IL TEATRO MODERNO TRA ARTE E MERCATO Dalla seconda metà dell’Ottocento ai primi del Novecento in Italia e nel resto dell’Occidente si assiste al definitivo assestamento delle strutture portanti del teatro moderno. Nasce una nuova civiltà dello spettacolo, caratterizzata dalla presenza di numerosi generi e sottogeneri di rappresentazione, riconducibili a tre fondamentali tipologie: teatro per musica, teatro parlato (il dramma e le commedie), spettacolarità diffusa (circo, cafè chantant, music hall, cabaret etc), a cui si aggiunge poi il cinema. Le principali novità del teatro del secondo Ottocento in Europa sono il venir meno del controllo dello Stato sulla produzione teatrale, il che comporta un adeguamento del mercato teatrale ai meccanismi dell’economia capitalistica ottocentesca, e la nascita della figura del regista (quest’ultimo fenomeno è molto ostacolato in Italia dalle forti personalità degli attori che si oppongono spesso alle indicazioni del regista). Entrano in crisi anche il modello architettonico del teatro all’italiana e il tradizionale impianto pittorico delle scenografie, mentre nuovi apporti e soluzioni sono forniti dall’introduzione della luce elettrica come fonte di illuminazione. In Italia in questo periodo si sviluppano il teatro borghese (anche su modello e traduzione di testi francesi) e il teatro verista (la drammaturgia verista segue la strada del mélo, una forma drammatica caratterizzata da una drastica contrapposizione tra personaggi positivi e negativi, con trame strutturate su una forte tensione drammatica, inclinazione a colpi di scena, ambientazioni esotiche etc). Esempio tipico in tal senso è Cavalleria Rusticana di Verga. Accanto a queste forme teatrali si collocano nei primi decenni del Novecento la produzione di D’Annunzio (teatro di regia, tragedie storiche), il teatro futurista (d’avanguardia), il teatro grottesco (che rovescia in parodia gli intrecci del teatro borghese tradizionale conducendo un’aspra critica alla società, sviluppando riflessioni filosofiche sulla maschera e sul volto etc), la produzione di autori come Italo Svevo e Pirandello. Nel 1910 i futuristi assaltano le sedi tradizionali dello spettacolo borghese: il 12 gennaio, presso il Politeama Rossetti di Trieste, ha luogo la prima “serata futurista”, cui seguono quella del 15 febbraio al teatro Lirico di Milano, dell’8 marzo al Politeama Chiarella di Torino, del 20 aprile al teatro Mercadante di Napoli, del 27 aprile al teatro la Fenice di Venezia. Vere e proprie manifestazioni scandalistiche, esse sono una specie di happening, provocatorio e insieme propagandistico (esecuzione di brani musicali, presentazione di quadri, declamazioni di parole in libertà e discorsi, letture di manifesti, dialogo-scontro con il pubblico etc.) Cenni sul teatro futurista Le idee di base furono espresse principalmente in tre documenti: Il Teatro di Varietà del 1913, firmato da Marinetti; Il Teatro futurista sintetico del 1915, ad opera di Marinetti, Emilio Settimelli e Bruno Corra; Il Teatro della sorpresa del 1921, firmato da Marinetti e Francesco Cangiullo. Comune nelle dichiarazioni di intenti fu la distruzione delle forme drammatiche convenzionali tramite l'assenza totale di trama, il rifiuto di attingere ai capolavori del passato per creare opere teatrali nuove, la volontà di sottrarre il teatro al mercato dell'intrattenimento per non renderlo più schiavo del sistema commerciale. Il primo punto del Manifesto dei drammaturghi futuristi dell'11 gennaio 1911, sempre ad opera di Marinetti, spingeva al disprezzo del pubblico che utilizzava il teatro unicamente come occasione di "orgoglio intellettuale", augurandone invece la partecipazione attiva: in questo vi è la voluttà di essere fischiati, per spingere le platee ad esprimere la propria opinione di fronte ad un evento artistico. Dal punto di vista drammaturgico, vi sarebbe stato l'abbandono, oltre che della trama, anche del verso e della prosa a favore del verso libero, che avrebbe distrutto la sintassi e, con essa, i retaggi della precedente letteratura teatrale, concepita come antica e lontana dal dinamismo della contemporaneità. Solo il teatro di varietà scampò al rifiuto del passato da parte di Marinetti: avvertito come sovversivo, moderno, veloce, anti-lirico e capace di stupire,^ il genere teatrale divenne un modello da imitare poiché rappresentava la sintesi di tutto ciò che i futuristi chiedevano: velocità, utilizzo di varie discipline (tra cui l'importante cinematografo, simbolo di modernità) che lavorano in sinergia tra loro, cinismo espressivo, rumorosità, punto di incontro tra differenti strati sociali, abbandono del bon-ton a favore della parola libera. Dal punto di vista dello spazio scenico, l'attacco alla tradizione venne condotto da Enrico Prampolini in Scenografia e coreografia futurista, documento nel quale viene richiesta l'abolizione della scena dipinta e, dunque, la sua creazione in funzione antinaturalistica; la sostituzione della scenografia da un insieme strutturale che susciti emozioni dirette e violente e che richieda la decodificazione da parte del pubblico per assumere una valenza espressiva; la rivendicazione del lavoro dello scenografo come creatore e non come esecutore, e che quindi ha capacità e possibilit di essere al pari del musicista o del drammaturgo. La nuova scenografia futurista viene dunque pensata come sintesi di "dinamismo, simultaneità e unità d'azione tra uomo e ambiente" che si esprime in un trionfo di colori, forme geometriche, astrazione delle forme ed ampio utilizzo della luce elettrica come elemento scenografico a sé stante. Alcuni manifesti del teatro futurista * Manifesto dei drammaturghi futuristi, (11 gennaio 1911), Marinetti * Il Teatro di Varietà, (1 ottobre 1913), Marinetti * Il teatro futurista sintetico, (1915), Corra, Settimelli, Marinetti * La declamazione dinamica e sinottica, (1915), Marinetti * Il teatro aereo futurista, (11 aprile 1919), Fedele Azari * Il teatro visionico, (1920), Pino Masnata * Il teatro della Sorpresa, (11 ottobre 1921), Marinetti, Cangiullo * Il Teatro Totale per masse, (1933), Marinetti Marinetti: le riflessioni sul teatro di varietà e i suoi legami con il teatro del Novecento · Recupero dell’attorialità e della partecipazione del pubblico · Attribuzione all’attore di un nuovo ruolo, che valorizzi anche la dimensione della fisicità e della corporeit · Messa in scena come straniamento (violazione delle attese degli spettatori e delle convenzioni) · Importanza del cinema, utilizzato come componente dello spettacolo teatrale