II II borghese stregato Giuseppe Gaspari, commerciante in cereali, di 44 anni, rivd un giorno d'estate al pacse di montagna dove sua moglie e le bambine crano in villcggiatura. Appcna giun- 5 dopo colazione, quasi tutti gli altri cssendo andati a dormire, egli usci da solo a fare una passeggiata. Incamminatosi per una ripida mulatticra che saliva alia montagna, si guardava intorno a osservare il paesaggio. Ma, nonostante il sole, provava un senso di delusione. Aveva sperato che il posto fosse in una romantica valle con boschi di pini e di larici, recinta da grandi pared. Era invece una valle di prealpi, chiusa da cime tozze, a panettone, che parevano desolate e torve. Un posto da cacciatori, pens6 il Gaspari, rimpiangendo di non esser potuto mai vivere, neppure per pochi giorni, in una di quelle valli, imrnagini di felicita umana, sovrastate da fantastiche rupi, dove candidi alberghi a forma di castello stanno alia soglia di foreste antiche, cariche di leggende. E con amarezza considcrava come tutta la sua vita fosse stata cosi: niente in fondo gli era mancato ma ogni cosa sempre inferiore al desiderio, una via di mezzo che spcgneva il bisogno, mai gli aveva dato piena gioia. Intanto era salito un buon tratto e, voltatosi indietro, stupi di vedere il paese, Falbergo, il campo da tennis, gia cosi piccoli e lontani. Stava per riprendere il cammino quando, di la di un basso costone, udi alcune voci. Per curiosita lasci& allora la mulattiera e, facendosi strada tta i cespugli, raggiunse la schiena della ripa. La dietro, 163 sottratto agli sguardi di chi seguiva la via nor male,si un selvatico valloncello, dai fianchi di terra rossa r' J-** crollanti. Qua e la un macigno che affiorava, un c C glietto, i resti secchi di un albero. Una cinquantina di piu in alto il canalonc picgava a sinistra, addentrando ' fianco della montagna. Un posto da vipere, rovent A sole, stranamente misterioso. A quella vista egli ebbe una gioia; e non sapeva neanch lui il pcrche. Il valloncello non presentava speciale bellezza Tuttavia gli aveva ridcstato una quantita di sentimenti fortissimi, quali da molti anni non provava; come se quell ripe crollanti, quella abbandonata fossa che si perdeva chissi verso quali segreti, le piccole frane bisbiglianti giu dalle arse prode, egli le riconoscesse. Tanti anni fa le aveva intraviste, e quante volte, e che ore stupende erano state' propriamcnte cosi erano le magiche terrc dei sogni e delle awenture, vagheggiate nel tempo in cui tutto si poteva spcrare. Ma, proprio sotto, dietro a un'ingenua sicpe di paletti e di rovi, cinque ragazzetti stavano confabulando. Seminudi e con strani berretti, fasce, cinture, a simulare vesti esotiche o piratesche. Uno aveva un fucile a molla, di quelli che lanciano un bastoncino, ed era il piu grande, sui quattordici anni. Gli altri erano armati di archetti fatti con rami di nocciuolo; da frecce servivano piccoli uncini di legno ricavati dalla biforcazione di ramoscelli. « Scnti» diceva il piii grande, che portava alia fronte tre penne. « Non me ne importa niente... a Sisto io non ci penso, a Sisto penserai tu e Gino, in due ce la farete, spero. Basta che facciamo piano, vedrai che li prendiamo di sor- presa.» II Gaspari, ascoltando i loro discorsi, capi che giocavano ai selvaggi o alia guerra: i nemici erano piu avanti, asser- 1'ati in un ipotetico fortilizio, e Sisto era il loro capo, 'ii in gamba e temibile. Per impossessarsi del forte i • ue si sarebbero serviti di un'asse, che avevano appunto loro, lunga circa tre metri; la quale servisse da passella da una sPon(^a all'altra di un fosso o spaccatura (il Gaspari non aveva ben capito) alle spalle del covo nemico. Due sarebbero andati su per il fondo del vallone, simulando attacco di fronte; gli altri tre alle spalle, valendosi della tavola. In qucl mentre uno dei cinque vide, fermo sul ciglio del vallone, il Gaspari, quell'uomo anziano, dalla testa pressoche calva, la fronte altissima, gli occhi chiari e benevoli. «Guarda la» disse ai compagni, che improwisamente si tacquero, guardando 1'estraneo con diffidenza. i Buongiorno» disse Giuseppe, in lietissima disposizione di spirito. * Stavo a guardarvi... e cosi, quando andate al- I'assalto?» Ai bambini piacque che 1'ignoto signore, anzichc sgridarli, quasi li incoraggiasse. Per6 tacquero intimiditi. Una ridicola cosa venne allora in mente a Giuseppe. 5alz6 giu per il valloncello e, affondando i piedi nelle ghiaie sotto di lui frananti, discese a salti verso i ragazzi; i quali si alzarono in piedi. Ma lui disse loro: «Mi volete con voie Porter6 la tavola, per voi e troppo pesante.» I ragazzi sorrisero leggermente. Che cosa voleva quello sconosciuto che mai si era visto nci dintorni; Poi, vedendo la sua faccia simpatica, presero a considerarlo con indul- genza. * Ma guarda che lassii c'e Sisto » gli disse il piii piccolo, per vedere se si spaventava. «Ma e cosi terribile Sisto;» * Lui vince sempre» rispose il bambino. «Mette le dita 165 in faccia, sembra che voglia cavare gli occhi. £ cattlui...» °* «Cattivo> Vedrai chc lo prenderemo lo stesso!» fe -i Gaspari divertito. Cosi mossero. Il Gaspari, aiutato da un alrro, sollevft1* che pesava molto di piii di quanto non avesse pensato P • risalirono il canalone, su per i macigni del fondo. I bamb' ' lo guardavano meravigliati. Curioso: non c'era ombra d' compatimento in lui, come negli altri uomini erandi quando si degnano di giocare. Pareva proprio facesse sul serio. Finche giunsero al punto dove il valloncello svoltava. Ivi si fermarono e appiattandosi dietro ai sassi sporsero lentamente il capo a osservare. Anche Gaspari fece lo stesso, lungo disteso sulle ghiaie, senza preoccuparsi del vestito. Vide allora la rimanente parte del canalone, ancora piii singolare e selvaggia. Coni di terra rossa che parevano fragilissimi si alzavano attorno, accavallandosi a circo, come guglie di una cattedrale morta. Essi avevano una vaga e inquietante espressione, quasi da secoli fossero rimasti la, immobili, allo scopo di aspettare qualcuno. E in cinia al piu alto di essi, che si ergeva nel punto superiore del valloncello, si vedeva una specie di muricciolo di sassi, e tre quaitro teste che spuntavano. «Eccoli lassu, li vedi>» gli bisbiglio uno dei cinque. Lui fece cenno di si; ed era perplesso. Breve era lo spazio metricamente considerate. Tuttavia per qualche istante egll si chiese come avrebbero fatto ad arrivare lassu, a quella lontanissima rupe sospesa tra le voragini. Sarebbero giunti prima di sera? Ma fu impressione di pochi istanti. Che cosa gli era mai passato per la mente; Ma se era questione di un centinaio di metri! Due dei ragazzi rimasero fermi ad aspettare. Si sarebber fatti avanti solo al momento opportune. Gli altri, col 166 i si inerpicarono da un lato, per raggiungere il ciglio y vallone, badando a non farsi vedere. Adagio.non niuovere sassi *raccomandava abassa voce 1 GasPari' P*u ans'oso degli altri circa 1'csito deH'impresa. «Coraggio. tra poco ci siamo.» oagffiunsero il ciglione, discesero per qualche metro in valloncello laterale, del tutto insignificante. Quindi rioresero la salita; portandosi dietro la tavola. Il piano era ben calcolato. Quando si riaffacciarono al vallone, il "fortino" dei selvaggi comparve a una decina di metri da loro, un poco piu sotto. Ora bisognava scendere in mezzo ai cespugli e gettare la tavola sopra una stretta spaccatura. I nemici erano placidamente seduti e tra essi spiccava Sisto, con una specie di criniera in testa; una maschera gialliccia di cartone, intenzionalmente mostruosa, gli nascondeva meta faccia. (Ma intanto una nuvola era calata sopra di loro, il sole si era spento, il valloncello aveva preso colore di piombo.) «Ci siamo » bisbiglio il Gaspari. «Adesso io vado avanti con la tavola.» Infatti, tenendo 1'asse con le mani, si lasci& lentamente calare in mezzo ai rovi, seguito da presso dai ragazzi. Senza che i selvaggi si accorgessero, essi riuscirono a raggiungere il punto desiderate. Ma qui il Gaspari si ferine, come assorto (la nube ristagnava ancora, da lungi si udi un grido lamentoso che assomigliava a un richiamo). "Che strana storia" pensava "solo due ore fa ero in albergo, con la moglie e le bambine, seduto a tavola; e adesso in questa terra inesplorata, distante migliaia di chilometri, a lottare con dei selvaggi". II Gaspari guardava. Non c'era piu il valloncello adatto al giochi dei ragazzi, ne le mediocri. time a panettone, ne la strada che risaliva la valle, ne 1'albergo, ne il rosso campo da tennis. Egli vide sotto di se sterminate rupi, diverse da 167 ogni ricordo, che precipitavano senza fine verso mare foreste, vide piii in la il tremulo riverbero dei deserti e '• in la ancora altri luci, altri confusi segni denotanti il stero del mondo. E qui dinanzi, in cima alia rupe, stava u sinistra bicocca; tetre mura a sghembo la reggevano tetti in bilico erano coronati da teschi, candidi per il soi che sembrava ridessero. Il paese delle maledizioni e dei miti' le intatte solitudini, 1'ultima verita concessa ai nostri soeni' Una porta di legno, socchiusa (che non esisteva), era coperta di biechi segni e gemeva ai soffi del vento. Il Gaspari si trovava ormai vicinissimo, a due metri forse. Comincio ad alzare lentamente la tavola, per lasciarla cadere sull'altra sponda. « Tradimento f » grido nel medesimo istante Sisto, accortosi dell'attacco; e balzo in piedi ridendo, armato di un grande archetto. Quando scorse il Gaspari rest6 un istante perplesso. Poi trasse di tasca un uncino di legno, inriocuo dardo; lo applico alia corda deli'archetto, prese la mira. Ma, dalla socchiusa porta coperta di oscun segni (che non esisteva), il Gaspari vide uscire uno stregone, incrostato di lebbre e di inferno. Lo vide rizzarsi, altissimo, gli sguardi privi di anima, un arco in mano, sorretto da una forza scellerata. Egli lascio allora andare la tavola, si trasse con spavento indietro. Ma 1'altro gia scoccava il colpo. Colpito al petto, il Gaspari cadde tra i rovi. Ritorn6 all'albergo che gia scendeva la sera. Era sfmito. E si lascio andare su una panchina, di fianco alia porta di ingresso. Gente entrava ed usciva, qualcuno lo saluto, altri non lo riconobbero pcrche era gia scuro. Ma lui non badava alia gente, chiuso intensamente in se stesso. E nessuno di quanti passavano si accorgeva che nel mezzo del petto egli portava confitta una freccia. Una asticciola, tornita con perfezione, di un legno appare'ltc~ tren- 168 •nte durissimo e di colore scuro, sporgeva per circa . ue Centimetri dalla camicia, al centre di una macchia uigna. Gli sguardi del Gaspari la fissavano con modcorrore, per via di una fclicita curiosa che vi si mescoi a Egli aveva provato ad estrarla ma faccva troppo male: ncini laterali dovevano trattenerla dentro alle carni. E dalla ferita ogni tanto gorgogliava il sangue. Lo sentiva colare giu per il petto e il vcntre, ristagnare nelle pieghe della camicia. Dunque 1'ora di Giuseppe Gaspari era giunta, con poetica magnificcnza; e crudcle. Probabilmcnte - egli penso - gli toccava morire. Eppure che vendetta contro la vita, la gcntc, i discorsi, le facce, mediocri, che 1'avevano sempre contomato. Che stupenda vendetta. Oh, lui adesso non tornava certo dal valloncello domestico a pochi minuti dall'albcrgo Corona. Bensi tornava da remotissima terra, sottratta alle irriverenze umane, regno di sortilcgi, pura; e per arrivarci gli altri (non lui) avcvano bisogno di attravcrsare gli occani e poi avanzare lungo tratto per le inospitali solitudini, contro la natura nemica e le debolezze dcll'uomo; e poi non era ancora detto che sarcbbero giunti. Mentre lui invcce... Si, lui, quarantenne, si era messo a giocare coi bambini, credendoci come loro; solo che nei bambini c'e una specie di angelica leggerczza; mentre lui ci aveva crcduto sul serio, con una fede pesante e rabbiosa, covata, chissa, per tanti anni ignavi senza sapcrlo. Cosi forte fede che tutto si era fatto vero, il vallone, i selvaggi, il sangue. Egli era entrato nel mondo non piii suo delle favole, oltre il confine che a una certa stagione della vita non si pu6 impunemente tentare. Aveva detto a una segreta porta apriti, credendo quasi di scherzare, ma la porta si era apcrta vcramente. Aveva detto selvaggi e cosi era stato. Frcccia, per gioco, c yera freccia lo faceva morire. Pagava dunque 1'arduo incantesimo, il riscatto; era an- 169 dato troppo lontano per poter ritornarc; ma in compenso 12 che vendetta per lui. Oh, lo aspettassero per pranzo mo V figlic, compagni d'albergo, lo aspettassero per il bridae A 11' sera! La pastina in brodo, il manzo lesso, il giornale rad' c'era da riderc. Lui, uscito dai tenebrosi recessi del mond i « Beppino » chiamo la moglie da una terrazza sovrastant dove erano preparate le tavole all'apcrto. Beppino ch cosa fai la seduto? E cosa hai fatto fmo adesso; Ancora i calzettoni' Non vai a cambiarti; Lo sai che sono passate le otto; Noi abbiamo una fame...» « "...amen..." » La send quclla vocc il Gaspari? Oppure se n'era gia troppo discostato; Con la destra fcce un cenno vago come per dire che lo lasciassero, facessero a meno di lui, non gliene importava un corno. Perfmo sorrise. Ed csprimeva un'acre letizia, benche il respiro stesse cadcndo « Ma su, Beppino» gridava la moglie. « Ci vuoi fare ancora aspcttare; Ma che cos'hai? Pcrche non rispondi; Si puo sapcrc perchc non rispondi;» Egli abbasso la testa come per dire di si; scnza rialzarla. Lui vero uomo, fmalmentc, non meschino. Eroe, non gia vcrmc, non confuso con gli altri, piu in alto adesso. E solo. La testa pendeva sul petto, come si conveniva alia morte, e le raggelate labbra continuavano a sorridere un poco, significando disprezzo, ti ho vinto miserabile mondo, non mi hai saputo tenere. Una goccia Una goccia d'acqua sale i gradini della scala. La senti? Disteso in letto nel buio, ascolto il suo arcano cammino. Come fa? Saltella? Tic, tic, si ode a intermittenza. Poi la goccia si terma e magari per tutta la rimanente notte non si fa piu viva. Tuttavia sale. Di gradino in gradino viene su, a differenza delle altre gocce che cascano pcrpendicolarmente, in ottemperanza alia legge di gravita, t alia fine fanno un piccolo schiocco, ben noto in tutto i! mondo. Questa no: piano piano si innalza lungo la tromba delle scale lettera E dello sterminato casamcnto. Non siamo stati noi, adulti, ramnati, sensibilissimi, a segnalarla. Bensi una servetta del primo piano, squallida piccola ignorante creatura. Se ne accorse una sera, a ora tarda, quando tutti erano gia andati a dormire. Dopo un po" non seppe frenarsi, scese dal letto e corse a svegliare la padrona. «Signora»sussurr6 «signora!»« Cosa c'ee»fece la padrona riscuotendosi. « Cosa succcde; » « C'e una goccia, signora, una goccia che vien su per le scale!» «Che cosa;» chiese 1'altra sbalordita. « Una goccia che sale i gradini! » ripete la servetta, e quasi si metteva a piangere. «Va, va» imprec6 la padrona «sei mattaj Torna in letto, marsch! Hai bevuto, ecco il fatto, vergognosa. E un pezzo che al mattino manca il vino nella bottiglia! Brutta sporca, se credi...» Ma U ragazzetta era fuggita, gia rincantucciata sotto le co- perte. 'Chissa che cosa le sara mai saltato in mente, a quella stupida" pensava poi la padrona, in silenzio, avendo or- 171