ci e conscrvata da un manoscritto per Bianca Mcs na (err. LPM 121) e dalla fotocopia dcllo stesso donata ( Francesco Messina a Vanni Scheiwiller, senza la data, die ricava dalla prima edizione Einaudi, in cui Montalc dich che Mediterraneo risale al(f924^)Dedicato «a Bobi B[aile nell'edizione Gobetti, poi solo «a Bobi» in quelle di Rilx Carabba (Montale, che conosce il giovane triestir -erno 1923-24, deve a lui la scon*"-1 o di stimoli <~" . - -««0 «a Bol.....m quelle di Ril,cu — xiviontale, che conosce il giovane triestino ncll'in-verno 1923-24, deve a lui la scoperta di un mondo mim-o, nc co di stimoli culturali sconosciuti, tra cm quelli olk-rti da Svevo)JJ poemetto i formato da nove componimcnti, perun totale di duecentoventicinque versi. Si tratta di una «mareg-KJata». secondo l'espressione usata dal poeta a proposito dell'analoga suite delJe Occasioni, Tempi di Bellosguanhi, che in quella raccolta si trova collocata, anche struttúralmcnte, nella stessa posizione di Mpditprraneo. dopo e "contro" l'equivalente degli «ossi» brevi che ě rappresentato dai Mot-tetti: «La poesia di Tempi di B. doveva essere il pendant di Mediterraneo; una mareggiata, ma stavolta "umanistica • jj moto sorpreso come segreta immobilitá» (cfr. SM21512'-senso di queste parole si spiega con un'altra dichiarazione Montale, che descrivendo la sua prima raccolta afferma c e <> dd poeta' che neJ P°emetto «Pölitz r V4?13' ricorrendo alle forme oblique deJTintertestua-^ a> I—J 1 allontanamento di Adamo dal paradiso terrestre •J e Ja redenzione di questa colpa [..J: insomma, la perdita e recupero della Grazia» (p. 86), appoggiandosi anche al vu Canto del Paradiso dantesco, in cui si tratta del peccato origi-e e della redenzione. Sotto il proh'Jo intertestuale il gioco j rischioso, perché, a differenza di quanto accade nei testi aella prima sezione e negli «ossi» brevi, Je influenze piü diverse si intrecciano senza portare ad aJcun riscontro decisive: la Bibbia, Dante, i francesi (a quelli citati aggiungerei il Maurice de Guérin "scoperto" da Laura Barile e, per parte "lia, Jean Pellerin e qualche nota baudelairiana), gli itaJiani (oltre a Svevo e all'inevitabile D'Annunzio, interessano Je oc-correnze linguistiche di un Linati), l'inglese SheJJey, tutti ..ano coUaborarc alia eostru/ionc M «)m) iio cquoreo <-\» Mcdilcrranco'. Y, pem inipossil«^. re un autore privÜegiafto da Montale, anche k il tu siaco raramente ablvantlona il pocta detta Cowmedi«,« loli (19X0, pp. 54 ss.) il «padre» di Medüemneoiprowi-V autore di cui sempre Montale ha "cerr»« problema dell'interpretazion gjjcre per CJU«MH r'nt Per '"De" nia. ,eSneuv« / run,*/ cneaJfJ?'*? ,8,-<>° '< ntico mono gxv 11 prosa gJJa «raneura^: Ja" KT? c ágmoňlčilailucinatoria, Passiva, iJlnare é concrcta ^--^-ättrvo^_DaJJa terra I'io lirico subisce un fascinus che ^iiapoesia meridiana, daJ mare un «ammonimen to» la ^ verso un inno scomposti) e fallimentare, pcrche._ J^ra seduce e invic^io ,1 mare seduce ma respinge. Quindi, raAin^del^jdentitá si, ma duplice: negli «ossi» brevi si rac-conta iJ tentativo di non cadere prigioniero deiJa terra, soc-ombendo all'accidia, nel poemetto iJ tentativo di awicinarsi ^^^re^entrando finalmente nelJa vita attiva; da questa ten-s'one di forze contrapposte nasce, ancora, J'unica poetica ^sjbjle^quelladdl «inter-mezzo», che signiHca lontananza daJ mare serbando, sulla terra. iJ suo ricordo. A questo pun-to, la lettura in chiay^jxiij3to$a_di Frare_é.persuasiva, a patto che no^ílasřfrasřormi in lettura fideistica: come in tutti gli Ossi, anche in Mediterraneo c e una componente trascen- mu i ,7ř ( r XiO ■ • '58 dente di grande importanza, che tuttavia si stenta a ricondur. re al percorso dell'antica fede cristiana del giovane Eugenia soprattutto dopo la lettura di quel che precede. E importan' te non estrapolare la suite dalla raccolta cui appartienc, ma lesgerla dentro questa raccolta e in posizione dialettica ri-spettoadunaparte diessa. llj^djterraneocr gmarioharaaionp^ -----,-v.ait ia sune dali; leggerla dentro questa raccolta e in posizione Hi'i'^'ma spetto aa^na^arte^essa. II Mědíte"aneo ^^ ri ginano ha ragione di essere .praKnTWan,* * S^* nďuUaiWrie«Rtato negh «ossi» brevi: dea necessity imposta dalla terra Ji,„it I ' dell «essere»- e quindi una parentesi impossible, una nZ cazione nostalgica del mondo sognato, che si inserisce trale irte «scaghe» della vita in cammino, facendo sperare ma alia fine negando il riscatto esistenziale e poetico. Piu che Ada-mo e Cristo, qui c e Ulisse, anzi «l'ateismo sorridente e di-sperato del novissimo Ulisse» (sono parole di Mom ale per Svevo nella Presentazione scritta nel 1926, cfr. SM' 98), se per ateismo si intende la mancanza di Dio. quella mancanza che spinge verso un ostinato dialogo con il «deus absconditus» della teologia negativa. Quindi Mediterraneo rappresenta un tentativo di superamento del "sistema" filosofico costruito secondo la spigolosa architettura dell'«osso» levigato e n-dotto ai minimi termini: un'anti-ontologia, fondata sulla pra-tica dell'indifferenza, e un'anti-gnoseologia, fondata su quella dell' ignoranza. Adesso, Montale tenta la suprema ncerca di un opposto nesso di «virtute e canoscenza», solcando le acque finora soltanto intraviste «tra frondi». La prima strote, che per gh esegeti ha di solito generico valore di introduzio-ne, stabilisce invece il fondamentale punto di raccordo con 1 testi precedenti: quel mare che tante volte trapela dalle ma-glie dei versi, come visione sfuocata, splendore inconsumato contro le esalazioni del demone terrestre, adesso fa sentire per la prima volta la sua voce. II soggetto rialza il vi*»,«' 1. Ě sintomatico che inizialmente accenni al «mio capo reeling Frare (,997, p. 89). nellambito dei nchiami al canto dantesco del «pe«a'° am,co» iPar vil), ricordail v.«mi nchinava comeruom ch'assonna>>-£ il pamcolare e forse dovuto piuuosto aUa memona del quarto Spleen dl udela.re Us Fleurs du mal, Quand le ael bas e, lourd .9-10. «et 1'AnR** atroce despot.que, / sur mo„ mdme ^ ^ jJJ^ noir». afr> daJJa terra soggiogato daJ áchiamo marmo, e a prece-^Tcčkírecaa delle ghiandaie, che indica la direzione (ě f^LurecdaďA^re>>, come sará quella dell'anguilla ''elkbufě™, ma čoňla~minuscolíi). In pratica, Mediterraneo I ě aitro che la riproposizione di Meriggtarepallido e assor- *» Tinrlo se non intervenisse 4^ non nella^'T riDroposizione _. - ' 'che!arK!Vstesso modo se non esiconcluderebbe ^ ^~Nel secondo passag-Uettata comp««* ^ nevitablle den'incontro U0, l'ebrezza rappresenta I es it rfeno hrucia- lw***^^££^mi»m dalla propm no», che aU'improwiso si strapP nel. con to dal salino», che all'improwiso "si strappa aaua pi*^.-nolente terrestritä (il movimento verrä drammatizzato nel 1'immagine della pietra della terza sezione) per oftrirsi al 1'acqua, supremo emblema del volere (il mare e il polo ma-gnetico deUa~vita attiva, della voluntas, che attira la passivita Jella terra: vengono in mente le parole di Dante, che in Par. 111, S6-S7 parlando della volontä di Dio la defmisce «quel mare al qual tutto si move / ciö ch'ella cria e che natura face»), anche se «in tua presenza impietro» (11,9)'. II ricordo di quel-lo che gli sta alle spalle, perö, non lo abbandona: la casa probte anche nei Limom e altrove. La posizione del poeUjtlljflizip_tkJia sutle iraddistingue l'io narrante di quasi tutti gli «ossi» brevi, e la "-me in Baudelaire, quella psichica, vo presenta invece una !m sera di San Pietro 16 / lo levai gli occhi aJ sole "~istrello e^uellache contraddistingue 1.0 na,.— -^iTanrleliire uueHa psichica, ■st^oneMisjcaJe^ come in Baudela,-jjjtj^ seir^aÄ deUW«. U movimento succesMVO Prese"t^ „ l6 sorprendente affin^cSřTC^rduca, Od, barbare, U*a sera d, San P.etro xgnata aal male üeii aceaia. 11 u» sorprendente affinttacoiTCarducci. _ ss: «erave l'afa strinceva Taer, la marina, le piante. / ™----^ domi tra i melograni, / e un vipi (nello stesso testo si trova anche ' aggettivo montaliano sthembo, riferito ai voll delle rondmi). 3- Con «impietrato» della sezione quarta. v. 21, é l'unica oecorrenza del verbo in tutto Montale, sicuramente di ascendenza dantesca (da Inf si dentro impetrai») -' - ~*»ra «orime un 1 »• 1__u, ss: «grave l'afa stringeva l'aer, la marina [..) / Gracchiarono i pavoni scheinend sperso passommi radendo su '1 capo> XXXIII, 49. «io non piangea, si dentr do di reazione dd figUo di fronte all po e motte svelata dal mare] e U sim ^enaen^a u«»^- ■---• «La pietra esprime un mo-rivělazione [dcUa legge di essere, tem-ibolo della massima resistenza >» (Gioanola 1977. P- " po e morte svelata uai .narej <; " - „~»«. (Hinanola 1977. P- 66). deUes^tente di fronte ^^J^^^^Zo'Z^a«-- non r^'oeare 1 ™™^i3Jio[mta da pauJ Borget . * t - JJ- J - I . ..^ L'immagine non puö non rie%ocare 1 eier re la letteratura. e che qui giova leggere n lonte-. «Sa des. ne«s«« d de la volonte, m Id., Essa.s äSÄÄÖS Ho". P-s U. p. 161 saggio intitolato La maladle de la vo- tew ur&t mW < tettiva, che e «la nel paese dove il sole cuoce t e annuv l'aria le zanzare». visione fuggevole ma magnetica d «petiosa Itaca» cui non si puö sostituire il paese sojc non e un accenno casuale. A quel luogo accogliente Vaspra natura terrestre insidiata dal demon«» — ne a opporsi l'«alto ma»"*» ■ »ostituire U paese ,««2 -amo casua1^ A quel luogo accogTen?^' aspra natura terrestre ins.dma dal demone mSdJnV* -ie a opporsi 1 «alto mare aperto» in cui l'io spera 2 potersi mettere , 1 altro paese che allontana da se <^Z sulle sponde / [...] le inutili macerie del tuo abisso». cio di cui vwe la terra, il residuo, il ciottolo, la «rcliquia di vi-ta», la crosta delle apparenze\ II gioco delle contrapposiao-ni continua con lapertura del terzo passaggio sugli «andi greppi» e il «gocciare / del tempo inesorabile», che disegna-no lo scosceso pendio del monte e la dura legge della «ruo-ta», mentre nel mare resta solo l'essenza, e la sua fluidita vin-ce la «dura materia» (m, i6) che fa da schermo al mondove- 4- Per la fondamentale immagine del ^jj^^^j^l vec'a inc'lt'a quana sezione, w. 19-21, «un ciottolo / röso sul mio cammino, / impietrato soffrire senza nome», ma soprattutto le immagini di sofferenza della natura "tnineralizzata" di Spesso il male di vwere. All'anti-ontologia dell'indifterm-za si contrappone ora l'ontologia che riconosce nell'essere superiore däm-re-padre, owero nel fano stesso che «egli e», la giustifieazione delle «laoi mae rerum». Vistoso il debito con Amiel, che nel diario del 23 g^P10 scrive: «Non combatto piü, non voglio piü, non desidero piü, sono "_5I^ to una pietra che softre» {Diana mltmo, introduzione di M. Ciampa. k Nuova, Roma 1992). -a 5. II verbo gocciare (per il quale si veda anche Arsemo 39-4°- "f^^ trepido / il cielo») e unportato dantesco. con gli esempi di In) x • («una fessura chelagrime goccia») e XXXIV, 54 («gocciava 1 pi*0™' guinosa bava»), e di Dante mantiene qui la drammaticitä, fatta salva a ^ diazione di Pascoli, Myricae, I gattici 8, «gocciare il pianto in cuor mi s to», e 17 nunzio 810, «E cadono l'ore / giü giü, con un lento / ßocclare>>" gnalato da Bonfiglioli (1962, p. 221). L'immagine, cui si aecompagn quelle di Crisalide 17-18, «eeco preeipita / il tempo, spare con risucchi 1 di», e della citata Casa sul mare 4 ss.. «O™ : ■ Un giro: [...] / al»-'— . — u. ^risalide 17-18, «ecco precipita / il tempo, spare con risucchi rap' di», e della citata Casa sul mare 4 ss., «Ora i minuti sono eguali e fissi ( Un giro: [...] / altr'acqua, a tratti un cigolio», acquista ulteriore complex1' ta nelle Occasion*. Notizte dall'Amiala II, 25-26 («Oh il gocciolio che seen de a rilento / dalle casipole buie, il tempo fatto acqua»), fino a sciogliers'-amaramente ironica, nel Diarw del >/ e del xf», I primt di luglio 7-<°- «Me' glio affrontare il tempo quando e folto, / mezza giornata basta a sbaraccar lo. / Ma ora ai primi di luglio ogni secondo sgoccia / e l'idraulico e in te- j- fe canne che si tendono non piü alla «serenitä '*JCC°^ragna» alcanneto rispunta i suot amellih ma aJie SXrriscanano (ni, 18-22). Dopo la pausa estatica della sezione. riservata alle immagini del «paese incorrot-JJealiacontestuale scoperta della «legge severa» delle ac-qoe, nel quinto momento 1'ostiJitä del mare porta a guardare 1 nuovo la dura realtä geologica della terra, nella quaJe si scopre la natura pietrosa della vita stessa, la sua reaJtä di de-iezionee pure la tenacia con cui continua a riprodursi". Ecco checomparela figura deUa «pianta / che nasce daUa devasta-zione», per la quäle e inevitabile il richiamo aila ginestra di Leopardi; e pianta che si oppone al girasole, owero e la con-rorta pianta dell'io lirico e non quella saJvifica della donna. 6. Sono «architetture / possenti campite di cielo». perche \iste daüe £ taTiJI1" "ne 171 LeoP»rdi evoca «il piacere ch'io provava sempre da ™" °'e anc,le ora ne' vedere il cielo ec. artraverso una finestra. una por-:inioi» ^ ^^SJIilyima «desidera una veduta ristretta e confinata in cer-quelET^lJ.. l'dea del limite. "naturalmente" umana. sug^erisce Jel 181 ?T^*'n^Jossel%'azioni analoghesi~iioviSione^^ppitntiericorji "neo st)uarcio \-isionario che si apre in questo passaggio di Mediler- visto "dentro" Japietrosaarchi^ animett ij^^^r^1 ^ ^""itoTcne non ammette individualitä perche non Prole C jC 'a lezTone che si raccogJie dalla Meta/istca di ArisroteJe ai är|chela,l<''" ^ant'' v'ene suggerito aU'indiWduo dal suo contrario. Cosi. zataHal l:!!.^6' 'egame che pass'a tra l'uomo e l'oggerto vislhili. £ CäHrteriz-non si da luce senon c e ombra. La «tropx1;' luce» imaii.duiu irio il superam<-nro del limi^ superamento che annienta n ..7' \ emblema di questa condizione e il roltame, con numerosi esempi S 1 scrittori di area ligure noti al poeta, da Barile («Rottami» e il titoio del ? Ppo di poesie pubblicate nel 1915 su "Le Opere e i Giorni *, e poi entrate ^"venture) a Boine (da «rottami» a «frantumi» il passo e breve). da Linati "«tri rovinamenti parevano Ja a atrenderci. altre (iriche di rottami, aJtre P°Pee di stempiati diroccamenti», Porlovenere 17) a Sbarbaro («alla verti-RWe m'abbandono rottame alla deriva, come chi e al riparo», Scampoli 201), con le varianti del stighero e dell'osso (e non si dimentichi che Rottamii il Primo titolo di Meriggiare) La fbme prima dell immagine degli Ossi i D" Annunzio, Alcyone, L ala sul mare 1-2 («Ardi, un'alasul mare c solitaria / Ondeggia come pallido rottame»), rispetto al uuale Mnntal.- attraverso la mediazione dei "compagni di strada". opera un addensamento di significa-to. II rottarne_e chiaro correlativo oggettivo dell'«animo informe» di Non chiederci lajämlä zata dal limite raj l'uomo. Avremo p0i le f j f v,°d'raziona]izza2i„„ Vltar"Pin«allafi!"*>, vm, 7 Ss, I' £55^£EZ « A -scere della £2-che spinge verso rautomserunento ;X tSiztone culta del Parim (con le citate parole che «te-coeducammo nutrite / di stanchezze e di silenzw, yi 25-26, secondo il suggerimento foscoliano), dei Carducci (quelio piii ruvido, cui non sarebbero dispiaciute le «donne pubbli-cate» e gli «studenti canaglie» di VIII, 16 e 20), del D'Annunzio (tra «api ronzanti» e «pagina rombante», VI, 19, vii, 21), l'abbondanza delle citazioni classicheggianti, di soli-to piii calibrate, la pesantezza di certi versi cost lontani dal secco splendore degli «ossi» brevi («Oh la favola onde s'esprime / la nostra vita, repente / si cangera nella cupa sto-ria che non si racconta!», vi, 13-15; «Non ho che queste parole / che come donne pubblicate / s'offrono a chi le richiede; / non ho che queste frasi stancate / che potranno rubarmi anche domani / gli studenti canaglie in versi veri», vm, 15-20; «Non sono / che favilla d'un tirso. Bene lo so: bruciare, / questo, non altro, e il mio significato», IX, 21-23). D'altra parte e questa la zona in cui si aprono autentici squarci di quella Poesia fisica e metafisica che fa coincidere il dramma della temporalita con la consapevolezza del possibile riscatto of-•erto dalla gloria poetica, verso la quale e diretto forse il vero «auto da fe» di un autore che rinuncera tardi a credere alia funzione salvifica dellaparola. Anzi, questa tiducia, che sor-regge le complesse torme delle Occasioni e delJa Bufera, negli Omz sembra trovare solo all'interno della "sinfonia" marina la sua dispiegata e anche scomposta affermazione. Per la prima volta le rime "tintinnano", e la loro cura da parte dell'ape ror--meeun fatto di severa e rischiosa educazione; e anche u» di chi non ha avuto «la mente che decide e si deter- ...Wll), ma pure non ha rinunciato a«divenir, \ esperto / e de li vizi umani e del valore» UAltro hlT 0 1 tento che riguarda / in sc, in altrui, ilbolW / dellaSh* 1 ce - uomo che tarda / all'atto, che nessuno, poi, disiru » Volli cercare il male / che tarla il mondo», \ u, 6-ni, nc^e sua controversa giustificazione nella scoperta che «nulla& rimpiangere» (vu, 22). II passage preparal'agniaooefi^ le, dove il vero senso dell'ex-sistere fuon del Pr - .,-10 tuoco che non si smora/ ----..aiiio: 1 ignoranza»), ma soprattutto a conftonto dclla situaziont psicologica di Spesso il male di vwere, dove il male, piuttosto che esserc ett-cato con determinazione, semplicemente "si incontra". Frare (i> sottolinea la dimensione di «coneupiscenza del sapere» che acqui assunto, ma importa situarlo nell'ambito di im «miracolo negativ come osserva OrlanJ- (1994a, p. 1002), il motore deU'indagine e 1. ..^.«.-tale che va alia ricerca di «tutto ciö che di straordim- tndetermi"- r.„^,^a ael sapere» che acquista qutsn doTl,Z , , , (,?94f' P-,002)> U mo,ore dc"'indagineeÜ«capric. cio» ,1a volonta tnd.v.duale che va alJa ricerca di «tutto ciö che di straorL no^3i problematico, dl indeterminato vi e nell'esistenza», secondoleparole dl Sestov. L'ambivalenza montaliana si situa proprio in questonododaum parte il poeta e consapevole del guasto prodotto dal rifiuto dell ignoranza, che in qualche modo ha provocato U soUevarsi ostile della natura, come im magmosamente dice Rensi proprio in questi anni («quando con cio si ebbe-ro viventi che con la sola esistenza della loro ragione commisero l'enorrae pazzia di non essere piü semplice natura [...]; quando cosi si compi. secondo la profonda interpretazione di Leopardi, quell'alzarsi della ragione sopra l'istinto che e ciö che la Bibbia adombra con la leggenda del peccato originale, [...] come al toeco della verga magica dun incantatore malehco, siso-levö dal fondo della natura, sinora indifferente e tranquilla perche non jace va che essere senza vedersi essere, il nembo delle contraddizioni, deg 1 as-surdi, delle incomprensibilitä, del male, del peccato, delle ingiustiaee^ deltä naturali», Interiora rerum 125); dall'altra e geloso del dono dell «in ^ tatore malefico» e lo ritiene segno di distinzione oltre che di con «o» Montale inizia da qui a sperimentare quelkj«cognizione del GaddaJ come not« c---- ido v, "iui airra e geloso del dono delľ« M "'C maletlco>> e lo "tiene segno di distinzione oltre che di conc Moziíale inizia da qui a sperimentare quella «ro^nizione del dojgre ^^GaddaJ come nota Contorbia (1999, pp. 97-8), rirgnmiTri ir '■" "tlrcn -iglTOss! diseppta uriä chiosa che non potrebbe essere piú perspjcua: «La Li-guria teuesire ed equorea e lo spunto da cui muove la poeliádíiMontale: e divien simbolo nelľattuazione delia conoscenza e nella consumazione del (_dolore» (ch. ľarticolo del 1932, Poesia di Montale, in Gadda, 193*. P- 7 9- Vex-ststere che si traduče nelľimmagine delia «humära del vivere»-per la quale si aceoglie il ricordo dantesco di In/. II, 208, «la fiumana ove mar non ha vanto» (diversa ľaccezione del termíne in Purg. XIX. ioo-ioi. «Intra Siestri e Chiaveri s'adima / una fiumana bella»), dove fmmana, * condo ľinterpretazione degli antichi e di molti moderní, é d mare delle pas 166 n - ;si deJ o dei rgerá „„zione del destine, nelJa resa aJ circolo eterno di neJ,'a te e la consumazione si riconosce come persistenza: v1ti,nlotivoche, destinato a naufragarenei gorghi stessi deJ Tilerraneo - per affiorare talvolta nello svolgimento dei wtícbí lo seguono nelľordine della raccolta -, riemergerá dcŕinitivamente nella poesia sacríficale delia Bufera. Dal punto di vista metrico, sebbene ogni componimento ab-bia una sua autonómia ě possibile leggere nella suite di Medi-lemneo un organismo omogeneo e abbastanza compatro, in cui si alternano due ritmi versali diversi ma in qualche modo complementari: da un lato la misura breve dei settenarí, otto-nari e novenari, dalľaltro quella canonica degli endecasilla-bi, che trascinano con sé altri versi piú lunghi, e spesso si sal-dano al settenario secondo il piú classico schema di distico della linca italiana - lo stesso poeta sembra considerare que-sto ciclo meno sperimentale e meno "libero" rispetto a testi come / iimoHi, Falsetto, Riviere, e segnato da qualche inibi- sioni che travolgono l'uomo, piu terribdi e pericolose del mare reale fcosi il Buti: «fiumana e piu che fiume, cioe allagazione di molte acque, e sospinge chiunque entra in esso»). £ un'immagine che ricorre in molti testi cristiani, da Agostino a Caterina da Siena, e trova la sua piu celebre codifica forse nella prefazione verghiana ai Malavoglta («e quando si conosce dove vada que-sta immensa corrente dell'attivita umana, non si domanda al certo come ci va Solo l'osservatore, travolto anch'esso dalla fiumana, guardandosi attor-no, ha il diritto di interessarsi ai deboli che restano per via, ai tiacchi che si lasciano sorpassare dall'onda per finire piu presto, ai vinti che Jevano le hraccia disperate...»). Quanto al Paese, si tenga presente che la figura Jirica dell'interlocutore di Mediterraneo e quella di un desdichado, ceJebre perso-nificazione nervaliana con cui Montale identifichera se stesso anche nell'omonima poesia del Diar/o del '71 e del '72. Le parole dedicate dal poeta a Nerval in uno scritto del 1951, L'esilio terrestre di Nerval, rievocano in modo dawero straordinario l'atmosfera di questi versi: «La pazzia. in questi ca-si, spiega tutto e non spiega nulla. "Fino ad oggi nulla ha potuto guarire il mio cuorequisouffre toujour! du matdupays": questa frase potrebbe servire da epigrafe all'opera di Nerval e comporre lepitaffio piu bello per la sua tomba: il poeta la scrisse nel suo paese tanto amato. a Mortefontaine, neJ Vallese. I due soldi trovati in tasca, le crisi di pazzia spiegano dunque la fine di Nerval; o non piuttosto la fretta di raggiungere il paese senza nome dal qu?" , el desdichado, il derelitto, si sentiva esiliato?» (SM' 1241-2). 167