Postoristoro Soňo giorni ormai ehe piove e fa freddo e la burrasca ghiacciata costringe le notti ai tavoli del Posto Ristoro, luce sciatta e livida, neon ammuf-fiti, odore di ferrovia, polvere gialla rossiccia che si deposita lenta sui vetři, sugli sgabelli e nelľaria di svacco pubblico che respiriamo an-noiati, maledetto inverno, davvero maledette nottí alia stazione, chiacchiere e giochi di carte e il bicchiere colmo davanti, gli amici scoppiati pen-sano si scioglie cosi dicembre, bašta una bottiglia sempře piena, finché dura il f umo. Ora che giä di pomeriggio il piazzale della stazione ě biu azzurrino con i fari degli autobus ehe tagliano la nebbia e scaricano gli studenti s'arriva presto, verso le diciassette; ma quando il tempo ě buono e il vento spazza i binari e raz-zola le carte sui marciapiedi e si vedono contro-luce le montagne, giú verso Sud, allora si va tardi, quando ormai solamente i militari di leva pestano i tacchi nelľatrio e qualche marchetta ubriaca, non piú la calca chiassosa dei ragazzini e delle magliarine che si litigano i fotoromanzi con quelle dita giä callose per i tanti sabati e 9 domeniche e pomeriggi a far rammendi alia cuci-taglia delle madri. Ma nel grande atrio, stasera, il vocio scalpicciante ě insistente come nel foyer di un granteatro. Giusy arriva ogni giorno, puntuale come una maledizione saltellando sui tacchi e spidocchian-dosi la lunga coda di capelli che alle volte na-sconde nel cuffietto peruviano; distribuisce oc-chiate veloci intorno passando svelto in mezzo ai crocchi di studenti brufolosi che vengono dalla campagna alle scuole professionali qui in cittä e c'hanno le gambe curve e tozze e i fianchi lar-ghi, ma anche culi rotondi e sodi e pare che i muscoli che si sfregano duri alle cosce debbano sprizzare via da quei blue-jeans intirizziti di neb-bia, come nei pullman ehe la domenica dragano la provincia e rimorchiano verso le balere, ormai sospesi perché di notte, al ritorno saltavano pure mutandine e reggiseni e in fondo sui sedili allun-gati si consumavano gare di chiavaggio e pompi-naggio, anche fra maschi... Giusy passa dritto e imbocca il corridoio che immette alia sala d'attesa e poi in fondo al Posto Ristoro. Dalla vetrata che accompagna il percorso guarda verso i binari, scorge i ragazzi che sui marciapiedi attendono di salire sulla littorina delle Reggiane, saltellando prima su un piede e poi sull'altro, quasi in seduta di footing e urtandosi e ridendo dietro le sciarpe arrotolate al viso. S'arresta per accendersi una sigaretta. Sbircia nella sala d'attesa, abitudine, non una volta sola c'ha rimorchiato su quelle panche, ne avrebbero da raccontare quelle mura screpolate, storie di sbron- ze maciullate e violenze e pestaggi e paranoie durate giorni interi senza mangiare senza pisciare, accartocciato nell'angolo, stretto nel giubbotto che pareva di vedere la gente volare dalla vetrata del corridoio e i treni sfrecciavano come fulmini squarciando il silenzio del trip e come s'allunga-vano i muri intorno e come stridevano le chiac-chiere dell'assistente che era arrivata a prelevarlo, tu farai e tu vivrai e sei giovane e vincerai e conoscerai la via, chi lo poteva sopportare quel borbottio imbecille, fatti i cazzi tuoi. Sulla panca, solitario un barbone mangia una crosta di grana con del pane attento a non disper-dere neanche una briciola della sua cena. Giusy lo guarda. II barbone si lecca le dita e accartoc-cia quello che rimane in una stagnola, poi nel pacchetto delle nazionali e lo mette nella tasca del paletot nero. Giusy lo lascia, continua a seguire la luce del Posto Ristoro che traspare in fondo dalla porta a vetri. Si stropiccia gli occhi entrando, ordina un cappuccino al bancone che sta li alia sinistra. II barista ghigna benealxato, Giusy saluta storto.' "Visto qualcuno?" "Stasera solo quello lungo. Stava qui..." Si guarda in giro. Non lo vede. "Boh... Tornerä." Ruota la manopola del vapore il latte gorgoglia e f uma. "Non bollente" borbotta Giusy "cazzo stacci attento!" II barista toglie il latte, lo versa nella tazza. Giusy ne beve un sorso, si strofina la barba mac-chiata di schiuma. "Stava solo?" "Che ne so? Ha chiesto di te, s'e guardato 10 11 in giro..." Alza nuovamente gli occhi "Eccolo che torna." Giusy controlla nella specchiera di fronte e vede il Bibo avvicinarsi. Si volta e ľaltro lo rag-giunge posandogli un braccio attorno alle spalle. "Cazzo Giusy, un'ora che aspetto ziocane. C'ho cinquanta carte, forza forza che scoppio." Lo guarda attendendo la risposta. Giusy non fiata. "C'ho cinquanta carte porcodio, non farmele marcire... Avanti, cazzo che aspetti?" Giusy gli stringe il braccio, "Senti non stare a far casino in mezzo alia gente, lasciami finire qui..." "Ehi, ma ce ľhai, ľhai portata?... Eh, cazzo, io aspetto, non ce la faccio piú poi magari mi freghi non hai roba. Non ľhai? Devi dirmelo, prendo il treno e cerco altra gente, non mi frega mica un cazzo, no, ma tu ce ľhai qui, subito, vero? " "Aspetta!... Gliela fai a stare in piedi?" Bibo s'arresta. Sgrana gli occhi. Ridacchia girandosi verso il centro del Posto Ristoro. "Cri-sto, certo che ce la faccio stai a vedere, non sono mica marcio... che credi... che casco come un sacco di merda? C'ho i soldi diavolo, mai strip-pato una volta coi soldi in tasca!" Giusy sorride. Meglio cost. Si dirigono verso gli sgabelli del vecchio self-service ehe non funziona piú e sta di spalle al bancone cosicché bisogna attraversare in tutta la lunghezza il locale e questo vuole dire incontrare gente. Anche facce di merda. E infatti la Molly stiracchia un ciao ancora ubriaco dalla notte pre- 12 cedente e chiede cento lire, loro ia mandano affanculo e gridano al barista di portare due Campari corretti e magari un paio di brioscine ehe ci si tira sú. La Molly c'ha sessantanni e siede in un an-golo delia distesa deí tavoli accanto alia sua vali-gia di cartone specorito legáta con una corda e con su appiccicata la cartolina adesiva di Lugano, ma dentro non ci tiene un cazzo, paura ehe fre-ghino quando ě fatta e appisolata. Cosí il suo guardaroba se lo porta addosso, una maglia sul-ľaltra, una braca nelľaltra e quando sta seduta pare una botola di lardo ingolfata nel pastrano di raso nero e nel fazzoletto sbiadito ehe le copre la fronte. Non ha denti, solamente un mozzicone allungato ehe le sbuca dalle labbra piegate, anche a bocca stretta, e sembra stia sempře fumando una cicca. Le scarpe sono peduline di cuoio nero, con le stringhe gialle e la suola di gomma consu-mata e le arrivano sopra alle caviglie perché le ha comprate larghe, dentro almeno quattro calze. Ora pare persino appisolata davanti al biechiere di folonari e la rivista unta, il mento ě appog-giato al seno, quasi russa. Oggi tanto si smuove, fa per grattarsi i baffi, ma non dorme, vigila, come sempře una mano stretta alia valigia, ľaltra distesa lungo il bordo del tavolo in attesa che piova qualche elemosina. La Molly e Giusy non vanno d'accordo perché hanno una storia insoluta di cento carte che Giusy dice glieľha rúbate lei quando poi non s'e fatta piú vedere per dieci e passa giorni e nessuno sapeva dove se ne fosse andata, magari morta 13 crepata nella cantina di via Bassa, ma quando ě tornata al Posto Ristoro, qui in cittá, anche il piú scalcagnato del giro ľaveva capita che era scappata a Lugano, perché ci teneva ľadesivo appiccicato su quella cartolaccia ed era nuovo e lucente e lei proprio scema. E quella volta c'e stato grande casino col Giusy ehe la pigliava a botte e le spútava in faccia, ma poi era arrivato il Johnny e aveva aggiustato lui le cose dando cento carte al Giusy che perö si sentiva di avere subito un torto e un furto e con quelle cento carte non lo si metteva di certo in pace. Ma la Molly ha sempře negato tutto di questa bislacca storia e ha sempře detto di no, l'e minga veira nel suo dialetto mantovano-carpigiano ancora piú sbracato perché non ha i denti e quando paria ě come una cloaca col suo ritornello delle scen-tolire ehe certi pidocchiosi le avranno insegnato avanti di rubarle un qualche straccetto. Cosi ě restato cattivo sangue anche se al Posto Ristoro ci si dimentica piano piano di tutto perché la vita ě davvero vita cioě una porcheria dietro ľaltra e allora ě come sbattere giú merda ogni giorno che poi ti dimentichi che fa schifo, e ne diventi magari goloso. Giusy e Bibo sugli sgabelli a fumare e mandar giú il beveraggio. "Senti Giusy, io qui ho i soldi, almeno due bustine me le devi dare, prima me le dai, prima fai il grano e dopo io sparisco e non mi vedi piú, ok?... Allora fuori la roba!" Giusy lo fissa negli occhi. "Non ce l'ho or a..." Calmo. 14 "Che? Vuoi dire ehe mi tieni qui al tacchino freddo per niente, gratis, non sganci un cazzo?" "Ora non ho niente, sono pulito, verso mez-zanotte tutto quello che vuoi. Aspetta." Bibo bestemmia, manda giú d'un fiato quello che resta nel bicchiere. "Ok, un'altra volta," dice alzandosi, "accidenti a te, lo dicevi subito e finita." L'altro s'accende una sigaretta. "Te lo stavo dicendo, aspetta, per cinquanta carte te ne do tie." Si ferma. Alza tre dita. "Sicuro ehe non mi freghi? " "Senti Bibo, quando t'ho mai fregato? Cazzo, abbiamo cominciato insieme, t'ho mai fregato una qualche volta? Dillo, avanti, quando t'ho rifilato roba fradicia? Mi sta cara la tua pelle amico, mica roba da niente. Un amico..." Ri-dacchia. Ok, fa Bibo, ma ora se ne va a cercare da un'altra parte perché coi soldi in mano non ci resiste mica, ma domani si rivedranno e gliele com-prerä, con quali soldi, boh, perö Io farä, domani. Giusy lo segue con lo sguardo uscire verso il corridoio. In fondo la macchia'chiara di un impermeabile. Si ferma col Bibo a parlottare. Giusy bestemmia, fa per scendere dallo sgabello, 1'impermeabile entra nel Posto Ristoro, si avvi-cina tendendo la mano, ehílä Giusy! Una bestemmia ingoiata e digerita. Accidenti. "Ehilä Johnny, novitä? " "Sediamoci, sediamoci, d'accordo? " Giusy annuisce. Si accomodano a un tavolo 15 poco loníano dalla posizione della Molly. "Vuoi fumare" dice a Giusy. Estrae un pacchetto di Lucky Strike, ne porge una; fa il gesto anche per la Molly che s'ě curvata in avanti non appena 1'ha visto entrare e quasi sbatteva la fronte sul bicchiere per queli'inchino sruffianato. Ma Giusy alza il braccio e toglie le sigarette dalla mano di Johnny. "A quella vacca non dárci niente." Johnny ride. "Veniamo a noi, ti va? ...Come stai a roba in questi giorni? Bene? Male? ...Dim-melo forza." "Mmmm Johnny stammi bene a sentire. Ě un mese ehe non si vede un bustina che sia una in questo trojajo e questo lo sai benissimo, perché il giro l'hai in mano te e noi non si scappa, c'ě un cazzo da fare. Se te vuoi fare il torchio coi terroni, aífari tuoi, ma che poi vinca te o loro, qui non ci ritroverai nessuno del giro di prima, tutti spařiti, scannati, fuori! ...Allora che cazzo vuoi sapere, se la magra ci sta ammazzando, dillo te, che vuoi sapere? " Boccata di fumo verso 1'alto. "Akre storíe... Ricordi il nostro affare? Ricordi di quanťě?" Giusy respira. "Cinquecento Johnny. Me lo stai a chiedere ogni volta che ci si incontra, cazzo!" "Perché cosi te ne ricordi." Spegne la síga-retta. "Pensi di concludere questa sera?" "Avessi cinquecento sacchi me ne volerei via!" Di scatto. Johnny allarga le labbra, finge un sorriso. "Come la Molly?" Una bestemmia, toc-cato, fregato, mai barare con Johnny cazzo. Giusy si stropiccia la barba, ha capito benissimo, mai volarsene via coi soldi di altri, almeno mai tor- 16 narsene indietro dopo, e invece per quanto lon-tano lui andasse ora, non saprebbe rinunciare al Posto Ristoro, vi tornerebbe al primo pasticcio. In qualsiasi altra citta dovrebbe ritrovare i con-tatti, girare e girare andando in bianco per chissa quante notti, dovrebbe conoscere nuove questu-re, altri poliziotti, ricominciare tutto da capo a forza di botte e strizze e paure. No, Giusy non fuggirä cosi alia cazzo di dio, lo fara, ma quando sarä ormai sicuro di poter rinunciare al Posto Ristoro. Per sempře, qualsiasi difficoltá capitasse. Una volta via, mai piú tornare indietro. Cancel-lare e bašta. "Non ho niente stanotte per le mani Johnny, te lo giuro" dice infine "non c'ho un cazzo." "Ok, ok..." "Ti ho visto coi Bibo, gliene hai data?" Johnny lo guarda důro. "Non giro con la merda in tasca." Cazzo che vuole? Via, aria, che viene a fare questo imbecille al postoristoro, fra di noi che cazzo vuole il Johnny col suo Burberrys sfarfagliante, diosanto che vuoi sapere, stanotte fottuto d'un partigiano Johnny che cazzo vuoi? "Bisognerä pure Giusy che un giorno o l'al-tro si concluda questo affare, nell'interesse so-prattutto tuo..." "Certo, certo" l'interrompe "Johnny lo so questo, lo so che ľinteresse lo pago io, ma mica ci facciamo sopra delle menate, io ti devo questi soldi e grazie al cazzo, appena li faccio su te li passo, sono giä tuoi, puoi fidarti no? Mi trovi sempře qui, sai dove abito, cosa ti costa darmi qualche tempo in piú..." 17 í "Hai detto te che c'e la magra, mica io. Io dico solamente che stasera sono sei mesi, sei." Giusy sbotta a ridere. "Cazzo ě l'anniversa-rio, facciamo festa Johnny, cosa dici? Sei venuto per festeggiare i sei mesi del debito, tanghero d'un Johnny, forza che beviamo, paghi te, festeg-gi te." Johnny si alza, infila le mani nel suo imper-meabile, sibila una battuta fra i denti, una cosa perfetta, d'occasione, se fossi in te non ridcrei, ghigna adesso che dopo cazzi acidi, la vedremo. Si fissano seri. "Un mese Giusy, neanche un'ora di piú, ok? Tieni, f uma pure alia mia salute." Lascia il pacchetto sul tavolo, getta un'ultima slumata alia faccia del Giusy. "A presto." Pestarti i coglioni figlio di puttana. Giusy prende una sigaretta e ľaccende. La Molly ridac-chia, c'e bisogno che dice niente lei, ha capito tut-to, nessun segreto al Posto Ristoro. Perö lo male-dice il partigiano Johnny ehe non le ha dato da fumare, gli bestemmia dietro, sputacchia nel faz-zoletto e infine lo segue uscire dal locale con quel suo passo corto e stretto quasi tenesse tra le cosce una scarica impellente di diarrea. Nel bar entrano chiassosamente alcuni ragazzi che trappolano attorno al Brack-Out, infilano la moneta, si litigano il turno. Iniziano la partita bip bip trrr, urlacci e bestemmie diavolo d'un giochino elettronico, al Giusy gli sale il sangue alia testa. Una fighetta si distacca dal gruppo, accende il juke-box esce una canzonaccia di Grace 18 Jones. S'accende una paglia e muove il čulo, non si guarda attorno, non si preoccupa di niente, fischia il sound e basta la fighetta. Giusy non ci vede piú. Evviva gli scannati del Postoristoro! Sbatte giú il vermouth che aveva ordinate, un impeto di tosse lo fa strabuzzare, sputa nell'in-cavo del gomito, si strofina le labbra. Deve al-zarsi e correre all'aria perché quando capita un colpo di tosse cosí deve fuggirsene al fresco e buttare nei polmoni dell'aria pulita sennö ricom-pare la bestia delľasma e non passa prima di cinque giorni. Fuori fa freddo e cosí scende i gradini del sottopassaggio. A meta si arresta, si accoscia di lato all'ingresso del marciapiede tre. Respira con-traendo lo stomaco, uno... due. Un po' meglio. Poi piega il naso. Riconosce un profumo, si guarda attorno, dalla scala scende Liza. Proprio odo-re di checca sfrant-a. Si avvicina tacchettando. Giuuuuuusy. Lui si cala il cuffietto peruviano fin sulla bocca. Getta una pernacchia. "Gentile, soffia lei, per una vera signora, cazzö." Or a gli ě di fronte, in piedi. Allunga la gamba per toccarlo. Giusy non fiata. "Ehi, bucato sfatto?" Tossisce guar-dandosi intorno. "Ehi Belin guarda ehe non ti chiamo l'assistenza proprio no. Se stai male cazzi tuoi, anzi dillo subito che vado via, prima che questa puzzaccia di cadavere mi ammazzi pure me. Ehi..." Lo calcia piú forte, Giusy rutta. Si alza il cuffietto, va la siediti ehe ti faccio uno spino. Liza sorride, si alza il pellicciotto e gli si 19 mette accanto a gambe aperte. Incrocia le mani sulle ginocchia piegandosi tutta in avanti. Guarda le dita abili di Giusy che rollano il tabacco. In-comincia a chiedere, dopo a chiacchierare e poi a confessarsi e Giusy accende lo spino, perö Liza hon tace un secondo, non tace porcodio e a Giusy gli si ficcano le palle per traverso, anche perché Liza regge lo spino e lo tiene li come c'avesse un cazzo e lo guarda e ci chiacchiera so-pra cosi il fumo cola via e allora che cazzo si sta a fare? Giusy glielo prende dí mano, lo fuma tutto ftno al filtro. Lei lascia fare. Dopo ě alle-gria. Si abbracciano e ridono nel sottopassaggio e Liza non ci riesce a tenersi dentro la voglia che ha di scoparselo il Giusy e allunga le dita, dai facciamolo adesso, e Giusy ridacchia, dice che ha beccato lo scolo in questi giorni ed ě pericoloso, non se ne puö fare nulla, tra ľaltro sono due settimane che non chiava piú da quando gli hanno consegnato le analisi e gli antibiotici. "Cazzo, proprio peccato, sfiga continua" piagnucola Liza. "Eh non incazzarti ehe non c'ha colpa nessuno di queste cazzate qua" consola lui. Liza ride e lo accarezza e Giusy se ne va via lasciandola alle scale del marciapiede tre, ma a un certo punto si volta indietro e la guarda e le concede un sor-riso tanto ehe lei si porta la mano alia boccuccina e gli lancia un bacino sulla punta colorata delle dita e Giusy strabuzza gli occhi in alto e poi a destra e poi in basso e ancora in alto quasi seguisse il percorso sballato di quel bacio in ar-rivo e alia fine fa un ciocco con la lingua e stra- 20 mazza a terra col palmo aperto sulla guancia, il messaggio ě arrivato. Al Posto Ristoro Molly ě accomodata con la Vanina che ě una ragazzona di vent'anni, ma gliene daresti cinquanta forse piú, la faresti li li per la sepoltura. Ě gonna e grassa e ha la pelle brufolosa e tanti puntineri ehe la sfigurano e altre eruzioni rosse su tutto il viso e il collo pia-gato da una feroce scottatura d'olio bollente che lei dice ě stata una disgrazia, ma al postoristoro tutti sanno da quali braccia piovono le disgrazie. Vanina saluta e Giusy risponde stancamente. Le chiede i soldi per un beveraggio. "Devo co-minciare il lavoro, gnanche cinquanta lire." "E allora fai presto" dice Giusy "ehe l'ul-timo treno per la campagna ě fra poco eppoi non ne trovi piú nessuno che viene a farsi la spagnola" e non finisce di parlare ehe sbotta a ridere, anche la Vanina ehe sta al gioco, lo f a sempře, mica puö fare altrimenti se le ricordano la specialita delle sue tette. Se ne stanno li a cicalare raccontandosi qual-che cazzata come vecchi amici, tanto che un estra-neo non crederebbe che fra Giusy e Molly ci sta invece quelľastio ehe c'e. Poco piú tardi arrivano i terroni e invadono il tavolo portando altre sedie. Giusy fa per alzarsi, non gli piace la nuova com-pagnia col Salvino capobanda che ě confinato qui al Nord, fetente mafioso, e traffica come un dan-nato e c'ha soldi per tutto, mai una volta perö che faccia i favori, gli basta guastare la piazza, il Johnny ehe tiene duro, giocano peso, chi ci rimette il popolo del Posto Ristoro, dannati ter- 21 roni. Fa per alzarsi pero qualcuno lo trattienc posandogli la mano sulla spália e gli dice senza scampo fatti un vermouth e Giusy acconsente cazzo, si rimette seduto e chiama il barista. Quello che gli ha ořferto da bere ě proprio Salvino, che ha ventisei anni, ě moro arruffato e al collo gli pende una catena ďoro che potresti camparci cenťanni a smerciarla. Salvino beve poi il martini e tocca il bicchiere al Giusy come per brindare e dice "A te" guardandolo benevolo. I terroni sono quelli che di solito si sbattono per poche lire la Vanina e Giusy sa anche quella storia che ha fatto tutte le bocche del postori-storo, cioě che una notte i terroni caricano la Vanina su un furgone e dopo si depositano in campagna che era primavera e il cielo mite e le stelle lucide, e poi si mettono spogliati nudi da-vanti a lei e Vanina abbassa gli occhi a vederli tutti li, cinque amori per la sua verginitä, nudi e dritti e coi denti bianchi e sfavillanti al buio e lei montanara disambientata, diciottenne allog-giata dalle suore, la prima domenica del mese s'alza alle cinque e sale sul pullman e raggiunge la famiglia suIl'Appennino, paese di millecinque-cento abitanti durante ľestate, sennô cento due-cento e il prete che va a letto con le vecchie e i mongolini a fare i chierici, i bambini della valle tarati, incesti, vita solitaria fra i castagní e le querce e i práti brulli dell'Appennino con le foglie tenere e marce e leggere e Vanina che abbassa gli occhi e guarda e balbetta che volete fa.-e? non lo sa, pero ľintensitä della scossa fra le gambe sale e stringe lo stomaco e le tempie 22 si inumidiscono leggere e tiepide che paiono badáte dalle perle e allarga le braccia e tréma, troppo bella quella scossa, troppo diretta al cuore e Vanina che abbassa gli occhi... Dopo la chia-vano tutti insieme facendo il turno sopra e sotto e in bocca e fra le tette che aveva gia grandi e grosse e poi la slavano di sperma e la abbando-nano nuda coi suoi straccetti imbiancati da un lato e died carte initiate davanti e quando i con-tadini la trovano all'alba Vanina se ne sta ancora li a gambe aperte e ride e dice di lasciarla nel fossetto ehe sta bene e allora s'e capita ehe i terroni avevano buttato dentro anche anfetamine o altri acidi qualsiasi, e fino a Natale se ne restö al San Lazzaro perché fatta fatta, anche nel cervello e continuava a chiedere a tutti di portarla in campagna, in quel fossetto che c'ho lasciato le mu-tandine mie. I terroni bevono ancora e Salvino si fa por-tare una bottiglia intera di vermouth e ne versa per primo a Giusy e lo guarda stringendo gli occhi finché dice "Vieni a fare un giro con me che tengo della roba" ma Giusy rifiuta, lo sa che Salvino non regala niente per niente, cosi ripete il suo no, non ci vuole avere a che fare col mafioso, tra poco arriverä Guerrino da Bologna e allora ne avrä. Cosi si alza e va via e prende la bottiglia cafone e dice "L'hai presa per me, no?" tanto che Molly bestemmia, ma poi si rinchiude bofonchiando nel foulard perché le arriva un pugno da un terrone che ha capito che il Giusy stasera ě nell'occhio del Salvino e quindi intoccabile, come giä successo la prima- 23 vera scorsa al cantiere dove i terroni tutti quanti manovalano, con un garzoncello ehe portava i secchi di chiodi e che non voleva starci tanto da costringerli a violentarlo e preparare insieme il buco alľultimo, al Salvino. Giusy esce sul piazzale delia stazione. La neb-bia ě fitta, non riesce a distinguere i confini della piazza. Qualche persona appare controluce. Di lato scorge la Ford dei Vigilantes, all'interno la luce ě accesa, sono in due, probabilmente ascol-tano la radio, fumano. Alia guida c'e William che ě sulla cinquantina e c'ha la panza grossa del bevitore e una volta gli ě pure scappato un colpo di pistola al Posto Ristoro durante una rissa e ľhanno sospeso dal servizio e sembrava che ce ne fossimo liberati per sempře, ma l'anno dopo ě tomato a fare il gradasso e pigliare da bere senza pagare e toccarsi sempře la pistola Smith and Wesson neanche ci dovesse sbor-rare e cosi lo chiamano sceriffo e lui ci gode come dirgli dottore, eccellenza, cavaliere... mille fottutissimi cancheri sceriffo William! Giusy ri-torna nell'atrio, si siede sullapanca. Non manca molto all'arrivo del Guerrino, una mezz'ora, sempře che il treno sia puntuale. Dopo ce ne sarä da smerciare e usare almeno per una settimana e cosi potere campare un po' meglio e sarä come fossero arrivati davvero i tempi belli di pipetta e puttanelli e la neve pioverä sulle braccia, zac, tutta dentro s'apre il paradiso, forza Rino, arriva fai in fretta cazzo, diavolo d'un michele strogoff! E mentre Giusy sta li a farsi pippe arriva il Bibo completamente sfatto che gli si siede da- vanti e per poco non si molla tutto, cioe stramaz-za a terra. "Ehi, Bibo che c'e," fa Giusy acco-gliendolo in braccio, "cazzo t'e presa nostalgia vecchio amico, ehi che cazzo succede? " e si sco-sta per guardarlo in viso ma se lo sente svenire e poi irrigidire e allora lo fa sedere e finalmente lo guarda e vede che il Bibo ě a secco e alza la mano con le cinquanta carte strette fra le unghie, cazzo ě rimasto proprio a secco, accidenti ai tempi duri. Bibo, come va? Si riprende un poco, si solleva sulle spalle sospirando. "Ě andata questa, l'ho fatta dalla piazza a qui, cazzo ci sono riuscito Giusy, mica mi am-mazza la magra vaffanculo!" "Tieni duro che fra poco arriva il Rino, tieni duro poi passa. Ma se non gliela fai chiamo qual-cuno... col CIM come stai?" "In merda" sputa Bibo "mi f anno dan-nare per del metadone cazzo, cominciano che devi fare la professione di buona condotta, non vedrö mai piú gli stessi amici e cambierö casa e me ne andrö via e non ci cascherö mai piú e troverö da lavorare e non sarö mai piú lo stesso uomo cazzo." Si ferma. Rimangono in silenzio. Bibo sembra essersi ripreso. Continua: "Pero era un giro buono diocane, benemale si rimediava in tempi come questi... poi ho ciulato dieci scatole di metadone, cazzo stavano lí, cinquanta flacon-cini dritti dritti e facili roba da sbavare e io sbavavo cazzo, lei ľhanno chiamata di la e io veloce come una scimmia tiě, li ho messi in saccoccia e sono scappato dalla finestra, cazzo 24 25 c'avevo giä duecento carte che mi entravano nel naso cazzo, ora potevo comprarci della roba buona e quella sbatterla ai marci dell'osteria Sozza; fac-cio un volo dalla finestra ťho detto e scrocio nello sceriffo, diocane, sbatto sul suo panzone e mi faccio un livido cosi qui, guarda col calcio della pistola e lui mi da un cazzotto e mi riporta dentro e dopo hanno trovato le scatole e il giro ě sfumato, cazzo, volato via d'un colpo e le due-cento carte giammai le rivedro, erano giä mie, lí nelle mie mani ehe si strusciavano... eppoi via, carta straccia, proprio cosi, merda. Non le ho viste piú." Giusy ridacchia. Gli dice se vuole un po' di fumo per tenersi su il buco, o un Campari che lo sostiene ancora meglio. Bibo risponde che puö aspettare perö meglio andare al marciapiede tre che ormai il corriere strogoff verrä annunciate II convoglio arriva poi al binario, compare fra la nebbia scura col sibilo della siréna e con lo sferragliare delle ruote sugli scambi della sta-zione. Si piazzano verso ľingresso del sottopas-saggio, uno da una parte e uno dall'altra. Bibo avvista per primo il Rino, gli corre inconto, Giusy lo segue. Scuote la testa. Ci siamo cazzo. Poi vede la faccia scura di Rino e anche se lontano capisce che va male, sempře peggio. "Non ce n'e che cazzo ti devo dire, lo Skippy l'aveva promessa vaccaeva, ľanticipo gliel'ho dato, stai tranquillo tutto ě girato bene perö cazzo oggi m'ha telefo-nato e ci siamo visti e insomma hanno beccato il trasporto a Verona, che ci vuoi fare, li hanno 26 beccati, mica fila sempře liscia lo sai, li tenevano d'occhio forse, boh, insomma niente, per questi giorni un cazzo." Bibo rimane senza parole. Sbianca. Aveva le cinquanta carte giä pronte, il laccio emostatico se lo tirava tra le dita nella tasca del giubbetto e invece niente, rimanere vuoti e freddi. Giusy bestemmia, scalcia malamente in un mucchio di cartoni per l'imballo, una due tre volte. Urla. Stringe i pugni. Ma e'e niente da fare, ha ragione Rino. Meglio tornarsene al caldo. Dopo, sugli sgabelli del postoristoro, nella luce sciatta e senza ombre a svaporare in silenzio il nervoso. Stanno li come cani bastonati, il Bibo sbianca, si fa livido di piú sempře di piú, dice che se gli prende di nuovo una strizza si caga sotto per-ché non c'ha la forza di reggersí neanche un mu-scoJo. Ed ě sempře piú ingolfato e rattrappito e Giusy sa che da un momento alľaltro salterä, sono due giorni ehe non fa buchi, non resisterä ancora per molto. "Rino ehe si f a se Bibo sbot-ta?" chiede sottovoce. Rino non risponde, beve la grappa. "Portalo alľospedale." "Cazzo, ě un inferno, pověro diavolo. Mica c'ha il collasso. Ě solo a secco; ě freddo e bašta." Bibo intanto comincia a sudare, si liscia in continuazione la fronte, si guarda le mani bagna-te, balbetta ehe ha caldo e ehe ha i brividi e non regge la schiena dritta. Giusy lo prende sotto-braccio, lo alza. "Mettiamolo sulle panche, al-meno si stende, la roba la trovo io, faccio presto, tu stagli vicino ok? Se vedi ehe va fuori vattene, lascialo lí e vattene, sono grane per tutti." 21 Rino se ne va dal Posto Ristoro col Bibo, barcol-lano ubriachi. I terroni siedono sempře li a bere e farfu-gliare cazzate con la Vanina e con Liza e con Molly. Giusy si siede in un angolo. Fissa Salvino afferrando un bicchiere e reggendolo alto. "Che c'ha il tuo compare?" gli chiedono. "Boh, cazzi suoi, ehe ne so, stanco... fatto... Affari suoi." Salvino gli versa da bere. Attende che Giusy abbia terminato. Lo guarda, Giusy risponde alio sguardo e cosi gli scappa un'occhiata delle sue, quelle che han fatto morire tutti quanti le hanno conosciute perché quando guarda cosi si capisce che di lui ti puoi fidare, ma sul serio, fossanche per ruberíe e scazzate. "Andiamo a fare un giro." Si alzano dal tavolo, quando sono ormai sul-1'uscita del Posto Ristoro Giusy parla. "Ho biso-gno di buchi, subito. Te come stai?" Salvino scrolla le spalle come dire vieni che andiamo. Sul lato ovest delia Stazione, al di la delle latrine s'apre uno spiazzo gremito di rotaie che da verso un capannone per lo smistamento della merce. Oltre, seguendo una mezza dozzina di binari morti si giunge a un secondo spiazzo, molto piu limitato del primo nel quale sostano alcune vetture viaggiatori. Sono quattro carrozze senza scompartimenti, di quelle in cui si sale diretta-mente alle panche di legno, rigide e fredde come il marmo. Emergono ritmicamente dal grigio neb-bioso colorandosi di arancione. Ě la luce delľinsegna intermittente del bowling ehe sovrasta questa zona della ferrovia, dall'altro lato dello 28 svincolo della sopraelevata e fiata quel giallo appannato in cui emergono le carrozze. Salvino conosce il finestrino che rimane aper-to, lo tira giii con uno strappo, s'infila dentro approfittando degli spazi bui delľinsegna lumi-nosa. Giusy lo segue. Dentro si siedono uno di fronte alľaltro, Salvino fa cenno di tacere, rima-nere di pietra, finché il guardiano non termini il giro di controllo. Seguono il faro della torcia elettrica scrutare tra i binari e la nebbia e le cata-ste di legname e le fiammelle violacee degli scam-bi. Infine allontanarsi in direzione del deposito. "Ok" dice allora Salvino "ora stiamo tran-quilli. Io vado in fondo un attimo, prendo qualcosa, te rollati il joint." Getta in grembo una stecca di almeno dieci grammi. Giusy estrae le cartine, le distende sul palmo della mano men-tre I'altro scasina nel buio del fondo carrozza, che cazzo farä? Salvino torna poi con un sacco a pelo e una coperta ispida, la carrozza era davvero gelida. Giusy sorride, ok ci siamo. Si distendono lungo il corridoio, fianco a fianco, guardando verso il tetto della carrozza, la luce gialla del Bowling entra dai finestrini, sem-bra pulsare. Accendono il joint. Mentre se lo passano Giusy attacca. "Voglio ľero, se non ľhai vado, tutto inutile." Salvino respira forte, mmmm, trattenendo il f umo nei polmoni, stringendo gli occhi. Emette il respiro d'un colpo, a fondo. Fiuhhhh. "Stai tranquillo." "Allora subito, prima ce l'ho meglio ě." Salvino gli allunga una busta, poi un'altra. 29 Giusy si alza sul tronco. La fiuta, solleva il ma-glione, la scioglie, stringe il laccio, si fa. Salvino lo spia dal basso, sulla bocca una smorfía ebete, la stonatura del f umo. Quando vede che Giusy toglie 1'ago, si slaccia e fa uscire il cazzo důro. Prende a masturbarsi finché Giusy non lo rag-giunge al fianco. Soňo ora vicini, Salvino gli tas ta il culo. Giusy si volta, si getta sotto. Stringe gli occhi. E ora fetente ďun mafioso onnipotente fa pure quel cazzo che vuoi! Eccomi a te! Quando Giusy raggiunge la sala ďattesa in cui aveva lasciato Bibo e Rino, ě ormai molto tardi. Nelľatrio la figura minacciosa dello sce-rifřo, un marocchino spiantato che dorme in un angolo, ľimpiegato della biglietteria dietro ai vetři blindati. Anche la sala ďattesa ě deserta. Giusy si rnette al Posto Ristoro, non pensa niente, manda giú un toast e una birra seduto al solito sgabello. I terroni se ne sono andati portandosi dietro la Vanina. Ě rimasta la Molly, quella c'ha le mattonelle al culo, un qualche ragazzino che smercia fumo, qualche vecchio. Si sente toccare a una spalla. Alza ruttando la testa. "Uééééeéé" starnazza Liza "guarda che te ťaspettano ai cessi i tuoi compari, be' che cazzo stai a fare qui? " "Boh! Vattene via..." "Uééééeéé, avanti! 'Namo, 'namo. Forza!" Lo spinge fuori dal Posto Ristoro. Nel vestibolo delle latrine non c'ě nessuno. Giusy bestemmia. Si volta verso Liza incazzato. 30 • Poi sente un rantolo, si avvicina all'ultimo gabi-netto, la porta accostata, ľapre. Dentro c'e Bibo con gli occhi sballati e Rino che lo regge sotto alle ascelle e bestemmia. Gli ha slacciato i panta-loni. "Cazzo Giusy, lo dovevi rifilare proprio a me? Se l'e fatta addosso, ha la cagarella cazzo, porcodio guarda, ha immerdato anche me!" "Sfiga, sfiga!" "E fa qualcosa, Thai trovato il buco?" "Si, si..." Mostra la bustina di neve, non ap-pena la metterä in vena Bibo si riprenderä e allora si che lo potranno portare da qualche parte o chiamare ľassistenza oppure ne penseranno qual-cun'altra, magari solo metterlo a letto. Ma intanto Bibo rantola e balbetta e si contorce lo stomaco e dice ehe si sente tutto un muscolo tirato verso il basso e che se non lo reggono forte ci si anne-gherä in tutta quella merda e se ne andrä giú per la latrína e soffocherä nel buco delle fogne e poi morirä Rinoooo tieňmi il braccio diocane ehe sto cadendo!!! Giusy si smuove ďun colpo da quelľintonti-mento. Gli seopre le braccia, bestemmia. "Non c'ha vene, cazzo Rino non c'ha piú vene buone!" Rino grida di fare presto che non ne puö piú, "Avanti sbrigati!" Giusy gli stringe il laccio ma le vene non escono, gli incavi lividi e neri e piú su macehie gialle di sangue rappreso, niente da fare. Allora gli afferra il cazzo, lo tira su e giú, tenta di ma-sturbarlo, farglielo diventare duro, Bibo conti-nua a sudare e svuotarsi di merda acquosa e sba-vare e sempře grida di tenerlo lontano da quel 31 buco che sta scivolando, lentamente ma scivola, perdio ě gia nella merda fino alia pancia e ficca Ie unghie nelle braccia di Rino ehe bestemmia e guarda Giusy, la sua mano che scopre il cazzo del Bibo. "Ma che fai, sei pazzo?" "Taci imbecille, taci!" grida "Vattene via! Prepara la siringa!" Liza si fa sulla porta, sbotta in un Oooooohhhhh e una bestemmia. "Stai alia porta cazzo" sbraita Rino "se entra qualcuno sia-mo fregati tutti!" Liza si copre la bocca, scappa indietro. Giusy regge il Bibo per i capelli, lo tira a sé, gli afřonda il viso sul petto. "Non diventa důro diocane, ehi Bibo fallo diventare důro, forza Bibo, fatti forza, stammi a sentire, guarda, ě grosso ě grande, ě il tuo cazzo Bibo, si gonfia, diventa důro... Met-ticela tutta Bibo, lo senti? Ce l'ho in mano, lo sfrego cazzo sei te questo, il tuo cazzo, hai chia-vato taňte fighe con il tuo cazzo, tutte le fighe del postoristoro, godevano come vacche quelle troie e sbrodavano, si contorcevano quando te glielo sbattevi dentro e le impalavi con questo cazzo forte e grande e důro, su e giú che le montavi come adesso Bibo avanti e indietro... Dai, fallo rizzare Bibo, porcodio che succede alia tua pistola, ci hai sparato taňte seghe, piú seghe di tutti e come facevi coi vecchi, ehi Bibo cosa facevi coi vecchi, cazzo glielo facevi vedere ai giardini come si usa un cazzo, come facevi coi vecchi pidocchiosi? Eh il tuo cazzo, gli sborravi davanti a quei vecchi lerci, davi spettacolo col tuo cazzo, te e il tuo cazzo Bibo! E loro sbavavano e ti coprivano di cento lire e te le raccoglievi tutte 32 quelle monetě, grazie al tuo toro, ehi Bibo sei te questo, il tuo cazzo sei qui, si gonfia Bibo come si gonfia, si alza, sei un chiavatore Bibo, il mi-gliore, stai chiavando, si rizza, si rizza, mette le ali Bibo, ě grosso, ě ritto, ě grande, su e giú, cazzo! Figa! Avanti e indietro, sbrodavano accident!, te lo succhiavano con la figa questo cazzo, se lo sbattevano dentro fino ai coglioni e urla-vano Bibo, come urlavano? vieni? vieni? ora adesso, vieni! dai Bibo ci siamo ě důro ě důro ě in orbita! Ě un missile! Vieni, forza!!! Bibo!!! Sei partito, sei in aria, sei fuori diocane, sborra Bibooooooü!" Dentro l'ago, zac. Sul marciapiede tre Giusy saluta il Guerrino che torna a Bologna. Attende che il convoglio scivoli via sui binari ghiacciati della pianura. Guarda verso i vetri illuminati e ferrugginosi del bar, scorge l'ombra rancida della Molly che sta scatarrando e bevendo il solito bianco con la valigia stretta in pugno, le peduline di cuoio nero... Bibo aggrappato a uno sgabello, la testa tra le braccia, in silenzio finalmente fuori. Esce poi nel piazzale, si sente fatto, la testa sbatte, vengono su le rogne. Si ricorda del Salvino, ora gli starä alle calcagna e lui ha dovuto cedere, ma-ledetti tempi di magra, porca magra che quando arriva non si riesce a raccattare in giro nemmeno uno spino tranquillo per andare avanti, sempře menarsela con facce di merda, ľimpermeabile del Johnny, lo sceriffo canchero, la vecchia Strega sempře li; sempře la valigia in mano eppoi non 33 sposta il culo di un metro... E vai, vattene via povera sfigata, aria!!!... Ma in fondo chissene-frega del Johnny e di tutta la baracca del posto-ristoro, io ci voglio sopravvivere anche se 1'ho capita ormai che nel sangue e nella merda ci dormo da quando son nato per cui non me la meno piú di tanto, qualcosa succederä o s'aggiu-sterä e non ha importanza adesso quello ehe sarä domani o posdomani e ancora do po, perché pri-maoppoi qualcosa cambierä e sarö uomo e non me la faro piú con tutti i porci lerci del posto-ristoro e troverö una donna e ci farö dei figli e mi sbatterö coi buchi fin che ho vene e soldi e un pezzo di culo da dar via, perché perché perché. Nel piazzale la nebbia si fa piú chiara attorno ai lampioni. Giusy si avvia barcollando verso casa. Quasi mattino. La prossima notte tornerä al Posto Ristoro come sempře oppure se ne andrä via dalla cittä e da tutti e il Bibo lo lascerä. Ora non lo sa ehe ha tanto sonno e fifa da smaltire ehe le gambe gli sembrano le stampelle in legno di un pověro martire delia Patria. 34 Mimi e istrioni I Maligni noi ci chiamano le Splash, perché a sentir loro saremmo quattro assatanate pidoc-chiose ehe non han voglia di far nulla, menche-meno lavorare e solo gli tira la passera, insomma altro non faremmo ehe sbatterci e pergiunta anche fra noi quando il mercato del cazzo non tira; ma noi si sa ehe ě tutta invidia perché un'uccel-lagione come la nostra non glieľha nessuno in zona per cui é del tutto inutile che quando ci vedono passare a braccetto o in auto ferme al semaforo, ci gridino dietro uscendo dai bar e dai portici o abbassando i finestrini delle loro Mercedes: "Veh, le Splash, i rifiút ed Rez." Ě veramente inutile. Perché a noi non ci frega un bei niente delia nostra reputazione, soprattutto in questo merdaio ehe ě Rez, cioě Reggio Emilia, puttanaio in cui per malasorte noi si abita e ehe si vorrebbe veder distrutto e incendiato usando come torce i capelli di quelli lí, proprio loro, appunto, i Maligni. Cosí succede ehe ci fan terra bruciata intorno come appunto é successo per ľEnoteca di corso Matteo Maria Boiardo in cui ci si riuniva tutte 35