176 Modi delta narrativa al tempo stesso perseguono uno scopo. Assumerne consapevolezza non significa violate 1'autonomia del testo/bensi realizzarlo in quanto oggetto d'espenenza. 41. Tempo In nessun genere del discorso la categoria del tempo e cosi centrale come nella narrazione. La cosa e del tutto ovvia, ma spiega se non altro perche la trattazione del tempo nel racconto presenta una tipologia altamente raffinata e complessa, che qui possiamo solo schematizzare. Distingueremo anzitutto il tempo della storia, quello in cui si suppone avvengano le vicende raccontate, e un tempo .del discorso, quello in cui la voce narrante ci viene riferendo gli eventi e in cui, di norma, ha luogo 1'atto dell'ascolto o della lettura. II rapporto tra questi due tempi determina una serie di variazioni, sia per quanto riguarda 1'ordine, sia per quanto riguarda la durata. La successione degli eventi nella storia, cosi come noi la ricostruiamo mentalmente, seguira 1'ordine lineare del prima e del dopo. In un intreccio elementare del tipo « 1. II re mori, 2. e la regina mori di dolore », la successione e rispettata dal discorso. Noi, vale a dire, veniamo a conoscenza degli eventi nello stesso ordine in cui si sono verificati. Se invece il discorso avesse la forma « 2. La regina mori di dolore, 1. poiche il re era morto », ci troveremmo di fronte a uno sfasamento, o anacronia, tra 1'ordine dei fatti e 1'ordine in cui ci sono riferiti. Come vedremo [§ 431, e questo uno degli aspetti su cui si fonda la distinzione tra fabula e intreccio. Nel frattempo, seguendo Genette (1972), distingueremo la retrospezione (analessil, che a partire daH'avveniraento narrato ci informa intorno a cio che lo precede, dall'anticipazione (prolessi)', che ci informa sul futuro; e inoltre la portata dell'anacronia (1'intervallo di tempo che separa i due avvenimenti, piu o meno contigui o lontani) dalla sua ampiezza 0 estensione. Tralasciando ulteriori specificazioni, segnaleremo solo un'altra possibilita, 1'acronia: dove la successione nel discorso e basata non sulla relazione cronologica, bensl su altri tipi di associazione, spaziale, tematica, logica, ecc. 1 primi capitoli della Coscienza di Z,eno, ad esempio, si avvicinano a questo modo d'intreccio. Un secondo tipo di relazioni riguarda, come si e detto, la Durata. Quando Manzoni ci racconta in una pagina la vita di don Abbondio anteriore all'incontro con i bravi, parleremo di riassunto (in questo caso retrospettivo). Ma il riassunto puo anche essere progressive, nonche ridursi a una brevissima sintesi, del tipo « Nulla in quei 41. Tempo 177 giorni venne a turbare la loro felicita », fino a scomparire del tutto: avremo allora un^ellissi, dove il tempo della storia procede per una durata piu o meno lunga, mentre il tempo del discorso e nullo; (Pellissi potra cadere fra la conclusione di un episodio e 1'inizio del; successive, ovvero all'interno di un episodio, con un effetto di su- spense). Tipicamente, il tempo della storia e il tempo del discorso coincidono nelHlalogo: in questo caso parleremo di scena. L'intero episodio di padre Cristoforo alia tavola di don Rodrigo e appunto una scena. Ma la stessa coincidenza si ha nejjnpnologo interiore [S 45], e in entrambi i casi, ovviamente, e possibile che vengano riferiti eventi del passato relative, riproducendo in questo "discorso dentro il discorso" gli stessi rapporti che stiamo descrivendo. Si vedano ad esempio la pagine finali dell'Ulisse, dove Joyce cede la parola a Molly Bloom: « Si perche prima non ha mai fatto una cosa del genere chie dere la colazione a letto con due uova da quando eravamo all'albergo City Arms quando faceva finta di star male con la voce da sofferente e faceva il pascia per renders! interessante con Mrs Riordan vecchia befana e lui credeva d'essere nelle sue grazie e lei non ci lascio un baiococ tutte messe per se e per 1'animu sua spilorcia maledetta aveva paura di tirar fuori quattro soldi per lo spirito da ardere mi raccontava di tutti i suoi mali aveva la mania di far sempre i soliti discorsi di politica e i terremoti e la fine del mondo divertiamoci prima Dio ci scampi e liberi tutti se tutte le donne fossero come lei a sputar fuoco contro i costumi da bagno e le scollature che nessuno avrebbe voluto vedere addosso a lei si capisce » (983). Naturalmente, la verbalizzazione del pensiero richiede in realta un tempo assai maggiore di quello impiegato dal pensiero stesso: la loro e un coincidenza immaginaria, che appartiene all'ordine della finzione e si fonda, in ultima analisi, sulla disponibilita del lettore a collaborare mentalmente all'illusione. Avremo invece un'estensione. quando il tempo del discorso ha una durata .maggiore del corrispondente segmento di storia. Cio accade in genere quando il narratore riferisce e .analizza pensieri, intuizioni, sensazioni dei personaggi; e il tempo della storia puo essere nullo, mentre il discorso procede piu o meno a lungo commentando, spiegando o descrivendo: in questo caso parleremo di pausa. Un esempio dassico, di una pagina interamente costruita sull'alternanza di estensioni e di pause, e questa epifania del ricordo di Proust: « Ed ecco, macchinalmente, oppresso dalla giornata grigia e dalla previsione d'un triste domani, portai alle labbra un cucchiaino di te, in cui avevo inzuppato un pezzetto di 'maddalena'. Ma, nel momento stesso che quel sorso misto a briciole di focaccia tocco il mio palato, trasalii, attento a quanto avveniva in me di straordinario. Un piacere delizioso m'aveva invaso, isolate, senza nozione della sua causa. M'aveva subito reso indifferent! le vicissitudini della vita, le sue calamita inof- 178 Modi della narratiua fensive, la sua brevita illusoria, nel modo stesso che agisce 1'amore, colmandomi d'un'essenza preziosa: o meglio quest'essenza non- era in me, era me stesso [...]. E ad un tratto il ricordo m'e apparso. Quel sapore era quello del pezzetto di 'maddalena' che la domenica mattina a Cambray (giacche quel giorno non uscivo prima della messa), quando andavo a salutarla nella sua camera, la zia Leonie mi oflfriva dopo averlo bagnato nel suo infuso di te o di tiglio. La vista della focaccia,, prima d'assaggiarla, non m'aveva ricordato niente; forse perche, avendone viste spesso, senza mangiarle, sui vassoi del pasticceri, la loro immagine aveva lasciato quei giorni di Cambray per unirsi ad altri giorni piu recenti; forse perche di quei ricordi cosi a lungo abbandonati fuori della memoria, niente sopravviveva, tutto s'era disgregato; le forme — anche quella della conchiglietta di pasta, cosi grassamente sensuale sotto la sua veste a pieghe severe e devota — erano abolite, o, sonnacchiose, avevano perduto la forza d'espansione che avrebbe loro permesso di raggiungere la coscienza. Ma, quando niente sussiste d'un passato antico. dopo la morte degli esseri, dopo la distruzione delle cose, solo, piu tenui ma piu vividi, piu immateriali, piu persistenti, piu fedeli, 1'odore e il sapore, lungo tempo ancora perdurano, come anime, a ricordare, ad attendere, a sperare, sopra la rovina di tutto il resto, portando sulla loro stilla quasi impalpabile, senza vacillare, l'immenso edificio del ricordo » (La strada di Swann, parte i, cap. 1). Va precisato, s'intende, che qui il discorso rievoca un atto di ricordo: e questo, a sua volta, rievoca in forma sintetica il suo relative passato. Per lo piu, il tempo del discorso e anche, nella finzione narrativa, il tempo dell'ascolto o della lettura. L' "adesso" del narratore in « Adesso vi raccontero che cosa succede a Carlo » e anche 1' "adesso" del suo destinatario. Ma non sempre e cosi: in una narrazione diaristica o epistolare il tempo del narratore e situate non nel presente, bensi nel passato di chi legge; ed e un tempo che scorre sensibilrnente, esso stesso oggetto di rappresentazione. Un ultimo rapporto possibile fra il tempo del discorso e il tempo della storia, oltre all'ordine e la durata, e la frequenza, che Chatman (1978: 80) cosi sintetizza distinguendo i tipi: « 1 . singolativo, una singola rappresentazione discorsiva di un singolo momento della storia, come in "ieri mi sono coricato presto", 2, singolativo-mukiplo, diverse rappresentazioni, ciascuna delle quali corrisponde a un diverse) momento della storia, come in "lunedi mi sono coricato presto, martedi mi sono coricato presto, mercoledi mi sono coricato presto" ecc.; 3. ripetitivo, molte rappresentazioni discorsive dello stesso momenlo della storia, come in "ieri mi sono coricato presto, ieri mi sono coricato presto, ieri mi sono coricato presto" ecc.; 4. iterativo, una singola rappresentazione discorsiva di molti moment! della storia, come in "tutti i giorni della settimana mi sono coricato presto" ». Alia frequenza sono connessi particolari effetti, come ad esempio, nel terzo caso, il ritorno ossessivo su un evento o, nel secondo, il ripetersi monotono di uno stesso gesto. Sin qui, abbiamo supposto che il tempo della storia sia comunque antecedente al tempo del discorso. Per lo piu, in effetti, la storia 42, Punto di vista 179 e collocata nel passato, e gli stessi romanzi di fantascienza usano i tempi verbali del passato, non quelli del future. Gli esempi di narrazioni al presente pero non mancano (nel romanzo americano del Novecento o nel nouveau roman, ad esempio); un caso singolare e Giovanni e le mani di Fortini (pubblicato nel 1948 con il titolo Agonia di Natale): dove si alternano parti in terza persona al passato, e parti in prima persona al presente. II mutamento dei tempi verbali si accompagna qui al mutamento del punto di vista, nonche del carattere tipografico (tondo e corsivo). Un'interessante distinzione, per quanto concerne i tempi verbali, e proposta da Weinrich (1971): la distinzione fra tempi dello sfondo (tipicamente, 1'imperfetto) e tempi del. primcL.piano .(tipicamente, il passato remote). Questa distinzione non coincide necessariamente con quella fra stasi e azione, o continuita e discontinuita, bensi riguarda la messa a fuoco, piu o meno ravvicinata, della materia: si confrontino le espressioni « Era una bella giornata di sole » e « Fu una bella giornata di sole »; nel primo caso ci disponiamo all'attesa di un evento, mentre nel secondo 1'informazione ci appare in se conclusa. A entrambi questi tempi narrativi si contrappongono poi i tempi commentativi (presente, passato prossimo, future), delegati alia rappresentazione degli atteggiamenti e delle considerazioni del narratore. Resta infine da dire che, nel suo complesso, la concezione del tempo puo essere molto diversa da una narrazione all'altra. Come vedremo [§ 46], 1'epopea presuppone un'imrnagine del tempo destinata ad essere radicalmente trasformata dall'avvento del romanzo: in questo senso, la descrizione strutturale dovra integrarsi, oltre che con 1'analisi degli altri livelli del testo, con la piu vasta storia delle forme e delle idee con cui 1'uomo si e venuto raffigurando il suo mondo. 42. Punto di vista Espressioni come "punto di vista" o "prospettiva" designano una terza modalita del discorso narrative. Si tratta di espressioni metaforiche, che rimandano evidentemente alia percezione visiva, e ci ricordano appunto che gli eventi del racconto ci vengono via via rivelati cosi come si sono presentati nell'esperienza di qualcuno. In sostanza, quando ci occupiamo della voce ci domandiamo chi parla, quando ci occupiamo della prospettiva ci domandiamo invece chi ha visto (Genette 1972: 233). Tradizionalmente si distinguono tre casi. II narratore sa e dice piu di quanto sappiano i suoi personaggi: e il caso del narratore onnisciente, che domina dall'alto la vicenda, ne spiega al lettore cause e connessioni, conosce 1'intero sviluppo sin dall'inizio (condizione 180 Modi delta narrative. questa condivisa anche dal lettore quando oggetto del racconto e un mito). Nel seconclo caso, il narratore sa e dice solo cio che sa il personaggio: generalmente, in un romanzo poliziesco il punto di vista e quello del detective, e quanto accade ci viene riferito via via che il detective ne viene a conoscenza; il punto di vista puo peraltro spostarsi da un personaggio all'altro, come accade sistematicamente nei romanzi di Henry James. Nel terzo caso, il narratore sa e dice meno di quello che sa il personaggio: e il racconto "comportamentista", ad esempio, di Hemingway; ma anche Watson, che narra in prima persona le avventure di Sherlock Holmes, ne sa meno del protagonista. E chiaro che solo di rado questi tre tipi si danno in forma pura all'interno di una narrazione. Nessuna sorpresa sarebbe possibile, ad esempio, se un narratore onnisciente non celasse qualcosa ai suoi lettori, rivelanclogli la notizia o Pevento decisive solo al momento opportune (si pensi agli intrecci fondati sull'agnizione finale). E basterebbe confrontare una narrazione epica, come quella omerica, con una pagina qualsiasi dei Promessi sposi per vedere come lo stesso Manzoni alterni costantemente 1'onniscienza con 1'adozione della prospettiva ristretta. Ma soprattutto la problematica del punto di vista si complica nel momento in cui la poniamo in correlazione con gli altri aspetti dell'opera. Si supponga che il narratore ci abbia presentato un personaggio, seduto in una stanza, e continui: (1) « Entro Maria, sua moglie »; (2) « Entro Maria, ed egli sollevo la testa dal libro »; (3) « Maria entro, e sorrise dentro di se ». In (1) la specificazione « sua moglie » chiama apertamente in causa un narratore esplicito e onnisciente. In (2) il narratore si limita a verbalizzare gli eventi, qui solo esterni, e il punto di vista rimane quello del personaggio. In (3) il punto di vista si sposta dal primo personaggio al secondo, Seguendo Uspenskij (1970: 18), gia il semplice « Entro Maria », in contrapposizione a « Maria entro », sarebbe sufficiente a determinare il punto di vista: come lettori noi non sappiarno chi sia Maria, e la prospettiva in cui Pevento ci viene presentato non puo che essere quella del personaggio che percepisce, di suo marito. In termini di sintassi funzionale si potrebbe dire che qui il tema (o base: cio che viene "dato") e « entro », che funziona come soggetto logico della frase (1'attenzione del personaggio e distratta dall'ingresso di qualcuno nella stanza), mentre il rema (la nuova informazione) e « Maria », che funziona come il predicate logico della frase (il personaggio si rende conto che questo qualcuno e Maria). In « Maria entro », al contrario, tema e « Maria ». mentre la nuova informazione risiede in « entro ». Nel suo insieme, 42. Punto di vista 181 1'esempio mostra eloquentemente come la stessa "voce" possa farsi portatrice di punti di vista divers!. Luogo deputato di questa interferenza e il discorso indiretto libero (il termine e in genere considerate equivalente al ted. erlebte Rede), ossia un discorso indiretto in cui e stato soppresso il verbum dicendi o cogitandi. Si consider! questo classico esempio verghiano: « Ecco perche la casa del nespolo prosperava, e padron 'Ntoni passava per testa quadra, al punto che a Trezza 1'avrebbero fatto consigliere comunale, se don Silvestro, il segretario, il quale la sapeva lunga, non avesse predicate che era un codino marcio, un reazionario di quelli che proteggono i Borboni, e che cospirava pel ritorno di Franceschello; onde poter spadroneggiare nel villaggio, come spadroneggiava in casa propria. Padron 'Ntoni invece non lo conosceva neanche di vista Franceschello, e badava agli affari suoi » (I Malavoglia, cap. J). L'ultima frase (con cui, tra 1'altro, inizia il capoverso) e appunto un discorso indiretto libero, e sostituisce la forma normale « Padron 'Ntoni diceva che invece... », o simile. Come e noto, 1'intera narrazione dei Malavoglia e condotta, grazie all'uso sistematico dell'indiretto libero, attraverso la mediazione non solo dell'uno o dell'altro personaggio, ma piu in generale di un « coro di parlanti popolari semi-reale » che e la stessa « anima folclorica del villaggio », secondo la definizione di Spitzer (1956): « 11 Verga ci immerge dal principio neH'atmosfera locale, e ci da 1'illusione di essev present! al parlare di un ente collettivo, di un 'coro': "Un tempo i Malavoglia erano stati numerosi come i sassi della strada vecchia di Trezza" e una similitudine che riflette il paese (e il pensiero) locale (invece di un oggettivo "come la sabbia del mare") e "Adesso a Trezza non rimanevano che i Malavoglia di Padron 'Ntoni" e una trascrizione in erlebte Rede di un parlato "adesso... rimangono" » (ivi: 304). Lo stesso Spitzer pone in rilievo un'altra forma d'interferenza: « le tracce del parlato delle figure nei discorsi indiretti » (ivi: 311). Nel primo esempio dato qui sopra, quando Verga riporta in norniale discorso indiretto le affermazioni di don Silvestro, « Franceschello » e termine che appartiene alia sfera linguistics del segretario, non dell'autore. Si aggiunga che, per converse, la parola di quest'ultimo non puo non interferire a sua volta nel discorso diretto dei personaggi (i quali, dopotutto, non parlano qui in siciliano come farebbero nella realta). Questo alternarsi di voci e di punti di vista e ovviamente un fenomeno saliente in ogni narrazione; si veda questo passo del Manzoni: « Non far caso dell'intimazione ribalda, ne delle minacce, e fare il matrimonio, era un partito, che non voile neppure mettere in deliberazione. Confidare a Renzo 1'occorrente, e cercar con qui qualche mezzo... Dio liberi! "Non si lasci scappar parola... altrimenti... ehm\" aveva detto un di que' bravi; e, al sentir rimbombar quellV/w/! nella mente, don Abbondio, non che pensare a trasgredire una tal legge, si pentiva anche dell'aver ciarlato con Perpetua. Fuggire? Dove? E poi! Quant'impicci, e quanti conti da rendere! A ogni partito che rifiutava, il pover'uomo si rivoltava nel letto. Quello che, per ogni verso, gli parve il meglio o il men male, fu di guadagnar tempo, menando Renzo per le lunghe. Si rammento a proposito, che mancavan pochi giorni al tempo proibito per le nozze; — e se posso tenere a bada, per questi pochi giorni, quel ragazzone, ho poi due mesi di respiro; e, in due mesi, puo nascer di gran cose — [_.••] Fermato cosi un poco 1'animo a una deliberazione, pote finalmente chiuder occhio: ma che sonno! che sogni! 182 Modi della narrative! Bravi, don Rodrigo, Renzo, viottole, rupi, fughe, inseguimenti, grida, schioppettate » (I promessi sposi, cap. u). Tale intreccio di voci e di punti di vista tende a semplificarsi a misura che il narratore si distanzia dai suoi personaggi, nello spazio e nel tempo. Proprio gli esempi citati, tuttavia, indicano anche la necessita di spostare il discorso. "Punto di vista" puo infatti riferirsi non solo alia prospettiva del narratore (e dei personaggi), ma anche a quella dell'autore: inoltre puo riferirsi non solo alia prospettiva, ma anche al sistema di vaiori dell'uno come delPaltro. Se il "narratore" dei Malavoglia, immerso in questo « coro di parlanti popolari semireale » e vicino nel tempo e nello spazio ai personaggi del romanzo e al loro sistema di vaiori, cio non implica pero che lo sia anche Pautore; in ogni caso la mediazione e tutt'altro che semplice. Generalmente e una doppia distanza quella che dobbiamo misurare, come quando leggiamo: « Malpelo si chiamava cosi perche aveva i capelli rossi; ed aveva i capelli rossi perche era un ragazzo malizioso e cattivo, che prometteva di riescire un fior di birbone » (Verga, Rosso Malpelo). Anche qui PafEermazione e attribuita a un "coro" anonimo, la cui visione del mondo Rosso condivide perfettamente (« A che giova? Sono Malpelo »): tanto perfettamente, da interiorizzare il proprio ruolo di vittima. Ma con ogni evidenza si tratta di un'antifrasi e Pintenzione dell'autore e del tutto diversa. La pretesa cattiveria di Rosso si manifesta, nel corso del racconto, come autenticita affettiva, fedelta a quei vaiori che la vita associata conculca in nome di una legge di sopraffazione reciproca. Quanto piu Rosso fa proprio, nella sua coscienza riflessa, il punto di vista della comunita che lo circonda, tanto piu si fa intense il conflitto che lo oppone ad essa: e quanto piu Pautore si distanzia dal narratore, tanto piu si riconosce solidale con il personaggio. Ogni narrazione si presenta, sotto questa luce, come un campo di tensioni. L'interferenza tra i diversi punti di vista, prospettive o vaiori, e un elemento dinamico del racconto non meno dell'intrigo o dell'avventura. Ne sempre 1'autore riesce a subordinare interamente al proprio il punto di vista dei personaggi. Certo, ogni discorso e pervaso dalla sua presenza, dai suoi atteggiamenti e dai suoi presupposti; e il modo stesso d'introdurre i personaggi tradisce un giudizio di qualche genere, anche se non sempre in forma cosi esplicita come in questi appellativi usati dalla stampa parigina per descrivere I'arrivo di Napoleone in Francia durante i Cento giorni: « II mostro corso e sbarcato nel Golfo di Juan », « II cannibale avanza in direzione di Grasse », 42. Punto di vista 183 « L'usurpatore e entrato in Grenoble », « Bonaparte ha occupato Lione », « Napoleone si avvicina a Fontainebleau », « Sua Maesta Imperiale e atteso oggi nella sua fedele Parigi » (Uspenskij 1970: 21-2). Ma per quanto una scala di questo genere sia per lo piu riconoscibile solo in trasparenza, attenuate e filtrata dall'ironia o dall'impersonalita, e vero anche che i personaggi, una volta ricevuta una propria autonomia nel mondo della finzione, non sono piu riducibili in modo immediate all'ideologia dello scrittore. Secondo Bachtin, al contrario, e tipico del romanzo proprio quel carattere « polifonico », « dialogico », « plurilinguistico », che trova la sua epifania in Dostoevski), nella sua rinuncia a ricondurre gli universi interiori dei suoi personaggi nelPalveo di un'unica Weltanschauung (Bachtin 1929; 1934-35). In ogni caso, la parola degli uni e degli altri, la prospettiva del narratore e dell'autore t, piu in la ancora, dello scrittore, si trovano sempre a convivere, a confrontarsi e a riflettersi reciprocamente nella pagina. Un'ultima considerazione riguarda, infine, il lettore: il quale, nel momento stesso in cui esegue le "mosse" previste dal patto narrative e si fa complice dell'autore cooperando con lui a costruire il mondo del racconto, si fa anche portatore di un proprio punto di vista, giudica secondo le proprie attese, accetta o non accetta di porre in discussione i propri vaiori. Ma su questo tema sara bene tornare a tempo debito [§§45,48]. BIBLIOGRAFIA. In una prospettiva narratologica, si segnalano in particolare, per tutti i terni affrontati in questa sezione, le analisi di Genette (1972) e il volume di Chatman (1978). Sul punto di vista, una trattazione sistematica e quella di Uspenskij (1970), che Integra anche prospettive di tipo non strutturale. L'analisi del racconto 43. Fabula e intreccio Risale ai formalist! russi la distinzione, fondamentale nell'analisi del racconto, tra fabula e intreccio. Con tabula si intendono gli element! costitutivi del racconto, vale a dire i material! di base per la costruzione dell'intreccio; 1'intreccio e invece 1'arrangiamento, nel testo, degli element! della fabula. In sostanza, la fabula consiste nella serie degli event! considerata cronologicamente e secondo ness! causali, mentre nell'intreccio il contenuto non segue necessariamente una logica causale-temporale, che e anzi eccezionale nei testi narrativi di ogni epoca e tradizione letteraria. Si prenda per esempio I'Odissea. II poema comincia quando sono trascorsi gia dieci anni dalla caduta di Troia e Ulisse e prigioniero di Calipso. Gli eventi' che precedono vengono narrati gradualmente e anch'essi non sempre nella loro successione naturale: basti pensare che gli episodi central! della peregrinazione di Udisse (Polifemo, Circe, il viaggio nell'Oltretomba, le Sirene, ecc.) sono raccontati dallo stesso eroe alia corte di Alcinoo; mentre gli avvenimenti immediatamente successivi alia presa di Troia sono rievocati, separatamente, da Nestore e da Menelao su richiesta di Telemaco, partito sulle tracce del padre. Come si vede, 1'ordine reale degli eventi e stato come sovvertito e confuso nel poema: in luogo del loro dipanarsi lineare, si ha, come si dice ricorrendo a me tafore derivate dalParte tessile, un "intreccio" o una "trama" o un "ordito". In generi particolari, Pintreccio stesso deve rispondere a precise regole: si pensi ad esempio al romanzo giallo, in cui 1'evento iniziale (il delitto) viene ricostruito in tutti i suoi dettagli solo alia fine. Anche cjuando 1'azione del racconto si svolge senza interruzioni o salti temporal!, un buon numero di informazioni che si riferiscono a eventi precedent! vengono comunicate al lettore nel corso del racconto, e di solito non nel loro ordine logico. Tra i procedimenti piu diffusi di incastro del passato nel presente narrative c'e la tecnica che, con termine cinematografico, si chiama flashback; e lo stesso personaggio che ricorda, o che racconta, vicende passate; una sorta di flashback puo essere infatti considerate il lungo racconto di Ulisse a Alcinoo, e lo stesso procedimento sara poi ripreso da Virgilio, che nell'Eneide affida alle parole dell'eroe, nel n e nel in libro, la rievocazione degli eventi successivi alia caduta di Troia. Ma puo anche essere 1'autore stesso ad aprire una digressione e a informarci degli antefatti o 43. Fabula e intreccio 183 del precedent! di un personaggio: si pensi, nei Promessi sposi, alia storia della monaca di Monza, un vero romanzo nel romanzo. L'intreccio, del resto, puo essere ricondotto al piu generale fenomeno dello sfasamento, in letteratura, tra unita formali e unita di contenuto. L'esempio piu evidente di questo fenomeno e quello della spezzatura [§27]: se un verso non termina con una pausa di senso, si ha una forma di tensione tra 1'unita metrica e 1'unita linguistica (considerata nei suoi significant! e nei suoi significati). Questa mancata coincidenza non riguarda solo il discorso versificato, ma piu o meno tutte le division! dei testi letterari, come i libri di un poema o i capitoli di un romanzo, che molto spesso si continuano 1'uno nell'altro dal punto di vista dei contenuti, mentre la divisione, come appunto la fine di un libro o di un capitolo, cade all'interno di un'unita di contenuto. L'intreccio, rispetto alia fabula, rappresenta qualcosa di simile, anche se i "tagli" non dipendono qui da partizioni fisse: il materiale narrative di base viene frammentato e riorganizzato, nel testo, come in un intarsio. In questo senso, 1'intreccio va inteso come 1'arrangiamento "formale" del contenuto della fabula. La distinzione tra fabula e intreccio, dopo i formalisti russi, e stata riproposta dai principal! indirizzi della narratologia, anche se spesso con variazioni terminologiche piu o meno significative. Di recente, Segre (1974: 3-77) ha suggerito di sostituire a questa coppia oppositiva una quadripartizione: 1) discorso, 2) intreccio, 3) fabula, 4) modello narrative. II discorso e il testo narrative colto nel suo aspetto significante: lessico, stilemi, costruzioni sintattiche, ecc., che nel processo della lettura il lettore « deposita nei casellari della memoria formale » (ivi: 18); questi element! sono important! perche costituiscono il tessuto unitario di base su cui prendono rilievo gli element! del contenuto, quali si trovano sistemati in maniera non lineare nell'intreccio e quali sono ricostruibili in maniera lineare nella fabula. Ora, il modello narrative consiste in un livello ulteriore di astrazione, e cioe « la forma piu generale in cui un racconto puo essere esposto mantenendo 1'ordine e la natura delle sue connessioni » (ivi: 15). L'episodio dantesco dell'ultimo viaggio di Ulisse (If xxvi), ad esempio, e stato analizzato da Avalle (1975: 41-2) in quattro funzioni: « i) L'eroe decide di partire per 1'inchiesta pericolosa (allontanamento). n) L'eroe comunica questa sua decisione ai compagni con un discorso nel quale elenca i motivi che lo spingono all'alta impresa (allocuzione). in) L'eroe e i compagni oltrepassano la frontiera del 'paese sconosciuto' che dai particolari che seguono risulta essere il paese 'da cui nessuno torna vivo' (infrazione) [...]. iv) L'eroe e i suoi 186 Modi delta narration compagni muoiono in seguito alia loro temeraria impresa (punizione) ». Qui la parafrasi espone la fabula, mentre « allontanamento », « allocuzione », « infrazione » e « punizione » costituiscono il modello nar- rative. L'importanza delle nozioni di fabula e di modello narrative risiede nel fatto che esse permettono, a due livelli distinti, la comparazione di testi la cui affinita e spesso oscurata da elementi collateral! e dall'organizzazione stessa degli intrecci. E a finalita sostanzialmente comparative mirava anche Panalisi morfologica delle fiabe condotta da Propp [§ 29], nonche uno dei primi esperimenti di narratologia, quello tentato da Bedier nel 1893 sul corpus dei fabliaux. Cos! intesa, 1'analisi narratologica rappresenta certamente un importante strumento nello studio letterario, a condizione tuttavia che essa non venga praticata come fine a se stessa, perche e evidente che nel procedimento di astrazione operate dal critico e proprio il testo, nella sua individualita, che scompare, per lasciare di se solo resti scheletrici. Di qui la necessita di un continue confronto dei "livelli", a cominciare da quello del discorso: la comparazione e la stessa tipologia devono insomma servire a mettere a fuoco quanto i singoli testi hanno di specifico e di caratteristico, non certo ad annullare tutte le differenze sul piano degli elementi in comune. 44. Tipologie del personaggio Homo Fictus e il termine con cui Forster (1927) denomina quella caratteristica specie antropologica che e costituita dalla popolazione che abita e vive i romanzi e i racconti in generate. A differenza di Homo Sapiens, Homo Fictus sembra meno afferrabile: « E prodotto dal cervello di centinaia di different! romanzieri, che hanno metodi di gestazione contrastanti, talche sul suo conto non e il caso di generalizzare. Ma qualche cosetta pero possiamo dime. Di solito egli nasce tra le quinte, ma e capace di morire in scena: ha necessita di poco cibo e di poco sonno; i rapporti umani lo occupano senza tregua. E — ecco la cosa piu importante — sul conto suo possiamo saperne piu che sul conto di qualsiasi altro essere umano, inquantoche il suo creatore e il suo biografo fanno una persona sola » (Forster 1927: 79-80). La vita di Homo Sapiens e modellata da cinque grand! « fatti principal! »: nascita, cibo, sonno, amore, morte. Ma il popolo della narrativa vive questi fatti in modi assai diversi dai nostri. Anzitutto, i personaggi « vengono al mondo piu come pacchi postali che come esseri umani. Di solito, quando un 44. Tipologie del personaggio 187 neonato arriva in un romanzo, ha 1'aria d'esser stato impostato e "consegnato al destinatario": uno dei personaggi piu anziani si reca a ritirarlo e lo mostra al lettore, dopo di che generalmente lo si mette in ghiacciaia fino a che non sia capace di parlare e di partecipare in qualche modo all'azione » (Forster 1927: 75). La morte, al contrario, e uno dei cavalli di battaglia per il romanziere. « Le porte di quel buio gli stanno aperte dinanzi ed egli puo persino accompagnare i suoi personaggi oltre la soglia » (ivi: 76). II cibo non e altro che un fatto mondano, « una maniera per riunhe i personaggi, i quali pero di rado ne hanno fisiologicarnente necessita, di rado lo gustano, ne lo digeriscono mai tranne che non sia loro specificamente richiesto ». Quanto al sonno, « anch'esso viene sbrigato in quattro e quattr'otto. Non il minimo tentative di analizzare 1'oblio o il concrete mondo del sogno. 1 sogni dei romanzi sono modelli di logica ovvero sono mosaici composti di piccole, dure tessere del passato o del futuro. Vi vengono introdotti con uno scopo, ma tale scopo non e la vita del personaggio globalmente presa, bensi quella porzione ch'egli trascorre in stato di veglia. Egli insomma non e mai concepito come una creatura che trascorre un terzo del suo tempo nell'oscurita » (ivi: 77). Giganteggia invece, nella sua esperienza, 1'amore. « L'amore, come la morte, e congeniale al romanziere perche gli consente di terminare comodamente il suo libro. Egli puo fame una condizione permanente, perche una delle illusion! relative al 1'amore e che esso sia eterno [...]. Qualsiasi forte emozione porta seco 1'illusione della continuita; e i romanzieri ci hanno contato sopra. Di solito essi fanno terminare i loro libri con un matrimonio, ne noi avremo nulla da eccepire perche prestiamo loro i nostri sogni » (ivi: 79). Detto questo (ma occorre aggiungere al popolo della narrativa un seguito non trascurabile di animali, antropomorfizzati o meno), e chiaro che il punto cruciale di differenza tra Homo Fictus e Homo Sapiens risiede dopotutto nel dato piu ovvio: mentre il secondo ha un'esistenza ontologica irriducibile alle relazioni in cui e immerso, alle vicende che vive, al racconto che ne possiamo fare, il primo esiste solo per quel che ce ne viene raccontato, per le vicende che ci vengono riferite e per le relazioni che lo legano agli altri personaggi della storia. Come vedremo tra poco, lo statuto del personaggio e un po' piu controverso di quanto non risulti da questa elementare con statazione. In ogni caso, essa sottolinea la necessita di parlare, prima ancora che del personaggio "in se", del sistema dei personaggi rappresentati all'interno dell'opera. Un'idea elementare di sistema puo essere esemplificata dalla celebre definizione del melodramma data da G. B. Shaw: la storia di un tenore e di un soprano che vogliono andare a letto insieme, e di un baritono che cerca di impedirglielo. Ma naturalmente le cose non sono sempre cosi semplici, e vanno comunque prese piu alia lontana. Nello schema di funzioni proposto da Propp [§ 41], risultava evidente come alcune funzioni fossero connesse tra di loro in quanto 188 Modi delta narrativa costituivano la « sfera d'azione » di un personaggio. Facendo astrazione dai tratti anagrafici, caratteriali, sociologici, ecc., del personaggio stesso quale concretamente ci viene incontro da un racconto, e limitandoci a considerare tali sfere d'azione, potremo allora individuare alcuni " soggetti" costanti, piu o meno present! in ogni narrazione. Secondo Greimas (1973), conviene usare in proposito il termine "attante"; il modello che ne risulta sarebbe strutturato in tre coppie di attanti: 1. Un soggetto desidera un oggetto; 2. Un destinatore ha destinato 1'oggetto a un destinatario; 3. II soggetto e coadiuvato da aiutanti e ostacolato da oppositori. Questo modello attanziale, implicito in qualsiasi racconto, s'incarna poi in attori che possono, eventualmente, cumulare piu ruoli (spesso il destinatore coincide con il soggetto); ovvero lo stesso ruolo puo sdoppiarsi in piu attori. I diversi ruoli, infine, possono anche essere assunti, anziche da esseri animati, da entita astratte: destinatore puo essere la Provvidenza, oppositore la Societa o la Morale, oggetto la Felicita. E evidente che uno schema cosi generale puo essere poi riconosciuto in molti modi diversi all'interno di uno stesso racconto: fino a che punto Lucia, nei Promessi sposi, e un "oggetto"?'' Analogamente il Cardinal Federigo e certo un aiutante, ma per certi aspetti assume anche il ruolo del destinatore in alcune sequenze del romanzo; e cosi via. E va da se che in molti racconti le mediazioni tra lo schema e le sue manifestazioni sono talmente complesse, che riconoscere tali ruoli ci consente tutt'al piu di identificare un sostrato tra il mitico e 1'archetipo, interessante piu in chiave antropologica che non propriamente critica. II significato dell'opera comincia a dischiudersi, vale a dire, non tanto dalla presenza di un modello quanto dalla qualita delle trasformazioni. Resta in ogni caso 1'esigenza di ricondurre si i personaggi a un sistema, tenendo conto pero anche delle vicende specifiche a cui vanno incontro nel singolo racconto; uno schema di questo tipo, ad esempio, e quello proposto da Fido (1974: 345) per I promessi sposi, che si riproduce alia pagina seguente. Ogni testo narrative finisce, dunque, per aver bisogno di un proprio "sistema", che tenga conto anche di quei "ruoli" piu tradizionali che vanno sotto il nome di protagonista, eroe, ecc., nonche della prospettiva [§ 42] in cui il racconto viene condotto. Via via, entrano cosi in gioco le modalita di presentazione del personaggio, la sua visione del mondo, la sua psicologia. 44. Tipologie del personaggio 189 Una classificazione che assume forma appunto dalle modalita di rappresen tazione concretamente esperite nel testo e proposta ancora da Forster (1927: 94-106). Un primo tipo e quello dei personaggi « disegnati » o « piatti ». « Nella piu pura delle loro forme, essi sono costruiti attorno ad un'unica idea o qualita; mentre se e presente in essi piu d'un fattore, allora ha inizio quella curvatura che porta al modellato. II personaggio davvero piatto, limitato alia sua definizione lineare, puo essere espresso con una sola frase, come: "Non abbandonero mai il signer Micawber". Vedete la signora Micawber: dice che non abbandonera mai il signer Micawber; difatti non lo abbandona, ed eccola li ». Un personaggio inizialmente piatto, come il sarto dei Promessi sposi (caratterizzato dal suo ingenuo orgoglio di "letterato"), rivela poi almeno un altro tratto, quello di commosso interprete di una fattiva carita cristiana. In ogni caso, non bisogna credere che i personaggi piatti siano artisticamente inferior!. « Un grande vantaggio del personaggio senza rilievo e che lo si riconosce subito: ogni volta che entra in scena lo identifica 1'occhio emotive del lettore [...]. Nei romanzi russi, dove di tipi simili ne capitano cosi di rado, riuscirebbe decisamente di grande aiuto. E comodo, per un autore, poter vibrare un colpo improvviso con tutta la sua forza, e i personaggi piatti gli riescono proprio utili, inquantoche non occorre mai tornare a introdurli, non scappano mai, non hanno bisogno d'esser tenuti d'occhio, e sono essi stessi a determinare la propria atmosfera: piccoli dischi luminosi di misura prestabilita, spinti qua e la come gettoni in mezzo al vuoto o tra le stelle; rnolto soddisfacenti davvero ». I personaggi « modellati », o « a tutto tondo », appaiono invece « disponi bili per una vita piu larga », anche diversa da quella che la vicenda narrata chiede loro di vivere. « La prova che un personaggio e a tutto tondo consiste nella sua capacita di sorprenderci in modo convincente. Se non ci sorprende mai. 190 Modi delta narratwa 45. Tecnicbe narrative 191 egli e piatto; se non ci convince, e piatto e finge d'essere a tutto tondo. L'autentico personaggio a tutto tondo ha in se 1'elemento incalcolabile della vita: la vita nelle pagine d'un libro. E usandone ora da solo, piu spesso combinandolo con 1'altro tipo, il romanziere porta in fondo il proprio cornpito di acclimatazione e armonizza la razza umana con gli altri aspetti del proprio lavoro ». Una classificazione del genere, naturalmente, puo essere illustrata piu attraverso esempi (Forster cita, per il secondo tipo, i personaggi di Tolstoj di Dostoevski], ohre a Madame Bovary e alcuni personaggi di Proust), che non attraverso definizioni rigorose. Si aggiunga che alcuni sistemi di personaggi risultano dalla combinazione e dalla sovrapposizione di tratti distintivi ben delitnitati: si pensi, poniamo, ai Vicere di De Roberto, dove quasi tutti gli Uzeda sembrano ricondursi a un insieme fisso di coppie oppositive (laici/ecclesiastici, maschi/femmine, primogeniti/cadetti, potere economico/potere politico, e cosi via). Ma i personaggi piu giovani (Consalvo e Teresa), sono evidentemente a tutto tondo (e difatti 1'autore non si limita a riferirne il pensiero attraverso il discorso indiretto libero, ma attribuisce loro una capacita autonoma di analisi interiore). A uno sguardo d'insieme, il personaggio narrative trova la sua origine al di qua del testo, nelle "funzioni" e nei "ruoli" archetipici del racconto; prende forma concreta nel testo. attraverso le parole che pronuncia e che lo descrivono: ma potremmo domandarci seriamente, a questo punto, se non abbia anche una vita "al di la" del testo. Se in qualche modo, vale a dire, non gli si debba attribuire uno statute di esistenza. E chiaro che non intendiamo, con questa domanda, legittirnare 1'illusione di quei lettori che scambiano i personaggi, questi « esseri di carta » (Barthes 1966), per persone in carne ed ossa, criticandone il comportamento, gli ideali o le scelte come farebbero per il loro vicino di casa. II punto e che il personaggio, per prendere corpo davanti a noi, deve staccarsi dalla pagina: in base ai tratti che 1'autore ci off re, noi dobbiamo poi completarne la fisionomia, integrarne la figura. In quello speciale ambito della realta che e la rappresentazione fantastica, noi siamo tenuti a completare quel « paradigma aperto » (Chatman 1978: 120-36) che 1'autcre ci ha fornito piu o meno come, in una rappresentazione teatrale, 1'attore presta il suo corpo e la sua voce a Edipo o a Re Lear. Go spiega non solo la possibilita di trasferire un personaggio da una storia a un'altra conservandone Pidentita (1'Orlando di Ariosto e ancora lo stesso individuo di cm cantava il Boiardo). Ma soprattutto la capacita dei personaggi di farsi portavoce di autentici conflitti problematic!, attraverso i quali noi ci prospettiamo modi di vita e interpretiamo la nostra stessa esperienza interiore [§ 56]. Da questo punto di vista, dall'epica antica al romanzo del Novecento, la parabola del personaggio ha accompagnato costantemente le vicende di Homo Sapiens. L'eroe classico, le cui azioni sono nient'altro che la manifestazione esterna di cio che egli e immodificabilmente, ha lasciato posto all'eroe del romanzo, che non possiede un'essenza bensi diviene, si trasforma, si costruisce. Infine, il personaggio-uomo ha lasciato posto al personaggio-particella: somma di percezioni, di eventi e di atti che non si saldano piu in un destino riconoscibile, in una vicenda portatrice di senso [ § 47 ]. Certo e che nelle sue molte possibili tipologie Homo Fictus ha rappresentato per noi, piu ancora che un alter ego miniaturizzato in cui rispecchiarci, un testimone da interrogare. 45. Tecnichc narrative Potremmo cercare di riassumere parte di quanto detto sinora muovendo da questo schema di Genette (1972: 234): Narratore presence come personaggio nell'azione (omo- diegetico) Narratore assents come personaggio dall'azione (etero- diegetico) AVVENIMENTI ANALIZZATI DALL'INTERNO (1) L'eroe racconta la sua storia (autodiegetico) (4) L'autore analista o onnisciente racconta la storia AVVENIMENTI OSSERVATI DALL'ESTERNO (2) Un tesumone racconta la storia dell'eroe (allodiegetico) (3) L'autore racconta la storia dall'esterno I quattro casi sono rispettivamente esemplificati, supponiamo, (1) da Carlo Altoviti nelle Confession: di un italiano di Nievo; (2) da Watson nei racconti di Conan Doyle che hanno come protagonista Sherlock Holmes; (3) dal narratore "nascosto" che si limita a verbalizzare azioni e comportamenti, come nei racconti di Hemingway; (4) dal narratore dei Promessi sposi. Va precisato, naturalmente, che la voce del narratore assente (eterodiegetico) non esclude 1'uso della prima persona, come in Virgilio « Arma virumque cano », o comunque dell'autoriferimento, come in Chretien de Troyes « Cil qui fist d'Erec et d'Enide ». AlPinterno dello stesso raccontc, inoltre, possono presentarsi slittamenti di voce (racconto di secondo grado/o metadiegesi): nell'Odissea, Omero (4) lascia la parola ad Ulisse (1), che racconta i propri viaggi; Prevost scrive i Memoires d'un homme de 192 Modi delta narrativa qualite affidando il racconto al signor de Renoncourt, che e dunque il narratore omodiegetico (1) dell'opera: costui incontra il Cavalier des Grieux, il quale a sua volta racconta la storia propria e di Manon Lescaut (2); e cosi via. Queste ultime osservazioni consentono di porre un'ulteriore distinzione: il narratore in un racconto di secondo grado e intradiegetico, si colloca, vale a dire, su un livello interne all'universo narrative; il narratore in un racconto di primo grado si sporge invece fuori dell'universo narrative, collocandosi al livello extradiegetico della comunicazione con i suoi lettori. Tale distinzione puo essere violata, e parleremo allora, secondo la proposta di Genette (1972: 282-5), di metalessi: si tratta della figura narrativa « consistente nel fingere che il poeta "operi egli stesso gli effetti che canta", come quando si dice che Virgilio "fa morire" Didone nel canto IV deWEneide, o quando Diderot, in maniera piu equivoca, scrive in Giacomo il fatalista: "Chi mi potrebbe impedire di far sposare il Padrone e di renderlo becco?" oppure, rivolgendosi al lettore, "se vi fa piacere, rimettiamo la contadina in groppa dietro alia sua guida, lasciamoli andare e torniamo ai nostri due viaggiatori". Sterne spingeva la cosa fino a sollecitare Tintervento del lettore, pregato di chiudere la porta o di aiutare il signor Shandy a tornare a letto, ma il principio e lo stesso » (ivi: 282). Ancora Genette cita esempi di Balzac (« Mentre il venerabile ecclesiastico sale le scale di Angouleme, non e inutile spiegare...»), Proust (« non ho piu il tempo, prima della mia partenza per Balbec, d'iniziare pitture della societa »), ecc., dove si suppone che la narrazione sia contemporanea alia storia e debba « colmare i suoi tempi morti » o adattarsi alle sue accelerazioni (ivi: 283). E i Sei personaggi in cerca d'autore di Pirandello ne offrono, in un certo senso, un esempio teatrale. Analogamente, anche la scelta del punto di vista (a "focalizzazione" interna o esterna) puo andare soggetta ad alterazioni: sempre Genette (1972: 242-5) definisce parallissi, nel caso del narratore presente, 1'omissione o la dissimulazione di notizie, dati, conoscenze (L'assassinio di Roger Ackroyd, di Agatha Christie, e raccontato in prima persona dall'assassino stesso, ma la scena del delitto viene rievocata dalla sua memoria solo nelle ultime pagine); parallessi e invece il procedimento contrario, quando in una narrazione a focalizzazione esterna 1'autore offre informazioni che a rigore non dovrebbe conoscere. Tutti i fattori di cui abbiamo parlato e che qui sono in modo piu o meno esplicito richiamati (voce, tempo, punto di vista) si prestano ovviamente a distinzioni e variazioni anche piu complesse. In ogni caso, essi individuano possibilita alternative tra cui Pautore deve comunque operate una scelta: sotto questo profile, 1'antitesi tra fa* bula e intreccio [§ 43] ci appare perfettamente legittima, in quanto nulla ci vieta di immaginare la stessa "storia" raccontata secondo ordini e modalita differenti (cosi come puo essere raccontata attraverso media diversi, per immagini piuttosto che per parole). Si aggiunga, naturalmente, il rilievo delle scelte piu propriamente lingui- 45. Tecnicbe narrative 193 stiche: a caratterizzare I'Ulisse di Joyce, supponiamo, non e solo 1'uso del monologo interiore, ma anche la mescolanza dei registri, il ricorso a neoformazioni, la contaminazione tra lingue diverse. Dalla medieta conversevole al pastiche sperimentale, la scrittura narrativa si propone spesso come 1'autentica protagonista del racconto. Sara utile chiarire, in proposito, che il monologo interiore di Joyce si caratterizza, piu specificamente, come "flusso di coscienza" (stream of consciousness): di per se, infatti, monologo interiore e qualsiasi soliloquio mentale, anche logicamente e retoricamente strutturato come un discorso 'normale'; il flusso di coscienza tende invece a riprodurre mimeticamente il pensiero non riflesso, nel suo momento aurorale e ancora inarticolato, varcando apertamente la soglia dello sperimentalismo linguistico. Quanto al pastiche, e chiaro il suo rapporto con una moderna linea espressionistica che puo con tare in Italia su esempi quali Dossi o Gadda: una prosa, vale a dire, che affianca cultismi aulici, tecnicismi, dialettalismi, barbarism!, violando ogni separazione degli stili; e in qualche modo a quest'area si possono ricondurre esperienze come quelle di Pasolini romanziere o Fenoglio. Ma non mancano ovviamente precedent! antichi, come il latino maccheronico di Folengo. Piu in generale, lo sperimentalismo linguistico include tutte le forme di disarticolazione logica, grammaticale ed espressiva, fino al nonsense e all'assenza di comunicazione riconoscibile tipici delle avanguardie. Ma anche qui gia un autore corne Flaubert puo essere indicate (Agosti 1982) come il primo ad avere deliberatamente compiuto cjuesta sorta di rivoluzione copernicana che assume la scrittura quale produttrice autonoma di senso. Piu vicini a un livello immediato di elaborazione della fabula sono invece i procedimenti d'intreccio studiati dai formalisti russi: la scala (tipica dei romanzi d'avventure, dove le vicende dei personaggi si diramano e s'incrociano in progressione), il parallelismo (si pensi ad esempio alle vicend© delle due coppie, Anna Karenina e Vronskij da una parte, Levin e Katia dalPaltra, sul cui contrappunto e costruito Anna Karenina di Tolstoj), il rallentamento (nelle Mille e una notte, ad esempio, la sequenza dei racconti di Sheherazade continua a ritardare il disvelamento della conclusione); 1'incorniciatura (e il procedimento del racconto-cornice, ancora nelle Mille e una notte o nel Decameron); 1'infilzamento (una serie di vicende diverse unificate da un unico protagonista); e cosi via. Una tecnica particolare, che come la metalessi viola, in altra forma, la distinzione dei livelli narrativi, e quella che con termine derivato dall'araldica va sotto il nome di mise en abyme, e che Gide cosi descriveva nel suo Journal del 1893: « Mi piace che in un'opera d'arte si trovi trasferito, a livello dei personaggi, il soggetto stesso dell'opera. Niente la illumina meglio e ne stabilisce con piu sicurezza le proporzioni d'insieme. Cosi, in certi quadri di Memling o di Quentin Metsys, un piccolo specchio convesso e scuro riflette 1'interno della 194 Modi delta narrativa stanza in cui si svolge la scena dipinta. Cos! nel quadro delle Meninas di Velazquez, ma in modo un po' differente. Infine, in letteratura, nelTAmleto, la scena della commedia; e altrove, in molte opere teatrali. Nel Wilhelm Meister, le scene di marionette o di festa al castello. Nel Crollo della casa Usher, la lettura che viene fatta a Roderick, ecc. ». Un esempio recente e offerto da Calvino in Se una notte d'inverno un viaggiatore, quando Silas Flannery scrive nel suo diario: « M'e venuta 1'idea di scrivere un romanzo fatto solo d'inizi di romanzo. II protagonisra potrehb'essere un lettore che viene continuamente interrotto [...]. Potrei scrivere tutto in seconda persona: tu Lettore... Potrei anche farci entrare una Lettrice, un traduttore falsario, un vecchio scrittore che tiene un diario come questo diario... »; dove troviamo, per 1'appunto, un resume dell'mtero romanzo. L'artificio si presenta, in sostanza, come una forma di straniamento, una "messa a nudo" dell'illusione che si dichiara come tale al lettore. In generale, la trama implica una situazione iniziale, una serie di complicazioni e peripezie attraverso cui si sviluppa 1'intrigo, con i suoi ritardi (suspense] e sorprese (colpi di scena), fino all'acme della tensione (Spannung), quando i fill sparsi del racconto si riannodano e la storia si avvia alia risoluzione. Ma 1'ideale della trama ben formata, chiusa in un'architettura circolare, non e necessariamente intrinseco alia narrativa, che spesso aflida la sua unita ad accordi tonali, a transizioni atmosferiche, piuttosto che alia scansione drammatica degli eventi. Ne mancano i tentativi che abbandonano del tutto trama e personaggi, rinunciando ad ogni rappresentazione naturalistica. La tendenza, tipica del romanzo novecentesco, alia destrutturazione sperimentale del racconto non va intesa tuttavia come uno sviluppo irreversibile. Essa richiama semmai 1'attenzione sulla pluralita tipologica dei generi narrativi, che accanto ai modelli "realistici" invalsi nella tradizione dell'Ottocento annovera altri modelli, per cosi dire, "antiromanzeschi", non meno attestati nella lunga storia della narrativa [§ 48], Una tipologia dei generi narrativi dovrebbe comunque, in primo luogo, chiarire una serie di termini quali: mito, liaba, romance, novel, ecc., che individuano tipi di trama piu o meno riconoscibili. Frye (1957) e Jolles (1930) offrono qualcosa di piu di un primo orientamento in proposito: ne sarebbe impossibile ritrovare anche in generi complessi (come il romanzo gotico o il Bildungsroman) la presenza di elementi archetipici. Ma un'indagine sui fondamenti antropologici delFimmaginazione narrativa e ancora agli inizi, e la moderna narratologia sembra per il momento restia ad avventurarsi nell'impresa. Psicologica o d'azione, fantastica o realistica, impegnata in progetti pedagogic! o attratta dal mistero, storica o d'invenzione, la letteratura narrativa si rifrange in una molteplicita di generi e sottogeneri straordinariamente plastici, richiedendo al lettore una disponi- 45. Tecniche narrative 195 bilita ad assumere attitudini diverse quale nessun altro genere di discorso pretende da lui. Questo "lavoro" del lettore solo di recente ha attirato 1'attenzione dei teorici: del resto, 1'apparato descrittivo elaborate dalla narratologia e ancora aperto a ulterior! sviluppi. In una prospettiva critica, tuttavia, la figura del lettore e qualcosa di piu che quella di un esecutore di istruzioni contenute nel testo. La fisionomia del pubblico a cui di volta in volta si rivolge il racconto non e estranea alle scelte di genere e di stile: spesso, anzi, sollecita la creazione stessa di nuovi generi e nuovi stili. Nelle sue strutture oggettive, il testo e la risultante di una dinamica che, paradossalmente, rischia di sfuggire a quei metodi d'indagine che fanno appunto delPanalisi testuale la propria bandiera. Nessun'altra forma letteraria come il romanzo, vedremo tra poco, testimonia con tanta evidenza questa connessione da cui la letteratura attinge origine. BIBLIOGRAFIA. La distinzione tra fabula e intreccio presso i formalist! russi e discussa in Erlich (1964: 259-71), si ricordino in particolare, oltre a Propp (1928), Sklovskij (1925) e Tomasevskij (1925); per una storia critica dei due concetti, rimandiamo ancora a Segre (1974: 3-77). Sul personaggio, si vedano Battaglia (1968) e Hamon (1972), integrando Forster (1927) con Debenedetti (1947; 1965). Su alcune particolari tecniche narrative, oltre ai classic! della narratologia gia piu volte segnalati, si vedano Friedman (1955), Booth (1961), Dallenbach (1977), nonche Hallyn (1980). Un quadro d'insieme, che in parte rinnova le premesse piu consolidate, in Fowler (1977; 1981). Intorno alia cooperazione del lettore nei testi narrativi, rimandiamo a Eco (1979) e Stierle (1980).