IL TEATRO DI PIRANDELLO Tutta la produzione teatrale pirandelliana (44 testi, chiamati drammi o commedie) è generalmente suddivisa in quattro fasi. 1) fase dialettale e verista (1910-16), di ambiente siciliano. 2) teatro del grottesco (1916-20 circa) + pirandellismo (circa 1920-36). Nella seconda metà dell’Ottocento nasce, dalla fusione di tragedia e commedia, il dramma borghese, che trattava in chiave seria aspetti della realtà quotidiana. Personaggi e ambienti sono borghesi (con aperture verso il mondo popolare, ad es. in Verga, che scrisse alcuni testi teatrali); anche i temi riguardano questa classe: famiglia (onore, fedeltà, amore; triangolo), denaro (cambiali, debiti, difficoltà economiche). Il rischio (implicito nel Verismo) era quello di creare personaggi scarsamente originali, insistendo sulla rigida consequenzialità causa-effetto, di fare un’analisi psicologica superficiale e cadere nel macchiettiamo (o, al contrario, seguendo un tardo-romanticismo ormai logoro, nel patetico e nel sentimele). Nella sua fase “grottesca” Pirandello porta all’esasperazione i caratteri di tale teatro, mostrandone l’inconsistenza. Il grottesco, la forma che l’arte umoristica assume sulla scena (intima fusione di comico e tragico), è abbinato alle tematiche più caratteristiche di Pirandello: contrasto vita-forma; inconoscibilità della verità; incomunicabilità… I testi più famosi sono: Così è (se vi pare) (1917); Il piacere dell’onestà (1917); Il giuoco delle parti (1918). Con “pirandellismo” si indicano un gruppo di testi in cui sono accentuati i tratti grotteschi e cerebrali (con una evidente ripetitività) dei primi testi. 3) teatro nel teatro (21-30). Mentre il teatro del grottesco accetta (mostrandone le contraddizioni) il dramma borghese, in questa fase Pirandello mostra l’impossibilità di rappresentare un testo teatrale (l’arte non è capace di rappresentare la vita; gli attori sono maschere) e sviluppa il tema dell’incomunicabilità (impossibilità di far comprendere le proprie ragioni e di identificarsi con gli altri). Questa fase, rappresentata dai testi Sei personaggi in cerca d’autore (1921), Ciascuno a suo modo (1924), Questa sera si recita a soggetto (1930), si caratterizza anche per la totale rottura delle convenzioni sceniche: viene abbattuta la separazione fra personaggi e attori, fra scena e platea (gli attori entrano nella platea), fra attori e pubblico (vengono coinvolti gli spettatori nella storia rappresentata). Viene inoltre eliminato il principio di verosimiglianza, tipico del teatro, svelando deliberatamente i meccanismi scenici (palcoscenico spoglio, viene rappresentata un testo teatrale). Collegata a questa fase è anche la tragedia Enrico IV (1921), in cui Pirandello riprende gli aspetti tipici della tragedia ottocentesca (“personaggi elevati”, tre unità, “ambientazione storica”) sviluppando però i temi a lui cari dell’estraneità al presente, della follia (è la società che determina la distinzione tra le due condizioni), della distinzione tra illusione e realtà (che è indefinibile). 4) teatro dei miti (1926-36). Nell’ultimo decennio di vita Pirandello scrive alcune opere (uno delle quali, I giganti della montagna, interrotta dalla morte), in cui vengono rifiutati alcuni aspetti caratterizzanti la sua precedente produzione (personaggi umoristici o dolenti, storie paradossali, cerebralismo, critica e dubbio radicali) e proposti valori universali positivi (maternità, religione, natura, arte…). Le opere di questo gruppo hanno trame favolose e sono ambientate in un mondo popolare fantastico e primitivo, mosso da passioni assolute ed esemplari. I testi sono variamente interpretati dalla critica.