«Perché non ě scappata?» «Pirchi gli vogliu beni.» Cosi, semplicemente. «Lui torno, mi trovó che stavo morendo dissanguata e mi porto allo špitále. Io dissi che 1'avevo fatto pirchi una sima-nata prima, ed era veru, era morta me' matri. Doppo tre jor-na mi rimandarono qua. Pepě era cangiato. Quella notte stis-sa restai přena di me' figliu.» Era arrossita, teneva gli occhi bassi. «E da allora non l'ha piú malmenata?» «Nonsi. Ogni tanto la gilosia gli torna e spacca tutto quello che gli viene a tiro, ma a mia non mi tocca piú. Io pero co-minciai a patire un altro scanto. Non ci dormivo la notti.» «Quale?» «Che qualichiduno trovasse i bigliettini, ora che tutto era passato. Se Pepě lo veniva a sapere, che io avevo spiato autto per liberarmi di lui, capace che...» «... sarebbe tornato a picchiarla?» «Nonsi, commissario. Che mi avrebbe lasciata.» Montalbano incassó. «Quattro riniscii a ricuperarli, stáváno ancora dintra i búm-muli. II quinto, no. E quanno venne lei e capii, doppo la telefo-nata col signore del municipio, che lei si era messo un nome finto, pinsai che la polizia aveva trovato il biglietto, che poteva chiamare Pepě immaginando va a sapiri che cosa...» «Io vado, Sara» disse Montalbano susendosi. Dallaltra cámmara arrivó il pianto del picciliddro che si era svegliato. «Posso vederlo?» spió Montalbano. Stiamo parlando di miliardi «Dottori? Dottori? Pirsonalmente lei di pirsona é?» Ma che minchia ďora era? Taliô la sveglia sul comodino completamente intordonúto dal sonno. Le cinco e mezzo del matino. S'appagnô: se Catarella ľarrisbigliava a quelľora, sa-pendo le conseguenze alle quali andava incontro, veniva a di-re che la cosa era séria assä. «Che fu, Cataré?» «Hanno arri trova to la machina delia signora Pagnozzi e del di lui di lei marito, il commendatore.» II commendatore Aurelio Pagnozzi, uno degli ômini piú ricchi di Vigäta, era scomparso, con la mogliere, la sira avanti. «Solo la macchina? E loro dov'erano?» «Dintra alla machina, dottori.» «E che facevano?» «E che dovevano fari, dottori? I morti facevano, i catäferi.» «Perché sono morti ?» «Dottori, e come facevano ad arristare vivi? La macchina se ne era calata in uno sbalanco di cento metri!» «Cataré, mi stai dicendo che sono rimasti vittime di un incidente? Che non é stato provocato da terzi?» Ci fu una pausa imparpagliata di Catarella. «Nonsi, dottori, questo Terzi non ci trasi, pirchi Fazio, che é andato in loco, il nome di Terzi non me lo fece.» «Cataré, chi ti ha detto di chiamarmi?» «Nisciuno, dottori. Io stesso da me stesso feci questa pin- 170 171 sata. Macari poi doppo finiva che se non gli avevo detto la fa-cenna, lei s'incazzava.» «Catare, renditi conto che noi non siamo la Stradale.» «Ecco, dottori, propio di questo ci volevo spiare: se am-mazzano a uno sopra a una strata, la cosa arriguarda noi o la Stratale?» «Poi te lo spiego, Catare.» Ii commissario Montalbano riattaccö, chiuse gli occhi, perse cinque minuti nel tentativo di riacchiappare il sonno scappato, santiö, si susi. Alle sette era in ufficio, di un umore nivuro come l'inca. «Dov e Catarella che ci vorrei dire due parole?» «Ora ora a casa andö» arrispose Galluzzo che gli aveva dato il cambio al centralino. S'appresentö Fazio. «Allora? Cos'e questa storia di Pagnozzi e di so' mogliere?» «Niente, dottore, sono morti tutti e due. Aieri a sira venne da noi il figlio di Pagnozzi, Giacomino, a dirci che so' patre e so' matre non si erano arricampati per le otto, com'erano re-stati d'accordo. Lui aspettö un'orata, poi Ii chiamö sul telefo-nino. Non risposero. Principiö a squietarsi, a correre a dritta e a manca. Nessuno sapeva niente. Alle dieci e mezzo, minuto piů minuto meno, ě venuto a contarci la facenna. Io gli ho risposto che, trattandosi di persone adulte, potevamo cercar-le passate ventiquattro ore e in seguito a denunzia. Lui mi disse una cosa e se ne andö incaniato.» «Che ti disse?» «Che potevamo andarcela a pigliare in culo tutti quanti.» «Ma non c'eri solo tu a parlare con lui?» «Sissi. Perö lui disse propio accussi: tutti quanti, commissario compreso.» «Va bene, vai avanti.» «Verso le quattro di notte ha telefonato e Catarella mi ha chiamato. Li aveva trovati lui. In fondo a uno sbalanco. La signora, ch'era alia guida, deve aver perso il controllo o ha avuto una botta di sonno, va' a sapere. La macchina non ha pigliato foco, ma loro si sono fracassati. Mentre ero lä, ě venuto macari il dottor Augello.» «E perché? Chi l'aveva awertito?» «Gli ha telefonato Giacomino Pagnozzi. Me parso di capi-re che il dottor Augello fosse amico di famiglia.» Pace alľanima loro. Quella matina era a rapporto dal Que-store, a Montelusa. Arrivô con quasi due ore di anticipo e passô tempo smurritiando Jacomuzzi della Scientifica. Tornô e trovô Mimi Augello con una faccia da due no-vembre. «Povirazzi! Facevano impressione a come si sono ridotti! La signora Štefánia pareva che fosse stata scrafazzata da un camion, era quasi irriconoscibile.» Qualcosa, nel tono della voce del suo vice, fece scattare una scintilla nella těsta del commissario. Ci andô quasi cer-to, da troppi anni conosceva Mimi. «Tu eri amico del marito?» «Beh, si, macari di lui.» «Che significa macari? Di chi eri piú amico?» «Beh, della pôvira Stefania.» «Levami una curiosita: da quanďě che te la fai con le signore di una čerta etä? Pagnozzi da un pezzo aveva salutato la sissantina.» «Ah, beh... vedi... Štefánia era la seconda moglie, Pagnozzi se ľera maritata dopo ch'era restato vedovo.» «E come ľaveva conosciuta a questa Štefánia?» «Beh... prima era la sua segretaria.» «Ah. Che etä aveva?» «Beh, io non glieľho mai spiato. Ma cosi, a occhio e croce, una trentina scarsa.» «Mimi, mettiti una mano sul cori e rispondi sincero: te la sei corcata?» «Beh... sai... una picciotta tanto bella... Ci ho provato, ma senza speranza perché lei era chiaro ch'era innamorata di Pagnozzi.» «Vuoi babbiare? A parte i trenťanni di differenza, la bo-narma di Pagnozzi, läido com'era, avrebbe scantato a morte macari un serialkiller!» «Non parlavo di Pagnozzi padre, ma di Pagnozzi hglio.» Montalbano ammammalucchi. «Ma che mi vieni a contare?» 172 173 «La veritä. Lo sapeva mezza Vigäta che Stefania e Giaco-mino, il figlio di primo letto, macari lui trentino, erano amanti. Perche credi che Giacomino, non vedendoli tornare, si e messo in pinsero? Non per suo padre, che non gliene fot-teva niente, ma per la matrigna. Stanotte, davanti al cadave-re di lei, e svenuto.» «Ma il marito era a conoscenza della facenna?» «I cornuti sono gli ultimi a sapiri.» «Giacomino vive in casa del padre?» «No, per i fatti suoi.» Passarono a parlare d'altro. L'indomani a matino Mimi Augello, che era stato assente dallufficio per tutto il doppopranzo del giorno avanti, venne chiamato da Montalbano. «Trasi, Mimi, e chiudi la porta. Mimi, tu sai bene che io a certe cose non ci bado, ma insomma se decidi di non farti vi-diri in commissariato, almeno awertimi.» «Salvo, ma da Fazio a Catarella tutti hanno il numero del mio telefonino! Uno squillo e arrivo.» «Mimi, non hai capito un cazzo. Tu devi essere a disposi-zione e non venire in ufficio quando sei chiamato, come uno stagnino.» «Va bene, scusami. Ii fatto e che sono andato in giro con il perito dell'Assicurazione.» «Quäle Assicurazione, Mimi?» «Ah, si... non so dove ho la testa... Quella dei Pagnozzi.» «Ma pirchi t'ammischi? C e qualcosa che non ti quatra?» «Si» fece deciso Augello. «Allora parla.» «Come sai, la macchina, una Bmw, non si e bruciata, a malgrado che il serbatoio, al momento dell'incidente, fosse quasi pieno. Bene, nel cassetto del cruscotto c'era la ricevuta di una revisione generale alla Bmw, la data e la stessa del giorno dell'incidente. Siamo andati dal meccanico, Parrinel-lo, lo conosci, quello che ha l'officina vicino alla centrale elettrica. Ha detto che la macchina gliel'aveva portata Giacomino...» «Non ha un'auto sua?» «Ce l'ha, ma quando deve nesciri da Vigäta si fa prestare quella del padre. Era dovuto andare a Palermo e se Fe piglia-ta. Al ritomo dice d'aver sentito una rumorata stramma nel motore. Parrinello ci ha detto perö che la macchina era so-stanzialmente a posto, piccole cose, minchiate. L'ha conse-gnata a Stefania verso le sei. Lei era con suo marito.» «Si sa dove dovevano andare?» «Certo. Ce l'ha detto Giacomino. Avevano appuntamento in una loro casa di campagna, a pochi chilometri da Vigäta, con un capomastro. Che ha confermato, perö lui se ne e andato do-po si e no un'ora. Da allora fino al momento del ritrovamento, non si sa piü niente di loro. Perö si puö supporre...» «Che dicono all'Assicurazione?» «Non si spiegano l'incidente. La Bmw deve avere proseguito dritta invece di fare una curva, ha camminato per un centinaio di metri ed e andata giü nello sbalanco. Non ce traccia di fre-nata. Siccome fino ad avant'ieri ha piovuto, si vedono chiara-mente le ruote andare dritte dritte verso lo sbalanco.» «Forse la signora ha avuto un malore.» «Vuoi scherzare? Quella era fissata con le palestre. Ha fatto persino un corso di soprawivenza a Nairobi, l'anno passato.» «Che dice il dottor Pasquano?» «Ha fatto le autopsie. Lui, rispetto all'etä, stava bene. Lei -ha detto Pasquano - era una macchina perfetta. Non avevano mangiato, non avevano bevuto. Avevano fatto l'amore.» «Come?!» «Lo dice Pasquano. Forse gli e venuta voglia dopo che il capomastro se ne e andato. Avevano una casa arredata a di-sposizione. Hanno spento il telefonino. Poi quando era giä scuro, macari si erano addormentati, hanno pigliato la stra-da del ritorno. Ed e successo quello che e successo. Puö essere una spiegazione, la piü plausibile.» «Giä» rispose pinsoso il commissario. «Inoltre Pasquano» continuö Augello «m'ha riferito un particolare che potrebbe spiegare la dinamica dell'incidente. La pövira Stefania aveva le unghie delle dita spezzate. Certo nel tentativo d'aprire lo sportello. Macari ha avuto un legge- 174 ro malore, si e ripresa, ha visto quello che stava capitando e ha cercato d'aprire la portiera, ma era troppo tardi.» «Boh» fece Montalbano. «Perche fai boh?» «Perche una picciotta come dici tu, atletica, corso di so-prawivenza e compagnia bella, ha riflessi pronti. Se si ripi-glia da un leggero malore e capisce che l'auto sta andando verso uno sbalanco, non tenta d'aprire lo sportello, ma frena, semplicemente. E i freni, a quanto m'hai detto, erano a posto.» «Boh» fece a sua volta Mimi Augello. All'ora di mangiare, il commissario, invece d'imboccare la strada che portava a Marinella ("tomanni ci facio atrovare le sarte a becaficco" gli aveva lasciato scritto il giorno avanti la cammarera Adelina) e sbafarsi le sarde, pigliö quella che sa-liva a Montelusa, deviando a un certo punto per contrada San Giovanni, dov'era capitato l'incidente. Alla seconda cur-va, come aveva fatto la Bmw dei Pagnozzi, tirö dritto e frenö sull'orlo dello sbalanco. C'erano molte tracce di pneumatici e dei cingoli di una speciale autogru che aveva recuperato la carcassa della Bmw. Sull'orlo dello sbalanco Montalbano ci stette un bei pezzo, a fumare e a pinsare. Poi decise che si era guadagnato le sarde a beccafico, montö in auto, girö, si diresse verso Marinella. La pietanza risultö di prima qualitä: a Montalbano, dopo mangiato, venne di fare ronron come i gatti. Invece s'attaccö al telefono, chiamö la sua amica Ingrid Sjostrom, maritata Cardamone, svedese, che al paese suo aveva fatto il meccanico d'automobili. «Drondo? Drondo? Guale essere ghe palla?» In casa Cardamone avevano la specialitä delle cammarere esotiche, questa doveva essere un'aborigena australiana. «Montalbano sono. C'e la signora Ingrid?» «Zi.» Senti i passi di Ingrid che si awicinavano all'apparecchio. «Salvo! Che bello! E un secolo che...» «Ci possiamo vedere stasera?» «Certo. Avevo un impegno, ma me ne fotto. A che ora?» «Alle nove, al solito bar di Marinella.» Ingrid in versione autunnale era una botta, pantaloni e giacchetta, elegantissima. Pigliarono un aperitivo, Montalbano senti distintamente, come se l'avessero fatto a voce, le gastime di subitanea impotenza che i mascoli presenti nel locale mentalmente gli lanciavano. « Senti, Ingrid, hai tempo? » «Tutto quello che vuoi.» «Bene, facciamo cosi. Finiamo l'aperitivo e andiamo a mangiare in una trattoria verso Montereale che mi dicono cucinano discretamente. Poi passiamo da casa mia, bisogna aspettare che faccia scuro...» Ingrid sorrise maliziosamente. «Salvo, non c'e bisogno che lo scuro sia veramente scuro. Basta chiudere bene le imposte ed ě come se fosse notte, non lo sai?» Sempře Ingrid lo provocava e sempre lui doveva far finta di niente. Quando era picciliddro e andava alle "cosedidi", cioě alle cose di Dio, il catechismo, il parrino gli aveva spie-gato che i peccati, per essere peccati, non c'era d'abbisogno che fossero fatti, era bastevole il pinsarli. Se le cose stavano cosi, il commissario, in quanto a opere e azioni, come si di-ceva, con Ingrid, zero assoluto: poteva appresentarsi al Signore puro come un angileddro. In quanto ai pinsěri, le cose cangiavano di radica: sarebbe stato gettato nel piu profondo dell'inferno. Non mancava per Ingrid che la cosa finisse come di giusto tra un omo e una fimmina: mancava per lui, che non arrinisciva a tradire Livia. E la svedese, con fimmina malizia, non gli dava abento. Nella trattoria non c'era quasi nisciuno, Montalbano poté accussi esporre a Ingrid quello che aveva in testa senza reci-tare la parte del cospiratore. A casa del commissario, Ingrid si cangió il vestito, i pantaloni che Montalbano le diede le ar-rivavano a metá dei polpacci. Si rimisero in macchina, si di-ressero verso contrada San Giovanni e qui Ingrid fece quello che il commissario le aveva detto di fare: ci arrinisci al primo 176 177 colpo. Tornarono a Marinella, Ingrid si spogliö, si fece la doccia, non volle essere accompagnata al vicino bar dove si erano incontrati e dove lei aveva lasciato la sua auto. Sinni nisci dalla casa canticchiando. Madonna biniditta, che fim-mina! Non gli aveva rivolto manco mezza domanda sul perche lui l'avesse sottoposta a quella prova rischiosa, nenti, lei era fatta cosi: se un amico ch'era un amico le spiava un favo-re, lo faceva e basta. Se al posto della svedese quella sera ci fosse stata Livia, la gola gli si sarebbe seccata a forza di ri-spondere e spiegare. S'addrummisci di colpo, non ebbe quasi il tempo di chiu-dere gli occhi. A malgrado che la matinata fosse tanticchia cagionevole e il sole di tanto in tanto venisse oscurato dalle nuvole, Tumore di Montalbano parse bono ai suoi ömini del commis-sariato. «Mandatemi il dottor Augello e non passatemi telefonate.» Mimi arrivö di corsa. «Assettati, Mimi, e stammi a sentiri. Se, metti caso, Pagnoz-zi moriva da solo, per i cazzi suoi, l'ereditä a chi toccava?» «Alla moglie. E qualche spicciolo al figlio, non andavano d'accordo.» «E una grossa ereditä?» «Stiamo parlando di miliardi.» «Ed essendo morta macari la mogliere, a chi va?» «A Giacomino, al figlio. Se non esiste un testamento contrario.» «Ed esiste?» «Fino a questo momento non e venuto fora.» «E non credo che venga mai fora.» «Ma perche mi stai facendo queste domande?» «Perche mi sono fatto un'idea, in un certo senso comprova-ta da fatti. Io ti dico quello che penso, al resto prowedi tu.» «Certo. Paria.» «La, diciamo accussi, signora Stefania va col marito a riti-rare la macchina revisionata da Parrinello. Poi vanno nella casa di campagna a parlare col capomastro. Quando questi se ne va, la signora si fa venire le voglie, vanno in cammara di letto. Pagnozzi dev'essere felice, non credo che i rapporti tra i due fossero frequenti, dato che, come mi hai detto tu, lei era innamorata del figliastro. E lo sai pirchi l'ha fatto, Mimi?» «Dimmelo tu.» «Perche aveva bisogno dello scuro. Si rivestono e tornano verso Vigata. La strata e deserta. Prima della seconda curva, mette fuori combattimento il marito, una botta in testa con qualcosa, se non l'ammazza lo stordisce. Prosegue lenta verso lo sbalanco, non c'e bisogno di correre, siamo noi che c'immaginiamo un'auto a forte andatura, quando la Bmw oramai e sospesa nel vuoto, tenta di aprire lo sportello e get-tarsi fora.» «Ma sarebbe morta macari lei!» «No, Mimi, e qui che vi sbagliate tutti quanti. E vero che c e lo sbalanco, ma viene dopo una specie di terrazza cin-que-sei metri di lunghezza e due di profondita. La signora aveva calcolato di fermarsi li nella caduta mentre la mac-china col marito proseguiva nel vuoto. Invece la portiera non si apri, a malgrado che lei ci si spezzasse le unghie per raprirla.» «Ma che mi conti?» «E stato questo particolare emerso dall'autopsia che m'ha messo in sospetto. Perche non ha frenato? Perche ha solo cercato di gettarsi fora?» «Ma sei sicuro di quello che dici?» «Ho fatto fare la prova a Ingrid, aieri a sira.» «Ma sei pazzo! Hai messo a repentaglio la vita di quella picciotta! Siete due incoscienti, tu e lei!» «Ma quando mai! Ieri doppopranzo sono andato ad accat-tare quattro paletti di ferro, venti metri di corda e con Ingrid, prima della prova, abbiamo recintato il limite esterno della terrazza. La vuoi sapere una cosa? Ingrid e rimasta a terra ben al di qua della recinzione, la signora Stefania, con tutta la sua palestra e la scuola di soprawivenza, avrebbe si-curamente fatto di meglio. E se poi s'appresentava a noi con lividi ed escoriazioni, tanto di guadagnato: le ferite avrebbe- 178 179 ro awalorato il suo racconto. E cioé ehe aveva avuto un ma-lore, si era accorta troppo tardi di quello ehe capitava, aveva aperto la portiera e via. E si sarebbe messa a piangere sulla disgraziata morte del povero marituzzo suo. Per poi andarsi a godere ľereditä con ľomo del suo cori, il carissimo Giaco-mino.» Mimi Augello restô per un pezzo mutänghero, il cirived-dro gli maciniava, poi si decise a parlare. «Quindi, secondo te, si é trattato di un omicidio premedi-tato, non di un malore momentaneo o di qualche guasto meccanico.» «Esattamente.» «Ma se la macehina era in perfette condizioni, perché allo-ra lo sportello non si é aperto?» Montalbano non rispose, continuô a taliäre fisso il suo vi-ce. "Ora ci arriva" pinsô "perché macari lui ha una bella testa di sbirro." Mimi Augello principiô a ragionare ad alta voce. «A manipolare lo sportello non puô essere stato Parrinel-lo, il meccanico.» «Dimmi pirchi.» «Perché arrivati nella casa di campagna sono scesi, no? Se la portiera non funzionava bene, Štefánia col cavolo ehe metteva a repentaglio la sua vita, rimandava il tutto a miglio-re occasione. E manco il capomastro puô essere stato.» «Quindi tu, Mimi, mi stai dicendo ehe c'é stato un piano aggiunto al piano. Qualcuno, ch'era al corrente di come Štefánia avrebbe liquidato il marito, é intervenuto a manomet-tere lo sportello. Fai un piecolo sforzino, Mimi.» «Cristo!» esclamô a un tratto Augello. «Esattamente, Mimi. Ľamato Giacomino non é restato a casa ad aspettare ľarrivo di so' patre e delia so' amante-ma-trigna. Il piano ľavevano preparato assieme, lui e Štefánia. Quando la fimmina, come da copione, se na va a letto a fic-care col marito, Giacomino, ammucciato nelle vicinanze, ne-sci fora dal nascondiglio e fa in modo ehe lo sportello, una volta chiuso, non possa piú raprirsi. Hai detto tu ehe stiamo parlando di miliardi. Perché spartirli con una fimmina ehe in qualsiasi momento é in grado di ricattarti? Štefánia, quando sale in macehina per andare ad ammazzare il marito, non sa ehe, chiudendo lo sportello, ha chiuso macari la sua tomba. E ora Mimi, sbrogliatela tu.» Al termine del terzo giorno di torchio, Giacomino Pagnoz-zi confessô ľomicidio. 180 181