Salia dell'Athos nella somma vetta II duca, e quindi il flutto ampio guardava E l'isole guardava e il continente Perö che si chinava all'orizzonte Diana liberal di tutta luce. Gli suonavano intorno il brando e l'arme Sfolgoranti fra l'ombre, e giü dall'elmo Gli percoteva in fulva onda le spalle La giuba de' corsier presi in battaglia: Negro cimiero ondeggiavagli, e il negro Paludamento si portavan l'aure. 60 tendo ai musulmani l'impero dei Comneni, la conquista dclla Grecia c j dell'Asia ad opera di Roma, e il mutamento di rc-ligione operate di Costantino die favorl il cristianesimo (editto di Milano del 313 d.CjJ 52 Athos: monte della pcnisola Calcidica. 53 // duca: l'autografo di Firenze continua direttamente cosl; sembn-rebbe difficile ravvisare in Alceo il condottiero qui descritto, tanto p;u che il carme e in questo luogo manifestamence in fase di elaborazion&J Tuttavia non e da trascurare che, a conforto deU'interpretazione di dual come Alceo, sta una prima lezione poi cancellata dei vv. 61-2 che dior « Arguti i venti percotean le corde / Dell'aurea lira che fremeva ». 56 Diana: la luna; liberal: generosa dispensatrice. 60 ha giuba: la criniera (Iat. « iuba »). 61 cimiero: la cresta dell'elmo. 62 Paludametilo: manto. 342 IV V Sermone (1806) I — Pur minacciavi: all'itnminente danno, Orator del Congresso, or piú non guardi? In te la patria o ľeloquenza dorme. — Ľeloquenza non so: m'ě il cor maestro; Ma del presente io gemo, e nel futuro IV ■ Metro: cndecasillabi sciolti. Composto nel 1806, fu rielaborato fino a raggiungere la sua forma dánitiva nel 1807: naturalmente non venne pubblicato per i fieri sen-Bwnti antinapoleonici che lo animano. Come il F. stesso comunicava dli Albrízzi il 24 novembre 1806, 1'epigrafe del sermone avrrebbe do-roto essere un versetto del Cantico dei Cantici (quello stesso da cui mse il motto inciso sul suo anello): « Ego dormio sed [ma il těsto wUico di et] cor meum vigilat» (V, 2). Nato contemporaneumente ai Sepolcri, il sermone sottolinea fortemente JJDlkesarismo (oscoliano e allo stesso tempo ripete alcuni motivi tra-fliioriali del Foscolo, la lode della veritä, ľesaltazione del letterato non Etotto, gli affetti famigliari. In piú ha nella prima parte uno spietato runám sprezzo del volgo, contrapposto idealmente al popolo, che nono-lume tutto si rafforzerä negli anni successivi, per concludersi col totale pessimismo del periodo inglese. Interessante pur se non bello, il sermone ě volutamente oscuto, con thúti influssi della versione di Persio pubblicata dal Monti nel 1803, tt il ragionamento appare esente da possibili obiezioni; ě un componi-Knto che ebbe successo nella limitata cerchia degli amici del Foscolo, a terapi di titannide sempře piíi gravi e che nelľinevitabile confronto tá Sepolcri mostra chiari i propri limiti, pur rivestendo considerevole ■portanza nella storia del pensiero politico, etico e sociále del nostro pceia. ľ 1 Fur minacciavi: fino a póco fa profetavi disgrazie; il sermone si iptc cori la domanda rivolta da un ignoto cittadino al F., giä eloquente pootatore della liberta neWOrazione a Bonaparte (1802) per i Comizi lí Lione; imminente danno: la rovina che incombe per 1'appressarsi della nunide. I 2 Oratoř del Congresso: accenno alla precitata Orazione a Bonaparte, díl F. considerata monumento di Iiberi sensi. 3 la patria: ľamor di patria. 4 il cor: il sentimento, contrapposto alľartificio delľeloquenza. 343 Vivo talor: perch'io mi taccia, ascolta. Canta il Meonio, e tu, Plato, con lui Credevi, e sel credean l'eta romane, Che quando un animal bipede implume Restituiva alle vicende eteme 10 Delia materia il sangue algente e l'ossa, Le sue voci supreme erano voci Che le piü vere non vendea Dodona, Né vate minacciö. Ma poi ch'a Pluto Rapl l'elisio tribunal Satäno,. 15 E ch'ei detta a' morenti i codicilli, Rare son l'agonie vaticinanti; Rare: né credo che Cassandra e il lauro Respiri mai sul labbro a quanti or danno II novissimo vale all'universo; 20 Com'io non credo, che ogni Greco all'Orco Divinando scendesse. Unico nume, 7 it Meonio: Omero, cosl chiamato dalla Meonia o Lidia, regions dell'Asia Minore che cod altre si vantava di avergli dato i natali; Plato: Platone. 9 un animal bipede implume: l'uomo, secondo la celebre definiziont platonica. 10-1 alle vicende eterne Delia materia: cfr. i Sepolcri, 95-6: «I misfr randi avanzi che Natura / Con veci eterne a sensi altri dcstina ». Riaf-fermazione del principio materialistico délle cose. 11 algente: gelido, per la morte soprawenuta. 12 voci supreme: estreme parole. II F. dice che secondo gli antichi sovente chi era in punto di morte aveva il dono della profezia. 13 Dodona: cittä dell'Epiro celebre per il suo santuario e i suoi act coli. II vendea ě chiaro accenno aH'irjcredulitä del F. di fronte a simili manifestazioni di superstizione. 14 vate: profeta. La stesura precedente, quella dell'autogtafo della Nazionale di Firenze, dice « Isaia »; il che facilita la coinprensione del passo. 14-5 Ma poi... Satäno: ma da quando, col passare dal paganesimo tl cristianesimo, Plutone dio d'Averno cedette il posto a Satana rc del l'inferno. 16 E ch'ei... codicilli: e Satana ispira ai moribondi le aggiunte ai testamenti (che fatanno dannare gli eredi). 17 l'agonie vaticinanti: coloro che in punto di morte si mettono a profetare. 18 Cassandra e il lauro: il potere profetico di Cassandra troiana t quello di Apollo vaticinatore cui era sacro l'alloro. 20 II novissimo vale: Testremo addio. 21 all'Orco: all'aldilä. 22 Divinando: profetando. II F. non crede che l'antichitä fosse in questo diversa dai tempi moderni: anche allora solo chi era fornito di In noi parla Tingegno; ov'ei si taccia, Né saggio vivi, né morrai profeta. Cecropida e Quirite, incliti nomi! 25 Tu a Pericle spremevi ampio oliveto; Tu stempravi al FeHce e a* suoi trecento > Nuovi coscritti col tuo sangue i rosei Unguenti di Cirene; e tu potevi, Giumento ai vivi, andar sibilla a Dite? 30 Vulgo fu sempre il vulgo: era 1'aratro E il pane e il boia, e sono, e saran sempre Vostri elementi: uom cieco accatta e paga, — Ugo, dove saetti oggi la punta Di tue sentenze? — A questo. Eran profeti 35 Molti, Giove imperante; oggi taluno. Non sempre é dato dir: Batti ed ascolta; personalita e d'ingegno poteva davveto dire qualcosa durante l'agonia. 25 Cecropida... nomi: cittadino ateniese (da Cecrope, mitico re del-I'Attica) e cittadino romano (discendente da Romolo-Quirino); grandi nomi in apparenza, cui nella realtá corrispondeva la miseria di una plebe sfruttata, non certo capace di profezie. Nel Foscolo con gli anni si era venuta aflermando una forte e tetra vena antipopolare. 26 Tu... oliveto: I'ateniese passava tutta la vita a torchiare le olive del ricchissimo Pericle (V sec. a.C). 27-9 Tu... Cirene: il romano combattendo e faticando dava il suo sangue per arricchire Silla (che primo tra i Romani si attribul il sopran-nome di Felice) e i trecento senátoři (coscritti) da lui aggiunti alia Curia; i rosei... Cirene: gli unguenti di rosa fabbricati in Cirene; oltre che costosissimi, erano famosi nell'antichita come rammenta Plinio il Vecchio, Nil. Hist., XXI, 4. 29-30 e tu potevi... Dite: e tu, schiavo come una bestia da soma (Giumento) finché vivesti, potevi morire (andar... a Dite) con la capacitá di vsticinare come una Sibilla? 31-3 Vulgo... elementi: di nuovo violenta affermazione antidemago-glca; i tre elementi cui il F. accenna qui saranno poi ripresi neirHypef-cdypsis con le tre « a »: « ara, aratrum, arbor patibuli». Per l'uomo del volgo la religione, il pane (o la fatica per guadagnarselo) e la paura del patíbolo sono piú che sufEcienti. 33 uom cieco... paga: se uno non ha gli occhi per vedere, non puo fare altro che andar mendicando e subire. 34 Ugo: con un procedímento caro ai satirici latini, a Persio in par-ticolare, e usato anche all'inizio del sermone, il F. introduce un inter-locutore fittizio, che anima la dialettica del discorso. 36 Giove imperante: al tempo del paganesimo. 37 Batti ed ascolta: parole di Temistocle ad Euribiade, re degli Spar-taiii, in occasione della battaglía navale di Salamina (480 a.C). II senso di questo e deí versi seguenti ě che in tempo di tirannide come quella di Napoleone occorre tacere il piu possibile, pena la morte (la man-itiia). 344 345 Che ove e mannaia, non bisognan verghe. Io mi vivro uditor pittagoreo; Poi, cigno o corvo, io mi morrö cantando. — Ambagi! — O te beato! e non ti cuoce Se non l'intendi. Or mi t'accosta, e prerni Cosi l'orecchio al labbro mio, che Brera, Mercato d'arti belle e di scienze, Ne prete, ne saldier valga ad udirmi. Bello egli e dir: Salva h la pattia; salva Ell'e da noi, che la canzon maligna Udimmo dal poeta, e la svelammo A chi sorveglia i pubblici scrittori. — Abi, Sfinge! — Eccoti Edipo. •— II Sol dorava Le giube del Lione in Oriente; E le piante, e le fere, e l'operosa Umana plebe un bello inno mandava A quella diva luce. Or come venne A sommo il cielo, fulminava raggi Tanto superbi che animanti ed aure 40 45 50 55 39 uditor pittagoréo: muto come un discepolo dí Pítagora; i pita-gorici infatti, al dir di Diogene Laerzio, dovevano tacere pet cinque anni. La forma pittagoreo con due « t » risale a un errato « Pittagora », abbastanza diffuso ai tempi del F. 40 cigno o corvo: qualunque sia la bellezza del mio canto; mi mono cantando: non parleró mai finché vivro, pet non cottete tischi, e lo faro soltanto in punto di morte. 41 Ambagi: quale oscurita.'; non ti cuoce: non ti fa dispiacere. 42 premi: accosta. 43 Brera: il palazzo milanese sede del Regio Istituto di scienze let-tere ed arti, distinguentesi secondo il F. soprattutto per la bassa adu-lazione e I'appoggio ai non meritevoli (ecco il percbé del Mercato del v, successivo). 45 prete... scudier: due categorie di delatori, gli ecclesiastici e i cor-tigiani. 47 da noi: per metito nostra. 49 i pubblici scrittori: gli scrittori die stampano le loro cose, quindi particolarrnente sorvegliati dal governo. 50 Sfinge: il mitico mostto che poneva enigmi ai viandanti; Eccoti Edipo: eccoti i'interprete. Sfinge naturalmente qui sta per «enigma», Edipo per soluzione dell'enigma stesso. 51 Le giube: la criniera; il sole, dice il F., era da poco entrato nella costellazione del Leone, nel periodo piu caldo dell'anno. Sotto il sim-bolo del sole ě raffigurato Napoleone che nella sua tirannide secondo il F. avrebbe bruciato tutta la terra, pur essendo originariamente un astro benefico. La similítudine fu poi dal F. stesso ripiesa altre volte. 56 animanti: esseri animati; aure: i venticelli, che non potevano piú soffiare. J la terra in altissimo spavento Stettero. Solo si rivolse in lui L'immortal Prometeo, se vera ě fama, Per pietä de' viventi, e si gli disse: Sempre I'alterna vita alle mortali Cose dispensi, o Sole, e regni immoto; Ma non sempre all'umano occhio ti mostra Quel radiante d'astri e di pianeti Padiglion delTOlimpo. I nembi e gli Euri, L'etere rapidissimi innondando; I nembi assisi sulle Alpi, e il fumante Vecchio Oceäno, a cui son dighe i cieli, Spesso i sentieri al nostro aere t'usurpano. Muoiono i dardi tuoi sul gelo antico D'Atlante, e dove inviolata guarda Negli antri le sue prime ombre la Notte. Cosl ordinö quell'armonia che i mondi Libra ne' campi aerei, e l'universa Mole e l'eternitä volve dei tempi, 59 Prometeo: Prometeo e qui introdotto a simboleggiare una volta di piu la ribellione deU'uotno contro Giove, quindi contro la tirannide in genere e quella di Napoleone in partkolare, él alterna: perche dalla morte degli uni nasce la vita degli altri e viceversa. Sono le vicende eterne / Delia materia dei w. 10-1. 62 immoto: secondo il sistema copernicano; cfr. i Sepotcri, 162: « il Sole irradiarli immoto », 63-5 Ma non sempre... Olimpo: ma non sempre il cielo (Padiglion dell'Olimpo) tutto raggiante di pianeti e di stelle lascia vedere te, sole, «gli occhi umani. 65 I nembi... Euri: le tempeste e i venti in genere (propriamente Euro e il vento di nord-est). 66 L'etere: l'aria, l'atmosfera; innondando: invadendo. La forma con la doppia « n » ě frequente negli scrittori italiani. 68 a cui... cieli: che ha solo il cielo per confine (secondo le antiche credenze). 69 Spesso... t'usurpano: spesso ti occupano le vie della nostra atmosféra, impedendoti di giungere fino a noi. 70 Muoiono... tuoi: i tuoi raggi ardenti si smorzano. 71 Atlante: il monte de! Marocco, cosi chiamato dal figlio di Net-tuno mutato in montagna da Perseo. Delle sue nevi eterne parla Virgilio, Km., IV, 249. 72 Negli antri: negli antri occidentali, dove si fantasticava che risie-desse la Notte. 73 quell'armonia: 1'ordine superiore che governa i mondi. 74 Libra: tiene in equilibrio; ne' campi aerei: nelle distese dei cieli. 74-5 l'universa Mole: la massa dell'universo; é compl. ogg. retto da volve, fa volgete in giro. Che ti rota sul capo altto pianeta, Che e Sole a te, che al raggio tuo permette La metá della terra, e t'addormenta L'altra nel peplo della Notte ombrosa. Se troppo splendi, e sempře, e da pertutto, Arderá il mondo: Europa e le sorelle A te non manderan voti e l'incenso Mattutino dei monti; a te le selve Agitate dall'aure occidentali Non pasceran ne molli ombre, né canto D'augei; non suoneran giu per le valli Riscintillanti del tuo raggio l'onde. I deserti di Libia invaderanno Quant'e la terra, e avran confine i mari. — Vere cose parlavi, o Prometěo; Ma il il tuo fato immortale a te non dava Scampar dall'ira dei Celesti sotto Le granďali di Mořte. II generoso Cor che nutrire il suo dolor non seppe, Al ministro d'Olimpo or pasce il rostro. Quando il mio sangue innaflierá con onde Rare e stagnant! il cor, né piů la Speme M'adeschera la vita a nove cure, Squarceró quel regal paludamento, Che tanta piaga or copre; e la mia voce Volerá ovunque 1'idioma suona Aureo d'ltalia, allor ch'io saró in parte 95 100 76 ti rota sul capo: fa ruotate al di sopia di te, o sole. 77 a te: per te; permette: concede. 79 nel peplo: nel manto. 81 le sorelle: gli alcri continenti. 84 occidentali: del tramonto. 85 Non pasceran: non daranno vita, crescendo, a; molli: dolci. 87 l'onde: ie acque. 94 nutrire: .allevare in silenzio. 95 Al ministro d'Olimpo: aU'avvoltoio mandato da Giove, signoit dell'Olimpo; pasce il rostro: sfama il becco. Ě noto che Prometeo, in-catenate sul Caucaso, era straziato da un awoltoio che gli mangiava il fegato. 96-7 Quando... cor: cioě in vecchiaia. 98 M'adeschera... cure: inviterä la mia vita a nuovi affanni. 99 quel regal paludamento: le pompöse apparenze dell'impero napo-leonico, sotto le quali si celavano tante bassezze (tanta piaga). Ove folgore d'aquila non giunge; Ch'or mi torrebbe al mio fratello, inerme D'anni virili, e a lei che nel suo grembo Scaldo l'ingegno mio, sicché la fredda Povertä non lo avvinse: oggi canuta, E su I'avello de congiunti assisa, Del latte che mi porse aspetta il frutto. 105 102 Aureo: ancora un accenno aifettuoso alia lingua italiana. 103 folgore d'aquila: colpo punitivo mandato da Napoleone (aquila). 104 mio fratello: Giulio, che si preparava a divenire anche lui uf-fidale. 104-5 inerme D'anni virili: giovanissimo e quindi indifeso (era nato i! 25 novembre 1787). 105 lei: la madre, Diamantina Spathys. 106 Scaldo: protesse, allevandomi e facendomi studiare. 108 Vatiello de' congiunti: il padre Andrea era morto nel 1788 (cfr. le poesie In morte del padre); il fratello Giovanni Dionigi, sutcida, nel 1801 (cfr. il sonetto Un di, s'io non andrb sempre juggendo). Giulio si uccise poi nel 1838, 348 349