TESTO A Tra quote, crediti e inutili riunioni l' università muore di aziendalismo Da qualche anno, all' università, non si parla che di quote; si somma, sottrae, divide, occupando così quasi tutto il tempo che dovrebbe essere dedicato a ricercare, insegnare, leggere, discutere di problemi scientifici con allievi e colleghi. (...) Come rivela la febbre delle quote, l' imperante economicismo, che crede di poter trasformare di colpo le università in imprese, produce l' effetto contrario. L' impresa ha la sua logica e la sua peculiarità e proprio per questo non ogni cosa è un' impresa. Una famiglia, una fabbrica di scarpe e una brigata alpina devono essere tutte gestite con oculatezza economica, senza sprechi e facendo quadrare i bilanci, ma senza scordare che il fine della fabbrica di scarpe è il profitto, il quale invece per la famiglia e per la brigata alpina - e anche per l' università - è un mezzo necessario per realizzare altri fini. La Fiat è un' azienda, l' Italia o la Chiesa no, e ciò non significa sottovalutare la dignità della Fiat. Una cultura d' impresa inoltre non si crea per decreto o vezzo intellettuale. Le università americane hanno dei patrimoni che investono, ma non passano tutto il tempo a parlare di investimenti, anche quando è il momento di parlare di filologia classica o di odontoiatria. Da noi invece le università, strangolate dalla povertà di mezzi che spesso le priva delle più elementari attrezzature scientifiche e assordate dall' aziendalismo ideologico, parlano solo di soldi senza produrli. Un' altra comica e nefasta scopiazzatura è stata l' introduzione dei crediti. I crediti hanno imposto una gretta mentalità, secondo la quale ogni attività dello studente - dalla lettura di un libro a una corsa campestre - deve comportare un utile formale e immediato. Mesi fa uno studente mi ha detto che sarebbe venuto a sentire un seminario interdisciplinare su letteratura e scienza, tenuto alla Scuola superiore di studi avanzati di Trieste, se ciò gli avesse procurato dei crediti. Stupefatto che non gli fosse venuta in mente l' idea di andarci perché il tema lo interessava, gli ho chiesto se aveva mai baciato gratis una ragazza. I crediti disabituano a investire. Ogni investimento, all' inizio, è un rischio; le cose che facciamo solo per amore - anche leggere un libro - sono spesso quelle che poi ci rendono di più, ma indirettamente, ed è ridicolo pretendere punti perché si è letto - si spera con passione - Leopardi. La distribuzione dei crediti fra i vari corsi e discipline è complicatissima, scatena contese, esige conteggi tortuosi, togliere un credito a un modulo (ossia a uno spezzone di lezioni) per poterne assegnare due a un altro, ma i conti non tornano, i crediti mancano e avanzano e le energie che bisognerebbe dedicare alla filosofia di Kant o al diritto civile vengono assorbite da logoranti e rissosi puzzle. L' informatica, oggi necessaria come l' alfabetizzazione, è stata doverosamente introdotta, con un' enfasi peraltro spesso contraddetta dalla mancanza di fondi per comprare un computer - talora perfino per rinnovare l' abbonamento a riviste scientifiche essenziali. Tuttavia anche l' informatica - come la letteratura, la chimica e qualsiasi materia - se usata male può diventare anticultura, spesso spocchiosa. Una collega mi raccontava che uno studente, in un biglietto, le aveva scritto «grazzie» e, alle sue rampogne, aveva risposto che non aveva importanza perché, se l' avesse scritto non a mano ma come di consueto al computer, questo avrebbe provveduto a correggerlo. L' utilissima possibilità di inviare sms, mi ha detto un altro collega, induce alcuni studenti a chiedere, per tale via istantanea, il giorno prima dell' esame quali libri è opportuno leggere per l' esame stesso, libri il cui elenco è affisso in bacheca. autore: prof. Claudio Magris TESTO B I crediti didattici: un'innovazione europea L'adozione del sistema dei crediti formativi universitari è uno dei principi ispiratori della riforma del sistema universitario italiano, introdotta dal Decreto 3/11/1999, n. 509 (Regolamento recante norme concernenti l'autonomia didattica degli atenei). Il concetto del credito didattico, così come lo intende la Riforma, trae origine dalla lunga sperimentazione del Sistema Europeo di Trasferimento di Crediti (ECTS) nell'ambito del Programma ERASMUS. Lo strumento del "credito" quale misura quantitativa del carico di lavoro (in inglese: workload) svolto dallo studente era stato sperimentato da 150 istituzioni universitarie europee in cinque aree disciplinari, per facilitare il confronto fra gli studi compiuti nei diversi paesi e sistemi di istruzione e per rendere così più agevole il trasferimento e il riconoscimento dei risultati ottenuti durante gli studi all'estero. L'introduzione dei crediti che misurano la quantità di lavoro di apprendimento che lo studente deve affrontare pone l'insegnamento universitario in una nuova prospettiva, per più di una ragione: * Sostituisce all'ottica dell'insegnamento quella dell'apprendimento, che sposta l'accento sullo studente, sulla sua legittima esigenza di rendere "realistico" l'impegno richiesto per ottenere un titolo di studio e di rendere quindi lo studio universitario percorribile in tempi relativamente certi; * orienta la riorganizzazione dei Corsi di studio verso il raggiungimento di determinati obiettivi formativi, legati a profili scientifici e professionali, e delle relative competenze; * favorisce la razionalizzazione dell'insegnamento attraverso un più alto grado di coordinamento fra discipline, attraverso il rinnovamento delle metodologie didattiche e attraverso la modularizzazione dei corsi; * introduce un maggior peso delle decisioni collegiali in materia didattica, senza ledere il principio della libertà di insegnamento del singolo docente; * esige una maggiore coerenza fra il bagaglio culturale e conoscitivo di partenza dello studente e l'orientamento universitario. Il credito è la base di una trasformazione radicale nei principi e nei modi di progettazione e programmazione di un Corso di studi.