IL FASCISMO Difficile situazione dell’Italia del primo dopoguerra (disoccupazione, problemi economici etc. biennio rosso, 1919-1920; esplodere del conflitto tra le varie classi sociali, divisione dei socialisti) 1919: nasce a Milano il movimento dei Fasci di combattimento; nascita del partito Popolare (cattolico, ad opera di don Luigi Sturzo); impresa fiumana (D’Annunzio e i suoi legionari occupano Fiume: mito della “vittoria mutilata”) elezioni politiche: crisi del liberalismo, successo di socialisti e popolari 1921: nasce a Livorno il Partito Comunista d’Italia (sezione italiana della III Internazionale fondata dai bolscevichi) 1921: elezioni politiche in cui Giolitti, per indebolire cattolici e popolari e recuperare terreno al liberalismo, forma un’alleanza (blocco nazionale) con nazionalisti e fascisti. I fascisti ottengono 25 deputati in parlamento, tra cui Benito Mussolini 1921: fondato a Roma il Partito Nazionale Fascista (Pnf), che modifica il programma anticapitalistico e rivoluzionario dei Fasci di combattimento Secondo gli storici Lepre e Petraccone, il fascismo diventò una forza politica vera e propria grazie all’appoggio dello squadrismo padano (a sostegno dei proprietari terrieri e contro le rivendicazioni operaie e contadine), a cui venne dato ampio spazio d’azione (violenze, pestaggi etc.) soprattutto dopo la legittimazione del fascismo mediante il suo ingresso in parlamento nelle elezioni del 1921. Certamente l’affermarsi del fascismo -che si presentava come garante dell’ordine e della sicurezza nazionali contro il vecchio sistema liberale giolittiano, giudicato troppo debole e “remissivo”- veniva incontro alla paura della borghesia, della piccola borghesia e dei ceti agrari verso il “pericolo rosso” (il rischio di una rivoluzione sul modello bolscevico). Gli storici ritengono che tale pericolo fosse in realtà inconsistente: Mussolini ricorse alla marcia su Roma (1922) -adducendo a giustificazione di tale metodo l’eccezionalità e l’emergenza della situazione- affinché non si manifestasse chiaramente l’inconsistenza del pericolo rivoluzionario con il conseguente rafforzamento dei liberali. Vittorio Emanuele III chiamò nell’ottobre del 1922, dopo essersi rifiutato di firmare lo stato d’assedio, Mussolini a capo del governo, scavalcando così il parlamento. 28 ottobre 1922-3 gennaio 1925: regime monarchico fascista (Mussolini adottò la diarchia, presidente del consiglio + monarca; fondò il Gran Consiglio del Fascismo che limitava di molto il ruolo del parlamento; costituì la Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, di cui avrebbero fatto parte le sue squadre; rafforzò i legami con l’esercito e la monarchia manifestando sempre più disprezzo per il parlamento; attuò la riforma della scuola, la riforma Gentile, che cercava di ostacolare l’accesso all’università delle donne) 1924: elezioni in un clima di brogli, intimidazioni e violenze, che videro il successo del Listone governativo; assassinio (ad opera di sicari fascisti) del deputato socialista Matteotti, che aveva denunciato i brogli in parlamento; ma se la stampa attaccò Mussolini e i partiti dell’opposizione abbandonarono sdegnati l’aula, Mussolini ebbe l’appoggio del senato, di nomina regia, e del re. 3 gennaio 1925: Mussolini in parlamento rivendica la responsabilità delle violenze fasciste a partire dal 1919, instaurando così con un colpo di stato la dittatura. Si parla quindi di regime fascista-monarchico, in cui la componente fascista era prevalente rispetto a quella monarchica. LEGGI REPRESSIVE E LEGGI FASCISTISSIME (1926): potere legislativo affidato all’esecutivo, parlamento ridotto alla funzione di collaboratore, abolizione del sistema elettivo a livello comunale e provinciale (sindaci sostituiti dai podestà, di nomina governativa); abolizione della libertà di parola, di associazione, controllo poliziesco della stampa, scioglimento dei partiti politici e dei sindacati, sostituiti dalle corporazioni; istituzione della polizia politica, l’OVRA, di un tribunale speciale, ripristino della pena di morte, persecuzione degli oppositori) Gli storici ritengono tuttavia che lo stato fascista non sia stato veramente un regime totalitario (si parla di “dittatura imperfetta”), in quanto l’ala moderata del fascismo continuò a guardare alla monarchia come punto di riferimento, e la Chiesa non lasciò spazio a Mussolini in un settore particolarmente interessante per il totalitarismo, quello dell’educazione dei giovani. La Chiesa in Italia non fu mai componente o pilastro del fascismo, come nella Spagna franchista. 1929: Patti Lateranensi tra stato e chiesa (un trattato, un concordato, una convenzione finanziaria) Il regime fascista, vero e proprio stato di polizia, si basava sulla prevenzione e repressione (ruolo dell’OVRA, intercettazioni telefoniche, censura epistolare esercitate anche sui gerarchi stessi), ma anche sull’organizzazione del consenso (dapprima cercato con la concessione di benefici ai ceti dominanti, poi con la nascita del mito Mussolini). Mito politico del duce (giornali, radio, frequenti viaggi del duce in Italia, intensa attivit della sua segreteria che teneva un constante contatto con le masse, le sue istanze, lettere etc.): si tratta di un mito nazional-popolare (Mussolini uomo del popolo, che in lui si riconosceva; figlio di un fabbro, e come lui in grado di forgiare i destini della nazione; forte, sportivo etc.; uomo simbolo dell’ascesa sociale consentita dall’appartenenza al Pnf; nuovo concetto di gerarchia e significato del termine gerarca; campagna del grano, campagna delle paludi, campagna demografica) L’organizzazione del consenso veniva realizzata anche attraverso la mobilitazione e il controllo degli intellettuali (Manifesto di Gentile, Accademia d’Italia, Enciclopedia Italiana, fondazione di numerosi Istituti storici, tra cui quello sul Risorgimento, considerato il presupposto della rivoluzione fascista), l’inquadramento dei giovani in associazioni di regime (Balilla, Guf, Gioventù Littoria etc.) e l’organizzazione del tempo libero degli italiani tramite l’Opera Nazionale Dopolavoro 25 luglio 1943: caduta di Mussolini Fonte A. Lepre-C. Petraccone, Storia d’Italia dall’unità ad oggi, Il Mulino, 2008