CRONACA [DA www.lasicilia.it dell’8.3.2019] Franca Viola, la prima “donna svergognata” che rifiutò la prassi del matrimonio riparatore Ben prima che le leggi sancissero per iscritto la dignità e l’autonomia femminile, ben prima che si considerasse naturale punire con l’arresto il reato di stupro, una semplice ragazza di Alcamo, sostenuta dalla famiglia, seppe dire di no. In occasione del suo 71° compleanno, ripercorriamone la vicenda e le gesta che hanno cambiato la storia L’articolo 544 del Codice Penale relativo al reato di violenza carnale recitava: «Per i delitti preveduti dal capo primo e dall’articolo 530, il matrimonio, che l’autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali». In parole povere, chi abusava di una donna poteva “scontare la pena” semplicemente sposando la vittima così da salvaguardarne l’onore, dato che la violenza sessuale era semplicemente un oltraggio alla morale. Sembrerebbe di parlare di una legge medievale, ma così non è se si pensa che in realtà essa fu abrogata solo nel 1981 grazie al coraggio di una donna che, circa vent’anni prima, aveva rifiutato di sposare il suo aggressore. CHI È FRANCA VIOLA. La donna in questione è Franca Viola, nata ad Alcamo il 9 gennaio 1948 e a soli diciassette anni autrice di un gesto che negli anni ebbe grandi ripercussioni. Fidanzatasi con il mafioso Filippo Melodia, il padre della ragazza revocò il consenso al fidanzamento nel momento in cui il giovane fu arrestato. La famiglia fu vittima di intimidazioni e nel 1965 Franca venne rapita e segregata per otto giorni da Melodia, che abusò di lei. Alla proposta di un matrimonio riparatore i genitori di Franca finsero di acconsentire, mentre in realtà ricorsero alla polizia per far arrestare Filippo. Nonostante le calunnie e le polemiche infatti fu intentato un processo contro Melodia che si concluse con dieci anni di carcere e due anni di soggiorno obbligato a Modena, dove fu ucciso da ignoti. UN SUPPORTO NON SCONTATO. Se oggi non c’è nulla di clamoroso nel fatto che un uomo colpevole di stupro sia arrestato, lo dobbiamo proprio a Franca Viola, che ha preferito essere una “donna svergognata” e rifiutare il matrimonio riparatore ricevendo tutto l’appoggio della sua famiglia: una vicinanza non scontata, soprattutto negli anni ’60 in Sicilia. IL REATO DI VIOLENZA SESSUALE. Il caso di Franca Viola ha avuto grande eco in Italia e all’estero: in particolare nel nostro paese esso ha generato la necessità di rivedere il vecchio Codice Penale Rocco e abrogarne molti articoli, come il 587, che prevedeva sconti di pena per un uomo che avesse ucciso la moglie fedifraga o il suo amante. Soltanto nel 1996 però sono state approvate ufficialmente le norme contro la violenza sessuale. La donna non è un oggetto della cui sorte il marito può decidere liberamente, ogni donna ha un corpo e una mente pensante, gode di autonomia. Franca lo ha dimostrato ben prima che la legge fosse posta per iscritto e per il suo coraggio oggi gode di un’alta onorificenza conferitale dal Presidente della Repubblica Napolitano, quella di Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito. [da www.rainews.it 19/11/2019] In aumento le denunce per stalking e maltrattamenti in famiglia Femminicidio in aumento, 142 donne uccise nel 2018 Secondo il Rapporto Eures, nei primi dieci mesi del 2019 sono stati 94 in Italia gli omicidi con vittime femminili, quasi uno ogni tre giorni; 142 le donne uccise nel 2018. In un'audizione alla commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio, l'Istat stima in 2 milioni le donne vittime di violenza fisica o sessuale In termini relativi, nel 2018 le vittime di femminicidio hanno raggiunto il valore più alto mai censito in Italia, il 40,3% (il 35,6% nel 2017). Dal 2000 a oggi le donne uccise in Italia sono 3.230, di cui 2.355 in ambito familiare e 1.564 per mano del proprio coniuge/partner o ex partner. Sono alcuni dei dati del Rapporto Eures 2019 su "Femminicidio e violenza di genere", secondo cui a crescere nel 2018 sono soprattutto i femminicidi commessi in ambito familiare/affettivo, dove si consuma l'85,1% degli eventi. Ma sono in aumento anche le vittime femminili della criminalit comune (17 nel 2018 rispetto alle 15 dell'anno precedente). Quasi la metà dei femminicidi al Nord Il Nord conferma anche nel 2018 la più alta presenza di donne uccise (66, pari al 45% del totale italiano, di cui 56 in famiglia), mentre il 35,2% dei femminicidi si registra al Sud (50 casi, di cui 42 in famiglia) e il 18,3% nelle regioni del Centro (26 casi, di cui 21 in famiglia). A livello regionale, è la Lombardia a registrare anche nel 2018 il più alto numero di donne uccise (20), seguita da Campania (19 vittime), Piemonte e Lazio (rispettivamente con 13 e 12 casi). Maltrattamenti in famiglia Nel 2018 le denunce di maltrattamenti in famiglia sono state 17.453 (31,6% in più rispetto al 2014). Particolarmente alta risulta la percentuale delle vittime femminili straniere, pari nel 2018 al 23,2% (come nel 2017), con "indici di rischio" in media tre volte superiori a quelli delle donne italiane. Molto significativa la presenza di vittime minori (1.965 in valori assoluti, pari a circa 6 al giorno nel 2018), che rappresentano l'11,1% delle vittime totali, con una crescita del 14% sull'anno precedente. Le denunce risultano in aumento in tutte le macro-aree geografiche. Reati di stalking in crescita costante Nel 2018 le denunce di stalking sono state 14.871 (19,5% in più rispetto al 2014), di cui le vittime femminili rappresentano il 76,2% del totale. Contenuta la componente dei minori, pari al 3,8% del totale. L'incremento dei reati denunciati è riscontrabile in tutte le macro aree geografiche, con i valori più alti al Sud (+26% tra il 2014 e il 2018), seguito dal Centro (+18,6% sul 2014) e dal Nord (+12,7% tra il 2014 e il 2018). Nel Sud si è registrato quasi il 44,7% delle denunce in Italia, così come l'indice di rischio più alto: 32 denunce ogni 100.000 abitanti. [da www.osservatoriodiritti.it del 23/11/2018] Violenza sulle donne: una giornata per dire “no” tutti i giorni Il 25 novembre è la Giornata contro la violenza sulle donne. A cosa ci si riferisce quando se ne parla, perché è stata istituita, a chi si devono rivolgere le vittime o le donne in pericolo. Ecco storia, dati, statistiche, numeri su questo fenomeno ancora troppo diffuso anche in Italia Ricevere uno schiaffo o una spinta, essere attaccata o minacciata verbalmente, venire controllata costantemente e in modo soffocante dal partner, vedersi negato l’accesso alle risorse economiche dal marito o dal compagno, essere costretta ad avere un rapporto sessuale contro la propria volontà. Stalking, anche nella sua versione “cyber”, violenza psicologica, offline e online, revenge porn. Sono solo alcuni esempi di cosa sia la violenza sulle donne, una violazione dei diritti umani tra le più diffuse e persistenti secondo l’Onu. Per questo l’assemblea generale delle Nazioni Unite il 17 dicembre del 1999, con la risoluzione 54/134, ha deciso di celebrare il 25 novembre la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Per creare maggiore consapevolezza in chi la subisce ma anche in chi la esercita. Per far sì che certe azioni distruttive nei confronti di donne e ragazze non rimangano più sotto traccia e impunite. Affinché le stesse non vengano stigmatizzate per il fatto di aver avuto il coraggio di denunciare. 25 novembre: storia della Giornata contro la violenza sulle donne https://www.osservatoriodiritti.it/wp-content/uploads/2018/11/violenza-sulle-donne_2.jpg Il giorno non è stato scelto a caso tra i 365 che compongono l’anno. Se è vero che la storia è un affastellamento di momenti cruciali, alcuni lo sono più di altri. Era il 25 novembre del 1960 quando i corpi delle tre sorelle Mirabal – Patria, Minerva e Maria – furono ritrovati in fondo a un precipizio. Addosso i segni evidenti della tortura. Erano state catturate in un’imboscata dagli agenti dei servizi segreti del dittatore Rafael Leònidas Trujillo, che per più di trent’anni ha governato la Repubblica Dominicana. Le donne, brutalmente uccise mentre stavano andando a trovare i loro mariti in carcere, erano coinvolte in prima persona nella resistenza contro il regime. Il loro nome in codice era Las Mariposas. L’omicidio de “Le farfalle” ha scatenato una dura reazione popolare che ha portato nel 1961 all’uccisione di Trujillo e quindi alla fine della dittatura. La data è stata commemorata per la prima volta durante il primo Incontro Internazionale Femminista, che si è svolto a Bogotà, in Colombia, nel 1980. Da lì, il 25 novembre ha iniziato ad assumere un valore sempre più simbolico. Convenzione di Istanbul e legge su femminicidio in Italia Un ulteriore passo in avanti nel riconoscimento della violenza sulle donne come fenomeno sociale da combattere è stato fatto con la Dichiarazione di Vienna del 1993. Così, più di vent’anni fa, la Seconda conferenza mondiale delle Nazioni Unite sui diritti umani, definiva quelli delle donne. Dal punto di vista interno, a partire dagli anni ’70 è stata messa in atto una stratificata opera di modernizzazione della legislazione, culminata nel 2013 con la ratifica dell’Italia della Convenzione di Istanbul (legge 27 giugno 2013 n. 77) e l’emanazione della cosiddetta legge sul femminicidio (d.l. 14 agosto 2013, n. 93). A chi fare denuncia: Telefono Rosa e Centri Antiviolenza Trovare la forza per denunciare non è facile e spesso è questo il primo ostacolo da superare per le vittime. Per fortuna, comunque, oggi gli strumenti a disposizione sono sempre più capillari. Oltre alle forze dell’ordine, in caso di pericolo ci si può rivolgere al Telefono Rosa, associazione nata nel 1988 e che oggi rappresenta un punto di riferimento per le donne che subiscono violenza. Il centralino telefonico è attivo tutti i giorni, 24 ore su 24. Al numero 1522 rispondono le esperte volontarie. [da www.it.euronews.com del 20/11/2019] Anche in Europa, una donna su tre è stata vittima di violenza o abusi […] Un fenomeno globale Si stima che il 35% delle donne nel mondo (circa una su tre) abbia subito violenza domestica o sessuale nella sua vita. È una percentuale che molti esperti trovano sconcertante e che è rivelatrice di una vera e propria crisi globale. "Trovo molto triste che in ogni società esista la violenza contro le donne. Ovunque", ha dichiarato Marceline Naudi, presidente del Gruppo di esperti del Consiglio d'Europa sulla lotta alla violenza domestica e contro le donne (GREVIO). "Non credo si possa dire che alcune società sono peggiori di altre perché purtroppo la statistica è quasi universalmente valida". Evelyn Regner, presidente della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere del Parlamento europeo, ha definito la cifra "incredibile". "Ma potrebbe essere più alta perché molti casi non vengono alla luce". Il 58% delle 87mila donne uccise intenzionalmente nel 2017 è stata ammazzata dai propri partner o familiari, secondo le Nazioni Unite. Più di un terzo di loro sono morte sotto i colpi di un ex o dell'attuale fidanzato/marito. "Mentre la stragrande maggioranza delle vittime di omicidi è di sesso maschile, uomini uccisi da sconosciuti, le donne hanno molte più probabilità di cadere per mano di qualcuno che conoscono", scrive Yury Fedotov, direttore esecutivo dell'Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine. Il maggior numero di femminicidi avviene in Africa, mentre il tasso minore si ritrova in Europa: 0.7 ogni 100mila abitanti. Poche statistiche a livello europeo Le percentuali di donne che dicono di aver subito violenza sono ancora più elevate nei paesi dell'Europa orientale e sudorientale, dove il 70% donne dichiara di aver subito qualche forma di violenza a partire dal compimento del quindicesimo anno di età. Il 45% delle intervistate ha detto di aver subito almeno una forma di molestia sessuale e il 21% ha dichiarato di aver subito "violenza fisica, sessuale o psicologica durante l'infanzia". Il sondaggio, pubblicato dal servizio europeo per l'azione esterna dell'UE, ha evidenziato i problemi di violenza di genere in Albania, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Montenegro, Macedonia del Nord, Serbia, Moldova e Ucraina. Ma si tratta di uno dei pochi studi esaustivi sull'argomento. L'ultima inchiesta a livello comunitario è stata condotta nel 2014, quando l'Agenzia europea per i diritti fondamentali ha intervistato 42mila donne. L'indagine ha rimarcato le cifre globali, scoprendo come anche nella Ue una donna su tre ha subito una qualche forma di violenza fisica e/o sessuale dall'età di 15 anni. "Ciò che emerge è un quadro di abusi di vasta portata che colpisce la vita di molte, ma che viene sistematicamente sottovalutato dalle autorità. L'entità della violenza contro le donne non viene riflessa dai dati ufficiali", si legge in una dichiarazione dell'agenzia. Un dibattito che sta cambiando Da allora, molto è cambiato. Nel 2017, decine di donne hanno accusato Harvey Weinstein, produttore cinematografico americano, di molestie sessuali, aggressione o stupro. Il reportage pubblicato sul NY Times e sul New Yorker ha lanciato il movimento virale #MeToo, diffusosi in tutto il mondo. Proteste sono scoppiate in tutti i paesi. Sono in aumento le segnalazioni di episodi di abusi: un fatto positivo secondo gli esperti. "In termini numerici, quello che possiamo dire è che sebbene le segnalazioni relative alla violenza contro le donne stiano aumentando in generale, questo indica come le donne siano pronte ad uscire allo scoperto e riaffermare il loro diritto di non subire questo tipo di trattamento", continua Naudi. […] Ma non tutti i paesi stanno affrontando la questione Sette Stati membri dell'UE non hanno ancora ratificato la Convenzione di Istanbul, il trattato del Consiglio d'Europa sulla prevenzione della violenza contro le donne e contro la violenza domestica. Si tratta di Ungheria, Bulgaria, Lettonia, Lituania, Repubblica Ceca, Slovacchia e Regno Unito. "Solo 21 Stati membri lo hanno ratificato. Quindi, in qualche modo, mancano solo un paio di paesi, ma sembra che ci sia un'enorme resistenza: una cosa davvero allarmante", ha affermato l'europarlamentare Regner. "Ciò che noi parlamentari europei possiamo fare è insistere sulla ratifica della Convenzione di Istanbul, chiedendo al contempo una strategia comunitaria per prevenire la violenza di genere". [da www.fanpage.it] Da dove viene la parola ‘femminicidio’ e cosa significa La parola “femminicidio” è stata introdotta di recente nel lessico corrente per indicate l’uccisione di una donna da parte del partner o ex partner come prodotto di pulsioni misogine. Contrariamente a quanto si pensa comunemente non è stata coniata dalla stampa. Ecco da dove viene e cosa significa. Femminicidio è una parola in uso nel lessico italiano da tempi più o meno recenti per indicare l'uccisione di una donna da parte del partner o ex partner. È un neologismo poco amato, perché percepito come una forzatura ideologica, indicando un sottoinsieme del più ampio concetto di omicidio. Si pensa comunemente che sia una invenzione dei giornali per calcare in termini sensazionalistici il fenomeno sociale della violenza di genere. In realtà, il termine fu coniato dalla criminologa Diana Russell, che lo usò per la prima volta 1992, nel libro Femicide, spiegandone così il significato come categoria criminologica: “Il concetto di femmicidio si estende aldilà della definizione giuridica di assassinio ed include quelle situazioni in cui la morte della donna rappresenta l'esito o la conseguenza di atteggiamenti o pratiche sociali misogine”. Come matura il concetto di femminicidio Nel 1993, nell'ambito degli studi sulle violenze subite dalle donne messicane, anche l'antropologa messicana Marcela Lagarde usò il termine femminicidio estendendolo anche allo stupro e ai maltrattamenti. Come Russel anche Lagarde individua le radici nell'isolamento sociale delle donne messicane all'interno di in una cultura machista definendolo così: “La forma estrema di violenza di genere contro le donne, prodotto della violazione dei suoi diritti umani in ambito pubblico e privato, attraverso varie condotte misogine che comportano l’impunità tanto a livello sociale quanto dallo Stato e che, ponendo la donna in una posizione indifesa e di rischio, possono culminare con l’uccisione o il tentativo di uccisione della donna stessa”. Introduzione nel vocabolario italiano In Italia il termine ha avuto un utilizzo massiccio a partire dal 2008, quando Barbara Spinelli, consulente dell'ONU in materia di violenza sulle donne, ha pubblicato un libro dal titolo: Femminicidio. Dalla denuncia sociale al riconoscimento giuridico internazionale. Il termine – si legge sulla pagina dell'Accademia della Crusca – è attestato in in Devoto-Oli 2009, in Zingarelli a partire dal 2010 e nel Vocabolario Treccani online e definisce "Qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuarne la subordinazione e di annientarne l'identit attraverso l'assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte". Corrispettivo sul piano giuridico Nel nostro Paese, tuttavia, il termine femminicidio indica esclusivamente l'omicidio di una donna, sostituendo quindi in parte la parola "uxoricidio", introdotta nel linguaggio giuridico per indicare l'assassinio della moglie (dal latino uxor) e poi per estensione del coniuge di ambo di i sessi. Sul piano giuridico non esiste il reato di femminicidio, ma e si identifica con l'omicidio volontario. Pertanto l'uccisione di una donna per odio di genere nel nostro ordinamento non è normata. https://www.wumingfoundation.com/giap/2016/11/nonunadimeno/ https://www.ingenere.it/articoli/scrittrici-non-protagoniste http://www.rai.it/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-209141f4-c12f-4abf-841b-62245956bdc4.html da 13:45 https://www.ilsole24ore.com/art/violenza-donne-norme-ci-sono-resta-nodo-dell-applicazione-ABPLzhbB