40 Direttissimo « Quel treno, prendie » « Quello. » La locomotiva era tcrribile sotto la tettoia fumigosa, scmbrava un toro infcrocito che scalpitasse per la smania di partirc. « Con questo treno viaggi?» mi chiedevano. Incuteva infatti paura, tanto frenetica era la tensione del vapore acqueo che flltrava dalle fcssure sibilando. « Con qucsto» io risposi. « E per dove;» Io dissi il nome. Non 1'avevo pronunciato mai, neppure parlando con gli amid, per una specie di pudore. Il grande nome, il massimo, la destinazione favolosa. Di scriverlo qui non ho il coraggio. Allora mi guardarono chi in un modo chi in un altro: con ira per la mia improntitudine, con scherno per la mia pazzia, con pieta per le mie illusioni. Qualcuno rise. D'un balzo fui nella vettura. Spalancai un fmestrino, cercai nella folia void amid. Non un cane. E dai allora, o treno, non pcrdiamo un minuto, corri, galoppa. Signer macchinista per piacere non essere avaro di carbone, da fiato al leviatano. Si udirono dei soffi emessi con precipitazione, i vagoni ebbcro un fremito, i pilastri della pensilina si mosscro, dapprima lentamente, ad uno ad uno mi sfilarono dinanzi. Poi case case stabilimenti gasometri tettoie case case ciminiere androni case case alberi orticelli case tran-tran tran-tran i prati la campagna, le nuvole viaggianti nell'aperto cielo! Dai, macchinista, con 1'intera potenza del vapore. Dio, come si correva. A questa andatura ci voleva poco, 391 10 pcnsavo, a raggiungcre la stazionc i c poi la 2, la 3, la 4 c poi la 5 chc era 1'ultima, e sarcbbe stata la vittoria. Attravcrso i vctri io compiacinto guardavo i fili clcttrici che si abbassavano abbassavano finchc facevano uno scarto, tac, risalendo alia primitiva posizionc, questo a causa del palo successive: e il ritmo accclcrava scmpre piu. Ma dinanzi a me sul divano di vclluto rosso scdevano due signori con la faccia di coloro chc se nc intcndono di trcni, i quali consultavano continuamentc 1'orologio e scuotevano il capo brontolando. Allora io che sono un tipo un po' apprcnsivo prcsi il coraggio a due mani e domandai:« Se non sonoindiscreto, signori, perche scuotete cosi il capo;». « Scuotiamo il capo» mi rispose il piii anziano dei due « perche questo inalcdctto trcno non marcia come sarcbbe 11 suo dovere; di questo passo arrivcrcmo con un ritardo spavcntoso.» Io non dissi nicntc ma pcnsavo: "Mai content!, gli uomini; questo trcno c addirittura entusiasmante per vigore c buona volonta, scmbra una tigre, questo treno corrc come probabilmente ncssun trcno e mai riuscito a correrc, eppure eccoli qua, gli etcrni viaggiatori che si lagnano ". Intanto le campagne da una partc e dall'altra fuggivano con meraviglioso slancio e la lontananza alle nostre spalle ingigantiva. Difatti la stazionc numcro i si present6 prima che me Io aspettassi. Controllai 1'orologio. Eravamo in perfetto orario. Qui, sccondo il programme, io dovevo incontrarc 1'ingegnere MofTm per un affare importantissimo. Scesi di corsa, mi affrettai, come previsto, al ristorante della prima classe; dove infatti c'era il MofFm che aveva appena fmito di mangiare. 392 Lo salutai, mi sedetti, ma lui non acccnnava menomamente al nostro affare, parlava del tempo e di altrc cose indifferent! come se avesse dinanzi a sc un immense spazio disponibile. Ci vollero buoni dieci minuti (e ne mancavano appena 7 alia partcnza) perche si dccidcsse a tirar fuori dalla busta di pclle gli incartamcnti necessari. Ma si accorse che io guardavo 1'orologio. « Ha fretta, per caso, giovanotto;» mi chicse non senza ironia. « A me, per csscre sincere, non piacc trattar gli afiari con 1'acqua alia gola...» « Giustissimo, ingcgncre illustre » osai « ma il mio trcno fra poco riparte e...» « Quando e cosi» fece lui raccoglicndo i fogli con un energico gcsto dclle mani « quando e cosi, sono dolente, dolentissimo, ma nc riparlcrcmo, se mai, quando lei, caro signore, sara un poco piu comodo. » E si alzo. « Mi scusi» balbettai «la colpa pcro non e mia. Sa, il treno...» «Non importa, non importa» dissc, sorridcndo con superiorita. Feci appena in tempo a raggiungcrc il mio treno che si rimettcva lentamcnte in moto. "E pazienza" io pcnsavo "sara per un'altra volta, qucllo che conta e di non pcrdcre la corsa." Volammo attraverso le campagne e i fili telcgrafici danzavano su e giii con quci loro soprassalti da epilcttico, si vedevano praterie sconfinate e sempre meno case sempre meno perche ci inoltravamo nelle terre del nord le quali si aprono a ventaglio verso la solitudine e il mistcro. I due signori di prima non c'erano piu. Nel mio scompartimento scdcva un pastore protcstante dall'aspetto mite, che tossiva. E prati e boschi e acquitrini, mcntre dietro di noi la lontananza si gonfiava con la potenza di un rimorso. 393 A un tratto, non sapendo cosa fare, guardai 1'orologio e subito anche il pastore protcstante, fra nn colpo di tosse e 1'altro, fece lo stesso; e scosse il capo. Ma questa volta non domandai il perche, purtroppo il perche io lo sapcvo. Erano le 16.35 e gia da un quarto d'ora saremmo dovuti esscre arrivatialia stazione 2 la quale neppure si intravcdeva aU'orizzonte. Alia stazione 2 doveva aspettarmi la Rosanna. Quando il treno arrive, sulla banchina c'era molta gente. Ma Rosanna non c'cra. Avevamo un ritardo di mezz'ora. Saltai a terra, attraversai la stazione, affacciandomi al piazzale. E allora in fondo al viale, lontanissima, awistai la Rosanna che se ne andava un poco curva. «Rosanna, Rosanna!* chiamai a tutta voce. Ma il mio amore era oramai distante. Non si volto neanche una volta, e io vorrei sapere: umanamente parlando, potevo io correrle dietro, potevo abbandonare il trcno e tutto quanto; Rosanna scomparve in fondo al viale, con una rinuncia in piu io risalii sul direttissimo e via, attraverso le pianure borcali, verso ci6 che gli uomini chiamano il destino. Che importava 1'amore, dopo tutto? Camminammo ancora giorni e giorni, i fili elcttrici di fianco alle rotaie facevano la loro danza nevrastenica, ma perche il rombo delle ruote non avcva piu il bell'impeto di prima? Perche all'onzzonte gli alberi si attardavano svogliati invece di scattare via come lepri coke di sorpresa? Alia stazione numero 3 ci sara stata appena una ventina di persone. Non vidi il Comitato che doveva venire a fe- steggiarmi. Sulla banchina chiesi informazioni. «Non e venuto per caso un Comitato cosi e cosi» domandai« uomini e donne con la banda e le bandiere;» « Si, si, e venuto. Ha aspettato un bel pezzo, anche. Poi ne ha avuto abbastanza e se ne e andato. » « Quando? » « Saranno tre quattro mesi fa» mi fu risposto. In quel mentre si udi un lungo fischio perche il trcno ripartiva. Coraggio, allora, in marcia. Il direttissimo arrancava con tutte le forze disponibili, certo non era piu la travolgente galoppata di'una volta. Il carbone difettoso; L'aria diversa? Il freddo? Il macchinista stance? E la lontananza dietro di noi era una specie di abisso che a guardarlo veniva la ver- tigine. Alia stazione numero 4, lo sapevo, doveva esserci la mamma. Ma quando il trcno si ferm6 le banchine erano vuote. E nevicava. Mi sporsi a lungo dal fmestrino, guardai intorno e stavo per richiudere deluso, quando riuscii a vederla: nella sala d'aspetto, rincantucciata su una panca, tutta awolta in uno scialle, che dormiva. Misericordia, come era diventata pic- cola. Saltai dal treno e corsi ad abbracciarla. Stringendola, mi accorsi che non pesava quasi phi: un mucchietto fragile di ossa. E la sentivo tremare per il freddo. «Dimmi, e un pezzo che mi aspetti?» «No, no, figlio mio» e rideva felice «non sono neanche quattro anni.» Cosi dicendo non guardava me, bensi fissava il pavimento intorno, quasi cercasse qualche cosa. « Mamma, cosa cerchu » «Niente... Ma le tue valige? Le hai lasciate sulla banchina, fuori?» « Sono sul treno » dissi. * Sul treno? » e un'ombra di desolazione le cal6 come un sulla fronte. «Non le hai ancora scaricate?» 395 « Ma io...» non sapevo proprio come dirgliclo. « Vorresti dire che riparti subitor Che non ti fermi neanche un giorno;» Tacque, sgomenta, e mi guardava. lo sospirai. «E va bcnc! Lascero che il treno se nc vnda. Adesso corro a prender le valige. Ho dcciso. Rimango qui con te. Dopo tutto, mi hai aspettato quattro anni.» Di nuovo, a queste mie parole, la faccia della mamma si cambi6. Tornarono 1'allegrezza ed il sorriso (il quale pero non emanava pin luce come prima). « No, no, non andare a prendere i bagagli,mi sono espressa male » supphco. «lo scherzavo, sai. lo ti capisco. Non puoi fermarti in questo povero paese. Per me non val la pena. Per me non devi perdere neanche un'ora. E molto meglio che tu riparta subito. Assolutamentc. E il tuo dovere... Desideravo una sola cosa: rivederti. Ti ho rivisto, adesso son contenta...» Chiamai: «Facchino, facchino! (un facchino spunto immediatamente) Ci sono da scaricare tre valige!». « Macche valige» ripcte la mamma « Un'occasione come questa non tornera mai piii. Tu' sei giovane, hai da fare la tua strada. Presto, sali in vettura. Va, va» e sorridendo con fatica immensa mi spingeva debolmente verso il trcno. « Per carita fa presto, stanno chiudendo gli sportelli.» Non so come, con tutto il mio egoismo mi ritrovai ncllo scompartimento c mi sporgevo dal fmestrino apcrto, gcsticolando per gli ultimi saluti. Fuggendo il treno, lei ben presto divenne ancora piii piccola di qucllo che effettivamente era, una figurina afflitta e immobile sul deserto marciapiedi, sotto la neve che cadeva. Poi divenne un punto nero senza volto, una minuscola formica nella vastita dell'universo; e subito svanf nel nulla. Addio. Con un ritardo di anni e anni accumulati, siamo cosi di nuovo in viaggio. Ma per dove? Cala la sera, i vagoni sono gelidi, non c'e rimasto quasi piu nessuno. Qua e la, ncgli angoli dcgli scompartimenti bui, siedono dcgli sconosciuti dalle facce pallide e dure che hanno freddo e non lo di- cono. Per dove; Quanto e lontana 1'ultima stazionc; Ci arriveremo mai; Valeva la pena di fuggire con tanta furia dai luoghi e dalle persone amate? Dove, dove ho messo le sigarcttce ah, qui nella tasca dclla giacca. Certo, tornare indietro non & puo. Forza, dunque, signer macchinista.Che faccia hai, come ti chiami? Non ti conosco ne ti ho mai visto. Guai se tu non mi aiuti. Sta saldo, bel macchinista, butta nel fuoco 1"ultimo carbone, falla volare questa vecchia baracca cigolantc, ti prcgo, lanciala a rotta di collo, che assomigli almcno un poco alia locomotiva di una volta, ti ricordi? via nella notte a precipizio. Ma in nome di Dio non mollare, non lasciarti prendere dal sonno. Domani forse arrive- remo.