[128r] Incomincia l’oratione d’Escine agli ateniesi quando fu confinato. Eschine figliulo di Atromito al senato (e) p(o)p(o)lo atheniese salute. Io mi detti al governo della republica nel tre(n)tatreeximo a(n)no della mia età, no(n) levato dalla scena come dice Demosthene ma admaestrato di scrivere liberalme(n)te (e) negli studii delle buone arti mezaname(n)te erudito (e) in tal modo exercitato nel dire che no(n) mi si disconveniva il parlare i(n) Athene. Né mai si troverrà che la mia facultà del dire i(n) calu(m)pnia d’alcuna persona abbia adop(er)ata, né mai p(er) danari abandonato il giudicio, né ch(e) mai le ricevute ingiurie abbia ve(n)duto, [128v] né in alcuno modo ricevuto villania o dato ad altri occasione[1] p(er) la quale dovessi [essere][2] dileggiato (e) vilipeso, né mai cictadino alcuno sottomisi al giudicio se no(n) solo Timarco, né mi glorio appresso di voi di no(n) avere prese molte cose quando io potevo, ma che la pena che si co(n)veniva secondo le leggi abbia ricevuta. Dipoi avendo patito molte cose da Thesiphonte, molte ancora da Demosthene, lo chiamai in giudicio – giustissima, o dii immo(r)tali, accusatione –, ma no(n) è da maravigliarsi se delle vostre leggi (e) delle mie parole la eloque(n)tia di Demosthene fu vi(n)citrice. Et ricordomi in altro luogo, essendo di maggiori peccati accusato ch(e) no(n) sono quegli pe’ quali ora io sono caduto, avere decto che no(n) piccola pruova vi doverebbe essere della integrità mia che essendo io adcusato da Demosthene no(n) ero suto conda(m)pnato. Et hora dopo questa mia eversione (e) calamità no(n) solo a voi ma ancora a tutti e greci credo me medesimo essere fatto manifesto, p(er)ò che chi è che no(n) sappi ch(e) gli huo(min)i così cacciati dalle loro cictà chiarame(n)te si veggono di che modi (e) costumi eglino sieno? p(er)ché quelle cose che p(er) la loro presenza erano oculte, levati via loro si fano manifeste [129r] (e) ogniuno allora maggiorme(n)[t]e[3] gli accusa (e) rip(re)nde quando eglino no(n) possino co(n)tradire. Et quegli che sono cacciati dalle cictà loro p(er)ché sieno riputati avere conse(n)tito co’ nemici della patria, allora quali costumi (e) che animo eglino avessino inverso la republica manifestano, p(er)ò che chiarame(n)te si vede come eglino sopportano la loro adversa fo(r)tuna (e) come verso la patria sieno disposti. Et però io, el quale come traditore della patria (e) che d’avere ta(n)ti mali nella mia legatione co(m)messo sono suto incolpato, come prima fui mandato i(n) exilio me n’andai ad Alexandro p(er) impetrare da lui alcuna gratia p(er) le cose ch(e) avevo fatte, (e) ricevere premio della mia cacciata (e) exilio. Et no(n) fu q(ue)sto p(er)ché io no(n) sappia che Demade molte cose possiede in Boetia: (e) [t]erreni^^[4] di più che ve(n)ti iugeri (e) vasi d’oro (e) assai altre ricchezze. (E) simile Dermogene (e) Callimendonte come, l’uno in Pelle l’altro i(n) Berria, amplissimi doni (e) parentadi^^[5] di nobilissime don(n)e àn(n)o acquistato: no(n)dimeno io né a’ thebani né a’ thexalici volli andare, né ad alcuni altri dove mi fussi necessario o biasimare la mia patria o prestare gli orecchi ad chi la biasimassi, ma me ne [129v] ven(n)i a Rodi, cictà né a voi nimica, né ad alcuno p(er) alcuna cagione hodiosa, p(er)ò che bructame(n)te^^[6] biasimare la patria mi pare [più][7] di huo(min)i inbizzarriti p(er) la loro calamità che amatori della cictà, perché chi di buono animo ama la cictà sua debba[8] partirsi di lungi da essa p(er) no(n) avere inanzi agli occhi alcuna cosa che gli co(n)turbi la me(n)te. (E) p(er)ò io mi sono fermo a Rodi, (e) qui fra terra ò electo uno castello chiamato Amnione, dove ò comp(er)ato uno podere di pregio di due tale(n)ti, quanti si confà di spendere a colui che prima di Phylippo (e) poi di Alexandro sia decto essere soldato (e) che habbia dato a’ macedoni Phocide (e) tradito la libertà de’ greci, (e) q(ui)vi mi sto al presente co(n) septe servi (e) due compagni (e) co(n) la madre mia, la quale esse(n)do d’età di settantatré an(n)i meco vuole navicare (e) essere partecipe della calamità da voi impostami, (e) co(n) la moglie, la quale del mio exilio à voluto essre compagna, bene che ’l padre gliele vietassi (e) le leggi forse di rimanere gli comandassino, (e) co(n) tre figliuoli e quali ancora no(n) cognoscono la loro fortuna né quale patria loro Idio habbia co(n)ceduto. Et certo gli altri, come è manifesto, e figliuoli loro nati i(n) Boetia p(er) fargli erudire gli mandano a Athene (e) quegli [130r] a’ quali questo è da natura conceduto (e) che sono nati di padre no(n) plebeo né cacciato p(er) disonesta alcuna cagione, no(n) sapendo ancora parlare si truovano in exilio (e) allevansi poveri nella solitu[di]ne[9] (e) l’exilio^^[10] paterno. Et certo in questo bene fa Demosthene, che vi scrive de’ figliuoli di Ligurgo (e) conforta ch(e) la paterna conda(m)pnagione sia loro rimessa, (e) voi seco(n)do il costume della cictà usando misericordia null’altro che una opera propria degli atheniesi avete facto, p(er)ché è vostra usanza agevome(n)te adirarvi o così anche muovervi a misericordia. Ma se io pe’ miei figliuoli vi pregassi, credo ch(e) no(n) vi p(er)suaderei p(er) al p(re)se(n)te, ma bene vi priego che dopo la mia morte voi non vogliate ch(e) eglino s’allevino sbanditi (e) insieme privati di padre, co(n) ciò sia cosa che niuno mancame(n)to habbino potuto co(m)mettere essendo ancora fanciulli, né sono suti in alcuno modo condapnati, ma bene àn(n)o sostenuto tutte le pene ch(e) sogliono i condapnati patire, p(er)ò dopo la morte mia ricordatevi di me (e) ricevete i miei prieghi. Et confidomi, huo(min)i atheniesi, che questo voi farete (e) piegheretevi seco(n)do la buona vostra co(n)suetudine (e) no(n) dimenticherete e vostri buoni costumi, né disolverete la gloria [130v] della vostra cictà, la quale sempre in bo(n)tà (e) humanità tucte l’altre à avanzato, né più forza arà Menelopo apresso di voi i(n) ritrarvi dalla vostra usata bontà (e) humanità che i(n) provocarvi (e) co(n)fortarvi a quelle virtù, no(n) dico Eschine – el quale p(er) gli idii i(m)mortali sono poco ave(n)turato in p(er)suadere alla mia cictà (e) spetialme(n)te in questo tempo, tratta(n)dosi di cosa proprio ad me apartene(n)te –, ma la co(n)suetudine della cictà (e) il vostro usato nome (e) lo exemplo de’ vostri antichi, alle quali più che a Menalopo è necessario che voi aconse(n)tiate. Valete. ________________________________ [1] occasione] con e corretta su i. [2] essere] om. [3] marggiorme(n)te] maggiorme(n)de; la d è forse un’anticipazione del poco posteriore rip(re)nde. [4] terreni] rerreni. [5] parentadi] con r corretta su una precedente v. [6] bructamente] con b corretta su una precedente p. [7] più] om. [8] debba] il congiuntivo si spiega come dipendente da «mi pare». Il testo latino (BAV Pal. Lat. 1745, c. 106v; BAV Vat. Lat 3400, c. 12v) ha: «Nam qui ex animo civitatem suam amat, longius abire oportet». [9] solitudine] solitune. [10] exilio] con x corretta su una precedente s non tracciata interamente.