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Sei in: home page > la mia musica > Francesco Guccini > l'isola non trovata.

L'ISOLA NON TROVATA.

Tutti i testi e le musiche sono di Francesco Guccini.

L'isola non trovata.

Ma bella più di tutte è l'isola non trovata,
quella che il Re di Spagna s'ebbe da suo cugino il Re del Portogallo
con firma sugellata e bulla del pontefice in gotico Latino.
Il Re di Spagna fece vela cercando l'isola incantata,
però quell'isola non c'era, e mai nessuno l'ha trovata.
Svanì di prua dalla galea, come un'idea;
come una splendida utopia è andata via e non tornerà mai più.
Le antiche carte dei corsari portano un segno misterioso,
ne parlan piano i marinari con un timor superstizioso.
Nessuno sa se c'è davvero od è un pensiero;
se a volte il vento ne ha il profumo è come il fumo che non prendi mai!

L'orizzonte di K.D.

K.D. si svegliò quel mattino e guardò le cose accanto a lei,
gli occhi ancor velati dalle briciole dei sogni mentre il sonno scompariva accanto a lei,
lentamente, il sonno scompariva accanto a lei.
K.D. si affacciò alla finestra, vide il mondo solito al di là
svaniva il suo orizzonte sulla ruggine del ponte dove il fiume scompariva e la città
finiva, dove il fiume scompariva.
K.D. non seppe mai dire che sensazione la prese:
sentì il suo corpo svanire,le braccia e le mani rapprese.
Pianse qualcuno lontano, che forse non conosceva
ed il suo pianto pian piano quell'orizzonte scioglieva.
Ma poi sorrise sorpresa di quella stupida ebbrezza:
il suo orizzonte tornato reale le dava la solita sua sicurezza.
Quando anche noi qualche volta ci sentiam tristi per niente
forse c'è K.D. che piange, lontana fantasma che in noi ci accompagna per sempre.

La collina.

Dove finisce la città, dove il rumore se ne va, c'è una collina che nessuno vede mai
perché una nebbia come un velo la ricopre fino al cielo dall'eternità.
Nessuno mai la troverà: la strada, forse in altra età, si è conosciuta ma l'abbiam scordata ormai:
l'abbiam scordata e si è perduta lungo i giorni della vita dall'eternità.
Forse l'abbiam vista nel passato ma il ricordo se n'è andato dalla mente.
Cercala negli angoli del sogno per portarla lungo il mondo del presente.
Oh, se solamente io potessi rivederla come adesso per un'ora!
So di fiori grandi come soli ma mi sfuggono i colori, ancora.
Ricordo che alla sommità c'è un uomo che sta sempre là, per impedire che qualcuno cada giù,
da quella magica collina, dalla parte che declina e non ritorni più.
Anch'io tra i fiori, tempo fa, giocavo sulla sommità, con i compagni miei, dentro alla segale,
ma il prenditore non mi ha scorto quando son caduto al mondo per l'eternità.

Il frate.

Lo chiamavano "il frate", il nome di tutta una vita,
segno di una fede perduta, di una vocazione finita.
Lo vedevi arrivare vestito di stracci e stranezza,
mentre la malizia dei bimbi rideva della sua saggezza.
Dopo un bicchiere di vino, con frasi un po' ironiche e amare,
parlava in tedesco e in latino, parlava di Dio e Schopenhauer.
E parlava, parlava, con me che lo stavo a sentire
mentre la sera d'estate non voleva morire.
Viveva di tutto e di niente: di vino che muove i ricordi,
di carità della gente, di dèi e filosofi sordi.
Chiacchiere d'un ubriaco, con salti di tempo e di spazio,
storie di sbornie e di amori che non capivano Orazio.
E quelle sere d'estate sapevan di vino e di scienza,
con me che lo stavo a sentire con colta benevolenza.
Ma non ho ancora capito, mentre lo stavo a ascoltare,
chi fosse a prendere in giro, chi dei due fosse a imparare.
Ma non ho ancora capito, fra risa per donne e per Dio,
se fosse lui il disperato o il disperato son io.
Ma non ho ancora capito, con la mia cultura fasulla,
chi avesse capito la vita, chi non capisse ancor nulla.

Un altro giorno è andato.

E un altro giorno è andato, la sua musica ha finito, quanto tempo è ormai passato e passerà!
Le orchestre di motori ne accompagnano i sospiri, l'oggi dove è andato l'ieri se ne andrà.
Se guardi nelle tasche della sera ritrovi le ore che conosci già,
ma il riso dei minuti cambia in pianto ormai e il tempo andato non ritroverai.
Giornate senza senso, come un mare senza vento, come perle di collane di tristezza;
Le porte dell'estate dall'inverno son bagnate, fugge un cane come la tua giovinezza.
Negli angoli di casa cerchi il mondo, nei libri e nei poeti cerchi te,
ma il tuo poeta muore e l'alba non vedrà e dove corra il tempo chi lo sa?
Nel sole dei cortili i tuoi fantasmi giovanili corron dietro a delle silvie beffeggianti:
si è spenta la fontana, si è ossidata la campana, perché adesso ridi al gioco degli amanti?
Sei pronto per gettarti sulle strade, l'inutile bagaglio è dentro in te,
ma temi il sole e l'acqua prima o poi cadrà e il tempo andato non ritornerà.
Professionisti acuti fra i sorrisi ed i saluti ironizzano i tuoi dubbi sulla vita.
Le madri dei tuoi amori sognan trepide dottori, ti rinfacciano una crisi non chiarita.
La sfera di cristallo si è offuscata, e l'aquilone tuo non vola più.
Nemmeno il dubbio resta nei pensieri tuoi e il tempo passa e fermalo se puoi.
Se i giorni ti han chiamato tu hai risposto da svogliato, il sorriso degli sepcchi è già finito.
Nei vicoli e sui muri quel buffone che tu eri è rimasto solo a pianger divertito.
Nel seme al vento afferri la fortuna, al rosso saggio chiedi i tuoi perché,
vorresti alzarti in cielo a urlare chi sei tu, ma il tempo passa e non ritorna più.
E un altro giorno è andato, la sua musica ha finito, quanto tempo è ormai passato e passerà!
Tu canti nella strada frasi a cui nessuno bada, il domani come tutto se ne andrà.
Ti guardi nelle mani e stringi il vuoto: se guardi nelle tasche troverai
gli spiccioli che ieri non avevi ma il tempo andato non ritornerà.

Canzone di notte.

Ore confuse della notte, la malinconia non è uno stato d'animo.
Le vite altrui si sono rotte e sembra non esista più il tuo prossimo.
Ti vesti un poco di silenzio, hai la dolce illusione di esser solo:
son macchine che passano, od è il vento? O sono i tuoi pensieri alzati in volo?
I tuoi pensieri un po' ubriachi danzando per le strade si allontanano:
ti son sfuggiti dalla mano, e il giorno sembra ormai così lontano.
Mattino, notte, hai perso il tempo, la malinconia ti sembra di toccarla,
ma forse è l'ora dell'avvento e chiami l'ironia per aiutarla.
E forse c'è qualcuno che ora muore, e forse c'è qualcuno che ora nasce,
qualcuno compie un crimine d'onore, passeggiano sui viali le bagasce.
Bagasce sono i tuoi ricordi, che fra canzoni e vino ti disturbano,
che ti molestano pian piano, e il giorno sembra ormai così lontano.
Mattino, notte, cosa importa? I giorni sono nuvole distratte.
Suonerà l'ora alla tua porta, e l'orologio è il sangue tuo che batte.
Quando verrà il tempo di partire l'ora avrà il medesimo colore.
Sembra sempre un poco di morire nel momento eroico dell'amore.
Se ridi o piangi è sempre uguale, le cose nel ricordo poi si sfumano,
Il sacro si unirà al profano e il giorno sembra ormai così lontano.
Mattino, notte, dentro e fuori, sei certo o cerchi la consolazione?
Son bianco e nero, o son colori, o facce ambigue della tua prigione?
Cerchi sempre ciò che ti è lontano, dopo dici: "Tutto è relativo",
ma l'ironia e il dolor dicono invano che sei certo solo di esser vivo.
Ma c'è ancor tempo per pensare, per maledire e per versare il vino,
per pianger, ridere e giocare, e il giorno sembra ormai così vicino.

Il tema.

Un anno è andato via; della mia vita già vedo danzar l'altro che passerà.
Cantare il tempo andato sarà il mio tema, perché negli anni uguale sempre è il problema.
E dirò sempre le stesse cose viste sotto mille angoli diversi;
cercherò i minuti, le ore, i giorni, i mesi, gli anni, i visi che si sono persi;
canterò soltanto il tempo.
Ed ora dove sei, tu che sapevi ridare ai giorni e ai mesi un qualche senso?
La giostra dei miei simboli fluisce uguale per trarre anche dal male qualche compenso.
E dirò di pietre consumate, di città finite, morte sensazioni,
racconterò le mie visioni spente di fantasmi e gente lungo le stagioni,
canterò soltanto il tempo.
E via, e via, e via: parole vane che scivolano piane dalle chitarre.
E se ne vanno e vibrano, non resta niente: un suono che si sente e poi scompare.
E sono qui sempre le stesse cose viste sotto mille angoli diversi;
e cercherò i minuti, le ore, i giorni, i mesi, gli anni, i visi che si sono persi,
e canterò soltanto il tempo.

L'uomo.

Senza l'ultima parola, frase saggia da citarsi,
piegò il capo sul cuscino quasi per addormentarsi,
senza un grido, senza un nome, senza morti, senza un suono,
né il rumore di battaglie, era morto un altro uomo, restò...
solo qualcosa che volò nell'aria calma e poi svanì, per dove non sapremo mai.
C'era buio nella stanza, di malato un greve odore
e una lieve, pazza, danza di mosconi in amore;
lievi ronzan le preghiere, poi qualcuno se n'è accorto:
si alzò, croce nella sera, slo un chiaro grido: "È morto!" Restò...
solo qualcosa che volò nell'aria calma e poi svanì per dove non sapremo mai.
Svelti accorrono gli astanti: "Com'è morto?", "Com'è andata?"
Sfrigolava ormai sui piatti la candela già bruciata;
gli composero le braccia, si ravviò la rada chioma;
ondeggiava sulla faccia del rosario la corona: restò...
solo qualcosa che volò nell'aria calma e poi svanì per dove non sapremo mai.
Si frugò dentro ai ricordi di una vita ormai finita,
si guardò dentro ai cassetti colmi di carta ingiallita:
"Questa foto è per la figlia." "L'orologio qui a chi tocca?"
"Meglio gli chiudiate gli occhi." "Meglio chiudergli la bocca." Restò...
solo qualcosa che volò nell'aria calma e poi svanì per dove non sapremo mai.
Si riuniscono i parenti, si rincorrono i ricordi,
già si parla delle spese, già si senton pianti soldi:
qualche spicciolo lasciato provocò parole accese
che volarono sul letto e copriron le candele; restò...
solo qualcosa che volò nell'aria calma e poi svanì per dove non sapremo mai.
Uno schiaffo fa tacere anche i giochi dei bambini,
son calate le serrande, neri sfilano i vicini.
Le ghirlande hanno gettato la tristezza sulle scale,
fra i parenti addolorati se ne scende il funerale, restò...
solo qualcosa che volò nell'aria calma e poi svanì per dove non sapremo mai.
Una vita: quante cose dice il prete in due parole;
lo ringraziano gli astanti, via l'inverno, c'è già il sole,
chiacchiere, risate lievi, vanno per il cimitero,
restan fiori, tombe, scritte, resta al vento un drappo nero, restò...
solo qualcosa che volò nell'aria calma e poi svanì per dove non sapremo mai.

Asia.

Fra i fiori tropicali, fra grida di dolcezza, la lenta, lieve brezza scivolava.
E piano poi portava, fischiando fra la rete, l'odore delle sete e della spezia.
Leone di Venezia, Leone di San Marco, l'arma cristiana è al varco dell'Oriente:
ai porti di ponente il mare ti ha portato i carichi di avorio e di broccato.
Le vesti dei mercanti trasudano di ori, tesori immani portano le stive;
si affacciano alle rive le colorate vele, fragranti di garofano e di pepe.
Trasudano le schiene schiantate dal lavoro, son per la terra mirra, l'oro e l'incenso.
Sembra che sia nel vento, su fra la palma somma, il grido del sudore e della gomma.
E l'asia par che dorma, ma sta sospesa in aria l'immensa, millenaria sua cultura:
i bianchi e la natura non possono schiacciare i Buddha, i Chela, gli uomini ed il mare.
Leone di San Marco, leone del profeta, ad est di Creta corre il tuo vangelo;
si staglia contro il cielo il tuo simbolo strano: la spada e non il libro hai nella mano.
Terra di meraviglie, terra di grazie e mali, di mitici animali da bestiario;
s'arriva dai santuari, fin sopra all'alta plancia, il fumo della gangia e dell'incenso.
E quel profumo intenso è rotta di gabbiani, segno di vani simboli divini.
E gli uccelli marini additano col volo la strada del Catai per Marco Polo.

L'isola non trovata.

Appare a volte avvolta di foschia, magica e bella,
ma se il pilota avanza, su mari misteriosi è già volata via,
tingendosi d'azzurro, color di lontananza.
Il Re di Spagna fece vela cercando l'isola incantata.

pagina aggiornata in data 04/08/2007

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