno storico, e non uno studioso di iettera-f tura, a mostrare alla mia generazione, negli anni Novanta, che la letteratura di guerra poteva essere vista, e fatta funzionare, come una grande negazione freudiana: una rimozione colietti-va che - cogli strumenti dell analisi ideologica, ma anche quelli della fiiologia e della eritica stilistica - finalmente era possibile aggirare, decostruire e insomma - per usare una betla parola allora tanto in voga, e che oggi pare divenula impronunciabi-'1 le - 'demistificare'. I testi letterarí potevano essere pienamente " assunti, cioě, qualí documenti aí fini della ricerca storíca; ma, iledme tutti i documenti, dovevano essere sottoposti a eritica. IdDíciamo a quello che, nel linguaggio delťinformazione di og- £;gi, si chiama fact-cheeking. Di recente lo storico francese Frédéric Rousseau ha risco-ii perto, dando vita a un interessante dibattito, 1'opera singolaris-|.-.;sima di un suo predecessore di origine americana, Jean Nor-"ton Cru, il quale nel 1929 pubblicö unantologia di scritti di soldáti (senza distinguerli fra letterati e non, ma suddividendo ípil repertorio a seconda del genere di serittura) col titolo, nelle intenzioni allusivo allambito giuridico, Témoins ("Testimo- i- eseguito il rastrellamento piů ampio, esercitato il piú strenuo scrupolo fi filologico [...], come resistere al sospetto che... il Giornale di guerra e di j§ prigionia di Gadda sia meglio? Meglio per 1'estetica, megiio per la do-$ cumentazione, meglio per la rappresentazione e i autorappresentazione, ■■ dail'alto e dal basso" (Le guerre degli italiani. Parole, immagini, ricordi I 1848-1945, Milano, Mondadori, 1989, p. 299). Una frase en passant que-Ü sta, quasi una voce dal sen fuggita, che fu decisiva per la concezione della presente ricerca. ti...... G:M4$ 694 IXNO'l TJCHTAJÍF.HRANOTUTTEWmL ni")47. Un saggic ehe impiegava i metodi delia critica testuak íiloiogica - la quale per tradizione, in effefti, de&nisce 'testi-moni' i document! ehe precede a vagliare - al hne di verifies-re h vcíídicitä dci test! stessi. Un esa nie quasi autoptico delia serittura, ehe non manca d) soíievare paradossi e sul quale ha seritto pagine acute, da noi, Giancarlo A dano43: cioě lo studiose di letccratura ehe megíio si ě valso del cambiamento di paradigma appena deseritto (mentre nella generazione at successiva va segnalato illavoro di un alfievc di Isnenghi, teo Giancotti)'19. Da questo cambiamento di paradigma, tuttavia,;i testi rari non sono solo piegati a un uso strumentalé, 'dociu rio'. Dalla critica degii storiografi essi ricevono una luce nu altresi, sulia propria nátura specifics men te letterarmCíoě sul-le strategie retoriche che, per produrre quclla mistificazione, si sono trovati ad adottare. Mmnbiguita evidentemente connatu-rata aiľespressione letteraria le aveva consentito di mistifica-re la realtä, certo; ma, una volta decodificata e 'demisrífi< 3MNODIPOI 695 HI 47 Jean Norton Cni, Témoins. F.ssai ďanalyse et de critique des souvenirs de combattants edites en francais de 1915 a 1928, Paris, Les Étincelles, 1929; Nancy, Presses Universita ires de Nancy, 1993; hi, con unintroduzione di Frederic Rousseau, 2006. Cfr. anche Id,, Sulla testi-monianza. Processo alia Grande guerra [1930], traduzione di Crisrianc Casalini, presentazione di Pier Paolo Cervone, Miláno, Medusá,:2QI2, Cfr. anche Frederic Rousseau, Le proces des témoins de la grande guerre, L'affaire Norton Cru, Paris, Seuil, 2003. 48 Cfr. Un orizzonte permanente. La traccia della guerra nelldlette-ratura italiana del Novecento, Torino, Aragno, 2012, pp. 12-22; nuova edizione modificata, col titolo Ciö che ritorna. Glieffetti della guerra nella letieratura italiana del Novecento, Firenze, Franco Cesati, 20142, pp. 19-25. E si veda dello stesso, ora, Esserci stato. Esperienza, testimóriianza, racconto nella guerra del Novecento, in Rappresentare ľ irrappresentabik. La Grande Guerra e la crisi dell'esperienza, atti del convegno di Messina, 24-26 ottobre 2016, a cura di Pierandrea Amato, Sandro Gorgone e Gianluca Miglino, Venezia, Marsilio, 2017, pp. 307-12. 49 Dei quale si veda Paesaggi del trauma, Milano, Bompiani, 2017. u íl t- Bgefite a noi di proíettare - su quella .realtä censurata - una fee inedita, spesso sorprendente e ínfine, a volte, ancora piú |rtidele - v»i .toria di queíia de í k íestimonianze dirette, 'dal Hgo'. Come se, torturata sul tavolo della realtä storica, la let-Bfetura finisse per gridacia: la verítä. Una veritä che si mar-ihia,"in questo modo, ifídelebile sulía memoria; e resta la piú lorrnentosa per ie nostre coscienze. Ě quella che Antonio Gibeiii ha dennito autenticita involon-turiu (mutuando questa espressione da Louis Chevalier): quan-do "semhra farsi strada una sorta di intercambiabilitä tra realtä e rappresentazione, tra letteratura e vita, tra immaginazione ed esperienza vissuta"50. Mautentiátä involontaria che la letteratu-pä.é le akre arti sono in grado di offrirci non viene da esse mo-íftxata a dispetto dei filtri rétorici e stilistici che deformano e alíontanano i fatti. Al contrario, essa risalta proprio attmverso "quei filtri e quegli schermi: che i 'fatti' proiettano in una luce 'tragica, o sarcastica, comunque inedita e sorprendente per ch i la osserví a posteriori. Ě solo col senno dipoi, si capisce, che si puô fare esperienza di taíe autenticita involontaria. Ma a cosa si líiduce, in fondo, qualsiasi ricerca storiografica se non appunto fall'appiicazione, alla cenere lieve del vissuto, dei senno di poi? Eppure ě alle viste un nuovo cambiamento di rotta. Che vede di nuovo ísnenghi in prima linea. In tanti anni si puô cambiare idea; e preoceupazioni di oggi fanno rivedere i giudi-zi di ieri (non ě, anche questo, un senno di poi?). Giä nel 1998 Isnenghi non era piíi quello del Mito delia grande guerra. Me ne dovetti accorgere alla fine di quella prefazione per altri versi, per me, cosi lusinghiera. Dove lo storíco riprendeva un passo della mia introduzione, che suonava come segue (ora qui so-pra, a p. 86); "nessuna guerra - fortunatamente - poträ mai piú : veicolare le attese, le speranze, gli entusiasroi delľagosto 1914, ™ Antonio Gibelli, Ľofficina delia guerra. La grande m^letra-sformazioni del mondo mentale, Torino, Bollati Boringhieri, 1991; 20094, P. 73. 696 LE NOTTS CHIASE ERANO TOTfE iJM'Ai *j del maggio 1915, e quindi nessuna guerra sarä mai peggio** di quella: nessuna guerra poträ piú conternplare, al propria interno, un cosi colossalc, coilettivo disincanto". E eommeo-tava: "Eceo. Quel 'forturiatamente' opposto alle illusion* - ° sia pure quelle illusion! - mi lascia u n velo di disagio. Qui i trent'anni di distanza si sentono. Si sente la fin d i secob, il clima rovinoso in cui questo libro ě staro pensato e scntto". Aggiungendo il velen ďun argomento destkiato a sviluoparsi, in forma sempre piú esplicíta, sino a oggí: "in rcaltá, ch i lavóra suí trati non si applica solo a 'demistificarlľ, deve anche mten-derli, accettare di piegarsi e darsi ragione dei sentiment; piú o meno illusori deglí altri, cosi come li vissero - per incredibtli o errati che oggi, a lui, possano apparire"51. Date queste premesse non pud sorprendere che proprio lui, Isnenghi, sostenga oggi come non sia giusto guardare allc attese e a i miti di allora col senno di poi: cioě sot to il paradigma delia Shoah e, in generále, nelľottica dei "pacifismo" da lui con-siderato "oggi egemone"52 (egemone torse nelle retonche del politically correct - oggi peraltro sempre piú cinicamente con-testate da 11a ribalda brutalita di un incorrectness dilagante in " Mario Isnenghi, Prefazione al volume a mia cure Le notti chiare erano tutte an alba. Antológia dei poeti italiani nella Prima guerra mon-diale, Milano, Bruno Mondadori, 1998, p. 5. 52 Cfr. l'intervista concessa a Simonetta Fiori, Raccontare la Grande:;-guerra. Isnenghi; "Non dobbiamo vergognarci di aver vinto", in "la Reg| pubblica", 10 marzo 2014. E st veda ora Mario Isnenghi, Convertirsim alia guerra. Liquidazioni, mabilitazioni e abiure nell'ltalia tra il 1914 £f| il 1918, Roma, Donzelii, 2015. Non tratta il tema, a dispetto deltitoloSI il sempre briliante saggio di Isnenghi La guerra col senno di poii :dedi- f cato a tre testi esemplari (e eontroversi) come La paura di De Robeno,JI il Notturno di d'Annunzio e Viva Caporetto! di Malaparte (in Atlantech, della letteratura italiana, cit., pp. 507-10). Mi pare abbastanza altineato i0 questa posizione di Isnenghi un altro ottimo studioso, Marino Biondi;;;?;: nei commend ai material! spesso stimolanti raccoiti nel suo ponderoso zibaldone di letture, Tempi di uccidere. La grande guerra, letteratura s:~t storiografia, Arezzo, Helicon. 20i5. ■ forme non meno stucehevoli, okre che ben piú perícolose - ma ampiamente disarteso, nei fattí, dalla conereta prassi politica e militare ínaugurata da noi dal governo presíeduto da Massimo D'ASema che, nel 1999, ín spregío alľarticoio II delia Costitu-■žione, decise di bomba rdare la Serbia). Una pubblicazione che mosna ľacqua passata sotto i ponti, ncllbrmai piú di mezzo secolo di lavoro di Isnenghi, ě siata promossa da Goffredo I oíi .. e va segnalata come tra le piú intelligenti e utili, entro ľa Ílu-í: vione editoriale del quadriennio in corso, Passati remoti. 1914-1919 raccoglíe insieme, saltando i passaggi intcrmecli, il primo e ľultimo (aliora) contributo di Isnenghi sulia Grande Guerra; il raro saggio del "remoto" 1965, sul "Fecondo inganno" degli interventisti demoeratici, c una conierenza del 2011 intitolata ■ Dal 1914 al 1919: guerra voluta, guerra non voluta"*1. Proprio il tema del consenso alla guerra ě infatti il piú spi-noso e 'divisivo', fra quelli dibattuti dagli stenografi, E ha ragione, Isnenghi, a sostenere come sin dalľinizio egíi aves-se indagato la mentalita di ch i la guerra ľaveva voluta. Ma se nel 196.5-70 prcvaleva da parte sua, come detto, ľintento di r 'demistificare' quelle ragioni e quei "miti", a sedurlo ora sono le siréne delľ"irrazionale, le emozioni, i trascinamenti delle situazioni". II "caleidoscopio" dei "miti", appunto: considerati "non meno rilevanti delle motivazioni poiitiche". Non pud non essere d accordo, col senno di poi appunto, chi conosca i miti del 1922-43: che da quelli del 1914-15 discendono in linea di-retta (e ciô valga a motivare la scelta sofferta, in questa sede, d i rinunciare alľavallo prestigíoso di un grande studioso al quale cosi tanto devo, ma col quale ormai i míci motívi di dissenso, per mutuarc le formule ominöse, decisamente prevalgono su quelli di consenso)54. 55 Cfr. Mario Isnenghi, Passati remoti. 1914-1919, Roma, Edizioni deiľAsino, 2014. 54 La 'conversione' di Isnenghi, in corso da tempo, c venuca a gior-no nei peraltro prezioso volume da lui pubblicato con il grande siorico