Abruzzo 2011, il ritorno dei pastori Transumanza e pecore contro la crisi Come ogni anno riparte la transumanza delle greggi dall'Abruzzo ai pascoli invernali della Puglia. Un'occasione per rievocare storia e tradizioni, ma anche per fare il punto sulla pastorizia in Abruzzo. Dove c'è una novità: i giovani ritornano a fare i pastori perché «la generazione mille euro può trovare un futuro nel lavoro ereditato dai nonni» PESCARA. Nell'Abruzzo del 2011, anno secondo dopo il terremoto che ha distrutto L'Aquila, la transumanza ha una doppia veste. Quella nel segno della tradizione: il viaggio delle pecore verso il sud e i pascoli invernali. Quella nel segno della crisi economica: una transumanza fatta non da animali, ma da uomini che ritrovano nella pastorizia un lavoro e una fonte di reddito. Ovidio e Leonardo, giovani allevatori dell'aquilano, hanno lasciato cantieri edili e fabbriche per ritornare tra le pecore. Rosetta ha una laurea in economia, ma la sua passione è la pastorizia. Giulio il pastore lo fa da 30 anni. Un arco di tempo in cui ha fatto diventare il gregge del padre un'azienda agricola moderna per poi tornare indietro sui suoi passi, liberando le pecore chiuse in stalla e ritornando alla transumanza. «Perché», spiega il veterinario aquilano Pierluigi Imperiale, «con la pastorizia tradizionale si può vivere. E, in questo periodo di crisi economica, sono molti i giovani e meno giovani che riprendono il lavoro che fu dei nonni e dei bisnonni». In questi giorni Pierluigi Imperiale porta questo messaggio in Abruzzo, nel Molise e nella Puglia. È a capo di un gruppo di 20 persone che, insieme ad alcuni pastori aquilani, sono impegnati nella transumanza (foto). Una transumanza particolare: lungo il Tratturo Magno, un sentiero di 250 chilometri che dall’Aquila arriva a Foggia, percorso, dove possibile, senza l’uso dei camion. Un ritorno al passato che costa 10 giorni di duro cammino ma anche di fe ste alla fine di ogni tappa (foto). Un’occasione per collegare turismo, riscoperta delle tradizioni e pastorizia Ma anche per fare il punto sulla «pastorizia vera e viva, non solo folcloristica», spiega Imperiale. «Portiamo le pecore del Gran Sasso nei pascoli invernali, fino alla Puglia, perché sono una fonte di reddito. Questo tipo di allevamento è di tipo post moderno. Prende pochissimi capitali, sfrutta le aree di risulta e in molte realtà si inserisce nelle periferie urbane. È diffuso nei paesi poveri e assicura reddito a famiglie e a persone che altrimenti non saprebbero di cosa vivere». In Abruzzo, secondo i dati dell’Istat e di Coldiretti, sono allevate 309.194 pecore. Di queste sono 216.435 quelle in produzione. Ogni anno vengono immessi sul mercato quasi 6 milioni di chili di carne e poco più di 2,3 milioni di litri di latte abruzzese. In tutto il valore della produzione sfiora i 22,5 milioni di euro. Ogni azienda dedita alla pastorizia incassa poco più di 50 mila euro all’anno. «Con le pecore non si diventa ricchi, ma ci si può vivere e pensare di costruire un futuro per i propri figli», afferma Imperiale. «Anzi, la crisi economica sta facendo riscoprire ai giovani la pastorizia». «Il ritorno dei giovani nell’agricoltura e nella pastorizia c’è», conferma David Falcinelli di Coldiretti. «È una tendenza degli ultimi anni. Vedremo se ci sarà un consolidamento. Riprendono il lavoro dei padri o dei nonni per scelta, non per obbligo. Anche se dietro c’è la necessità di trovare un lavoro. Industria, commercio e artigianato non offrono più opportunità e va ancora peggio ai laureati. Perciò, piuttosto che fare i precari in un call center, preferiscono lavorare nelle campagne. Non a caso l’indice di scolarizzazione dei nuovi allevatori è elevato». Rosetta è un esempio. Laureata in economia con una tesi sulla pastorizia in Abruzzo, ha fatto dell’allevamento degli ovini il suo lavoro. Insieme a Pierluigi Imperiale è impegnata in prima linea nella transumanza. «Di pastorizia si può vivere», conferma. «Certo c’è la burocrazia che, come in tutti i settori, risulta un peso. In più noi allevatori siamo sostenuti poco dalla politica. Ma in Abruzzo abbiamo pascoli in abbondanza, ossia la risorsa base da cui far partire l’allevamento». Una risorsa che i giovani abruzzesi stanno riscoprendo. Leonardo Tartaro ha 27 anni. Il padre è un pastore, ma lui voleva fare un’a ltra strada. Ha fatto il manovale nell’edilizia, poi è stato metalmeccanico in fabbrica. Un anno fa il ritorno alle origini. «Sono cresciuto da bambino tra le pecore e ora ho deciso di invecchiarci», ironizza. «Ho provato a fare dell’altro, ma alla fine sono tornato indietro. Quando lavori in fabbrica ti rendi conto che ti manca l’aria aperta e la libertà. L’unica certezza era lo stipendio a fine mese. Ma ora, visti i licenziamenti e la crisi economica, anche il salario è a rischio. Così ho fatto due calcoli e ho deciso che era meglio fare il pastore: non si guadagna né più né meno, ma almeno costruisci qualcosa per te». Ed è proprio guardando al futuro che un altro giovane abruzzese ha deciso di investire nella pastorizia. Ovidio Damiani, 27 anni, passato da muratore, ha tirato su un’azienda agricola a Barisciano quasi in concorrenza con quella del padre. Vive con quello che producono le sue 270 pecore e condivide il suo progetto con la compagna, una giovane studentessa in veterinaria. «Questa è una vita di sacrifici: niente ferie, né domeniche», è il suo esordio. «Ma penso che l’impegno di oggi possa garantirci un futuro. Poi basta organizzarsi: la domenica la trascorri con la famiglia nei pascoli. Che differenza c’è con i picnic tanto cari a chi vive in città?». Di domeniche sui campi ne ha trascorso tante Giulio Petronio. Fa il pastore da 30 anni, come tanti altri, ma la sua storia ha una particolarità. «Mio padre non voleva che facessi questo mestiere», sottolinea, «ma io non gli ho dato retta. Ho preso l’azienda di famiglia, ma l’ho trasformata. Ho cominciato a fare lo stanziale, l’ ho resa più moderna, quasi una piccola industria. Salvo poi fare un passo indietro. Sono tornato alla transumanza: un ritorno al passato per garantire un futuro nel segno della qualità alla mia azienda». «Perché un futuro c’è nella pastorizia», riprende Pierluigi Imperiale. «Ne sono certo. Anzi, vi dico una cosa: spero che mio figlio smetta di fare il filosofo (il ragazzo studia filosofia, ndr) e investa nella campagna. Perché sono certo di una cosa: la generazione mille euro può trovare un futuro ripartendo dal lavori dei loro nonni». Transumanza 2011, ecco i pastori per caso Da tutta Italia in Abruzzo per pascolare le pecore Sono una ventina di amanti di trekking e natura e vengono da Emilia Romagna, Veneto, Piemonte, Lombardia, Puglia, Toscana e Lazio. Hanno un'età che va dai 18 ai 75 anni e trascorrono le ferie al seguito dei pastori abruzzesi che portano le pecore dall'Aquila a Foggia. VILLAREJA. L’appuntamento è alle 19,30, ma solo una parte della comitiva della Transumanza 2011 rispetta l’orario. Ad arrivare in ritardo non sono i pastori abruzzesi, ma i loro aiutanti. Sono veneti, lombardi, emiliani, piemontesi, pugliesi, toscani e romani. Hanno dai 18 ai 75 anni, quasi tutti hanno una laurea. La maggior aprte sono avvocati, medici e piccoli imprenditori. Vivono la transumanza non per lavoro, ma per passione e vacanza. Ferie che comportano una buona dose di fatica perché coincidono con una camminata dall’Aquila a Foggia: circa 250 chilometri a piedi. E non è tutto. Mentre si ammirano i panorami appenninici, bisogna badare alle pecore. «Una cosa tutt’altro che facile», raccontano. «Si perdono sempre e riportarle all’ovile è quasi un’impresa». Così al termine della terza tappa della Transumanza 2011 il gruppo arriva alla spicciolata. Partiti la mattina da Capodacqua, provincia dell’Aquila, l’arrivo è fissato dopo quasi 40 chilometri e 9 ore di marcia a Villareja, in provincia di Pescara. Nell’ultimo tratto c’è da affrontare un bosco. E le pecore fanno i caprici: si perdono e devono essere recuperate. «Missione compiuta, ma è stata una faticaccia», ammettono i pastori per caso. «Ora l’unica cosa che vogliamo fare è mangiare e dormire». Ma le peripezie della giornata non sono finite. Sono in marcia da tre giorni. Dopo aver attraversato gli appennini abruzzesi e dormito all’addiaccio, questa notte si riposeranno in una stanza d’albergo. I pastori per caso sognano un letto, un pasto caldo e una doccia in uno degli alberghi della costa pescarese. Peccato ci sia un problema con le prenotazioni: non c’è posto per tutti. «Dobbiamo arrangiarci. L’hotel aggiunge dei letti nelle stanze. L’unico problema è che bisogna fare i turni per andare in bagno», spiegano gli organizzatori. «Non è possibile! Ieri una cena messa su all’ultimo minuto con pane e pomodoro. Oggi ancora problemi», sbotta uno dei turisti della transumanza. Ma è subito zittito da una compagna di viaggio: «Non vorrai rovinare questa esperienza bellissima con una polemica inutile». Bastano queste parole per mettere fine al momento di tensione. Gli amanti delle vacanze trekking e natura riprendono subito a scherzare. Uno degli ultimi ad arrivare è il decano del gruppo: 75 anni e tanta voglia di camminare. «Arriva la meglio gioventù», scherzano i compagni di viaggio. «Ieri sono arrivato primo e domani voglio riprendere la testa del gruppo», ribatte il secondo con un sorriso. E la comitiva si avvia a tavola felice perché «questa è e resta una vacanza fantastica». 6 ottobre 2011