É MlolEbookReader Modifica # i £ ^ 4 56% H3 Q ABC - esteso Dom 12:48 Q. O • O • MlolEbookReader - 1 racconti delle donne O P QS Natalia Ginzburg Discorso sulle donne Ľaltro giorno m'e capitato fra le mani un articolo ehe avevo seritto subito dopo la libe-razione e ci sono rimasta un po' male. Era piuttosto stupido: intanto era tutto in ghinghe-ri, belle frasi ben studiate e girate bene; adesso non voglio piú serivere cosí. E poi dicevo con calore e convinzione delle cose owie: del resto succedeva un po' a tutti, subito dopo la liberazione, di scaldarsi molto a dire delle cose owie: era anche giusto in un certo senso, perché in venťanni di fascismo uno aveva perduto il senso dei valori piú elementari, e bi-sognava ricominciare da capo, ricominciare a chiamare le cose col loro nome, e serivere pur di serivere, per vedere se eravamo ancora delle persone vive. Quel mio articolo parlava delle donne in genere, e diceva delle cose ehe si sanno, dice-va ehe le donne non sono poi tanto peggio degli uomini e possono fare anche loro qualco-sa di buono se ci si mettono, se la societa le aiuta, e cosi via. Ma era stupido perché non mi euravo di vedere come le donne erano dawero: le donne di cui parlavo allora erano donne inventate, niente affatto simili a me o alle donne ehe m'e successo ďincontrare nel-la mia vita; cosí come ne parlavo pareva facilissimo tirarle fuori dalla schiavitú e farne degli esseri liberi. E invece avevo tralasciato di dire una cosa molto importante: ehe le donne hanno la cattiva abitudine di cascare ogni tanto in un pozzo, di lasciarsi prendere da una tremenda malinconia e affogarci dentro, e annaspare per tornare a galia: questo ě il vero guaio delle donne. Le donne spesso si vergognano ďavere questo guaio, e fingono di non avere guai e di essere energiche e libere, e camminano a passi fermi per le strade con grandi cappelli e bei vestiti e bocehe dipinte e un'aria volitiva e sprezzante; ma a me non ě mai successo ďincontrare una donna senza scoprire dopo un poco in lei qualcosa di dolente e di pietoso che non e'e negli uomini, un continuo pericolo di cascare in un gran pozzo oscuro, qualcosa che proviene proprio dal temperamento femminile e forse da una secola-re tradizione di soggezione e di schiavitú e che non sarä tanto facile vincere; m'e successo di scoprire proprio nelle donne piú energiche e sprezzanti qualcosa che m'induceva a commiserarle e che capivo molto bene perché ho anch'io la stessa sofferenza da tanti anni e soltanto da poco tempo ho capito che proviene dal fatto che sono una donna e che mi sarä difficile liberarmene mai. Due donne infatti si capiscono molto bene quando si mettono a parlare del pozzo oscuro in cui cadono e possono scambiarsi molte impressioni sui pozzi e sull'assoluta incapacitä di comunicare con gli altri e di combinare qualcosa di serio che si sente allora e sugli annaspamenti per tornare a galla. Ho conosciuto moltissime donne. Ho conosciuto donne con dei bambini e donne senza bambini, mi piacciono di piú le donne con dei bambini perché so subito di cosa parlare, fino a quanti mesi Thai allattato e dopo cosa gli hai dato e adesso cosa gli dai. Due donne insieme possono parlare all'infinito su questo tema. Ho conosciuto delle donne che pote-vano prendere il třeno e partire lasciando i propri bambini per qualche tempo senza senti-re una terribile angoscia e il senso di fare una cosa contro natura, vivere quietamente per molti giorni lontano dai bambini e non provare quella paura viscerale e inconsulta che sia successo loro qualcosa di male, come invece capita a me ogni volta; e non ě che quelle donne non volessero bene ai loro bambini, gli volevano bene quanto io voglio bene ai miei ma semplicemente erano piú in gamba. Ho incontrato donne tranquille ma poche, la mag-gior parte sono come me e non riescono a vincere quella paura viscerale e straziante e quel senso di fare una cosa contro natura ogni volta che si coricano in un letto d'una cittä stra-niera molti e molti chilometri lontano dai bambini. Ho cercato d'essere piú in gamba che potevo in questo, ho cercato di dominarmi meglio che potevo e ogni volta che son salita in třeno senza i bambini mi son detta: «Questa volta non avrö paura», ma la paura ě nata piú informazioni < > É MlolEbookReader Modifica # i £ ^ 4 56% H3 Q ABC esteso Dom 12:48 Q. O • O • MlolEbookReader - 1 racconti delle donne O Q, p QS sempre in me e quello ehe non ho ancora capito é se mi passerä quando i miei bambini saranno uomini, spero bene ehe mi passerä. E non posso pensare tranquillamente a girare i paesi come vorrei, a dire il vero ci penso sempre ma so bene ehe non mi é possibile farlo. Cosí ci sono delle donne canguri e delle donne non canguri, ma le donne canguri sono molte di piú. Io dunque ho conosciuto moltissime donne, donne tranquille e donne non tranquille, ma nel pozzo ci cascano anche le donne tranquille: tutte cascano nel pozzo ogni tanto. Ho conosciuto donne ehe si trovano molto brutte e donne ehe si trovano molto belie, donne ehe riescono a girare i paesi e donne ehe non ci riescono, donne ehe hanno mal di testa ogni tanto e donne ehe non hanno mai mal di testa, donne ehe si lavano il collo e donne ehe non se lo lavano, donne ehe hanno tanti bei fazzolettini bianchi di lino e donne ehe non hanno mai fazzoletti o se li hanno li perdono, donne ehe portano il cappello e donne ehe non lo portano, donne ehe hanno paura ďessere troppo grasse e donne ehe hanno paura d'essere troppo magre, donne ehe zappano tutto il giorno in un campo e donne ehe spezzano la legna sul ginocehio e accendono il ŕuoco e fanno la polenta e culla-no il bambino e lo allattano e donne ehe s'annoiano a morte e frequentano corsi di storia delle religioni e donne ehe s'annoiano a morte e portano il cane a passeggio e donne ehe s'annoiano a morte e tormentano chi hanno sottomano, il marito o il figlio o la cameriera, e donne ehe escono al mattino con le mani viola dal freddo e una sciarpettina intorno al collo e donne ehe escono al mattino muovendo il sedere e specehiandosi nelle vetrine e donne ehe hanno perso ľimpiego e si siedono a mangiare un panino su una panchina del giardino delia stazione e donne ehe sono state piantate da un uomo e si siedono su una panchina del giardino delia stazione e s'incipriano un po' la faccia. Ho conosciuto moltissime donne, e adesso sono čerta di trovare in loro dopo un poco qualcosa ehe é degno di commiserazione, un guaio tenuto piú o meno segreto, piú o meno grosso: la tendenza a cascare nel pozzo e trovarci una possibilitä di sofferenza sconfinata ehe gli uomini non conoscono forse perché sono piú forti di salute o piú in gamba a dimenticare se stessi e a identificarsi col lavoro ehe fanno, piú sieuri di sé e piú padroni del proprio corpo e delia propria vita e piú liberi. Le donne cominciano nelľadolescenza a soffrire e a piangere in segreto nelle loro stanze, piangono per via del loro naso o delia loro bocca o di qualche parte del loro corpo ehe trovano ehe non va bene o piangono perché pensano ehe nessuno le amerä mai o piangono perché hanno paura di essere stupide o perché hanno paura di annoiarsi in villeggiatura o perché hanno pochi vestiti, queste sono le ragioni ehe dánno loro a se stesse ma sono in fondo solo dei pretesti e in veritä piangono perché sono casca-te nel pozzo e capiscono ehe ci cascheranno spesso nella loro vita e questo renderä loro difficile combinare qualcosa di serio. Le donne pensano molto a loro stesse e ci pensano in un modo doloroso e febbrile ehe é sconosciuto a un uomo. E molto difficile ehe riesca-no a identificarsi col lavoro ehe fanno, é difficile ehe riescano ad affiorare da quelle acque buie e dolorose delia loro malinconia e dimenticarsi di se stesse. Le donne fanno dei figli e quando hanno il primo bambino, comincia in loro una nuova specie di tristezza ehe é fatta di fatica e di paura e c'é sempre anche nelle donne piú sane e tranquille. É la paura ehe il bambino s'ammali o é la paura di non avere denaro abbastanza per comperare tutto quello ehe serve al bambino o é la paura d'avere il latte troppo grasso o di avere il latte troppo liquido, é il senso di non poter piú tanto girare i paesi se prima si faceva o é il senso di non potersi piú oceupare di politica o é il senso di non poter piú seri-vere o di non poter piú dipingere come prima o di non poter piú fare delle ascensioni in montagna come prima per via del bambino, é il senso di non poter disporre delia propria vita, é ľaffanno di doversi difendere dalla malattia e dalla morte perché la salute e la vita di una donna é necessaria al suo bambino. E ci sono donne ehe non hanno figli e questa é una grande disgrazia, é la peggiore di-sgrazia che possa avere una donna perché a un certo punto diventa deserto e noia e sazie-tä di tutte quelle cose che si facevano prima con ardimento, scrivere e dipi: i piú informazioni É MlolEbookReader Modifica # i £ ^ 4 56% H3 Q ABC - esteso Dom 12:48 Q. O • O • MlolEbookReader - 1 racconti delle donne O P QS sempre in me e quello ehe non ho ancora capito é se mi passerä quando i miei bambini saranno uomini, spero bene ehe mi passerä. E non posso pensare tranquillamente a girare i paesi come vorrei, a dire il vero ci penso sempre ma so bene ehe non mi é possibile farlo. Cosí ci sono delle donne canguri e delle donne non canguri, ma le donne canguri sono molte di piú. Io dunque ho conosciuto moltissime donne, donne tranquille e donne non tranquille, ma nel pozzo ci cascano anche le donne tranquille: tutte cascano nel pozzo ogni tanto. Ho conosciuto donne ehe si trovano molto brutte e donne ehe si trovano molto belie, donne ehe riescono a girare i paesi e donne ehe non ci riescono, donne ehe hanno mal di testa ogni tanto e donne ehe non hanno mai mal di testa, donne ehe si lavano il collo e donne ehe non se lo lavano, donne ehe hanno tanti bei fazzolettini bianchi di lino e donne ehe non hanno mai fazzoletti o se li hanno li perdono, donne ehe portano il cappello e donne ehe non lo portano, donne ehe hanno paura ďessere troppo grasse e donne ehe hanno paura d'essere troppo magre, donne ehe zappano tutto il giorno in un campo e donne ehe spezzano la legna sul ginocehio e accendono il ŕuoco e fanno la polenta e culla-no il bambino e lo allattano e donne ehe s'annoiano a morte e frequentano corsi di storia delle religioni e donne ehe s'annoiano a morte e portano il cane a passeggio e donne ehe s'annoiano a morte e tormentano chi hanno sottomano, il marito o il figlio o la cameriera, e donne ehe escono al mattino con le mani viola dal freddo e una sciarpettina intorno al collo e donne ehe escono al mattino muovendo il sedere e specehiandosi nelle vetrine e donne ehe hanno perso ľimpiego e si siedono a mangiare un panino su una panchina del giardino delia stazione e donne ehe sono state piantate da un uomo e si siedono su una panchina del giardino delia stazione e s'incipriano un po' la faccia. Ho conosciuto moltissime donne, e adesso sono čerta di trovare in loro dopo un poco qualcosa ehe é degno di commiserazione, un guaio tenuto piú o meno segreto, piú o meno grosso: la tendenza a cascare nel pozzo e trovarci una possibilitä di sofferenza sconfinata ehe gli uomini non conoscono forse perché sono piú forti di salute o piú in gamba a dimenticare se stessi e a identificarsi col lavoro ehe fanno, piú sieuri di sé e piú padroni del proprio corpo e delia propria vita e piú liberi. Le donne cominciano nelľadolescenza a soffrire e a piangere in segreto nelle loro stanze, piangono per via del loro naso o delia loro bocca o di qualche parte del loro corpo ehe trovano ehe non va bene o piangono perché pensano ehe nessuno le amerä mai o piangono perché hanno paura di essere stupide o perché hanno paura di annoiarsi in villeggiatura o perché hanno pochi vestiti, queste sono le ragioni ehe dánno loro a se stesse ma sono in fondo solo dei pretesti e in veritä piangono perché sono casca-te nel pozzo e capiscono ehe ci cascheranno spesso nella loro vita e questo renderä loro difficile combinare qualcosa di serio. Le donne pensano molto a loro stesse e ci pensano in un modo doloroso e febbrile ehe é sconosciuto a un uomo. E molto difficile ehe riesca-no a identificarsi col lavoro ehe fanno, é difficile ehe riescano ad affiorare da quelle acque buie e dolorose delia loro malinconia e dimenticarsi di se stesse. Le donne fanno dei figli e quando hanno il primo bambino, comincia in loro una nuova specie di tristezza ehe é fatta di fatica e di paura e c'é sempre anche nelle donne piú sane e tranquille. É la paura ehe il bambino s'ammali o é la paura di non avere denaro abbastanza per comperare tutto quello ehe serve al bambino o é la paura d'avere il latte troppo grasso o di avere il latte troppo liquido, é il senso di non poter piú tanto girare i paesi se prima si faceva o é il senso di non potersi piú oceupare di politica o é il senso di non poter piú seri-vere o di non poter piú dipingere come prima o di non poter piú fare delle ascensioni in montagna come prima per via del bambino, é il senso di non poter disporre delia propria vita, é ľaffanno di doversi difendere dalla malattia e dalla morte perché la salute e la vita di una donna é necessaria al suo bambino. E ci sono donne ehe non hanno figli e questa é una grande disgrazia, é la peggiore di-sgrazia che possa avere una donna perché a un certo punto diventa deserto e noia e sazie-tä di tutte quelle cose che si facevano prima con ardimento, scrivere e dipingere e politica < > piú informazioni • MlolEbookReader Modifica # i £ ^ 4 56% H3 Q abc - esteso Dom 12:48 q. e ss • O • MlolEbookReader - 1 racconti delle donne O P OS e sport e diventa tutto cenere nelle mani e una donna consapevolmente o inconsapevol-mente si vergogna di non avere fatto dei figli e comincia a girare i paesi ma anche girare i paesi ě un po' difficile per una donna, perché ha freddo o perché le fanno male le scarpe o perché le si smagliano le calze o perché la gente si stupisce a vedere una donna che gira i paesi e ficca il naso di qua e di lá. E tutto questo ancora si puó superare ma c'e poi la ma-linconia e cenere nelle mani e invidia a vedere le finestre illuminate delle case nelle cittá straniere; e magari per un periodo abbastanza lungo riescono a vincere la malinconia e passeggiano al sole con un passo fermo e fanno all'amore con gli uomini e guadagnano del denaro e si sentono forti e intelligenti e belle né troppo grasse né troppo magre e si com-prano dei cappelli strani con nodi di velluto e leggono dei libri e ne scrivono, ma poi a un certo punto ricascano nel pozzo con paura e vergogna e disgusto di sé e non riescono piú a scrivere libri e neppure a leggerne, non riescono a interessarsi a niente che non sia il loro personále guaio che tante volte non sanno spiegarsi bene e gli dánno dei nomi diversi, naso brutto bocca brutta gambe brutte noia cenere figli non figli. E poi le donne comin-ciano a invecchiare e si cercano i capelli bianchi per strapparli e si guardano le piccole ru-ghe sotto gli occhi, e cominciano a dover mettere dei grandi busti con due stecche sulla pancia e due sul sedere e si sentono strizzate e soffocate lí dentro, e ogni mattina e ogni sera osservano come il loro viso e il loro corpo si trasformi a poco a poco in qualcosa di nuovo e di penoso che presto non servirá piú a niente, non servirá piu a far l'amore né a girare i paesi né a fare dello sport e sará qualcosa che invece loro stesse dovranno servire con acqua calda e massaggi e creme oppure lasciarlo devastare e awizzire alia pioggia e al sole e dimenticare il tempo che era bello e giovane. Le donne sono una stirpe disgraziata e infelice con tanti secoli di schiavitú sulle spalle e quello che devono fare ě difendersi con le unghie e coi denti dalla loro malsana abitudine di cascare nel pozzo ogni tanto perché un essere libero non casca quasi mai nel pozzo e non pensa cosi sempře a se stesso ma si occupa di tutte le cose importanti e serie che ci sono al mondo e si occupa di se stesso soltanto per sforzarsi di essere ogni giorno piú libera. Cosi devo imparare a fare anch'io per la prima perché se no certo non potro combina-re niente di serio e il mondo non andrá mai avanti bene finché sará cosi popolato ďuna schiera di esseri non liberi. piu informazioni • MlolEbookReader Modifica # i £ <3- 4 56% M3> □ ABC - esteso Dom 12:48 Q. O • O • MlolEbookReader - 1 racconti delle donne O P OS «N É MlolEbookReader Modifica # i £ ^ 4 56% H3 Q abc - esteso Dom 12:49 q. e ís • O • MlolEbookReader - 1 racconti delle donne O P 05 Elsa Morante Prima delia classe Ero la prima della classe. Le altre bambine mi mettevano in tasca, di nascosto, dei tor roncini o dei «coccetti», e cioe delle piccolissime pentole o padelle di coccio. Ma io sapevo che esse non mi amavano e facevano tutto per interesse, affinche io suggerissi e lasciassi copiare i compiti. Nessuna meraviglia, del resto, perche io stessa non mi amavo. Avrei voluto essere brava in ginnastica e nei giochi, essere grassa e colorita come Mar-cella Pelissier. Lanima mia si protendeva disperatamente verso tutti coloro che, grassi e coloriti, erano bravi in ginnastica e nei giochi. Lanima mia, nera d'orgoglio e di sprezzo, era in realtä quanto esiste di phi awilito. Io facevo poesie con le rime, che venivano recita-te da ragazzini scomati e lamentevoli nelle feste scolastiche. La direttrice mi presentava al pubblico dicendo: - Signori, devo premettere che le poesie che udirete sono state compo-ste dalla bambina qui presente, e non esito a riconoscere, con intensa emozione, che sia-mo dinanzi a un genio -. Io m'inchinavo, pallidissima, lanciando sguardi lampeggianti di superbia alle modeste compagne. Vedevo i ginocchi delle mie compagne sporchi di terra, i graziosi polpacci rossi di Marcella Pelissier, e me stessa lontana da tutti, in un'ombra nera e piena di lampi, un fenomeno della creazione. Mia madre raccontava, traboccante di le-gittima baldanza, che all'etä di due anni e mezzo, girando intorno alia tavola, avevo com-posto il mio primo poema in versi sciolti. Ed io covavo un empio rancore contro di lei, che aveva partorito un simile prodigio. Se credevano di adularmi, con quel rispetto e quelle mosse, come se io fossi stata la vi-cedirettrice, si sbagliavano. E se mi domandavano: - Che farai da grande? - sperando di sentirsi rispondere: «Far6 poemi», commettevano un errore ancor piu grossolano. Difatti, ad una simile domanda, io dispettosa rispondevo: - A te che te ne importa? Ancora due cose mi distinguevano dalle altre, cingendomi di un'aureola e additandomi al rispetto universale. La prima era che, da piccola, avevo avuto il giradito. Per questo l'un-ghia del mio pollice sinistra non era liscia e ovale come le altre, ma pressoche quadra, dura come pietra e tutta striata di bianco. Tutta la scolaresca ammirava quell'anomalia, molte mi chiedevano umilmente di toccarla col dito. Oltre all'anomalia, c'era un'altra cosa e cioe che, quando mi veniva la febbre, avevo l'in-cubo. Mia madre girava stravolta, con vesciche piene di ghiaccio, e diceva piano: - Elsa ha Pincubo -. Subito i miei fratelli si precipitavano al mio lettino, con viso compunto. Ma sentendo la mia voce rauca gridare: - Si, Dio, perdonami e contero tutti i grani di grano-turco nei sacchi. Andate via, formiche, via, migliaia. Aiutami, Dio, - e vedendomi slargare le dita nei vuoto e sbarrare gli occhi, si guardavano fissi sbottando a ridere. Sapevano che non si doveva, ma era inevitabile. Mia madre diceva: - Vergogna, disgraziati, - ed essi in preda ad ilarita furiosa si buttavano per terra e si davano pugni. Questo non esclude che il mio incubo fosse oggetto della generale ammirazione. - Com'e? - mi chiedevano le compagne. E di me si diceva con importanza, a bassa voce: - Ha un incubo. Nella mia classe eravamo tutte femmine col grembiule bianco, fuorche il figlio della maestra, che era maschio col grembiule turchino. II cognome della maestra, per una gentile coincidenza, era Amore, cosi che egh sul grembiule portava ricamato a punto erba il co-gnome Amore. Era grassoccio, corto di gambe, con occhi lucenti e neri, le guance rosse e la testa tutta pelata, perche aveva avuto le croste. Tutte le alunne gli facevano sorrisi, e, come a figlio di maestra, gli empivano le tasche del grembiule di torroncini e di matite. Ma lui a tutte quante preferiva me. La cosa piii dolce era che il motivo della sua predilezione non era il fatto che io fossi un genio, e nemmeno che avessi il giradito e l'incubo. Aggiungero anzi che egli pareva per na- < > piü informazioni É MlolEbookReader Modifica # i £ ^ 4 56% H3 Q abc - esteso Dom 12:49 q. e ís • O • MlolEbookReader - 1 racconti delle donne O P 05 tura issato in una sféra ben superiore, in cui tali cose non valevano affatto, ed erano guar-date soltanto con una gioviale benevolenza. II motivo dunque era tutťaltro, e me lo rivelö il giorno in cui guardandomi con lucente occhio arguto e toccandomi estatico mi disse: -Che bei riccetti che hai. Tutte assumevano nel parlarmi un'aria saccente, e con me discorrevano solo di compiti, di madri e di padri, lasciandomi sempře sola fuori dei loro frivoli capannelli. Ma Amore mi si confidava su cose umane: mi magnificava, ad esempio, la marmellata di sua norma, ed altresí me ne offriva. Mi guardava e diceva: - Come sei pulita, - rapito, ridacchiando. E mi prendeva per mano andando in su ed in giú e una volta perfino, in segno di estrema amicizia e affabilitä, mi carezzö la guancia. Che Dio benedica Amore. Non so come, sentivo oscuramente che costui, dal mio pia-neta deserto e corrusco, mi riconduceva per vie segrete alia terra. piú informazioni • MIolEbookReader Modifica & i i ■'S- 4 56% H3 Q abc esteso Dom 12:49 q. e ss • O • MIolEbookReader - 1 racconti delle donne o Q. p OS La ragazza con i bruttiguanti. Elsa Morante e stata la figlia piu amata, mandata dalla zia ricca a studiare e a mangiare bene, a curare l'anemia, lodata per l'intelligenza e per la bellezza. E stata la speranza e il riscatto di sua madre, Irma Poggibonsi, maestra elementare, che aveva avuto questi figli da un altro uomo, per l'impotenza del marito Augusto Morante. «Mia madre raccontava, traboccante di legittima baldanza, che all'eta di due anni e mezzo, girando intorno alia ta-vola, avevo composto il mio primo poema in versi sciolti. Ed io covavo un empio rancore contro di lei, che aveva partorito un simile prodigio». Elsa Morante ando via di casa a di-ciott'anni, non voile sua madre al matrimonio con Alberto Moravia, nel 1941 (e al rinfre-sco litigo con la suocera che voleva darle lezioni di economia domestica, la defini «una donna senz'anima» e non la rivide mai piu), e non la voile nemmeno al Ninfeo di Villa Giu-lia, nel 1957, quando vinse il Premio Strega con Lisola di Arturo. Elsa Morante era sempre in guerra, e anche quando aveva tutto il Paese ai suoi piedi, come i compagni di classe alle scuole elementari, si sentiva comunque in fondo al cuore la ragazza ubriaca e povera con i brutti guanti che gli altri guardano dall'alto in basso, come ha scritto in una lettera alia sua arnica Luisa Fantini, all'inizio della storia d'amore con Moravia. p OS Virginia Woolf La presentazione Lily Everit vide la signora Dalloway dirigersi verso di lei daU'altra parte della stanza, e l'avrebbe volentieri pregata di non venire a disturbarla; e tuttavia sentí, mentre la signora Dalloway si awicinava con la mano destra sollevata e un sorriso di cui lei, pur essendo al suo primo ricevimento, conosceva il significato - «Ma devi venir fuori dal tuo angolo e fare conversazione» -, un sorriso alio stesso tempo benevolo e drastico, imperioso, sentí uno strano miscuglio di eccitazione e timore, il desiderio di essere lasciata in pace e insie-me la voglia di essere tirata fuori e buttata giú, giú nei turbolenti abissi. Ma la signora Dalloway fu intercettata, acciuffata da un vecchio signore coi baffi bianchi, e cosi Lily Everit ebbe un istante di tregua in cui aggrapparsi a se stessa, come una boa nel mare, e sorseg-giare, come un calice di vino, il pensiero del suo saggio sulla personalita del decano Swift che proprio quella mattina il professor Miller aveva marcato con tre stelle rosse, ottimo. Ottimo, ripeteva a se stessa; ma ora il cordiale era assai phi diluito di quanto fosse quando stava dritta davanti al lungo specchio mentre sua sorella e Mildred, la domestica, prowe-devano agli ultimi ritocchi (un colpetto qui, una tiratina la). Mentre le loro mani si affac-cendavano intorno a lei, infatti, aveva la sensazione che sfiorassero gradevolmente la su-perficie, ma sotto giacesse intatto come un grumo di metallo lucente il suo saggio sulla personalita del decano Swift; e i loro apprezzamenti quando era scesa al pian terreno e in piedi nell'ingresso attendeva l'arrivo della carrozza - Rupert era uscito dalla sua stanza e le aveva detto che era uno schianto - increspavano la superficie, s'infilavano fra i nastri come una brezza, ma nulla di phi. Un'unica vita divisa (ne era čerta) tra fatti concreti, quel sag- gio, e finzione, quell'andare a una festa, tra scoglio e onda, pensava, mentre la carrozza fi-lava e lei vedeva le cose con tale intensita che d'ora in poi avrebbe sempře visto la realtá e se stessa, un riflesso bianco nella schiena scura del vetturino, inestricabilmente congiunte: il momento della visione. Poi, quando giunse a destinazione e cominció a vedere gente che saliva e scendeva le scale, quel grumo solido (il suo saggio sulla personalita di Swift) vacilló, inizió a sciogliersi, non riusciva phi a conservarlo, e tutto il suo essere (non phi af-filato come un diamante che taglia in due il cuore della vita) divenne una velatura di allar-me, apprensione e diffidenza mentre se ne stava con le spalle al muro nel suo angolo. Ec-colo dunque il famoso posto: il mondo. Guardandosi intorno, Lily Everit istintivamente nascose quel suo saggio, tanto era ver gognosa adesso, e anche confusa, e malgrado ció in punta di piedi per mettere a fuoco e nelle giuste proporzioni (le vecchie essendo del tutto sbagliate) quelle cose che si rimpic-ciolivano ed espandevano (come chiamarle? persone? impressioni sulla vita delle persone?) e sembravano minacciarla e sopraffarla, mandando tutto in fumo, non lasciandole che una possibilitá, quella di starsene sulla difensiva. Ora la signora Dalloway che non aveva mai abbassato del tutto il braccio, e lo muove-va, mentre parlava, in modo da farle intendere che stava arrivando, che era stata solo trat-tenuta dal vecchio soldato coi baffi bianchi, ora lo sollevó di nuovo con decisione e la rag-giunse, e disse alia timida deliziosa ragazza, con il suo pallore, i suoi occhi luminosi, i ca-pelU scuri poeticamente intrecciati attorno al capo e il corpo sottile in un abito che sem-brava scivolar via: - Vieni e lascia che ti presenti, - e a quel punto la signora Dalloway ebbe un'esitazione, poi rammentando che Lily era quella intelligente, che leggeva poesie, si guardó attorno in cerca di qualche giovanotto appena tomato da Oxford, uno che avesse letto tutto e fosse in grado di parlare di Shelley E prendendo Lily Everit per mano la condusse verso un gruppo dove c'erano dei giovanotti che chiacchieravano, e Bob Brinsley < > piu informazioni É MlolEbookReader Modifica S? i g P 05 Lily Everit restö un po' indietro, quasi fosse una riottosa barca a vela che fa la reveren-za nella scia di un piroscafo, e sentiva, mentre la signora Dalloway la guidava, ehe ora sa-rebbe aceaduto; ehe adesso nulla avrebbe potuto impedirlo, o evitarle (e non vedeva ľora ehe tutto finisse) di essere scagliata in un gorgo dove sarebbe perita o si sarebbe salvata. Ma cos'era il gorgo? Oh, era fatto di un milione di cose e ognuna le era ben chiara: ľabbazia di Westminster; ľimpressione ehe tutťintorno a loro ci fossero solenni edifici tremendamente alti; essere una donna. Forse era quello che saltava alľocchio, che restava, in parte per via del-ľabito, ma tutti i piecoli gesti cavallereschi e gli omaggi da salotto, tutto le faceva sentire che era uscita dalla crisalide e veniva apprezzata per ciö ehe nella tranquilla oseuritä del-ľinfanzia non era mai stata - questa fragile e bella ereatura, dinanzi alia quale gli uomini s'inchinavano, questa ereatura limitata e circoseritta ehe non poteva fare ciö che voleva, una farfalla con migliaia di sfaccettature negli ocehi e un piumaggio delicato, e innumere-voli difficoltä, sensibilita e tristezze: una donna. Mentre attraversava la stanza insieme alia signora Dalloway accettö la parte ehe le era stata assegnata, e naturalmente la esagerô un po', come un soldato orgoglioso delle tradi-zioni di una vecehia e illustre uniforme, consapevole, mentre camminava, delia propria eleganza, delle scarpe affusolate, dei capelli arricciati e raccolti; e del fatto ehe, se le cade-va un fazzoletto (come era aceaduto), un uomo si sarebbe prontamente chinato a racco-glierlo e a restituirglielo; in tal modo accentuando ľartificiosa fragilita del suo comporta-mento innaturale, perché dopotutto non le apparteneva. Le apparteneva, piuttosto, correre e affrettarsi e meditare in lunghe passeggiate solita-rie, scavalcare cancelli, annaspare nel fango, e nella bruma, nel sogno, nell'estasi delia soli-tudine, seguire nell'aria i cerchi del piviere e sorprendere i conigli e incappare nel cuore dei boschi e delle vaste brughiere solitarie in piecole cerimonie senza pubblico, riti priva-ti, pura bellezza esibita da scarabei, mughetti, foglie morte e quiete pozze d'acqua, indiffe- piú informazioni renti a ciö che gli esseri umani dicevano di loro, cosa ehe riempiva la sua mente di estatico stupore e la tratteneva laggiú finché doveva toccare il montante del cancello per ritrovare il senso di sé - tutto ciö era stato, fino a quella sera, il suo abituale modo di essere, tramite il quale si conosceva e si piaceva e penetrava nel cuore di sua madre, suo padre, i suoi fra-telli e sorelle; e quesťaltro era un fiore sbocciato in dieci minuti. E insieme al fiore sboc-ciö anche, inevitabilmente, il mondo del fiore, cosí diverso, cosí strano; le torri di Westr minster, gli edifici alti e solenni; la conversazione; quella civiltä, pensö Lily, restando indietro mentre la signora Dalloway la guidava; quel modo di vivere regolato, ehe le cadeva in-torno al collo come un giogo, delicato, implacabile, dal cielo, un'affermazione impossibile da confutare. Getto uno sguardo al suo saggio, con le tre stelle rosse offuscate fino a oscu-rarsi, ma in modo pacato, pensoso, come arrendendosi alia pressione di una forza indiscu-tibile, owero alla convinzione che a lei non spettava dominare, o asserire, bensí piuttosto arieggiare e abbellire quella vita ordinata dove tutto era giä stato fatto: alte torri, campane solenni, appartamenti costruiti mattone su mattone dalla fatica dell'uomo, chiese costrui-te dalla fatica dell'uomo, e anche parlamenti; e perfino l'intreccio di cavi telegrafici pensö guardando fuori dalla finestra mentre camminava. Cos'aveva lei da opporre a quelle pos-senti imprese mascoline? Un saggio sulla personalita del decano Swift! E quando raggiun-se il gruppo che Bob Brinsley dominava (col piede poggiato sul parafuoco e la testa all'in-dietro), con la sua grande fronte onesta e la sicurezza di sé, la sua finezza e reputazione e il robusto benessere fisico, e ľabbronzatura, la disinvoltura, e la discendenza diretta da Shakespeare, cosa poteva fare lei se non stendere il suo saggio, oh, anche tutta se stessa, sul pavimento come un mantello che lui potesse calpestare, o una rosa che lui potesse strap-pare. E lo fece, platealmente, quando la signora Dalloway sempře tenendola per mano come se lei Stesse per sottrarsi a quella prova suprema, quella presentazione, disse: - Signor Brinsley.. Signorina Everit. Entrambi amate Shelley- Ma quello di lei non era amo-re al confronto di quello di lui. 7^720540 É MlolEbookReader Modifica S? i g P 05 Nel dir cosí, la signora Dalloway si sentí, come sempre si sentiva ricordando la propria giovinezza, assurdamente commossa: la giovinezza che incontrava la giovinezza grazie a lei, e la scintilla, al battere del ferro sulla pietra (colse il palese irrigidirsi di entrambO, il piú bello e il piú antico di tutti i ŕuochi quale lo vide nel mutamento d'espressione di Bob Brinsley, dalla noncuranza alla formahtä, alla cerimoniositä, mentre stringeva mani, la-sciando presagire, pensô Clarissa, la tenerezza, la bontä, ľattenzione per le donne latente in ogni uomo, una visione che a lei faceva venire le lacrime agli occhi, mentre la commuo-veva ancora piú intimamente vedere anche in Lily uno sguardo timido, timoroso, senza dubbio il piú incantevole di tutti gli sguardi negli occhi di una ragazza; e un uomo che prova questo per una donna, e una donna per un uomo, e poi il fluire da quel contatto di innumerevoli case, tribolazioni, dolori, gioia profonda e assoluta fedeltä di fronte alla ca-tastrofe, ľumanitä dentro di sé era dolce, pensô Clarissa, e la sua vita (presentare una cop-pia la riportava al primo incontro con Richard!) dawero fortunata. E si allontanô. Ma, pensô Lily Everit. Ma... ma., ma cosa? Oh niente, pensô, affrettandosi a soffocare con grazia il suo istinto sottile. In linea di-retta da Shakespeare, pensô, e parlamenti e chiese, pensô, oh sí, e anche i cavi del telegra-fo, pensô, e con deliberata ostentazione pregô il signor Brinsley di crederle quando gli of-frí il suo saggio sulla personalitä del decano Swift perché ne facesse quel che voleva - cal-pestarlo e distruggerlo - perché come poteva una semplice bambina comprendere anche solo per un istante la personalitä del decano Swift. - Sí, - disse. Le piaceva leggere. - E immagino che scriva, - disse lui. - Poesie, probabilmente. - Saggi, - rispose. E non avrebbe permesso che quello scoramento s'impadronisse di lei. Chiese e parlamenti, palazzi, persino i cavi del telegrafo - tutto, disse a se stessa, co-struito col lavoro delľuomo, e quel giovanotto, disse a se stessa, era diretta discendenza di Shakespeare, perciô non avrebbe permesso che quel terrore, quel dubbio di qualcosa di diverso, avesse preša su di lei, facesse awizzire le sue ali e la trascinasse ŕuori nella solitu- dine. Ma mentre diceva a se stessa tutto ciô, lo vide - non c'era altro modo di descrivere quella sensazione - uccidere una mosca. Ritto, col piede poggiato sul parafuoco e la testa all'indietro, strappava le ali a una mosca e intanto parlava di sé con insolenza, con arrogan-za. Ma non avrebbe fatto caso a quanto era insolente e arrogante con lei, se solo non fosse stato brutale con le mosche. Ma perché no, disse, mentre soffocava nervosamente quell'idea, perché no, dal mo-mento che lui é il piú grande fra gli oggetti terreni? A lei spettava il compito di venerare, di adornare, di abbellire, a ciô servivano le sue ali. Ma lui parlava, e guardava, e rideva; strappava le ali a una mosca. Le strappava le ali dal dorso con le sue mani abili e forti, e di fronte a quel gesto lei non poteva nascondersi la veritä. Ma é necessario che sia cosí, ra-gionô, pensando alle chiese, ai parlamenti, ai palazzi di appartamenti, e cosí tento di ran-nicchiarsi e acquattarsi e appiattire le ali sul dorso. Ma... ma, cosa succedeva, perché? A dispetto di tutto ciô che poteva fare, il suo saggio sulla personalitä di Swift diventava sempre piú vistoso e le tre stelle brillavano di nuovo, ma non erano piú limpide e lucenti, ben-sí incerte e macchiate di sangue, come se quelľuomo, quel grande signor Brinsley, col solo fatto di strappare le ali a una mosca mentre parlava (del proprio saggio, di se stesso, e una volta ridendo di una ragazza che era lí) avesse oscurato con una nuvola la sua leggerezza, turbandola e facendole awizzire le ali sul dorso, e, quando lui distolse lo sguardo, lei pensô con orrore alle torri e alla civiltä, e il giogo che le era caduto sul collo dal cielo la schiaccia-va, e si sentí come una mendicante nuda che ha cercato riparo in un giardino ombroso e viene scacciata e awertita - no, non ci sono santuari né farfalle, in questo mondo, e questa civiltä, le chiese, i parlamenti, i palazzi - questa civiltä, disse a se stessa Lily Everit mentre accettava i gentili complimenti delľanziana signora Bromley sul suo aspetto, dipende da me... E piú tardi la signora Bromley disse che Lily, come tutti gli Everit, sembrava «una che regge il peso del mondo sulle proprie spalle». piú informazioni 0864375^ É MlolEbookReader Modifica S? i g P QS prova; la mia scrittura é ora come un contorno tracciato a pennello; solo piú tardi lo riem-pio. Ora, mettiamo che io riesca a diventare uno dei romanzieri interessanti, non dico grandi, ma interessanti». Virginia Woolf comincia a sentire la consapevolezza di essere ne-gli anni creativi eroici, febbrili, e di successo. Anche se ripeteva sempre nei diári che il piacere profondo é scrivere, mentre ľessere letti é un piacere superficiale. E lei quelľanno non riusciva letteralmente a smettere di scrivere, come racconta nel 1925 in una lettera a at • _ ti »• _• Vita Sackville-West: «Non riesco a smettere di scrivere. Mi vereogno al solo pensiero di «Non nesco a smettere ai scrivere». 66 ľ quante storie io abbia scritto in questo mese, e riesco a malapena a trattenere le dita dall'i-niziare un nuovo romanzo, ma giuro che non lo farô prima di agosto». Le storie le si gon- Nel 1925, quando scrisse questo racconto, Virginia Woolf aveva appena pubblicato II fiavano dentro la testa, e lei dentro la testa le strutturava, le titolava, le approfondiva, le lettore comune e Mrs Dalloway, in aprile e in maggio. Da un anno aveva convinto Leonard divideva in parti, e poi diceva a se stessa: devo frenarmi. Woolf a tornare a vivere a Londra, perché le mancava la velocitä delia cittä, e aveva incon- In questo meraviglioso racconto Virginia Woolf ha regalato altra vita a Mrs Dalloway, trato Vita Sackville-West, erano diventate molto amiche, stáva per iniziare la loro storia ma tutta 1 attenzione é per Lily Everit, fanciulla in nore con il pensiero del suo saggio sul- ďamore, che le ispirerä Orlando. II1925 é stato molto importante per Virginia, che stáva . . lo stile di Swift, che vorrebbe scomparire dalla festa e dalle presentazioni e dalle conversa- escogitando Gita alfaro e nel suo diario scriveva: «Quarantatre anni: quanti libri ancora?» zioni, e ha dentro un altro mondo, e non lo cambierä. Ma il gorgo in cui sente di venire E anche: «Eppure sono ľunica donna d'Inghilterra libera di scrivere ciô che vuole. Le altre gettata alla festa, il gorgo in cui soccomberä o si salverä, é fatto di milioni di cose. Mrs devono pensare a romanzi a puntate e a direttori di riviste». Si sentiva piena di energia, di Dalloway la pilota verso un gruppo di giovani che chiacchierano. E Lily ha chiaro in men- preoccupazione e di volontä, teneva il conto delle copie vendute alla settimana, delle re- te che una delle cose che compongono il gorgo é: essere una donna. censioni, dei profitti. Progettava di costruire un bagno e un impianto per ľacqua calda a Rodmell, con i soldi guadagnati «con lo scrivere». «Una cosa, nel considerare il mio stato d'animo, mi sembra ora indiscutibile; che sono finalmente arrivata in fondo al mio pozzo di petrolio e non riesco a scribacchiare abba-stanza in fretta per portarlo tutto quanto alla superficie. Adesso ho almeno sei racconti che mi zampillano dentro, e sento, finalmente, di poter coniare in parole tutti i miei pen-sieri. Resta nondimeno un'infinitä di problemi; ma non ho mai sentito prima ďora que-sťimpeto, questa urgenza. Credo di poter scrivere molto piú in fretta: se é scrivere questo gettarsi delia frase sul foglio; e poi la copiatura e ricopiatura a macchina, la prova e la ri- piú informazioni É MlolEbookReader Modifica S? i g P OS Dorothy Parker II valzer Odt&o, grazze infinite. Sarä un veropiacere. Non voglio ballare con lui. Non voglio ballare con nessuno. E anche se ne avessi voglia, non con lui. Anzi, sarebbe proprio ľultimo della lista. Come se non avessi visto in che modo balia: sembra uscito dalla notte di Valpurga. Pensa, meno di un quarto ďora fa me ne stavo lí a dispiacermi per quella povera disgraziata che stáva ballando con lui. E adesso sarô io quella disgraziata. Fantastico. Com'é piccolo il mondo. Ah si, e che mondo meraviglioso, una vera gemma. E quel che vi accade é cosí fascino-samente imprevedibile, vero? Ero lí, a pensare ai fatti miei senza far male a una mosca. E lui si presenta bel bello, tutto sorrisini e buone maniere, a implorarmi di concedergli il pri-vilegio di una memorabile mazurka. Oh insomma, sa a malapena come mi chiamo, per non parlare di quel che significa. Significa Disperazione, Smarrimento, Futilitä, Degrada-zione e Omicidio Premeditato, ma lui che ne sa? E non so neppure il suo, di nome. Non ne ho la piú pallida idea. Dall'espressione nei suoi occhi, direi che si chiama Sfigato. Ehi, come va, signor Sfigato? E come sta quell'angelo del suo fratellino, quello con due teste? E che diamine, perché mai mi doveva venire tra i piedi, con le sue stupide richieste? Ma perché non mi lascia in pace? In fondo chiedo cosí poco: che mi lascino tranquilla nei mio angolino, a rimuginare tutta la sera sui miei guai. Ma no, doveva farsi avanti, tutto in-chini e mossette e posso avere ľonore. E io a dirgli che sarebbe stato un vero piacere ballare con lui. Non riesco a capire come mai un fulmine non mi abbia fatto secca. Giä, e ca-dere stecchita mi sarebbe sembrata una gita di piacere, paragonata alia tortura di dover piú informazioni ballare con questo tizio. Ma che altro potevo fare? Tutti gli altri si erano alzati per ballare, a parte noi due. Ero in trappola. Intrappolata come un trappista in una trappola. Che altro si puô dire, quando un uomo ti invita a ballare? Ci mancherebbe altro, dovrai passare sul mio cadavere? Oh grazie infinite, ne sarei estasiata, ma ho le doglie. Oh si, che bello, balliamo. Finalmente un uomo che non teme di prendersi il beri-beri. No, non potevo far altro che dire: «Sara un vero piacere». Be', tanto vale andare fino in fondo. Benone, signor Palla-drcannone, é il tuo momento. Hai vinto la mano: conduci tu. Be', direi che piú che una mazurka é un valzer, no? Potremmo fermarci un istante e ascoltare la musica. St? Oh si, é un valzer. Le spiace? Oh, sono semplicemente estasiata. Sara un vero piacere ballare un valzer con lei. Sara un vero piacere ballare un valzer con lei. Sarä un vero piacere ballare un valzer con lei. Sarä un vero piacere farmi levare le tonsille, sarä un vero piacere ritrovarmi su una nave in fiamme nei cuore della notte. Oh insomma, ormai é troppo tardi. Ci siamo. Oh Dio, Dio, Dio. Oddio, é ancora peggio di quanto pensassi. Immagino che questa sia l'uni-ca regola senza eccezioni: ogni cosa si rivela peggiore di come prevedi. Se solo avessi intui-to come sarebbe stato questo ballo, avrei resistito con tutte le mie forze. E chi mi schio-dava dalla sedia? Oh be', probabilmente alia fin fine arriverô alio stesso risultato: se questo tizio continua cosí, ci ritroviamo con il sedere a terra. Sono proprio contenta di avergli fatto notare che stanno suonando un valzer. Dio solo sa cosa poteva succedere, se avesse pensato che era un ritmo veloce: roba da far saltare in aria il palazzo. Ma poi, perché diamine si ostina a voler essere qualcosa che non é? Perché non possiamo starcene in un posto giusto il tempo per acclimatarci? Sempre di corsa, via, sempre di fretta: la maledizione che pesa sulla vita americana. Ecco perché siamo tutti cosí - ahi! - Per l'amor del cielo, e non mi prendere a calci, idiota, é solo il secondo movi-mento. Oh il mio stinco, il mio povero, caro stinco, con me fin dalla nascita! • MlolEbookReader Modifica 8 1* P QS no, buon Dio, no. Non mi hafatto assolutissimamente nulla. E poi e stata colpa mia. Giuro, davvero. Oh, ma chegentile, non doveva. Giuro, e stata colpa mia. Chissä se e meglio farlo fuori qui, all'istante, a mani nude, o aspettare che inciampi nei suoi piedi. Uhm, meglio evitare le scenate: me ne starö qui zitta e buona, a vedere dove andrä a finire, di questo passo. Mica puö continuare airinfinito: anche lui e fatto di carne e ossa. Morire, deve morire, e morirä, per tutto quello che mi ha fatto. Non vorrei passare per una troppo permalosa, ma non si puö negare che quel calcio fosse premeditato. Freud dice sempre che gli incidenti non esistono. Mica vengo giü dall'albero: ne ho conosciuti di ballerini che mi hanno rovinato le scarpette e strappato il vestito; ma quando si tratta di calci... be', mi si scatena dentro la Femminilitä Oltraggiata. Calciami nello stinco e sorridi. Perö forse non l'ha fatto apposta. Forse e solo il suo modo di essere spiritoso. Dovrei essere lieta che almeno uno dei due si diverta. E probabilmente mi dovrö considerare for tunata se riuscirö a tornare al mio posto tutta intera. Forse e troppo chiedere a un perfet-to sconosciuto di lasciarti intatti gli stinchi. Dopotutto, questo poveraccio sta facendo del suo meglio. Probabilmente e cresciuto sulle montagne, e non ha avuto occasione di impa-rare. Scommetto che dovevano sbatterlo a terra per tenerlo fermo e riuscire a infilargli le scarpe. Si, delizioso, vero?Delizioso. Un valzer sublime. Vero? Oh si, anch'io lo trovo delizioso. Ehi; qui sto piombando nell'orbita della Tripla Minaccia. Oh, mio eroe. Cuor di leone, garretti di bufalo. Ma guardalo: non un pensiero alle conseguenze, non un timore per la sua faccia, eccolo che si lancia nella mischia, gli occhi accesi, le guance in flamme. E si puö forse affermare che io abbia esitato? Ma no, figuriamoci. E se dovessi passare i prossimi due anni chiusa in un busto di gesso? Coraggio, mio carnefice, non avere pietä! E poi, chi mai vuole vivere in eterno? Oh. Oh Dio. Oh be', si e ripreso, grazie al cielo. Per un momento ho pensato che lo avrebbero portato fuori in barella. Mai, mai potrei sopportare che gli accadesse qualcosa. Lo amo. Lo amo al di sopra di qualsiasi altra cosa al mondo. Ma guarda quanto entusia-smo riesce a dare a un tremendo, normalissimo valzer, come sembrano mosci gli altri ballerini al suo confronto. Gioventu, energia, coraggio, forza e allegria e... ahi! Via dalla mia caviglia, villano senza creanza. Ma cosa credi che sia io, una passerella? Ahi! Ma no, certo che no, non mi hafatto male. Ma no, per nulla. Giuro. E poi é stata colpa mia. Ecco, vede, quel suo passo... oh si, e delizioso. Ma non éfacilissimo seguirlo, da principio. Ah si, l'ha inventa-to lei? Ma sul serio? Be' ma ě incredibile! Ah si, adesso credo diaver capito. Ma e carinissimo! La sta-vo osservando prima, mentre ballava. E di grandissimo effetto. Ě di grandissimo effetto. Scommetto di essere di grandissimo effetto. Lacconciatura si ě disfatta, la gonna mi si incolla alle gambe. Sento un sudorino freddo sulla fronte. Devo avere l'aria di una appena uscita dal Crollo della casa degli Usher. Questo genere di cose si fa sentire, sulle donne della mia etä. E lui in persona ha inventato quel passo, lui, con la sua degenere arguzia. E da principio era un tantino difficile da seguire, ma ora credo di aver capito. Due passi, scivolata, e allunghi la gamba di venti metri: come no. Lho capito. E ho capito taňte altre cose, tra cui uno stinco fratturato e un fegato grosso cosi. Detesto questo essere a cui sono incatenata. Eho odiato dall'istante in cui ho visto la sua faccia astuta e animalesca. E sono imprigionata in questo orribile abbraccio da quando ě iniziato il valzer, trentacinque anni fa. Ma l'orchestra finirä mai di suonare? O questo osceno scherzo, travestito da valzer, finirä solo quando l'infemo ci inghiottirä tutti? Oh, stanno per suonare un altro valzer. Oh, benone. Oh, delizioso. Stanco? Io no, lo devo ammettere. Continuerei a danzare per ore e ore. Io no, lo devo ammettere. Sono morta e defunta, ecco tutto. Stecchita, e per cosa poi! E la musica non finirä mai di suonare, e noi continueremo cosi. Charlie Passo Doppio e io, per Peternitä. Oh be', probabilmente dopo i primi centomila anni ci farö il callo. A quel punto non mi importéra piú di nulla, non del caldo né del dolore, non del mio cuore infranto, non della spaventosa, tremenda stanchezza. Be', non sarä mai abbastanza presto. < > piú informazioni É MlolEbookReader Modifica S? i g p QS Chissäperché non gli ho detto ehe ero stanca. Perché non gli ho suggerito di tornare al tavolo. Potevo dirgli: godiamoci la musica. Sí, e in quel caso, sarebbe stata la prima volta che ci prestáva orecehio, dalľinizio delia serata. George Jean Nathan diceva che le note sublimi del valzer dovrebbero essere ascoltate immobili, e non accompagnate da bizzarre contorsioni del corpo umano. Sí, mi pare che abbia detto cosi. Mi sembra che fosse George Jean Nathan. Comunque, qualsiasi cosa abbia detto e chiunque fosse, e qualsiasi cosa stia facendo in questo momento, di sicuro sta meglio di me. Non c'ě dubbio. Chiunque non stia ballando con questo qui, il bisonte, si sta divertendo. Pero se torniamo al tavolo probabilmente gli dovrei parlare, ma guardalo! Che mai si puö dire a un coso del genere! E andato al circo quest'anno? Che gelato preferisce? Come pronuncia gatto? Mi sa ehe non c'ě piú speranza. Ě come se fossi finita in una betoniera in piena attivitá. Non me ne importa piú un accidente, I'unica cosa che posso dire quando mi pesta i piedi ě che riesco a sentire lo seriechiolio delle ossa ehe si sgretolano. E che tutta la mia vita mi sfila davanti agli ocehi. Quella volta ehe mi sono ritrovata in mezzo a un uragano nelle Indie Occidentali, quella volta ehe mi sono fatta un taglio cosi in testa in un incidente con il taxi, la sera che quelľubriacona ha scagliato un portacenere di bronzo addosso al suo grande amore, e invece ha colpito me, e quelľestate che la barca continuava a rove-sciarsi. Ah, che vita dolce e pacifica ě stata la mia, finché non sono capitata qui, con Pie Veloce. E che ne sapevo io di cos'e un guaio, prima di finire in questa danse macabre! Od-dio, comincio a sragionare. Mi sembra quasi ehe ľorchestra stia per finirla. Impossibile: non smetterä mai, mai piú. Eppure sento nelle orecchie un silenzio angelico... Oh, banno smesso, che peccato! Non hanno piú intenzione di riprendere. Accidenti. Oh, lei crede che ricominceranno? Si, se lei gli passu venti dollari? Oh, ma sarebbe delizioso!E,perfavore, dica che suo-nino lo stesso pezzo. Sarebbe una vera gioia continuare questo valzer. piú informazioni 58672^2^ • MIolEbookReader Modifica esteso Dom 12:50 Q, © is • O • MIolEbookReader - 1 racconti delle donne o p Lkccondiscendenza verso il dolore. II valzer uscf sul «New Yorker» il 2 settembre 1933, Dorothy Parker aveva quarant'anni. E a proposito dei quarant'anni, Dorothy Parker ha scritto anche una prosa intitolata La mezza etä, ovvero ilperiodo blu, che si conclude cosi: «Oh vieni, mezza etä, vieni, vieni! Vie-nimi accanto, porgimi la tua mano, fatti guardare negH occhi... Oh... Dunque e questo il tuo vero aspetto?... Che Dio mi aiuti... aiuto...» Giornalista, poetessa, scrittrice, sceneggiatrice, critica teatrale, sperperatrice di vita e di talento, signora mondana temuta e adorata per i giudizi taglienti, per il sarcasmo, per la forza spietata delle sue osservazioni. Ha raccontato la solitudine, la vanitä, la gelosia, le pene d'amore, l'attesa di una telefonata che non arriva, l'alcool, la guerra tra uomini e donne e il vuoto di certe giornate a New York. E il modello di tutte le scrittrici che, dopo di lei, hanno usato l'ironia e il sense of humour nell'osservare la veritä della vita quotidiana (quando Nora Ephron e morta, e stata definita «la nostra Dorothy Parker, ma con meno conflitti»). «Che altro si puö dire, quando un uomo ti invita a ballare? Ci mancherebbe altro, do-vrai passare sul mio cadavere? Oh grazie infinite, ne sarei estasiata, ma ho le doglie. "Sarä un vero piacere". Sarä un vero piacere farmi levare le tonsille, sarä un vero piacere ritrovar mi su una nave in flamme nel cuore della notte»: vale per tutti, vale per sempre, vale non soltanto per i balli indesiderati, parte da un valzer e arriva all'accondiscendenza verso il dolore. Dorothy Parker ha detestato l'etichetta di umorista, e infatti non lo e mai stata. «Diamine, che cosa insopportabile che cominciassero a ridere prima ancora che aprissi bocca, - ha detto nel 1956 alla giornalista della "Paris Review" che la intervistava. - Non voglio essere classificata come una scrittrice umoristica. Mi fa sentire colpevole». Si e sentita col-pevole per tutta la vita: per non avere fatto abbastanza. Per non essere diventata, nella sua idea di scrittura, Ernest Hemingway o Francis Scott Fitzgerald, per avere sprecato il tem-po e la salute mentale a Hollywood («a ucciderci non sono le tragedie: sono i casini»), e per essersi lasciata consumare dalla vita mentre se ne nutriva per raccontare gli esseri umani. «Vorrei saper scrivere bene, ma so che non e cosi, so di non essere stata capace. Per tutta la vita, perö, avrö grande ammirazione per chi invece ci e riuscito». Nel 1956 lei si sentiva perduta, preparava il suo epitaffio, «Scusate la polvere», viveva in albergo a New York con un barboncino, beveva troppo. Ma aveva giä scritto tanto, e nel suo continuo costruire e demolire ha creato un modo diverso di guardare il mondo, e di averne pietä. Inventario Quattro cose conosco molto bene: ozio, dolore, un amico e un nemico. Di quattro cose avrei poi fatto senza: amore, curiositä, lentiggini e dubbio. Tre cose non potranno esser mai mie: soddisfazione, invidia e Champagne a sufficienza. Tire cose avrö finche rimango in vita: piü informazioni A//:+A É MlolEbookReader Modifica S? i g p riso, speranza e un pugno nell'occhio. p/u informazioni • MlolEbookReader Modifica 8 P OS Lydia Davis II calzino Mio marko ě sposato con una donna diversa ora, phi bassa di me, sul metro e mezzo, corporatura robusta, e owiamente lui sembra phi alto di prima e phi sfilato, e la sua testa sembra phi piccola. Accanto a lei mi sento ossuta e maldestra e lei ě troppo bassa per guardarla negli occhi, anche se tento di mettermi nella posizione giusta per farlo, in piedi o da seduta. Una volta avevo un'idea molto chiara del tipo di donna che mio marito avreb-be dovuto sposare quando si sarebbe risposato, ma nessuna delle sue fidanzate corrispon-deva esattamente a quel che avevo in mente e questa meno di tutte. testate scorsa sono venuti qui per qualche settimana per vedere mio figlio, che ě mio e suo. Ci sono stati alcuni momenti di tensione, ma ci sono stati anche momenti belli, ben-ché naturalmente anche nei momenti beUi fossimo un po' a disagio. Loro due sembravano aspettarsi che io fossi molto ospitale, forse perché lei era malata - soffriva ed era di malu-more, e aveva le occhiaie. Usavano il telefono e altre cose in casa mia. Risalivano lenta-mente dalla spiaggia fino a casa per farsi la doccia, e dopo se ne andavano puliti, la sera, con mio figlio in mezzo, mano nella mano. Ho dato una festa e loro sono venuti e hanno ballato insieme, hanno fatto una buona impressione ai miei amici e sono rimasti fino alia fine. Mi sono fatta in quattro per loro, soprattutto per il nostro bambino. Pensavo che dovessimo andare tutti d'accordo per il suo bene. Alia fine della loro visita ero stanca. La sera prima che se ne andassero, avevamo deciso di andare a mangiare in un ristoran-te vietnamita con la madre di lui. Sua madre sarebbe arrivata in aereo da un'altra cittá, e poi loro tre sarebbero partiti il giorno dopo per il Midwest. I genitori di sua moglie avreb-bero dato una gran festa di nozze di modo che tutte le persone con cui lei era cresciuta, i contadini corpulenti e le loro famiglie, potessero conoscerlo. Quando quella sera sono andata da loro in cittá, gli ho riportato le cose lasciate per sbaglio a casa mia che avevo trovato fino a quel punto: un libro, accanto alia porta dello sgabuzzino, e da un'altra parte un calzino di lui. Sono arrivata con la macchina fino al pa-lazzo e ho visto mio marito fiiori sul marciapiede che mi faceva cenno di fermarmi. Voleva parlarmi prima che entrassi. Mi ha detto che sua madre non stava bene e che non poteva stare con loro, e mi ha chiesto se per favore potevo portarla a casa con me dopo. Senza pensarci ho detto si. Dimenticavo come lei avrebbe guardato 1'interno di casa mia, e che ne avrei dovuto pulire il peggio mentre lei mi osservava. NeU'atrio, stavano sedute una di fronte all'altra su due poltrone, quelle due donne minute, entrambe belle in modo diverso, entrambe con un rossetto pesante, di colore diver so, entrambe fragili, ho pensato dopo, in modo diverso. II motivo per cui stavano sedute li era che sua madre aveva paura di salire al piano di sopra. Non la infastidiva prendere l'aereo, ma dentro un condominio non poteva salire oltre il primo piano. Era peggiorata rispetto a prima. Ai vecchi tempi riusciva a stare anche al set-timo piano se necessario, a patto che le finestre fossero ben chiuse. Prima che uscissimo per cena mio marito ha portato il libro in casa, ma il calzino se l'era ficcato nella tasca posteriore senza pensarci quando gliel'aveva dato per strada e lí ě rimasto durante la cena al ristorante, dove sua madre era seduta in fondo al tavolo di fronte a una sedia vuota, a volte a giocare con mio figlio, con le sue macchinine, e a volte a chiedere a mio marito e poi a me e poi a sua moglie informazioni suU'eventuale presenza di grani di pepe e altre spezie forti nel suo piatto. Poi, quando siamo usciti tutti dal ristorante ed eravamo nel parcheggio, lui ha tirato il calzino fuori dalla tasca e l'ha guardato, chiedendosi come fosse finito li. < > piú informazioni • MIolEbookReader Modifica esteso Dom 12:52 Q. O • O • MIolEbookReader - 1 racconti delle donne o P OS E stata una cosa da nulla, ma dopo non ho phi smesso di pensare a quel calzino, perche stava li, spaiato, nella sua tasca in un quartiere che non conoscevo, lontano, nella parte est della citta in un ghetto vietnamita, accanto ai saloni per massaggi, e nessuno di noi cono-sceva bene la citta ma eravamo li tutti insieme ed era strano, perche avevo la sensazione che io e lui fossimo ancora una coppia; eravamo stati una coppia cosi a lungo, e non pote-vo fare a meno di pensare a tutti gli altri calzini che avevo raccolto, rigidi del suo sudore e lisi sulla pianta, durante tutta la nostra vita insieme da un posto all'altro, e poi ai suoi piedi dentro quei calzini, a come la pelle splendeva attraverso la punta e il tallone li dove il tes-suto era consumato; a come stava sdraiato a leggere sul letto coi piedi incrociati alle cavi-glie di modo che le dita dei piedi puntavano ad angoli diversi della stanza; come poi si gi-rava sul fianco coi piedi uniti come le due meta di un frutto; come, sempre leggendo, al-lungava una mano e si sfilava i calzini e li buttava appallottolati sul pavimento e poi allun-gava di nuovo la mano e si tocchicchiava le dita dei piedi e intanto leggeva; a volte condi-videva con me quel che leggeva e pensava, e a volte non sapeva nemmeno se era in quella stessa stanza o da un'altra parte. Non ho phi smesso di pensarci dopo, anche se quando se ne sono andati ho trovato al-tre cose che avevano lasciato, o meglio che sua moglie aveva lasciato nella tasca di una mia giacca: un pettine rosso, un rossetto rosso e un flacone di pillole. Per un pezzo questi tre oggetti sono rimasti sempre insieme su un ripiano della cucina e poi su un altro, e nel frat-tempo ho pensato di spedirglieli, perche pensavo che forse il medicinale era importante, ma continuavo a scordarmi di chiederlo, finche da ultimo li ho messi via in un cassetto per darglieli quando sarebbero tornati, perche a quel punto non mancava molto, e gia solo il pensiero mi faceva sentire di nuovo stanca. piu informazioni É MlolEbookReader Modifica S? i g P QS ř/w inventario delľesistenza. Lydia Davis scrive tutto ciö che vuole. Con il ritmo interiore del pensiero e delia di-strazione, quello che si dice di una persona con la testa tra le nuvole. Le sue nuvole diven-tano racconti che voláno dritti verso di noi e provocano un riconoscimento: ci fa sentire su un piano piú alto, aereo ma concreto, pieno di accondiscendenza verso il basso che fa soffrire, che fa sbandare. In America ľhanno definita una miniaturist, e la sua opera flash fiction, ma tutti aggiungono subito che ě impossibile definirla. Jonathan Franzen ha detto: «Lei ě Proust, piú breve». Malinconica, ironica, raffinata: ha raccontato, spiegato, consola-to, divertito e straziato l'identitä femminile. Ha reso lieve il dolore, ha mostrato ľaltro volto della gioia, ha raccontato la sopporta-zione altissima, l'ironia che salva, ľeleganza, il limite, la maternita quando sei alio stesso tempo profondamente assorbita e profondamente annoiata e vorresti andare a una festa. E quella specie di distacco che anche in una valle di lacrime fa decidere che quel piatto va lavato immediatamente, e che lui ha delle scarpe dawero orribili. La desolazione metafisica e la saggezza, insieme al senso della commedia. Nei racconti di Lydia Davis c'ě divertimento e profonditá, assoluzione e spietatezza, ma sempře con la possibility di un respiro, anche quando la stanchezza assomiglia alia disperazione. Un suo brevissimo racconto si intitola Insonnia: Sono tutta dolorante... piú informazioni DeVessere questo gran letto ehe mi přeme contro da sotto. Lydia Davis ě nata nel 1947 e negli anni del suo esordio letterario ě stata sposata con Paul Auster, insieme hanno un figlio. Poi hanno divorziato e Lydia Davis ha sposato il pir-tore Alan Cote, con cui ě ancora sposata, e ha avuto un altro figlio. Questo racconto, II calzino, entra nella stanchezza di una separazione, e ogni particolare taciuto non ě mai dawero taciuto: lo sguardo di Lydia Davis, i pensieri che premono dentro la testa, riem-piono ogni angolo di frase. E come se la propria esistenza, e quella di tutte le donne ehe ha incontrato, lei ľavesse immediatamente impressa in un taceuino. Una frase, un ricordo, un semplice appunto, una poesia in prosa. La liberta letteraria assomiglia allora alla libertá della vita. Bisogna leggere tutti i racconti, come un breviario, come un inventario delľesistenza, come una voce di ragazza che dice: vorrei pensare di meno, e intanto pero fa erescere il volume mentale, con grazia, con acutezza, ma sempře fingendo di scusarsene. A volte sembra origliare se stessa e trovarsi antipatica. «Se io non fossi me e mi ascoltassi per caso dal piano di sotto, da vicina di casa, mentre parlo con lui, mi direi quanto sono felice di non essere lei». Perché ľaccondiscendenza ě sempře verso gli altri, mai verso se stessa. E una donna, del resto. • MlolEbookReader Modifica g ® W $ * 52% ď □ABC - esteso Dom 12:53 o. e äs • O • MlolEbookReader - 1 racconti delle donne O ■ P OS Nora Ephron La parola con la D Per un periodo piuttosto lungo, essere una donna divorziata ha rappresentato il fatto principále della mia vita. E ha continuato a essere cosi anche quando mi sono risposata, e quindi non ero phi una donna divorziata. Ormai sono sposata con il mio terzo marito da piú di vent'anni. Ma se hai avuto figli con l'uomo da cui ti sei separata, il divorzio definisce ogni cosa; ě l'ombra in agguato, la fetta di rabbia nella torta della tua mente. Esistono i buoni divorzi, naturalmente, dove tutto si svolge in maniera civile e addirit-tura cordiale. Gli assegni di mantenimento per i figli arrivano puntuali. Le visite awengo-no nei tempi e nei modi stabiliti. Lex marito suona il campanello e si ferma sulla soglia, non entra mai senza bussare e non va dritto in cucina a prepararsi una tazza di caffe. Nella mia prossima vita vorrei avere un divorzio cosi. Una cosa buona da dire sul divorzio ě che ti consente di essere una moglie migliore per il marito che viene dopo perché hai un bersaglio contro cui rivolgere la rabbia, e non ě la persona che ti sta accanto. Un'altra cosa buona da dire sul divorzio ě che ti mostra con chiarezza una realtá che il matrimonio occulta, owero che nella vita ti devi arrangiare da sola. Non ci sará piú nessu-na lotta di potere su chi si alzerá nei cuore della notte; ti alzerai tu. Per quanto riguarda i figli, invece, nei divorzio non c'e niente di positivo. Non ci si deve illudere, come fanno molti. Si sentono affermazioni del tipo: ě meglio che i bambini non crescano con genitori infelici. Ma a meno che i genitori si pestino a sangue o maltrat-tino i figli, i bambini staranno meglio se loro due rimangono insieme. Sono troppo piccoli per fare la spola fra una casa e l'altra. Troppo piccoli per affrontare l'idea che le persone che piú amano non si amino piú, ammesso che si siano mai amate. Troppo piccoli per ca-pire che non ci sarä desiderio capace di farle tornare insieme. E l'odierna tiritera della custodia condivisa non servirä a indorare la pillola: per vedere un genitore il figlio di separati deve abbandonare 1'altro. II tipo migliore di divorzio ě quello in cui non ci sono figli. Come ě successo a me la prima volta. Prendi la porta e te ne vai, senza guardarti indietro. Avevamo dei gatti a cui ero molto affezionata. Io e mio marito comunicavamo miagolando. Quando fini il matrimonio, non pensai piú neanche ai gatti (finché non ne parlai in un romanzo dove li avevo trasformati in criceti). Qualche mese prima che ci separassimo, il mio primo marito e io, una rivista mi chiese di scrivere un pezzo sugli attori Rod Steiger e Claire Bloom e il loro favoloso matrimonio. Andai nella casa in cui vivevano, sulla Fifth Avenue, e vollero che Ü intervistassi separata-mente. Questo avrebbe dovuto mettermi una pulce neU'orecchio ma io non mi insospetti-vo mai. In effetti, a ripensarci, mi sembra di non aver mai nutrito un sospetto in vita mia fino ai cinquant'anni. Comunque li intervistai separatamente. Sembravano molto felici. Scrissi l'articolo, lo consegnai, la rivista mi mandö un assegno, lo incassai e il giorno dopo Rod Steiger e Claire Bloom annunciarono che avrebbero divorziato. Era pazzesco. Perché non me l'avevano detto? Perché avevano fatto uscire un articolo sul loro matrimonio men-tre stavano divorziando? Ma quando fu il mio matrimonio a finire e circa una settimana dopo un fotografo si presentö a casa per fare un servizio sulla nostra cucina, con me e mio marito, io non c'ero, owiamente. Me n'ero andata. E avevo dimenticato l'appuntamento. La giornahsta che do-veva scrivere il pezzo era furiosa. Non l'avevo awertita, e sicuramente era arrabbiata per che avevo accettato l'intervista e il servizio sulla nostra cucina coniugale, pur sapendo che stavo per divorziare. Ma la veritä ě che a volte proprio non lo sai. Sei sposata da anni e poi piú informazioni < > É MlolEbookReader Modifica S? i B ® W Í ^ * 52% E' □ ABC - esteso Dom 12:53 Q, O ís • O • MlolEbookReader - 1 racconti delle donne O ■ P un giorno ľidea dei divorzio si insinua nella tua mente. Se ne sta Ii per un po'. Ti ci awici-ni e ti allontani. Fai una lista. Calcoli quanto ti costerä. Soppesi i torti subiti, i pro e i con-tro. Vai a letto con un altro, vai dallo psicanalista. E poi metti la parola fine al matrimonio, non perché sia successo chissä cosa, ma semplicemente perché c'é un posto dove puoi staré per un po' mentre cerchi un appartamento, oppure perché tuo padre ti ha regalato tre-mila dollari. Anche il contesto ha il suo peso. II mio primo matrimonio finí nei primi anni Settanta, al culmine dei movimento femminista. Jules Feiffer disegnava giovani donne che ballavano come invasate in cerca di se Stesse, e noi eravamo proprio cosí. Prendevamo tutto troppo sul serio. Stendevamo contratti allo scopo di dividere le incombenze domestiche in maniera piú equa. Facevamo gruppi di autocoscienza e, sedute in cerchio, fingevamo che fra noi la gelosia e ľinvidia non esistessero. Leggevamo pamphlet che affermavano che il personale é politico. E, a proposito, il personale é politico, anche se non quanto avremmo voluto. In ogni modo, il vero problema dei nostri matrimoni non era che i mariti non ci aiutas-sero con le faccende domestiche, ma che eravamo giovani donne incredibilmente irritabili e i nostri mariti ci irritavano oltremisura. Ricordo che un giorno una donna dei nostro gruppo di autocoscienza scoppiö a prangere perché per il compleanno suo marito le aveva regalato una padella per friggere. Lei non ha mai divorziato, comunque. Tutte le altre invece sí. Eravamo cresciute in un'era in cui non divorziava nessuno, e alľimprowiso divorziava-no tutti. II mio secondo divorzio ě stato dei tipo peggiore. C'erano due bambini, uno dei quali neonate. Mio marito si era innamorato di un'altra e scoprii la sua relazione che ero ancora incinta. Ero andata a New York per parlare con una scrittrice e produttrice, Jay Presson Allen. AI momento dei saluti, prima che tornassi all'aeroporto LaGuardia per prendere il volo della Eastern per Washington, lei mi diede una sceneggiatura, un dattiloscritto che aveva sulla scrivania, di un inglese che si chiamava Frederic Raphael. - Leggila, - mi disse. - Ti piacerä. Ero a pagina 8. Cominciai a leggerla in aereo. Iniziava con una cena elegante a cui prende parte una coppia sposata, non ricordo i nomi, diciamo che si chiamavano Clivé e Lavinia. É una cena estremamente raffinata dove tutti i commensali sono intelligenti e arguti. Clivé e Lavinia sono brillanti e si punzecchiano in tono amabile e civettuolo. Tutti Ii ammirano, e invidiano il loro matrimonio. Gli ospiti si mettono a tavola e i motteggi proseguono. A meta della cena ľuomo seduto accanto a Lavinia le posa una mano sulla coscia. Lei gli spe-gne la sigaretta sulla mano. La conversazione brillante non si interrompe. Finita la cena, Clivé e Lavinia salgono in macchina. Niente piú chiacchiere. Arrivano a casa nei piú asso-luto silenzio. Non hanno niente da dirsi. Appena entrano Lavinia dice: «D'accordo. Chi c?» Chiusi il dattiloscritto. Mi mancava il respiro. In quel momento capii che mio marito aveva una relazione. Me ne restai cosí, impietrita, finché l'aereo atterrö. Arrivata a casa, andai direttamente nei suo studio. C'era un cassetto chiuso. Owio. Sapevo che ci sarebbe stato un cassetto chiuso. Trovai la chiave. Lo aprii ed ecco la prova: un libro per bambini, un regalo di lei con una stupida dedica che parlava dei loro amore eterno. Ho scritto di questa storia in un romanzo, Affari dicuore. Ě un libro molto divertente, anche se alľepoca ero tutt'altro che divertita. Ero folle di dolore. Ero a pezzi. Mi chiedevo cosa ne sarebbe stato di me e dei miei figli. Mi sentivo plagiata, idiota, completamente mortificata. Mi chiedevo se sarei diventata una di quelle donne divorziate, costrette a trasferirsi con i figli nei Connecticut e di cui non si hanno piú notizie. piú informazioni É MlolEbookReader Modifica S? i g @. W Í ^ * 52% E' □ ABC esteso Dom 12:53 Q, O ís • O • MlolEbookReader - 1 racconti delle donne O ■ p Me ne andai dopo una scenata memorabile. E dopo le sue promesse tornai. Mio marito entro in un prevedibile vortice di bugie, bugie e ancora bugie. Io entrai nel vortice del so-spetto e del controllo: aprivo gli estratti conto delia carta di credito con il vapore, facendo giurare agli amici di mantenere il segreto per poi scoprire ehe non ne erano capaci, e cosí via. Trovai una ricevuta misteriosa dell'antiquario James Robinson. Chiamai, fingendo di essere la segretaria di mio marito, e dissi ehe avevo bisogno di sapere cosa fosse ľoggetto in questione per poterlo assieurare. Si trattava di un'antica scatola di porcellana con la seritta: «Ti amo con tutto il cuore». Probabilmente non molto diversa da quella ehe aveva regalato a me un paio d'anni prima, sui cui c'era una seritta che diceva: «Ti amerö per sem-pre». Ne parlo perché sappiate ehe simili episodi sono parte del processo: una volta sco-perto ehe ti ha tradita, ti senti costretta a continuare a cercarne le conferme, fino a quan-do ti sei umiliata al punto ehe non ti resta altro da fare ehe andartene. Quando il mio secondo matrimonio finí, ero arrabbiata, ferita e traumatizzata. Ora penso: Ma certo. Penso: Come si fa a essere fedeli quando si ě giovani? Penso: Puô capitare. Penso: Le persone si comportano con leggerezza e non ei sono quasi mai conseguenze (tranne ehe per i bambini, come ho giä detto). Sono soprawissuta. Sono una seguace del eredo Fattela Passare. Ho trasformato ľespe-rienza in una storia divertente. Ci ho seritto un romanzo. Con i soldi guadagnati ho com-prato una casa. Si dice ehe, quando ě passato, il dolore si dimentica. É un cliché riferito alle sofferenze del travaglio e del parto: la madre dimentica il dolore. Non sono d'accordo. Io me lo ricor do, il dolore. Quello ehe dimentichiamo ě ľamore. II divorzio sembra durare per sempře e poi, un bel giorno, i tuoi figli sono diventati adulti e se ne vanno a vivere la loro vita e, a parte qualche rara eccezione, non hai piú con- piú informazioni tatti con il tuo ex marito. II divorzio é durato molto piú a lungo del matrimonio, ma ora é finito. Non parliamone piú. II punto ě ehe per molto tempo essere divorziata ě stato il fatto principále delia mia vita. E adesso non lo ě piú. Adesso il fatto principále delia mia vita ě ehe sono vecehia. É MlolEbookReader Modifica S? i B ® W Í ^ * 52% E' □ ABC - esteso Dom 12:53 Q, O ís • O • MlolEbookReader - 1 racconti delle donne O ■ P «Struccarmi ognisera». Nora Ephron ha chiuso il suo libro sull'invecchiare, // co//o mifa impazzire, consigliando ľolio da bagno migliore: Dr. Hauschka al limone. Ha incitato anche a esagerare, a usarne tanto, perché un tappo non bašta. «Se mai gli eventi degli ultimi anni mi hanno insegnato qualcosa, é che mi sentirô un'idiota se domani morirô e oggi avrô lesinato sull'olio da ba-gno». Parlare di qualcosa di profondo raccontando una piccola cosa lieve, trasformare il dolore in una storia divertente, riflettere sul fatto che a quella cena ľerrore sia stato lan-ciare in faccia al marito una torta al limone, perché se gli avesse lanciato una torta ai mir tilli avrebbe ottenuto un risultato ancora migliore: i mirtilli avrebbero irreparabilmente rovinato la giacca che il marito aveva acquistato insieme alľamante. Sense of humour, ma senza sarcasmo, eliminando la ferocia, aggiungendo waffles, ľidea del burro e la scéna del-ľorgasmo in Harry tipresento Sally. Nora Ephron, che ha modellato se stessa su Dorothy Parker, senza il senso di distnr zione, ha scritto sempre di che cosa significhi essere una donna, in tutte le fasi di una vita, forza, debolezza e fissazioni immobiliari. In un modo diretto, con onestä, con il senso delia vita pratica e con una grande, ostinata attenzione alle possibilitä di consolazione. Si é sposata tre volte, ha avuto due figli, molti amici che tremavano ogni volta che lei diceva: «Scusa, posso parlarti un attimo?», e che chiedevano a lei come vivere e che ristorante sce-gliere. Avrebbe voluto essere ancora piú brava, avere molto piú talento, ma ha creato un modo unico di raccontare una storia, nei libri e nei film. Ha sempre seguito ľinsegnamen-to di sua madre, che anche mentre moriva, in ospedale, le diceva: prendi appunti. «Every-thing is copy», tutto é ispirazione, anche i tradimenti del suo secondo marito, romanzati poi in Affaridi cuore nel 1986. «Sono soprawissuta. Ci ho scritto un romanzo. Con i soldi guadagnati ho comprato una casa». Da quel momento Nora Ephron é diventata piú forte, piú libera, anche libera di dire che il divorzio «ti mostra con chiarezza una realtä che il ma-trimonio occulta, owero che nella vita devi arrangiarti da sola». C'é nella sua scrittura, nella sua immaginazione e nel suo modo di ispirarsi alla vita di tutti i giorni, il senso delia preziositä delľesistenza. In Insonnia ďamore, in C'é pošta per te, nei film di cui é anche regi-sta, c'é la capacitä di vedere il romanticismo, ľidea saggia di una seconda possibilitä, la sconfitta dell'amarezza. «Fallire, dicono, é un'esperienza di crescita; dal fallimento si impa-ra. Vorrei che fosse vero. A me pare che la cosa piú importante che si impara da un fallimento é che puô benissimo capitartene un altro». Ha scritto di lei Richard Cohen, amico di sempre: «Nora Ephron non era una femminista ortodossa. Lei cavillava e a volte Iitigava con il movimento, ma ľha sempre sostenuto totalmente. Amava essere una donna. Si cir condava di donne, cercava i talenti, preparava loro il pranzo, incoraggiava le loro carriere, capiva i loro problemi come un uomo non avrebbe potuto - e, se poteva, preparava i bi-scotti per i loro figli». Tra le cose che non le mancheranno, ha scritto: la pelle secca, le cene come quella a cui siamo andati ieri sera, i reggiseni, i ŕunerali, i caratteri di stampa piccoli, i convegni sulle Donne nel Cinema, struccarmi ogni sera. piú informazioni • MIolEbookReader Modifica g ® W $ ^ 4 52% E' □ ABC " esteso Dom 12:53 Q. O • O • MIolEbookReader - 1 racconti delle donne o P OS Yismina Reza Robert Toscano Stavamo facendo la spesa per il weekend al supermercato. A un certo punto lei ha det-to, vai a metterti in fila ai formaggi che io intanto penso al resto. Quando sono tomato il carrello era mezzo pieno di cereali, biscotti, buste di liofilizzati e creme da dessert, ho detto, che ce ne facciamo di tutta questa roba? - Come che ce ne facciamo? Ho detto, che senso ha tutta questa roba? Hai dei figli, Robert, e a loro piacciono i Cruesli, le merendi-ne, adorano i Kinder Bueno, e mi indicava le confezioni a una a una, ho detto, e assurdo ingozzarli di zucchero e grassi, e assurdo questo carrello, lei ha detto, che formaggi hai comprato? - Un caprino di Chavignol e un morbier. Ha gridato, e il gruyere? - Me lo sono scordato e di sicuro non ci torno, c'e troppa gente. - Se compri un formaggio solo sai be-nissimo che devi comprare il gruyere, chi mangia il morbier a casa nostra? Chi? Io, ho detto. - E da quando in qua mangi il morbier? Chi e che lo vuole il morbier? Ho detto, smetr tila, Odile. - A chi piace quella schifezza di morbier?! Sottinteso «a parte tua madre», ulti-mamente nel morbier mia madre ci aveva trovato un bullone, ho detto, Odile, stai urlan-do. Ha strattonato il carrello e ci ha buttato una confezione da tre di tavolette Milka al latte. Ho preso le tavolette e le ho rimesse sullo scaffale. Lei le ha rimesse nel carrello an-cor phi rapidamente. Ho detto, io me ne vado. Ha risposto, ma vai, vai, non sai dire altro, e Tunica risposta che trovi, appena sei a corto di argomenti dici me ne vado, tiri subito fuori questa minaccia grottesca. E vero che dico spesso me ne vado, riconosco che e vero, ma non vedo come potrei non dirlo, dato che e Tunica cosa che ho voglia di fare, dato che non vedo altra via di uscita se non la diserzione immediata, ma riconosco anche che lo co- munico sotto forma, sf, sotto forma di Ultimatum. Allora, hai preso tutto, dico a Odile spingendo bruscamente il carrello, o dobbiamo ancora comprare altre stronzate? - Ma come mi parli! Ti rendi conto di come mi parli? Dico, va' avanti. Vai! Niente mi irrita piü dei suoi risentimenti improwisi, quando tutto si ferma, tutto si pietrifica. Naturalmente potrei dire, scusami. Ma non una: dovrei dirlo due volte, e con il tono giusto. Se dicessi, scusami, due volte e con il tono giusto, la giornata potrebbe riprendere il suo corso piü o meno normale, salvo che non ho nessuna voglia, nessuna possibilitä fisiologica di pronun-ciare queste parole quando lei si ferma tra due scaffali di condimenti con Taria attonita per Toffesa e il dolore. Va' avanti Odile, per favore, dico con voce pacata, ho caldo e ho un articolo da finire. Chiedi scusa, dice lei. Se dicesse chiedi scusa con un timbro normale potrei anche andarle incontro, ma lei lo dice in un sussurro, con una voce bianca, atonale, che trovo inaccettabile. Dico per favore, resto calmo, per favore, in modo pacato, mi vedo giä correre a rotta di collo sulla tangenziale, ascoltando a tutto volume Sodade, una canzo-ne che ho scoperto di recente, di cui non capisco nulla, se non la solitudine della voce, e la parola solitudine ripetuta aU'infinito, anche se mi hanno detto che non significa solitudine bensi nostalgia, mancanza, rimpianto, spieen, tutte quelle cose intime e non condivisibili che si chiamano solitudine, come si chiamano solitudine il carrello della spesa, il reparto olio e aceto, e Tuomo che implora sua moglie sotto i neon. Dico, scusami. Scusami, Odile. «Odile» nella fräse non e necessario. Certo. «Odile» non e gentile, aggiungo «Odile» per sottolineare la mia insofferenza, ma quello che non mi aspetto e che faccia dietrofront e si awii con le braccia penzoloni verso i surgelati, ossia verso il fondo del negozio, senza dire una parola e mollando la borsa nel carrello. Che cosa fai, Odile? grido, mi restano due ore per scrivere un pezzo importantissimo sulla nuova corsa all'oro! grido. Una fräse assoluta-mente ridicola. Lei e uscita dal mio campo visivo. La gente mi guarda. Afferro il carrello e mi precipito verso il fondo del negozio, non la vedo (ha sempre avuto il dono di sparire, anche in circostanze piacevoli), grido, Odile! Vado verso le bibite, nessuno: Odile! Odile! < > piü informazioni • MIolEbookReader Modifica g ® W $ ^ 4 52% E' □ ABC " esteso Dom 12:53 Q. O • O • MIolEbookReader - 1 racconti delle donne o P OS Mi rendo conto che sto dando fastidio alla gente tutt'intorno, ma non me ne importa niente, percorro i corridoi con il carrello, detesto questi supermercati, e a un tratto la vedo, nella fila dei formaggi, una fila ancora piü lunga di prima, si e rimessa in fila ai for maggi! Odile, dico, pesando le parole, quando le sono accanto, Odile, qui passano venti minuti prima che ti servano, andiamo via, il gruyere lo compriamo da un'altra parte. Nes-suna risposta. Che cosa fa? Rovista nel carrello e recupera il morbier. Non vorrai restituire il morbier? dico. - Certo! Lo regaleremo a mamma, dico io per sdrammatizzare. Mia ma-dre di recente ha trovato un bullone nel morbier. Odile non sorride. Se ne sta dritta e ol-traggiata nella fila dei penitenti. Mia madre ha detto al formaggiaio, io non sono una che fa storie ma visto che ci tiene alla sua reputazione di formaggiaio devo segnalarle che ho trovato un bullone nel morbier che mi ha venduto, quello se n'e fregato altamente, non le ha neanche regalato i tre rocamadour che ha comprato quel giorno. Mia madre si vanta di aver pagato senza batter ciglio e di essere stata piü elegante di lui. Mi awicino a Odile e dico, a bassa voce, conto fino a tre Odile. Conto fino a tre. Hai capito? E chissä perche, mentre dico questo penso agli Hutner, una coppia di nostri amici, che si sono ripiegati in un desiderio di benessere coniugale, da un po' hanno cominciato a chiamarsi «tesoro» e dicono frasi dei tipo «stasera tesoro facciamoci una buona cenetta». Non so perche mi vengono in mente gli Hutner mentre sono preda di una follia opposta, ma forse non c'e tutta questa differenza tra stasera tesoro facciamoci una buona cenetta e conto fino a tre Odile, in entrambi i casi e una specie di costrizione dell'individuo per riuscire a essere in due, voglio dire non c'e mica piü armonia e spontaneitä nel tesoro facciamoci una buona cenetta, no, no, ne minore e il baratro, se non che conto fino a tre detto in faccia a Odile ha provocato un fremito, un'increspatura della bocca, un impercettibile preludio al riso, cui a mia volta non devo assolutamente cedere, e owio, non prima di avere un esplicito segnale di via libera, anche se la voglia e forte, ma devo fare come se non avessi visto niente, decido di contare, dico uno, lo sussurro distintamente, la donna in coda dietro Odile si gode lo spettacolo, Odile respinge con la punta della scarpa un resto d'imballaggio, la fila si allunga e non avanza per niente, devo dire due, dico due, un due bendisposto, magnani-mo, la donna di dietro ci sta addosso, porta un cappello, una specie di secchio rovesciato di pannolenci floscio, non mi piacciono neanche un po' le donne che portano cappelli dei genere, e un pessimo segno questo cappello, affilo lo sguardo in modo da farla indietreg-giare di un metro ma non succede niente, mi osserva con curiositä, mi squadra, non e lei che puzza in questo modo? Le donne che si vestono a strati spesso esalano un odore sgra-devole, a meno che non sia la vicinanza dei formaggi fermentati. All'interno della giacca mi vibra il cellulare. La faccia mi si deforma nello sforzo di leggere il nome sul display per che non ho il tempo di cercare gli occhiali. E un collaboratore dei giornale che puö darmi una dritta sulle riserve d'oro della Bundesbank. GH chiedo di mandarmi una mail perche sono in riunione, e quello che dico per tagliar corto. Una fortuna, forse, questa breve chia-mata: mi chino e bisbiglio all'orecchio di Odile, con una ritrovata responsabilitä nella voce, il caporedattore vuole un box sul segreto di Stato riguardo allo stoccaggio tedesco, e ora come ora non ne so assolutamente niente. Lei dice, interessa a qualcuno? E si stringe nel soprabito incurvando gli angoli della bocca per darmi la misura della futÜitä dell'argo-mento, ma in modo ancora piü netto della futilitä dei mio lavoro, dei miei sforzi in generale, come se da me non ci si potesse aspettare piü niente, nemmeno la consapevolezza delle mie Stesse rinunce. Le donne approfittano di qualsiasi cosa per awilirti, adorano ri-cordarti quanto sei deludente. Odile e appena avanzata di un posto nella fila dei formaggi. Ha ripreso in mano la borsa e tiene sempre stretto il morbier. Io ho caldo. Soffoco. Vorrei essere lontano, non so piü cosa ci facciamo qui ne quäle sia il problema. Vorrei scivolare sulle racchette nell'Ovest canadese, come Graham Boer, il cercatore d'oro, il personaggio centrale dei mio articolo, plantare paletti e segnare gli alberi con la scure nelle valM gelate. Chissä se lui ha moglie e figli... Uno che affronta il grizzly e temperature di meno trenta non va certo a rompersi le palle in un supermercato all'ora in cui tutti fanno la spesa. E < > piü informazioni É MlolEbookReader Modifica S? i B ® W Í ^ * 52% E □ ABC - esteso Dom 12:53 Q, O ís • O • MlolEbookReader - 1 racconti delle donne O ■ P forse un posto adatto a un uomo? Chi puö circolare in questi corridoi di neon, tra imbal-laggi sconfinati, senza soccombere alio sconforto? E sapere che ci tornerai, in ogni stagio-ne, volente o nolente, trascinando lo stesso carrello agli ordini di una donna sempre piú rigida. Non molto tempo fa mio suocero, Ernest Blot, ha detto a nostro figlio di nove anni, ti compro una stilografica nuova, con questa ti macehi le dita. Antoine ha risposto, non ti scomodare, non ho piú bisogno di una penna ehe mi faccia felice. Ecco il segreto, ha detto Ernest, questo bambino ľha capito, ridurre al minimo le pretese di felicitä. Mio suocero ě il campione di questi adagi chimerici, agli antipodi del suo temperamento. Ernest non ha mai accettato la minima riduzione delle sue potenzialitá vitali (non parliamo di felicitä). Costretto ai ritmi del convalescents dopo i bypass coronarici, sottoposto all'u-miliazione di dover imparare di nuovo a vivere e alle schiavitú domestiche ehe aveva sempre evitato, si era sentito preso di mira e abbattuto da Dio in persona. Odile, se dico tre, se pronuncio il numero tre, tu non mi vedi piú, prendo la macehina e ti pianto in asso col carrello. Lei dice, non ne sarei tanto sieuro. - Ne sono piú ehe sieuro, invece, dato ehe tra due secondi lo farö. - Non puoi prendere la macehina Robert, ho io le chiavi in borsa. Mi frugo nelle tasche, inutilmente, tanto piú ehe mi ricordo benissimo di essere stato io ad affidarle a lei. Ridammele, per favore. Odile sorride. Schiaccia la borsa a tracolla fra sé e la vetrina dei formaggi. Faccio un passo avanti per tirare la borsa. Tiro. Odile resiste. Tiro la cinghia. Lei ci si abbranca in senso contrario. E si diverte pure! Afferro il fondo delia borsa, non avrei nessun problema a strappargliela se il contesto fosse diverso. Lei ride. Si ag-grappa. Dice, non dici tre? Perché non dici trň Mi dä sui nervi. E le chiavi nella borsa, mi danno sui nervi anche quelle. Perö Odile mi piace quando fa cosí. E mi piace vederla ride-re. Sono lí Ii per rilassarmi e scivolare in una specie di scherzoso tira e molia quando ac-canto a noi sento un mugolio, mi giro e vedo la donna col cappello di pannolenci ehe si scompiscia dalle risate, ebbra di complicitä femminile e senza un'ombra di imbarazzo. A questo punto non ho scelta. Divento brutale. Blocco Odile contro il plexiglas e cerco di piú informazioni raggiungere ľapertura delia borsa, lei si dibatte, si lamenta ehe le faccio male, dico, dammi quelle chiavi cazzo, lei dice, tu sei fuori, le strappo il morbier dalle mani, lo scaravento in mezzo al corridoio, alia fine sento le chiavi nel caos delia borsa, le tiro fuori, gliele agito davanti agli ocehi continuando a tenerla bloccata, dico, togliamoci immediatamente di qui. Adesso la donna col cappello ha ľaria spaventata, le dico, com'e, non ridi piú? Tiro Odile e il carrello, li piloto lungo gli scaffali, verso le casse all'uscita, le stringo forte il pol-so benché lei non opponga resistenza, una sottomissione ehe non ha nulla di innocente, preferirei doverla trascinare, quando si cala nella parte delia martire finisce sempre ehe la pago cara. Alle casse naturalmente c'e la fila. Ci aceodiamo, preparandoci a quell'attesa mortale, senza scambiarci nemmeno una parola. Le ho mollato il braccio e Odile finge di essere una cliente normale, la vedo addirittura smistare le cose nel carrello e metterle un po' in ordine per facilitare ľimbustamento. Nel parcheggio non apriamo bocca. In mac-china nemmeno. É buio. Le luci della strada ci danno sonnolenza e io metto il Cd della canzone portoghese con la voce della donna che ripete la stessa parola, alľinfinito. É MlolEbookReader Modifica S? i B ® W Í ^ * 52% E' □ ABC - esteso Dom 12:53 Q, O ís • O • MlolEbookReader - 1 racconti delle donne O ■ P Zizrfe «o« co« g/z scrupoli. Ľumanitä in movimento, ľumanitä un attimo prima di esplodere, le relazioni nel punto piú oscuro, vivo, feroce. E lo sguardo di Yasmina Reza, nata a Parigi nel 1959 da un inge-gnere russo iraniano e una violinista ungherese, entrambi di origine ebraica, entrambi mu-sicisti. I suoi genitori le dicevano: «Devi imparare perfettamente la lingua se vuoi integrar ti, ě ľunico modo». Cosi, dentro il rispetto e ľinteresse per le sŕumature delle parole, Yasmina Reza ha co-struito se stessa e la propria identita di drammaturga, scrittrice, sceneggiatrice e attrice. «I critici in generale hanno sempre la tendenza a dare una dimensione sociologica al mio la-voro. Sono entusiasta che lo dicano, ma non ě quello che mi anima. Quello che mi motiva di piú ě scrivere di persone che sono cresciute bene eppure, sotto quella facciata, si rom-pono, i loro nervi si rompono». Come quando in fila al banco dei formaggi al supermercato fra marito e moglie esplode il caos. Questo racconto, Robert Toscano, tratto da Felicit j"elki, h ľunico delľantologia in cui il punto di vista ě maschile. É il marito che litiga con Odile, ě il marito che perde il con-trollo per un formaggio e per il modo in cui lei gli dice: «Chiedi scusa», ě lui a minacciarla, sempre dentro al supermercato: «Conto fino a tre Odile, e poi non mi vedi piú». Ma ě Odile, che trionfo, ad avere le chiavi dell'auto nella borsa, lui non puö andare da nessuna parte. «Perche non dici tre?», e Odile ride. II confine tra una risata e la brutalita ě sottilissi- piú informazioni mo, come lo ě il confine tra il ridicolo e il dramma, e Yismina Reza pattina leggera, preci-sa, spietata, su questo ghiaccio sottile, disegna tutte le difficoltä, i deliri, i risentimenti, le esplosioni e le esasperazioni delľincontro con ľaltro: le donne non sono migliori degli uo-mini, ma gli uomini sanno rendersi piú ridicoli. Come ne // dio del massacro, in cui viene svelata la barbarie degli esseri umani rispettabili, riuniti per risolvere civilmente una lite scoppiata tra i figli ai giardinetti: «Senta, ne ho fin sopra i capelli di tutte queste discussio-ni alia cazzo di cane. Abbiamo fatto i simpatici, abbiamo comprato tulipani, mia mogHe mi ha camuffato da uomo politicamente corretto, ma la veritä ě che sono del tutto privo di autocontrollo, sono uno che va fuori di testa». Roman Polaňski ha voluto fare un film da II dio del massacro (Carnage), e una giornalista ha chiesto a Yasmina Reza se avesse avuto degli scrupoli a lavorare con un regista, con un uomo ricercato negli Stati Uniti per sei capi di imputazione. «Scrupoli?», ha risposto lei, apparentemente disorientata dalla do-manda. «No, non ho avuto nessuno scrupolo». Ľarte non si fa con gli scrupoli, gli scrupoli al massimo si mettono in scéna. Grazie a "lasmina Reza uomini e donne sono adesso nudi, alia pari, uno di fronte alľaltro: «Sei un essere abbietto, hai distrutto la mia vita di donna. Pulendosi la giacca Ernest aveva detto, la tua vita di donna? Che cos'e una vita di donna?» É MlolEbookReader Modifica S? i B ® W Í ^ * 52% E' □ ABC - esteso Dom 12:54 Q, O ís • O • MlolEbookReader - 1 racconti delle donne O ■ P Mary Miller II37 Non ho mai preso ľautobus. Intendo quelli ehe girano in cittä, ehe li aspetti alia fermata e devi sapere su quale salire e dove scendere. Una volta ho preso un pullman da Jackson, Mississippi, a Denver, Colorado, per andare a vedere il papa a Strawberry Park. Era il papa prima di questo ed ě stato tanto tempo fa. Non sono prú cattolica, non sono phi niente adesso. Ricordo dei pullmini con cui facevo avanti e indietro da scuola quando ero piccola e quelli ehe mi portavano al campo estivo, ehe non mi piaceva. Quella volta che mi ě venuto il ciclo per la prima volta, ho pianto e l'infermiera mi ha fatto venire a pren-dere dai miei genitori. Da allora sono stata su diversi tipi di autobus, autobus turistici, autobus ehe ti portano all'aeroporto. Navette, si chiamano. Di quelle ne ho prese tante. Con le navette non c'ě verso di sbagliare, vanno tutte nello stesso posto. Vivo in cittä adesso, una cittä con tanti autobus che possono portarti ovunque, posti in cui vuoi andare e posti in cui non vuoi andare, e bisogna che li prenda perché oltretutto ho paura di guidare piú o meno per le stesse ragioni per cui ho paura di prendere ľautobus, e cioě che non so come fare ad arrivare dove voglio andare. In macchina, poi, una volta arrivata non so dove parcheggiare, non so se ho il permesso né se bisogna pagare, se ci sono le macchinette, e se le macchinette prendono solo monete. E ho appena scoperto che parcheggiare al campus ě particolarmente complicate perché devi entrarci in retro invece che di muso. Devi mettere la freccia, bloccare il traffico ed entrare nel posteggio all'indietro, senza sbattere contro le macchine accanto o buttare giú un ciclista che scende sparato dalla collina. Ho osservato gli altri farlo con un misto d'odio e meraviglia. Molti sono studenti del primo anno. Sülle targhe si legge Illinois, Arkansas, New York. Una vol-ta sono andata a New York a trovare un'amica e mi ha tenuto una vita ad aspettare davan-ti a casa sua. Eho aspettata impalata sul marciapiede, con la valigia accanto. E poi e arrivata. II topoUno di campagna si awentura in cittä, mi ha detto. Sarei pronta a mollare tutto e tornarmene a casa, nonostante me ne sia andata in un modo che preclude qualunque ipotesi di ripensamento: ho mollato il dottorato, detto ad-dio al mio ragazzo e lasciato l'appartamento in cui vivevo, mettendo la mia coinquilina in una brutta situazione. Non ho niente a cui tornare, tranne mia madre. Potrei tornare da lei e ne sarebbe felice. Ho anche un padre. Vrve con mia madre e voglio bene anche a lui, anche se non allo stesso modo. Prima che me ne andassi siamo usciti a pranzo fuori, noi due soltanto, ed e riuscito a far piangere la cameriera. Mi sa che l'hanno licenziata, perche a un certo punto e venuto a servirci il padrone del ristorante e mi si e spezzato un po' il cuore. Sono State cose piecole come queste, alla lunga, a consumarmi. E agosto e ci saranno piü di trentasette gradi. Aspetto in piedi ma poi vado a sedermi sulla collina. Non piove da un po' ma mi sento il sedere bagnato. Indosso un vestito di co-tone sottile. Praticamente sono nuda. £ pure scollato e mi si vede mezzo seno. Perche me lo sono messo? £ stato uno sbaglio. Non c'e nemmeno una panchina alla mia fermata, o a quella che almeno credo sia la mia fermata, solo un palo conficcato in terra con un cartel-lo che ritrae un autobus stilizzato con i finestrini grandi che sembrano occhi e un saeco di numeri che non mi dicono niente. Quando mi decido a chiamare mia madre, ho le lacrime agli occhi. Sono seduta su questo prato da un'ora, le dico, da piü di un'ora, e non ce la faccio piü. Ok, fa lei, nel panico. Che posso fare? Sto per impazzire. Devo arrivare a casa. Ok, dice. Ti aiuto io. < > piú informazioni É MlolEbookReader Modifica S? i B ® W Í ^ * 52% E' □ ABC - esteso Dom 12:54 Q, O ís • O • MlolEbookReader - 1 racconti delle donne O ■ P Controlla il percorso degli autobus, le ordino. E dimmi cosa devo fare. Lei ě in Mississippi. Io in Texas. Non ho Internet sul telefonino, posso solo chiamare e mandare messag-gi. Aspetto mentre controlla. Sono quasi čerta ehe non abbia mai preso un autobus in vita sua, nemmeno uno turistico, nonostante mi ricordi vagamente di averne preso uno con lei a Parigi. Sono quasi čerta di aver preso un autobus con lei a Parigi, uno scoperto, o forse era New York. No, Parigi, ma non era un autobus scoperto. Non ricordo ľaria fra i capelli. Da allora sono stata in altri posti. Un giorno ho deciso ehe ci sarei andata e ci sono anda-ta. La prima volta ehe ho preso un volo transoceanico ho pianto alľaeroporto perché ave-vo paura di andare cosí lontano, di volare sopra ľoceano, di quello ehe avrei trovato al mio arrivo. Sull'aereo sono rimasta sveglia tutto il tempo mentre la gente intorno a me si to-glieva le scarpe e dormiva delia grossa fino a destinazione. E poi Heathrow. Non voglio neanche pensarci. Non piango sempre, ci penso soltanto. Penso ai momenti tristi delia mia vita; ce ne sono tanti e a volte mi assalgono tutti insieme. Devi prendere il 37, dice mia madre. II37 ti lascia a circa un isolato da casa tua. Ma sono tutti 37, tutti! Non ě possibile, fa lei. Invece sí, ne sono praticamente sieura. Come sei arrivata stamattina? Te ľho giä detto, ho preso il taxi! Ma non posso prenderne uno ogni volta ehe devo andare da qualche parte. No, concorda, no. Ti costerebbe troppo. Ho problemi anche con i taxi. Alcuni non accettano carte di eredito e io non ho mai abbastanza contanti. Come tutti, del resto. E čerti tassisti parlano troppo e mi dä fastidio, ma mi dä fastidio anche quando sono troppo silenziosi o durante la corsa parlano al tele- fono in un'altra lingua. Mi piace quando ti accolgono con qualche frase gentile, seguita da un paio di domande, e poi tacciono finche non li pago con la carta di credito. La prima volta che sono salita su un taxi avevo ventun anni e mi trovavo ad Atlanta per un concerto dei Phish. Ricordo altre cose di quel fine settimana, altre prime volte. II ra-gazzo con cui stavo aveva fatto un sacco di fotografie. Non le vedo da anni (forse non le ho mai viste), ma ce le ho ancora davanti agli occhi. Eccomi seduta in una stanza di motel, il mattino dopo, nel mio vestitino di spugna della Abercrombie & Fitch. Tengo mia madre ancora un po' al telefono. Mi racconta del pranzo a casa di mia zia e chi e'era e cosa hanno mangiato e chi ha chiesto di me e cosa facevano i bambini, anche se ho gia visto tutto su Facebook. Alcune vanno per il secondo o il terzo figlio e stanno ac-quistando casa nello stesso quartiere dove vivono i genitori. Altre hanno divorziato ma si sono gia risposate. Quelle che non sono sposate hanno aperto ristoranti o fatto i soldi. Mi parla solo delle donne. Mi sono reiscritta all'universita, e i miei ragazzi si rifiutano di di-ventare mariti. Mi chiede se ho voglia di andare al matrimonio di una cugina di Memphis e se deve pa-garmi il biglietto e se vogho una stanza tutta per me. Nel frattempo passano altri autobus. Li, il 17, il 43, tutti tranne il 37. Avro perso almeno quattro o cinque 37, ne sono sicura, a un certo punto ne saranno passati mille contemporaneamente. Poi lo vedo. Lui mi vede e ral-lenta. Corro giii per la collina e salgo. Mostro il documento all'autista perche mi hanno detto che gli universitari non pagano. Striscialo qui, mi dice, mostrandomi come fare. Striscio. La macchinetta emette un bip risentito. Riprova piu lentamente, dice. Riprovo phi lentamente e stavolta esce un bip gentile e si accende una lucina verde. Lautista mi fa cenno di andare. Mi siedo nel posto libero piu vicino e mi sforzo di non guardarmi intorno. Mia madre e ancora in linea. Le dico che ce l'ho fatta, che sto bene, grazie, ciao, e mi congratulo con me stessa. Ho sentito dire che e da maleducati parlare al telefono sull'autobus. Sull'auto- < > piu informazioni É MlolEbookReader Modifica S? i B ® W Í ^ * 52% E' □ ABC - esteso Dom 12:54 Q, O ís • O • MlolEbookReader - 1 racconti delle donne O ■ P bus guardi il cellulare o ti metti le cuffie e cerchi di non incrociare lo sguardo di nessuno, perche siete come in un limbo, un luogo di pace, e basta un niente a mandare in frantumi l'equilibrio. Solo durante il South by Southwest non e cosi. Durante il festival girano le palle a tutti e la gente litiga pure sugli autobus, e spesso non c'e nemmeno bisogno di prenderlo l'autobus, fai prima a piedi. Lautista fa un giro strano, passa per una strada in cui non ci sono fermate, o almeno io non ne vedo. Piu tardi scopro che e il giro per raccogliere i diurnisti. Accettiamo la devia-zione senza discutere. Diurnisti, immagino che stiano pensando gli altri, povera gente, con un cenno rassegnato del capo. Tranne gli isolati immediatamente circostanti, tutto mi risulta estraneo intorno alia casa che ho preso in affitto da un'altra mia cugina. Questa qui lavora a Los Angeles e la pago una sciocchezza. Non mi chiede altro che di spedirle la sua posta ogni due o tre ser timane e dare l'acqua alle piante, ma ancora non l'ho fatto. Sono arrivata da una settima-na. Povere piante, moriranno. Le riviste invece le leggo. Dovrei mandarle ogni singolo coupon e volantino che le recapitano? Leggo «Rolling Stone», «Psychology Today», «Real Simple», «Time». Leggo di cose di cui non ho mai letto. Ho messo tutto nella stanza degli ospiti e dormo in quella di mia cugina, che ha il materasso in lattice a due piazze. Non ci sono abituata, mi fa sudare un sacco, ma la stanza degli ospiti e piccola e fa sentire piccola anche me, e poi ci ho preso gusto a sudare. Scendo alia fermata sbagliata, ma nella via giusta, e proseguo a piedi. Guardo l'autobus fermarsi alia fermata in cui sarei dovuta scendere. Ora so qual e. Penso al mio ragazzo che non e piu il mio ragazzo, a quanto avrebbe voluto trasferirsi qui con me, ma ho deciso che avevo bisogno di rompere, di ricominciare da capo. Perche? Lo chiamero e mi lascero dire quanto gli manco. Entro in casa e abbasso l'aria condizionata, accendo la televisione, infilo una busta di popcorn nel microonde. La casa si risveglia, dice ciao! Bentornata! Sono contenta di ve- piu informazioni derti! Ci riuscirô, penso, vedrai. Presto o tardi riuscirô a entrare in retromarcia nel posteg-gio e a girare liberamente per la cittä. Forse rischierô di investire un bel ragazzo in bici-cletta che sbanderä ma non cadrä. Mi insulterä ma non ci saranno danni. Non mi chiederä il numero di telefono né diventerä ľamore delia mia vita, come accadrebbe in una bella storia, una storia che non saprei raccontare. Diventerô vegetariána, nuoterô nelľacqua fredda delle sorgenti insieme a persone anziane prima che tutti gli altri si sveglino, scalerô una montagna con le scarpe sbagliate. Saprô quando aprono e quando chiudono i negozi, e come arrivare in un posto e dove parcheggiare e cosa ordinare, e avrô nuovi ragazzi che non sposerô. Ma tutto questo deve ancora accadere e ci vorrä tempo, magari piú di quanto ce ne voglia ad altri, ma altri non se ne sono andati di casa. Altri non sono mai andati da nessuna parte. É MlolEbookReader Modifica S? i B ® W Í ^ * 52% E' □ ABC - esteso Dom 12:54 Q, O ís • O • MlolEbookReader - 1 racconti delle donne O ■ P tentazione di non far cela. «Quando mi decido a chiamare mia madre, ho le lacrime agli occhi. Sono seduta su questo prato da un'ora, Ie dico, da piii di un'ora, e non ce la faccio piu». Mary Miller racconta la vita nel momento della sconfitta, anzi, piu precisamente nel momento della tentazione di tornare indietro. Di rinunciare. Nel momento in cui pensi: non ce la faro mai. Lei e nata nel 1977 nel Mississippi, dove vive. «Mi sono laureata in psi-cologia, - mi ha raccontato, - e avevo intenzione di continuare a studiare psicologia clini-ca, ma non riuscivo a ottenere buoni voti nei test e sono stata troppo pigra nel processo di iscrizione. In quel momento di pausa sono successe altre cose: sposata a ventidue anni, la vita in una piccola citta del Sud, un lavoro legato alle domande di invalidita. La ricetta perfetta per uccidere tutti i sogni e le speranze. Gradualmente ho iniziato a pensare: e questo che la gente fa con le proprie vite?» Mary Miller ha cambiato direzione, ha un altro marito, un'altra vita, e diventata una scrittrice e insegna all'universita. Leggere Flannery O'Connor le ha fatto pensare: ma allora tutto questo e possibile. Le giovani donne di Mary Miller sono spesso, invece, in un pantano: uomini, sesso, incapacita di movimento, alcolismo, paura, sabbie mobili, pigrizia. Ognuna ha un fardello, ognuna crede di meritare di meglio, ognuna e causa della propria rovina. Loro sanno di dover reagire, ma restano li, a galleggiare. Restiamo If, a galleggiare. «Per ora e lui 1'unico uomo cattivo che posso dire di conoscere. Questa non e la mia vita. No, non lo e, mi dico mentre lo stringo fra le gam- piu informazioni be piu forte che posso». «E un fastidio continuo, questa pressione per impegnarsi in noio-se discussioni su incontri e lavoro, quando tutto ciô che voglio fare ě guardare video sugli animali e stalkerare i miei ex». Ai suoi ex Mary Miller ha dedicate l'ultima raccolta di racconti, da cui ho scelto II37. II 37 ě un autobus, che la ragazza non riesce a prendere, e quando lo prende, con l'aiuto della madre al telefono da un altro Stato, scende comunque alia fermata sbagliata. Ma ha cambiato cittä, ě partita, ě sola, ha lasciato il fidanzato, puô infilare una busta di popcorn nel microonde, c'e uno spiraglio. Puô farcela. Imparerä a parcheggiare in retromarcia, imparerä quando aprono e chiudono i negozi, imparerä a or dinare al ristorante. E a vivere. 265222 Ú MlolEbookReader Modifica g <š> M ^ > l ^ 4 35% |D □ abc - esteso Dom 13:01 q. e ís • O • MlolEbookReader - 1 racconti delle donne O P QS Valeria Parrella II giorno dopo la festa - Dái mamma, siediti. - No, aspettate: la signora vuole staré con la faccia verso la sala, ecco qua. - Maro quante mosse fa 'sto cameriere. - Perché, scusa? Lo sa ehe ho una preferenza e mi accontenta... Secondo me ě solo gentile. - Secondo me ti devi operare alle cataratte, mamma, perché 'sto fatto ehe non puoi guardare verso la luce ti condiziona troppo. - Ma quando mai, io ci vedo benissimo, mi dä solo noia guardare a te in controluce: sono andata in pizzeria con una sagoma, o con mia figlia? - Con la sagoma di tua figlia, mamma, con quello ehe ne resta... Non ero mai stata una donna brutta. Forse a dodici-tredici anni avevo sofferto qualco-sa di troppo: un neo molto vistoso all'angolo del naso su cui spuntavano dei peli ehe ma-dre e medico intimavano di non tirar via con la pinzetta. Qualcosa di troppo poco: niente seno, fianchi stretti, capelli corti ehe assecondavano un principio di ordine famigliare piú ehe uno personalissimo ed estetico. Ancora qualcosa di troppo: gli ocehiali, ché le lentine a contatto non se ne parlava - poco sperimentate alľepoca, e costose per due dipendenti statali. Qualcosa di troppo poco: gli incisivi davanti, aperti, ehe non si richiudevano, e speravo sempre ehe un giorno sarebbero spuntati gli ottavi a stringerli. Si, c'e stato un tempo in cui mi sono sentita brutta, ma manco quel tempo doveva essere vero se poi un paio ďanni dopo riuscii a fidanzarmi con il ragazzo piú bello del liceo scientifico, e anche il piú intelligente. Ma di un'intelligenza viva, ehe lo faceva parlare inglese come un inglese, in un'Italia di provincia ehe aveva ancora solo tv in bianco e nero. Bello e intelligente, e affidabile, e con una Moto Guzzi ereditata dal padre, 125 ehe si poteva guidare solo con il patentino. E io mi ci ero fidanzata e ci avevo fatto tutte quelle cose che da brutta ti ren-dono bella, poi bellissima, poi invincibile, tanto invincibile ehe alla fine me ne ero andata io, complici le maturita e i viaggi, e le grandi cittä ehe ci avevano risucehiato dentro gli atenei. Tutto il resto delia vita sentimentale era stata un'alternanza di due dimensioni: o ero stata innamorata innamorata tendente al matrimonio - il ehe non implica ehe lo facessi sempre, ma insomma era lí ehe sarei voluta andare a parare tre o quattro volte in cinquan-ťanni, e poi ci ero andata a parare una sola volta, completa perö, con matrimonio e figlia e relativo passeggero appagamento. Le altre erano state sottoformule equiparabili: due fi-danzamenti stabili ed esclusivi, dichiarati ed esibiti, una convivenza. Punto. Oppure ero stata Uberá e libertina: mi piaceva tornare a casa da sola, trovare casa vuota se volevo restar sola e trovare casa vuota se mi ci volevo portar qualeuno. E poi, in setti-mana, fare tre telefonáte piú o meno dello stesso tenore a un paio di tipi umani diversi (gli uomini con cui ero stata, lo so, in fondo erano ripetitivi: o allegrissimi e superficiali, o sen-timentali inclini al pianto. Sulla facciata esterna invece: o quelli brutti ehe nessuno guarda o quelli strepitosi ehe tutti guardano). Cosi, facendo attenzione a non confondere i nume-ri, se ne potevano passare i mesi. II cambio di turno poi veniva naturale e neppure trauma-tico. Semphcemente, come arrivava quell'enfasi improwisa, cosi poi se ne passava. Quella ehe era dipendenza diventava niente. Proprio dimenticavo quelľuomo ehe mi aveva allie-tato i pomeriggi e le sere - e qualche colazione a letto - e lui, nel patto implicito, se ne an-dava da dove era venuto. E come la storia delle stelle piú luminose ehe annientano le so-relle lontane, cosi mi si parava innanzi un altro al quale mi attaccavo piú o meno sempre con la stessa scaletta. Mi diceva una cosa carina davanti a un biechiere, e veniva giä da un piú informazioni • MlolEbookReader Modifica # í g <š> M ^ > l ^ 4 35% gjf Q ABC - esteso Dom 13:01 Q. O ~ • O • MlolEbookReader - 1 racconti delle donne O P 05 contesto di comunanze. Io ho sempře fatto l'insegnante, e sempře dal mondo della scuola venivano questi. E poi ho sempře ballato il tango, e sempře da una balera ne veniva un al-tro. E poi ho sempře amato il cineforum, e sempře gli stessi film avevamo visto. Dal bic-chiere alla cena, dalla cena alla casa, dalla casa alla telefonata, dalla telefonata a un tipo nuovo. E comunque avevo attraversato anche una dimensione ibrida che prevedeva le volontá di entrambe le altre due, ma accavallate. In buona sostanza: tradivo. Dopo due-tre anni di legame fisso, mi acquietavo: scendeva una pace e una consapevolezza in me che non era piú la fretta della passione, 1'inondargli la vita di me e cose mie, l'obbligo della condivisio-ne. E quando mi acquietavo allora cominciavo a rilassarmi. Doveva, quella rilassatezza, vedersi da fuori, lanciare segnali dai capelli, sentirsi 1'odore di una rinnovata disponibilita. Non sono mai stata brutta, l'ho detto. Cosi quella dimensione di donna legata e slegata mi faceva trovare in breve tempo e, mi si deve credere sulla parola, senza che lo volessi, un amante. Eamante doveva sapere che nulla della mia vita sarebbe cambiato con lui. Non essendo cattolica, non essendo niente di piú che un'insegnante moglie di inse-gnante con bambina sveglia e autonoma abbastanza da poter fare palestra con i compagni e fine settimana con i nonni, io per la veritá non ho mai provato alcun senso di colpa. A volte mi terrorizzavo alTidea di aver lasciato qualche traccia che poteva far crollare l'asso-luta perfezione del tempio sghembo che mi ero edificata, ma poi per fortuna nessuno ě stato cosi crudele da conservare o esibire tracce del mio passaggio. O esso stesso ě stato innocuo e leggero, caduco, come una stagione. Ma ora, ora, in pizzeria, mentre aiutavo mia mamma a passare la coscia sinistra oltre la gamba del tavolo, mentre le spiegavo il tovagliolo in grembo, da quelle condizioni alterne ero passata in un'ultima fase, che attribuivo alTetá, e alla condizione infelice di essere una donna divorziata, con una ragazza di diciotťanni che aveva appena cominciato un'univer sitá lontana e una madre a cui un ictus aveva tolto mezza vita, lasciandogliela appesa alTal-tra metá. Mia madre era vedova, io 1'accudivo. Mi sentivo sfortunata. Ora, la sfortuna, per una donna che ha girato taňte regioni e taňte scuole a correre dietro le supplenze, e che per farlo ha cambiato taňte case, e che poi tra i trentadue e i cinquanťanni ha cresciuto una figlia e combattuto piú di una battaglia sempře nella tensione di qualcosa di esterno che doveva arrivare, e quando poi arrivava si spostava e cosi via. Bene, insomma la sfortuna che mi costringeva a baliare mia madre, era una condizione in fondo comoda. Significava piú o meno: Tu adesso te ne stai buona qui, tanto non hai alternativě. Scuola ne baiper almeno altri dieci-quindici anni, sempře che tipermettano di andare in pensione, figlia si ěfatta grande e hapreso la sua strada, scordati i fine settimana con 1'amica - ché mamma a chi la lasci? - e conservati le tue se-rate al cinema, alla balera, una cenetta a casa con ilgruppo storico di colleghi, insomma tutte attivitá serali: quelle coperte dai beveroni riequilibra-toni del neurologo di tua madre. Punto. Ah, negli intervalu di tempo vedi sepuoi trasferirti qualche isolatopiú vidno a lei. Questo mi diceva da un po' di tempo il destino. E non lo diceva solo in maniera chiara, facendosi megafono i dottori, e il riabilitatore di mamma, e il salumiere che le portava la spesa a casa, e la vicina di casa. Me lo diceva, lui, il destino maledetto, in tanti altri modi. Per esempio nelle ginocchia. Avevo sempře vantato proprio un bel paio di gambe, del resto, ballavo. Ballavo cosi tanto e bene che quando il referente di banca del mio pověro stipendio mi aveva chiama-to per cercare di appiopparmi un'assicurazione sulla vita lo aveva sottolineato. «Lei non fuma, e balla pure...» aveva fatto cosi, piacione, guardandomi le gambe accavallate - era estate e io in estate ho piú caldo che morigeratezza, quando decido quanta stoffa avere negli abiti. «E quindi che facciamo, senti, assicuriamo le gambe?» piú informazioni • MlolEbookReader Modifica # í g <š> M ^ > l ''S- 4 35% gjf Q ABC esteso Dom 13:01 Q. © ;s • O • MlolEbookReader - 1 racconti delle donne O Q. p OS Fine. Pero insomma da qualche anno il destino mi chiamava dalle ginocchia. Non c'era nulla da faře: creme, massaggi nel bagno di casa, calze contenitive in inverno: la pelle si era come staccata dalla materia che conteneva. Finché restavo seduta se ne stava quieta e stirata sulle ossa, ma appena mi mettevo in piedi rivelava la mia condizione di donna-bália di una madre dimezzata. Faceva delle piccole ghirlande senza tono piú tra la coscia e lo stinco: era ció che rimaneva della mia festa, il giorno dopo. Questa ero io, adesso. Ero nel giorno dopo. E la colpa non era certo dei miei cinquan-ťanni, visto che non occorreva indugiare sulle copertine dei femminili per sapere che c'era un intero mondo di cinquantenni da urlo: bastava guardare la preside quando tornava dalla settimana bianca. Aveva anche tre anni piú di me, aveva vinto 1'ultimo concorso per dirigente, il marito medico le aveva regalato un anello con uno smeraldo grosso cosi e tutti, dai ragazzi di prima al bidello che stava per andare in pensione, tutti le guardavano un seno trionfale. La colpa era di questa vita che mi aveva incastrato nel giorno dopo, e la cui veritá -rimmobilitá, la rinuncia, Pincastro - mi veniva sottolineata con annunci di tromba: - Menopausa, signora, facciamo la terapia sostitutiva cosi non rischiamo cali di calcio: lei balla. Prendevamo da almeno una decina ďanni la stessa pizza. Mamma per evitare di leggere sul menu, che le appariva, come qualunque altra scritta, dietro il vetro appannato del suo stesso inverno. E io per noia. Per una depressione improwisa che mi awolgeva ogni volta che uscivo con lei e consumavo il rituále macabro di quel «solito giro». Due parole orrende a cinquanťanni: solito. E gzro. Ma giro dopo giro qualcosa cambiava, in peggio. Ora mamma non aveva piú né la precisione né la forza per tagliarsi la pizza da sola. - Due margherite con bufala. Una la puó fare giá a spicchi, per favore? - Giulia ma sei pazza? Ai bambini si taglia la pizza con la rotella. - Si fa tagliare a chi serve, bambini, pigri e anziani. - Allora quella a spicchi te la mangi tu. - Cosi poi la tua te la devo comunque tagliare io... Allora mamma alzava la manina funzionante e richiamava il cameriere, quello bello, che piü si faceva anziano piü si faceva bello. E insopportabilmente cerimonioso. - Cesare, me la tagliate voi la pizza, si? - A disposizione, signora cara. Povera mammotta, me la guardavo di lato, il lato buono, Paltro almeno in pizzeria me lo potevo dimenticare. Che fatica, pure, a settantacinque anni, dover imparare a masticare tutto daccapo. Mi faceva una pena e una tenerezza, ma mo quanto sarebbe durata ancora? I parametri vitali erano buoni, ma lo scafo cosi malandato che oggettivamente, oggettiva-mente, mia madre non era piü autonoma in nulla. Tranne che nella caparbietä. - La polacca non la voglio. - Che ti hanno fatto i polacchi? Papa Wojtyla era polacco. - Sto bene da sola. - Fosse vero, mamma: tu non stai da sola: tu stai con me. - Ma se vivi dall'altra parte della cittä. - Madonna che coraggio, se appena esco da scuola vengo da te, sto con te tutto il po-meriggio e me ne vado alle Otto dopo che ti ho messo a letto. - Perö vivi dall'altra parte. - Dormo, dall'altra parte. E dormivo solo, infatti. Questa ero io mentre mi alzavo dal tavolo per andare in bagno, svoltavo l'arco che im-metteva nella seconda sah della pizzeria, e mi si parava davanti il cameriere. Aveva un modo professionale di guardarmi, quando si faceva da parte per farmi passa-re. Ma da quäle professione lo stava attingendo? Era stanco, scocciato, distratto? E io ero trasparente? Oppure provava una certa compassione per noi due, io e la mamma intendn piú informazioni ■ @©B**» •»OMP^TS -"09® • - m • MlolEbookReader Modifica # í g <š> M ^ > l ''S- 4 35% gjf Q ABC - esteso Dom 13:01 Q. © ;s • O • MlolEbookReader - 1 racconti delle donne O P OS ché oramai ai miei occhi eravamo inscindibili - anzi ero proprio io quella a cui gravava un lato - e in quello sguardo trattenuto celava un sorriso per tanta pena? Non lo avrei mai saputo dire, e avrei voluto tanto non chiedermelo proprio, per due motivi almeno che potevo analizzare in quei cinque passi che mi dividevano dal bagno: il primo era che il cameriere era alto, e io quando uscivo con mamma non mettevo mai i tacchi. - Mamma, prendi il bastone. - No, tanto mi appoggio a te. II secondo ě che mi conoscevo troppo bene e sapevo che una domanda di questo tipo poteva avere solo una risposta: La festa é finita: a proposito, stai cercando un quartino nello stesso isolato di tua madre? La strada di insoddisfazione che si sarebbe aperta dentro di me porta-va su una piazzola di sosta per gente senza fortuna, che aveva bisogno di far la pipí a trop-pi chilometri di distanza dalla meta. Cosi fu che, poiché la porta del bagno faceva angolo con la parete, e su quella parete c'era appeso un enorme specchio senza cornice, rettangolare e lungo, con serigrafata su la scritta PERONI, io, nello svoltare, alzai gli occhi allo specchio. E tra la R e la O vidi che il cameriere si era fermato, si era girato, e mi stava guardando da qualche parte sotto la vita. Da qualche parte, sotto la vita, c'ě la vita. Pure se stai facendo la eura sostitutiva per la menopausa, perché a me proprio da lí mi prese una vampa, tanto che rimasi piú del dovu-to in bagno, a insaponarmi le mani e a controllare nelTovale del viso, nel modo in cui il mento diventava collo, nelle rughe labio-nasali, nella ricrescita dei bianchi sulle tempie: cercavo cosa ci fosse di me e cosa degli altri. Quanta mia madre c'era lí dentro e quanta mia figUa, e quanto del padre di lodice Silvio che mi voleva denunciare perché a lezione dicevo che i fascisti erano fascisti. Quanto dei giorni andati e quanto di quelli a venire. «No, no», mi dissi, e feci la pipí, nella piazzola. Poi fu moko bello trovare che mia madre, al tavolo, ciancicava beatamente, anzi spu-doratamente con il cameriere, come se l'ictus e la vecehiaia 1'avessero messa al di la del male e molto dentro il bene, e intanto gli infarciva il taschino della camicia con una ban-conota, cosi che quello, prodigo di eura, le offriva il braccio e la accompagnava alla porta, lí dove la lasciö: appoggiandola a me. Poiché chi va con lo zoppo ě costretto a zoppicare, innalzai una silenziosa preghiera affinché Pultima immagine del mio sedere che il cameriere potesse conservare con sé fosse quella dello specchio PERONI. E arrivederci. - Mamma, ma perché gli metti i soldi nel taschino? la mancia non la puoi lasciare nel piatto? - E se alla cassa pensano che ě il resto e se lo tengono? Quella sera, a casa, cercai e trovai le sigarette che mia figlia aveva nascoste due mesi prima, dimenticandole alla partenza per Puniversitá. Io avevo smesso di fumare quando avevo cominciato a ballare: era per il fiato, e forse anche un poco per Pinvecchiamento della pelle. Non per dare un buon esempio a mia figlia, né per il canero annunciato sul paechetto. Non voglio sembrare superficiale, benché ci provassi non riuscivo dawero a esserlo, infatti mi tormentai tutta la notte in questa ri-flessione umiliante: Come epossibile che io mi sono ridotta a rinfocolarmiper lo sguardo di un cameriere? D'accordo: nella prima supplenza ero stata con un bidello, e mentre ero ancora sposata avevo flirtato con il collega di educazione fisica, che per una docente di storia ě gia piú in basso nella scala sociale; e in fondo il fatto della scala sociale a me non interessa-va, cioě non mi awiliva Pidea che io mi rinfocolassi allo sguardo di un cameriere, mi umi-liava Pidea di essermi dimenticata dello sguardo di un uomo, che quello sguardo avesse un potere su di me. No, d'accordo, alle quattro di mattina ci arrivai: mi umiliava che io stessi a pensare a lui e lui non Stesse a pensare a me. piú informazioni Er • MlolEbookReader Modifica # í g <Š> M ^ > l ''S 4 35% D □ ABC - esteso Dom 13:01 o. e äs • O • MlolEbookReader - 1 racconti delle donne O P OS Punto. II rapporto con gli uomini si era sdoppiato, non era piü paritetico. E mi capitava di comprenderlo con un cameriere. Avrei potuto mettermi a caccia. Tornare a mangiare Ii da sola mollando la mamma per qualche ora. Chiedere una pizza a domicilio e lavorare sulla consegna. Dimenticare il telefono in pizzeria. Avrei potuto provarci. Ma provarci mi avrebbe delusa, e io non ero piü pronta alle delusioni. Io non gli piacevo. Lui era un bell'uomo. La sua condizione proletaria lo rendeva anco-ra piü ruvido, meno lavorato... Dopo una notte passata a pensare a questo oramai sarebbe stato inutile pure il tentati-vo di conquista: il sesso non ammetteva pensieri e parole. Solo opere e omissioni. Lunica fu stancare in qualche modo i muscoli e dormire un paio d'ore prima di tornare a scuola. Poi un giorno mi arrivö l'awiso a comparire dei carabinieri. Iodice Mario, padre di Iodice Silvio, V B, non aveva retto a Villari, alle leggi razziali, alla Repubblica di Salö e ai cinquanta milioni di morti del nazifascismo. Niente. Di tutta la Storia aveva deciso di denunciare me. Avevo chiamato la mia amica Silvana, l'awocatessa pret-ä-porter. E registri in ordine, programmi in mano e carta d'identitä ce ne tornavamo dalla caserma, io irritata assai, che per 1720 euro al mese dovessi pure andare a ripetere la lezione davanti al magistrato. Sem-pre che la capisse. - Ti offro la pizza, almeno questo, - dissi a Silvana. E stavo tutta concitata e accesa, mentre ci sedevamo d'angolo al tavolino sulla strada, intanto ci si era messa pure la primavera, e mentre facevo l'imitazione di Iodice padre mi tolsi la giacca, mi sciolsi i capelli, e restai con la canottiera e i jeans, la sigaretta sul tavolo e la ricerca vana e furente di un accendino nel magma della borsa. - Hai ricominciato a fumare? - disse il cameriere allungandomi il fiammifero acceso nel cavo della mano. - Grazie... si, da quando mia figlia ě partita... - E la mamma come sta? - Eh, piano piano... - risposi, lui sorrise vagamente e ci lasciö il menu. Ma soprattutto lasciö Silvana molto compresa dalla nostra conversazione. - Non me lo ricordavo cosi bello, questo posto, - disse. - La pizza deVessere molto buona... - E non lo so mica se ě buona. - Ah non lo sai? - disse lei con un lungo profondo sguardo al magnifico culo del cameriere. - Ě la prima volta in vent'anni che mi park, te lo giuro. Oggi. Io non sono mai stata brutta, forse per un annetto, poco dopo che mia madre era stata male, o forse perché mia figlia mi aveva lasciato una casa vuota, o semplicemente erano gli ormoni ai quali dovevo abituarmi. Fatto sta che guardavo in modo diverso pure Silvana. Amica da sempre, dal banco dell'esame di maturita, quello in cui ripetevamo la moneta-zione dell'etä argentea fino alio sfinimento. Lei era ricca e io normale, e mia madre cam-minava ed era lucida, e proteggeva le nostre ultime ore di studio da liceali: ci permetteva di restare in pigiama, e di arrivare a tavola stravaccate, e di continuare ad associare date e nomi che non conosceva in un infinito elenco rimato. Tiberio / Caligola / Claudio e Nerone. Galba-OtoneVitellio. Vespasiano / Tito e Domiziano. Nerva / Traiano / Adriano / Antonino Pio / Marco Aurelio, tua mamma ce la mette la scorza diparmigiano nellapasta epatate? Solo che la mia amica Silvana, amica da sempre, era cresciuta diversa. Si era fatta awo-cato nello studio di suo padre, quei genitori Ii si scambiavano i figli per la pratica negli stu-di cosi come facevano con le carte al tavolo di bridge; e poi, finita la pratica ed entrati nel-Palbo, cominciavano a passar loro i clienti come gli passavano le cime sul molo di Marina Grande. E infine Silvana si era sposata con un penalista di grido, e anche se ora a cinquan-t'anni io ballavo e lei no, lei aveva una massaggiatrice indonesiana che andaya a rasa sua piü informazioni • MIolEbookReader Modifica g M ^ > ä ^ 4 35% D □ ABC - esteso Dom 13:01 Q. O ;s • O • MIolEbookReader - 1 racconti delle donne o p OS tre volte a settimana portandosi dietro un lettino pieghevole e le impastava le gambe. E mio marito e io ci eravamo lasciati, e lei e il suo no. Ed e vero che io mio marito non lo tolleravo piü e mi sembrö un estremo gesto di emancipazione allontanarmi da un uomo che non poteva toccare il peperoncino a tavola sennö prima o poi stropicciandosi gli oc-chi avrebbe pianto. E che non sopportava i piatti colorati. E che non sopportava le for-chette pesanti: quelle leggere voleva, leggere. Perche un marito e una scelta fideistica e i guai cominciano se ti accorgi che Dio non esiste. Perö adesso il mio ex marito chissä dove stava, e io da sola mi ero tirata su la figlia e stampellavo mia madre. Mentre Silvana, con suo marito che l'amava assai, aveva avuto questa figlia Elisabetta che stava per sposarsi con un francese, conosciuto «nel mondo in-ternazionale del cinema», cioe in buona sostanza non si ricordava dove. Non potevo dire nulla contro Silvana. Nulla. Perche se uno e fortunato e non e manco arrogante - e Silvana non era arrogante - non gli si puö dire nulla. Solo sentirmi immensamente piü vecchia e cellulitica, e guardare aU'epoca della monetazione argentea, all'epoca della livella scolastica come a un'epoca di profonda falsitä. Alia prossima manifestazione di protesta avrei detto chiaramente i criteri che andavano applicati: i figli di quelli che pagavano il IV e V sca-ghone di Irpef, dai cinquantacinquemila in su, dovevano obbligatoriamente andare alle private, e i figli dei normali, insieme a quelli dei poveri, alia scuola pubblica fin dalle ele-mentari, cosi da proteggere la veritä di casta. - Ma dai, ti ho invitato io, non scherziamo, - le dissi un poco incagnita allungando cin-quanta euro al cameriere. - La signora Giulia e cliente, non posso permettere, mi dispiace, - disse lui aprendosi in un sorriso bianchissimo che gli mutö il paesaggio del viso; e mi prese di mano i soldi. - Sa come ti chiami... - Ma certo che lo sa, pure io lo so. - Ok, allora io, prima che torna con il resto, mi dileguo. Ti tengo aggiornata sulla causa Iodice. Ciao. Silvana mi stampö un bacio e scappö dal locale, mentre Cesare, cioe il cameriere, tor nava con il resto. I meridionali pranzano tardi, tardissimo, ma alle 15.55 anche i tavoli di un'antica pizzeria cittadina sono tutti vuoti. II pizzaiolo e quello che lo aiuta al fomo guardano una serie in tv; il proprietario chiude la cassa e va a fare il primo versamento al bancomat della filia-le. II ragazzo delle consegne chiama la fidanzata seduto di traverso sul motorino. Se qual-che tedesco sputato fuori dal museo nazionale guarda voglioso verso la porta a vetri, il la-vapiatti scuote la testa e fa con le mani a sliding doors: «Closed» dice piano scandendo tut-te le sillabe, anche quelle che non si pronunziano. Cesare si sedette affianco a me portandomi un caffe che non gli avevo ordinato. - Prenditi una rossa mia, dopo pranzo ci sta, - e accese la sua Marlboro. - La mia arnica si e meravigliata che hai notato che ho ricominciato a fumare. - E simpatica la tua arnica. - £ un awocato. - Ma tu sei un'altra cosa. - Faccio la professoressa... - Un altro livello, voglio dire. - Molto piü basso del suo... - Non mi prendere in giro perche non so parlare, giä e complicate cosi. - Ma complicate che cosa? - Dirti che per me sei una femmina esagerata, e piü passano gli anni piü ti fai bella. - Vuoi dire vecchia. - No, voglio dire che sono vent'anni che vieni qua, con tuo marito, con tua figlia, e poi con tua mamma, e non mi hai mai lasciato un centesimo di mancia, mai. Perfinn tua fwlia piü informazioni • MlolEbookReader Modifica # í g <š> M ^ > l ''S- 4 35% gjf Q ABC esteso Dom 13:02 Q. © ;s • O • MlolEbookReader - 1 racconti delle donne O Q. p OS una volta con le amichette mi lasciö la mancia, tu mai. - Scusa. - Figurati, perö dimmi perche. - Non mi piace come uso, e spagnolesco, io insegno storia. - Tua madre mi disse un'altra cosa. - Mia madre? - Si, tua madre e di casa, quando stava bene veniva qua da sola e parlavamo a lungo, di te, owiamente, e mi disse un'altra cosa... - Che sono tirchia? - No, che ti volevi fare superiore. - Gesü che sciocchezza, e proprio il contrario: se non lascio la mancia e perche rispet-to il tuo lavoro, la regalfa e un uso borghese... ma come si e permessa di dire... no, no guarda. - Aspetta, non ti alzare, non e una cosa brutta: lei diceva che ti volevi fare superiore perche e il tuo modo di fare quando stai in imbarazzo. - Adesso per esempio sto in imbarazzo e me ne vado. - Non ti volevo offendere, perö qua dentro i colleghi lo sanno tutti che mi fai salire il sangue alla testa. Gli sventolai davanti la mano sinistra aperta, cinque dita tese tese, come in un dispera-to ciao: - Ho cinquant'anni, Cesare. - Pure io. Anzi cinquantadue. Per questo mi permetto, non mi sono mai permesso prima, lo sai... - Ma mo che vuoi tu da me alle quattro del pomeriggio? - Accompagnarti a casa. Poi, a ciascuno il suo. Dove c'e gusto non c'e perdenza. O la va o la spacca. Contento tu contenti tutti. Ogni promessa ě debito. La vita ě bella perché ě varia. Date a Cesare quel che ě di Cesare. Finché c'ě vita c'e speranza. Meglio un uovo oggi che una gallina domani. Chi ben comincia ě giä a metá dell'opera. A metá dell'opera mi chiese: - Posso dirti delle cose? A quel che ricordavo, mi piaceva, si, sentirmi dire delle cose. Veramente in quel mo-mento avrebbe potuto dirmi tutte le oscenitä che voleva: il fuoco era giä divampato cosi violentemente che soffiarci su non avrebbe spostato di molto l'avanzata delle fiamme. - Tanto dopo te le dimentichi, vero? - Ma si. - Ti amo, Giulia, ti amo, mi sono innamorato di te. Insomma la storia era questa. Mi stavo lavando il quarto di sotto nel box doccia e dal-l'altra parte del muro c'era un tipo a cui mia madre aveva messo nel taschino della camicia per vent'anni tutte le settimane, indipendentemente dai tassi di conversione, cinquemila lire o cinque euro. In quei vent'anni il tipo, a me direttamente, mi aveva rivolto in tutto una decina di frasi, tronche e monche e poco significanti, per il resto gli avevo solo sentito elencare ingredienti. A volte dovevo aver ordinato indicando sul menu, senza manco apri-re bocca - tanto c'era mia madre. Lo stesso uomo mi aveva tenuta intrappolata sul mio ex letto coniugale per un'oretta buona, e per dare consistenza aU'aria, che giä grondava umori di suo, si era dovuto convincere che mi amava. Me lo aveva proprio detto, a ritmo di špiňte pelviche. Ecco. Davanti allo specchio, mi toglievo le linee di mascara colato con la crema antirughe (colato per il sudore, mica per le lacrime), e decisi ciö che andava fatto: non passare mai piú in pizzeria. Eppure ancora, mentre mi accompagnava da mamma con la vespa, dietro di lui e senza casco, mi sentivo proprio al posto giusto: infilai la fronte tra le sue scapole e_me ne stetri piú informazioni •»©■i^T» ^ ©ca® • - m • MIolEbookReader Modifica g M ^ > > M ^ > > 4 34% O □ ABC - esteso Dom 13:02 o. e ss • O • MlolEbookReader - 1 racconti delle donne O P OS - Ma ho capito bene che lo sposo ě francese? - mi chiese Cesare. -Giá. - Allora perché ě vestito da samurai? - e fu l'ultima cosa che si disse a quel tavolo in ita-liano, perché eravamo intruppati proprio con i parenti dello sposo, che venivano da Aries. Io non ero mai stata una donna brutta, si, forse al mio matrimonio, che non ci fu man-co il tempo di pensarci, con la bimba nella pancia e io che m'incamminavo per la circoscri-zione municipale verso l'impiegato, tutta riottosa. Adesso pero, guarda: come Cesare par lava in francese del santo patrono, decollate) come la sua cittá, e come lo seguivano rapiti, i parenti di Aries, nella descrizione, che io manco mi ci provavo a capire cosa stesse dicen-do, e coglievo solo i toponimi. Avrei voluto lo sguardo complice di Silvana, ma lei stava, concentrata e bianca, ad accelerare il ritmo dei camerieri al buffet, ché non facessero fare la fila agli ospiti. Allora, sorridendo in esperanto, la raggiunsi io al posto di comando. - Vuoi un tamburo? - Per farne che? - Per dare il ritmo al personále di sala: nelle galere funzionava, eh? E un tamburo c'era dawero, perché gU sposi avevano preferito il gruppo etnico metro-politano al quartetto d'archi, e li Cesare mi raggiunse e mi chiese se volevo ballare. Ballare. Mentre gli altri erano al dolce. Mentre non ballava nessuno. - No, mi metto vergogna. - Ma se vai in balera tutte le settimane. - Vabbě ma so ballare solo il tango. - E vediamo se 'sti quattro scortichi lo sanno suonare, un tango. Patteggiarono per un pezzo solo, e soli ballammo. - Guida tu, - disse, - ché io non so ballare. E io, speculare, guidai. Se devo dire che fummo bravissimi, no: non lo fummo. Se devo dire che qualcuno se ne accorse che non eravamo bravissimi, no: non se ne accorsero. Ci cominciarono a guardare tutti, con le forchette ferme a metä strada verso le labbra, i busti ruotati di novanta gradi tra il buffet e i suonatori, i calici congiunti al centro dei tavoli in un immobile cin-cin. Pure al contrario, lui che andava all'indietro e io che avanzavo, io che andavo solo di tacco e con la spalla che conduceva, proprio cosi: ci tributarono un lungo applauso, ed Elisabetta, felice al suo terzo cambio d'abito, venne a baciarci. Poi il gruppo ricominciö il suo repertorio etno-folk, e ai gelati tutti si lanciarono sul prato e cominciarono a ballare scalzi, a mimare movenze popolari, al che Cesare annotö: - Napoli e piena di figlie di awocati che suonano le nacchere. Allora ci ritirammo in camera. Tornando verso il corpo dell'edificio incrociammo un primario ubriaco che aveva dato il meglio di se in una pianta, e un'addetta alle camere che sfaccendava con acqua e ammoniaca per salvare il suo lavoro e il povero vegetale. La mattina dopo dormivano tutti. Qualcuno ancora si agitava negli umori del suo sto-maco, qualcuno si svegliava con una persona nel letto che se l'avesse vista nel foyer di un teatro, se ne sarebbe scappato verso il palco schermandosi il volto con il programma di sala. I cuscini di tutti erano insozzati, le rughe delle donne erano phi profonde dei solchi che Paratro stava lasciando, a due miglia da loro, nell'entroterra, sotto i vitigni. II cuore degli uomini scoppiava sotto la pressione dell'alcol e del Viagra. Corto il respiro, qualcuno maldestramente chiamava un caffe doppio, qualcun altro provava con la teoria della birra. I francesi davano fondo agli Alka-Seltzer. Ma questo comunque lo abbiamo ricostruito molto dopo mezzogiorno. Prima, alle nove, io mi ero svegliata e avevo trovato il letto vuo-to: Cesare stava fuori alla veranda, guardava il mare. Alle sue spalle mi aveva accolto il profumo dei gelsomini e quello della sua pelle: era giä rasato e bruno, dentro la camicia chiara. - Ma i gelsomini non profumano solo di notte? - Questi sono gelsomini spagnoli, vedi? Hanno i fiori piü piccoli e resistent! - E tu come lo sai? piü informazioni Er • MlolEbookReader Modifica # í g <Š> M ^ > > 4 34% O □ ABC - esteso Dom 13:02 Q. O ~ • O • MlolEbookReader - 1 racconti delle donne O P OS - Me lo diceva mia madre. Ma tua madre come sta? - Sai che gli ha detto al cardiologo che le vuole mettere il bypass? - Gli ha detto: «Dottó, io non tengo paura della mořte: tengo paura di voi». Scendemmo a faře colazione quando i pavimenti di ceramica vietrese, biu e gialli, erano ancora umidi per le pulizie. Chiedemmo scusa, camminando lungo i battiscopa per non vanificare il lavoro degli inservienti: Césare prese i nostri due caffe, li impiló uno sull'altro e li porto in spiaggia. - Facciamo il bagno? - gli chiesi. - No, io non ne ho voglia, sto bene cosi: vai tu, io ti guardo. Allora io andai rabbrividendo nelTacqua vitrea del mattino, ma dopo pochi minuti giá nuotavo e non avevo piú freddo. Davanti a me, una bracciata sí e una no, vedevo le barche leňte all'orizzonte. Avanzavo e a ogni metro sentivo che 1'acqua mi alleggeriva e sosteneva. Lultima propaggine della spiaggia tirava sulTorizzonte una linea retta con le rocce delTal-tra baia: andare oltre avrebbe significato prendere il largo, uscire dalla cala, ma io restai, e proprio su quella Unea mi stesi a pancia in su, con le braccia aperte, a fare il morto. Lenta-mente le gambe affondarono, e la těsta, fino ai timpani. Anche il sole avanzava, allora chiusi gli occhi e rimasi cosi, senza alcun peso: scoprivo che alla festa siamo buoni tutti a partecipare, ma quello che piú importa ě come ti senti il giorno dopo. —- ....... - piú informazioni sa r^^s i^pa HP ^jf 215993 • MIolEbookReader Modifica g M ^ > > M ^ > l ''S 4 33% O □ ABC - esteso Dom 13:03 o. e ss • O • MlolEbookReader - 1 racconti delle donne O P OS Una festa bellissima di Annalena Benini Dimmi, che altro avrei dovuto fare? Non ě vero che tutto muore prima o poi, fin troppo presto? Dimmi, che cosa pensi di fare della tua unica vita, selvaggia e preziosa? máry oliver, Giorno ďestate: Ogni volta che incontro una donna, vorrei subito saltare tutti i convenevoH e sapere che cosa pensa, come si sente, se e felice o se e delusa, qual e la vita che non si vede ma che sta nascosta dentro gli occhi, se ha paura di perdere la sua forza, e se ogni tanto cade anche lei nel pozzo. Sono cresciuta in una famiglia di donne, ho visto mio padre annoiarsi ai pranzi di Natale se costretto a parlare a tavola con alcuni fidanzati di passaggio e non con noi, ho awer tito, prima confusamente e poi in modo sempre piü nitido, il movimento verso la Übertä, la ricchezza, il mistero di essere una donna: mia madre e mia zia che bisbigHano in cucina e ridono, mia nonna che le guarda preoccupata e contenta dall'altra stanza, mia sorella che ha appena imparato a camminare e si aggrappa a me, io che sono ancora troppo piccola per avere accesso a quei segreti ma non c'e niente che mi interessi di piü al mondo. Leggendo anni dopo Simone de Beauvoir, neü'Etä forte, ho sentito la stessa curiositä e commozione che provavo davanti a quei segreti. «D'un tratto conobbi un gran numero di donne che avevano passato la quarantina, e che, attraverso la diversitá delle loro situazioni e dei loro meriti, avevano fatta tutte quante un'identica esperienza: erano vissute come "esseri relativi". Poiché io scrivevo, poiché la mia situazione era diversa dalla loro, e anche, credo, perché sapevo ascoltare, esse mi dissero molte cose; cominciai a rendermi conto delle difficoltá, delle falše facilitá, dei tranelli, degh ostacoli, che la maggior parte delle donne trovano sul loro cammino, e sentii anche fino a che punto esse ne fossero ad un tempo menomate ed arricchite». Simone de Beauvoir raccontava in quelle pagine le donne degli anni Quaranta del seco-lo scorso, a Parigi, e aggiungeva anche: io ero diversa da loro. Adesso che capisco meglio che cosa significhi «menomate ed arricchite», e ancora e sempre ho paura che nella vita mi sfugga qualcosa, sento non una diversitá, non una distanza, ma invece il calore di un'appar tenenza e la gratitudine per il cammino fatto da quelle donne. E quindi anche il desiderio di mostrare il cambiamento assoluto di questi «esseri relativi»: il loro (il nostro) movimento. «Qualcosa che eccede il confronto con gli uomini, qualcosa di incomparabile», ha scrit-to la filosofa Luisa Muraro in un saggio sull'indicibile fortuna di essere una donna. Non ě una dichiarazione di inimicizia verso i maschi e non ě una rivendicazione, ě solo la consta-tazione di una differenza sostanziale fra uomini e donne, su cui si fonda sempre Io sguar do, spesso la vita e a volte 1'amore. E la differenza ě interessante, viva, e merita di essere raccontata: dalla polvere dei pavimenti al piú inconfessabile dei pensieri. Ho cercato di farlo in questo libro attraverso la letteratura, attraverso le parole e le sto-rie delle scrittrici nel punto esatto in cui illuminano le donne dentro l'esistenza, nella for mazione, nella delusione, nella costruzione di sé che passa sempre attraverso 1'incontro con Paltro. Volevo mostrare un doppio movimento: quello della scrittura e quello della vita, offrire a chi legge la ricchezza della letteratura e del cambiamento femminile, i mutamenti delle piú informazioni • MlolEbookReader Modifica # í g <Š> M ^ > l ''S- 4 33% O □ ABC - esteso Dom 13:03 o. e ss • O • MlolEbookReader - 1 racconti delle donne O P OS relazioni umane e il moltiplicarsi delle forze e del coraggio. E il divertimento, 1'ironia. La folia di possibilitä e di speranza, la fatica, il mal di těsta, la vampata sottile di calore, il parto dell'amicizia. Una grandezza nella precisione spietata del raccontare che viene incontro anche al banco dei formaggi del supermercato dentro una lite coniugale, e alla fermata dell'autobus quando non sai che autobus prendere. Ho cominciato da lontano, ma non lontanissimo, scegliendo una ragazza nata nei primi anni del Novecento, Lily Everit: va a una festa controvoglia, con la těsta piena del suo mondo, e incontra subito la signora Dalloway, che si specchia in Lily e si sente «assurda-mente commossa» senza avere idea di quanto quella giovane donna sia giá cosi tanto di-versa da lei. Da quell'istante, apertura ideale della letteratura e della vita nella modernita, le donne, e le scrittrici, hanno costruito una strada netta, libera, e hanno fatto un patto con la veri-tá: non nasconderemo niente, racconteremo tutto. Ho immaginato anche io una festa, allora, un ricevimento con tutti questi personaggi e le loro creatrici che si muovono insieme, che finalmente possono incontrarsi, ballare, fiammeggiare: una societa sowersiva di ragazze che si tengono vive le une con le altre, e indagano, ognuna con il proprio respiro e con la propria ironia, la solitudine, 1'amicizia, il tradimento, il tormento per un uomo, 1'autonomia interiore, la fatica coniugale, la delusio-ne, rinvidia, i figh, 1'amore, il divorzio, la speranza di qualcosa di meglio, la paura, la com-petizione, la vanitá, il sesso, Pirresolutezza, la mořte, e Peterno attaccamento delle une con le altre. Anche il pericolo di cadere ogni tanto nel «gran pozzo oscuro», che ha raccon-tato Natahá Ginzburg, un abisso doloroso di malinconia. Ma che non significa soltanto: cadere. Come ha scritto Alba de Céspedes, in risposta a Natahá Ginzburg: «Ogni volta che cadiamo nel pozzo noi scendiamo alle piú profonde radiči del nostro essere umano e nel riaffiorare portiamo in noi esperienze tah che ci permettono di comprendere tutto quello che gli uomini - i quali non cadono mai nel pozzo - non comprenderanno mai». Dal valzer con un imbranato di Dorothy Parker all'incontro di una cinquantenne con un cameriere in pizzeria di Valeria Parrella, all'invidia di Kathryn Chetkovich per il suo fidanzato scrittore, al ricordo del tradimento di Alice Munro, all'ossessione di Edna O'Brien, gli uomini non sono sfuocati o in secondo piano: costituiscono il racconto, permet-tono di muovere gli occhi, sono oggetto d'amore e di confronto. Vengono svelati, ma anche permettono di rivelare la nuditä femminile. Sembra che le donne abbiano una disposi-zione intima verso il resto del mondo, un continuo tentativo di comprensione degli altri, e anche, perö, una tensione verso il rimpicciolimento di se che chissä da dove arriva, chissä perche gh uomini non ce 1'hanno: il risultato e che il dolore entra nella scrittura in un modo sottile, si infila tra le parole anche leggere di un valzer controvoglia, o di un divorzio ormai lontano nel tempo, e queste contaminazioni fra la forza sovrumana e la malinconia interiore, fra l'allegria e la possibilitä di una sconfinata sofferenza, costruiscono una letteratura vivida capace di portarci al fondo di noi stessi, e anche di tirarci fuori da li. La forma del racconto, che e uno scrigno dentro cui tutto awiene e si apre e chiude con una chiave, permette di sentire la compiutezza di un momento, la commozione per quel viaggio sull'accelerato della sera raccontato da Grace Paley, lo sgomento per il segreto della bambina in quell'ultima estate nigeriana nella storia di Chimamanda Ngozi Adichie, e anche la vertigine del suicidio di Saffo, per amore di un uomo indifferente, o per dolore di se: «Tutte le donne amano una donna: amano perdutamente se Stesse, il loro stesso cor po e infatti di sohto Tunica forma in cui siano d'accordo di trovare una qualche bellezza», scrive Marguerite Yourcenar. Ho scelto questi racconti, che avrebbero potuto essere molti di phi e che sempre si nu-trono di altri racconti, secondo due soli criteri: complessitä e bellezza. Racconti che facciano divertire e appassionare uomini e donne, e che illuminino un aspetto dell'esistenza che prima era in ombra, che consolino e incuriosiscano e che accen-dano di desiderio verso le altre parole di queste scrittrici. Ho scelto le storie non snln delle piú informazioni • MlolEbookReader Modifica # í g <Š> M ^ > l ''S- 4 33% O □ ABC - esteso Dom 13:03 o. e ss • O • MlolEbookReader - 1 racconti delle donne O P OS piú grandi autrici del nostro tempo, che hanno aperto la strada o che stanno percorrendo la loro strada, ma anche delle autrici che hanno fermato un momento importante, si sono poste cioě i problemi nel modo corretto, come sostiene Cechov Kathryn Chetkovich ha usato nel suo racconto inedito in Italia, Invidia, un'espressione che mi ha turbata, perché ě una dichiarazione di veritä dolente, ed ě qualcosa che, nono-stante il secolo trascorso dalle feste della signora Dalloway, continua a muoversi dentro di me, in un modo segreto che cerco per la maggior parte del tempo di ignorare, ma poi esce fuori anche contro la mia stessa volontä: «Io volevo quello che vogliono sempre le donne: sentirmi legittimata». Sentirmi legittimata, come essere nient'affatto relativo, sentirmi legittimata davanti agli uomini ma soprattutto davanti alle donne, che hanno negli occhi quelle vite nascoste, quei pensieri segreti. Sentirmi legittimata nella speranza, che non finisce mai ed ě rivelata dal solo fatto di scrivere e riscrivere e dall'atto grandioso di tentare di contenere l'umanitä dentro un racconto, per poi ricominciare. Grace Paley diceva: «Scrivere di donne ě un atto pohtico», perché significa prendersi cura di loro. E significa offrire agli uomini molte possibilitä di comprensione, di divertimento e vicinanza a questa misteriosa e speciale parte dell'umanitä. «Noi sappiamo di essere molto speciali. Eppure continuiamo a sforzarci di capire in che senso: non in questo, non in quello, in quale allora?» Lydia Davis ě un genio di ironia e tormento, e la risposta alia sua domanda poetka, emotiva e intellettuale ě in questo libro. In questa incomparabile, magnifica disposizione all'intimitä, al confronto. Al racconto. Ú MlolEbookReader Modifica g <Š> M ^ > l ^ 4 33% O □ abc - esteso Dom 13:03 q. e ís • o • MlolEbookReader - 1 racconti delle donne O P OS I racconti delle donne A cura di Annalena Benini Giulio Einaudi editore s _ m. mjiM rr n t.i iiuhj.i i hi h i i ■ piů informazioni Ú MlolEbookReader Modifica # i g @- W ^ > > 4 31% o □ Abc - esteso Dom 13:04 q. O ;s • O • MlolEbookReader - 1 racconti delle donne O ■ P OS Nota bibliografica. Virginia woolf, La presentazione (The Introduction), trad. it. di Anna Nadotti. © 2019 Giulio Einaudi editore S.p.A., Torino. Dorothy parker, 77 valzer (The Waltz), trad. it. di Chiara Libera, in Dal diario di una si~ gnora di New York. © 1944 Dorothy Parker, © 1973 e 2006 The National Association for the Advancement of the Colored People. © 2015 Astoria Edizioni, Milano. Marguerite yourcenar, Saffo 0 delsuicidio (Sappho ou le suicide), trad. it. di Maria Luisa Spaziani, in Fuochi. I edizione © 1957 Libraire Plon, © 1974 Marguerite Yourcenar et Editions Gallimard. © 2018 Giunti Editore S.p.A. / Bompiani, Milano. Elsa morante, Prima delta classe, in Aneddoti infantili. © 2013 Giulio Einaudi editore S.pA., Torino. Published by arrangement with The Italian Literary Agency Natalia ginzburg, Discorso sulle donne, in Un'assenza, a cura di Domenico Scarpa. © 2016 Giulio Einaudi editore S.p.A., Torino. Published by arrangement with The Italian Literary Agency Joan didion, A letto (In Bed), trad. it. di Delfina Vezzoli, in The White Album. © 1979 Joan Didion. Originally published in The White Album. Reprinted by permission of the author. © 2015 il Saggiatore, Milano. Edna o'brien, Oggetto d'amore (The Love Object), trad. it. di Giovanna Granato, in Ogget-to d'amore. © 2013 Edna O'Brien. © 2016 e 2017 Giulio Einaudi editore S.p.A., Torino. 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Published by arrangement with Agenzia Letteraria Santachia-ra. © 2015 Giulio Einaudi editore S.p.A., Torino. piü informazioni • MIolEbookReader Modifica & i g @- W ^ > > 4 31% o □ ABC esteso Dom 13:04 Q. O ;s • O • MIolEbookReader - 1 racconti delle donne o Q p OS Mary miller, II37 (Tfe37), trad. it. di Sara Reggiani, in Happy Hour. © 2017 Mary Miller. © 2017 Edizioni Black Coffee, Firenze. Tutti i diritti riservati. Claire dederer, Styando lartista e un mostro (What Do We Do with the Art of Monstrous Men?), trad. it. di Francesca Spinelli. © 2017 Claire Dederer. First published on the Paris Review Daily Nov 20, 2017. La traduzione di Francesca Spinelli e originariamente apparsa su «Internazionale», n. 1236 del 22/28 dicembre 2017. Patrizia cavalli, Sempreaperto teatro. © 1999 Giulio Einaudi editore S.p.A., Torino. piu informazioni •»©MFT» - ©9®• - • • MIolEbookReader Modifica & i g @- W ^ > > 4 31% o □ Abc esteso Dom 13:04 q. O ;s • O • MIolEbookReader - 1 racconti delle donne o p OS Fonti. Simone de BEAUVOlR,ß? > 4 31% o □ Abc - esteso Dom 13:04 q. O ;s • O • MlolEbookReader - 1 racconti delle donne O ■ P 05 Marguerite yourCENAR, Prefazione, in Ead., Fuochi, Bompiani, Miláno 2011. piü informazioni "-1 ^^^^ Ú MlolEbookReader Modifies g <Š>. M C > ; ^ 4 30% o Q Abc esteso Dom 13:05 Q. O S r- • O • MlolEbookReader - 1 racconti delle donne O ■ □ V MIolEbookReader Modifies g @ ^ g 4 30% O QABC-esteso Dom 13:05 0, Q IE • o • MIolEbookReader - I racconti delle donne JOAN DlDION. A letto Gli anni del fulgore e della paura EDNA O'BRIEN. Oggetto d'amore II sesso e «uno scopo in se» MARGARET ATWOOD. Fantasie di stupro I due desideri piu grandi: diventare madre e scrivere V MIolEbookReader Modifica uando lartista e un mostro What Do We Do with the Art of Monstrous Men?), trad. it. di Francesca Spinelli. © 2017 Claire Dederer. First published on the Paris Review Daily Nov 20, 2017. La traduzione di Francesca Spinelli e originariamente apparsa su «Internazionale», n. 1236 del 22/28 dicembre 2017. Patrizia cavalli, Sempreaperto teatro. © 1999 Giulio Einaudi editore S.p.A., Torino. NORA EPH RON. La parola con la D «Struccarmi ogni sera» YASMINA REZA. Robert Toscano L'arte non si fa con gli scrupoli VALERIA PARRELLA. II giorno dopo la festa Unasfer ;nte nella tasca MARY MILLER. 1137 La tentazione di non farcela CLAIRE DEDERER. Quando I'artista e un mostro Se sei Nabokov, c'e Vera Nota bibliografica Fonti II libro L'autrice Copyright piu informazioni Segnalibri