sarebbe stata Beatrice, non Virgilio (come non Dio, d'altra parte): certo la Beatrice trasfigurata, la donna salutifera diventata, da puro tropo, letteralmente vera, ipostasi della salvezza. Se que-sta interpretazione e legittima, l'accordo con Guido, esplicita-mente definito nella Vita Nuova come accordo sul valore metaforico e letterario della poesia amorosa, dovette cessare non appena Dante, verosimilmente con le prime rime allegoriche e dottrinarie, ne fece scala all'edificazione morale. In tal caso Guido potrebbe essere stato, si, un «averroista» opposto alia poesia cristiana e teologica di Dante, ma anzitutto un awocato della poesia unicamente letteraria: corollario ben paradossale, per uno scrittore cosi insistentemente tacciato di pretese filosofiche. Della cinquantina di componimenti che costituisce il canzo-niere certo del Cavalcanti, sono qui dati alcuni fra i piu giusta-mente celebri, tematicamente ordinati (cio che non importa pretese di ideale svolgimento cronologico); alia fine alcuni dei sonetti mandati a Dante. Ne ha dato l'ultima edizione critica (1957) Guido Favati. FRESCA ROSA NOVELLA... Ballata di tutti settenari tranne i finali, endecasillabi (ma sette-nari alia rima interna): la fronte ha due piedi, con rime invertite (abba, baab); la sirma, a cui ě identica la ripresa (doe la strofetta iniziale, ripetuta in coro dopo ogni strofa recitata o cantata a solo), ha schema mccd(d)X, dove l'ultima rima ě, come di regola nella ballata, comune all'intero componimento, mentre la prima ě irrelata (tuttavia, a osservarla con piu attenzione, la sua vocale accentata trova corrispondenza nella sirma, anzi nella ripresa e nelľultima strofa assuona con la rima successiva, novella con -era, oltraggio con -ato). II gusto e il linguaggio sono ancora vicinissimi ai Siciliani e a quello fra i Toscani che rappresenta il vero ponte fra Siciliani e Dolce Stile, Bonagiunta. Palese ě il ricordo della canzonetta anonima siciliana che comincia «Quando la primave-ra / apar l'aulente fiore», dove sono in rima rivera («campagna»), albuscelli, sovrana, la matina e la sera, mediate attraverso o accom-pagnato a quello dell'altra canzonetta bonagiuntiana Quando apar l'aulente fiore (specialmente «gli auscelletti infra gli albóre / cia-scun canta in suo latino», cioě alia provenzale «linguaggio») e del discordo pure bonagiuntiano «Quando veggio la rivera / e le prä-tora fiorire». II vocabolario consueto alia convenzione cortese provenzaleggiante (fin presio «valore perfetto», gio' monosillabo, disianza, cera gioiosa ecc. ecc.) piega alľelogio ďuna creatura o sembianza angelica o angelicata, al modo del Guinizzelli. Se ě banale che la donna sia una «rosa fresca», come alľinizio del con- trasto di Cielo d'Alcamo, non lo e affatto che sia identificata alla primavera. Forzando un po' la citazione, come se si trattasse d'un vero pseudonimo poetico (il senhal dei provenzali), la Vita Nuova scriverä: «lo nome di questa donna era Giovanna, salvo che per la sua bieltade, secondo che altri crede, imposto l'era nome Primavera» (interpretato poi «prima verrä», in quanto pre-corritrice di Beatrice). Infatti da un canzoniere trecentesco apprendiamo che la canzonetta era dedicata a Dante, cosa che, per il diffuso scambio fra destinatario e autore, viene confermata dall'attribuzione nientemeno che a Dante stesso in altre fonti, tra cui il canzoniere piü antico, forse ancora duecentesco. Fresca rosa novella, piacente primavera, per prata1 e per rivera gaiamente cantando, vostro fin presio mando2 - a la verdura. 5 Lo vostro presio fino in gio' si rinovelli3 da grandi e da zitelli4 per ciascuno Camino5; e cantin[n]e gli auselli 10 ciascuno in suo latino da sera e da matino su li verdi arbuscelli. Tutto lo mondo6 canti, po' che lo tempo7 vene, si come si convene, vostr' altezza presiata: che siete angelicata - criatura. Angelica sembranza in voi, donna, riposa8: Dio, quanto aventurosa9 fue la mia disianza! Vostra cera gioiosa, poi che passa e avanza natura e costumanza, ben e mirabil cosa. Fra lor le donne dea vi chiaman, come sete; tanto adorna parete, ch'eo non saccio contare; e chi poria pensare - oltra natura? Oltra natura umana vostra fina piasenza fece Dio, per essenza10 che voi foste sovrana: 35 per che vostra parvenza11 ver' me non sia luntana; or non mi sia villana la dolce provedenza12! E se vi pare oltraggio13 40 ch' ad amarvi sia dato14, non sia da voi blasmato: che solo Amor mi sforza, contra cui non val forza15 - ne misura. IN UN BOSCHETTO... La forma é di ballata minore, cioé con ripresa di due versi: fronte di due piedi AB, sirma e ripresa B(b)X, tutti endecasillabi. Nella sostanza é una pastorella, genere di canzone provenzale (genere aristocratico, non popolare come si era pensato) in cui il poeta o un cavaliere richiede d'amore una contadinella, con esito (ma non qui) spesso negativo; la prevalenza della narrazione sul dia-logo e la sua inserzione in una canzone a ballo accostano questa di Guido alle pastorelle meno antiche in lingua d'oil. Importante anche qui, per «l'augel pia», un ricordo di Bonagiunta («Como ľaugel che pia [= pigola], / lo me' cor piange e cria», nella canzone Avegna che partensa). In un boschetto trova' pasturella piu che la stella1 - bella, al mi' parere. Cavelli avea biondetti e ricciutelli, e gli occhi pien' d'amor, cera rosata; con sua verghetta pasturav' agnelli; 5 [di]scalza, di rugiada era bagnata; cantava come fosse 'namorata: er' adornata - di tutto piacere2. D'amor la saluta' imantenente e domandai s'avesse compagnia; 10 ed ella mi rispose dolzemente che sola sola per lo bosco gia, e disse: «Sacci, quando l'augel pia, allor disľa - '1 me' cor drudo3 avere». Torna alia pagina 311 Pagina 315 Pagina 316 Ultima pagina del capitolo 1 Plurále neutro. 2 «Comunico, significo». 3 «Sia celebrato». 4 «Piccini». 5 «Su ogni strada». 6 «Tutti». 7 «Stagione (primaverile)». 8 «Ha sede». 9 «Fortunata». 10 Determina sovrana. 11 «Sembiante». 12 «Prudenza». 13 «Eccesso». 14 «Mi dedichi». 15 Rima derivativa, nel contrasto fra la violenza e la saggezza (misura, alla provenzale), entrambe peraltro impotenti contro Amore.