I CANTO XXV Oicbiamzione di Dante poeta, esule e pellegrino (vv. 1-12). - San Giacomo, san Pietro e Beatrice (vv. 13-36). - Domande di san Giacomo al pellegrino intorno alia Speranza e intervento di Beatrice (vv. 37-63). - Risposte di Dante sulVessenza e la sorgente della Speranza (w. 64-81). - L'oggetto della Speranza: domanda di san Giacomo e risposta di Dante (vv. 82-99). - Apparizione di san Giovanni (vv. 100-117). - San Giovanni appaga una curiosita di Dante (vv. 118-129). - Momentanea cecita del pellegrino (vv. 130-139). Se mai continga che '1 poema sacro al quale ha posto mano e cielo e terra, 3 si che m'ha fatto per molti anni macro, vinca la crudelta che fuor mi serra del hello ovile ov' io dormi' agnello, 6 nimico ai lupi che li danno guerra; 1 contmza: ayve^^ (\*t\™ «cc 8"»)- - poema sacro: la £6ntmé (cfr. xxm 62, dove, come quifqTíäT gomtende.laterzacanri^.r moVc la sj 'icende dt Icu- .1 verso na ^nC°Í° Che la sua corn, **vn °~tn----'n"In . n if ™* dc 138): con f ami, Freddi o vigílie, come é scritto in Purg. xxix 37-38. _>i^—■%, 4-6 riesca _a_ sh* r*e1'a rf* ťSESfiHÍať (dei miej ccjnrittadini) che mi tiene JL torza lontarjft dalla bella cittä natale {Bellfj ovile) nelTa <]n.iV nn temjra fda giovane) vissi (dormi ^ frjrn™-ľn/* ^nest> {agneľlo) .jnadíô-saltÄiato-^f' ----1 nÍijBtf'-"T: <"i luP1: 1 Neri)^be mi(U «fcluiY. zXľaineiio) nr nrp,lir:1- no {danno guerra). \ i ip-™"™ ^ante- s£a vipnr espressa con figUJT f BMWf" ti molto cári alľartista: dal modulo perifrastico impiegato per 1 esilío (juor mi serra: cfr. «Che fuor di se au serra* di Rime cxvi 79, ^ncheJL1.1?,!1- alľimrnagil ma con terra e guerrä^ 421 canto xxv 7-18 con altra voce omai, con altro vello ritornero poeta, e in sul fonte 9 del mio battesmo prenderö '1 cappello; ( Pero che ne la rede, che fa conte l'anime a Dio,(quivi intra' io) e poi 12 Pietro per lei si mi giro la fronte. Indi si mosse un lume verso noi di quella spera onď uscí la primizia che lasciö Cristo de' vicari suoi; e la mia donna, piena di letizia, mi disse: «Mira, mira: ecco il barone 18 per cui la giu si vicita Galizia ». 15 scritturaje (Eccl. xm 21; Ier. xi 18; Is. xi 6 e lxv 25; Matth, x 16; lohann. xxi 15-17) deü'agnello (che si espan-de sino al v. 7) insieme al hello ovile (cfr. ^ xvi 25) \usata in »nrit^j anch'essa di sapore biblico, con i lupi fiorentini (cfr. Purg. xiv 50), secondo una tecnica di contrasto verbale che rammenta Inf. xv 64. 7-9 orni.u con ben djversa(piü solida r diffii^|^mJ(focg). con^nelli in-canutiti(con altro vello: cioe inyeg-ehiato e stanco) rjentrerp con jj norne di pocta, ossia tornerö a I-'irenze^or-mai come poeta profondamente mu-tato dfloli aqni nell'aspetto tisico e nei risultati artistici, e sujjnic battcsimale acquisterö la* coror. ticOJU passo e tanto famoso quanto cöntroverso: voce c certamente .Lm-piegata in senso traslato (qualcuno 1 ha intesa come << canto >>L aj pari (scppur in altra prospettiva) di vello («manto» dell'agnello del v. 5), che sulla base di Egl. u 42-44 si deve interniere come «chiüin.i, capellL»; ü fönte Del mio batteJmTfcorrisponde al mio bei San Giovanni di Inf. xix 17 (e cfr. xvi 25, ove ovil e aecompagnato J- c„ Giovanni ad indicare la cittä patria); cappello per Tqui. d'aDoro) e un francesi ismo jmentqclfc' in quel ioxz ivT) feci il mio tóorSjí qutvi nella fede in i mio <_ ^, la quale rencg ^radit^cow/r) le anime a~L)io, e quirT Ji'san lJietro, per'merito della stessa fede^(pcr ifej « grazieT Iei»), rflagfls^L gapo con la sua^luce2jj_siggjíj^2 spec i fico di cow/c («fx-pe gCCffi'-P*' te») nascedaquelloetimologico(la»; no «cogirutae») dl ^flflßSfcUÜfc^ g;>o la fronte indica l'attq di a££rova-zione (xxiv 152: /re w>Äe «** "* dell'apostolo alia fine dell'csame. -jtehencnmrnTT glhldfi i1 V"1 „ /) Jgnit, ■ Vliincea «Bieß- fo//o si fa preferire all'altra («sover-chiava il mio sguardo») per 1'invito ULeva la testa) del v. 34; il rwrncipTo passato assolto ě impiegato con il sen-so del latino «absolutus•>; I'avverbio latino coram.1«ip presenza») ě gia_a xi 62; ignito ě costruito sul latino «ignis» (cfr. vn })\ anche 1'atto del gratular rammenta xvm 73-74. 28 Ridendo: Risplendendo (in .sggqo. di letizia). _ 29-33 «06ryrri^(t7ta) gloriosa, dalla quale (per cui «t>sr mezzb^defla cui opera ») fu LUustrataJj/ scrisse) {largfiezza «generosita>>) de si no (de la nostra basilica), fa1 POlCg-(come_gia_facesti in terras cieloNw questa altezzaHajUZ; ni AriuT^rin-,* Vin» lamina Dante intorno alia c^nnrlp "irtil f""'r>PaJe: tu sei il piii 'idjcpfQ g rely ^"r»P^° (tu sai «tu conosci bene la speranza*: quindi spetta a te, che set cpfflPCICU" te, condurre 1'interrofi.ajonoi, che JmpersoruX/6 convien ch'ai nostri raggi si maturi». Questo conforto del foco secondo mi vcnne; onď io levai li occhi a" monti 39 che li 'ncurvaron pria col troppo pondo. . « Poi ebener grazia vuol che tu ťaffronti Uo nostro Impeřadore) anzi la morte, 42 ne ľaula piú secreta co' suoi conti ^prcdileziffia U e" piú carezza «m;nnlľttn "^^nfl'^'^ľniĽ ľaffrttait) verso i trp (m*oa\nr\\ _postoli (gj tre)». II primo rinvio. alla,_ scrirtnra Hi san, fijjy-prrift (r>~ m sj serisse), concerne ľ epištola oggi attri buita alľapostolo omonimo^san Gjg-como Minorc), in cul si tocca delia _larshezza divina (cfr. Epist. lac. i 5 e 17); II secondo riguarda gli episodi evanjelici nci quali Cristo, in segno di carezza («bchevolert2fl>>), volle con s_é tra~gli apostoli soltanto Pietro, Giarnmn e GinvarTFii- nella Tra<:figM. razione (Matth. xvn 1-9; Mare. ix 2-9; Luc. ix 28-36), nella resurrezione delia figlia di Giairo (Luc. vm 40-56)_e nella preghiera del Getsemani (Matth. x.xvi 36-46). Come altri ese geti medievali, Dantena interpretato questa scelta come sepnn di una investitúra divina, che autorizzava a leg-■gere nei tre apostoli prediletti íl smi bolo delle tre v'irtu teologdL Origínä-riamente la />.; ■ .;.Vcl-8Jgníiícava, secondo ľetimo, la «casa dei re»._suc-cessivamente passó ad indicare il " • di qul rímpiego tra--i„,»; r~rfäe$&. ma in un significa-tn nn po' diyerso tche qualcuno ha p'roposto anene in questa attestazio-ne), cfr. xxiv 19 (anche Ľ in rima). 34 fa che ťassicuri: prrQfi}.' fwzf&P-35.36 fii'^hé quello che arnva (vten)jtggfô)(qua sú) dalla terra M mortaľmondo) deve {convien)óäogfa SUrsTíí/ maturt «si perfczion?»HŽ luce del nostro splcndore. GOT" chmnque dal mondo ascehdeTn Para. diso necessariamente rafforzäTpro pri sensi visivi onde sopportare iTíuT gore di noi anime beate ľo «di noi apostoli»). 37 del... secondo: dalla seconda luce, cioě dalľanima splendenrcrft^anüiT como (giunta dopo San Pietro). 38-^9 a' monti... pondo: verso i dut ((postoji qiia^n prerpHenza aveva-nn ffl&'rreftn i mje.i occhi («Haüfii peso eccessi vo(troppo pondo]^ ' ro luce, ll traslato alpestre, che rileva "la maestä spirituále dei duejposto". nasce originaimente,^cJTeMiejle^: venzioni linguistiche, daje^turejil tímr(Eíf7t^Psalm. exx U*u vavi oculos meos in monies unde ve- niet auxilium mihi»). D ^jj0^ pondo in rima anche a xxvn Purg. xi26. jes ) jkl'arac , ,ULU V.UIIIC e ») uc' araaisq Questa corte). tu fortifí^i Tmu,*' tgnute la testimonianza dei tyoj ypf-jlTTuii uues^n j/j, 7.._/_. L. T. gf."fg Corte) jrtte stesso e nesli altri SP* ^Xsßerai^la quak "lili '^^aLlPértanto, figlia ^^fflři b tagranza?é madre člellä (e«lla , ifiora) il ti^Q pnfmo (o^)essa t, (cowe) della speranza non la sua e^JSteilZii Lconic per la I'ede.', nel pel-leyino: di oui l'interferenza, nella ri-iDOBta. di Beatrice (w."49-63), chesi spstituisce a Dante per evitargli il ri-schio di una determinazione prcsun- Jiir>«a P^r JflfJQCT.J*^r t'analnon im- piego traslato_del.yeitjp (sempre in rima) a x 91 e xiv 13. 48 seeui: continuo. San Giacomo era gia intervenuto una prima volta ai w. 34-36. 49 guido: indirizzo. Analoga perifrasi per indicaTe'IasLessa Beatrice a xv 54. 50 rispose per me (mi prevenne « venne prima A] mr mi anticipo ») in que-sto modo (alia seconda domanda). 52-54 I-fl «virt\ dei cristiani viventi I in terra non p maggiormente foxoiti— (con piu speranza), come si pud leggy.; «.(^rTnrirastro che tutte le schiere^djnoTWL:'). 55-57 pcrquestoT^rgirfl'a'^ 425 60 canto xxv 58 - 67 Li altri due punti, che non per sapere son dimandati, ma perch' ei rapporti quanto questa virtu t'e in piacere, a lui lasc' io, che non li saran forti ne di iattanza; ed elli a cio risponda, 63 e la grazia di Dio cio li comporti». Come discente ch'a dottor seconda pronto e libente in quel ch'elli e esperto, 66 perche la sua bonta si disasconda, «Spene», diss' io, «e uno attender certo gita la grazia. (/; e concedutd) di venire rfyl mnntQM/J'Egitto) iAjg|^iji^ (lr. rusalemme), al fine di coatempUce-^*' persona, prima che sia posto teüjikie (// sia prcscritto) alla suay32t('/ militar «la sua milizia texrena»).-Le metafo-re scritturali (cfr. San Paolo, Gal. rv 26 e Hebr. xu 22; Apoc. xm 12 e xxi 2 e 10) di Egitto (la terra di esilio e schia-vitü degü Ebrei) e lerusalemme (la cittä Celeste) tornano spesso in Dante (cfr. Purg. Ii 46; Conv.il 16-7; Epist. n 5 e xm 21): ma qui si caricano di un al-tro sovrasenso, in quanto I'uscita gi Israele dall fc-eitto simboleggia IQe-denzion^umana rapprej,ejitata_all£i 5oricamente nel viaeeio dantesco, inche la determinazione del v. 57, parallela a quelle di v 117 e xxrv 6, e tramata su moduli bibljcLiclr. lob. vn 1). 58-63 GH altri du^^^ptJTfrnsa sia ia _njf juaayr Anr^Fva «< pcllcgring: vv. 46 47), I (Blili glj HfHW stati PQSti non perche tu desideri di rnnosce'r^(xo« per Upen*) tl *w ugp- slefo Tglacchelo leggi jn Dig)a ma TT:-^jf "fi" """"" quando sara quaaio nel nie Kďsta t-vrta) ti sia Jaditä, li affido alla risposta ďi*Bař7-. r^nrfffifficÍP(/o^') da trattare e non ^OCCasione di- insnpfr j?ire dttattanza « ne motivo di prt sunzione»); egli dunque forniscala risposta al primo e al terao interroga-tiya (a cio) e la Graziadivina gli con-senta di faxloJ^SIentcmeSS"" comporti). Pari gli scopi aP0*08et'cl: lalunga relativa che non... injnaci"} idealmente (non sintatticamente) ferita anche al P«»to gia lflusttgg*. Beatrice (w. 52-57). ~ — . 64-66 AI pari di unoJfiSM*^ po in cui (i» luelchjegj^^ Nella similiuicTuCcne.P^ ' 4; fa iIpaiocon_ciuelIa di (cU esseggiano i jatjnisnu^-^^ ,cUscere»: ctr.Tgn?, ^^Jj* UlIES^leanche il P>" l0^°^ ^Mwio.• • «r«o: yB^SKS.!::: I definizione traduce fedcUJ ^ , massima di Pietro ^?^n'f nelle scuole medieval c A , daSa^on^(^eXpec^ futurae beatitudes , v*J bu$ gratia ct ex mentis P<*« (Sentent- ra 26). 69 canto xxv 68 - 78 de la gloria futura, il qual produce grazia cíivina e precedente merto. Da molte stelle mi vien questa luce; ma quei la distilló nel mio cor pria 72 (chefusommocantor del sommo duce. 'Sperino in te', ne la sua teodia dice, 'color che sanno il nome tuo': 75 e chi nol sa, s'elli ha la fede mia? Tu mi stillasti, con lo stillar suo, ne la pistola poi; si ch'io son pieno, 78 e in altrui vostra pioggia repluo ». 68-69 il qual... merto: causam dalla yazia di Dip e demente»gjaJcon,le jguisia {precedente). —Pente il qual, comple-rôčňTo OKHĽtto di produce, retto a sua volu da. gfazw * merio (quasi in en-70 7 ' ^eritoada»gw^-del v. 67. 72 J^ignta^e) mi giunge da itoiqjito «testi») _siýaitu£al . BM.Prma di ognj fl1|r" (P«a) m]f "niT" ~*1 u che fu BcWtP'/;'"'/"'-' tili Hin '(ApT fee),JÔxA ľanfnrr ^ Salmi. ^-^^m«af^soTaTé*^eTprimo ďg%^nrhr il ^rrnndo) e ^tolí „ ■ m 3); e saráUtra- virtú delia speranza c Ptt^I "iirija jfluasgaia. (xx 38) " fcsT Ca fuscir del c^mpo « all'uscita dal campo della mia battaglia terrena, dalla vita»), richje-de che io partly nuovamente (r«p/n « spiri di nuovo ») a te che la ami dav -veroj/i dilette 'di lei); e mi e gradito -cheTu dichiaxi (diche «dica») ciö che simboleggiato nellaPafag, varicorda-tcTche san Glacomo tuTatto trucida-re nel 62 d.C. da Erode Agriprja (cfr. Act. Apost. xn 2). Dal punto di vista esegetico si osservi che in IndispilP (cfr. xxvi 103), chtqualcuno intende «Ouindi san Giacomo disse», pioba; bilmente ed esso lo mi addita) anche in sé ambi-guo, dpve, se esso va"di certo rtfeTito ajßaßiprobabiimente lo e proriorrie neutro. 9i-^3 fiiferma il profeta Isaia che ogni anima ěpta da Uio let?. v.'9hi jvestiri neüa nmpn. r..rra ^ <]v-vaa-e la veraj^ry >, i- r Nella lettu-uij. Lxi 7: «In ti ml PUcia P°ssidebunt, laeti- ,merPreta allegon-liijg, che passa a signi£-! ^1 lo spirito^ il<řor- ,SSe * san r'• -nmando é anG'ovanni(fi;,lio come san Giacomo, dJ$frebedCT>di qui tuo fřalello): « Vic^Turbammagnam quae dinumerare nemo poterat ex omnibus gestibus et tribubus et po-pulis et Unguis: stantes ante thronum et in conspectu Agni amicti stolis al-bis, et palmae in manibus eorum »(vii 9). Per digesta (dal latino «digerere»), concordató con TweldllóH del v. 96, cfr., ma con diverso signiticato, x 55 e Purg. xxv 43; bianche stqjc t-nma in rima a xxx 129: e cfr v. 127 e nota. 98 di... iMAiudft^ risuonare al ďi snnra Hi nni 11 versetto del Salmo ix. da cui provengono le tre parole íňT zjalLsaníaíg qui, ^ citato piú abtxžtt- -i —------i—■ — -.---- "1^PT'*rr"*"te nel volgarizzamento of- 99 a rhr- a11>. <|h-j1; plrn]p__ \e carole: rnrnne dari7:anti dei beati: cfr. xxrv 16^ 100 si schiari: feri||n>r>iií jnjgnsamen-te M^gl; o1trj |nmjj ftt ... m/u schiarato. 101-102 in mndn rhp se \^ ggsteila- """" dri finrrn r^f"-1-"1- iind-jtj^ (cristallo) Cflsf luminoso (te/), Tinver. i>p avrebbe un mese interp di lucc continua ,ol di «cf| Ul ininterrotto/*K5r?&i»V Per, 429 canto xxv 103 - 114 E come surge e va ed entra in ballo vergine lieta, sol per fare onore 105 a la novizia, non per alcun fallo, cosi vid' io lo schiarato splendore venire a' due che si volgieno a nota 108 qual conveniesi al loro ardente amore. Misesi If nel canto e ne la rota; e la mia donna in lor tenea l'aspetto, ill pur come sposa tacita e immota. «Questi e colui che giacque sopra '1 petto del nostro pellicano, e questi fue 114 di su la croce al grande officio eletto». re l'ipotesi astronomica, meramente tcorica, si ricordi che il sole si trova nella costellazione del Capricorno (la quäle nello Zodiaco ě esattamSnte agli antipodi di quella dcl t^aqqrp: e perciö l'una tramonta quando l'altra sorge e viceversaj-dal 21 dicembre al 21 gennaio: se dunque in questo periodo inverhale nCancro, che' sorge quando il sole tramonta insieme al Capricorno, fosse provvisto di una Stella splendente. illuminerebbe di notte la terra come un altro sole, cosi che quel mese invernale godrehrfr ininterrottamente di luce, dodici ore per merito del sole, dodici ore grazie alla supposta Stella del Cancxo. 103 surgetfsiaJTty(dal luogo ove ě se-dutaL 104 vergine lieta: una fanciul lierata. 105 a la novizia: alla spq; (della quäle si-sttnho vez ff«jtggpian dai Bestiari (ma anche da alt,ri tutto dai Bestiari (ma anche da altn testi medievali)" risuscita e s f am a i BTOpri piccoli ferendosi il petto dal .auale trae il sanpne, il paragone tra la sua vita e la stnri:i A\ f riet,^ i-iciU ill., __"gue, u paragone tra la suavitae la storia di C'.risto risale alla MUiJPsafoi. a 7: «SimiHs factus sum pellicano deserti»). Ľ analógia ľn.^-WsaStóftt^piega la fortuna aellemblema nelľesegesi e nelľico-"ografta cristiane. Evangeliche, anzi cm?nneV0no 'ej^e perifrasi indi-„^L^Lgjpvan^lľTa prima (ľar^ gn1ľggg^testa, duľanteTu-fe S(M I"-™ 23 e xxi 20; la se- tr«n'et T-Vld,isset «go Iesus ma-dUi^bat dl";? Um Stantem' ^uem No:"^ • Deindedicit disci^ ^c^PiľearjertUa"Et« iUaho-115"117 IndlSclpulusinsua>>. in.^ggt0 ^odcyparl^FW prima di averle pronunciate dal guar-dare attentamente i tre lumi Hanzanri (di stare attenta). Cioe: Beatrice, £ur parlando, contemplava con To stesso interesse, con la medesima continua-ta attenzione, anteccdente e successive), la danza dei tre apostoli. Questo sguardo . fisso e prolungato della donna-teoloffl^1 alle trp,)i'ii[t^ teolo^aii cela probabilmente tin simbolico. 118-120 Come chi|a^u^^sguardo (adocchia) J^J£~jfctX7d '"w ^caraax un'eclissklparzTalt^cli sole (eclissar lo sole un poco)~~ iTquale, nel tentativo di veder troppo (per vedcr), diviene cieco {non vedente), yaLjUSEBBl Pavverbio un poco e da qualcuno n-ferito, anziehe ad eclisjqrh a vedere, e allora equivale a «per un po' di tem,-po». Per adocchia cfr. Inf. xv 22 e xxix 138, Purg. iv 109; la paronomasia per veder/non vedente e annunciata da di vederc: ctr. poi vv. 1*7-1*8 121-123 alio stesso modo mi accec.lt io itiil »ii tec' io) nel tentativo di lissa-re san Giovanni (d quell' ultimo ]oco to al'lume giunto per ultimo-1 p a 'cTng) (mentre che) mi tu dm to (dairapo'sTolo die mi abbagliava con la sualucej: «^er qualejMipneJiJc-cechi nello sforzo di ravvisare una co_ sa'cKenone<»o»^^0> IBnMH cielo [qui)?: Dante rammenta, rinu canto xxv 124-135 In terra e terra il mio corpo, e saragli tanto con Ii altri, che '1 numero nostro 126 con l'etterno proposito s'agguagli. Con le due stole nel beato chiostro son le due luci sole che saliro; 129 e questo apporterai nel mondo vostro». A questa voce l'infiammato giro si qu'ietö con esso il dolce mischio 132 che si facea nel suon del trino spiro, si come, per cessar fatica o rischio, li remi, pria ne l'acqua ripercossi, 135 tutti si posano al sonar d'un fischio. 1)9 CANTO XXV 136 - 139 Ahi quanto ne Ja mente mi commossi, quando mi volsi per veder Beatrice, per non poter veder, benche io fossi presso di lei, e nel mondo felice! tandola, la crrA^m* »"»H'itmrmonr IQ ciclo di san Giovannicon il mr. Renata 3aIFerronea interprcta/ionc di un passo evangelico üohann. xxi 21-23). _ 124 e terra: r. djyenuto tiolverk cioe i sepolto. Imen/ionale il bisticcio su terra. - saragli: in terra tf'terlMner la torma enclitica dcU'avverbio 3i .Ino-go igli «vi») cfr. xix 63. 125-126 insiemc agli altri corpi sino a quando (tanto... che qpi beam(nostro) gomciderTfak 'aeeua gli «si pareggi, sia eguale ») .cjyi JUieJJo prefi isato dall'i-tcniiiajflaDlfr (con ,' cttenio DroOosito). cjpe tinq affliorno dei Giudizio universale. La precisa-zione temporale, törse'germogliata su uno spunto evangelico (Apoc. v 11), si puö completaxe ricordando che (cfr. Conv. n v 12) il numero dei bea.-ti prestabilito «ab aeterno» da Dio e pari a quello degli angeli ribelli, dei quali gli elctti prenderanno il pösto in Paradiso. ^^s- _ ITHTS CqB IfrnimaV iK^fVrrA' (le due stole) si trnvan" in Paradisp (beato chiostro) soltanto (solc «esse so^) i liimi che sono ascesi alJ'Empi- reo, aoe ffistn).- la .t&gmeVcfr. xxin «5-87 e iif-126, dolJe^aeirit-ta la loro risalita). Per le due stole si aggiunga alle note ai vv. 92 e 95 un altro passo giovanneo: «datae sunt il-Iis singuJac stolae albae» (Apoc. vi 11); quanto a beato chiostro cl: "x analoghe metafore in rima a Puk- xv 57 e xxvi 128. 129 apporterai: tiporterai. riferirai L'invito dcll'apostolo si compienut appieno ricordando che nel Medio?-vo circolavano varie leggende intorno coroo. ai ripln di altri personagg^ blici (come Enoch ed Elia, oltre a san Giovannj) che evidentemente DaflJ.c rifiuta come false. - . 130 Iwfiammato gno. la d-'y;',J clrcol^ dei tre sptritiinfuocat.L&JJ!--131-132 si arresto iusieme^J W fl so il) soave corojmischio < nuseivo a cdTurtSrä La causale (che 7ntc con per re- der, tinalf Hfl v 1 371. jipcndente da tfpcommossidelv. 136, deouncia tra-mite la qpnscgucnte jm^JLS^ä del pellegrmo. ahbagliato daüä iH« di san Giovanni (cfr. w. 118-123^ 139 e... felice: e addirittura irtVO»; 3Tsq (dove regna la Seatituo'ine c I st'rtsi visivi sono piü potenti). 433