Racconto d'autunno [1947] CAPITOLO I La guerra m'aveva sospinto, all'epoca di questa storia, lontano dai miei abituali luoghi di residenza. Due formidabili eserciti stranieri si scontravano allora sul nostro suolo, conducendo una campagna cruenta e che parve infinita alia maggior parte della popolazione, la quale ne fu, come si immagina, direttamente e barbaramente danneggiata. Inoltre le esose pretese, in uomini e materiali, d'uno di questi eserciti (1'invasore, che lentamente s'andava ritirando, attraversoil paese, davantiall'altro, detto liberatore), nonche spirito patriottico o compromissione politica, costrinsero numerosissime persone a cercar rifugio per lunghi mesi o anche per anni in posti selvaggi e discosti dalle grandi strade, abbandonando i propri interessi, i propri averi e le famiglie medesime. Dove, coloro che ne avevano la possibilita o se ne sentirono il genio, si organizzarono per una resistenza armata o addirittura per 1'offesa, altri resisterono almeno passivamente alle imposizioni degli invasori, altri infme badarono soltanto a togliersi dal folto della mischia. Poiche, dico, appartenevo a una di queste categorie, la mia vita fu lungamente quella del bandito, anzi, avuto riguardo ai luoghi piu o meno impend che frequentavo, del brigante, di continuo braccato. Molti divisero meco tale vita, e da essi e ad essi fui volta a volta dalle circostanze separate e riunito, ma non mi rimase, da ultimo, che un compagno, insieme al quale ci spingemmo nel cuore d'una regione montagnosa relativamente prossima a quanto si dice il mondo civile, eppure estremamente selvaggia. Ivi, un certo giorno dell'autunno inoltrato, decidemmo, contrastando momentaneamente i nostri personali interessi, di separarci, ma soltanto fino alia notte. Ci lasciammodunque nel fitto d'un 437 bosco (poiche era segnalato un forte nucleo d'armati che, sulle piu basse pendici, procedevano a una delle solite leve forzate), dopo aver stabilito il punto di ritrovo. Ma la nostra riveduta non ebbe mai luogo. Trascorsi tutta la mattinata in quel bosco; verso mezzogiorno, pero, una violenta pioggia mi spinse a cercare qualche rifugio, capanna se non casa, e abbandonata se non abitata. Tuttavia, ero appena uscito di la, che incappai quasi in una numerosa pattuglia, spintasi fin lassu in cerca di renitenti; i soldati mi intimarono 1'alt e, come non obbedii, mi salutarono con qualche colpo di moschetto. Dovetti pertanto ritornare precipitosamente sui miei passi: speravo che coloro non si sarebbero, dopotutto, arrischiati in un bosco sconosciuto. Li udii presto, invece, sfrascare sulle mie orme: mi gattonavano. Cio mi costrinse, in breve, a una lunga corsa fra le montagne e ad addentrarmi sempre piu, verso le cime, in quel potente massiccio. Vanamente tentai, con ampie e faticose giravolte, di ingannare i miei inseguitori e, in una, di non allontanarmi troppo dal luogo del mio convegno notturno; essi, apertisi a ventaglio, avevano su me il vantaggio del numero, a parte il fatto che io non potevo scoprirmi ai loro occhi senza rischiare la vita; e inoltre scorgevo di tratto in tratto altre pattuglie che, seppure non di proposito, mi tagliavano la strada. Essi, infine, non abbandonarono la caccia prima che il sole volgesse al tra- monto. Ero momentaneamente salvo, ma mi ero ormai troppo dilungato dal mio centre, e 1'oscurita incombeva, un'oscurita tuttavia lagrimosa. Decisi di passare la notte dov'ero, e lascio immaginare al lettore come la passassi, a millecinquecento circa metri d'altezza, bagnato fino alle ossa, privo quasi di cibo, senza alcun rifugio. La passai pure, e il vento gelido dell'alba mi desto da un breve as- sopimento. Non avevo piu speranza di ritrovare il mio compagno, che sapevo costretto, la notte medesima ora trascorsa, a ulteriori spostamenti; nulla dunque mi richiamava verso i luoghi di partenza, da cui, anzi, gli incident! del giorno prima dovevano tenermi lontano. Speculai dalla mia posizione eminente il paese, e mi parve di indovinare, fra un imponente gruppo di montagne sconosciute, la presenza d'una valle, che potevo sperare abitata e al tempo stesso, data la sua remota situazione, non troppo infestata dagli oppressori; questa mi proposi di raggiungere. Ahime, non ero ancor sceso a pie del mio picco, che scorsi un pattuglione il quale, senza peraltro avermi veduto, veniva dritto alia mia volta. Mi convenne 438 evitarlo; e, per dirla alle spicce, evitarne piu tardi un secondo, e poi un altro e altri, e cosi anche questa giornata trascorse quasi per intero fra allarmi e fughe, ne potei pure avvicinarmi alia meta che m'ero prefissa. Ma avevo dal mattino esaurite le mie poche prowiste di bocca e la stanchezza mi soverchiava: risolsi di raggiungere a qualunque costo e affrontando qualunque pericolo un luogo abitato, e di approfittare per cio della poca luce diurna che rimaneva. Cercando di tenermi quanto era possibile al coperto fra la boscaglia, iniziai la discesa. II luogo dove ora mi trovavo era una sorta di immensa ed assai scoscesa forra, che dalla cima quasi della montagna sboccava, press'a poco in linea retta, su un falsopiano a mille metri circa piu sotto; dalle pareti rivestite di fitta vegetazione. Non ho mai dimenticato, malgrado la miserevole condizione in cui mi capit6 di percorrerlo, la selvaggia bellezza di quel luogo e insieme la oscura suggestione, o 1'oscuro terrore, che sembrava aleggiarvi; nella quale suggestione entravano senza dubbio per qualcosa i miei nervi scossi. Avevo disceso la meta di questo burrone, quando mi fermai indeciso: ad onta della mia ferma risoluzione di poco prima, non potevo non riflettere che raggiungere ancora a giorno il fondovalle, era quasi come correre in braccio al nemico, giacche le pattuglie usavano molto spesso bivaccare, fuori dai loro quartieri, nei luoghi piii accessibili della montagna. Se per contro fossi stato sorpreso dalla notte, non avrei certo saputo orientarmi in quei posti del tutto sconosciuti, ne tanto meno procurarmi la necessaria ospitalita. Per di piu il burrone medesimo era divenuto pressoche impraticabile: grosse rocce piatte e sdrucciolevoli, strapiombanti 1'una sull'altra a molti metri d'altezza, si nascondevano fra 1'intricatissima boscaglia, che prosperava nelle loro stesse crepe. Ma mentre cosi, tristemente, mi consigliavo meco, 1'occhio mi cadde su qualcosa che poteva esser giudicato un sentiero o una traccia, e che, tagliando poco piu sotto trasversalmente la forra, ne risaliva e girava ambedue le groppe, a dritta e a mancina. Spintomi fin li, constatai di fatto la presenza d'un sentiero da pastori, per quanto appena riconoscibile e rilevato piuttosto dalle tracce di capre che qua e la lo cospargevano. Decisi comunque di seguirlo: evitavo con cio di spingermi troppo verso il basso, e avrei probabilmente finite col raggiungere qualche capanna. Rimaneva da stabilire la direzione; presi, a caso, verso sinistra. Risalii la pendice, ne attinsi il colmo. E qui m'aspettava la piu piacevole vista, nella mia condizione. Quanto cercavo con poca speranza era li ai 439 fcj miei piedi, a qualche tiro di fucile: una casa! Dal cui camino, per giunta, si elevava, nell'aria umida e quasi fosca, una fumata scompigliata dal vento, assai malinconica forse di per se stessa, ma che a me apparve non so dir quanto allegra. II cuore mi si apri, mi mossi verso la provvidenziale dimora. Essa era posta su una specie di minuscolo altipiano, sto per dire ballatoio, d'ogni parte circondato da groppe o colli, che la montagna formava in quel luogo, ove confluivano due o tre massicce pendici. Circondata da alcune dipendenze, appariva grande e di aspetto dignitoso, una residenza signorile o un maniero piuttosto che una fattoria. Vi avrei dunque sicuramente trovato ricetto e cibo; se tuttavia questi benefizi mi fossero stati accordati. E invero, passato il primo trasporto, mi toccava, mentre percorrevo quella breve distanza, pormi i piu forti dubbi su tale punto. Poiche la gente allora usava aiutare in ogni maniera i randagi, in ciascuno del quali vedeva un patriota perseguitato, ma non per questo si nascondeva i pericoli, di compromissione e per la propria incolumita personale, che simile uso comportava. Poteva insomma uno sconosciuto tanto poco raccomandabile, armato, barbuto, fangoso, dalla fisionomia inselvatichita, quale m'ero ridotto, sperare d'esser ricevuto in una casa remota fra le montagne, al- 1'ordinotte? quando, come di patriot!, cosi di malintenzionati, di spie e di traditori pullulava la regione? Se la casa, secondo appariva verosimile, era abitata soltanto da donne e da vecchi (la parte della popolazione che aveva qualche probabilita di salvarsi, se non da tutte, almeno da alcune vessazioni degli invasori e poteva arrischiarsi a non abbandonare il proprio focolare), non si sarebbero, questi deboli abitatori, ancor meglio sprangati dentro, nonche aprirmi i loro battenti? tanto piu che io ero solo, e mi sarebbe, al postutto, stato difficile far qualcosa contro una porta chiusa? Uscii dalla boscaglia, risolto comunque a impietosirli chiunque essi fossero, e attraversai rapidamente il breve tratto di terreno, un tempo coltivato, e il pomario o giardino che circondavano la casa. Speravo di vedere qualcuno cui dar la voce, ma le adiacenze si mostravano assolutamente deserte, di creature umane come d'animali domestic!. I cani di quei luoghi essendo rissosi in modo particolare, mi stupi non scorgerne che mi si scagliassero contro. Del resto il crepuscolo aveva gia quasi ceduto all'oscurita, e gia distinguevo a gran fatica gli oggetti circostanti: forse gli abitatori della casa e i loro animali erano ormai rinchiusi per la notte. Ma non udivo alcun rumore neppure dall'interno delle dipendenze, stalle, rimesse o fienili, che andavo ora rasentando; eppure 440 la casa era sicuramente abitata, come provava a sufficienza il fumo che ne avevo veduto levarsi un quarto d'ora prima. Giunsi a pie della facciata principale; essa si ergeva livida nell'aria bruna e aveva davanti un vasto terrazzo, cui si accedeva per una doppia rampa e su cui si apriva la grande porta. Notai, sulla balaustra di pietra di questa rampa, alcune piramidi e palle anch'esse di pietra, come ne aveva, tre o quattro secoli fa, quasi ogni rustica dimora dei nobili in quei paraggi. Sul piano della terrazza, intravidi ciuffi d'ortica o altre erbacce, che crescevano di fra le commessure del lastricato; accanto al portone, il muro aveva perduto un largo pezzo d'intonaco. Per quanto, in una parola, si poteva giudicare alia prima, era quella una vecchia casa caduta in abbandono. Poiche luce non si vedeva da nessuna parte, rimasi un tempo in ascolto: neppure di qui veniva il menomo suono. Anche i sommessi rumori della montagna erano cessati, si sarebbe detto, al- 1'improwiso. La piena di qualche vallata lontana, il cui leggero scroscio avevo avuto tutto il giorno negli orecchi, doveva essere defluita completamente; la pioggia, che aveva seguitato a cadere, a sgrulloni, dal mattino, era del pari, per un momento, cessata, e la natura intera subiva uno di quei curiosi attimi di sospensione quando ogni cosa sembra tenersi in prezioso e minaccevole equi- librio. Quel silenzio assoluto e funesto cominciava a turbarmi i gia provati nervi. La finestra a pian terreno, protetta da un'inferriata, che ora scoprii non lungi dal portone, era del tutto buia. Mi decisi a chiamare: la mia voce risuono senza eco nell'aria vuota, ne ottenni risposta alcuna. Dopo alquanti di tali tentativi, afferrai risolutamente il grosso battaglio del portone e lo lasciai ricadere pesantemente: dalle viscere della casa si Iev6 un suono cupo e sordo che mi dette i brividi, ma nessun altro risultato si produsse. Raddoppiai, dopo la debita attesa, i colpi, con violenza sempre maggiore: non ebbi miglior fortuna. Cio era del resto prevedibile, poiche questo normale modo d'annunziarsi non era tale coi tempi che correvano, per chi avesse buone intenzioni; se gli abitatori non avevano risposto ai miei reiterati appelli, tanto meno dovevano farlo alle mie bussate. Confesso tuttavia che fui preso, allora, da un certo irragionevole e indeflnibile terrore, che, ad onta della mia poco allegra situazione, conteneva persino un tanto di curiosita. Oltre a procurarsi la necessaria ospitalita, bisognava insomma finirla con questa storia. 441 CAPITOLO II Cominciai col fare il giro della casa, a una certa distanza, perche alcuni ostacoli di non ben precisabile natura mi impedirono di farlo piu davvicino; non scoprii nulla che valesse a chiarire il mistero. Ma, mi dissi a questo punto, ce n'era poi uno in questa storia? L'unico elemento, in fondo, su cui poggiava la mia convinzione che la casa fosse abitata era il furno poco prima veduto: e non potevano invece i suoi abitatori esser fuggiti in fretta, per qualche ragione che ignoravo, lasciando il fuoco acceso? Qualcosa tuttavia, non so dire se un rumore vero e proprio nell'interno della casa o il semplice sense di esso, mi avverti in quel momento medesimo che non mi ero, nella mia prima supposizione, ingan- nato. Rifeci con rinnovato ardore il giro della casa, e questa volta, con notevole difficolta, rasente ai muri. Dovetti superare un grosso truogolo o fontanile di pietra, un cumulo di rottami vari, alcuni sedili in muratura disposti circolarmente attorno a tronchi di grossi alberi, e altri ostacoli del genere. Non scoprii che alcune piccole finestre o feritoie al livello quasi del suolo, egualmente protette da robuste inferriate, egualmente silenziose e buie, e due porte minori che, manco a dirlo, resistettero a ogni mia sollecitazione. Ma sul dietro della casa, e opposta alia prima, era una seconda terrazza, della medesima ampiezza, solo piu rustica, su cui davano un altro portone e, accanto, un'altra flnestra a pianterreno munita di sbarre. Vi accostai 1'occhio. Lo spettacolo che mi si aperse allora non presentava per verita nulla di singolare, all'infuori di una certa singolarissima suggestione conferitagli in parte dal mio proprio stato, in parte dalla natura dei luoghi, in parte ancora, forse, da altre circostanze che mi sfuggivano. Singolarita, dunque, in larga misura illusoria;che mi colpi, pure. Traverso 1'esiguo spazio lasciatoda uno scuro non ben chiuso, vidi, quasi sorta per incanto fra quelle selvagge montagne, una sontuosa sala, vivamente illuminata.Sontuosa e forse troppo dire: era una di quelle sale di rappresentanza e di soggiorno che non di rado vien fatto di vedere nelle vecchie case nobili in provincia. La mobilia scura e un tantino promiscua; le pared e la volta coperte da grandi affreschi di buona mano, se non che mezzo scancellati; qua e la alcuni monumental! seggioloni intagliati e stemmati; poltroncine rivestite di damasco, tende di broccato. Tuttavia, appena alia seconda occhiata, 1'insieme induceva la medesima impressione che 1'esterno della casa, quella cioe di un fastoso T, 442 abbandono. E cosi, per quanto la sala fosse difatto piena di suppellettili, appariva nondimeno curiosamente nuda. Ma cio che, dopo il primo sommario esame, doveva in quel punto piu interessarmi, si era che il luogo, sebbene ora vuoto di esseri umani, serbava tracce evidenti e recentissime di vita, quasi i suoi abitatori (o almeno un suo abitatore) se ne fossero assentati appena un istante prima. Nel vasto caminetto, anch'esso sormontato da uno stemma, ardeva silenziosamente un gran fuoco, che certo era la fonte principale di quella vivace illuminazione; su una tavola rotonda un po' da parte, sommariamente apparecchiata per uno, fumava un piatto, e la seggiola era posta di traverse, come qualcuno 1'avesse abbandonata solo per un momento; un voluminoso libro era aperto su un altro piccolo tavolo accanto a una poltrona in prossimita del camino. Se anche non umani, due esseri viventi occupavano per6 quel luogo: erano questi due grossi cani della razza dei lupi, dalla fisionomia feroce. Essi apparivano oltremodo inquieti e percorrevano la sala a gran passi silenziosi, fermandosi talvolta a fiutar 1'aria o balzando su un seggiolone a grattarvisi furiosamente, per mera nervosita. Dovevano aver riconosciuto la presenza dello straniero; ma perche non abbaiassero, perche sopratutto non lo avessero fatto quando avevo rintronato la casa coi miei picchi, era quanto non potevo capire. O eran fin troppo abituati a rumori del genere, a bussate, dico, di persone cui nessuno della casa dava udienza; o, piu verosimilmente, una volonta superiore vietava loro d'abbaiare. Li vedevo infatti protendere ogni tanto il muso nell'attitudine dell'uggiolio, senza peraltro emettere alcuna voce; una volta o due si volsero, anche, verso 1'interno della casa in aria di sospetto e paura. Qualunque interesse avessero per me questi rilievi, la mia posizione non ne risultava per nulla migliorata. Era ormai notte fonda, s'era levato un forte e acquoso vento, che andava su me compiendo 1'opera di tutto 1'umido di quei due giorni. Sentivo torcersi e rabbiosamente, quasi aggressivamente, frusciare i grandi alberi dattorno, e questo rumore contribuiva a gettarmi nella piii scorata malinconia. Non occorre aggiungere che sentivo anche 1'imperioso morso della fame e un infinito desiderio di riposo, nonche di umana cordialita. Tuttavia, che fare propriamente contro quella cosi poco ospitale e, avrei detto, stregata dimora? I suoi abitatori sembravano ben risolti a non accogliermi, giacchd non poteva darsi che non mi avessero udito; alia violenza non volevo ne potevo pensare; ogni mio ulteriore tentativo appariva 1 443 dunque gia in precedenza inutile e non mi rimaneva probabilmente che ritirarmi per dove ero venuto. Picchiai nondimeno con decisione, traverse 1'inferriata, ai vetri della fmestra. Stavolta i cani non tennero, e vi fu dentro una vera e spaventevole esplosione di latrati, ringhii, uggiolii e quant'altre voci puo emettere un cane furioso. Quelle bestie, o belve, si lanciavano agilmente contro i vetri, tentando forse sfondarli, sicche mi capitava di trovarmi per un attimo faccia a faccia con una di loro o con tutte e due; quando ricadevano, dai loro sguardi mi restava una bizzarra impressione, come se in essi la ferocia cupa andasse unita a un profondo smarrimento, a una specie di disperazione. Restavo in attesa, non senza temere per la mia incolumita personale; poiche, se veramente chi abitava la casa fosse stato deciso a liberarsi della mia presenza, non avrebbe avuto che a dar la via a quei cani, e allora mi sarebbe stato difficile salvarmi.Speravo che il tempestoso baccano indurrebbe coloro, o colui, a mostrarsi almeno. Ma cosi non fu. Provai a pensare che in quel momento i due animali fossero soli nella casa; ma, tralasciando i numerosi altri element! che si opponevano a tale ipotesi: e la minestra fumante? Mi discostai d'un passo e sparai un colpo di fucile in aria, tornai quindi a spiare: il furore dei cani aumento, se possibile, ma nessuno si mostro neppure adesso. Fui preso allora da un grande sgomento e da una grande rabbia. Ho detto poco piu sopra che non volevo ne potevo pensare alia violenza: mi vi risolsi nondimeno in quel punto. Risolsi cioe di penetrare nella casa in qualunque maniera e anche contro la volonta dei suoi abitatori, se abitatori v'erano oltre i due cani, o se almeno erano creature umane e non demoni maligni; poiche cominciavo ad avere il cervello sconvolto e a momenti anche questo mi parevapossibile. CAPITOLO III Ma pur supponendo che sarei riuscito a forzare una delle porte (colle fmestre non c'era speranza perche, tutte quelle almeno che avevo scoperte, erano munite d'inferriata), come ammansare i feroci animali? Mi appigliai a un partito estremo e decisi di sopprimerli, se di meglio non avevo. Ma far fuoco su di loro attraverso il vetro avrebbe significato mancarli quasi certamente, e con grave pericolo, visto che il mio colpo medesimo avrebbe dato loro la via, e che il mio fucile, da caccia, non ne aveva piu di due; 444 inoltre sarebbe stato un atto troppo aperto d'ostilita contro i misteriosi abitatori, i quali, dopotutto, padroni dei luoghi e delle finestre, potevano colpirmi a loro piacimento e senza nessun rischio, ove avessi manifestato velleita bellicose. Preferibile era dunque per ogni riguardo attirare i cani fuori, e cosi dare una parvenza di giustificazione alia mia violenza, quasi fossi stato per agire a difesa contro un loro attacco. Tutti questi ragionamenti, lo capisco bene, non erano troppo filati, ma infine furono i miei del momento. L'oscurita era completa, appena rotta, ma non fugata, da quel menomo spiraglio di luce che trapelava dall'interno. Cercai a tentoni un punto d'appoggio per 1'esecuzione del mio progetto, in parole piu semplici un albero su cui fosse facile salire, e ne trovai finalmente uno adatto a pie della terrazza. Intendevo sfondare i vetri della fmestra e ritirarmi poi rapidamente su quella posizione, ossia in cima all'albero, donde senza rischio alcuno avrei potuto colpire gli animali controluce; e uno dopo 1'altro, poichd avevo calcolato che sarebbero passati a fatica, data la loro corporatura, e probabilmente uno per uno attraverso gli spazi dell'inferriata. Mi impressi, pertanto, bene nella mente la direzione da seguire e il precise numero di passi da mutare per raggiungere 1'albero; e, col calcio del fucile pronto a far fuoco, detti due gran botte contro i vetri. Di dentro s'udi il finimondo; gli urli spasmodici, quasi dolorosi dei cani coprirono il fragoroso tintinnio dei vetri infranti. Ma io ero gia sulla mia e aspettavo gli avversari col fucile puntato. Senonche, ebbi un bell'aspettare: malgrado i loro precedent! eccessi, gli animali, affacciatisi appena un istante, si ritirarono subito e rimasero li, a pie della fmestra o colle zampe anteriori appoggiate sul davanzale, seguitando bensi il loro urlio infernale, ma guardandosi bene dal mostrarsi fuori. Un momento prima sembravano volermi divorare, sol che ne avessero avuto la possibilita; ora che la via era libera, non ne approfittavano in nessuna maniera. Ne mi parve che cio facessero, o non facessero, per codardia; piuttosto, anche qui, obbedendo a una consegna. Di fuori, volevano senza dubbio significare, non si puo venire, ma prdvati soltanto a metter piede qui dentro. Certo, in quella loro posizione potevo ugualmente ed efficacemente colpirli, tuttavia restavo li indeciso e sconcertato: 1'attacco che mi attendevo non s'era prodotto, e mi mancava, come dire? la provocazione grave. Passo un tempo, e io ero sempre sull'albero, a cavalcioni della prima forca. La mia situazione era adesso senza discussione peg- 445 giorata, eppure per questo medesimo motivo non disarmavo; ormai una profonda rabbia era il mio sentimento dominante. Mi dissi da ultimo che, se i cani non abbandonavano 1'interno, potevo anche arrischiarmi a scendere, e lo feci; essi raddoppiarono i latrati, ma non uscirono infatti. Fo ora grazia al lettore dei lunghi discorsi che tenni meco stesso e dei progetti, 1'uno meno attuabile dell'altro, che concepii. Infine, determinai di uccidere i cani nella loro tana medesima, e a questo scopo mi rifeci verso la flnestra. Ma mi fermai riflettendo che, quando lo avessi fatto, non avrei potuto percio penetrare nella casa, la cui unica via d'accesso ora aperta rimaneva in verita protetta dall'inferriata; occorreva pertanto cercarne prima un'altra, poi entrare coll'arma spianata e stendere a terra gli animali se non avessi avuto diverse modo d'indurli a cedermi il passo. La verita e che volevo risparmiarli finche possibile: ero stato inopinatamente preso, nei loro riguardi, da un senso indefinibile di pieta, che, per converse, sempre piu mi faceva arrogante con quegli invisibili esseri umani. La stessa disperazione che avevo creduto di vedere in fondo ai loro sguardi, i miei nervi turbati mi facevano riconoscere nelle loro grida, quasi essi fossero creature infelici o anime in pena, astrette in quella dimora da un crudele in- cantesimo. Quale, pero, poteva essere questa via d'entrata? II massiccio portone sul davanti resistette alle mie spallate come aveva resistito 1'altro sul dietro e come le porte minori; levando gli occhi, non scorgevo, a gran fatica, che un livido baluginare di vetri alle finestre del primo piano, chiuse dunque, che erano in ogni caso troppo alte per tentare una scalata. Dovendo attaccare a fondo un ingresso, il meglio era deciders! per il posteriore appunto, poiche cio mi avrebbe permesso di sorvegliare continuamente i quadrupedi difensori della piazza. A procurarmi qualcosa come un piediporco, o almeno una solida stanga, contavo di venire a capo del- 1'ostacolo; ma dove prendere un tale arnese? Mi risovvenne delle rimesse e dei fienili che avevo rasentato arrivando: forse qui avrei trovato quanto mi occorreva. Una vaga macchia biancastra nell'oscurita mi rivelo 1'ubicazione d'una di queste dipendenze, di cui seguii il muro, raggiungendo in breve una porta; chiusa, ma che cede presto alle mie pressioni e si spalanco. Al tanfo, il luogo doveva essere un fienile. Misi mano ai pochi zolfanelli che mi rimanevano; erano bagnati e persero tutti il fosforo senza accendersi. Brancolando allora nel buio e di continue incespicando su invisibili oggetti, cercai tenermi a una parete e riuscii da ultimo a un 446 angolo, dove abbrancai vari astili; scelsi, sempre al tatto, un forcone di ferro, ritornai sui miei passi. I cani, che si erano un momento calmati, riprincipiarono ora lo strepito. Tuttavia col mio forcone, dall'astiledi legno, non potevo sperare di far saltare la pesante porta; potevo bensi, forse, fame saltare la serratura. Dopo un'ultima occhiata, a prudente distanza, nel- 1'interno, dove gli abitatori persistevano a non mostrarsi: guerra, mi dissi, volete, e guerra sia. Introdussi le punte del forcone fra i battenti e feci leva. La serratura resistette a lungo, e temevo il manico mi si spezzasse fra le mani; infme cedette con uno schianto secco, doveva essersi sconficcata. Mi guardai bene dallo spalancare subito la porta, poichd mi aspettavo un attacco in forze da parte dei cani, che infatti sopravvenne ben presto; essi si scatenarono di dentro contro la porta e tentavano di allargarne colle zampe lo stretto spiraglio. Ci6 udivo senza vedere: il portone infatti non dava direttamente sulla sala, ma su un vano buio. Tuttavia un po' di luce mi assisteva fuori, dopo lo sfondamento della flnestra, e inoltre cominciai a scorgerne, traverse la fessura del portone, una striscia, che flltrava dalla sala in quell'attiguo vano e rivelava la strada fatta dai cani per venirmi incontro. Ma bisognava pure deciders!; abbassai il fucile, col dito sul grilletto e, buttatomi di late, spinsi col piede bruscamente la porta. I cani ne furono pel momento rigettati indietro, e cio mi permise di prendere posizione a una certa distanza; un attimo dopo essi si avventarono. II primo si mostro in tutta la sua statura sulla soglia, eppure non la varco. Mi arrischiai a fare un passo avanti: il secondo cane aveva raggiunto ormai il primo, e tutti e due seguitavano a intronarmi, senza muoversi di li. Bavosi e furenti, col loro orrendo digrignare, essi erano davvero spaventosi a vedersi. Feci, nondimeno, un altro passo avanti, e poi un altro; raggiunsi la soglia. Ed ecco che i cani, appena m'ebbero, per cosi dire, a portata di mano, cominciarono insensibilmente a dare addietro; varcai d'una frazione di passo la soglia, essi seguitarono a indietreggiare, pur seguitando a urlare convulsamente. Senza dubbio erano tenuti in rispetto dalla mia arma abbassata,di cui dovevano conoscere la natura; ma il loro strano contegno sembrava avere anche altri motivi, che, come tutto il resto, mi sfuggivano. A mano a mano che i cani mi davano passo, m'ingolfavo sempre piu nelle tenebre, e troppo confusamente li scorgevo, ormai, per potere al caso usare contro di loro la mia arma; che peraltro essi vedevano, e tanto bastava. La striscia di luce su cui 447 17. Qfert. /(I937-19S9) puntavo nella mia lentissima avanzata, appariva tuttavia ancora lontana; in compenso, le tenebre s'andavano un nulla diradando, ossia i miei occhi assuefacendovisi coll'aiuto del tenue chiaro che la striscia medesima diffondeva. Distinsi cosi taluno degli oggetti circostanti, che non mi indugiai certo a esaminare,e mi resi conto che il luogo era un vasto andiro rettangolare, o saletta d'ingresso, quasi del tutto privo di mobilia; non c'erano dunque ostacoli apprezzabili, qualunque movimento avessi fatto, fra me e la striscia di luce. Cio constatato, e sempre senza perdere di vista la massa confusa dei due cani, procedei piu spedito, accelerando essi a malincuore la loro ritirata. Si ritirarono da ultimo per il passaggio onde penetrava la luce, che era poi una comune porta. lo mi spinsi avanti cautamente. Stavo infine per coronare la mia lunga tenacia e per raggiungere quella sala che pareva remota eirraggiungibile. E ora signori abitatori, mi dicevo, vedremo se vi mostrerete! Spalancata con un secondo calcio la porta e sempre tenendo il fucile abbassato, varcai quella seconda soglia, che nella sala dava direttamente. Mi trovavo adesso su una specie di palco di legno lucido, poco elevato e cosparso di vecchi tappeti, cheterminava con due bassi e larghi gradini, di quei palchi, insomma, un tempo destinati a sostenere un pianoforte a coda o consimilestrumento e concertisti e cantori. Senza smettere le loro violente invettive, i cani s'erano ritratti a pie di questo palco. Quanto a me, badavo a tenerli in rispetto, ma non sapevo bene che cosa fare, adesso che avevo vinto il punto; giacche, a parte la loro presenza, non potevo fiduciosamente abbandonarmi a una casa entro cui ero pervenuto in modo tanto singolare, e inoltre dovevo probabilmente aspettarmi un attacco da parte di coloro che con tanta ostinazione me ne avevano vietato 1'accesso. Tuttavia un profondo e sinistro silenzio seguitava a regnarc nella casa, tralasciando le rauche grida dei due animali, che non bastavano a togliermene il senso. Scorgevo, d'altronde, colla coda dell'occhio il tavolo rotondo gia veduto da fuori, e su questo fra 1'altro il piatto di minestra, il quale aveva cessato di fumare, ma pareva non attendere che me e la mia fame arretrata. Quella vista fu pel momento piu forte d'ogni sospetto, sicche volli, dando sempre la fronte ai cani, raggiungere il tavolo e, se mi fosse riuscito di tenerli a bada e di mangiare al tempo stesso, rimettermi frattanto in forze, salvo a decidere poi il dafarsi. Eppero mi andavo lentamente spostando in quella direzione; pure, fosse segreto bisogno di darmi coraggio o semplice effetto di turbamento, principiai ora a rispondere alle apostrofi dei cani con grida sempre piu 448 forti da respingerli e con incongruenti appelli alia gente di casa, quasi volessi dimostrare che m'ero bensl introdotto a viva forza li dentro, ma colle migliori intenzioni di questo mondo. Avevo quasi raggiunto il limite del palco, e la mia prospettiva, in forza della manovra che conducevo, s'era andata gradatamente modificando; in particolare, per non volgere le spalle ai cani, avevo dovuto volgerle quasi del tutto a una porta sulla sinistra della prima, che avevo confusamente veduta al mio ingressonella sala e m'ero proposto di sorvegliare, dimenticandomene subito dopo. E di 11, a un tratto, mi sembro udire un leggero rumore estraneo al nostro proprio baccano. Stornando per un attimo gli occhi dai miei avversari, mi volsi da quella parte e non vidi nulla, ne potei insistere nella mia indagine perche essi, approfittando della circostanza e come ringagliarditi da qualche imprecisabile caso, mi si fecero sotto piu minacciosi. Ed ecco che, mentre precipitosamente rifacevo loro fronte, una voce rauca e imperiosa suono alle mie spalle: deponete quell'arma!. CAPITOLO IV M'ero volto di scatto dimenticando, stavolta, i cani, che si decisero a balzarmi addosso, senza tuttavia riuscire ad azzannarmi alia prima; essi furono subito dopo inchiodati al loro posto da un gesto della persona che era entrata, di cui mostraronogran ti- more. Questa era un vecchio di poco men che settant'anni,dai capelli argentei sulle temple e alquanto ondulati, dalle sopracciglia bianche e foltissime. II suo viso, piuttosto lungo e grinzoso, recava in generale impresso alcunche di nobile e selvatico al tempo medesimo. Tali, almeno, i particolari che mi risultarono sul momento, cui va aggiunto il piu importante. Quelli, dico, che non si potevano guardare senza fremere erano i suoi occhi cupi e profondi sotto ai folti cigli, gli occhi che ora mi fissavano con uno sguardo fiero e tenebroso. Non era per me tempo da osservazioni, pure mi colpi una certa vaga somiglianzatra la fisionomia di lui e quella dei suoi cani, che ero stato costretto a contemplare lungamente, in particolare fra i loro occhi appunto: la stessa oscura ferocia e, in una, lo stesso incomprensibile smarrimentovi passava. II vecchio portava una ricca e lisa giacca da camera di velluto, di modello antiquatissimo, e teneva nella destra, puntata contro il 449 mio petto, una lunga pistola la cui natura non potei, del pari, far a meno di rilevare; ossia una di quelle pistole, in uso verso la fine del secolo scorso, dette da taluni, per riguardo alia loro forma e anche alia loro dubbia efficienza ed efficacia, ossi di prosciutto. Ma sono armi tuttavia, mi dicevo, e armi a sei colpi. Ora, come il vecchio era appena a un passo di distanza da me e, nel mio brusco rivolgimento, una parte del mio corpo e la canna del mio fucile avevano conservato la loro precedente orientazione; considerata inoltre la presenza dei cani, che al suo menomo cenno m'avrebbero sbranato; dovevo concludere che per ora mi trovavo interamente alia sua merce. Sebbene non avessi obbedito alia sua ingiunzione, egli non la ripete, e seguitava a fissarmi intensamente in silenzio. Cercava forse di penetrare il mio essere e la mia condizione attuale; esame che dovette essermi favorevole, giacche la sua espressione, se non si raddolci, non s'inaspri almeno. A mia volta non potevo che fissarlo senza dare un crollo; i cani ancora ringhiavano, ma in sordina, e furono da ultimo fatti tacere del tutto da una semplice occhiata del vecchio. Chi siete, che volete? furono le prossime parole di costui. Benche rabbioso per essermi lasciato cosi sorprendere e per quanto incerta fosse tuttora la mia situazione, io m'ero nondimeno rincorato alia vista di quell'uomo: cominciavo davvero a credere che la casa non fosse abitata da esseri umani, e ne avevo invece uno innanzi, anche se singolare, con cui speravo dopotutto di potermi intendere. Fu dunque con relativa calma che gli fornii i ragguagli richiesti. In brevi parole gli spiegai quale ordine di circostanze mi aveva spinto in quel luogo e che chiedevo ospitalita, ne tralasciai d'abbozzar qualche scusa per la mia irruzione o di dire, ma con una dignita destinata a raccomandarmi meglio di qualunque piato, alcunche atto a impietosirlo. Mi ero intanto rimesso in spalla il fucile e, mentre parlavo, anch'egli abbasso la sua pistola, senza pero intascarla. Ascolto il mio discorsetto colla massima attenzione, pure la sua diffidenza non ne sembro del tutto dissipata; poi parve riflettere, tuttavia fissandomi, e consigliarsi seco stesso. Infine accenno irresolutamente (se cosi si puo dire d'un personaggio tanto fiero) colla canna della pistola alia finestra e ai vetri in frantumi. Capii che voleva con cio intendere che non poteva fidarsi di chi era penetrate con quei mezzi in casa sua, e di nuovo mi profusi in spiegazioni sulle circostanze che mi avevano determinato ad adottarli. Che erano poi una sola e sufficientissima: la sua inconcepibile ostinazione 450 nel non rispondere ad alcuno dei miei appelli. A questo rilievo, che poteva essere interpretato come un rimprovero, egli non rispose in nessuna maniera. Piuttosto mi squadro rapidamente allorquando, essendo riaffiorata la mia prostrazione fisica col sopravvenire d'una relativa tranquillita di spirito, mi appoggiai alia spalliera d'un seggiolone li prossimo. E, dopo ulteriore e breve pausa, parendo aver preso il suo partito: Insomma, disse avete fame e siete stanco . Disse quasi stango; notai che aveva uno spiccato, ma punto sgradevole, accento locale, come forse locale, oltreche nobilesca, era la persona di cui si serviva. Venite, e tutt'una soggiunse; ne capii che cosa propriamente intendesse, ma la sua frase conteneva un invito che mi affrettai ad accettare. Lo seguii verso la tavola rotonda che era da piu di un'ora, in fondo, 1'oggetto principale dei miei desideri; caddi sulla seggiola davanti ad essa. Restando in piedi a due passi di distanza, e sempre senza intascare la pistola, il vecchio mi fece cenno di servirmi, il che mi sarebbe riuscito difficile a cuor leggero; sulla tavola infatti non c'era che il famoso piatto di minestra e un altro contenente una verdura bollita di color fosco, forse cavolo nero, oltre a mezza pagnotta di pane, a due bottiglie e a un'oliera, ne si vedevano piatti vuoti. Mi schermii dunque ipocritamente, dicendo di non volerlo privare della sua cena; ma egli mi fece capire con un gesto che non dovevo avere di tali preoccupazioni e che ce n'era dell'altro di la. Cedetti infine alia fame e mi misi a divorare quel pasto frugale. Egli, sempre nella medesima posizione, colle mani abbandonate lungo i fianchi, seguitava a contemplarmi con uno sguardo cupo e serio e s'ostinava a tacere. Poiche quello sguardo muto mi dava, come ho detto, un gran disagio, raccolsi le poche energie che ancora mi rimanevano e tentai d'awiare con lui, senza troppo guardarlo, una conversazione qualsiasi. Non ebbi successo; rispose solo due o tre volte alle mie piu o meno oziose domande, con un monosillabo o un mugolio frettoloso, come temesse distrarsi dalla sua contemplazione. Pareva un gatto quando, per non perdere di vista un istante il nemico o la preda, non batte neppure le palpebre tutte e due insieme, ma una per volta. Del resto, per effetto del cibo, un gradevole calore, che altro non era se non un infinite sonno, mi si andava diffondendo nelle membra. A questo torpore soprawivevano, e vero, inquietudini varie, prima fra tutte la penetrante che mi dava lo sguardo del mio piu o men forzato ospite; nondimeno, costui m'appariva ormai come attraverso un velo di vapori, e malgrado tutto lo consideravo col massimo disinteresse. 451 Non potendo far di meglio, abbassai il capo sulla tavola e osservai languidamente i pezzi del servito. I due piatti erano, anche qui, spaiati: 1'uno rozzo e colorato, dei piu comuni nelle case dei contadini di quelle regioni; 1'altro per contro, di fine porcellana, recava da parte uno squisito stemma che doveva essere ilmedesimo del camino e dei seggioloni. Quando li ebbi vuotati, il vecchio mi significo, con un altro gesto, di attendere, e mosse verso la porta onde era comparso, ma cercando di non voltarmi le spalle; giunto anzi sulla soglia, si volse del tutto sembrandovolersi sincerare, con una lunga occhiata sospettosa, che non avrei tentato nulla di pregiudizievole in sua assenza; infine disparve silenziosamente, colle sue babbucce di feltro, come inghiottito dalla parete. I cani, che s'erano prima accosciati in prossimita del fuoco, si levarono ora e con qualche sordo brontolio dalla mia parte mostrarono chiaramente che anche a loro cuoceva di lasciarmi solo, ma finirono col seguire il loro padrone e dominatore, da cui parevano ineluttabilmente attratti. II vecchio torno presto, recando colla sinistra, mentre colla destra reggeva tuttavia F osso di prosciutto , un piatto contenente alcuni fbrmaggini cilindrici, senza dubbio di produzione locale, piatto che poso sulla tavola. E stavolta si sedette anche lui, ma di fronte a me, deponendo 1'arma fra noi due. Lo ringraziai calorosamente e giudicai doveroso riprendere, con un supremo sforzo, i miei tentativi di conversazione. Nei quali, invero, correva sopratutto il mio interesse. Egli sembrava infatti aver 1'intenzione di darmi ricetto; ebbene, come tollerare una sia pur occasionale convivenza con creatura tanto enigmatica, estranea, secondo pareva, al mondo degli uomini? Eppero mi premeva scioglierla, ammansarla, rendermela in qualche misura familiare. Ma ai miei barbugliamentiegli non rispondeva, di nuovo, che con qualche cenno del capo; e implacabilmente continuava a guardarmi. Tuttavia la sua fiera e cupa espressione si tempero da ultimo un nulla: qualcosa nelle mie parole, o piuttosto nel mio modo di parlare, doveva piacergli e rassicurarlo. Raddoppiai di zelo e fui infine premiato dalla seguente frase, che non era gia una risposta alle mie domande, ma come alia situazione in generale: Qui non entra mai nessuno. Seguita subito dall'altra, arrossendo a un tratto il vecchio di collera: O meglio, non era mai, ma costoro 1'hanno profanata. Tradussi mentalmente, frammezzo alia profonda storditezza e noncuranza che mi tenevano: o meglio, qui non eramai entrato nessuno, ora i soldati di quest'esercito hanno profanato la casa; ne mi soffermai a giudicare 452 quanto poteva esservi d'orgoglioso o doloroso nel definire profanazione una violazionedi domicilio. Dopo cio, il vecchio ricadde nel suo ostinato silenzio. lo del resto, raggiunto 1'intento di stabilire con lui una comunicazione purchessia, di questa mi tenni pago; i miei nervi finalmente, senza del tutto soffocare la mia vaga inquietudine, si allentarono nondimeno. Devo anzi, qui, aver ciondolato col capo, che tenevo appoggiato sulla palma, giacche vidi, con infinita e subito scancellata meraviglia, un fugacissimo sorriso passare sul volto del mio ospite. II quale deve avermi allora invitato a seguirlo; mi ritrovai infatti in un lungo e ampio corridoio, dalle cui pareti mi guardavano teste che potevano essere di capriolo; e, non so quanto tempo dopo, in una vasta e nuda stanza con un letto a baldacchino. Vi caddi sopra tirandomi addosso macchinalmente le coltri. Ancora per un attimo rimasi a riflettere sui pericoli che potevano minacciarmi in quel luogo; conclusi che non ve n'era alcuno in nessun luogo per un misero come me, o forse non ebbi il tempo di concludere. Ebbi bensi quello d'udire che 1'uscio veniva inchiavato dal difuori. Ma cio non mi riguardava, nulla piu mi riguardava: un profondo sonno riparatore mi sommerse. CAPITOLO V Quando mi svegliai, doveva essere gia tardi; di tra le imposte, parecchio sconnesse, d'una finestra che avevo di fronte, penetrava una luce chiara e violenta, annunciante giornata di bel tempo, annuncio che un calmo cinguettio d'uccelli sotto la finestra ripeteva. La stanza era press'a poco quale mi era confusamente apparsa la sera innanzi; oltre al letto a baldacchino, tarlato, polveroso e privo di lenzuola, in cui mi trovavo, non conteneva che uno o due altri mobili scuri, piuttosto ornamentali che utili in una camera da letto, e qualche seggiola impagliata d'alta spalliera. Le pareti erano rivestite fino a una certa altezza di legno scuro. Mentre cosi giacevo, abbandonato al piacere, che da tempo non provavo, d'un vero letto e d'un risveglio (meno giustificato, questo) in buone disposizioni di spirito, udii passi leggeri davanti alia porta, cui non feci gran caso. Balzato finalmente in piedi, spalancai la finestra; un gran fiotto di luce si rovescio dentro. II sole, sorto gia da un pezzo, non aveva per6 ancora raggiunto la casa e, soltanto, dorava una pendice boscosa che avevo di fronte a poca 453 distanza; a pie di questa, un verdissimo prato stava per esserne acceso. Piu accosto, quasi sotto di me, gli alberi da frutta od ornamentali su cui seguiva la zuffa dei passeri, stormivano appena, mentre i bassi edifici delle dipendenze parevano ancora immersi nel sonno; poiche, tralasciandogli alberi, in questo paesaggio non si scorgeva creatura vivente. L'aria, luminosa e trasparente, era gradevolmente fresca. Ogni cosa, infine, spirava una cosi compiuta e benefica calma, che il mio buon umore divenne addirittura una specie di irragionevole esultanza; e la stanchezza, le inquietudini della sera precedente, e fmo il lungo incubo della mia vita perigliosa e randagia, mi parevano cose irreali o remote nel tempo, come di un passato senza minaccia per il presente. Non vedendo nella stanza nulla da rassettarmi e di cio avendo, come si sa, gran bisogno, feci per uscirne. Ma la porta era chiusa, e infatti rammentai ora d'averla udita inchiavare sul punto d'addormentarmi. Stavo per dar la voce, ma riflettei che avrei avuto 1'aria di rimproverare al padron di casa la sua diffidenza, e sul momento non lo feci. Ritentai, pure, macchinalmente la maniglia, e stavolta la porta s'apri: era stata nel frattempo silenziosamente schiavata senza che io, li accanto, me ne accorgessi. Uscii canticchiando su una saletta interna, le cui pareti erano coperte di arazzi non spregevoli, ma ridotti nel piu miserevole stato, scoloriti e, qua e la, stracciati e pendenti; assolutamente vuota. Di qui passai in una specie di breve galleria coperta, o ballatoio, che dava su un piccolo cortile di pietra. Di qui ancora, sempre infilando quelle porte che vedevo aperte, e rientrando nel corpo della casa, in un grande corridoio con tre fmestroni nel quale mi parve riconoscere quello intraveduto fra il sonno la sera innanzi; dalle pareti, infatti, di nuovo mi fissarono teste di capriolo, che, insieme a qualche schidione o vecchio corno da caccia o arrugginito fucile a focone, formavano le uniche suppellettili del luogo. Poi fu la volta di due o tre piccole stanze affrescate e prive di fmestre, che contenevano per solo addobbo 1'una un cadente tavolino contro una parete, 1'altra un massiccio stipo dai battenti semiaperti, 1'altra ancora alcune seggiole di paglia e una monumentale seggetta intagliata. Quanto alle porte di questi vani finora attraversati, erano volta a volta di quercia scolpita, o a pannelli dipinti e infoschiti, o estremamente semplici e rozze, ricavate col- 1'ascia da una tavola di castagno. In una parola, ritrovavo qui le gia notate promiscuita e incuria, unite al senso d'un passato splendore. Sboccai da ultimo su un pianerottolo di legno con balaustrata, 454 donde si dipartiva verso il basso una scala, egualmente di legno; questa, facendo gomito, tagliava due pareti di un vasto atrio sormontato da un lucernario. II pianerottolo raggiungeva, dall'altra parte, un piccolo arco nello spessore della muraglia, oltre il quale si scorgeva una breve fuga di stanze. Ora, la mia prima intenzione, in tutta questa traversata, era stata di raggiungere al piu presto la sala al pianterreno, il solo luogo della casa che gia conoscessi e dove speravo trovare qualcuno; una mano invisibile sembrava anzi avermi favorito, lasciando aperte, secondo giudicavo, le porte appunto che dovevo imboccare e battendomi, per dir cosi, la strada. Pure, fui preso qui dalla curiosita; fra le precedenti giravolte, non m'era riuscito di farmi un'idea qualunque della disposizione della casa, e, in breve, invece di scendere la scala, mi spinsi oltre 1'arco. Avanzai prima per un breve e nudo corridoio, quindi per le piccole stanze intravedute, donde mi trovai in un secondo corridoio che aveva un fmestrino nel fondo e, verso la meta, si slargava da un lato in una sorta d'anticamera, sulla quale davano tre o quattro porte. Mi ero appena affacciato qui, che uno strano incidente si produsse: udii a un tratto come un mugolio di orrore, non avrei saputo dire se emesso da una creatura umana o da un animale, e al tempo stesso una porta sbatte, o piuttosto fu sbattuta, con violenza; porta non certo di quelle che avevo sott'occhio, ma senza dubbio nascosta nella rientranza che la parete faceva da una parte. Reso timido dall'incidente e non sapendo che pensarne, non spinsi oltre la mia ricognizione, mi affrettai anzi a battere in ritirata fino al pianerottolo di legno e a scendere senza piu la scala. Cosi, malgrado le mie buone disposizioni odierne, la casa mi riavvolgeva nella sua cupa atmosfera. Dal poco vedutone m'era tuttavia facile concludere che essa era di quelle che i loro stessi proprietari non si illuderebbero di possedere interamente. Dall'atrio si passava in luogo che poteva essere stato, un tempo, stireria, o tinello della servitu, o anche dispensa; di qui infine, lasciando a dritta l'immensa e patriarcale cucina, la cui porta era in quel momento aperta, si raggiungeva un ennesimo corridoio, un'antisala, la sala medesima, meta, posso ben dire, della mia peregrinazione. La quale era pero vuota, di cristiani e di cani. Valicando una montagna, il sole ne aveva finalmente raggiunta la finestra, ma da quel torrente di luce essa pareva, se cosi posso esprimermi, sorpresa e infastidita; in ogni oggetto, poi, si percepiva un certo attonimento, sto per dire smarrimento. Tuttavia, in 455 complesso, il luogo si mostrava ugualmente arcigno e persin piu muffoso. Non sapevo se chiamare, e chi o da quale parte. Mi awicinai alia fmestra, calpestandone i vetri infranti, nella speranza di scorgere qualcuno li attorno; poiche doveva pure esserci, a dir poco, un contadino, un casiere, un servente. O davvero il vecchio viveva del tutto solo in quel posto? Ma il fatto era che, dovunque guardassi, non vedevo nessuno, e il massimo silenzio seguitava a regnare non soltanto nella casa, quand'anche nelle dipendenze, nel parco, quasi accentuate dal solitario cinguettio degli uccelli. Rifattomi verso 1'interno, mi trovai davanti al tavolino col grosso libro aperto, che mi chinai a osservare distrattamente. Era un vecchio libro a stampa seicentesco, del cui testo mi caddero sott'occhio alcune parole indifferent!, non atte a riconoscerne 1'argomento. Volli dunque cercare il titolo; e, mentre cosi mi davo da fare, mi sentii a un tratto guardato alle spalle. Mi volsi sobbalzando: il mio ospite era li, un poco ansante. Forse mi aveva veduto, senza che io lo vedessi, alia fmestra, ed era accorso per non lasciarmi errare da solo e curiosare in casa. In quella entrarono anche, dalla porta sull'andito, i due cani a gran salti; sicchd era chiaro che loro tre venivano dall'esterno. II vecchio comincio col fissarmi alia sua maniera, tacendo. Secondo ogni probabilita, mi venne adesso fatto di pensare, si aspettava che lo ringraziassi e prendessi ormai congedo. Era infatti quanto avrei magari dovuto fare; ma, strano, una tale idea non m'era neppur passata per la mente, e ne fui preso come alia sprovvista. Finii col dir qualcosa; che avevo dormito bene e che la sua casa era molto ospitale; egli non rispose e sembrava attendere che dicessi alcunche di piu sensato. Chiesi da lavarmi. Con gesto fra rassegnato e urbano mi indico la fmestra; ci6 non poteva significare altro se non che andassi a lavarmi al pozzo; un pozzo m'era infatti sembrato di rilevare nel largo a pie della terrazza. Era insomma chiaro che aveva fretta di liberarsi di me. Ma io, ho gia detto, cosi non la intendevo, e d'andarmene non avevo per il momento nessuna voglia. Non so propriamente che mi prendesse; nei miei propositi, come nelle stesse mie buone disposizioni del mattino, doveva entrare per qualcosa un genere di follia che mi sarebbe stato difficile defmire, anche a tener conto della naturale curiosita. II pericolo, a quel tempo, di rimanere in una casa qualunque, quello medesimo che credevo il mio dovere di uomo, le convenienze, non valevano a farmi recedere. Era come se fossi capitato in un giardino d'Armida, per dir cosi, alia rovescia. Non era senza dubbio meraviglia che quella casa esercitasse su me, in 456 un modo o nell'altro, una talquale attrazione; ma dico che questa attrazione mi pareva anzi, in quel punto, concentrarsi in un precise richiamo, donde da chi o da che cosa era altro discorso. Mi diressi senza piu alia porta nell'intento di seguire 1'indicazione del vecchio e di raggiungere il pozzo, lasciando peraltro il fucile nell'angolo ove 1'avevo deposto scendendo. Ma colui me lo insegno in silenzio; risposi con un cenno vago e continual per la mia strada. Egli allora, facendo un passo verso la soglia, mi prese senza violenza per un braccio e, con un secondo sorriso (se il primo non avevo soltanto sognato), freddamente cortese: Signore, disse finalmente ben volentieri, seguendo un'antica tradizione della mia famiglia, vi accorderei tutta, e di qualunque durata, I'ospitalita di cui bisognaste; ma non sono, per numerose ragioni, in grado di farlo. Non pero soggiunse in fretta che dobbiate ritirarvi sull'atto, purtuttavia vi pregherei di rendermi noto quanto tempo precisamente intendete ancora rimanere . Un tal modo d'esprimersi non era poco pomposo per la circostanza. In generale, il modo di parlare del vecchio era quello di persona non abituata a farlo, o almeno rimasta in tutto e per tutto all'epoca in cui lo faceva. Continuamente, durante la menoma frase, egli raggrinzava gli occhi con fastidio, come sempre gli paresse di dir troppo o troppo poco, e certi giri di prammatica spacciava con una particolare mancanza di convinzione. Dai suoi accenti, infme, traspariva il che di inconfondibile dovuto alia buona nascita, e una piu o men raffinata cultura ottocentesca. II suo discorso, comunque, appariva senza replica. Risposi esitando che della sua ospitalita non intendevo certo abusare: dichiarazione quanto mai impronta, visto il modo da me tenuto per procurarmela; che, pure, considerata la mia condizione e i pericoli di essa, mi trovavo costretto ad approfittarne ancora per un tempo. Evasiva risposta, che infatti provoco nel vecchio un leggero gesto d'impazienza. Questi infme, volgendosi altrove: In una parola, concluse bellamente mi raccomando, signore, alia vostra discrezione. Molto confuso assicurai che ne avrei avuta quanta possibile; egli pero s'era gia diretto, seguito dai cani, alia porta verso 1'interno e vi era quindi scomparso. CAPITOLO VI Uscii e mi lavai, tirandomi 1'acqua con un secchio assai simile a un crivello. Rimasi poi ad aggirarmi ozioso negli immediati din- 457 T torni della casa, e, come in questa, secondo ogni apparenza, la colazione del mattino non usava, me ne procurai sfacciatamente una dai rami d'un inselvatichito melo. In tutti questi movimenti, ebbi 1'impressione d'essere di continuo spiato; pure, non si scorgeva alcuno alle finestre, che erano per lo piu senza gelosie e. poco adatte al posteggiare. Ma d'un tratto un'imposta, non vidi quale, fu sbatacchiata,il che mi ramment6 1'incidente della porta. Era forse la stessa invisibile mano? E a chi apparteneva questa mano? Se ora al vecchio, non, probabilmente, la prima volta, giacche, e vero che colui aveva la qualita di comparire inopinato, ma non mi pareva d'essermi sbagliato, poco prima, giudicandolo proveniente dall'esterno. E in tal caso, ancora, chi mi aveva aperto la porta della mia stanza? Chi dunque, se non il vecchio? E perche, se altri abitatori v'erano, mi si tenevano con tanto impegno nascosti? In tal modo queU'insignificante episodic mi gettava in una ridda di supposizioni, sulle quali sorvolero. La casa, che appariva di costruzione seicentesca ma poteva anche appartenere a un'epoca di mezzo secolo precedente, aveva due piani sul livello delle terrazze, oltre a un piano rialzato o solaio, molto basso, che prendeva luce da occhi di bue contornati di fiorite mostre settecentesche in muratura; sotto detto livello, s'apriva soltanto qualche piccola finestra, piuttosto feritoia, munita d'inferriata, come taluna delle finestre al pianterreno, o mezzanino che s'avesse a dire. Le facciate, brune, quasi ferrigne, e qua e la giallastre o verdognole, erano, come ho gia avuto occasione di notare, assai malridotte; vi spiccavano, in color avorio sudicio, le accennate mostre e altre due o tre simili applicazioni. Su un fianco erano una vecchia meridiana e un quadrante di difficile lettura, sull'opposto una gran nicchia vuota a mezza altezza. II tutto era infine sormontato da una massiccia merlatura guelfa. In generale, riconoscevo con una certa perplessita che la dimora era assai piu grande di quanto non 1'avessi giudicata al mio arrive. La sua ubicazione ho gia sommariamente descritta; aggiungero che le selvagge montagne incombenti da una parte sulla minuscola conca, le lasciavano, verso il falsopiano gia rammentato, qualche respiro, al di la peraltro di alcune non notevoli elevazioni. Una forra scoscesa veniva a morire non lungi dalla facciata posteriore della casa. Non sapendo piu che fare, e calcolando che per rivedere il mio ospite avrei dovuto aspettare perlomeno 1'ora di pranzo, decisi di salire su una di queste minori groppe circostanti; donde 458 avrei potuto sorvegliare i movimenti di eventuali nemici nel falsopiano, e al tempo stesso snidare forse qualche capo di selvaggina, di cui (ingenua premura!) intendevo fare omaggio al vecchio. Entrai pertanto a prendere il fucile; e, riuscendo, scontrai colui medesimo, sorto non si sa donde, che credevo in casa. Egli era come sempre seguito dai cani e, cosa veramente grottesca per un tal gentiluomo, recava sotto il braccio... un grosso cavolo nero! Sicche servi almeno non ce ne doveva essere. Gli borbottai della mia intenzione e che sarei tomato fra un paio d'ore; prosegui diritto senza rispondere. Sull'altura dove, a caso, mi spinsi, levai difatto un branco di pernici e ne abbattei due: la necessita mi aveva fatto buon cacciatore. Nella regione sottostante non si vedeva movimento alcuno; essa era del resto completamente disabitata, salvo per una piccola capanna, o pagliaio, che si scorgeva a un'infmita distanza nella stretta d'un vallone, all'apparenza abbandonata. Per quanto non riconoscessi per nulla tale parte della montagna, calcolai da qualche elemento che il villaggio, secondo supponevo, piu vicino, quello cioe di Sp., non distasse dai luogo ove mi trovavo meno d'una ventina di chilometri in linea d'aria. Rassicurato comunque pel momento dalla mia speculazione, e puerilmente soddisfatto della mia preda, rientrai che era quasi mezzogiorno. In casa, medesima solitudine e silenzio, ne mi parve che alcuno si fosse trattenuto nella sala durante la mia assenza; i frantumi di vetri sotto la finestra erano al loro posto, i tizzi spenti del fuoco nella stessa posizione. Nell'attesa, non sapevo poi bene di che cosa, esplorai il luogo in lungo e in largo. Ma non vi era granche da scoprire, almeno fra gli oggetti che erano in vista: due o tre mobili chiusi, come stipi o cassapanche, non osai violare. A parte i vecchi album di fotografie (di personaggi del secolo scorso) in cuoio bulinato; una ricchissima strenna francese del settecento, colla rilegatura di velluto azzurro stemmato; qualche pugnale o stocco damascati nelle loro guaine di pelle verde; un piccolo piatto di vermeil completamente offuscato e incurantemente gettato sul margine d'una credenza; due o tre vasi, uno di fine maiolica filettato d'oro, gli altri di terracotta colorata a fuoco; gli oggetti piu notevoli mi parvero la coppia di doppieri d'argento sul marmo d'una zoppa consolle Luigi XV, e una libreria di quercia scolpita. Questa conteneva, a quanto vidi di sfuggita, in prevalenza vecchie cronache regionali in latino e italiano e fasci di pergamene in grandi cartelle, ma anche due o tre raccolte di poeti o parnasi, qualche romanzo francese del settecento, e una edizione completa delle opere di Voltaire. 459 Tutti i libri erano riccamente rilegati e stemmati; aprendone uno a caso, mi cadde sott'occhio un violento segno d'unghia in margine a una lirica del Tasso. Era una canzone d'amore, e mi sorpresi a tentar di determinare 1'eta di quel segno; poiche, un'unghiata in margine a una poesia d'amore, qual'altra immagine puo suscitare se non quella d'una donna? Parola, quest'ultima, che bastava a farmi fremere di malinconia e di dolcezza: quanto tempo era ormai che non vedevo una donna se non di passata, che da una donna non ero consolato e, diciamolo pure, accarezzato? Su un ripiano della libreria, nello spazio davanti ai volumi, era posato un oggetto che ora attiro la mia attenzione: una piccola scatola di raso viola con nastri verdi, che conteneva una vaschetta di porcellana assai simile a un bruciaprofumi, ma non identificabile con sicurezza; ninnolo, comunque, dei piu femminili, che mi riportava alle mie malinconiche idee d'un istante prima. Alle 3uali quasi in risposta, mi sentii adesso guardato; che era, lo si vee bene, impressione abituale in quella casa. Non scorsi per6 nessuno alle mie spalle; scorsi bensi, pendente dalla parete alia mia dritta, un ritratto sontuosamente incorniciato e coperto da una tarlatana. Senza dubbio lo vedevo da un pezzo, colla coda dell'occhio, pur senza affigurarlo, e cio poteva spiegare la mia impres- sione. Era un ritratto a mezzo busto di giovane donna, che fissava il riguardante; un olio alquanto annerito, ma non tanto che non si distinguessero i particolari. La donna era vestita secondo la moda degli ultimi anni del secolo passato o dei primi di questo, con tutto il collo chiuso in un'alta benda di pizzo; di pizzo era anche la veste, dalle maniche sboffate; sul petto ella recava un grande e complicato pendentif o breloque (come allora si diceva) di topazi bruciati, sorretto da nastri di seta marezzata; sulle spalle un amoerro, ricadente in larghe e convoke pieghe. La massa dei capelli bruni era pettinata in conseguenza, cioe in ampio cercine o cannuolo attorno alia fronte, in mezzo al quale spiccava un minuscolo diadema a forma di corona. Le di lei fattezze, delicate e chiare, recavano 1'impronta inequivocabile della nobilta di sangue e di carattere, e quel minimo di sdegnosita che 1'accompagna sovente. Le guance appena arrotondate attorno alia bocca attribuivano, inoltre, a quel volto qualcosa di vagamente infantile. Ma i piu vivi e conturbanti erano i grandi occhi scuri, il cui profondo sguardo mi sembrava avere un comune carattere con quello del vecchio e, dunque, con quello dei cani: la stessa cupezza lo animava, anzi in misura piu imperiosa, e lo stesso, in una, remote e miserevole smarrimento, se disperazione senza piu non 460 si deve chiamare. Carattere, pertanto, che doveva derivare da parentela piu sottile che quella di sangue, se uomini e bestie accomunava qui. Eppure, quali infmiti altri linguaggi parlavano quegli occhi, ai sensi e al cuore! Un'alta virtu magnetica pareva in essi contenuta, e io non potevo staccarne i miei. Andavo immaginando chi potesse essere o essere stata quella donna; le attribuivo, chissa perche, la proprieta dello scatolino di raso, che seguitavo a rigirarmi fra le dita; e insomma non so quanto altro tempo sarei rimasto assorto in quelle inutili fantasticherie, se un forte rumore dall'interno della casa, che giudicai quello d'una seggiola caduta, non m'avesse richiamato alia realta. Mi accorsi d'aver fame: doveva essere quasi il tocco. E cosa, poi, stavo aspettando qui? II mio ospite era uomo da abbandonarmi a me stesso per tutta la giornata, c a me stava il prendere 1'iniziativa. Ma di che? Mi arrischiai verso la cucina, rilevata al mattino, nella speranza di trovarvi colui, se almeno il cavolo era destinato al pranzo. La vera ragione era che volevo rendermi conto del rumore teste udito: anche la caduta d'una seggiola aveva per me qualche importanza, in quelle condizioni. In cucina trovai infatti il vecchio, davanti a un fornello, cui dava vento; presso di lui erano seduti i cani, col muso levato a fiutare il magro pasto che cuoceva in un pentolino. Egli mi guardo un momento senza meraviglia di sulla spalla, e riprese la sua bisogna. Al solito, non sapevo che dire; gli offrii d'aiutarlo, rifiuto. Facendo un visibile sforzo per parlare, chiese: Fame?; soggiunse: Fra poco . Gli presentai le due pernici con quanta buonagrazia mi riusci. Le guardo un momento, come sembrava, con avidita, subito dopo con disgusto; chiese in aria indifferente: Sapete farle?. Non c'e che dire, la conversazione s'avviava; ma non ando lontano. Eccomi, da ultimo, trasformato in cuoco e schidionatore di pernici. In fatto di condimenti, pero, la cucina non offriva che mezza bottiglia d'olio un poco rancido, sicche non direi che mi facessi molto onore. La cucina non conteneva una sola seggiola; ma non poteva il vecchio stesso averne fatta cadere una in un'altra stanza li vicino? CAPITOLO VII Se seguitassi a fare la storia partita dei miei primi approcci col vecchio, che egli regolarmente respingeva, e delle mie prime rela- 461 T zioni con lui, non la finirei piu. Basti qui dire che, in un modo o nell'altro, mi riusci di imporre la mia presenza nella casa, Non che trasparenti allusion!, o addirittura espliciti inviti a lasciarla mi mancassero, ma non ne tenni conto; e cosi, sfruttando io la pazienza del mio ospite, passarono bene o male due o tre giorni. Riferisco qui sotto i primi sommari risultati cui giunsi colle mie ostinate indagini durante questo tempo; giacche, per quanto il vecchio si schermisse, non pote farlo cosi bene che, a forza di domande e di tenace indiscrezione, non giungessi a cavargli qualcosa di bocca. Fra 1'altro, il tempo s'era nuovamente guastato e un'insistente pioggia o una micidiale bruma (detta infatti in quelle region! morbo) mi impediva quasi sempre di uscire, se non per brevi ricognizioni nei dintorni, che eventual! incursioni di pattuglie non mi prendessero alia sprovvista. E cio costringeva il vecchio, data la sua intenzione punto dissimulata di sorvegliarmi in ogni momento, a tenermi spesso compagnia, volente o nolente. Uno di quei giorni avemmo persino la neve, un nevischio leggero che imbianco per qualche ora la montagna. Li dentro, poi, il vento ululava su tutti i toni dalle imposte piu o meno sconnesse, alzando talvolta raccapriccianti grida umane che si ripercuotevano di parete in parete fin nelle viscere della casa; scorrendo nel camino con un rombo ininterrotto di tuono. Nella sala, i vetri da me rotti avevamo sostituiti con alcune assi; le quali, togliendoci la luce, non impedivano 1'accesso alia nebbia. Questa, penetrando pigramente, stagnava fra le umide pareti e ci metteva il freddo nelle ossa. Tentavamo rifarci con grandi fuochi cui io stesso raccoglievo alimento (come cercavo rendermi utile in altre faccende di ca- sa). Per quanto a malincuore, il vecchio dove concedermi 1'uso dei suoi libri e, in generale, una minima liberta di movimento nella casa, da spostarmi almeno fra la sala e la stanza dove dormivo; percorso donde sempre speravo di estendere le mie indagini, specie nell'ala dove m'era capitate 1'incidente della porta. Spesso avevo, bensi, rimorso di impormi in tal modo a uno che per tutti i segni mostrava di non gradire la mia compagnia; tanto piu che non potevo ormai contribuire in alcun modo al rifornimento di vettovaglie, di cui, pure, la casa sembrava scarseggiare (il nostro cibo abituale era composto di cavolo nero e patate in piccola quantita, nonche di quei tali formaggini e di qualche tozzo di pane vecchio d'almen due settimane). Ma riflettevo che, dopotutto, il vecchio mi aveva alia sua merce, in quella sua casa cosi facile 462 alle insidie, con quei cani, con quei potere di spiare e di comparire senza esser veduto; e speciosamente ne concludevo che la mia presenza non doveva essergli sgradita quanto sembrava. Le poche notizie che qui seguono, avverto che non mi risultarono gia da suoi detti aperti, sibbene piuttosto da mie proprie presunzioni sui suoi vaghi e reticenti discorsi e su quelle sue risposte stranamente contratte e ambigue; eccole senza piu. Come dunque avevo immaginato, il mio ospite era di Sp. ed apparteneva a una delle piu nobili famiglie della provincia, di cui pare si trovasse a essere ultimo discendente in linea diretta. Quanto al grado di questa nobilta, la corona che sormontava il suo stemma, riportato in vari luoghi e mobili, era 1'unico elemento in mio possesso: una corona gemmata di nove punte secche di cui le estreme fiorite, quella dunque (se le mie scarse cognizioni di araldica non mi tradivano) dei rari conti di origine germanica. Circa poi al casato della famiglia: A che vi servirebbe, di grazia, il mio nome? A meglio commiserarmi nel vostro ricordo o fra i vostri amici?... Del resto, prima o poi vi deciderete a lasciarmi, e sara certo per sempre: quanto volete che io possa vivere ancora?. La casa in cui ci trovavamo era un'antica casa di caccia posta su una tenuta familiare (un tempo forse non incolta come ora), che sembrava Tunica rimasta al mio ospite dopo una serie di sfortunate circostanze. A costui era pero rimasto il palazzo avito di Sp., ma forse ormai distrutto dai bombardamenti di cui egli aveva udito (da chi mai?). Da gran tempo, e non a causa del presente stato di cose, aveva egli in questa casa preso ritiro, la quale di recente era stata violata (o, secondo il suo detto, profanata) e saccheggiata (di che cosa?) da truppe di passaggio o, piu verosimilmente, da pattuglie di vessatori. Egli aveva avuto moglie, ma come la perdesse e chi altri componesse o avesse composto la sua famiglia, era quanto non si poteva chiedergli, anzi appena mostrare di voler sapere, senza gettarlo in una sorta di furore. Quando il discorso, per chiamarlo cosi, era caduto su questo argomento, alia parola o idea di moglie avevo fatto corrispondere un mio timido gesto a indicare il ritratto di cui ho piu sopra parlato; che in quei momento pareva palpitare ai bagliori della fiamma nel camino. Vidi allora gli occhi del vecchio sfavillare orrendamente di sdegno, quasi egli volesse trapassarmi collo sguardo o stesse per saltarmi alia gola. L'intensita di quello sguardo era in tali istanti letteralmente intollerabile; abbassai il capo, mentre egli, contenendosi a fatica, diceva lento, con una delle sue frasi d'altri tempi: La discrezione signore, non e il vostro forte, o si 463 dica il vostro debole . Non m'era restate che scusarmi e prendere in buona parte lalezione. Per questo ritratto, non occorre forse dire che, da quando l'avevo scoperto, esso era andato gradatamente diventando per me una presenza cara, se inquietante, e, se temibile, di nuovo cara; quasi il personaggio principale della casa, di cui pareva impersonare il bizzarro carattere meglio del vecchio stesso. Passavo ore intere a contemplarlo, cercando attingere il fondo di quello sguardo sempre posato su me e di rapirgli, come si dice, il suo segreto; badando bene di non essere veduto dal vecchio in tale attitudine. Ma infine, quale segreto? Per quanto bella, colei era dopotutto una donna, che, soltanto, il maestro aveva saputo animare d'una vita forse al di la delle medesime forze di lei; e, o i miei nervi erano scossi davvero, o non vedevo perche dovessi tanto vivamente interessarmene. Che contano pero in certi casi i ragionamenti? Io sentivo benissimo quanto fossero falsi i miei. Lungi dall'averne il pittore (che in verita non appariva punto eccelso) magnificata I'immagine, pareva anzi ella medesima aver guidato la sua mano e aver impresso alia tela un suggello che non era quello delParte, sibbene quello della propria singolare natura; una natura, avrei detto, persistente oltre la presenza fisica. Riguardo poi al mio interesse... ebbene, confessero apertamente che non si trattava di semplice curiosita; era il destino di quella creatura che mi interessava, e che avrei voluto in qualche modo appropriarmi. Impresa particolarmente ardua e folle, in quanto avevo finite, non so in base a quali elementi, col considerare quella donna morta; a cio forse mi aveva spinto il desiderio incosciente di fissare, fuori del tempo, i suoi lineamenti in una perenne bellezza, che morta a vecchia la preferivo. Sopravvenne una giornata specialmente noiosa. Costretto al- 1'inazione e a sempre rimandare la mia scoperta; alia compagnia di quel vecchio la cui indomabile energia non compariva che per rari accessi, subito sommersa nella piu sconsolata indifferenza; di quei cani, le creature piu malinconiche da me incontrate, i quali, quando (e capitava spesso) mi trovavo solo con loro, non facevano che percorrere a gran passi la sala, come li avevo veduti la prima sera; che levare il muso in dolorosi guaiti, che rispondere al vento con ululati ancor piu strazianti (essi non gradivano affatto la mia presenza nella casa, ma avevano finito coll'abituarcisi o piuttosto col subire la volonta del loro padrone); da tutto cio, la mia volonta e la mia curiosita stessa si andavano addormentando, e sempre piu mi invadeva una disposizione all'inerte fantasti- cheria. 464 A questa specie di paralizzante tedio contribuivano in qualche misura le piccole e monotone manie del mio ospite, che mi avevano divertito sul principio, e ora mi inuggivano piu di quanto si puo immaginare. Queste erano numerose e di varia natura; ne citero due a titolo di saggio, due spunti coatti. A tavola, dove, stante la frugalita dei nostri pasti, c'era spazio d'avanzo, egli provava continuamente il bisogno di farsene davanti uno maggiore; ogni momento spingeva piatti verso di me, allontanavaanche gli oggetti meno ingombranti, la saliera, un tozzo di pane, dal proprio campo, e allora soltanto, puntando i gomiti sulla tavola, pareva trovar pace. Inoltre, una volta lavatesi le mani per il pasto, non poteva toccare alcunche di sudicio o supposto tale; se, ad esempio, doveva accostare la seggiola, la sollevava col pugno chiuso per la spalliera, o la spingeva soltanto col mignolo. E altrettali minute stranezze,che io giudicavo ultime e corrotte tracce di proprie qualita della sua stirpe; come, nella fattispecie, di un'antica volontil di dominio e di una raffinatezza divenuta mor- bosa. Quel giorno, dunque, tanto rabbioso era il vento e ostinata la pioggia, e una tale tetraggine incombevain casa, che ne fui indotto a prospettarmi la necessita d'una risoluzione qualunque, in un senso o nell'altro. Non pero che mi fosse passata la languidezza, la quale era semmai aumentata; nulla, sicche, sarebbe seguito, ove non fosse capitate un avvenimento che potevo aspettarmima non m'aspettavo e che, di per se irrilevante, servi tuttavia a scuotermi un poco dal mio torpore. In breve, avemmo una visita: non era, li, un vero e proprio avvenimento? Stavo, solo, semidisteso e cogli occhi socchiusi accanto al fuoco, quando scorsi sulla porta verso 1'esterno una strana creatura; strana, a vero dire, per tutt'altri da me, che di quegli esemplari avevo gia qualche esperienza. Era un vecchio, decrepito contadino o pastore, dal viso grinzosissimo e. adusto, come di terracotta o come mela al forno; la cui espressione chiusa e ottusa, ermetica, risultava desolante e, al tempo stesso, esilarante. I suoi lineamenti avevano alcunche di mongolo, e anche di indio o pellerossino, erano insomnia quelli di tutte le nobili razze inselvatichite. Di simili volti avevo gia veduto due o tre nel corso delle mie peregrinazioni fra quelle montagne, dove stesso si andavano facendo sempre piu rari; essi appartenevano a montanari di quelli che durante tutta la vita, o meglio fmo a una certa eta e non oltre, scendono al paese soltanto per la festa del santo patrono. Persino il loro classico abbigliamento non ha piu nulla a che vedere con quello in uso nel piano e nelle valli inferiori. 465 T Sapevo che con costoro non c'era speranza d'intendersi, tanto stretto e ossoleto era il loro dialetto; e io conoscevo imperfettamente 1'odierno. Feci nondimeno alcune domande sullo stato delle cose nella regione al vecchio che, perfettamente immoto di membra e di viso, mi guardava con concentrata e impassibile diffidenza, come fossi uno spirito d'oltretomba. Vi rispose con estrema lentezza, con voce sorda e, in conclusione, come mi aspettavo: in modo, cioe, per me incomprensibile. Egli recava evidentemente qualche provvista, in un gran paniere infilato al braccio e in un sacco sull'omero, e Tunica cosa, alle corte, che mi riusci di capire fu che cercava il mio ospite e d'altro non voleva sapere. Quest'ultimo era d'altronde gia comparso silenziosamente alle mie spalle; il contadino gli ando incontro e gli bacio la mano. Si disponeva anche, con grande stento, a inginocchiarsi, ma 1'altro non permise che lo facesse, e, scambiando qualche parola con lui nella stessa incomprensibile lingua, lo trasse verso 1'interno della casa. Circa un quarto d'ora dopo ripassarono, 1'uno dietro 1'altro. 11 contadino fece alcuni inchini dalla mia parte senza guardarmi, e uscirono. Devo dirlo? Mi si strinse quasi il cuore a vederlo partire: se anche d'un'altra razza, egli veniva tuttavia da un mondo di viventi, di semiviventi almeno, e a me pareva essere in quello dei morti. E tuttavia non me ne andavo. Rientrando, il mio ospite mi guardo con un'espressione che in tutt'altri avrei definite ironica. Dice che non c'e nessuno pronuncio fra i denti. Intendeva senza dubbio: non ci son pattuglie o pericoli in vista; e, senza dubbio, era quello un nuovo invito ad andarmene una buona volta. CAPITOLO VIII Ma altro che andarmene! Decisi anzi, e stavolta fermamente, che a cominciare dalla mattina dipoi avrei ripreso le mie esplorazioni nella casa. II destro, come ho detto, me ne era offerto dal percorso che dovevo compiere, almeno due volte al giorno, attraverso una parte di essa; ma gli e che ormai quasi sempre, al mio risveglio (1'ora per diversi motivi piu favorevole) trovavo il vecchio davanti alia porta pronto ad accompagnarmi giu. La sua sorveglianza si trattavad'ingannare. Quella sera avemmo pane fresco e persin vino, sebbene aggirato; cui forse risali il merito d'aver sciolta un tantino la lingua al 466 ospite. Egli, tuttavia, non parlo che di cose indifferenti, come a un certo punto, ahime, di letteratura latina; argomento non staro a dire quanto a me poco familiare. Solo, a un tratto, essendo caduto il discorso sulla Francia o su qualcosa di francese, mi afferro per un braccio e disse: Parigi, oh, ParigiL.. Parigi 6, come si sa, la mecca di tutti i gentiluomini del meridione; pure, in lui doveva risvegliare ricordi particolarmente belli o particolarmente brutti. Non aggiunse altro, e da qui ricadde nel suo abituale silenzio. Munito di una piccola lucerna a olio, egli mi condusse, secondo il solito, fino alia mia camera. Ho detto una lucerna, ma occorre qui rilevare come, oltre a questa, che egli teneva sempre seco, non ve ne fossero in verita altre, ne altri mezzi d'illuminazione purchessia: non candele, non lumi a petrolio. Raggiunta dunque la mia stanza, io vi rimanevo nella piu completa oscurita. E poco male finche duro la mia stanchezza arretrata: appena fra le coltri, mi addormentavo. Quando pero, per effetto dell'ozio, cominciai a soffrire di insonnia o a stentare prima d'addormentarmi, la cosa apparve disperante. Zolfanelli non ne possedevo piu, e in casa non ci dovevano essere che gli indispensabili. Presi Tabitudine di lasciare aperti gli scuri, e cosi riuscivo a procurarmi, alia lunga, una parvenza di luce. Per fortuna, la luna calava, e speravo che presto avrebbe principiato ad assistermi. II che si produsse infatti quella notte medesima: essa mi saluto d'un raggio, e si rinascose subito dietro nuvole nere come 1'inchiostro. Un vago e spettrale chiarore ne rimase tuttavia nellastanza. Stavo dunque, tardi nella notte, ancora cogli occhi spalancati e contemplavo malinconicamente il tratto di cielo che scorgevo dal mio letto, quando mi parve udire un lieve scricchiolio; cui non feci alcun caso, perche quella dimora era il regno dei tarli e dei topi. Ma lo scricchiolio si ripete, verso un grande stipo a muro, di quercia scolpita, che era li e non m'ero mai curato d'aprire. Stetti ancora, distratto, in ascolto, e stavolta udii distintamente un leggero fruscio, seguito tosto da un terzo scricchiolio piu forte, quasi un debole schianto. Topi, certo, potevano essere, pure mi sembrava di percepire in quel rumore qualcosa di peculiare; la mia attenzione si andava svegliando, e un vago timore. Rimpiansi la mancanza di zolfanelli. Fu la volta ora di un tenue soffio, che poteva essere del vento, senza dubbio, ma che avrei giurato fosse il sospiro d'una creatura vivente. Ed ecco che il vento, come a darmene la certezza, cadde un istante, e mi parve allora d'udire, nella gran tensione, ormai, 467 dei miei nervi e nel silenzio di tomba sopravvenuto, il lievissirno e reiterate rumore che puo fare una bocca spirante; rumore che non avrei fin li giudicato udibile. Balzai a sedere sul letto, le cui molle gemettero fragorosamente. Non avevo di meglio da fare, di qualunque cosa si trattasse, che affrontare il pericolo, se pericolo v'era, che correre sul luogo; lo feci dopo breve esitazione, quasi coi capelli ritti. II rumore, o quella larva di rumore, era cessato fin da quando m'ero mosso. Avevo impugnato la pistola che, per abitudine di quei tempi calamitosi, tenevo sotto il guanciale, e spalancai d'un tratto gli sgangherati battenti dello stipo. Non vidi, all'incerta luce, che un muro bianco, qua e la sgretolato. Dei ripiani di legno, solo quello superiore, all'altezza circa d'un uomo, era al suo posto, mentre il primo era caduto da una parte restando per 1'altro estremo appoggiato al suo sostegno, cosi da risultarne intraversato diagonalmente, e quello centrale mancava del tutto. Nulla, insomma, di singolare o notevole. Eppure, mi pareva di non essermi ingannato. Ora, non era difficile supporre che, in un tal maniero, la parete di fondo d'uno stipo dissimulasse un passaggio segreto. Esaminai pertanto, al tatto prevalentemente, come meglio seppi quel fondo; senza scoprirvi niente di sospetto. Che fare? Mi ripromettevo, certo, di riprendere la mia indagine a giorno fatto; pel momento non mi rimaneva che tornarmene a letto e spiegarmi a mia posta 1'incidente, come un'illusione dei sensi turbati o un effetto del vino. Ma ben sentivo che la cosa non stava cosi, e non mi addormentai prima dell'alba, che era prossima. In ogni caso, il fatto servi a rinfocolarmi vieppiu nel progetto di procedere subito a una minuta esplorazione della casa. Levandomi al mattino cercai, in conseguenza, di fare il meno rumore che potevo, ed ebbi la prima soddisfazione di non trovare il vecchio fuori della porta; malgrado 1'estrema finezza del suo orecchio (come, avevo avuto modo di constatare, di tutti gli altri suoi sensi) non doveva avermi udito; supposizione, del resto, forse errata. S'intende bene che avevo preventivamente ripreso, in piena luce, 1'esame dello stipo sospetto e condottolo con minuziosa attenzione; senza nessun risultato. Uscito ora nella saletta di cui ho detto a suo luogo, cercai innanzi tutto cogli occhi la porta della stanza attigua alia mia dal lato dello stipo medesimo; ci doveva pur essere, questa stanza, e di qui avevo deciso di iniziare la mia scoperta. Ma, sebbene la mia propria porta non aprisse nel centre della parete e, da quel lato appunto, di parete rimanesse libero un 468 gran tratto, non vidi aperture di sorta. Dunque alia stanza cercata non s'accedeva di la, e occorreva perlomeno rilevare la pianta di quella parte della casa per trovarne 1'ingresso. Impresa che appariva difficile, considerate come neppure la parete che faceva angolo con questa in parola presentasse aperture, sicchd questa medesima fosse possibile seguire in qualche modo; considerata altresi, in generale, la speciale disposizione dei vani nella casa, 1'uno dentro 1'altro, e dunque i continui e gia accennati mutamenti di direzione e orientazione cui si era costretti nell'attraversarla. Non disperavo tuttavia di venire a capo della difficolta, ma bisognava procedere con un certo metodo; eppure affrettarsi, giacchd non ero affatto sicuro di non vedermi all'improvviso sorgere innanzi il vecchio. Cominciai col tentar di raggiungere almeno il vano attiguo alia saletta, sul quale poteva ancora dare la stanza cercata. A esso, pero, non si accedeva, come avevo sperato, dalla loggia che alia saletta teneva dietro; con notevole difficolta e percorrendo due volte il tragitto, perche la prima avevo perduto 1'orientamento, lo raggiunsi da ultimo mediante un gran giro a uncino. Secondo ormai m'aspettavo, anche qui la parete che mi interessava (continuazione della prima oltre lo spessore del muro a traverso) era cieca; e, quel che e peggio, lo era del pari la successiva ad angolo retto. Dovetti pertanto compiere nuove e complicate giravolte onde raggiungere la stanza attigua e seguente; ove mi aspettava una nuova delusione. Ma intanto, a mano a mano che mi allontanavo dal punto di partenza, mi riusciva piu difficile mantenere 1'orientamento; sicche quando infine varcai la soglia della quarta stanza di quella fila, non avrei piu saputo dire con sicurezza qua- 1'era la parete che stavo seguendo. Per fortuna qui non c'era imbarazzo, in quanto la stanza, un vasto ripostiglio abbandonato, non aveva altre aperture se non quella per cui ero entrato: qualunque fosse di quelle tre, la mia parete era, anche qui, cieca. Su questa linea dunque non si sfondava; poichd, in base ai miei calcoli, mi sembrava certo che il ripostiglio fosse 1'ultima stanza della fila, eppero che la mia parete finisse li, interrotta da un grande vano trasversale (in particolare il corridoio dei caprioli). Sudavo freddo e la testa cominciava a confondermisi; ritornato comunque al punto di partenza e rilevando solo a mente la direzione della famosa parete, mi confermai in quell'idea. Non c'era che girare largamente la posizione. II grande corridoio sembrava infatti comprendere, e chiudere col suo muro interne, le teste di ambedue le file, quella fin qui 469 Tcon tanto stento percorsa, e 1'altra di cui facevano parte la mia propria stanza e la cercata. Senonche detto muro non presentava che una piccola apertura verso il fondo oltre lo spazio che giudicavo tenuto, in larghezza, dalle due file. Rimasi perplesso, non sapendo se impegnarmi in quel terzo seguito di camere che non conoscevo e fra le quali poteva poi trovarsi quella del mio ospite. Inoltre la porticina medesima, a tutto sesto e coi battenti a specchio, chiusa, aveva un'apparenza tanto intima, che mio malgrado mi teneva in rispetto. Da ultimo mi feci coraggio ed entrai cauta- mente. Mi trovai in una sorta d'anticamera, ma non del tutto abbandonata. Nonostante le gelosie e, quasi completamente, gli scuri fossero chiusi, scorsi una o due seggiole imbottite, un paio di tavolini a muro di marmo colorato, e suvvi qualche oggetto; il quale, insieme a un particolare odore o calore dell'aria, mi dette anzi a credere che il luogo fosse attualmente abitato, e sempre piu a temere che li dattorno fosse il covo del mio ospite. Nuove esitazioni mi presero; ma, avendo un tempo prestato orecchio senza udire il benche minimo rumore, decisi di proseguire. Sopratutto mi indusse a cio la vista d'una porta dalla parte giusta; intendo, che pareva dovermi dar passo verso 1'agognata stanza. Aperta tale porta, entrai in una seconda camera, in luce, un po' piu fredda, peraltro, o men vissuta della prima; quasi al tutto priva di mobili, con un tappetto sbrindellato e tappezzerie di pregio alle pareti, sebbene ridotte nel solito state; due o tre candelabri dorati a bracci, semisconficcati, un tavolo rotondo e sbilenco nel centro. Verosimilmente era questo un luogo di passaggio,cui, se era esatta la mia impressione relativa alia prima camera, doveva seguirne un altro abitato, forse in quel momento stesso occupato. Tuttavia, secondo sempre i miei calcoli, mi trovavo ormai nella fila centrale di stanze, e la porta che avevo di fronte doveva darmi finalmente adito a quella con tanta pertinacia cercata. Cosi prossimo dunque alia meta, non esitai oltre e spinsi leggermente detta porta. CAPITOLO IX La stanza in cui ora entrai era, come la prima, immersa nella semioscurita; v'era pero luce bastante da rigirarvisi alia prima e da distinguere con chiarezza gli oggetti. Non risultava invece 470 chiaro quale fosse la sua destinazione; ma scorsi qui ci6 che sembrava mancare dovunque altrove nella casa, ossia alcuni mobili d'uso comune o personale, usati anzi, secondo ogni apparenza; come un canterano panciuto da una parte, una vecchia toletta impiallacciata dall'altra, uno scrittoio a rullo aperto a meta e ingombro di carte, e simili. II colore dominante nella stanza era il giallo, rappresentato in vari tessuti alle pareti, sui mobili e per terra. Nell'aria, poi, era diffuse quel medesimo odore umano, piu intense, quasi un sottile profumo, e quasi io mi fossi avvicinato alia sua fonte. Questa circostanza non manco d'impensierirmi, ma rilevai subito che il luogo non aveva altre porte, sicche non ci poteva essere nessuno nei paraggi; potevo bensi venirvi sorpreso per la mia stessa via, e in tal caso senza speranza d'evasione. Nondimeno, ormai c'ero e ci restai. Esaminai per prima cosa quella che giudicavo essere la parete divisoria fra questa stanza e la mia. In essa s'apriva veramente uno stipo a muro, con battenti dipinti a vivaci fiorami, e proprio, pareva, in corrispondenza del mio di la, oltre che della medesima grandezza. Apertolo, non vidi dapprima nulla di sospetto. Salvoche i ripiani di legno qui mancavano del tutto, sebbene vi rimanessero i sostegni. E, quasi non bastasse, lo sguardo mi cadde ora su due assi, che risultarono essere due di tali ripiani, appoggiate contro un mobile senza rispetto alcuno per la comodita di movimento nella stanza; come, cioe, rimosse da poco e messe li solo prowisoriamente. Mi si mostrava ormai per tutti segni palese che quei due stipi dorso a dorso dissimulavano, secondo avevo supposto, un passaggio segreto. Non restava che trovarlo. Reiterando 1'esame, finii infatti collo scoprire che il muro di fondo dello stipo appariva leggermente e uniformemente staccato da una specie di riquadro di legno corrente lungo il filo degli angoli. Dove, pero, poteva esser nascosto il comando dell'ingegno destinato a far scorrere o ruotare quel tratto di muro (se era questo classico il sistema qui adottato)? Nell'interno dello stipo, non vidi niente che desse appiglio al dito o alia mano; osservandone invece i montanti, notai da ultimo una testa di chiodo che sembrava singolarmente fuori posto. Alia pressione diretta o laterale, essa non cedette; ma venne fuori d'un centimetro o due quando mi riusci d'afferrarla colle unghie, e al tempo stesso un piccolo quadrate di legno dei montanti, in cima, si ribalto senza rumore, scoprendo un bottone di metallo. II quale alia pressione cedette, per contro, subito: la parete di fondo dello stipo comincio lenta- 477 mente e silenziosamentea girare, non gia sul proprio asse, ma su qualche cardine, sicche dovesse aprirsi tutta dalla mia parte, a battente. Con una certa ansia attesi che quel moto si compiesse; giacche, per quanto ne sapevo, il passaggio poteva anche mettere in altra stanza dalla mia. Ma la mia era quella che si scopri di la dalla spessa muraglia. Non correva piu dubbio: 1'incidente della passata notte non era una mia fantasia, e qualcuno aveva tentato introdursi presso di me durante il mio sonno, o cio che supponeva tale; poi, forse messo sull'avviso dal rumore delle molle quando ero balzato a sedere sul letto, s'era ritirato senza porre in atto il proprio proponi- mento. Ma a quale scopo? E chi, se non il vecchio? Ebbene, avevo finito col convincermi (almeno secondo ragione) che il vecchio fosse 1'unico abitatore della casa e che a lui andassero attribuiti i minuti fatti da me rilevati come indizio d'altrui presenza; il secondo punto del quesito consideravo dunque risolto. Quanto al primo, occorreva certo chiarirlo, ma questo non era il momento adatto, che bisognava sopratutto andarsene di li al piu presto ed evitare in tutti i modi una sorpresa. Intanto, onde non dar sospetto, feci riscattare la molla, riconficcai il chiodo, e ogni cosa torno nel primiero stato. Stavo attraversando la stanza per uscire, quando una spera di sole irruppe dall'alto delle gelosie male accostate e feri di viva luce un oggetto buttato sulla spalliera d'una seggiola imbottita; la mia attenzione fu da quell'oggetto necessariamente attratta. Era alcunche come uno zendado o un amoerro, un pezzo infine di stoffa preziosa e cangiante; un po' frusto. Ma qualcosa me lo rendeva familiare; frugavo nella mia memoria, come da questa dovesse venirmi aiuto. E all'improvviso lo riconobbi: 1'amoerro del ritratto! Per verita, 1'identificazione non poteva, a rigor di logica, essere sicura, dato anche il gia accennato deterioramento del ritratto medesimo; tuttavia io la sentivoincontrovertibile. Si giudichi della mia emozione. Dunque quella donna era ancora viva, e forse questa stanza era una di quelle in cui s'aggirava, forse suo era il lievissimo profumo da me sentito? O era questa una reliquia? Poco poi mi brigavo, in codeste fantasticherie, del fatto che colei, seppur viva, non avrebbe per nulla rassomigliato alia donna da me, per cosi dire, conosciuta; e mi ostinavo a parlarne meco stesso come, al caso, fossi per vedermela innanzi sortita d'un balzo dal ritratto,come altra vita da quella del ritratto ella non potesse avere. 472 Andavo contemplando quel semplice pezzo di stoffa, che avevo rimesso religiosamente a posto, con dolce languidezza. Insomma ero rimasto li incantato, dimentico di dovermene andare. Ed ecco che la solita sgradevole impressione d'esser guardato mi fece riscuotere. Mi girai: il vecchio era davanti a me. Non saprei descrivere il suo furore; i suoi occhi, piu che mai cupi, dardeggiavano sguardi d'odio mortale e di sdegno, e di tale violenza, che neppure questa volta potetti sostenerli. Prima che avessi fatto un solo movimento, egli mi si Ianci6 contro e, tremando di rabbia a verga a verga, mi afferro per un braccio. Anche i suoi denti battevano e stridevano. Non avevo mai visto un uomo cosi irato, cosi disumanamente scatenato, ne cosi spaventoso nell'ira; e tuttavia egli si conteneva ancora, e questo non era ancora che uno zuccherino! Quando parlo, lo fece con una scioltezza nuova, malgrado il tartagliamento dovuto al suo violento tremito. Signore, ur!6 ebbi gia a darvi dell'indiscreto. Ora vi dico e vi grido che siete un impudente! uno sfacciato!un ribaldo! Che la vostra condotta e inqualificabile, che... Voi... voi... voi ve ne andrete all'istante di qui, sulPanimamia!; ed altri compliment! del genere. Confesso che mi venne la tentazione di saltargli addosso, ma ne fui distolto da due ordini di considerazioni. II primo assai poco onorevole, e fu il pericolo che avrei corso a farlo: i cani infatti, anche stavolta present!, vedendo il padrone scuotermi in quel modo gia mi si awicinavano minacciosi. II secondo, piu meritorio, riguardava tutte le buone ragioni ostanti di umanita, gratitudine eccetera. Cosi poste le cose, Tunica era subire con filosofia il rabbuffo. II vecchio, tuttavia scuotendomi, mi spingeva verso la porta. Tentai rabbonirlo con qualche diceria; pretesi persino d'essermi smarrito uscendo dalla mia camera, ma egli non era tanto sciocco da crederlo. Attraversammo quelle stanze, il corridoio; mi tir6 in cima alia scala, mi lascio finalmente. Andate, signore, andate all'istante, e Dio vi perdoni la vostra intollerabile improntitudine! disse con tono in apparenza piu calmo, in realta piu minaccioso; e mi tenne dietro per le scale. Raggiungemmo la sala; la sua ira, anziche sbollire come avevo sperato, si andava concentrando, seppure non traboccava. Andate, andate senza piu badava egli a ripetere con voce intensa e sorda; e prendeva il mio fucile dall'angolo ove era deposto, me lo metteva fra le mani, mi spingeva verso 1'uscita. Pure, io avevo ormai il piu grande interesse a rimanere, e mi 473 trovavo percio in non lieve imbarazzo; poiche, senza contare il fatto che a qualunque effetto era sempre piu comodo rimanere col consenso del mio ospite, mi rendevo conto bene che la mia violenza della prima notte era stata solo apparentemente tale, e che, come ho ripetutamente notato, non avrei mai potuto imporre la mia presenza in casa se egli davvero non lo avesse voluto. Cio posto, mi appigliai al partito della dignitosa umilta e gli tenni, imitando un po' senza volere un po' ad arte il suo stile, un discorso press'a poco del seguente tenore: Me ne andro dunque, signore (mossi veramente un passo verso 1'uscio), e non sara senza serbare a voi, che mi soccorreste in difficile memento, la piu calda gratitudine, e a questa casa il piu piacevole ricordo; ma non sara, di nuovo, senza prima giustificarmi di cio che a buon titolo aveste a definire intollerabile indiscrezione e peggio . E, di questo passo, seguitai a dire con molta franchezza che non era poi gran meraviglia avessi voluto rendermi piu esatto conto d'un luogo dove il destine m'aveva posto ( dite piuttosto la vostra forsennata volonta! interruppe a questo punto, furiosamente sorridendo); e, articolo secondo, se non potevo negare di conoscere la sua costante riservatezza,non v'era stato suo esplicito divieto di aggirarmi nella casa. Egli ascolto con impazienza questo discorso, parendo, senv mai, dei due argomenti apprezzare e comprendere soltanto il formale, poco in ogni caso commovendosene. A sostenermi in buon punto, echeggiarono ora verso il piano alcuni colpi e salve di fucile: davano la caccia a uno sventurato come me o a qualche capo di bestiame in fuga. Prestammo orecchio; gli spari cessarono, ma io ci avevo guadagnato un tanto, nella presente contingenza. Difatto, scacciarmiin quel momento significava forse espormi a gravi pericoli, e il vecchio se ne rese conto. CoH'aria di chi non cede che alia necessita e gia si pente del proprio impulse generoso, disse finalmente: Ebbene, che io non abbia a rimproverarmene! Ma ogni altra indiscrezione, signore, vi sarebbe fatale , e mi pianto li. Nientemeno: mi sarebbe fatale! Eppure, cominciavo a credere che, nelle sue frasi, di pomposo non ci fossero che le parole. In preda a un particolare senso di disagio, affrontai la minuta e gelida pioggia sopravvenuta per raggiungere un'eminenza donde riconobbi la regione sottoposta, che appariva calma fin dove si spingeva lo sguardo; gli sparatori dovevano essersi allontanati di molto, poiche udii una fioca fucilata dal limite estremo del falsopiano. Per il momento potevo staretranquillo. Riflettevo sugli incidenti della mattinata. Di proposito avevo 474 evitato di riferirmi, nel mio contrasto col vecchio, alia faccenda dello stipo, che pure sarebbe stata la mia migliore giustificazione e, al tempo stesso, un grave rimprovero per lui, atto adabbassarne il fiero sdegno; e cio nell'interesse medesimo della mia investigazione. Ma gli e anche che ero rimasto non poco stupito del suo strano modo di procedere: tentava, intendo, di penetrare nottetempo nella mia stanza, e in pari tempo mi scacciava di casa? che cosa dunque lo spingeva, verso di me e soltanto nelle tenebre, secondo pareva? Non certo il proposito di nuocermi, ammettendo che ve ne fosse per lui motivo, poiche di nuocermi avrebbe avuto mille altre occasioni. E vero che la prova rigorosa delle sue intenzioni nei miei riguardi mi mancava ancora: se innegabilmente aveva fatto agire il meccanismo del passaggio, cio non dimostrava ancora in modo irrefutabile che avesse voluto introdursi in camera mia; e, se nel cuor della notte, non era egli uomo di singolari abitudini? Ma, lasciando i sofismi, di prova non teneva luogo il concorso delle circostanze? O per contro dovevo daccapo supporre in quella casa la presenza di almeno un altro abitatore, che si tenesse misteriosamente e costantemente celato? A una tale idea il cuore mi batteva: chi poteva essere questo secondo abitatore, se non...? II vecchio sembrava infatti cosi geloso di tutto quanto gli appartenesse e lo, ma diciamo a piu chiare note la, riguardasse; e passiamo ancora una volta sopra a quanto c'era d'insensato in queste mie speranze e combinazioni. Da tutto cio non sapevo comunque che concludere. Aspettai la notte, che forse m'avrebbe fornito altri lumi, e intanto feci fermo e perfido proponimento di non tenere conto alcuno delle minacce del vecchio e di seguitare la mia scoperta. Cosa propriamente cercassi, e inutile ormai dire che io stesso non sapevo; ma al mio ospite dichiarai adesso guerra, o meglio, senza nulla dichiarare, a guerra anche sorda e vile mi disposi, quale mi pareva giustificata dalla di lui supposta doppiezza. Solo che ora avrei dovuto usare davvero la piu grande prudenza. CAPITOLO X Tuttavia la notte trascorse senza il menomo incidente. Avevo preso ogni possibile precauzione per sorprendere il furtivo visitatore e per averne, al caso, ragione; m'ero persino procurato, rubandoli bellamente in cucina, tre zolfanelli dei cinque o sei che 475 . facevano tutta la scorta della casa; e che furono inutili. Stance dell'attesa e della veglia, verso 1'alba m'addormentai. Quella mattina stessa ripresi le mie esplorazioni, ma non fu che sul tardi, poiche avevo trovato puntualmente il vecchio fuori della porta ad attendermi, sebbene mi fossi studiato d'esser silenzioso levandomi; dovetti spiarlo, e finalmente lo vidi uscire, lui e i suoi cani, forse in direzione del campicello di cavoli. Attaccai direttamente 1'ala della casa di la dal piccolo arco in cima alia seala di legno, quella insommadov'era stata sbattuta la porta. A passi di lupo salii detta scala, imboccai risolutamenteil corridoio, traversal le stanze, il secondo corridoio, raggiunsi 1'anticamera a suo luogo descritta. Senza dar tempo al mio impeto di cadere, girai la sporgenza della parete; contavo trovare nella rientranza quella tal porta, e ve la trovai infatti, una bassa porta dipinta e annerita. Rimasi un istante a origliare; nessun suono veniva di la o dalle altre porte; aprii. Lasciare al buio le stanze da lui frequentate doveva far parte delle abitudini del mio ospite: tutto quanto potei vedere alia prima fu un gran letto a baldacchino, decrepito, ma con ancora un po' del suo parato. Questo letto era disfatto! Ero dunque capitato nel covo stesso del vecchio? Non ebbi, pero, il tempo neanche di rigirarmi, che un leggero e lontano rumore mi colpi 1'udito: non c'e che dire, nervi, luoghi e, ora, coscienza sporca cominciavano ad afflnarmi i sensi. II rumore era come un gemer di assi; mi feci subito la mia idea: il vecchio stava salendo la scala di legno. Egli ora poteva, raggiunto il pianerottolo, procedere verso 1'altra ala, ma anche venire dalla mia parte, per avventura nella camera medesima dove mi trovavo. Corsi alia porta, che avevo lasciata aperta, prestai orecchio. II primo rumore era cessato, per dar luogo a un quasi inapprezzabile fruscinio, che giudicai prodotto dalle babbucce del mio ospite, e che sembrava a grado a grado aumentare; di li a un istante gli si uni il suono, inconfondibile per un attento ascoltatore, di polpastrellicanini su un pavimento. Non c'era ormai dubbio: egli e i suoi cani venivano alia mia volta per il cammino stesso da me percorso qualche momento prima, e non mi restava che battere piii che presto in ritirata. Per dove? E se mi fossi impegnato in una via senza uscita?Non c'era tempo di consigliarsi; presi la prima porta verso 1'interno che mi si paro davanti. L'avevo appena aperta e riaccostata, senza chiuderla del tutto per tema di far rumore, quando il vecchio comparve, guardandosi 476 attorno con aria perplessa, forse perche rammentava di aver lasciato chiuso 1'uscio suH'anticamera, e lo ritrovava aperto. Ci6 vidi di tra i battenti del mio uscio, presso cui ero rimasto a spiare; ma riflettei subito che non potevo indugiarvi oltre, dato che i cani, i quali si erano attardati nell'anticamera,dovevano raggiungere da un secondo all'altro il padrone, e quanto a questi poteva sfuggire, ossia la mia presenza, non sarebbe certo sfuggito a loro. Rinunciando percio a sorvegliare i movimenti del vecchio, badai a cercarmi una nuova via di scampo; e dovetti farlo a tentoni, perche la stanza dove mi trovavo era addirittura senza finestre. Seguendo la parete, e per fortuna senza incontrare ostacoli (altrimenti mi sarei inevitabilmente tradito), raggiunsi un'altra porta, che pero resistette ai miei cauti tentativi d'aprirla. In tale istante la mia situazione era davvero critica, poiche udivo il vecchio agitarsi di la e, sembrava, avvicinarsi alia porta di comunicazione: anche questa, forse, ricordava d'aver lasciata chiusa. Non ho mai saputo se, in quell'occasione, egli abbia sospettato qualcosa, o quali furono le ragioni che lo spinsero a muoversi come fece; propendo a credere, ove le impression! da me or ora attribuitegli non siano state una mia fantasia, che si tenesse ingannato dalla propria memoria, e, in generale, che girasse per sue faccende, senza pur pensare a inseguirmi; in caso contrario, candidamente penso, avrebbe finite col trovarmi e vano sarebbe riuscito qualunque accorgimento. Fatto sta che di inseguirmi ebbe 1'aria: non avevo ancora infilata, a gran furia, una seconda e piu docile porta, che egli varc6 la soglia della prima. Ne staro qui a riferire minutamente la vicenda dei miei complicati e ciechi andirivieni per camere e corridoi e sale sconosciute, sempre ritirandomi io davanti ai suoi passi. E verro senz'altro a una porticina in un ripostiglio contro la quale fui sospinto dalla sua avanzata. Essa dava su una ripida e lunga scaletta di pietra, tanto angusta che pareva ricavata nello spessore del muro; non avevo la scelta, e la presi. Mi trovai, dabbasso, in una piccola cantina o canova a volta, che prendeva luce da un'alta feritoia con inferriata, una di quelle, probabilmente,da me rilevate duranteil mio esame esterno della casa; in un angolo era un mucchio di patate che levavano alti i loro germogli d'un verde smaccato, in un altro non piu di cinque o sei mele su uno strato di capecchio. Immaginai che questa potesse essere la meta del vecchio, se ne aveva una che non fosse la mia propria persona. Mi convenne, comunque, di nuovo infilare Tunica apertura che si vedeva li dentro, e di nuovo 477 mi ritrovai sui gradini, mucidi, d'una scaletta mezzo rovinata. In quale cupo sotterraneo stavo per cacciarmi? Scesi qualcuno di quei gradini, mi fermai in ascolto; udii il vecchio scendere lentamente, a sua volta, la prima scaletta. Ma ora dovevo, specie per via dei cani, mettere quanto piu spazio era possibile fra noi; pro- seguii. II sotterraneo dove giunsi non prendeva luce da nessuna parte, se si eccettui la scarsissima che trapelava dal vano della scaletta. A tale incerta luce scorsi una specie di critta dalle pareti stillanti e coperte d'un musco pallido, con, qua e la, qualche rado ciuffo di capelvenere, quasi bianco; piuttosto, dunque, una specie di grotta. Due aperture, a dritta e a manca, mettevano in luoghi egualmente bui; non avevo che da scegliere, non sarebbe per6 cosa allegra da una parte ne dall'altra. In quella, qualche rumore dalla canova soprastante mi fece credere che il vecchio se. ne fosse ritirato; risalito cautamente, potei infatti constatare che la canova medesima era ormai deserta. Se caccia era, quegli 1'aveva abban- donata. Non pero che io ne restassi avvantaggiato di molto; e invero, mi competeva trovare di la una via d'uscita che non fosse possibilmente la via gia percorsa. D'altronde, la curiosita m'aveva ora ripreso: giacche mi si presentava 1'occasione, volli esplorare anche quei sotterranei e per essi raggiungere, se mi riusciva, 1'aperto. Presi a caso verso sinistra, per entro cio che pareva una specie di cunicolo; per cammino non piu lastricato, ma semplicemente battuto. Mi davano coraggio non tanto la pistola che avevo in tasea (e che in ogni caso mi sarebbe stata di poco uso in quella tenebra), quanto i miei tre zolfanelli, che avrei potuto accendere al momento opportune; certo, dovevo risparmiarli al massimo. Rimasi egualmente un po' sconcertato nel rendermi conto, dopo pochi passi compiuti appoggiandomi alia viscida parete, che il terreno cominciava a scendere; tirai avanti tuttavia, e non so dire quanto durasse la graduale discesa. In capo a un certo tempo, qualcosa m'avverti che ero giunto in luogo piu ampio, e mi parve questo il momento di sacrificare uno dei tre zolfanelli. Intravidi cosi una grotta abbastanza grande, una vera grotta con tanto di stalattiti; ne il poco tempo concessomi dallo zolfanello mi permise ulteriori osservazioni. Fu molto se vidi alFultimo momento una terza scaletta che, due passi discosto, s'inabissava nel suolo; e Foscurita mi riavvolse. Non nego che un certo sbigottimento mi tenesse, tuttavia 478 1'impulso che mi muoveva (e che era qualcosa di piti d'una semplice curiosita) ebbe il sopravvento: presi a tentoni anche questa scaletta. Essa mi parve interminabile, e la discesa era perigliosa; fini pure una volta, e allora, quasi in premio della mia lunga tenacia, cominciai a intravedere un vago chiarore, o piuttosto ad averne il senso. Procedendo per una specie di galleria, e superatane una girata, fmii collo scorgere in fondo, a una distanza che pareva incolmabile, un minuscolo tratto di cielo occhieggiante, sembrava, da una stretta crepa fra due rocce. Raggiunsi da ultimo questa, inerpicandomi su una rovina di tronchi, pietrisco e terriccio. Un uomo non vi sarebbe passato in nessun modo. II paesaggio che si scopriva verso il piano presentava prospettive leggermente diverse dalle abituali;non vi comparivano inoltre le eminenze che, dalla casa, impedivano la vista della regione sottostante. Mi trovavo dunque, nonche nelle viscere della casa, in quelle della montagna. La crepa soffiava un filo gelido di vento; ridiscesi ed esaminai il luogo. La or ora percorsa era una vasta galleria dalle pareti di roccia trasudanti umidita. Vi prosperavano, in terra e su tali pareti, certe altre piante, viscide e gonfie, della specie forse dei funghi e assai sgradevoli all'aspetto; cosi pure, vidi qualche immondo animale che arrancava via spaventato dalla mia presenza, come un enorme e bianchiccio geco, se tale era veramente. Verso la meta della galleria era un'apertura che non avevo notata al passaggio; ricavata nella viva roccia con profondo sguancio, munita di vetusto e spesso battente laminate di ferro, aperto in questo momento verso 1'interno, a sua volta fornito di spia e griglia; una porta di prigione, insomma. Era forse in questa orrida lustra che gli antenati del mio ospite rinchiudevano i nemici irriducibili. Ma, dentro, Foscurita era fitta e non valeva a dissiparla la tenue luce della crepa nellagalleria. CAPITOLO XI Decisi di por mano al secondo zolfanello, e lo accesi con infinita precauzione, poiche il terzo volevo assolutamente serbare per il ritorno. La breve luce mi rivelo un'angusta grotta, le cui pareti mostravano, peraltro, qua e la la mano dell'uomo in rinforzi di muratura, in blocchi di pietra inseriti a forza nei fessi della roccia, e in altre opere intese a rendere piu sicuro il luogo contro ogni 479 tentative d'evasione di chi vi fosse rinchiuso. Esse pareti, poi, e particolarmente il suolo c il cielo, presentavano il piu curioso e tetro spettacolo che io abbia mai veduto, erano cioe coperti di palle, filamenti, vesciche, bozzoli, bubboni (e non so piu come chiamarli) di varie dimensioni, bianchi e boffici, che presi dapprima per funghi, che erano invece mostruosi fiori di rnuffa; che, ad afferrarli, si dissolvevano totalmente in un velo appena d'umidita sulla palma. Quegli schifosi vegetali avevano distratta la mia attenzione al punto che solo quando Io zolfanello langui, e subito si spense con un ultimo bagliore dello stecchino carbonizzato, affigurai 1'oggetto piu interessante di quel carcere. Dico che, alia mia sinistra contro la parete, vidi fuggevolmente un grosso anello di ferro da cui pendeva un pezzo di catena massiccia e rugginosa, e fin qui nulla di strano; Io strano si era invece che su quest'anello poggiava qualcosa come un mazzolino di fiori, disposti approssimativamente a corona. Fiori li dentro? E, per colmo di sorpresa, a toccarli sembravano freschi. Ero in fra due, incerto cioe se sacrificare anche il terzo zolfanello e affidarmi unicamente al tatto per il ritorno, o se abbandonare la mia indagine. Ma questo elemento di essa appariva troppo impensato e importante; senza piu esitare, accesi. Erano fiori davvero e davvero freschi, roselline d'autunno selvatiche o inselvatichite, quelli che contemplavo con religiose terrore; rammentai infatti vagamente d'aver veduto, nel giardino di Renzo davanti alia casa, due o tre di tali cespi. Che cosa pensare di cio? Era quanto non sapevo in nessuna maniera. E ormai il silenzio e 1'aria d'avello di quel sotterraneo, coi suoi misteri, principiavano a toccarmi non per burla i nervi: mi ritirai in gran fretta. Le mie emozioni di quel mattino non erano pero finite. Abbandonando 1'incerto chiarore laggiu diffuse dalla crepa, dovevo ora percorrere, come si rammenta, nella piu completa oscurita un tratto piuttosto lungo e non poco accidentato. Ebbene, avevo appena cominciato a salire 1'infima scaletta, che mi parve udire un leggerissimo scalpiccio in cima a questa. Di nuovo il vecchio o, peggio ancora, i suoi cani, spintisi per un caso fin li? M'inorecchii: sembrava pesta umana, benche non di persona in babbucce. E se non il vecchio, di bel nuovo, chi? E se il vecchio, perche pareva adesso fuggire innanzi a me? E, se s'era avanzato fino a un certo punto di quel sotterraneo,fino anzi a pochi passi da me, per qualche sua ragione e ignaro del tutto della mia presenza, perche 480 non Io avevo udito prima?Non sapevo ad ogni modo se ripiegare sulla galleria, dove sarei stato almeno assistito da quella scarsa luce, per il caso che avessi dovuto difendermi contro qualcuno o qualche cosa; sopratutto ero incapace di formulare un'ipotesi qualunque. Ma la pesta si era rapidamente allontanatae, considerando quest'unico fatto positive, decisi di proseguire, colla piu grande cautela. Raggiunto finalmente il sommo della scala, udii daccapo il rumore. Stavolta non potevo aver dubbi: era una pesta umana, che con sorda eco il cunicolo in pendio ripercoteva di parete in parete. Essa suonava assai frequente, come la persona corresse, e assai lieve, come questa fosse di poco peso. Particolaritil che mi stupirono: quello, non 1'avrei detto mai il passo d'un vecchio, sia pure ben portante qual'era il mio ospite. Lo scalpiccio non pareva precedermi di gran tratto, sebbene potesse in cio ingannarmi la suddetta eco, e, se mi fermavo, si faceva meno frequente, per arrestarsi poco dopo del tutto; se procedevo, serrava il ritmo. Esso era inoltre alquanto vario, fatta anche la parte al rimbombo e alia natura del terreno; quasi la persona corresse, come dire?, con una certa volubilitJL Se almeno avessi avuto ancora i miei zolfanelli! Che certo li avrei accesi malgrado tutto. La mia curiosita infatti, o quello che poteva essere, per la cecitS. medesima in cui mi dibattevo, era ormai diventata furiosa e disperata, aggressiva. Sconvolto, dico, e incurante degli eventual! pericoli, mi buttai a corsa anch'io, in punta di piedi, coll'idea d'afferrare la persona fuggente. Ma costei, oltre a meglio conoscere il luogo, doveva essere molto di me piu agile, perche udii la pesta allontanarsi rapidamente verso 1'alto, e quindi spengersi: la mia intenzione, in ogni caso, era stata penetrata. Sbollito e stordito, giunsi a cervello e mani vuote a pie della seguente scaletta, dove si sa che arrivava un po' di luce dalla canova soprastante. La mia awentura, o meglio la prima parte di essa, era finita senza che io cavassi un ragno dal buco. Persistendo ora a credere che il fuggitivo fosse il mio ospite, che senso, in nome di Dio, poteva avere quella folle corsa nelle tenebre? Ne era piu da pensare che egli corresse per i fatti propri; evidente invece era apparso che fuggiva e mi sfuggiva. Rimandai le considerazioni a miglior tempo; cominciava infatti dell'avventura la seconda parte, la quale anche mi riserbava una scoperta, se cosi si puo chiamare un ritrovamento da cui (come da tutti gli altri) non seppi cavare alcun precise costrutto. 481 Dovevo adesso rifare il cammino percorso in principio, ma senza ricalcarlo pari pari, al fine d'evitare le stanze abitate allora occorsemi; o, meglio, cercare indipendentemente altra via verso 1'esterno, donde rientrando mi sarebbe stato piu facile giustificare la mia assenza. Qui si che mi persi in un laberinto di stanze e di passaggi e ripostigli e corridoi e scale, alcune palesi, altre segrete o che lo erano state un tempo. Basti dire che mi ritrovai un paio di volte nella soffitta, un suggestive luogo pieno di vetusti oggetti, inutili e curiosi, e una addirittura sul terrazzo merlato. Mi sembro infme d'aver trovato il filo d'Arianna, e cominciai a seguire certo cammino che mi pareva il giusto. E a questo punto incappai nuovamente in una camera che pareva abitata, una minuscola camera, o gabinetto, al secondo piano. Anche di quella, come dell'altra dove ero stato sorpreso dal vecchio, il general colore era il giallo; ma i pochi mobili e le tappezzerie apparivano meglio conservati. Su un tavolino lucido, con uno specchio di Venezia e un pastorello di Capodimonte, giaceva un terzo oggetto che attrasse alia prima i miei sguardi: un vezzo di topazi. E stavolta lo riconobbi senza esitare. Stavolta, pero, non indugiai a contemplarlo: a che sarebbe servito? Dovevo invece evitare altre sorprese e serbarmi la maggior liberta d'azione che potessi. Cosi quella donna inafferrabile (inafferrabile anche in me stesso) mi forniva una nuova testimonianza del suo soggiorno, attuale o passato, nel cupo maniero. Che potevo fare, sul momento, se non accoglierla con devozione? E un cuscinetto di raso azzurro ricamato, da parar gli urti dell'uscio contro il muro, pendeva dalla maniglia che ora impugnavo, e un mazzetto di fiori appassiti era infilato fra i cordoncini. II caso sembrava menarmi sempre piu accosto alia fonte prima, se m'e permesso d'esprimermi cosi, di quel giallore, in luoghi sempre piu impregnati di lei; e anche del suo profumo, li piu forte. Ma, a ben fiutarlo, profumo di persona vivente o di cose morte? Languido e commosso, ancor piu smarrito, pervenni da ultimo all'atrio dov'era la scala di legno che tutti i giorni salivo e scendevo, in posti dunque a me familiari; donde mi riusci raggiungere il cortiletto di pietra e infine, scavalcando un muro, 1'esterno. Rientrai con un gran giro e comparvi nella sala; il vecchio, che era gia a tavola, mi lancio un lungo sguardo sospettoso, ma non disse parola. 482 CAPITOLO XII Ricominciavo a credere seriamente che la casa racchiudesse almeno un secondo abitatore... un'abitatrice. In ogni caso era evidente che questa persona mi evitava con ogni sua possa; ella aveva, di piu, su me un enorme vantaggio, per tacere di altri: il vantaggio della perfetta conoscenza dei luoghi. Ora, uno dei mezzi che mi si offrivano per raggiungerla, se esisteva, pericoloso fra tutti ma forse il piu sicuro, poteva essere quello di seguire furtivamente nei suoi numerosissimi andirivieni il vecchio, che in generale sembrava non aver terra lo reggesse. Avevo ad esempio notato come, durante la cena e subito dopo, sempre in ogni modo alia medesima ora, egli usasse levarsi di tavola e sparire nelle profondita della casa; spesso riportava, e vero, da tali assenze un piatto o un oggetto qualsiasi,pure non tardai a giudicare che egli volesse con cio crearsi un alibi, tanto piu che talvolta dette assenze duravano molto a lungo. In realta, dunque, si allontanava per qualche sua misteriosa ragione. Se poi la cosa non aveva mancato di incuriosirmi prima, ora che andavo maturando il mio progetto mi apparve addirittura provvidenziale. In breve, mi disposi, checchd rischiassi in farlo, a seguire il vecchio proprio allora e in quell'atto. II che rest6 fissato per la sera dell'indomani; questa prima notte, seguente il giorno della mia passeggiata nel sotterraneo, destinai al riposo, alle riflessioni e... alle fantasticherie. Ne essa mi porto nulla di nuovo; lo stipo, finche almeno non m'addormentai, si mantenne muto e il suo passaggio chiuso, sebbene quasi quasi sperassi il contrario. E invero, secondo il presente orientamento delle mie idee, il visitatore notturno poteva anche non essere il vecchio. Tutta la giornata dipoi passo senza incidenti, fra la mia impazienza e i miei languori. Notevole (fino a un certo punto, dato 1'uomo) fu semmai il fatto che il mio ospite non prendesse cibo per tutto il di, credo, quantunque non sembrasse malato; che almeno scomparisse all'ora dei pasti; e, specie, che fosse stranamente parato a festa, ben rasato, ben pettinato, con indosso un abito dei suoi tempi, ma, a parte questo, assai elegante, si ch'egli ne risultava un vero zerbinotto, anzi un vero lion findisecolo. Inoltre le sue assenze furono quel giorno particolarmente frequenti e in generale il suo fare particolarmente misterioso. Per me, sebbene mi sentissi non poco a disagio con un compagno in queH'arnese, io poi nel mio, tollerai simili bizzarrie colla massima buonagrazia. Venne finalmente la sera, quindi 1'ora in cui il vecchio era so- 483 lito assentarsi. Egli si levo infatti, dopo una breve occhiata a certa pendola ranticosa e claudicante. Diavolo, mi dissi io, che lo osservavo stavolta con particolare attenzione, lo si direbbe addirittura un appuntamento; ebbene, tanto meglio. Usci, recando come sempre la lucerna e lasciando me alia luce del fuoco; attesi un istante, poi mi levai anch'io silenziosamente. Oltrepassata la solita porta, prese in direzione della cucina, ma gir6 prima verso dritta per stanze e stanzini sconosciuti; io dietro a passi di lupo. Eh, si: era quella, pare impossible, una parte della casa a me del tutto ignota. Uscendo dalla sala, aveva rimandato con un gesto i cani, che secondo il costume s'apprestavano a seguirlo, e imposto loro di aspettarlo sul posto; cio anzi faceva sempre, a quell'ora. Senza di che il mio furtivo inseguimento sarebbe stato addiritturaimpossibile. Esso risulto ugualmente e singolarmente difficile, in quanto il vecchio, avendo dapprima lasciati aperti gli usci dietro di se, comincio ora a chiuderli, con gran cura persino; una o due volte, per giunta, si volse indietro con aria sospettosa, benche non gli balenasse neppure d'esser seguito. Per fortuna questi usci non gemevano, e la sua ombra medesima mi proteggeva in parte; fui anche favorite dalla quasi costante presenza di tapped in quelle stanze, e, infine, dal fragoroso sgrigliolo dei suoi stivalettilucidi. Pervenimmo cosi a un piccolo corridoio, o anticamera, sontuosamente affrescato (affreschi scrostati e rigonfi), con trofei e candelabri a bracci, lunette sulle porte, fmestra a sesto dai vetri piombati, e quant'altro poteva conferire dignita al luogo. Sembrava questo infatti il quarto veramente signorile della casa. II grande tappeto giallo che copriva per intero il pavimento, per eccezione non troppo sbrindellato,mi fece battere il cuore. Davanti a una porta dipinta d'azzurro e bianco, il vecchio sosto un momento e, voltosi, scruto dattorno; feci appena a tempo a riparare nello sguancio della porta or ora varcata. Quelle sue attitudini, o piuttosto quei suoi riflessi, tanto bene mostravano la sua volonta di segregarsi gelosamente, che non potetti fare a meno di figurarmi con sgomento 1'infrenabile collera in cui egli sarebbe stato gettato dallo scoprirmi li; ma tanto peggio, per nulla al mondo sarei tomato indietro. Apri la porta; quella stanza doveva essere la sua meta, poiche non udii lo sgrigliolo procedere oltre, sibbcne variamente risuonare sul posto. Dovevo adesso superare 1'ultima, la piu grave difficolta: introdurmi nella stanza medesima. Era pero veramente necessario farlo? Se il vecchio, come 484 m'ero fitto in capo, doveva qui raggiungere qualcuno, come mai non lo udivo parlare? o questo qualcuno doveva ancora sopravvenire? In ogni caso avrei forse potuto tenermi pago d'usolare e di spiare dal buco della toppa. Nondimeno, il silenzio dentro durava, salvo 1'alterno scalpiccio (che stava poi facendo colui?) e i miei nervi non erano in grado di sopportare quell'attesa e quell'inazione. Mi spinsi avanti, solo guidato dal fildiluce sotto la porta. Mi chinai al buco della toppa, e scoprii subito due cose: che di li non potevo vedere se non assai imperfettamente quanto si svolgeva nella stanza, e che, proprio per questo, potevo tentare con qualche speranza di successo di introdurmivi copertamente. Voglio dire che la porta era alPinterno protetta da una pesante portiera, i cui due teli, appena scostati, non mi lasciavano vedere, quasi di fra un sipario semichiuso, se non una fettina di camera o, talvolta, il vecchio che la attraversava; ma potevano offrirmi comodo riparo quando fossi riuscito a entrare. Circa la maniera di farlo, decisi d'approfittare d'un momento che quegli m'avesse volto le spalle in pari tempo muovendosi, sicche il rumore delle sue scarpe coprisse quello eventuale della porta. Quanto sconsiderato e audace fosse un tale progetto non rilevero neppure: avevo a che fare, I'ho gia detto, con uomo dai sensi acutissimi, e inoltre era probabilmente piu facile cacciarsi li dentro che venirne poi fuori. Ma fosse stato esso progetto le mille volte piu folle, mi disposi a porlo in atto. Meglio dirlo senza ambagi: il poco che avevo veduto della stanza mi avrebbe fatto trovar buone le piu insensate risoluzioni. Dovevo ora attendere che si producesse la circostanza voluta; ma il vecchio andava su e giu per la camera senza mai presentarsi nella debita posizione. Vi venne da ultimo, e io spinsi cautamente, eppure con decisione, la porta, di cui avevo gia millimetre per millimetro girata la maniglia. Senza dubbio colui era immerso in gravi pensieri, perche essa stridette un nulla, e, ci6 malgrado, egli non s'avvide di quanto capitava. Con altrettanta decisione richiusi e, gia in parte protetto dalla portiera, mi celai vivacemente del tutto; appena a tempo per evitare che il vecchio, voltatosi qui in tronco, mi scorgesse. Potevo adesso vedere con tutto agio la stanza. La quale certo figurava il suo sacrario. Era una grande stanza matrimoniale, la migliore, la piu sontuosa, la meglio conservata e meglio esposta della casa. Ma perche mi attarderei a descriverne i menomi particolari e i menomi oggetti, di nessuna importanza per altri, ciascuno dei quali parlava invece al mio cuore? Basti di- 485 re che ogni cosa, il piu piccolo ninnolo, le cortine del letto, le babbucce ricamate a pie di questo, lo sgabello imbottito davanti alia toletta, e cento altre, ogni cosa serbava viva la di lei impronta ed era rimasta, lo si vedeva bene, come quando ella aveva lasciato quel luogo 1'ultima volta; e potevano essere passati tanti anni! Che dico potevano: su tutto era stesa la polvere del tempo, non la polvere, la particolare opacita delle cose morte, dovunque era il senso di gesti rappresi nell'aria; e, in una parola, come mi era subito apparso che non altra mano dalla sua poteva avere in tal modo disposti quegli oggetti, cosi ora tornai alia mia precedente supposizione, ora anzi per la prima volta acquistai bruscamente la certezza assoluta che ella era morta. E dappertutto era profuso quel suo giallo leggermente abbrunato, come un bagno di funebre oro. In un angolo, e la stanza intera dominando dall'alto d'un prezioso tavolino laccato e intagliato, col piano coperto da un drappo di cupo velluto rosso, era posto un grande ritratto dalla cornice bruna, ammantato d'un fitto velo nero, onde le fattezze della persona effigiata non trasparivano neppure in parte. Perche lo chiamo ritratto e perche parlo di persone? Non so dirlo, ma fui certo alia prima che quello era il suoritratto. Davanti a cui e ai cui lati stavano quattro vasi violacei con grandi fasci di quelle medesime roselline d'autunno da me vedute nel giardino e nel sotterraneo (forse i suoi fiori preferiti fra i pochi che 1'aspra montagna produceva?) e alcuni oggetti: 1'amoerro gia noto, il vezzo di topazi, un guanto di pizzo ingiallito, un nastro di pallida e stinta seta verde; inoltre un pane spezzato e un bicchiere a calice con un liquido roseo, che pareva vino annacquato. Quel luttuoso insieme esaltava e stringeva il cuore. Quando, cosi proditoriamente, entrai, il vecchio aveva gia composto e acceso nel camino un piccolo fuoco d'un legno che giudicai ginepro o cipresso, il quale ardeva di fiamma chiara e diffondendo un leggero aroma di resine. Ora egli, dati gli ultimi tocchi alia pira, fece due passi indietro e, ponendosi una mano sulla fronte, parve raccogliersi. Poi prese da un minuscolo tavolino li accanto qualcosa che in capo a un istante riconobbi al profumo per incenso, e ne asperse il fuoco pronunciando sommessamente un nome, il nome che accolsi fremendo, il suo nome: Lucia! Per sette volte ripete 1'operazione e 1'appello, e la sua voce si fece gradatamente piu ferma e piu alta. Indi sedette su un seggiolone presso al medesimo tavolino, spense la lucerna su questo, e rimase del tutto immobile e silenzioso; ai bagliori del fuoco lo ve- 486 devo li, coi gomiti puntati sulle ginocchia e la testa fra le palme, abbandonato e assorto. Passo un tempo, forse un gran tempo. La fiamma nel camino languiva, cesso del tutto; non rimanevano che i rossi carboni nel buio. II vecchio si riscosse allora, getto sui carboni altro incenso; e improwisamente prese a parlare. La sua voce, fervida, dapprima sommessa, s'elevo a poco a poco nelle tenebre ormai quasi complete, senza peraltro raggiungere un timbro squillante. Era una preghiera, la sua, una lunga preghiera a un dio ignoto (o troppo noto?); per circostanze che non devo qui riferire sono in grado di trascriverla in parte. Ma la sua voce stessa, devo dirlo? non sembrava la sua, e le sue parole egli sembrava cercare a fatica, quasi taluno gliele suggerisse e lui non intendesse bene; quasi, in termini meno assurdi (eppure, che cosa non fu assurdo quella notte?) egli si studiasse con taluno di immedesimarsi; colla memoria, col- 1'essere o 1'essenza di taluno. Non so come giustificare questa ingiustificabilissima fra tutte le impressioni, ma so che accolsi le sue parole, e persino le udii, come di altri. Come di lei. CAPITOLO XIII S'andava frattanto addensando un uragano, e annunciando con brontolii di tuono, con risucchi di vento, con radi e bianchi lampi che per6 li dentro, le imposte essendo ermeticamente chiuse, si indovinavano appena; esso doveva fra poco scatenarsi e raggiungere poi il massimo della sua violenza secondo accennerb qui di seguito: ma violenza di corta durata, com'e spesso degli uragani autunnali. Spirito di Luce, diceva il vecchio Spirito di Saggezza, il cui soffio da a ogni cosa la sua forma e la riprende; o tu dinnanzi al quale la vita degli esseri e ombra che passa; tu che ascendi le nubi e muovi sull'ala del vento; tu che quando spiri, si popolano gli spazi infmiti; che quando inspiri ogni cosa, la quale viene da te, a te ritorna; o moto sempiterno nella sempiterna stabilita; sii benedetto! Ti lodo e ti benedico nel mutevole impero della luce creata, delle ombre, dei riflessi e delle immagini, e senza posa aspiro alia tua immutabile e imperitura chiarezza. Fa' che fino a noi penetri il raggio della tua intelligenza e il calore del tuo amore; cio che e mobile diverra allora stabile, 1'ombra sara un corpo, lo spirito del- 487 1'aria un'anima, il sogno un pensiero. E noi non saremo piu trascinati dalla tempesta, ma terremo le briglie del cavalli alati del mattino e modereremo il corso dei venti serali per volare incontro a te. (Ma intanto la tempesta, ormai sfrenata, pareva davvero volerci trascinare;furiose raffiche di vento battevano alle finestre.) O Spirito degli spiriti, o eterna anima delle anime, o sofflo imperituro della vita, o sospiro creatore, o bocca che inspiri e spiri 1'esistenza di tutti gli esseri nel flusso e riflusso del tuo eterno verbo, il quale e 1'oceano del moto e della verita! Amen. Re terribile, o tu che tieni le chiavi delle cateratte del cielo e imprigioni le acque sotterranee nelle caverne della terra; re delle pioggie fecondanti di primavera; tu che schiudi le fonti delle sorgenti e dei fiumi; tu che imponi alFumido, che e come il sangue della terra, di diventare la linfa delle piante; tu il cui ineffabile nome ha sette lettere; ti adoro e t'invoco! (Un improvviso e violentissimo scroscio di pioggia mi fece sobbalzare.) A noi, tue mobili e mutevoli creature, park; parla, re divino, nei grandi commuovimenti del mare, e noi tremeremo davanti alia tua maesta; ma parlaci anche nel mormorio delle acque limpide, poiche noi desideriamo il tuo amore. O immensita senza limiti, oceano sublime della divinita in cui si perdono tutti i fiumi dell'essere, che senza posa risgorgano in te! O infmita ed eternita di tutte le perfezioni! altezza che ti specchi nella profondita, profondita che t'esali nell'altezza, menaci alia vera vita coll'intelligenza del tuo eterno amore! Menaci, col sacrificio, aH'immortalita che lo spirito del male ci rapi al principio dei secoli! Siamo pronti a immolarci a te, per essere di te piu degni, e sempre t'offriremo, con cuor puro e sincere, acqua, sangue e lagrime.... Possiedimi, o nostro Dio. Amen. (Fulmini urgevano nel sordo brontolio del tuono; il possente suggere del vento pareva disancorare la casa dalla terra balestrarci nel vuoto.) Immortale, Eterno, Ineffabile e Increato, Padre di tutte le cose, tu che porti sul carro senza tregua procedente mondi che senza posa si convolgono; dominatore delle eteree immensita, ove e levato il trono della tua potenza, dal cui alto i tuoi occhi terribili scoprono tutto e tutto odono le tue belle e sante orecchie; esaudisci i tuoi figli che hai amati prima ancora di crearli! Poiche 1'aurata e grande ed eterna tua maesta splende al disopra del mondo e del firmamento siderale; tu sei sugli astri ele- 488 vato, o scintillante fuoco; dove t'accendi e t'alimenti del tuo splendore medesimo, e dalla tua essenza scaturiscono inesauribili rivi di luce, che nutrono il tuo spirito infinite. E questo spirito infinite nutre tutte le cose e fa il tesoro in sempiterno inesauribile di sostanza in sempiterno pronta per la generazione che la travaglia e che s'appropria le forme di cui tu Thai impregnata fin dal principio. E da questo spirito infinite traggono anche origine isantissimi spiriti-re che stanno attorno al tuo trono e compongono la tua corte, o Padre universale, o Padre dei beati, mortal! e immortali! In particolare, creasti potenze meravigliosamete simili al tuo pensiero e alia tua adorabile essenza. Superiori ai geni secondari le statuisti, che annunciano al mondo le tue volonta. Noi creasti, da ultimo, al terzo grado nel nostro regno elementare. Qui, cantare le tue lodi e adorare le tue voglie e nostro continue esercizio. Qui, aspirando a possederti in noi, ardiamo, e aspettiamo colla pazienza dei giusti 1'ora suprema in cui saremo chiamati ad ardere per 1'eterno, a te ricongiunti, da te posseduti, nel grembo delle tue divine fiamme eternamente vivificanti. O Padre onnipotente! O Madre la piu tenera! O ammirabile archetipo della maternita e del puro amore! O Figlio il fiore dei figli! O forma di tutte le forme, anima, spirito, armonia e numero di tutte le cose! Amen. (Altri segni celesti risposero a queste lasse.) Re invisibile, che hai preso la terra per appoggio e che hai scavato gli abissi per empirli della tua onnipotenza; o tu il cui nome fa tremare le volte del mondo; tu che fai scorrere i sette metalli nelle vene della pietra; monarca delle sette lucerne, rimuneratore degli artieri sotterranei; menaci all'aria desiderabile e al regno della luce! Noi vegliamo e lavoriamo senza riposo; noi cerchiamo e speriamo, per le dodici gemme della citta santa, per i talismani nascosti sotto la terra, per il chiodo di rame che attraversa il centro del mondo. Signore! Signore! Signore! Abbi pieta di chi soffre, allarga il nostro petto, libera e innalza le nostre teste, facci grandi! O stabilita e moto! O giorno avvolto di notte, o notte velata di luce! O biancore argentine! O splendore derate! O corona di diamanti vivi e melodiosi! Tu che porti il cielo al dito come un anello di zaffiro! Tu che sotto la terra nascondi, nel regno delle gemme, la meravigliosa fonte degli astri!Vivi, regna, e sii 1'eterno dispensatore delle ricchezze di cui ci hai fatti guardiani! Amen. 489 Vi fu una breve pausa; una fuga di muti lampi ritaglio per un momento le imposte. Poi la voce del vecchio si levo ancora, di schianto, in grido stridente e disumano, che mi fece rabbrividire; in quella un fulmine s'abbatte con violento fragore nelle vicinanze e alia voce di lui, nonche soffocarla, presto un'inaudita po- tenza: Caput mortuum, imperet tibi Dominus per vivum et devotum serpentem!... Aquila errans, imperet tibi Dominus per alas tauri!... Serpens, imperet tibi Dominus Tetragrammaton per angelum et leonem!.... E altre frasi o formule del genere che non sarei in grado di trascrivere, queste. D'altronde il tono del vecchio s'era rifatto ora sommesso; egli era tomato alia nostra lingua e andava mormorando qualcosa di angioli dagli occhi morti. Ma, mio Dio, se era veramente lei che parlava per sua bocca, che voce e che detti erano mai quelli? Quanto a me, diro brevemente, per non piu tornare su questo punto, che, fosse effetto della lunga invocazione del vecchio, cadenzata ed eguale, o dell'insieme, o di chissa quale sottile elemento, uno strano e indefinibile senso mi veniva invadendo, non scompagnato da fisici segni, languore formicolio ribrezzo e madore, com'e di chi sia sotto 1'impero d'una irresistibile suggestione o d'un sortilegio. E i miei sentimenti veri e propri, la mia trepidezza e malinconia, la mia dolce disperazione, e gia la mia ripugnanza e il mio terrore affascinati, chi non li indovinerebbe? E anche, provavo per quel misero vecchio un'infinita pieta, fatta d'odio e d'amore: chiunque fosse ella stata per lui, non la aveva anche lui amata, non la amava di disperato amore? Che contava la natura delle sue invocazioni? V'era pur sempre un inesausto, se insensate, agognamento. Ora egli tacque per un tempo, che a me parve lunghissimo; poi riprese a parlare, ma con mutata voce. Era la sua, questa, calda e un po' rauca; alternamente sommessa o sonora, sollecita o crucciata, trascorsa da mille accenti di passione, di compassione, d'impazienza, di gioia, di pena; dolce e sgomenta, cupa, urgente o remota; la sua voce d'uomo. Vergine, diceva vergine santa, mia piccola, madre mia, perche m'hai abbandonato?Sono solo e ti aspetto: da tanto tempo ti aspetto. Mostrati, vergine mia. Madre mia che mi proteggi, dammi almeno un segno. Ecco, son qui, vieni dunque; vieni sorella mia, mia donna. M'hai abbandonato, amore? Figlia mia, mostrati; mostrati, mia cara; vergine santa, vieni. Gioia, bellezza, sorfice corpo, mostrati a me misero e solo. Che io possa stringerti fra 490 le braccia, o mia creatura infmita. Vieni, rugiada, pioggia d'oro. Lucia, Lucia, vieni!...; e altre di tali frasi. E adesso quella voce s'era fatta sorda e uniforme, monotona; intollerabilmente monotona; e le parole erano da ultimo come soffocate, poiche egli doveva essersi coperta la faccia colle mani. Segui un attimo di silenzio lacerante; Poscurita era a questo punto perfetta, 1'uragano era svanito lungi, lasciando un orrido attonimento nell'aria. II vecchio si mosse e smosse qualche oggetto; una vaga luce rossastra illumino di li a poco la stanza, appena sensibile all'occhio, come un lontano riflesso. La qual luce sorgeva da un braciere, o simile vaso in cui egli doveva aver raccolta la cinigia del camino, che aveva disposto a una certa altezza, forse su un tripode, e in cui andava spargendo qualcosa, incenso ancora e altro di non riconoscibile; il che produsse un leggero rafforzamento della luce e una spessa fumea azzurrina o plumbea. Questo fumo fluttuante componeva, e ne tremavo, ai miei poveri occhi le piu bizzarre forme e mi pareva talvolta concentrarsi, addensarsi, per poi fluttuare di nuovo e di nuovo addensarsi, quasi una creatura sconosciuta volesse, e non riuscisse a farlo, prendere in esso corpo. Vedevo, ecco... Ma che cosa, chi vedevo? Certo non era che un'illusione dei miei sensi. E di nuovo ella (chi altri? perche ho detto or ora creatura sconosciuta?), ella con disperata violenza, con cieca disperazione, con oscura protervia, voleva in quel fumo incarnarsi, e di nuovo qualcosa o qualcuno glielo impediva, la respingeva. Ma ella era ormai qui. No, che ahime non v'era, non v'era piu da gran tempo, e mai piii vi sarebbe stata! Eppure io sentivo... Che cosa potevo io sentire, nel mio stato? Erano i miei nervi scossi e nulla piu. Dal braciere sorse un rapido bagliore, che illuminb fuggevolmente la scena: vidi il vecchio in ginocchio e cogli occhi chiusi davanti al braciere medesimo. E d'un tratto suon6 la sua voce, forte, ma dolce e amorosa, nel disperato, triplice appello: Lucia! Lucia! Lucia! In quella il fumo ebbe un brivido, una brusca con- trazione. CAPITOLO XIV Non spero di farmi intendere, forse non voglio. Non pretendo giustificarmi ne dare spiegazioni; solo diro quello che vidi. Convolgendosi su se stesso e addensandosi, il fumo dette luo- 491 go a una grande figura femminile staccata dal braciere, sospesa dunque a mezz'aria, che ancora fluttuava un poco, per largo e per lungo, ma si rapprese e fisso rapidamente in un'immagine precisa, percorsa, soltanto, da alterne correnti di luce, o piuttosto di fumo medesimo; come il fumo fosse, dico, il suo visibile sangue. L'immagine si presentava appunto, nelFinsieme, d'un color plumbeo e funesto, per entro il quale, nondimeno, se ne scorgevano confusamente altri, quello delle carni, delle vesti, dei monili: deboli parvenze di colori. Essa non era peraltro trasparente, e oscuro un grande quadro sulla parete a me opposta, il quale prima vi faceva macchia contro. Pareva, infine, dotata di luce propria, poiche se ne distinguevano agevolmente i particolari malgrado Pestrema incertezza della visione nella stanza. Essa teneva gli occhi chiusi; li apri subito dopo e scruto dattorno. Per un attimo mi fisso. Non occorre dica qual persona figurasse; diro invece senz'altro che era un'immagine perversa, terribile e cupa, e non aveva piu nulla del di lei incantevole smarrimento. Era vestita come lei nel ritratto; recava al collo il suo vezzo, che prima avevo veduto sul tavolino. Quelli erano i suoi occhi, la sua bocca, i suoi capelli, le sue spalle; eppure non li riconoscevo. Non alia donna che vedevo, mi legava un sentimento ormai profondo; a costei, a questo irriconoscibile spettro, sembrava non esser rimasto che quanto di inconfessato e abominoso la natura di lei poteva contenere, e, delle sue care fattezze, che la sorda materia. Ogni suo lineamento e tutto il suo essere spiravano protervia, un'abbietta protervia, e anzi una collera ontosa. Questo era, per ogni segno, uno spirito d'inferno, una immonda larva. L'orrore e il disgusto erano gli unici sentimenti che in me rispondevano a quella tanto agognata visione. Quasi cio intendesse, lo spettro mi guardo con occhio di cupo furore, e al tempo stesso schifosamente supplichevole: mi minacciava e, in una, mi supplicava di non togliergli quella sua orrida vita, quelPeffimero e turpe momento d'esistenza, di non smascherarlocolla mia mancanza di fede. Mi sfuggi fmalmente un grido soffocato. Avrei anche voluto avvertire il vecchio: quel fantasma che egli non aveva cessato di pregare e chiamare coi piu dolci nomi, non era se non uno spaventoso inganno dei suoi, dei nostri sensi sconvolti, eccitati da qualche infera potenza, posseduti; quella non era la donna che egli amava, che amavamo. Al mio grido lo spettro sparve di colpo, e un pigro, pallido fumo riprese a levarsi dal braciere: il sortilegio era cessato, le oscure potenze vinte. 492 Sulle prime il vecchio parve non renders! conto di quanto avveniva; ma presto lo udii febbrilmente agitarsi, mugghiando di dolore e di rabbia, come una belva ferita; in capo a un altro istante, brill6 la luce della lucerna. La mia prima idea, ora, era stata quella di fuggire, eppure ero rimasto; quando poi egli venne verso di me spingendo avanti la lucerna stessa, non rimaneva se non far fronte al suo attacco, che prevedevo terribile. Si avvicino fino a mezzo passo di distanza; restammo un momento a guardarci negli occhi, ambedueansanti. Nondimeno la sua furia ancora non esplodeva; egli pareva piuttosto infmitamente sgomento, come creatura colpita a fondo e che senta ci6 ingiusto, come, di nuovo, belva ferita a morte. Un violento tremito scuoteva le sue mani e le sue membra tutte. Perche? chiese infine. Non rispondevo a questa inutile domanda, e anch'io tremavo. II vecchio, quasi ricordandosene soltanto ora, trasse la sua lunga pistola e me la punt6 al petto; ma subito dopo si passo sulla fronte il dorso della mano medesima che reggeva 1'arma. Sospiro profondamente; sembrava smarrito, smemorato; i suoi occhi avevano perduto la loro intensa espressione. Nel sepolcrale silenzio udivo distintamente le gocciole d'olio dalla lucerna, inclinata forte e trepidante nella sua mano, cadere, sfrigolando appena, sul tappeto. Egli riabbass6 1'arma che mal riusciva ad addirizzare sul mio petto. Per me, non avevo soltanto pensato a stornarla; perche 1'avrei fatto, perche mi sarei difeso? Non ne avevo piu la voglia, ne la forza. II vecchio sembr6 adesso riscuotersi, il sangue gli imporporb le guance: era dunque la collera, che ormai aspettavo quasi con impazienza? Miserabile, morrete! disse sordamente; poi, con voce rotta dal tremore: Da vent'anni... io... Ma non sapete, signore, chi sia, che cosa sia per me quella...? E da quattordici giorni... Perche, perche?... grid6 con disperazione piu che con rabbia. Morrete ripete con una curiosa mancanza di convinzione, come per dovere. Ma non sparava:doveva essersene dimenticato. Ora si che appariva un debole, un impotente vecchio! AH'improwiso, pero, i suoi occhi sfavillarono dell'antico splendore, il loro sguardo si fece piu certo e diritto, sguardo d'intenso, di velenoso odio, che mi penetro fino in fondo, carico d'un'indomabile energia; ancora una volta fui costretto ad abbassare i miei. Era ormai la collera, la terribile collera, che lo assaliva; egli m'aveva di nuovo puntato la pistola al petto, e la sua mano non tremava quasi piu; era evidente che stava per far fuoco. Nd io mi mossi ancora. 493 Ma far fuoco non pote ad ogni modo: lasciando a un tratto cadere al suolo i due oggetti che reggeva (dove 1'uno rimase per qualche attimo a lucciolare), si porto tutte e due le mani alia gola e cadde riverso con un orribile rantolo. Ed io fuggii; sciolto, altrettanto improvvisamente, dalla mia immobilita, fuggii senza guardarmi indietro. Cosi, senza guardarmi indietro, volevo fuggire da quella casa, da tutto cio; ora, subito, che altro bisogno non provavo; abbandonando il vecchio dov'era, morto o vivo. Attraversai in furia alcune stanze, battendo la fronte contro pareti, incappando in mobili, rovesciandoli, cadendo e rialzandomi; guidandomi talvolta colla luce appena sensibile di qualche finestra. Tuttavia, a un certo punto di questa corsa, qualcosa doveva, in parte, farmi riprender coscienza: contro una porta chiusa d'un certo corridoio dov'ero giunto, si gettavano dal difuori con terrificanti ringhi i due cani; gia in cerca forse del loro padrone, erano stati senza dubbio messi in allarme dalle grida e dal trame- stio. Cio rappresentava per me un serio pericolo, tanto piu che sentivo la porta scricchiolare e gia quasi cedere ai loro reiterati assalti, alle loro zampate e testate; me ne venne peraltro un nulla di calma e d'umanita. Riflettei allora che non potevo lasciare il vecchio senza soccorso e, facendomi forza, ritornai sui miei passi col- 1'intenzione appunto di prestargliene, se ero a tempo, e soltanto dopo, subito dopo, lasciare quei luoghi per sempre. Chiuse due o tre porte dietro di me, per il caso che i cani fossero riusciti a forzare la prima, non senza stento e imbarazzo giunsi a ripercorrere il gia compiuto cammino. Nella stanza dell'evocazione regnava un profondo silenzio e il braciere s'era spento quasi del tutto, ne il lievissimo, rosso chiarore superstite permetteva in alcun modo di distinguere gli oggetti. II vecchio era pero caduto a due passi dalla porta, e pensavo quindi di ritrovarlo facilmente al tatto. Non lo trovai invece. Assai perplesso, non sapendo che immaginare di cio, badai a come procurarmi un po' di luce. Zolfanelli non possedevo, ma, se avevo ben osservato, dovevano essercene sul piccolo tavolino, e la lucerna m'era gia occorsa nel punto dov'era caduta. Muovendoml con difficolta, li cercai e rintracciai; tornai verso la porta per riaccendere detta lucerna. La quale era vuota, pure il lucignolo impregnate d'olio duro acceso ugualmente. A questa luce esaminai la stanza: supponevo che il vecchio potesse essersi trascinato per un tratto. Ma non lo scorsi ne per 494 dove era caduto ne altrove; era sparito senza lasciar traccia. Che qualcuno 1'avesse portato via non potevo piu credere; s'era dunque riavuto e aveva abbandonato la camera? O le potenze medesime da lui evocate se 1'erano preso? Che mi importava ormai! Volevo lasciare quella casa; e inoltre un infrenabile terrore, un vero terrore, mi invase adesso. Ripresi la corsa nel buio, cercando di districarmi da quell'infernale laberinto, e in una di evitare i cani. Dopo quanto tempo non so, saltando da una bassa finestra raggiunsi 1esterno. Ero infine fuori di li; respirai di sollievo. La notte era cupa: che importava? Soltanto illuminata dall'orrido biancore della nebbia che, contro un tratto piu pallido di cielo, si vedeva incappucciare, sbrindellata, una cima lontana; non avevo cibo, non abito adatto: che importava! Tutto era meglio di quello. Rimaneva da ritirare il fucile, che era nel solito angolo della sala; forse i cani, impegnati altrove, me 1'avrebbero permesso. Me lo permisero infatti; ma alia sala, chiuso essendo il portone, dovetti venire per cammino assai torto. E, stranamente sollevato, stranamente oppresso, presi a gran passi traverse la montagna, per una boscaglia stillante, fra rocce bagnate. Dove andavo? Questo e altro discorso; non lo sapevo certo; fuggivo. CAPITOLO XV Ma dimostrerebbe di mal conoscere il cuore umano, chi creda che non tornassi. Mi allontanai da quel luogo, ritrovai o trovai compagni, ripresi con loro la mia vita di quel tempo. L'ultima notte trascorsa nella casa pareva avermi finalmente ridato il sense di cio che tenevo per mio dovere. Mi trovai a un impegno di fuoco; vi riportai una ferita, non grave, al braccio. Fu allora che tor- nai. Due settimane forse erano passate dalla mia fuga. Anche questa volta, un po' a disegno un po' per necessita, arrival aH'imbrunire. Ma, se chiare mi erano le ragioni che mi spingevano a tornare, o piuttosto unicamente la necessita di tornare, quali sarebbero ora stati i miei atti? Probabilmente nessuno; o sarebbero stati determinati dalle circostanze, se circostanze si fossero prodotte. Che cosa, infine, venivo a fare qui? Non mi preoccupavo granchd di saperlo. Ero fuggito; tornavo. 495 Per contro, questa volta giungevo dal basso; la casa non mi si scopri dunque, colla sua facciata principale, se non quando uscii dalla boscaglia che rivestiva le eminenze verso il piano e fui daessa a un tiro di fucile. Dovevo ora girare la posizione, e largarnente, per almeno due buoni motivi: che, in primo luogo, il grande portone da questo lato non si apriva forse da secoli e la casa di qua era completamente abbandonata; e sopratutto perche, se la prima volta ero stato ospite poco gradito, cosa non dovevo pensare dell'accoglienza che mi sarebbe riserbata ora? Sempre s'intende, che il vecchio fosse vivo. Eppoi, anche prescindendo dalla seconda considerazione, volevo osservare la casa prima d'accostarmi. Presi dunque per quella specie di pomario, tenendomi celato fra le siepi di mortella e gli arbusti che li crescevano; sul terreno bagnato e sulle foglie infradiciatei miei passi non facevano rumore. Nell'aria durava ancora una fioca e spessa luce violacea, mentre a occidente una breve fascia di cielo sgombra di nubimostrava le prime stelle. Dintorno regnava, come sempre, la piu grande quiete. Scoprivo adesso la facciata posteriore; anche di qua lo stesso silenzio e la stessa calma. Ma sulla soglia del portone spalancato era una donna che, poggiata allo stipite, pareva contemplare quella fascia di cielo. Non affermero che la riconoscessi subito; pure, qualcosa del suo contorno e. della sua acconciatura, per non dire un suo segreto richiamo, mi fece battere violentemente il cuore. Dimentico di tutto, mi scoprii e avvicinai. Quando si avvide della mia presenza, ella storno appena la testa e, restando immobile, andava verso di me aguzzando gli occhi nella luce crepuscolare. Quegli occhi, quei capelli, quei labbri appena schiusi, quelle fragili spalle in cui pareva tuttaviaconcentrata un'indomabile volonta, quella mano sottile e nervosa, ora abbandonata lungo il fianco; e la veste di pizzo, 1'amoerro, il vezzo di topazi, il piccolo diadema persino... tutto cio m'era noto da non potermi ingannare, A ogni passo che facevo ilpresentimento del mio cuore, la mia speranza, diveniva sempre piu sicuracertezza: Lucia! Costei si era Lucia, non 1'immonda larva di quella notte remota. Non pensai certo, in quei punto, che questa giovane donna non poteva essere 1'originale dell'annoso ritratto, che cento altre ragioni mi smentivano; io, ormai a un passo da lei, soltantola guardavo e non potevo parlare. Anch'ella, per quanto strano dovesse a me apparire, sembro riconoscermi; poiche non mostro meraviglia, ne ancora si mosse, 496 ma a sua volta mi fissava muta con quei suoi occhi profondi, che quasi piu non distinguevo nell'aria fosca, ma che in essa brillavano; dei quali sentivo entro di me lo sguardo infuocato e magnetico, cupo, crucciato, eppure dolce e smarrito. Solo, il suo petto si sollevava spesso, come per interne affanno, e il suo respiro s'era fatto un poco piu frequente. Lo udivo nel silenzio; e, se devo dir tutto, mi parve ora di riconoscere anche questo respiro, mi parve, esso, il medesimo che avevo udito la tal notte nella mia stanza. E che il suo fresco alito, raggiungendomi, m'avvolgesse come cosa familiare. Ma gli occhi mandarono a un tratto lampi d'aperto sdegno, ed ella disse infme, con voce e piglio alteri: Perche mi guardate, signore, cosi sbigottito? Perche rassomiglio a mia madre la contessa Lucia, le cui fattezze avete imparato a conoscere da un suo ritratto? Owero vorreste chiedermi novelle di mio padre il conte... (e qui disse un casato che avevo sentito talvolta rammentare in quelle regioni, in cui doveva essere ancora rispettato e temuto)? Egli e morto, signore, da una settimana; colle mie sole mani 1'ho sepolto li (accenno verso il fondo del parco), accanto alia donna che egli amo per tutta la vita, che ancora ama. E alia sua morte non foste estraneo. Eccovi dunque (riprese in tono supremamente sprezzante), eccovi dunque sciolti i poveri misteri che tanto vi agitavano, per penetrare i quali non vi peritaste di violare la nostra piu sacra intimita. Ebbene (e batte il piedino in terra), perche non ve ne andate? Non e per questo che siete tomato? . Sembrava sul punto di piangere, puerilmente, di rabbia. Ma, mutando voce e persona alPimprovviso e senza transizione alcuna, riprese ancora in tono di affettuosa dolcezza, di infmita sollecitudine; questa, melodiosa e profonda, era la sua vera voce: Ma e notte e tu sei stance, caro. Sei ferito, hai male? (allungava la mano ad accarezzare la mia benda). Vieni, mio caro, entra . E mi sospinse leggermente verso 1'interno della casa, verso la sala, dove mi precedette a corsa gridando: Mac,Josuah, egli 6 tomato!. I due cani vennero a gran balzi in direzione della soglia e si fermarono a qualche passo, ringhiando sordamente contro di me. Ella cadde allora in ginocchio e ne abbraccio le teste; nell'atto le si sciolsero i capelli, assai lunghi, e le si sparsero attorno. Finissimi e vellutati, essi mi apparvero pero cosi vivi e violentemente ribelli, che senza volere ne fremei; alcune ciocche, attorcendosi, simulavano irrequieti serpentelli. No, non cosi, miei cari, non dovete fargli cosi diceva ella, cantilenando, ai cani; e accarezzandoli e con altre espressioni vez- 497 zeggiandoli, strofinava la guancia contro il loro muso. Perche siete cosi con lui? Ah cattivi, non mi volete bene... eccetera. Pareva avermi dimenticato. Infine si levo e, gettandosi i capelli dietro le spalle, guardandomi con sgomentevole freddezza, pronuncio con voce curiosamente stridente e con un breve riso innaturale: Non diro gia a voi, signore, ove sia la cucina, ne quanto poco offra questa casa in fatto di cibi. Se avete fame servitevi. E riposatevi se siete stanco... Oh caro, voglio colle mie mam prepararti la cena e il letto; seguimi. Non vuoi che ti medichi la tua ferita? Lo so fare, sai. Oh, seguimi, e mosse verso le stanze interne. Poi si rivolse bruscamente, mi venne viso contro viso, mi fisso come soprapensiero, passo un dito attorno alia mia bocca, abbasso la mano ad accarezzare i miei pantaloni fangosi; barba... mormoro (1'avevo infatti parecchio lunga). Aggrottando subito dopo le ciglia e battendo il piede in terra: Venite dunque! Resta qui, ti dico, ti portero tutto io stessa; la, al tavolo rotondo ; e scomparve, stavolta, dalPuscio verso 1'interno. Quasi sempre, erano bruschi i suoi movimenti, e spesso le sue parole erano interrotte da quelle brevi risate, che gelavano il sangue... Ero nella piu grande confusione: quella, quella povera mentecatta, Lucia? Poiche, curiosa logica dei sentimenti, non facevo distinzione alcuna fra la madre c la figlia, distinzione che ai miei affetti sarebbe apparsa superflua e persino sofistica, quasi un curioso inganno o un trascurabile particolare della realta; e alia figlia davo senz'altro il nome della madre, o della larva invisa. Ma possibile che, in essa realta, all'immagine da me vagheggiata non corrispondesse, di caso in caso, se non un abominoso spettro appunto, o una creatura in cui la luce deH'intelletto appariva spenta? Eppure la vera, la mia immagine di Lucia traspariva per me colla maggiore evidenza, vivente, dalle attitudini e dalle parole di costei, come questo di ora fosse un turbamento passeggero della sua mente, questa sua condizione legata a qualche particolare circostanza ed ella medesima non un angelo caduto, ma soltanto smarrito; dalla qual condizione io avrei potuto salvarla, e, con pazienza, con bonta, con amore, con sacrifici e miracoli d'amore, rimetterla in se, darle la felicita che le era promessa... E, perduto in tali esaltati pensieri, abbandonato su una seggiola davanti al tavolo da lei indicatomi, attesi il seguito. Lucia torno presto, assieme ai cani, che 1'avevano seguita secondo facevano con suo padre. Riguardo al quale, sia detto di passata, mi andavano assalendo i piu cocenti rimorsi. Mi ripromisi di chiarire, se possibile, il modo della sua morte; la sua presenza, poi, era ossessivamente sensibile fin nei di lei lineamenti. 498 Ella recava cibo in due piatti, che depose davanti a me. Sedendosi quindi con aria grave a me di fronte (ancora come suo padre) e fissandomi, disse d'un tratto bellamente, mentre una nube di malinconia le oscurava gli occhi lucenti: Mi credete pazza? Guardatevene, amico. Tu mi credi pazza, tu, mio caro! Perche mi credi pazza? Non lo sono, non lo sono! (e scosse, con un singhiozzo, la testa e i capelli, tuttavia sciolti). Pazza!... Ma perche no? E come farei altrimenti a capire tutto tanto bene, a udire tutto nella notte, fin lo strisciare delle bestie furtive nel sotterraneo, a riconoscere all'odore gli uomini, gli animali e le cose? E come tutto risponde qui, e qui (si picchiava sul-petto e sulla fronte), come tutto mi da tormento!... Vedi questa mia mano? Io sento in queste vene azzurre, qui, qui, ma dove guardi! giu verso il polso, sento la pioggia e il bel tempo, no, tutti sentono la pioggia nella mano, di piu, sento se un albero e crollato per il peso della neve lassu nella foresta! e qui nelle tempie sento il vento, anche il vento lontano sulle cime, o su quelle altre montagne... Ma cosa non sento e non odo! Sento i rumori che qualcuno voleva fare, ma che non ha fatto, sento 1'odore dei morti, non 1'odore cattivo, quello buono. Non posso spiegarlo. Caput mortuum, imperet tibi Dominus... (prese a dire d'improwiso con voce nasale; era 1'ultima parte del- 1'invocazione del vecchio quella notte). Ah ah, ti spaventasti, eh? Che cosa non odo! Odo il gesto che ciascuno sta per fare, le parole che dira; odo quello che pensa; ah ah, non v'illudete, signore. Pazza, perche no? (levatasi in furia, accenno qualche passo di danza, accompagnato da qualche piccolo grido acuto e stridente; il cuore si stringeva al guardarla. Risedendosi:) Pazza! E si, non son forse pazza di te: non si dice cosi?. E allungava la mano ad accarezzare la mia, in atteggiamento straziantemente lubrico. Io non pensavo a interromperla, ma senza volere ritirai la mano. I suoi occhi s'inumidirono d'un subito; guardandomi in aria fra di cruccio e di dolce rimprovero, con voce sconfortata riprese: Non mi vuoi. Non mi vuoi perche sono pazza. Ma non sono pazza, caro, sono soltanto un po' volubile, un po' nervosa, un po'... come dire? Non vedi dunque, non senti come ragiono bene? Non vedi come capisco tutto quello che mi dicono, al pari delle altre persone, non vedi come sono calma? (e incrociava le braccia sul petto, abbassava gli occhi e aggroppava a cuore le labbra: pietosa immagine, anzi, di un profondo sconvolgimento). Parlare, parlare, parlare! Parlare dopo tanti anni, no, per la prima volta! E vedere la luce aperta, uscire e parlare; parlare con uno, cioe con 499 un altro. Con te! Con te, caro. Come vuoi che io sappia parlare perbene, come voi? Soltanto da loro, ma no, soltanto da lui ho imparato a parlare. Lo so, capisco tutto, ho detto, lo so che il mio modo di parlare e un po' antiquato, specialmente quando m'arrabbio; ma imparero, vedrai. So tante lingue, sai? e so leggere tutti i libri. E posso insegnarti tante cose, ho tante cose da chiederti, tante cose da farti vedere, di tante cose devo parlare con te. Perche non mi compatisci e non vuoi aver pazienza? Dimmi quello che vuoi da me, dimmi quello che devo fare, e potro farlo. Potro sicuramente, vedrai. Oh, ti voglio bene! E tu mi vuoi bene? Lo sai che mi chiamo anch'io Lucia, come dovrei chiamarmi?E tu come ti chiami? Perche mi cercavi, perche mi perseguitavi? Lo sentivo bene che mi cercavi per tutta la casa; udivo battere il tuo cuore nelle stanze buie dove ti sperdevi. E come lo udivo battere forte quella notte nella tua stanza, e quella mattina nel sotterraneo; si, ero io quella, chi altri? e tu sapevi che ero io. Volevo vederti, perche ci vedo al buio, avrei voluto toccarti come ho fatto poco fa, toccarti attorno alle labbra, ma sapevo anche che lui non voleva, che mi avrebbe ammazzata. E cosa credi, che non lo abbia fatto? Ah ah, 1'ho fatto, 1'ho fatto (cantilenava), ma quella notte dormivi profondamente. Voi dormivate, vi dico. E tante altre volte t'ho veduto e tu non mi vedevi. E ora perche non mi vuoi? E poi, e poi ho paura. Ho paura di tante cose, ho paura di tutto. Tu devi anche proteggermi. Lo sai che anch'io sono maga, che anch'io posso chiamare i morti? Orsu, signore, che fate costi? io mi pongo sotto la vostra salvaguardia... eccetera eccetera. E stavolta, levatasi, mi si strinse al petto; mi bacio. CAPITOLO XVI Quei labili discorsi di Lucia, mentre cominciavano a darmi oscuramente conto di molte cose, mi confermavano d'altra parte nell'idea, nella certezza che ella poteva esser salvata e ricondotta alia luce della normale ragione. Per quanto volubili, infatti, erano tutt'altro che sconnessi, e, come nelle movenze medesime e in ogni altro suo atteggiamento interiore ed esteriore, in essi, generalmente parlando, i comuni sentimenti e riflessi e modi femminili apparivano soltanto magnificati, non gia stravolti o deviati;al pari dei suoi sensi fisici, che dovevano essersi infinitamente & morbosamente affmati nel corso d'una buia, forse mostruosa vita, 500 . su cui alcune sue frasi avevano gia gettato qualche lampo terrificante. Cio spiegava ad esempio la sua sorprendente virtu di penetrare gli altrui pensieri, della quale ella stessa s'era vantata e che avevo gia sperimentata. Un'intelligenza assai acuta e una grande sensibilita naturali, delicatissime dunque, potevano chiarire il resto, e in particolare il cedere di alcune sue facolta ad atroci, come ho detto, condizioni di vita; ma mi erano al tempo stesso garanzia di ripresa. Queste considerazioni, nonche il di lei calore, ridettero slancio al mio affetto, che era sulle prime rimasto come sbigottito e intorpidito; le parlai con bonta, e non senza una certa fermezza, ed ella, solo di tratto in tratto ripresa da quei suoi accessi di inopinata severita, fu contenta. Pass6 cosi una parte di quella notte, n tutto riferir6 quanto vi awenne o fu detto: vi sono cose che devono rimaner chiuse nel mio cuore. Eravamo ora nella mia stanza, sul letto, unico mobile che potesse comodamente riceverci. Ella mi stava accanto semidistesa, poggiata sul gomito, e seguitava a parlare; non aveva mai, si puo dire, cessato di farlo; a parlare senza misura e in modo forse non troppo stringato, ma, a parte una persistente esaltazione, con nessi ormai quasi, e senza quasi, normali. Invero, adesso che qualche circostanza 1'aveva in parte calmata o ne aveva almeno lenito lo spirito, ella era andata rapidamente aggiustando, per dir cosi, la propria visione; e sempre meglio confermandomi in quanto avevo supposto. Se dapprima m'era sembrata pazza, se appena un momento fa guaribile, ora mi sembrava addirittura poco men che savia, e il mio cuore esultava; neppure piu, o di rado, quelle sinistre e brevi risate ne inframmezzavano le parole, ne quell'aggrottar di ciglia, ne seguivano nei suoi discorsi quei bruschi cambiamenti di persona; piuttosto, semmai, una morbosa malinconia le inumidiva a tratti gli occhi brucianti e le dava fremiti d'impazienza. Quello che ora sopratutto mi stupiva in lei, per tacere della sua straordinaria chiaroveggenza, della sua coscienza precisa di s6 e della propria condizione passata e presente, dei propri sentimenti, era una sicurezza di giudizio, seppure formalmente dubitativa, che non so donde avesse potuto attingere. Ho parlato precedentemente di intelligenza naturale; ma questa sua, delle cose e del cuore, si sarebbe detta anziorganizzata. Tantoche, anche attraverso quei suo modo allusive e contratto, nonche sfuggente, di esprimersi, potei fra 1'altro chiarire le principal! circostanze di questa storia; che interesseranno forse il 501 lettore, e qui annoto prima di procedere. Fra 1'altro, infatti, ella mi parlo della sua vita passata, o vi si riferi, e acconsenti persino a rispondere ad alcune mie domande. Suo padre, in breve, aveva fin dalla prima gioventu concepita una violentissima passione per una bambina appartenente a una grande famiglia della provincia; passione in parte almeno e in qualche modo corrisposta, ma contrastata invece, per lunghissimi anni, fieramente dai familiari di ambedue, che fors'anche vi vedevano impedimento nella grande differenza d'eta degli amanti. Giunti comunque questi, assai piu tardi, a unirsi in matrimonio, detta passione, nonche calmarsi o prendere andamento piu comportevole, s'era venuta anzi rinfocolando fino a raggiungere forme e manifesta2ioni eccessive e biz2arre, e tutte paurosamente violente; fino a dar da temere, in ultimo, per la ragione stessa dello sposo, la quale sembrava non poter reggere ancora a lungo a quel calore inaudito di affetti senza, per dir cosi, fondersi. Va da se (e Lucia non manco di rilevarlo) che queste travolgenti disposizioni erano rese possibili da una determinata natura all'uno e al- 1'altra comune, di cui, meglio, erano la prova; estremamente sensibile, cioe, e raffinata da una lunga selezione, oltreche forse da qualche tara familiare; donde, sotto 1'apparenza di energia e fierezza indomabili, una gran debolezza di carattere e una grande imprecisione di senso morale, di ogni eccesso, com'e noto, generatrici. Qui insomma, era veramente il sangue fino che parlava, con tutta la sua disperata solitudine, e collo scatenamento di istinti ancestrali. Le prove di adorazione dello sposo si spinsero fino all'erezione d'un altare su cui 1'ancor giovane donna doveva rimanere, ignuda, per molte ore del giorno, e specialmente della notte, davanti a candele accese e fra nuvole d'incenso, del che tuttavia pareva contenta; e, durante accessi d'ingiustificata gelosia o semplicemente d'amore, a sevizie varie e torture persino, di cui del pari ella non pareva scontenta. Subito dopo queste insanie, egli si rifugiava nel di lei grembo a piangere amare lagrime sui tormenti che le aveva inflitti, ed ella, per altra cagione piangendo, lo pregava d'infliggergliene sempre di nuovi, di inventarne se necessario. Coltivava inoltre, costei, 1'arte magica, che trasmise al marito e in parte alia figlia e in cui spiegava natural! e sorprendenti capacita; e cio dovette contribuire non poco allo sconvolgimento e disordine delle menti. I coniugi si giuravano fedelta oltre la morte, facevano mille progetti per quella che sarebbe stata la loro vita in comune neU'aldila, della quale non dubitavano, si promettevano 502 segni per il caso che uno di loro fosse morto anzitempo, eccetera. Intanto, dopo una breve serie di viaggi, anche in paesi lontani (orientali segnatamente), s'erano ritirati in questi d'origine dello sposo, dove potevano, senza darne conto a nessuno, menar la vita che piu loro talentava. Difatto, dopo non mold anni di tale esistenza, la sposa venne improwisamente a morte, rapita da misteriosa malattia; il che, ossia la subitaneita del trapasso, lasciava, disse Lucia, non so piu per quanto tempo 1'anima sua avvinta alle persone e agli oggetti che ella aveva amati. Che cosa questa perdita dove significare per il marito, immagini ora chi puo. Costui principle col segregarsi nella casa dove ora ci trovavamo, forse perche qui aveva passate le proprie ore felici, e la sua ragione sembr6 oscurarsi del tutto; o piuttosto le sole facolta gia tocche di essa, restando egli per il resto piu o men normale, di modo che le sue stranezze seguitavano a non risultare a chi lo osservasse alia lontana. E fin da quel momento concepi il progetto di richiamarla dal regno del morti; progetto che richiedeva lunghissimi anni di paziente preparazione e di cui s'e veduto ilfallimento. Nel frattempo egli andava riversando sulla piccola Lucia, unico frutto del loro amori, la cui somiglianza con sua madre era gia stupefacente, i sentiment! che per questa aveva nutriti e tuttora nutriva; o almeno la parte piu violenta di essi, rimasta senza oggetto, e anzi con un'accentuazione d'animosita. Anche lei, insomma, egli odio e idolatro al tempo stesso, sopratutto odi6; la idolatrava forse perche era sua madre, e la odiava perche non lo era, prescindendo da altri piu oscuri e indipendenti motivi. Sicche neanche alia bimba mancarono sevizie e sviscerate prove d'affetto, ed anche nei suoi riguardi la gelosia di quel temibile e sventurato uomo raggiunse formeparossistiche. Ma troppe cose di costui e delle sue torbide passioni dovrei qui riferire, che mi porterebbero assai lontano; troppe cose che d'altronde soltanto indovinai dalle parole della fanciulla; da cui la mia mente stessa, ormai adusa al peggio, rifuggi con orrore. Dir6 appena che ella non era mai uscita dal luogo dove I'avevo trovata, che non conosceva, se non per averne udito parlare talvolta da suo padre, le citta ne i villaggi degli uomini, non altro paesaggio che quelle montagne, non altra voce, si pub dire, che quella di lui medesimo e dei due o tre decrepit! ed ermetici servi o contadini che 1! rifornivano, a grand! intervalli, di vettovaglie (il cui postremo esemplare avevo avuto modo di vedere), non altre quasi creature umane, ancora, che loro; che non era mai uscita, infine, dal 503 cerchio di ferro di quel cupo maniero, colle sue memorie, i suoi misteri, i suoi terrori, il peso del suo tempo. Fatto che avrebbe potuto da solo spiegare lo stato attuale della sua ragione. Le ricognizioni di Lucia non comprendevano nel loro raggio che taluna delle alture circostanti, e, per di piu, queste uscite, nelle quali il padre le era stato vigile e burbero compagno, erano cessate da tempo. Tutto il poco che ella sapeva del mondo, ripeto, teneva dalla bocca di lui, che, nelle alterne fasi del suo duplice sentimento, ora la segregava barbaramente e gelosamente la teneva nascosta agli stessi animali della casa, ora ne curava, a suo modo, 1'educazione. Col suo invecchiare, poi, anche questo commercio era a lui venuto meno. Per compenso, la fanciulla aveva, come ho gia detto, sviluppato in quelle paurose condizioni una ricchissima vita interiore, cui solo mancava il controllo formale dell'esperienza, e popolato di mille presenze il breve cerchio della sua vita esterna, e (a nulla omettere) affmato di tutte le facolta segnatamente la fantasia; per cui forza soltanto, forse, avevano la sua mente e il suo organismo stesso resistito al completo oscuramento che ogni istante li minacciava. Ma la liberta ora acquistata le pareva inutile e tardiva, sgomentevole piuttosto che benefica. CAPITOLO XVII Da poco dopo il crepuscolo, da quando cioe era cessato il vento, cadeva una pioggia diritta e di uniforme violenza, che riempiva d'uno scroscio ininterrotto, come vasto rombo di torrente o di plena, la casa e la notte; tale pioggia ci accompagno fino all'alba, soffocando ogni altro rumore, quasi una condizione di quella nostra notturna esistenza, quasi stemperando o, se cosi posso dire, rendendo acquatici i nostri pensieri, sciogliendoli e riannodandoli con capricciosa liberta, dandoci, da ultimo, un infmito e (nel mio caso) sfmito abbandono, propizio ai nostri sentimenti, pauroso tuttavia. Ho detto che ella mi era accanto, e ancora e ancora parlava; e di continue, con insistenza, la sua mente ritornava su cose e fin minuti episodi della sua vita passata, che parevano ossessionarla. Com'era bella mia madre! riprendeva. Mori che non avevo ancora cinque anni; ma io non 1'amavo. Cioe, non che non 1'amassi, pero mi faceva paura quando mi guardava lungamente con 504 quei suoi occhi che tu conosci, quando mi accarezzavalungamente, tutta. E aH'improwiso mi chiudeva in una stanza buia e diceva: tu ora vedrai una cosa orribile, vedrai il diavolo, e come tremerai! Ah ah, diceva ancora ridendo terribilmente, morirai, dallo spavento. E quante cose vedevo davvero, li dentro. E poi diceva: vedi questo spillone d'oro? vedi come e carino, come luccica, eh? Ebbene, io te lo regalo, te lo regalo, vieni, vieni, prendilo. E quando allungavo la mano per prenderlo, lo ritirava all'improwiso dicendo con una gran voce: ma prima devo infilartelo qui, nel pancino; devo assolutamente; dove vai? vieni qui, vieni qui, tesoro, non fuggire, vuoi che t'ammazzi davvero? Vieni, carina mia, non e che un momento, un momentino solo; non vuoi, per far piacere alia mamma? E una volta mi alzo la veste davanti e me lo ficco come aveva detto, solo la punta pero; siccome poi gridavo, scoppi6 a piangere, e mi abbracciava e mi leccava il sangue e gridava: mia santa, mia infmita bambina, t'ho fatto male, eh? Ma ora perdonami, non lo faro piu, un'altra volta te lo mettero qui nei fianchi, qui non fa male per nulla. E tante altre cose a questa maniera. Come la odiavo, come le volevo bene, non so tanto distinguere fra le due. Perche poi dico volevo? le voglio bene; perche son sicura che non e proprio morta, non so, non e morta come le altre: tu non la senti, non senti che e con noi in questo momento? (e balzava in piedi fiutando 1'aria). Ho paura. Ho tanta paura ancora di lei. Perche non mi aiutate, signore? (e batteva il piede in terra con impazienza). Eh, si: lo sai che cosa m'ha detto tante volte? Morirai, m'ha detto, Lucia, il giorno che vorrai bene a un'altra persona: soltanto a me, viva o morta, devi voler bene. Mi puoi voler bene anche odiandomi, non me ne importa; ma soltanto a me. Ricordatene bene in seguito: quel giorno, se viene, sara finita per te, e se in altro modo non muori, colle mie mani, viva o morta, ti vengo ad ammazzare. Sicche ora ho paura che si arrabbi, perche mi pare di volerti bene. Ma e vero? Come mai, se e cosi, non ho nessuna voglia di farti male? Ma anche io devo essere bella, o no? Mio padre; ecco, e di lui quante cose non ti dovrei raccontare! lui pero e piti morto di mia madre; mio padre me lo diceva. Mi chiamava, che ero gia grande, mi stringeva fra le ginocchia; ora ti devo parlare di tua madre, diceva. Credilo, non e perchd era tua madre e perche e morta, ma come era bella, come e bella, davvero. Poi mi guardava a lungo, con occhi strani; ma anche tu, diceva allungando la mano, anche tu sei bella, sei tutta lei; e anche lui mi accarezzava a lungo, tutta. Era male, questo? Altre volte invece... Guarda pero, perche io lo sento, lo odo che a sentirlo rammenta- 505 1re ti prendono i rimorsi, guarda che sono stata cattiva quando t'ho detto che sei la causa della sua morte: non e vero. Senno, poi, anche se... non ti potrei voler bene, se ti voglio bene. Quantoparlo, eh? come parlo male? Hai veduto un'altra cosa: che sono vestita proprio come lei? Spesso faccio cosi. Tu mi vuoi un po' di bene? E dunque si sent! male quella sera, questo e vero, ma lo curai subito, subito lo portai nella stanza di la per una porta nascosta, percio non lo ritrovasti piu; e guari; cosi almeno mi parve. E morto poi all'improvviso, un po' come la mamma. La mamma. Eh, pero, anche lei, quanto ha sofferto; ma non so se soffriva o no. Ti ricordi quel giorno nel sotterraneo? Mi piacevi perche eri coraggioso: tu lo sapevi che se mio padre t'avesse trovato li t'avrebbe ammazzato senz'altro; non era possibile resistergli se s'arrabbiava davvero; e quella sera, se non si fosse sentito male... E cosi, nel sotterraneo, quando scopristi quella catena, e quei fiori... Non tanto coraggioso, pero: come udivo bene che avevi paura; udivo il sangue dentro di te; e mi facevi tanto pena, avrei pianto, ma invece ridevo, ridevo silenziosamente; perche era anche buffo. Beh, li dentro e stata parecchie volte per tanto tempo la mamma; Fultima volta, prima di morire, c'e stata quasi un anno. Lui la incatenava li, ecco perche tutti gli anniversarici metteva i fiori; la incatenava li, gridava: neanche il cielo ti deve vedere, 1'aria ti vuol penetrare, ma s'inganna, piuttosto t'impedisco di respirare,ti soffoco. E le dava da mangiare lucertole e carote crude, non so perche; diceva: vedrai che queste lucertole ti fanno bene; non sei una Strega? mangia queste, guarda un po' se ti liberi di qui; e anche la picchiava,quando 1'aveva incatenata, con uno scudiscio.Si capisce che poi si pentiva e la liberava piangendo e piangendo; non sempre pero. Dimmi un poco, 1'amore e cosi? Ma lei... piangeva e si disperava, chiamava e neanche potevano udirla; ma rideva, anche, e cantava una strana e monotona canzone. E una volta che scappai fin li con una candela, come la trovai! Era incatenata con le braccia alzate, ed era tutta nuda e aveva il corpo pieno di segni rossi; quando mi vide aggrotto le ciglia, disse: che vengono a fare le bambine, qui? Ma giacche sei venuta, va' a dire a tuo padre che io posso sempre ammazzarlo, che non tiri troppo la corda. Ma poi sorrise: beh, dice, questo pero non mi displace mica. Mi spiegherete una volta le sue parole, signore? Eppure queste cose non mi place ricordarle; esse mi tormentano. Perche mai se, si puo dire, non ne conosco altre?... Di quanti incubi infatti dovevo liberare questa povera creatura, per rieducarla a meno mostruose esperienze, a cose meno sor- 506 dide e piu consone alia sua nobile natural II compito che mi si presentava non era facile ne prometteva gioia, se non come ultimo premio; ma esso era degno del mio amore. La abbracciavo,la accarezzavo, cercavo tranquillarla e prospettarle un felice ormai avvenire; di costruirlo mi sentivo la forza, e non dubitai un istante del nostro destino. Le andavo affermando il mio amore, ed ella a me il suo; ci giurammo, dico, eterno amore. Eterno! Si, eterno, ma... Come labili sono queste umane parole, quanto piu gravi di incrollabile senso: ove non ci tradisca il nostro cuore, ci tradisce il destino medesimo. Ma ella non poteva tacere. Non e vero pero, riprese ancora non e vero che non conosco altre cose. Tante ho da chiedertene, ho detto, tu mi devi insegnare quasi tutto, ma ho detto ugualmente che anch'io te ne posso far vedere e dire tante, insegnartene tante, di tutto quello che c'e qui almeno; ed e proprio cosi. Che cosa non so di questa casa, di queste montagne, delle file di uccelli che emigrano, delle gemme della piu piccola pianticella! Lo sai che i topi non mi evitano? Eh gia, non son forse quasi una di loro? Mi guardano coi loro occhi lustri, che mi pare somiglino un po' ai miei, e si lasciano toccare, accarezzare; io parlo con loro, e a loro modo mi rispondono. Anche gli uccelli si lasciano toccare, non sara poi perche anch'io sono maga come la mamma? quelli che vengono sul davanzale o che trovo lassu, in quelle stanze abbandonate in cima alia casa, dove una volta hanno fatto anche il nido in un vecchio materasso; ma che dico, nel materasso furono i topi. Loro lo fecero in un panierino; ma sai cosa? non ce 1'hanno fatto piu perche allora ammazzai i loro bambini battendoli contro il muro. E perche lo feci? Non lo so; cosi, lo feci, fu una cosa improwisa: anch'io posso far male, ho paura delle volte di me, di tutto quello che ho qui, dentro. E di piu, anche le piante, quei cespi, sai, di roselline, e tante altre, anche loro mi vogliono bene. Non e una follia, ti dico che da quando ho imparato a conoscerle e m'e sembrato di capirle, di capire proprio le loro parole, o almeno le loro occhiate, e che loro capissero le mie, da allora lo sai cosa hanno fatto? Pian pianino si son voltate tutte dalla mia parte, dalla parte della mia finestra, cioe hanno voltato i fiori dalla mia parte, come tante di loro fanno col sole. Non ci credete, signore? Potete vederlo da voi stesso. Eppure, anche di loro una volta ne ho uccisa una; non so, una voce mi diceva dentro: di dove si sta facendo tanto bella quella rosellina, se non col tuo sangue? Cosi io la uccisi, lei e tutto il cespo, quantunque non capissi tanto bene 507 quel discorso. E un'altra volta ancora ho ammazzato un piccolo cassettone, si, proprio un mobile; oh Dio, non proprio ammazzato: sfigurato; perche mi guardava fisso giorno e notte e non capivo che cosa volesse da me. Si, lo so che mi deriderai ora, ma invece e proprio vero anche questo, che io coi vecchi mobili un poco ci si intende. Ma come, che c'e poi di strano? Non vi e capitato anche a voi, signore, di vedere vecchi mobili che hanno una faccia, orecchie persino, di udire la loro anima? In generale i mobili sono buoni e pazienti, ne hanno viste tante e sanno come va tutta la storia; ma qualche volta sono cattivelli, come quello li. Mio padre per esempio queste cose le sapeva e di certi mobili era geloso, specie di uno, che bruci6; sapeva che ce la intendevamo, mi diceva: guai a te se... Beh, vedo che ti faccio pena; queste cose, tu, ancora non le sai bene; non ne parliamo. Ma di', con tutto questo che so e che sento, che odo, non credi che potrei essere felice, felice anch'io come le altre dice che sono? (a questo grido straziante del suo cuore che potevo rispondere a parole? La abbracciavo commosso) Ehi ehi, cosa piangete? Io non piango mai (non era piu vero). Guardate, signore, come son sempre asciutti i miei occhi; si, son bruciati, mi dolgono, mettici le tue mani sopra, amico mio. E ora, parlami un poco tu: com'e il mare? Come sono le citta e i treni? E questi uomini che volano, li ho visti passare ora che c'e la guerra, come fanno? E che cosa e e perche c'e la guerra? Rammentami che ti racconti quando vennero qui i soldati. Specialmente dei vulcani mi devi parlare, ma subito, avanti, su. Come misero tutto sossopra! Solo le stanze della mamma non trovarono; volevano portar via mio padre, poi lo lasciarono. Me, me ehi potrebbe trovarmi? neanche tu ci sei riuscito. Io li vedevo e loro non mi vedevano. Allora, parla, dimmi. No, non dir nulla, poi mi dirai tutto dal principle, tutto perbene dal principio, senza dimenticare niente; ora non potrei ascoltarti. E dunque, e poi sei venuto tu e tante cose sono cambiate per me. Ma tu mi vuoi bene? Mi sembra di si, tu non mi fai male, tu m'accarezzi soltanto e mi baci; dunque, allora, non mi vuoi bene. Tante cose, tutto, si puo dire, cambio. Come ti spiavo, senza che tu lo sapessi; poi te ne accorgesti, e allora dovevo stare piu attenta; pero, che potevi fare? Una voce, la solita voce mi diceva: e lui. Ma lui ehi? chiedevo; e non voleva darmi altre spiegazioni. Io, poi, lo sapevo forse se venivi per farmi del male o perche? tu mi riempivi tutta, questo solo sapevo, e riempivi tutti i luoghi dove io ero; perci6 avevo anche paura di te. E quando udii che mi cercavi, che mi volevi, 508 allora davvero non mi sarei mostrata per nulla al mondo! Mi nascondevo nei luoghi piu segreti della casa; pensai anche di ucciderti, ma sapevo che non potevo e mi sentivo perduta. E poi fuggisti; ma sapevo che saresti tomato; di', credi che non t'abbia sentito quando sei arrivato, ora? Ah ah, tu giravi piano piano attorno alia casa, e io ti seguivo, si puo dire, passo passo; son rimasta li perche ci volevo rimanere, perche mi son fatta coraggio e mi son detta: sara quello che deve essere; senno neanche questa volta m'avresti trovata. Dite, allora, di': mi vuoi bene? Ditelo, signore, per la morte di Dio! Oh, vedi cosa dico delle volte. Di': mi porterai lontano di qui, andremo lontano, lasceremo tutte queste cose che mi tormentano? Ma no, meglio che rimanga tu: mi tormentano, eppure forse non posso fame a meno. Non saremo felici, non saremo tranquilli e felici, non troveremo pace insieme? Pace!... Si si, saremo; parla, di'; si saremo. Ma parlate dunque, signore! Tacete ancora un momento, non dite nulla; cosi. Parla, parla infine, mio caro!... E mi abbracciava piangendo. Come rispondessi a questi trasporti, quale volonta e certezza di bene mi animasse, si pu6 immaginare; e si possono immaginare i nostri proponimenti, le nostre promesse di felicita. Ora ascolta: soggiunse Lucia io, te 1'ho gia detto, lo so bene, cosa credi, che tante cose in me non vanno, che ho i nervi, si dice cosi? scossi, la mente un po' sconvolta. Per6 non tanto; e sono cosi intelligente, cosi buona, anche se ho ucciso quei piccoli uccelli e quel fiore: non ti pare che potrei guarire del tutto? Ma sei tu che devi far questo; ne avrai la forza? Si, potrai; potrai, non e vero? ; e, ancora, io rispondevo come potevo a queste sue pietose e tanto sennate parole. Ebbene, seguitava infaticabilmente non parliamo ora di nulla. Ora... e cosi, e cosi sara per sempre. Ora, guarda, guarda questa mia mano: ti place, non e carina? Lo senti che delle volte parlo come la mamma? Oh Dio, come sara arrabbiata, e qui e mi minaccia; si, ma ormai e cosi, 1'ho detto; moriro se devo morire. Ti place allora questa mano? Beh, baciala. Ti place questo orecchio? Bacialo. E questo piede? (rigetto con una leggera spinta della gamba la scarpetta di seta). Perche non lo baci, allora? Bacia presto tutto quello che ti place di me. Signore, baciate all'istante tutto quanto gradite della mia persona... eccetera. Fu quella, quelle ingenue espansioni, la nostra breve felicita. 509 CAPITOLO XVIII Eravamo felici, quando... Da qualche tempo Lucia si passava tratto tratto, aggrottando le ciglia, il dorso della mano sulle tempie, come vi avesse male, e le mani affondava fra i capelli con gesto doloroso; s'era poi due o tre volte lamentata d'aver freddo alia nuca; infine, durante 1'ultima parte del suo discorso, un leggero tremito 1'aveva pervasa, che io pero attribuii a cause piu o meno natural!. Ora, all'improvviso, vidi i suoi occhi stravolgersi come per deliquio; essi siriaggiustarono a fatica nell'orbita e ripresero sguardo, ma subito sistravolsero ancora. Un orribile grido, un muglio terrificante e inumano, usci dalle labbra chiuse di lei, che si abbatte come stroncata: era in quel punto ritta, e feci appena a tempo a riceverla sulle mie braccia. Di li a un istante, il suo fragile corpo vibrava, si contorceva, scattava, in preda alle piu spaventose convulsioni, e io non riuscivo a dominarne la scatenata e, ancora una volta, sovrumana energia. C'e forse bisogno di spiegazioni? Era quello il violentissimo attacco d'un male che tutti conoscono. Ella tentava mordersi, ne potei impedire che si mordesse una mano; dalla sua bocca delicata schiumava orrida bava e sangue rutilante, poiche si doveva esser morsa anche la lingua. Che piu? Con un'infmita tristezza nel cuore io contemplavo quel supremo oggetto dei miei sentimenti nel piu basso stato in cui possa cadere la fisica natura dell'uomo; e tanto maggiormente lo amavo. Riuscii da ultimo a distendere il povero, caro corpo sul letto, dove i suoi sussulti s'andarono dopo lungo tempo spengendo. Lucia riapri alia fine gli occhi, che s'erano cerchiati di nero; si lamentava debolmente; quando pote parlare, le sue prime parole furono: Ecco, io non volevo dirtelo, ora lo sai. Mi vuoi ancora? Potro guarire anche di questo? Eh, lo sapevo: troppo bello mi pareva tutto, e fa sempre cosi quando viene. Ma senti (riprese) sai perche poco fa ho parlato di guerra?... Sono stordita, tanto stordita ancora... ma devo levarmi, ora ti diro. Ci sono abituata del resto: mai nessuno mi soccorreva; mio padre mi rimproverava, anzi, per questa malattia, diceva... Che cosa diceva? Non importa ora... (si levo infatti, un po' barcollando; dovevo sostenerla. Pure, sembro riprendere forza rapidamente). Ah, ecco che cosa volevo dirti: lo sai perche prima ho parlato di guerra? Adesso lo sento bene: perche qualcuno s'avvicina. Sono loro, loro, i soldati! Guarda... (indicava la fmestra; mi avvidi allora che era gia 1'alba). Ma son 510 partiti presto! erano gi& forse ai piedi della montagna quando parlavo di loro. Adesso, (seguitava affannosamente) adesso tu va', corri fuori, guarda dove sono e quello che si deve fare. Se vengono per farci del male? E che soldati sono? Questo non lo posso vedere. Quasi per contentarla, mi dirigevo alia fmestra, allorche, a confermare le sue fantastiche parole, da una forra immediatamente sotto alia casa echeggiarono alcuni spari. Eccoli, son qui, fa' presto, va', fuggi! incalzava Lucia perdutamente. Per la morte di Dio, non pensare a me, me non mi possono prendere; va', caro, poi tornerai e ci ritroveremo qui... Oh, caro, non mi far morire! Come dirti, come fartelo capire? Mio caro, ora che m'hai trovata, ora che ci siamo trovati... Ora ti devi salvare, ci dobbiamo salvare. C'e pericolo per te, intendi? Odo pericolo per te. Oh, va', corri... guarda... (cosi dicendo e torcendosi le mani, si mosse verso il passaggio segreto dello stipo). Guarda, io sparir6 di qua; e tu corri, fallo per Lucia. (Mi spingeva verso la porta. Io non mi muovevo ancora, non volevo abbandonarla). Guarda, guarda, tu non sei riuscito a scoprirla, ma c'e una molla anche di qua; anche di qua si apre. Ora richiudo. Aveva veramente fatto scattare una molla nascosta da un regolo, era passata, aveva pigiato la molla antagonistica; il varco si andava richiudendo; addio, arrivederci disse, forzandosi a un supremo sorriso. In questa altri spari echeggiarono, anzi una fitta e prossima fucilata, come la casa fosse assalita da piu parti e ormai quasi circondata. II passaggio si era del tutto richiuso: che altro mi rimaneva a fare? Corsi fuori. Volevo a buon conto tagliare verso la boscaglia (o far bosco, come si chiamava allora da quelle parti un tal modo-di copertura dei guerriglieri) e, conquistata una posizione eminente, vigilare e tenermi pronto a qualunque eventualita; vigilare sopratutto la casa, che racchiudeva Lucia. Troppo tardi. Questa che segue e storia breve. Raggiunsi 1'esterno, e precisamente il terrazzo posteriore, che gik vi sopravvenivano tre soldati d'una razza e d'un corpo a me sconosciuti; quattro o cinque altri ne sbucarono di li a un istante da ambo i lati della casa, che avevano aggirata. Bruni di carnagione e d'uniforme, parendo alle labbra e agli occhi gente d'Affrica, avevano lunghi capelli inanellati sotto 1'elmetto e cerchi d'oro alle orecchie; un paio di loro tiravano per la cavezza due muletti carichi di munizioni e provviste. E inutile soggiunga che nulla di buono presagivano i loro ceffi, i quali avevano alcunche di crudele, di belluino e persin di diabolico. Mi circondarono ad armi basse. 511 Come poi seppi, quando fui in grado di ricostruire questo fu_ nestissimo fra tutti gli episodi della mia vita, costoro appartenevano a quei reparti di truppe coloniali che 1'esercito liberatore aveva messi in campo onde far impeto contro posizioni montane giudicate altrimenti inespugnabili; il qual compito, a vero dire, assolsero egregiamente, poiche erano adusati a un tal genere di guerra. Ma essi, che in tempi precedent! avevano avuto a subire gravitorti, nel loro paese medesimo, dai nostri connazionali, giungevano ora qui colla sete della vendetta e 1'animo dei saccheggiatorie degli stupratori, ne, ebbri di conquista, si brigavano di distinzioni purchessia fra amici e nemici, armati e non. Avevano in quel torno infranto alcune difese dei nostri invasori e s'erano affondati fino a noi in territorio avverso; salvoche non poterono a lungo mantenere il nuovo schieramento e furono costretti, fmo alia generale avanzata, a retrocedere. Ci trovammo dunque presi in una puntata appena, di cui tuttavia avemmo il tempo di sentire gli effetti. Questa che mi circondava era una delle bande di depredatori che si dilungavano,non poco spesso, dai loroquartieri. Essi tacevano, sembrando consultarsi collo sguardo. Li interpellai nella nostra lingua; risposero in una che conoscevo imperfettamente, non tanto pero da non capire alia prima che cosa cercassero: preda, vino, e sopratutto donne. Dissi che non ce n'erano per li e che non sapevo dove avrebbero potuto trovarne. Insisterono brutalmente. Cercai con buone maniere di far loro intender ragione: invano. Reagii vivacemente (a parole) alle loro ingiunzioni, accompagnate da spintoni e manate, di farmi tramite d'un tal mercato fra quelle montagne: minacciarono d'uccidermi. In breve,.come mi stringevano da tutte le parti, anzi, afferratomi, avevano preso a picchiarmisul viso, si venne a una furiosa colluttazione, in cui dovevo senza meno soccombere. Gia dai viso grondavo sangue. In quella mi lasciarono a un tratto, volgendosi tutti verso la casa. Anch'io mi volsi: sulla soglia del portone era Lucia. Perche? Accorreva ella in mio aiuto colle sue deboli braccia, voleva forse distrarre la loro attenzione, contando mettersi in salvo nell'interno della casa, per lei sicuro, non appena io fossi stato libero di fuggire? Non 1'ho mai piu saputo. A distrarli era difatto riuscita, ma per nulla al mondo io mi sarei allontanato di la. Ora i forsennati dettero in grand! risa, dicendo: guardala la nonnina! (doveva loro parer buffa, cosi vestita). Ma altro che nonnina, questa e una tenera pollastra!... , e cosi via. Poi si precipitarono tutti insieme verso di lei. Ella mi grido in furia: corri, 512 va' per amor mio, e il momento! Per me non temere , e scomparve dalla soglia. Coloro la seguirono dentro in turbine; anch'io mi buttai dentro, fmo alia sala. Vidi che 1'abbrancavano nel punto che stava per varcare la porta sulle stanze interne. La trascinarono fuori. Ma il primo che os6 levare la mano su lei fu abbattuto da un colpo dell'arma da lei tratta, con rapidissirno gesto, di fra le pieghe della sua ampia veste, arma in cui riconobbi la paterna pistola. Quanto a me, non potevo far uso delle mie perche due degli aggressor! mi avevano riafferrato. In questo momento i cani, che dovevano trovarsi per la campagnaall'arrivo di coloro, accorrevano tempestosamente girando un angolo della casa; un soldato si fece loro incontro e li stese in terra ambedue con una raffica del proprio fucile aripetizione. Un secondo insultatore strappo frattanto la pistola a Lucia, con quella la percosse ferocemente in viso, e al tempo stesso voleva baciarla. Ella si difese, letteralmente, coi denti e colle unghie, e metteva anche questo secondo a mal partito. Io, divincolandomi furioso, riuscii a strapparmi dalle mani di quelli che mi tenevano e mi lanciai in suo aiuto. L'ineguale mischia era divenuta selvaggia. Risuon6 un colpo secco: Lucia s'abbatte. Un altro: feci in tempo a udire queste parole: E la mamma!... Ma non temere, ci ritroveremo ancora. Torna, torna!, e persi i sensi. Quando li ripresi eravamo soli ormai: cioe io e il suo cadavere insanguinato; il suo sangue si era gia rappreso. Gli aggressor! erano scomparsi,portando seco il loro ferito o morto. II silenzio di sempre era tomato a distendersi sul luogo, che un tranquillo e brillante sole autunnale illuminava; 1'aria era tepida, non tirava un alito di vento, solo un uccello cinguettava lontano: una delle belle giornate di quella stagione. Le foglie gialle d'una cascia li presso facevano il piu vago smalto col cielo azzurro. Ecco, era bastato un momento, che pareva un fuggevole e brutto sogno, un sogno remoto, a distruggere la mia vita. Anch'io ero ferito, e non leggermente, a una spalla. Ma che importava, in qualche modo sarei guarito, io. Non so quanto tempo rimanessi li, non so che cosa facessi. La seppellii da ultimo colle mie mani in fondo al parco, accanto ai suoi, e lasciai quei luoghi. Oh, per poco. 513 CONCLUSIONS Torna, torna!: che cosa voile, che cosa ha voluto, dire con quelle sue supreme parole? Certo che sarei tomato: I'autunno seguente, almeno, e tutti gli altri autunni della mia vita. Ma non e questo che ha voluto dire; lo sento; lo odo, com'ella diceva. Che cosa devo fare,allora? La prima volta che tornai era una giornata come quella, calma, tepida e luminosa; il bosco sulle pendici attorno appariva rugginoso, con larghe macchie scarlatte. La guerra era ormai passata di la, la vera e grande guerra, con tutto il suo fragore e le sue rovine, ma s'era gia dileguata lontano; ne rimanevano le tracce desolate. Quel luogo aveva dovuto divenire per un tempo posizione difensiva e la casa fortilizio, che i colpi avversi non avevano risparmiato. Essa giaceva sventrata, mostrando le sue viscere, sorpresa dalla luce nei suoi piu intimi segreti, nei suoi cunicoli, nei suoi passaggi un tempo nascosti entro lo spessore delle vecchie muraglie, in quanto rimaneva delle sue suppellettili, gelosamente sacre un tempo alcune, delle sue tappezzerie che ora pendevano come lembi di carne disseccata: lamentevolmente vuota del suo mistero, che era come il suo sangue; trapassata dal cielo. Riconobbi taluno dei luoghi dove avevo in segreto palpitate nella speranza d'un'inaudita felicita, e, a mezz'aria, di quelli dove essa m'aveva tanto brevemente arriso. Attorno alia sua tomba stagnava 1'acqua, che era, quel giorno, un'azzurraspera. E, in seguito, rividi quei luoghi nei crepuscolo lagrimoso, come la prima sera che vi ero giunto, o spesso e violaceo, come la prima volta che la avevo trovata, o colla pioggia diritta e insistente, come quella notte, colla tempesta, col vento urlante come una creatura incatenata, colla nebbia sbrindellata sulle cime; in una delle mille figure di quella inebriante e malinconica stagione, che erano altrettante figure della mia anima. E le erbe, 1'edera e le altre selvatiche rampicanti cominciavano a coprire e a invadere la casa, che da ultimo ammantarono del tutto, facendone un gran tumulo verde. In giro c'e il medesimo silenzio, solo rotto dai medesimi solitari richiami degli uccelli; dalle pareti non pendono ormai che enormi grappoli di bacche nere, dall'odore velenoso, attorno a cui s'attarda qualche ronzatore di lassu. (Gli sconosciuti eredi del vecchio, o di Lucia, hanno completamente abbandonato il posto e preferito costruire molto piu in basso, al limite quasi del falso- 514 piano, una piccola casa per gli amministratori della tenuta e i contadini.) Sulla sua tomba, il cespo di roselline d'autunno da me piantato e divenuto grande e forte, e ogni anno, fra gli altri fiori, ne da uno particolarmente bello. Guardandolo, ricordo sempre le parole sue, o della sua "voce": di dove si sta facendo tanto bella quella rosellina, se non col tuo sangue? . Ora e davvero cosi. Dei due olmi che allacciano i loro rami, dalla sua tomba non lungi, uno e morto e scheletrito, 1'altro, ferito, accenna a volerlo seguire ben presto: ambedue li ha colpiti la guerra. lo guardo queste cose e mi dico: qui e sepolto il mio cuore. Ma non risorgera, col suo? Non si compira la promessa, quella che m'ha fatta nei punto della sua morte?