La lima ncilluli« del ( ,miuni (iuilioae d'Arcno La produ/ionc 'TP...... I C quclla irvile c morale i* l-rttrrr in prou Pocti «guittuniani» o «mulo-rnuani- Alcuni autori ep0ca i LA CIVILTA COMUNALE FlNn 1.3.4. Guittone ďArezzo e i rimatori siculo-toscani. La morte di Federico neu crollo delia potenza della casa di Svevia (a pane la breve parentesi del regno di Manfredi) tecero venir meno la corte meridionale e ľambiente adeguato a quella rattinata poesia. NegÜ anni Cinquanta e Sessanta si ebbe cosi un vero «trapianto» della nuova Urica volare nell'ltalia comunale, e in particolare nella Toscana, dove i violenti conflitti tra Guclfi e Ghibellini comportavano numerosi contatti con espo-nenti della corte sveva. In questo nuovo ambiente la Urica cortese si adatta a un pubblico comunale, per lo piú aristoeratico e legato ai gruppi dei funzionari ammini-strativi, solo genericamente definibili come «borghesi» (cfr. 1.1.1). La sua tematica tende ad allargarsi al di lä dell'ambito amoroso; nuovi e piú di-retti contatti vengono istituiti con la poesia provenzale. A livello Ünguisti-co, si da largo spazio a forme dialettali toscane, oltre che provenzali e latine, ma in modo spesso confuso, senza il netto spirito programmatico che aveva caratterizzato la Urica siciliana. Ľesponente piú importante di questa poesia «municipale» toscana ě GuiTTONĽ d'Arezzo (1235 ca-1294), che ebbe fama e fortuna di vero ca-poscuola e rapporti con rimatori e uomini di cultura attivi in gran parte delľltalia comunale (numerosissimi i suoi sonetti di corrispondenza con ahri poeti). Nella sua vasta produzione (di lui ci sono giunti circa trecento tra sonetti e canzoni) si possono distinguere una poesia amorosa e una poesia civile e morale. La prima ě di tipologia molto varia: come i siciliani, Guittone descrive l'alternarsi della gioia e del dolore; in alcuni testi giunge a una piú ferma esaltazione deUa donna, come fonte di ogni valore, capace di infondere nelľuomo tutte le «virtu»; in altri si lascia andare a una «reali-stica» spregiudicatezza. L'orizzontc municipale di Guittone ě evidente nclle sue canzoni «civili». come quella celeb-re di «compianto» ai fiorentini per la sconfitta di MonW; pcrti (1260), Abi lasso, or ě stagion de Joler tanto: il linguaggio solenne vi s' carica di forte risentimento morale (e su questa strada si porrä tanta li«ca morahstica c politica della nostra letteratura). Nella stessa direzione sono orientate le Letten- in prosa di Guittone, P"' ma manitestazionc di una prosa ďarte in volgare: sono, piú che altro, P^^ che serine, con scopi di cdificazione morale e civile. Nella prosa come neu* poesia, Guittone appare come un fervido e disordinato sperimentatore. I er. van poet, che tentavano esperienze analoghe si suole usare l«" chctta d. poet, cortesi «siculo-toscani» o di «guittoniani» (anche se non J t. subimno ,1 d.retto influsso del poeta are.ino). I principáli centri di z.one d, questa varu Urica furono Lucca, Pisa, Pistoia. Firenze, in misu" nu no e S,ena. e íuor, d.loscana soprattuno Bologna (ma ě presuniibile che e* sa s d ondesse anche in altre zone delľltalia comunale) I lucehese Bonagiunta Okbicciani, piú anziano di Guittone, tu p£ bal. mente ,1 pnmo a prendere ľiniziativa di trapiantare nel volgare K*£ no la poes.a s.ahana. Fedeli guittoniani furonoľpistoiese MCO ABBRAC e il fiorentino monte AndrľA; mentre va ricordato il caso unfco poctessa, autr.ee d. tre sonetu: la Compiuta Donzkll-\ di Firenze ™bbe trattarsí d. un invenzione Ictteraria. non di un personaggio Ji una lim P«1! una ---- „ „, utaj ui un personaizmo 5e), II fiorennno chiaro Davanzati presenta nei suoi numerosi testi una ^•ulgazionc «media», una «gngia amministrazionc ordinaria» (Contini) del patrimonio cortese. La lettura piü curiosa e interessante, in questa fitta produzione, ci c oftcrta da un pocnietto anonimo in cndecasillabi sciolti. // tare amoroso. 1.3.5. Rustico Filippi. Giä intorno agli anni Sessanta la cultura fiorentina mette a punto nuo-K forme, che divergono notevolmente dallo sperimentalismo meccanico cripetitivo della poesia cortese municipale. Questo ambizioso orienta-raemodclla cultura fiorentina e rappresentato nel modo piü pieno da Bru--eno Latini (cfr. 1.1.6), che del resto ha molti legami con i rimatori a lui contemporanei. In quegli stessi anni si sviluppa la poesia di Rl'STico FlUPPl, di cui ci sono giunti circa sessanta sonetti, metä in Stile «serio» e metä in Stile «comico». Rustico si appropria della lingua fiorentina in tutta la sua ricchezza. per graffiare la realtä, per fissame alcune forme sorprendenti, con misurata sa-pienza retorica e vivace gusto lessicalc. Nei sonetti «seri» egli da voce ai piü «»ncreti aspetti del rapporto amoroso: affetti e dissidi. affanni e contorti. si Presentano con un'intensitä che sfugge in parte ai modelli cortesi, alle loro «rette convenzioni. I sonetti «comici» inaugurano la tradizione giocosa e b"rlesca fiorentina e fissano alcune tiaurine umane in movimento bizzarre °deformi, che si legano alla tradizione comica piü antica (la fanoulla magra emappeente, la vecchia orribile c repulsiva. il millantatore, alcun. perso-naR*JI Presi da animalesca furia sessuale ecc). ^ H «doIce súl novo»: caratteri generáli. 5ersee tuu^'' novo>> non č una «scuola», ma un insieme di esperienze r*tdj grandV'a ConverPcrit'- cr)e mettono capo a una nuova poesia d a-í C^e tafilia l CCKTCnza Unguistica e di fortissima ambizione intellettua-iUniciPale ji'i 'íj;umi con il confuso sperimcntalismo della lirica cortese l/* di 9uesta Kncsc Guinizzelli, quasi coetaneo di Guittone. ě il «pa-Ďľ a Pirene """^U poesia' cr>e trova pero la sua ódinizionc piú anico-?teePoelv' ?°prattutto neP"' anni Otttnta, per opera di Cavalcanti, 1 . Pochi altri loro amici. . . .. nn<;teriori dalle pa- r^chPn>mina2ione di «dolce stil novo*a novaspo p^ ni°ddTante nd canto XXIV del Purgatorw (sent mnc ^ ii'CCnt0) fa dirc a lino dd Pr,nLcipa1'TsuaTna nel girone dei ^"g'unta Orbicciani (cfr. 1.3.4). che «pia bP ,a poctica che U| fronte al rfmatore lucchcse Dante espO« " P la mitura fíorcntinl Soncfti «\eri» e wni-nt '•{.oniiti" Poesi» d'amorc c di jmhirionr inulletlullr la oVrmiiioar aantcta del -Hol« Mil mmv LPOCA 1 LA aVniA COMUNALE HNO AL i 1 conlcnoti toorici coUega la scrittura allo «spirare» di Amore; la poesia ě per lui notazionee trascrizione, in termini di letteratura, dl quello che Amore «ditta dentro»; «T mi son un che quando / Amor mi spira, noto, e a qucl modo / che' dfr I ta dentro vo significando». Quem dichiarazione di Dante fa comprendere a BonagiunU la lonta-nanza dcl siciliano Giacomo da Lentini, di Guittone e di lui stesso dall'e-I sperienza dei nuovi poeti, il «nodo» che Ii separa dal «dolce stil novo»; di-ce infatti Bonagiunta: «"O {rate, issa vegg'io", dissegli, "il nodo / che'1 1 Notaro e Guittone e me ritenne / di qua dal dolce stil novo ch'i' odo! Y I Inoltre egli riconosce che le «penne» dei nuovi poeti vanno «streue» ai I dettami dei «dittatore» Amore, cosa che non accadde ai loro predecesso-1 ri: «lo veggio ben come le vostre penne / di retro al dittator sen vanno ■ strette, / che de le nostre certo non avvenne». Nell'ottica di Dante, sono in primo piano la «novita» dell'atteggia-mento e la funzione di Amore, che «spira» (cioě crea nell'anima un movi-mento di sostanze psichiche) e «ditta dentro» (cioě traduce quello «spirare» in termini linguistico-retorici: si tenga ben presente che il significato di Jittarc ě quello fornito dalle artes dictandi. per cui cfr. 0.1.7). 11 poeta deve «notare» gli effetti di quello «spirare», definirli in una signifieazione ra-zionale: siamo ben lontani da ogni rivendieazione romantica della spontaneita dell'ispirazione. U distaeco dalla precedente poesia cortese ě garantito soprattutto da questa nuova associazione tra dolcezza stilistica e signifieazione razionale: sono essenziali, nello «stil novo», la coscienza teorica e filosořica e la con-cezione molto precisa dei processi che awengono nell'anima presa dall'a-more, e altrettanta attenzione porge lo «stil novo» a taluni ampi dibattiti morali. come quello sulla nobiltä e sui rapporti tra amore e nobiltä. Come in tutte le coneezioni «cortesi», anche nello «stil novo» l'amore e la poesia appaiono come caratteri distintivi di unV///e; il «dolce» linguag-gio crea una comunieazione tra pochi spiriti privilegiati. «fedeli d'amore». Ma ora questo gruppo di eletti non intende definirsi in base a una precisa collocazione sociale: il loro atteggiamento aristocratico non ě condizionato ___u m U«ICA VOLGARt 147 Cn modo mi'ivti dl inten der« ľ «ein ton«* dcU'csprrient» t moros* né da una corte regia (come per i siciliani), né da un contesto comun U roppano amoroto vKondnlo »\til novo* alee municipale (come per i sicul'o-toscani). Essi si riconoscono sopr^U"poe-una scelta: nella decisione comune di intendere ľesperienza amorow tica come un valore assoluto; essi seguono anzitutto una <- Do-u'o di cultura giuridica, filosořica e letteraria, iniziô la sua attivita di n-ra«pre nel piú complicato stile guittoniano; passô poi a uno stile «nov ne intellettuale. sue rime piú esempi 'o in primo piano il -^."estarsi. Ľapparizione della donna ha una torza ľ^'cattivo pensiero: essa spande attorno a sé splenu^, GUeffeui detľamore La via 0» «stilnovista», cfr. iuuut»u■ - 1 SIUp0re per il ^sono in primo piano il «valore»^«..SomberKficacrieelimina ««dolce», ma rieco di tensione ... Nelle sue rime díú esemplari (utilizzatc dal Dante p.u il suo Iji donoi uludfcfi plendoree«chiarita»;rr e di «stella» in «figura umana» rioucc. amante ^ 5*4) e il saluto (e qui si crea subito una co.ncu ^ cui b don- Che^rá di grande peso anche per Dante) sono,x duc ^ poeta, che ;i «...1 0 •., ť , • - .1.« *cr.n»«10ne OLU :..^,;„np COn "volge all'esterno. La piú aha espressione municazione nnn 1. • nin ihretta c una«. elodi- "a si ^naľľ" *?is.pera ^ arrivanTa una piú"diretta e la lode che egli fa di lei raggiunge in aleuni sonetti una nitida e ^^«~ lizzata PO' qujsi dišputa sulla nobilta. Iii atterma la sirct- Guinizzelli ' aniniata dalla ľ era«che U sua disposiziOM dotirinana e ßto**» Ca^one Al cor gentd rcmpaira sempře at»on. ^»nifesto» delľamore stilnovista. bj*jS» G"***1 itmf amerr ľ"4 ^ Piú dibattute della cultura «solid-,-! Am, ari«a tra Amore e «gentilezza» °re e «cor gentil» sono come Joe diverse qu *» della sicssasostanza i«8 Li via Li poctil uirk*diu di G^vakmti EPOCA I LA CIVII.TÁ COMUNALE FINO AL lJ00 e si legano ad alcune qualita naturali, determinate dalle influenze che i corpi celesti escrcitano sul mondo terreno. L'autentico amorc e insomma aristo-craticamentc riservato ad alcuni cuori «gentiii» predestinati dagli intlussi celesti; ma la gentilczza non si identified eon la nobiltii di sangue: chi discendc da nobile famiglia, ma non possiede Ic autcntiche qualita d'animo (il «co. raggio») dcrivanti dagli intlussi celesti, non puo raggiungere il «gentil valo-re» e l'amore. 1.3.8. Guido Cavalcanti: l'amore che distrugge. Di pochi anni piu anziano di Dante, suo «primo amico» e compagno di esperienza umana c letteraria, C.U1DO CAVALCANTI nacque intorno al 1260 da una delle piii rieche famiglie della nobilta guelfa fiorentina. Di lui abbiamo poche notizie biografiche (spesso si tratta di aneddoti ri-cavati da alcuni aspetti della sua opera) che mettono comunque in cvidenza la sua altcrigia di nobile, spregiatore del volgo e amante della solitudine, e la sua partecipazione agli scontri di fazione nella Firenze di fine secolo. Sposo una figlia del ghibellino Farinata degli Uberti (che Dante incontrera nel quinto cerchio nasensualefiguradi gio\ inetta. -ntesi dei Percb; motiv non ira di giovinetta. .. 1 celebre «balla- A cavalcanuani puo —"Plbscana. Ion- « Jah ?/*" ^'tornar gwvmat. il poeta e ruon ui SCr'tt°l. Ja sua ' S' ainoscv 'd cifComoM in cui il comnonimento ^ "Paura», ajja '^^"a ě «distrulM», in prula ai tesoapiň: alia «doglia». f/^Kgio a])'. 1 'Si,venrura». si sente jssaJitJ J.ilb monc. Per invittv un laJj i"a' CX'' s' r'w'»ic diretramentc alia «balfatcrra» c l'imiu i r»..1^8*. rtstj ,°nni' tenenifosi lontana da ogni persona «nemiea di fieritil 0llMlWc nascosra. Alia lionna la Kilbtetta coniernK-ra et ^«voer»sk'nU*ai'•,l'OMr<-"ilstKi«rvalore».comeředcie«scr\r>dAnnv co^"frn'cdian W>itita C obolenj» che esce dal cuore crea artnnrrso il M ^'cazior. '"''PP'^sentato dalla bluetu una stm^ente e imnossibile che rt» ('■Ii effetti i)ell'»innrc Gli ipmri PtrrkT mom £ Knurr HO Citio da ľii.oia Una poctia che rovotia Vita t «prnonagjpn* EPOCA i la uviltä comunalf. fino m , Cavalcanti si rivcla cosi icncrissimo poet a della comunicazione indi egli e forse il primo nclle letterature volgari, che riesca ad awertire finnu fondo, con radicale estrcmismo intellettuale, Btiologico, psicologico iT'" lenza dcll'amore, fantasma assoluto c distruttivo. La riccrca di un valor M° tale, propria dello «stil novo», coincide - nella sua pwsia - con la' 1 grazione dellc facolta e dell'unita della persona. In,e' I.3.9 Gli «stilnovisti» minori e Cino da Pistoia. Rispctto all'intcnsitä dcll'esperienza di Cavalcanti e di Dante, gli altri poeti a loro vicini si collocano a un livello medio, di piú tranquilla misura. Vanno ricordati Lapo GlANNI, GlANNI Al.FANl, DlNO Frlsc.OBALDI, e soprattutio ClNO DA PISTOIA (nato verso il 1270, mono ncl 13)7). legatissimo a Danteeda lui molto stimato. Giurista insigne, studio a Bologna e lorse anche a Parigi, e insegnö nelle universita di Siena, Perugia c Napoli; fu, come Dante, tra i so-stenitori del progetto di restaurazione imperiale di Arrigo VII (cfr. 2.1.2). II suo canzonicre e il piú vasto tra quclli stilnovistici e Consta di 165 com-ponimenti, oltre a varie rimc di dubbia attribuzione. Cino subisce un föne influsso dalle Rimc di Dante e percorre la via di una poesia «illustre», ma mi-surata. con un suo equilibrio tra pacatezza tecnico-linguistica (priva di illu-minazioni e di sorprese) c impegno intellettuale. In molte rime per Tamata Selvaggia (che apparteneva a una famiglia di parte bianca e moří in esilio tra il 1306 c il 1310) egli rievoca in modo originale la figura della donna e le emo-zioni provate di fronte a lei. Per la sua temperanza stilistica, Cino costituisce il tramite fra lo «stil novo» e il Petrarca: Petrarca troverä in lui il piú vicino punto di rilerimento per il proprio modello di poesia amorosa. 1.3.10. Lo sviluppo della poesia «giocosa». Dopo le prove di Rustico Filippi si sviluppa in Toscana una Pr°duz1?' ne di sonetti «giocosi», che raffigurano aspetti deformi o distorti della realta di ogni giorno; spesso si tratta di aspre caricature di un preciso per; sonaggio; e numerose sono le lenzoni comiche, cioe gli scambi di sonetti tra nmatori, ciascuno dei quali aggredisce l'altro e lo presenta come tig"' ra risible. Sonetti «giocosi» vengono scritti anche da Guinizzelli, da Cavalcanti e dallo stesso Dante, che si impegna in una tenzone comica con I-orese Donati (cfr. 2.1.5). Soprattutto a Siena si compongono testi di questo tipo che presentano una v,ta quotid.ana concreta e limitata, facendo propri i modi piu del volgare e opponendosi alle ambizioni illustri della poesia cortese e amorosa. r S*nlfr"8liaseflese' Cecco Angiolieri fu di poco ^ no di Dante, con il quale ebbe ..nr. -~~L.:~ j:______: ~ ~T~m tra il an-1311 zi-.nr, ,li rian,„ ~-T-. "TT*' ^w-<-» angiolieri tu dl pOCU y» • 1 costi, di presentarsi come un «personaggio»- UR1CA VULGARE • Jell'Angiolieri esibiscono tutto un repertorio di gesti aggres-^*°Ar rovoeazioni: egli si fa beffa del lavoro, dell'onestä, dell'amore, ^ I ifamiliari, della morale corrente nella vita comunale. Ma questo Jov , ,j0» non ě né un ribelle né un contestatore, non ha intenzione ,persona^ comp]etamĽnte quei valori che schernisce: si limita a ripete-Ji rovesc ^ ^ gioco di torva insoddisfazionc. La «malinconia», che K'in0r cco evoea, ě una sorta di ostinata scontentezza, un bizzarro sPöS?..lL> rose a rovescio, e non ha niente di sofferto e di drammatico, n' pren come íílO.O ere le cose a rovc»>.iw, v ..v,... mostrano giä gli inizi tli čerti sonetti: ľ bo íutte le cose ch'io non vo-ľ ho sípoco di quel che vorrei. Tre sono i temi principáli su cui ruotano i sonetti dell'Angiolieri: ľamore per una čerta Becchina, presentato come paródia delľamore stilnovista, in quanto fatto di ripieche, dispetti, litigi, richieste di denaro, tradimenti, e col-locato in una cornice di convulsa vitá materiále; ľodio per il padre, vecehio eavaro, con scatti di violenza contro un mondo gretto e minuto, dal quale pero ľautore non si sottrae, tanto che manifesta una gioia trionfale alla morte del vecehio; e il bisogno di denaro. visto come unica fonte di felicitä, uni-co bene capace di garantire la vita godereccia e spensierata alla quale Cecco aspira (questo ideále di esistenza é riassunto in un celebre sonetto, che indi-ca ne «Ia donna, la taverna e '1 dado» le tre cose piú amate dal poeta). Nel recitare questo personaggio di scioperato distruttivo, l'Angiolieri costruisce un gioco linguistico vivace e incalzante. infarcito di cadenze po-polaresche, di scatti colloquiali. Ma con tutte le sue pose betfarde, con la sua paródia delia lirica illustre, con la sua scontentezza e «malinconia», il Ptrsonaggio non esce da un orizzonte municipale chiuso e limitato: la sua »la donna, la UVOT1 c 'I dado» declam ion esce da un onzzome e . gbitudi. ■ comica si attacca a p.ccole CO*. Cecc0 ni, meschine per quanto eversive o Provo"'or jje com»cLtä (e ě assai lontano dalla forza dirompente delia gr tf lazione 1 solo uno Lioiili ddľtipericiua di < . . o c J*sa* lontano dalla forza dirompente acuii jn»------ scherzo e il suo celebre sonetto S'i'fossefuco, ardere d mondo). '•3H. Folgore da San Gimignano: la vita cortese come immaginario. t>A fcldiversa dal1* Poesia «giocosa» e quella di GlACOMO Di Michele acavtn GlMlt;NANo, detto FOLGORE (cioe "fulgore, sPtaxkxe ). v.ssuto C° tra u D^ecento e il Trecento e morto prima del .332. Di ui ab-Ci!nna trentina di sonetti, tra cui si distinguono due S£ an,ni.dd Trecento) una di otto ^^^S^^. SuS? 5 altra di quattordici sonetti. piu celebre e suggest!u . deoVa T«« dell'.nn. (I ^ (,,rone si presentano come «don.» che auto -:—«r> .ma serie di occu- iltra di quattordici souci». ( <luppata da Dante nel quarto trattato del Convwio Canzone, del resto, Dante ťa esplicitamente ntenmcnto nc ^ sonetti A äascunalma presa e gentil core ^ree / >ono U** cosa (cfr. t2.1). Essenziale ě poi l'uso di ^^'^ů evi **ano diversi aspetti della natura, prODliO al *?« quel rapporto tra amore e ^««^S ra mondo in- H* canzT: si svolr r r«oÄÄXn^ eriore e mondo naturale, 1 unoe 1 altro scoii ^ ^edente>> (Pasquint). L'uso di ^""ffi Pd °Ťommaso d'Aqui-2ftsofico (anche con qualche eco della lose ^ g- sfondo che dovette colpire i ^^^^iäa^ a Gui-n ntf, (cfr. pp. 265-267), in un intcllcttualisü- SÄ lo accusö di eccessiva tO"tgl*™\™^ una canzone rica. van ie,di traier camon Perf°rsa dt • il r.rattere tilosofico o intellet-anJola dai testi scrim"). Comunque, Ü carattcre 1 Caratteri innovnim Lo jfondu I iL 'Mil K . < 172 t třmi EPOCAI LA CIVILTÄ COMUNALK FINO Ar tualistico non resta astratto, ma si proictta in immagini di forte evidcn. za, dominate dalla luce, riterite quasi tutte al hlOCO, alio splcndore, alia luminosita degli astri. La materia clelle diverse stanze si puo distinguere nel modo scguente: 11II legame tra atttorc e corgentil e qualche cosa di originario, dato im dall'originc di queste due cntita, nate insieme come insicmc lurono il sole e la luce, il fuoco e il calore. i) L'amore scende nel cuore gentile come nclla pietra preziosa scende la venule, la qualita data daH'influenza della stella (secondo la concezione dei laptdari: cfr. GENERIE tfcnkhi- tav A ; Aimirc tern no e jntorr aivino .„ cm n-Tl latV-llllUU ia CC dei laptdari: cfr. GENERI E TECNICHE, tav. 4); come il sole purifica la pictra. la cui vertutec'm potenza, mettendola in atto, rendendola cioě atta a rice-vere l'influsso della stella, cosi il cuore, fatto gentile dalla nátura, ě atto a ricevere l'amore per la donna (che ě come la stella). 3) Amore sta nel cuore nobile come la fiamma nella torcia; fugge dalla nátura cattiva e vile, come il fuoco dall'acqua; prende luogo nel cuore no-bile come il diamante nella miniera del ferro. 4) Chi ě vile non puo rivendicare una gcntilezza di stirpe: la vera nobiltá non č ereditaria, ma ě determinata solo dalla virtu. 5) Come la luce di Dio risplende sull'intelligenza angelica, che cosi segue il comando divino facendo girare il cielo a cui ě deputata (secondo la cosmologia medievale, esposta da Dante nel Convivio), cosi la donna risplende agli occhi dell'uomo nobile, che non si stanca mai di ob-bedirle. 6) Quando l'amante (che in questa stanza parla in prima persona) saw davanti a Dio, questi potrá rimproverarlo per averlo usato come termine di paragone per un amore terreno; egli si giustifichera affermando la nátura angelica della donna stessa. Questo sorprendente finale, cercando in qualche modo di attenuare il risch.o che la stanza precedente fosse considerata blasfema, non fa » realta che aggiungere un'affermazione ancora piú rischiosa. Nonostante I immag.ne della donna angelo fosse giá diffusa nella poesia precedente, anche presso, trovatori, nel contesto di questa audace risposta a Die** \n n ni"'°lteo.blezioni1e ^serve tra i contemporanei. Posecomunqu moreXr^n ^ una conciliazione fra amore terreno SSÍlW (PaSqUlmK,apr(-'ndo la strad* che di II a poco avreb1* E c r^\,)( 'a fian"ie dalla canzone Vonne cb'avete inteUetto d **A n. lct •,T2l,'tln°allaudarř»c^l..-:-- •• -simhol. Slcinc 1 • stessi gioch'i c II Di/.i. WOO cCife' Cura di G Comini. vol. II, ckj ^i due pied, UKUJ|j Aij^B e " '° CU'lultima huw-,U rM~ «u..zřSonolťKJtclra|oroM7J 'VnunanelPinizio dell r;1V». Uno alľaudaceľ,ľl ne,Uonne ch'avet? inteUetto d am»; ^. ^ fede, la guida n 0ne di fare delIi> stessa donna ajBjwJ uore de- p1,.i. ^POChl di luce iw.IL —1___iV..: :~~*»oirÚ ď 11 di luce, nellernoíteplľčri'mmagini ' resto, la suggestione di q^1' 2^cuilultimailm da )o) confoge* •' wile cohLt i., , ■ — j-i Antle ■cesľSrÄí^1 (cc* k ripre« «W denti-, i|jt0 i n 3l,ecessiva- dim I .k:i Vi Al el S SSi? lct?ame delľultim,, stanza COO I* £j U,e,,° d' »Peozione che tZľ-í ,er2ul'»™ verso Jella pW**' . c e «senziale nell,--------- ., . 1. .;„r,-s.iJ I TI-) LA URICA VULGARE. (,ll|LX) CLINIZZCLLI ^ nme ne lc d.versc s.anzc (cos, la nma «re torna nella prima, nella seconcla e ben duc volte nella quaria stanza, nelle ponaoni B ed E; la r.ma -ura nelle prime trc s.anze ^.j; ,i not.no anche duc cas. in c... la nma é data dalla stosa parola (Wrc e zattlczza si proietta sullo sfon-0 Uella creazione. dellorigjoe stessa Jr*J natura e della luce. st« <P'a>ncnte) come il calorc nella lurrn-"a dei luoco»: alla precedente imnia gine dello splenclorc e>ri>rinario elel sole succedc quella dcllo s|iIeneloa- e tlel calore dcl fuoco. w. 11-20. in tjiicsta seconda stanza si fa esplicito nlerimento alle nozioni aristo-tcliclie (mediate dalla Summa tbvologua di Tommaso d'Aquinol di peitenza e di atto. oltre che alle credenzc solle virtti delle pietre e suHinllucnza degli astri: «il fijOCO ďamore si accendc nel CUOre nobile come la virtú (la qualitá e le proprieta 1 nclla pietra preziosa, in cui (ehe il dalla Stella la pmpnetá lra/or) non discende. non ajtisce prima che il sole la Noch nobile: dopo che con la sua forza il sole ha tratto tuori ilalla pietra tutto ciö che ě vile, indc^no, la stella Ic intonde la sua particolare proprieta, cosi la ODBBa, c«>me la stella. fa innameirare il cuoa- che dalla natura ě reso (fatto) eletto lame si puö verificare nel Convwto. ,' v. e ncll'ordinamento del Paradiso Jn,«co:cfr.2.,.2i. • <5-50. «e come (4T,„ •) subito (al prtme- ro) fa seguiro la feJice eseeuzione (compimento) dclk ftiusu voloma di Dio. cosi in lentä (al eero) k belk donna, dal mo-mento in cui risplendc agii occhi del suo nobile innamoraio (gentil), dmnbbc darftli un desiderio (talento) talt che egli non smefte (si dtsprende) mai di obbedir-le>. I panieokri di questa similitudine non sono suUkientemcnte chiari, anche perche il testo appare dubbio. £ chiaro cotnunque il senso generale, che si KSK su di un'anakfsia ira il rapfxirfo delle in-telligenzc angliche con Dio e quello dcl-l'amantegenttle con la donna: come l'in-teihfienza. contemplando Dio. mette in mo(0 il cielo eseguendo la volonta divina. cosi l'aniante. contemplando la dtmna. e dominato da in (fafacrip che lo lega alla volonta della donna. v. $1. Donna: il pix-ta si rivolpc ora diret-tamenie alk donna. presentando tl proprio incontro con Dio ai momemo della motte. Che ptesomisiif: Che cosa hai pre-sunto. osato?. v. 52. iiando: essendo. trovandosi (jicrun-dio settentrionale). w. f)-H- «Hai attraversato il cielo e sei venuto 600 * Me, e hai dato Mc come tcrmine di (>aragonc (semblunli) per un amore terreno»: e un rimptovero, con 176 EPOCAI LA CIVILTÄ COMUNALE FINn \< 55 60 e dcsti in vano amor Me per semblanti: ch'a Mc conven le bude e a la rcina del regname degno, per cui cessa onne fraude». Dir Li porö: «Tenne d'angel sembianza che fosse del Tuo regno; non me fa fallo, s'in lei posi amanza». esplicito rifcrimcnto alia similitudine della stanza precedente. w. 55-57. a Me convengono le lodi e alia Madonna, la regina del regno santo, gra zie alia quale viene meno ogni male (se- eondo la diffusa immagine di Maria che scaccia il demonio). w. 58-60. Gli potrô dire: «Aveva aspetto di un angelo che fosse del Paradiso; non fu colpa in me, se posi amore in lei». 1I1 Amore Lo vostro bel saluto e 7 gentil sguardo 11 saluto delia donna e il suo sguardo agiscono sulľamante con una forza sconvolgente; Amore compie un vero e proprio assalto, che non si eura dei suoi effetti, ferisce in profonditä il cuore delľamante, tagliandolo e scin-dendolo, e gli toglie la parola, quasi fosse vicino alla morte. 11 sonetto si concentra su questo sgomento creato dalľincontro con ľamata, atťidan-dosi, nelle terzine, a due metafore di ťortissima evidenza fisica, quella 00 tulmine che penetra nella finestra della torre (immagine di impeto, di la-cerazione, di rovina) e quella della statua d ottone (immagine di attonita ímmobilita di figura fissa senza vita). Ľamore ě qui qualcosa di minaccio-so cd assoluto, che priva ľamante di se stesso e mette in pericolo la sua identita: secondo una prospettiva che sarä raccolta e sviluppata nella poe-sia di Cavalcanti. £ľ£ ST2 IŠZ ,U"e a,,emate- xconáo un "odulo arcaico sempře seguiio Cum zzell, (qu, ABAB ABAB CDE CĽD); notáre che la runa B í siciliana \#áUH" MM I dwide I vede). che Cíelfluí°e Ventil s8uardo ?IEl 6 e Rla non ha sguardo seUtfacepeccatoovermerzede, ^ per mezzo lo cor me lanciôundardo d. 5 v>. gentil nobile. v-1. niancide: mi uccidono Uin.,~l v- 3' non ha reguardo: non cura. costruZ1one asenso). °n°,SlnKol"e per v. 4. se crea (face: "la") doloreogf** v. 5- Jardo: freccia. Ti-J 10 LA URICA VOLGARE. GUIDO Gl'INIZZĽLLI ched oltre 'n parte lo taglia e divide; parlar non posso, ché n pene io ardo si come quelli che sua morte vede. Per li occhi passa come fa lo trono, che fer' per la finestra de ia torre e ciô che dentro trova spezza e fende: remagno como statüa ďottono, ove vita né spirto non ricorre, sc non che la figura domorende. v. 6. che lo taglia c divide da parte a parte. w. 9-10. attraverso gli occhi passa come fa il fulmine [trono, "mono", per meto-nimia indica il fulmine), che colpisce (fer') attraverso la finestra della torre. v. 12. ottono: oitone (forma emiliana an tica). w. 13-14. in cui non appare nessuno spirito vitalc (con la dittologia nevita né spirito), ma che mostra soltanto una immagine di uomo. Veduťho la lučen te stelLi diana S* (chPa1 í.°ne de,,a donna si da sotto ú se«no de,,a ,uce e dcI,° sP,en" Pairas a"biarno vls^ dominare la grande canzone Al cor genttl rem-magin e'r!\\\. a,norc^'- nc"a prima quartina essa si presenta attraverso Vim-1Uart'C st('H<} diana, che annuncia J sorgere del sole; nella seconda hianc ^ Ven£ono offerti alcuni dati fisici, estremamente stiJizzati (iJ viso que|j rossp e gli occht' lucent i). Nelle terzine si indica in vece l'effetto che balta ,aPPar'zione della donna fa sulľamante: per quesri si tratta di una ]are. °Ja SOSpiri, quasi in lotta tra loro, che gli toglie la capacitä di par-s°ffer 3 1 3 nn;1 conoscesse il suo desiderio, forse la pieta per Ja sua enza la porterebbe a dargli qualche ricompensa. ' hnětlo a rime alternate ABAB ABAB CDC DCD. Vedut' ho la lucente Stella diana, ch'apare anzi che 'I giorno renď albore. c'ha preso forma di figura umana; sovr' ogn' altra me par che dea splendore: y k*n£? diana: 6 ,a stellr. del manino sorge prima delľalba IMon ě la luce delia |,no.medi D'ana. dea della luna delľalba). ioř- ,,a.luce del mattino, dkt), Lucifera v. 4- mi pare che dk idea) splendore p.u Ai rumi altra Stella. cioěii Piancta Venere nei perioda in cui 177 La luccntrzzA tii-Ua donna 178 Mtvifi«» ■I' ll.i donna BOCA I LA CIVILTÁ COMUNALF. Fl NO AL ijqo 10 viso de ncve colorato in grana, occhi luccnti. gai e pien' ďamore; non credo che nel mondo sia cristiana sí piena di biltatc c di valore. Ed io dal suo valor son assalito con sí fcra battaglia ili sospiri ch'avanti a lei de dir non seri' ardito. Cosi conoscess' ella i mici disiri! che, senza dir, de lei scria scrvito per la pieta ch'avrebbe de' martiri. v. v viso bianchissimo come la ncvc sof-fuso di rosso igrana ě propriamcnte "car-minio"). v. 7. cristiana: donna, in generale. v. 8. bilute: «bcllczza»: qucsta forma dcri- va da una riduzionc del dittongo del fran- ccsismo hicllah; valore: la parola, ripctuta al vcrso successive I valor) crea una conca- tenazionc tra quartinc e terzine. v. li. davanti a lei non avrei coraggio (sa- rci ardito: sen per sena) di parlare. V. 12. disiri: desideri (d'amore). w. 13-14. «che, senza nemmeno parlarc. sarei da lei ricompensato, per la pietä che avrebbe delle mic pene»: sc l'amore si presenta come un assalto, la donna sa rebbe comunque pietosa; sc potcsse co-noscerc le pene del poeta, sarebbe certo disposta a comprenderle e a consolarlc. Si tratta di un motivo che sarä piü volle svolto nella successiva poesia d'amore. da Dante a Petrarca al petrarchismo. lo voglio del ver la m'ia donna laudare In queatO sonetto si svolge. con una luminosa serie di immagini n<^ ^ ^ la lode delia donna, con una scansione molto precisa tra 1c cj terzinc. Ncllc quartine, dopo la recisa affermazione dell intento ^ to, si succedono le diverse analogie in cui si realizza quel propos ^ I dare la donna (sottolincate dalla ripetizione di verbi che indican ^ j; I gonare: asembrarli, v. 2, sontiglto, v. 4, rasembro, v. 5), con Up WP tcrZ|ne I luce c di colori: anche con echi del biblico Canum dei cantia- L ^ vU,, sono invcce dedicate alľefíetto che fa il passaggio della donna P«-' al valore salvifico del suo saluto, alľefťicacia della sua appanzl rcnde impossibile ogni pensierr. A~\ —1 (II tajili sonet-) di A'"' i per arizionc, tu LA uwca volgare. GUIDO GUINIZZT.LLI s(,netti> a rime alternate ABAß ABAB CDĽ CDE; al v. 8 la rima mcglm (in rima inlirň rostituisce rima bologncse. procedimento simile a quello della rima siciliana. CT* W«» «■ ' U„l______: il. ..I.____I. _:____1___IJI_________ m rilento a forme dialettali bolognesi (le altre parole in rima. prima della trascrizione oscana, potcvano cssere originariamente geglio I someglio I vermeglm). Io voglio del ver la mia donna laudare ed asembrarli la rosa c lo giglio: piü che Stella diana splende e pare, e ciö ch'e lassü bello a lei somiglio. 5 Verde river' a lei rasembro e läre, tutti color di fior', giano e vermiglio, oro ed azzurro e rieche gioi per dare: medesmo Amor per lei rafina meglio. Passa per via adorna, e si gentile 10 ch'abassa orgoglio a cui dona salute, e fa '1 de nostra fe se non la crede: e nolle pö apressare om che sia vile; ancor ve dirö c'ha maggior vertute: null' om pö mal pensar tin che la vede. v- '• voglio: si deve leggerc come un mo-n°sillabo (vogt), con troncamento di tipo ^"entrionale. La fonna voglio dei mano-^itti č dovuta alla trascrizione toscana. j jj isembrarli: «paragonarle»; come gh Utl verbi di paragone (w. 4 c?1 l'icorda "n* formula del Qutíko dei cantia "^uitatui meo in curribus Pharaonis ^"mlavi te», "Ti ho assomigliatoa una I * Cav«ula dei ooochi del Faraóne"). m}- aPpare splendente piú della stella del v Ulno (cfr. il sonetto precedente, v. 1). (cfr5- river': rivera, campagna, pianura v ň a'r Rt'""1 r™Paira sempře a»ion\ «er(.'P' i?4); ire- aria, forma contrutta di v. 6. sente c v. 7- giano: giallo {(orma che in parte ridel Irancese antico jalne, poi jaune). v. 7. oro. lapislazzuli (pietre azzurre) e riechi gioielli admi ad esserc donati. v. 8. lo stesso Amore attraverso di lei si perteziona loppure: «ratlinsi i cuori»). w. 10-11. che piega 1'orgoglio a colui al quale da il suo $aluto {salute, con il dop-pio signiticato di "saluto" e "salute", sal-vezza) e lo fa della nostra fede. lo convene, se non ě credcnie. v. ix. non le si puo avvicinarc persona che sia ďaninio vile. v. 13. venule: poterc. 1 .ip k u.i di operate, v. 14. nessuno puo avere calú\t pensieri finclié la vede. BONAGIUNTA ORBICCIANI Ronapjijnta Qrfrcriani lur.chese. e introdotto da Dante nel gironc del. s» Purgatorio (perché, sembra, dedito al bere); c in bocca sua é posta la dcíiniziune di Dolce StiL Novo, col riconoscimentu che tanto.il Notáto.quanto Guittone e lui erano rimasti di qua dalľobbcdienza ad Amoic (solitamcnte, ma la cosa ě meno scmplice, in-terpretata come sinceritiudl ispirazione). II titolo di« ser* ehe gli é attribuito indica un notaio,*e perciô consente di distinguerlo dagli omonimi e di riconoscerlo in un per-sonaggio su cui si posseggono testimonianze attorno alia metä del secolo (fra il 12fe c il 1257): ciö nc fa un uomo piü anziano di Guittone, anche sc, come sembra si ri-cavi dalla Commedia, giunto a conoscere, d i Dantg, )a catrannr. Dn^ fôňn*ux del pe-nultimo decennio. Egli^ in realtä, non é un massiccio guittoniano, ma un rimatore-vicinissimo ai^icjjjgr^.paiticolarmente aiNotaio (come gli rimproverava ľ autore, forse ChTarčTDavanzati, del sonetto D i penne di Ďa~oňe\. Molto incline alia can7onetta e alia ballata, non sprowisto di iniziative metriche, ě il miglior ponte fra i Siciliani e gli stil-novisti norrntini (Cavalcanti, Dante), la cui produzione giovanile ne conticne precisi ricordi; e polemizzó col GuinizzellL rimproverandogli un cejeto intellettualismo uni-versitano, cio che certo ispiró la palinodia immaginata da Dante. Del municipalismo rimprovcratogli nel De vulgar; hloquentia puô esser prova la ballata che qui segue, dove almeno la rima di -esse (per -ez?e) con Stesse « stesso » (in Dante stessi) e di -esse (per ~eKKa) con messa attcsta la fedeltä al toscano occidentalc s per con altri fatti,jn una šua poesia figura anche il famoso issa. «ora » che Dante, finissimo esperto di sottigliezze lintzuistichcr gli fa pronunciare. MOLTO SI FA BRASMARE... SONETTO A GUIDO GUINIZZELLI N»l rfonettflfr t rilTlť anrr>r* tuttc alterne (trc ncllc tcrzinc), si rimprovera, al Gui-ruizclli la rivoluzionc stilistica (ma t£y£n£[é dctto in sostanza, per un ambiente priyo ultradizionc poctica), c iq particolaic la sua impronta scolastica (forma cd essere saranno infatti usati per parodia). Quidcu-lispose col sonetto Omo ďé sogionon com Ieggcro, che rivendica, come oggi si direbbe, il pluralisme deü'atteggiamenia mentale, ma lo fa in modo cosi svincolato dal dialogo che il nuovo sonetto ebbe vita anche autonoma, anonimo o con straně attribuzioni. sof&j2P>Pí Voi, ch'avete mutata la mainera ' de li plagcnti ditti de Tamore 1 de la forma dell'esser lá dov' era, per avansare ogrťaltro trovatore, avete fatto como la lumera / 5 en' a le scure partitě 1 dá sprendore nu non quío* ove luce 1'alta spera •, 1* quale avansa e passa di chiarore. Cosi passate voi di sottigliansa \ c non si puó trovar chi ben ispogna 10 cotanť c iscura, vostra parlaturaV £d c tenuta gran dissimigliansa w, ^cor che *1 senno vegna da Bologna, ^cr canson per forsa di serittura 11. 1 «Stile dell'elegante poesia amoros.. * un provenzaUsmo). 2 « Luce » (gallicismo). A p« .rt/., forma semidotta. \ Con Tepitesi centrale ST-nt. , Guittonť, í Jí. Non e del tutto certo che 1 allus one vada »V .i ' «Intellcttualismoj» (forma provenzakggiantc). *v5ttBKi-» (gallicismo). , Dante a Bon, * « «Zigräitgottmggc ui^axuojK dj vn trjro o ^ - ^ yerbo> non „ P ^»unu fTdire di lui üante i forVTrasse le nove Time , ' :tTUt*ra detennini forte). 89