Spesso il male di vivere ho incontrato: era il rivo strozzato che gorgoglia, era ľincartocciarsi della foglia riarsa, era il cavallo stramazzato. Bene non seppi, fuori del prodigio che schiude la divina Indifferenza: era la statua nella sonnolenza del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato. 1-4. // male di vivere: la sofferenza determinata dalľesistenza. i nvo strozzato che gorgoglia: con significativa ripresa di un luogo dantesco («quest'inno si gorgoglian nella strozzay, Inf. VII, 125) narsa: nmando al terna delľariditä, topico negli Ossi. Stroma* to: crollato a terra stremato. 5-8. prodigio: é il tema del miracolo, dell'eccezione di salvezza.* tatto non neccssario. che: comol. oeeetto. la divina Indiflere»^ s°gge'tto; dHnTendere of T C°mpl 0g«ett( sa8g'o disincantato H. C°me ä s"Penore distacco del mod** "u,n;:iano, una eniiih,, maiuscola personifica, con metododw de,seperuomo) ben^T^3 co"traPPosta aWmivismo alle*" P«sp ironicamente on °ma,e Stesso abb''a. mo,ti anni doP>r ;d,fferire non \ indtfw Passagg'o ritercndosi proprio in fl,Sre^a- /0ues,a * s°'tan.o d£« D«' diV,,a'''tä. quella dn dl2i0ne "-"ana con doppia aiu,- r<ÄSivo (con ra^f. /ev«'°- minimo ma rilevan.e ef> u ,/ f^rS",n°" d;'"a K ,bhr,Z,0ne di Un 'aPa-), anche- in (o«>* Ql 'npficeönioteTeTitor 76 c/ze me sapeste. Incerta la datazione (ma non si esce dalla forbice 1922-24), e incerto molto altro di questo componimento, fra i piu bi-strattati del libra ma anche il primo che raccolga gli spunti sparsi altrove per tentare un disegno diretto della propria fi-sionomia individuale. Incerta, innanzitutto, la destinazione, chese non altro l'uso del "voi" e la parola chiave «ignoran-za» spingono tuttavia a riconoscere nella medesima donna di iTentava la vostra mano la tastiera...*, e cioe in Paola Ni-coli (per la quale, err. In limine), destinatariajx>i anche di Crisalide, a sua volta segnata dall'uso della seconda persona PKirale e dal bisogno, qui e li ben inciso ndYexplicit, del ge-^° altnustico, di dono o addirittura di sacrih'cio etico. Ben novecenteschi (e montaliani) sono il tema dell'iden-^ incerta P quello dello scambio fra ombra e corpo, per . 522Pjo piu volte presente in Pirandello. Il motivodell'«igno-3i se e dell'incertezza circa la sostanza della propria tFSiafita e gia in~«Non chiederci la parola...», dove fra 1 al-ciT^fe centrale introduce il tema dell'«ombra», in quel r° 'gnorata da un comune passante. Qui il motive si com- cadi un paradosso tipico degli Ossi: 1'ombra, cioe lappa- conT^feltutto ci6 ^ » s^'im' ? coinci4' dU"qUe un teS^^äBžäifižäi cheil mondo della veritä profunda tiípÄ^dalle appar^J^m^m^31100-pr'u()n!ľ0d° di Ľ**'v raggiunto. Per questo dona.e la pro- a vuol dire donare se stesso. ^RiCA hsillabi Ci - dal nque quartine di vari metri, parísi illabi e im- quinario al novenano : un quinario (v 8), 77 due senari (w. 6 e 20), tre settenari (w 1 n i tonari(w.2-5,7,9-n, 13, 15), quattro novenáriľ' Rime incrociate nella terza strofe, alternat ' '6",9) Ipermetra ě la rima «falötico : vedrö». " 6 nclle a,tre. Ciö che di me sapeste non fu ehe la scialbatura, la tonaca che riveste la nostra u mana Ventura. gestô cosi questa scorza ]a vera mia sostanza; il hioco ehe non si smorza perme si chiamô: ľignoranza. Se un'ombra scorgete, non ě un'ombra - ma quella io sono. Potessi spiccarla da me, offrirvela in dono. Ed era forse oltre il telo ľazzurro tranquillo; vietava il limpido cielo solo un sigillo. O vero c'era il falötico mutarsi delia mia vita, lo schiudersi ďun'ignita zolla che mai vedrö. -4. Za saa&atum: ľintonaco; cioé ľapparenza esteriore. scort T mutata nelle ^ successive delia «tonaca»; *» scorza- e delí «ombra>.. umana venlura: la vicenda delia J* resta e deniro la figuralitä giä attiva; una tenda ehe phiud-^ -diva ,7/ 'rn"; ammĽ"cndo una immagine nuova. h£JĽ™P- CÍdo: come ľazzurro tranquillo. ehe P**^ prooria M1S1°ne rasse™ata di quanto sta .oltre. ft*** 9.12 0 v Un SigiUo-la Chiusura in se stessi; sotf*^ cedenie ľ '""ľ da colk&™ « ><™ era- ehe apre la * V> ^uente, ma. ani_________„„„aetta a) Mohco: bizzarŕo?v l0Ll • 'o schiude ehe realtä čerta e non ni oce rata e letteraria derivata dal ' ^ ^tn erst. ■■ vedrö: il progressivo matOTW« * Jj V? bručia L ľ" C°nOSCerô mai. «Ignita zolla», cioě ^ ■K^ UccľnUnCÍa a tema deI ehe non successiva, quasi alludendo a un'impheita eqU»* «natura terrestre (fuoco nelle viscere e crost ^ .nteriore e tura del proprio carattere (profunda e del fuoco quale scorza esterna: owero sostanza e ombia). i ^/ione; sl pensi äquivalente delľinteriontä é giä in altr!,t"1 "one bručia / un fuoco aVno a .i nostri animi arsi // in cutI .Hu^\ e a, 16. cosi: dato che ciö che sernbrava natura profon- Sdarebbe mai schiuso. ľignoranza. ^f^. t^«a mia identita al di la della "buceva ej^- allTien0 1 uw? EL^bra contie-infinĽ 1>k-nľil;l.li" '"Uta possibile - del sn»— " — "«'^ 'Iii 11 11 i ilk liliUt vcia ^ «----- del soggetto; e quella celi vorrebbe ilonare alia ,n unTmplicito inüJiiso gesto ďamore che unisca i ■T^ůsion °5° di sacrificare i) proprio; esattamenie come nel-'V di Crisalide, dove Ira lallro compare pure .1 terna řiore. Sf},ccarla: staccárla, quasi raccoglierla come si coglie 79 La fuoresce il Tritone. Momente minore ma esemplare (risalente forse al 1923)di una tase di identita fra soggetto e mondo che sta alle spal-le della crisi che costituisce la grande scoperta e il motiro centrale degli Ossi. Ě sospeso il tempo, se «ogni ora piW Cma / ě antica»;J^annuílata la gerarchia spa/.iale, dato che i; «La» diiLVVolte ribattuto in apertura strol'ica puö trascolo-rare noK«Quivi<> dello staeco conclusivo; sono assenti !•: esitazioni e i dubbi esistenziali che lacerano il soggetto montaliano di altre fasi (cfr. w. 5-7 e 8-9), ed ě di conse-guenza assente la necessitä di compiere scelte («decideree stolto»); non ce infine bisogno di un'identitä individuak. (di un «volto»). Ě la premessa su cui si staglia la crisi suc-cessiva; premessa ben collocata in un paesaggio marino tra mitico e arcaico, con il Tritone e un tempio cristiano Ďiversamente riguardato, ě un momento raffiguratodaal-cuni altri testi, quali «Valmorbia, discorrevano iltuoP do...* e «La farandola dei fanciulli sul greto...»; * " soprattutto i primi movimenti di «Mediterraneo» e ft* aeUinfanzia narrano la crisi. METRICA Due strofe. di sette e sei versi; la serie di nan e mterrotta solo dal novenario che chiude la Mrofe Tie serie di rime esposte: ai w. 3-6, ai w. 8-12 1-13. Interna la rima «antica : amica» (w. 5-7J- 80 Portovenere ma 1$ fuoresce il Tritone dai flulti cne 'ambiscono lesogliedun cristiano tempio, ed ogni ora prossi e antica. Ogni dubbiezza si conduce per mano come una fanciulletta amica La non e chi si guardi ostia di se" in ascolto. Ouivi sei alle origini to Portovenere: paesino sulla riviera ligure, difficilmente raggiungibi-leaquei tempi («Noi ci andavamo in barca. [... ] Perandare a Porto Venere bisognava mandare una lettera pareechi giorni prima. [...] Non cera neanche la luce elettrica»: intervista a G. Dego, 1985, p. 22). 1-7. Lá: a Portovenere. fuoresce: esce fuori; da legare a «dai flut-H Tritone: il referente immediato sara il lorrente Tritone che sfocia appunto a Portovenere; con pero un rimando anche al mito S^co, nel quale i tritoni sono semidivinitá metá pesce metá uo-J^o. cristiano tempio: la chiesa di San Pietro, edificata sulla costa e P«r questo lambita,"nelle soglie, dal maře), nel luogo dove si n-■eijeva fosse stato collocato un tempio di Venere (da cui .1 nomc J«a localitá). L'uso del sostantívo "pagano" .tempio. ha qui. ol-cne laura di un rimando classicistico (come «dubbiezza» e 'anc«ulletta»), la tunzione di cooperare allannullamento delle <. l'ne"ze spazio-temporali, sprolundando nel mito i dali evocati ' lcsl° onni ora... nnf.m- i,,ftn cift che i presente ha .1 fasc.no ncer- smarri- ^S^_ogni ora... antica: tutto ciö che 5 presente ha il fascino ie^!*ntíC"; cit*' passato c presente coincidono. Jubbwzui: ' ' Wdubbio- «" conduce... arnica: non provoca ansia e sn ascolto: come «l'uomo che se ne va sicuro. di »Non --—..vy. «1 UUII1U Lili .i Uj,.n Parola...,, in un luogo siffatto nessuno sente il wso- eSirdern° Si P°trehbe dire, di esercitare are un'identitä personale che vi ě inutile introspezione, ciot séi: la seconcla 81 e decidere ě stolto: ripartirai piü tardi per assumere un volto. So I'ora in cui la faccia piü impassibile.. persona ě impersonate, decidere: tema invece angoj , tesu montaliani. e per esempio in «Mediterraneo». v li"oSentirmi scabro edessenziale...»). -«k* »■ npunirai... volto- solo una volta lontano dal 'U^.V^ 'oso. 1 ,o avrä di nuovo bisogno di un'identitä indivia in 9V 82 Ěquesta (composta probabilmente nel 1924) una delle poesie piü sbarbariane dcgli Ossi: per la condizione pere-grinante del soggetto, per 1'ambientazione cittadina in mezzo alla folia ignara, per il primo piano sulla improwi-sa erisi ďansia che attraversa 1'io. \ella prima quartina si assisle al repentino naufragio di quell'indifferenza giä promossa in «Spesso il male di vi-vere...* a unico rimedio contro il dolore, e, di conseguen-za, all'erompere dell'angoscia interna. Decisiva ě poi la di-mensione sociale, che attualizza il tema, leopardiano e romantico, del conllitto individuo-societä. Tale conflitto si esprime quale inadeguatezza della parola rispetto ai suoi 'nterlocutori sociali e rilancia la necessitä delle nuove foi -^espressive giä propostc in «.Von chiederá la parola...*: pHTsllenzio o il canto singhiozzante dei due versi ultimi, l «qualche storta sillaba»; in «Mediterraneo» sara il «bal-^pärTäreT:-- ^ETRica Due quartine in cui quattro endeeasillab. 0 pn-J'due versi nella prima strofě, i due centrali nella secon-da.) si associano a versi piü lunghi (due alessandnn, nel a "J"*, due dodecasillabi nella seconda strofě). Le nu "''egano le strofo, con schema ABAC CBU , P"***). Significative la rima interna .«versa» . «eU ta» lant •frü|ungata nelU i« •radíte nella quasi rim » e «secreto». a «affollato» e nelle conso- 83 So l'ora in cui la faccia piú impassibile ě traversata da una cruda smorfia: s'e svelata per poco una pena invisibile. Cio non vede la gente nell'affollato corso. Voi, mie parole, tradite invano il morso secreto, il vento che nel cuore soffia. La piu vera ragione ě di chi tace. Il canto che singhiozza ě un canto di pace. 1-4. la faccia: quella, owiamente, del soggetto lirico. traversal*. attraversata. cruda smorfia: dolorosa contrazione; il colore espnessionistico della definizione (rafforzato dalla rima imperii* ta «smorfia : soffia») si ritrova anche nell'equivalente successivo «morso /secreto», che avra, rispetto alia «smorfia», la funzionedi causa. 5-8. tradite: rivelate; ma con una owia connotazione negativa- '* v*W>: perche la comunicazione e destinata a fallire. ä «***>» «Wo: .1 tormento nascosto, cioe l'angoscia profunda. U **r interna dei sentimenti, forse anche cori un plicito rimando alla «bufera infernal» del V c*nw rM<* evocato anche dalla rima baciata conclusiva. La p^a il ne... pace: la sentenza epigrammatica conclusiva rivc^^. ^» re del silenzio e di modalita di espressione singnio a'spirare ^.. che cioě. Solo cosi ě possibile ancora, per i po*11 - '.^sim'1' ragione e alia pace. Vale la pena di sottolineare H s0p questo atteggiamento con la poetica crepuscolaie ^ jca dd tutto di Corazzini, a sua volta protesá a valorizzar iana lenzio) e la sua valenza invece palesemente antictai ira1' si- Gloria del disteso mezzogiomo. 84 Confortato da una probabile datazione (19 novembre 1923) , questo "osso" spicca intanto per l'apprezzamento dell'autore: «il migliore per me, l'unico anzi che mi piaccia dawero» (in una lettera ad Angelo Barile del 12 agosto 1924) . Insieme al successivo forma poi un dittico della feli-citá, qui presentita nell'attesa, li non sottraibile alia minac-ciáTratta perdita; in ogni caso leopardianamente inafferra: bile quale bene presente. Il tema del meriggio riarso e raffidamento della massi-ma responsabilitá ad alcuni oggetti esemplari, anche in torza della nominal i/./.a/ione sintattica, ne fan no poi un rcodello dei motivi'piu vítali del libro e del loro significato BSI?onalissimo piu che del dannunzianesimo denunciato Peresempio da Mengaldo. Lo splendore del meriggio estivo, abbacinante e riarso, genera come altre volte un misterioso sentimento di in-^'etudine e di minaccia; tuttavia qui l'attesa del futuro .«'a pioggia e del tramonto basta a promettere una sobria SjRlCA Tre quartine ruotanti attorno alia misura dělal dp?1113130 (c°n ipometria al primo verso e ipermetna Cti- timo: un decasillabo e un dodecasillabo, dunque, nedallVamente), sostituito in seconda e in quinta pos.z.o-^AR^Venario- Alternate sono le rime, secondo lo scne-«n,af ' CDCD- EpEF (C, D ed F sono consonant.); con l^etra ai w- 2-4 («alberi : falbe».) e rima imperie -W' 5-7 («greto : muretto»). Raffinato il gioco delle al- 85 litterazioni (cfr. p. es., al v. 9, «1'ArsuRA, in giR tin pescatoRe», e, ai w. 4 e 8, «fALBe»; «sciALBatUn Gloria del disteso mezzogiorno quand'ombra non rendono gli alberi, e piü e piü si mostrano d'attorno per troppa luce, le parvenze, falbe. Ii sole, in alto, - e un secco greto. II mio giorno non ě dunque passato: Tora piü bella ě di lä dal muretto che rinchiude in un occaso scialbato. 1-4. Ampio periodo nominale, cosi come gli attacchi delle due strofě successive: il mondo ě innanzitutto un oggetto da desaw r^Questo incipit, solenne e abbacinato, incrocia diversesugge-stioni. Sono stati segnalati in particolare un incipit dannunziai» («Gloria delle cittä / terribili, quando a vespro...»: Maia, XW,v\ 211 sg.) e uno di Roccatagliata Ceccardi ricordato da Moniali stesso r^Hntervista immaginaria («Chiara felicitä de la riviera quando il melo si fa chiaro d'argenti / c... »: CorrisponJenze.m^ netti e poemi). Gloria: splendore. disteso mezzogiorno: il men? gio nel suo diffondersi, owero nella sua pienezza. non renk'» non restituiscono, non fanno. le parvenze: le apparenze; sogp* di «si mostrano». falbe: giallo scuro tendente al rossicdo;"*& tivo ě usato da Pascoli e da D'Annunzio. w 5-8. II sole... greto: altra struttura nominale, che lascia accamp^ in primo piano gli oggetti con la loro forza. Qui ě sottinteso^^ no", un secco greto: il letto prosciugato di un torrente, ^ giorno... passato: infatti il sole ě alto. Non ě forse n*f~^ gliere qui, come hanno fatto alcuni commentatori. un rim ^ |a dimensione della vita nella sua interezza, quasi il sono giovane"; se non altro perché subito dopo dicň« f.f3l, aspettare il meglio dalla vecchiaia. muretto: referente J^ vo della poesia degli Ossi. Al di la di esso, eviden t aspetlerä e godrä la sera, rinchiude: separa e isoia- .-jaP* halo: tramonto sbiadito. Lacgettivo «scialbato» va Vf j "intonacato, verniciato" (cfr. in «Ctö che di tne f^^go P' tivale «scialbatura»), ed ě usato da D'Annunzio i 9< j'arsura, in giro; un martin pescatore volteggias'unareliquiadivita. La buona pioggia e di la dallo squallore, rna in attendere ě gioia piü compita. 10 Qui l'uso metaforico vale a rendere ťumiltáj del "£^^2 eontrapposta alia «gloria» del meriggio canco d» minaccia. , . .. . raiore Tei-zo attac- 9-12. Larsura, in giro: tutťintorno c ě and.ta e c ^^ ^ ^nominale, rallentato dalla virgola. »" ' jn quest0 caso oelle numerose presenze ornitologiche aeg/sj aggira Volan-mediata forse da L'assenza gozzaniana. voiw&i forse un d°- una reliquia di vita: parvenza non ^ ^ m effi-Pesce da predare. L'espressione «reliquia a. vii ' ^ e di mor-ca<* venatura ossimorica, accresce U 1 1 bu0„a piogg"> lL' * pravá su quesk» paesaggio assolato m ***tore: dopo l'aridita verrä la piogg'a r,s'Xttesa. Gnome eo-compíta: ma la gioia piü piena sta ncH at qUJ dichia-Par«'ana, che valorizza l'attesa in se stessa. dente. mta si ricollega all'«ora piü bella» della sBOte P ^ 86 Felicitä raggiunta. Se r "osso" precedente considera la felicitá che deve venire questo (forse del 1924) si sofferma sulla «felicitá raggiun-ta». La prima strofě accumula immagini di precarietá, in-vitando dunque chi ami la felicitá a non sottoporla a solle-citazioni che essa non potrebbe reggere: un modo per confermare, da diverso punto di vista, la scelta deH'indifíe: renza altrove dichiarata. La seconda strofě espone invece una pntraddizione che non ě corretto eludere, leggendo in chíave solamente pessimistica una poesia piena di lurni-nositá e di trepidazione: se non puó essere perseguita qua-le obiettivo, tuttavia la felicitá puó giungere e scacciareja IňStgZža. determinando un turbamento dolce e pieno Ji inattesa vitalita; ma ďaltra parte ě pur vero che esistono dolori non redTmibili, quale il semplice dolore infantile che sigilla il těsto. Questa contraddizione tra pienezzade^ la felicitá e irredimibilitá della tristezza non toglie valon-alla felicitá piu di quanto ne iílumini il carattere di d°n gratuito e di epifania. METRICA Due strofě di cinque versi con rime ABC*£ DEDED (C ě assonante con A, cosi che la prima di rim£ rba- senta anchessa, sostanzialmente, un sistema crociate). II ritmo endecasillabico ě variato ma n°n ^ ^ to da due imparisillabi minori (un settenario é » •jj^o novenario il v. 6) e da uno composto (il v. 8: end* Piu quinario piuttosto che settenario piü novenao 88 felicitá raggiunta, si cammina perte su fil cli lama. Agli occhi sei barlume che vacilla, al piede, teso ghiaccio che s'incrina; e dunque non ti tocchi chi piü ťama. Se giungi sulle anime invase di tristezza e le schiari, il tuo mattino edolce e turbatore come i nidi delle cimase. Ma nulla paga il pianto del bambino a cui fugge il pallone tra le case. 10 1-5. per te: a causa tua. su fil di lama: in equilibrio instabile, e non senza rischio di ferirsi. Agli occhi... s'incrina: Ia_precarietá della condizione feiice ě espressa con due immagini adibite a siene sensoriali diverse: una Iuce incerta quanto al vedere, una super-fičiěTedevoIe quanto al camminare (e dunque al tatto). II «barlume» anticipa poi le insistite immagini di luminositä della strofe «iccessiva, mentre il «piede» si combina con 1'immagine iniziale ^camminare. barlume che vacilla: luce che oscilla, come sul Pumodi spegnersi perché colpita dal vento. nhtacáo che sineri-"a: ľorigine dell'immagine sarä senz'altro in Gozzano (Ľincrina-<**), da cui derivano anche le rime della seconda strofe, benché n°n manchino esempi pascoliani e dannunziani; il verbo "inen-■W ha daltra parte larga fortuna in Montale quale espressione ' fragilita e di pericolo. non ti tocchi... ťama: chi ama d. piu la ch Cltá n°n deve sollecitarla eccessivamente; essa ě una presenza 6-10 ISSala in volt°. si dilegua. la.H.i "g': nei casi in cui arrivi; «giungi» richiama «raggiun-uei Dnm« .______ *. ..... i_ -„».im epita- nica Pnm° verso- É 1u' implicitamente evocata la natura q («o , "°.n Pr°grammabile della felicitä. le schiari: le illumin.. « do^e,'T la tua luce- con ripresa della metafora precedente HrtHtorn: portatore di turbamento P-ce^. , , - i nidi sotto i cornicioni. U-» ^ ™lagione 9*%*^ 1 *Wtao, questa presenza dei nidi evoc* * ^ da, nth.am Je. f tempo stesso lo sguardo, portato „ cielo du du "3 «• Per incontrarTil pallone ch» (v. 11): sprofondata nel ricordo o, Stando i crftw oim- zione "mitica" montaliana, morta. plaga: luogo circ°arr)V non ben identificato; letterario. ti presente: awerte il tu ^ minente; o, forse meglio, ti sente presente. Fortissima tejn con il vocativo iniziale. trai dal transitive pero: perció, secondo 1'etimo latino ("pern| uhuu i eiimu - ■ rap10 suo solco: esce dalla sua traccia. dirupa: scompare ^.-cite (uso presente anche in Pascoli) o, meno bene (ma e ^ ^ ne del GDLI), cade giu violentemente. spare in »'"'"ora m nebbia. Nelle tre azioni conclusive si intrawede an g'ne della tromba marina di cui nella quartina centra Gli 055? di seppia sono un libro parco di futuri, e parca ne e anche la sezione che da titolo al libro; benche con tempi futuri si chiudano la raccolta (cfr. la conclusione di Riviere) e la sezione dei cosiddetti "ossi brevi" (cfr. «Sul muro grafi-/o...»). Qui, tuttavia, c e un testo per intero al future, che ro-vesciaQjplazer di Quasi una fantasia: all'attesa dell'incanto armonioso nel rapporto con la realta che segna quel testo piu antico si sostituisce qui il presagio angoscioso di un istante rivelatore in cui avverrala scoperta del nulla. II successivo risorgere deH'illusoria realta consueta non po-tra cancellare la scoperta, che il poeta dovra chiudere in se stesso: gli altri uomini la ignorano e vogliono ignorarla. Composta nel luglio 1923, e questa una poesia colma di suggestioni culturali, ma non per questo meno montaliana- Awiata da una segnalazione di Sanguineti, e stata lar-?amente seguita la pista di debiti con Tolstoj e con l'esi-st^nzialismo russo (Sestov): tutt'altro che improbabili. A teti rimandi se ne sono aggiunti molti altri, aPirandello peresempio. II tema della scoperta del nulla, d'altra parte, ^aversa la cultura europea fra Ottocento e Novecento in i dk° profond°. cosl che non e sempre agevole distinguere rale n dalla cond>visione di un medesimo orizzonte cultu-j, •11 legame con modelli piu consueti per gli Ossi, come 'gun Boine e Sbarbaro, e pure stato sottolineato, per cati?10 da MarchJ: e non paiono dawero i *C:Se Si 8uarda- oltre che a coincidenze specihche, alia 2l0ne complessiva. 93 92 METRICA Due quartine a rime alternate, seccmdo 10,, ma ABAB, CDCD (A e D sono in quasi rima e B e J** tra: «miracolo : ubriaco»), con vari metri: tre ale«J> (w. 1, 6 e 7), due endecasillabi (w. 3 e 4). due versi do"' (il v 2 presenta un settenario + un ottonario, emrJr sdruccioli; il v. 5 un settenario + un ottonario piani) * verso, l'ultimo, di lettura controversa (verso non cesurabil informale secondo Antonello e Arvigo; un novenari0 sdrucciolo + un quinario, forse pm correttamente, secondo altre letture). Accanto alle rime esposte, si segnalanouna rima interna («s'accamperanno : inganno»), la ripresapa. ronomastica «aria : arida», l'allitterazione sulle dentalide / e sulle liquide / e r, soprattutto nella prima quartina, Xeniambement destabilizzante nel nevralgico passaggiofa il v. 3 e il v. 4. 4 come s'uno schermo, s'accamperanno di gitto Lri case colli per 1 mganno consueto. «ara troppo tardi; ed io me n'andrd zit zitto Ma sarä troppo tra gli uomini che non si voltano, col mi0 segreto. Forse un mattino andando in un'aria di vetro, arida, rivolgendomi, vedrö compirsi il miracolo: il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro di me, con un terrore di ubriaco. 1-4. Per la situazione della quartina si veda questo branodall^. Icscmte di Tolstoj (cap. XIX): «Immaginavo che fuori di me«»j no e nulla esistesse in lutto il mondo, che gli oggetti "°n7^ oggetti, ma immagini, le quali mi apparivano solo quand°^jri! vo l'attenzione, e che appena cessavo di pensarci quelle1 c c,,k;lnr,___:_____ r i W.____________„..„r,,lr> SOttO I m"ul . subito svanissero. [...] C'erano momenti, quando sotto ^9 di questa idea fissa arrivavo a rasentare la follia, al P""^ pidamente mi voltavo dalla parte opposta, sperando di £ ^ vuoto la dov'io non ero». aria di vetro: aria 'IV/rV j^sgJ ma anche segnata da un'idea di fragilita e di "aridita ^ rivolgendomi: girandosi a guardare dietro le propne ±\ ^ per una verifica di natura esistenziale. it "dracoto* t0 in; perehé duramente negativo, da quello presagito o spe ' ^ testi degli Ossi, e per esempio in Crisalide (sesta siroty ^ ubriaco: il terrore di chi abbia perso, come accade a Punti di riferimento per orientarsi. 5-8. Sorpresa dal gesto di voltarsi improwisamente, la realtä si e rivelata nella sua inesistenza («il nulla», «il vuoto» della quartina che precede); ora si riorganizza nella sua apparenza, come una Serie di immagini proiettate su «uno schermo»: Calvinoha osserva-|u che qmsaa jmmagine della proiezione su uno schermo mostra la.Ppartenenza del componimento all'era cinematografica. sac-«unperanno; prenderanno posto. di gitto: di getto, di colpo ( g«-'are" per "gettare" Montale usa anche nel quarto movimento di •Mediterraneo»). albert case colli: due possibili echi: da Sbarba.o l,e gli alberi son alberi, le case / sono case* «JW omm StanM at HV'in Konissimo) e da Boine («Alberi. case, colhne»: Lugo-«)• Lasindeto e la mancanza di punteggiatura accrescono il sen-Sft di un ^astellarsi quasi casuale. Vinganno cotnwM, 2° ^ «Sita che si vede sotto la quale in venia Z^PPO tardi: perche il soggetto ormai avrä PK rn?a rfvelare il suo «segreto» agli altri, che non vogl onos Si HP,er questo «non si v°,la"0»- cic* n0" C°mP del soggetto: cfr. «rivolgendomi» al V. 2). 95 94 Valmorbia, discotrevano il tuo fondo... Rievocazione (datata 11 luglio 1924) dell'esperienzasul fronte della Grande guerra, cui Montale partecipo coman-dando un avamposto in Vallarsa, dove si trova il paesedi Valmorbia qui nominato. Unica poesia del primo libro che affronti il tema del conflitto (ve ne saranno due, piü crude, nei «Mottetti» delle Occasioni), evidenzia una riletturafa-volosa dell'esperienza bellica, lontanissima da quella tragi--ca di altri poeti al fronte (dagli italiani Rebora e Ungaretti., all'austriaco Trakl). E anzi questo uno dei componiment; necessari a costituire, in qualche modo, la premessa della crisi esistenziale che si esprime in altri, e piü numerosi, te-sti: quella stessa natura qui in sintonia con l'io e colta nella sua misteriosa armonia profunda con l'uomo si presenta infatti altrove estranea e ostile, Irantuinata e ina^ perche la crisi di questa intesa regressiva e favolosa, che e anche la crisi delle correspondances simbolistiche, P°s^ risaltare, anche narrativamente, e necessario che vi testi come questo e come alcuni altri di analoga funZI |J (in questa sezione, per esempio, «La fuoresce il Triton" «La farandola dei fanciidli sulgreto... »)• b|iodd La lontananza dalla vita normale comportava 1«° mondo» e il contatto con una natura benignae tia $ tro la quale anche le espressioni di guerra assi naturali privi di turbamento? i ra/.zi pei ' ;gnalaLll^ uo: i ia«' Fv*----.rfiori nel""o- awistamenti sembrano a loro volta immensi ^ ^ Ora il ricordo di quella esperienza, resUScita!°rniticojibl1' ria dal potere evocativo del nome, e un ricordo to daH'eccezionalitä delle notti illuminate. 96 METRICA Tre quartine con prevalenza di endecasillabi-llano dal metro fundamentale un quinario (v. 4) un se, ^nario (v. 8), un alessandnno (v. 5). II , 6, letto quale Z pi0 quinario da Antonello e come decasillabo da Arvieo puö anche intendersi quale endecasillabo ipometro o addi' rittura regolare (purche si ammetta dialefe tra «che» e ,„,). Rime incrociate nelle prime due strofe, alternate nel la terza, secondo lo schema ABBA, CDDC, EFEF (B e rima ipermetra: «äsoli : caso»; C e rima imperfetta: «solitario • aria»; A e D sono assonanti e tutte le desinenze di rima presentano le vocal i a e o). Valmorbia, discorrevano il tuo fondo horiti nuvoli di piante agli äsoli. Nasceva in noi, volti dal cieco caso, oblio del mondo. Tacevano gli spari, nel grembo solitario non dava suono che il Leno roco. 1-4. Discorrevano... äsoli: percorrevano la tua valle, ai soffi del vento («agli äsoli»), nuvole mescolate ai fiori degli alberi. Questa Pare l'interpretazione piü fedele alia lettera del testo: i leggenven-li Primaveriii spostano le nuvole nel fondo valle lasciando che ne emergano gli alberi fioriti. Secondo Bonora, invece, «quelle che si muovono al leggero soffio dei venti sono nuvole simili ad alben in hore» (ma si stenta a ritrovare nel testo questo significato).,51 puo ^mmai ipotizzare che qui si alluda a nuvole di fiori che .1 vento a<*a dagli alberi e porta lungo la valle. Tanto questo ^uficatoe ' Us° transitivo del verbo "discorrere" quanto il sostantivo äsolo **>di forte connotazione letteraria e preziosa. *f^"^ nav I001 SO,dati- sottoposti al caso piü ingovemab.le, si determ ■ -a, 3 dlrnenticanza del resto del mondo. 5-8 e| 1 nmandi in questa strofe alia condizione mflhwfeB «sp»£ losa?pZ20>>) non introdueono alcun turbamento nel cl.ma d. avo-dent^ione nella natura, ma vengono collocat. a loro ol.a 1116 Lenl ^°la,a non si sentiva altra VOCe Ch,e q u Si. di ^no- «Grembo solitario» riecheggia il «lembo solitano 97 Sbocciava un razzo su lo stelo, fioco lacrimava nell'aria. Le notti chiare erano tutte un'alba e portavano volpi alia mia grotta. Valmorbia, un nome - e ora nella scialba memoria, terra dove non annotta. limine. Sbocciava... aria: un razzo esplodeva dopo aver tracciato un segno verticale verso il cielo, riscendeva nell'aria formandodi-boli luci simili a lacrime. La rappresentazione del razzo che espb de sottende una metafora floreale, come se il tracciato dell'ascesa verticale disegnasse lo «stelo» e l'aprirsi nell'esplosione la "sboc-ciatura" del fiore in vetta allo stelo. Si tratta di razzi lanciati vereo l'alto per effettuare segnalazioni o, forse meglio, per illuminareb zona sottostante: forse i «Bengala» di cui fa cenno un "mottet* dedicato alla medesima esperienza («Brina sui vetri...»)-9-12. Le nolti... alba: le notti erano continuamente rischiarate,«; me se ci fosse un'alba dopo l'altra. Probabilmente Perlus0J razzi ricordato alla strofě precedente, trasfigurato tuttavia , cordo. portavano... grotta: accadeva, come Montale ste^s°2n)|IJ cordato, che nella notte alcune volpi si awicinassero al i» nella quäle il poeta era alloggiato. Ě una apparizionejnu^^ appartenente a quella fauna propjzia di cTTTlarpoesia m , si arricchirä soprattuTřc^eguW(e nella BufemW™*^! collegata una vitale figura femminile). Valmorbia... ^flt, doppia fräse nominale sottintende il verbo "essere • che ě per me ormai solamente un nome, ě anche, ne slavata, un luogo dove non fa mai notte (a causadi do un assunto che avra~altre e piü esplícíte afferniaz ^ 3p Buffalo nelle Occasioni: «Mi dissi: / Buffalo! - e ,/ scialba memoria: cfr. «memoria grigia» >*> Ä*F somso...» e «memoria stancata» in Fine M'mO^ 98 feritava la vostra mano la tastiera. Secondo "osso breve" dedicato a Paola Nicoli (l'altro ě »Non rifugiarti nell'ombra...»), come testimonia la dedica posta sull'autografo (datato 18 giugno 1924): «to P.» (per le notizie sulla figura dell'ispiratrice, cfr. In limine). Poe-sia d'occasione nel senso alto del termine, e poesia impli-citamente d'amore, capace di evocare, sullo spunto di una situazione quotidiana, alcuni temi di fondo della poesia montaliana: la relazione, armoniosa o interrotta,' tra io e mondo naturale; l'intesa eccezionalmente possible tra due umani. Ladonna ě rappresentata al pianoforte in un momenta di difficoltä (prima strofe), cui sembra partecipare te-neramente la natura circostante (seconda strofe e inizio della terza) e che unisce intensamente la donna e il poeta (fine della terza strofe). f^TRlCA Tre quartine di versi lunghi: quattro endecasil-labi (i w. 2, 3, 6 e 7; cioě i centrali delle prime due strofe), aue tridecasillabi (i vv. 4 e 5) e cinque versi lunghi com-J°5U (gli Ultimi del componimento; rispettivamente: 7+6, 0+7,7+6, 7+8, 7+8; come si vede si tratta in ogni caso di ettenari abbinati a senari o a ottonari). Regolare 0 siste- ?n n!'" rÍme' alt™e nelle Prime dUe Str0fe e ÍnCr0C,a' nel1 ultima. 99 Tentava la vostra mano la tastiera, i vostri occhi leggevano sul foglio gl'impossibili segni; e franto era ogni accordo come una voce di cordoglio. Compresi che tutto, intorno, s'inteneriva in vedervi inceppata inerme ignara del linguaggio piu vostro: ne bruiva oltre i vetri socchiusi la marina chiara. 1-4. Tentava... tastiera: 1'impiego del verbo "tentare" ě ingenere riservato allesecuzione su strumenti a corde pizzicate;mata di quesť"osso" ha un precedente pascoliano significativo («tu nella torre avita, / passero solitario, / tenti la tua tastiera»: hs» ro solitario, in Myricae), da incrociare con un incipit di Onofri («Le tue mani sulla tastiera»: Musica, in Orchestrine). II singola-re «mano» avrá inoltre valore di metonimia. Si deve dunquein-tendere: le vostre mani suonavano la tastiera del pianofone Naturalmente il verbo "tentare" esprime qui. in qualche modo anche 1'incertezza di cui si sta per dire. foglio: lo spartito. f* possibú, segni: il těsto della musica, troppo difficile per le«P cita dellesecutrice. e franto... cordoglio: e gli accordisuona sultavano spezzati (e forse sbagliati) come una voce SOftB** 5-8. m vedervi: nel vedervi. inceppata inerme ignara: la tnp c gett.vazione, asindetica e allitterante, esprime i vari aspe« situazione, con implicito climax: la donna ě .inceppata* n » cuwone. .inerme. rispetto alle difficoltá che ha davantí-"^ mi ne del linguaggio musicale (il terzo aggettivo é ínfatti 03 ^ tlZT TgWme)- linguaggio piu vostro: quello rm^J* quale |a donna - al di lá del momentaneo smarrimento V dunque esperta. ne bruiva... chiara: di questa tenerezza > x percenUo SK SCgn° 11 ™more le^er° ^ ^d£í£í* ^ 3CC°Sta,a- ssó nel riquadro azzurro una fugace danza r farfalle; una fronda si scrolló nel sole. íessuna cosa prossima trovava le sue parole, ed era mia, era nostra, la vostra dolce ignora 10 ignoranza. '•12. nel riquadro azzurro: la porzione di cielo inquadrata dalla fi-n«tra socchiusa (cfr. v. 8), nella quale si mostrano brevemente JJ -fugace,) alcune farfalle e un ramoscello illuminato rnosso al vemo. Nessuna... parole: le difficoltá della donna neBuaodd S^ggio musicale, pure a lei congeniale (cfr. il v. fctagiato Tintera nátura circostante, cosi che tlít*.b «* J*J*. si mostrano al poela (le farfaUe e il rámo nel oe) P -loro volta in cerca di unespressione. ed era nua-ig wm Jranza dellesecutrice, definita «dolce» a »f *J^?. i 53 C,galan* del componimento, é condivisa dapoe a C|aqUale chi-e * -lnW»^i«Í ÍE£ Sot'olineatura děl corslvo evideTiilaT^coia. il ^ SK de'testo' oítre che suggerire il tono piu inttoo t "Pronuncia). 101 la farandola dei fanciulli sul gret0 Forse del 1924, questo "osso" centra due dei grandi libro: l'aridita del paesaggio quale equivalente esisC-f la rottura dolorosa tra l'adulto e larmonianatuialeTiT^ tro periodi di eguale lunghezza (due versi ciascuno) vT< raffigurata con sobria sentenziosita la fine dell'infanzia i differenza di quanto avviene in Fine dell'mfimzia, qui noS\ punta tuttavia sul momento della crisi, sul passaggio da ur. fase all'altra (che e poi un momento traumatico e repent: no), ma si procede accostando bruscamente la rievocaziorc essenziale del mondo infantile (prima strofe e ultimi due versi della seconda) e il punto di vista distante e sofferente di un «passante» che osserva quel mondo dal qualeorma:i e staccato (primi due versi della seconda quartina). METRICA Due quartine di vario metro: prevalgono i dode casillabi (cinque: w. 1,2, 3, 5, 6), accostati a undecasilla bo (v. 4), a un alessandrino (v. 7) e a un endecasillabo(v-unico imparisillabo). Rime alternate nella prima quarti^ e incrociate nella seconda. Irta di allitterazioni S0P^; la prima quartina (sulla fricativaf, sulle gutturahcei-la liquida r e sui nessi conseguenti). La farandola dei fanciulli sul greto era la vita che scoppia dall'arsura. 1-4. farandola: ě propriamente una vivace danza poP^ in 1 zale accompagnata da pifferi e tamburelli, che si 102 fil3|r rresceva tra rare canne e uno sterpeto •J cespo umano nell'aria pura. Il passante sentiva come un supplizi0 il suo distacco dalle antiche radici. {sjell'eta d'oro florida sulle sponde felici anche un nome, una veste, erano un vizio. nendosi per mano. Qui l'uso figurato allude ai movimenti allegri e chiassosi dei fanciulli. greto: le sponde di un fiume (ma non ě da escludere un uso improprio in riferimento alla riva dei mare). era: raffigurava ed esprimeva. la vita... arsura: la vita nella massi-ma intensita, associata alla calura e all'aridita tipiche degli Ossi, e cioe estive e meridiane. Cresceva... pura: i giovani uomini cresce-S vano all'aperto, all'aria pura, in mezzo a poche canne e alla vege-*; tazione sparuta. La metafora dei «cespo umano» ritorna molte altre volte nel libro (e dopo): dal quirrto mcnlmenrcrdi «Mediterra-neo» (w. 16-18) a Crisalide (v. 9) ad Arsenio (w. 46-47) a Incontro (w. 25-27). Esprime sempre una condizione di prigionia, di preca-rietä e di inautenticitä; qui tuttavia guardata dal punto di vista dei pasSänte ricordato subito dopo e non percepita dai «fanciulli», e introdotta pensando allo sradicamento successivo. La condizione dei «cespo umano» in se stessa coincideva infatti con la felice fu-sioně (panica, si direbbe) con i tratti dei paesaggio naturale, e per questo era collocata «nell'aria pura». 3-877/ passante: un probabile alter ego dei soggetto, testimone di una vitalita felice di cui un'tempo ě stato egli stesso attore. il suo distacco... radici: la separazione da quel mondo regressivo di felice intesa con la natura. L'aggettivo «antiche» indica lo sprofonda-mento mitico nel passato, come le «origini» di «La fuoresce il Tri-'one...» (poesia che ha piü di un tratto in comune con questa), se-c°ndo un punto di vista che viene subito rafforzato dal successivo "mando all'etä dellbro (l'infanzia); mentre il sostantivo «radici» ril»ncia la mJräTora dei «cespo umano» lematizzando 1'immagine pdenun/T anche... vizio: anche un nome o un'identitä persona-ť «irebK-ro stati un difetto. La lelicita dell'infanzia co.nc.de mau' con la possibilitä di fare a meno dell'identitä personale. 8ata al maggior part. . sentimento di non pa.1ecipaz.ione alla realta Circo taute. 103 Debole sistro al vento. „elľultima (incrociate); irregolari invece nella terza , j, primo verso ě irrelato (ma «aria» riprende ana- |ľove'itP'-irn0 VerS° Immaticamente «dirama»), ,1 secondo e il quarto rima-JJ j| terzo ě in rima interna^con il secondo («vestigia : bi- ll ic" — j n. i v-vcsugia : Di- „) La rima «voce : roce»> dell ultima quartina é, pure in ^sizione baciata, in D'Annunzio (/ tributarii, w. 69-70, in Ulcyone). Di datazione incerta, e forse tra i piú antichi degli "0SSi brevi", questo componimento costituisce una delle nume-rose diagnosi della negativita del mondo e delia impotenza del soggetto. Lo spunto iniziale del verso di una cicala iso-lata nel caldo meridiano diviene il parametro della inanitá e della precarietä di ogni espressione delľio. Il mondo ap-pare sempře sul punto di disintegrarsi, colpito da undolo-re senza nome: sono i termini altrove ripresi con piú net-tezza (cfr. p. es. «Spesso il male di vivere...* e «Forseun manino andando...»). In queste condizioni non c e possibi-litä di gesti o di parole capaci di impedire I'inutile dissol-versi della vita o di offrirne una definizione plausibile: gesti e parole cadono anch'essi vittima del nulla. Ě tema schopenhaueriano e leopardiano, qui incrociato con nu-merose suggestion! novecentesche e gestito con la sostan-ziale tenuta argomentativa che caratterizza l'arte monta-liana. Ed ě uno di quei momenti in cui serT1Jraver intendere che cosa volesse dire il poeta reclamando di avuto il merito di aggiungere a D'Annunzio la music Debussy. ttena^ METRICA Quattro quartine di versi brevi: undicJiSC" ^ 0 w. 1-4, 5, 7, 9, 10, 12, 13, 15), quattro 9^°^^^ 14, 16), un quaternario (il v. 11), segnati tutu ' del testo. Regolari le rime nelle prime due stro Debole sistro al vento d'una persa cicala, toccato appena e spento nel torpore ch'esala. Dirama dal profondo in noi la vena segreta: il nostra mondo si regge appena. M. Periodo nominale, ad accrescere ľeffetto di misteriosa so-^pensione. sistro: propriamente ě uno strumento degli antichi Egizi, costituito da una lamina di bronzo fatta vibrare agitando íl manubrio a cui ě infissa, cosi da ottenerne un fremito leggero. Lu-» metaforico ě di origine soprattutto pascoliana, benché íl voca-** si incontri anche nella letteratura del primo Novecento (Oo-)°n>. Rebora, Pea). persa: isolata. toccato: fatto risuonare. nel 'yore ch'esala: nella sonnolenza che emana dalla calura quas. *aledatofisico. ni nP'Vľ"a- se^ta: si allarga in me la venatura nascosta piove-J'edal profondo Due ,e iptegazioni possibili: dW<^ 0r2a sterna. (Arvigo). tuttavia non adeguata a v.ncere 1 ľn* del monHo- Li di dissoluz.one e d. ffl s,ruzi *W cova'n°eí'foňďo~deÍÍ;ioVche si allarga ("dirama nnessa al seguito della strofe. ,,e tvárnenie. La seconda spiegazione, che chiede d. kggt HioclCOme "venatura" e perfino come "incrinatura , pa« me 105 104 Se tu l'accenni, all aria bigia treman corrotte le vestigia che il vuoto non ringhiotte. II gesto indi s'annulla, tace ogni voce, discende alia sua foce la vita brulla. 9-12. Se tu indichi quel mondo («l'accenni»), nell'aria caliginos tremano disfacendosi («corrotte») le parvenze («vestigia»)cheil vuoto non annulla. Cioě: ogni tentativo di fissare i tratti della realtä circostante si scontra con la sua labilita, e gli aspettidelle cose o si annullano o si mostrano frammentati ed evanescenti.ln altre parole, delia realtä si mostrano solamente indizi minimi' precari, proprio come il breve suono di cicala da cui il com[X)j", mento prende le mosse. Se tu l'accenni: ě il cuore ragionaliro ^> testo: il "tu" impersonale veicola la riflessione sulle P0^!^ dare conto delia realtä naturale circostante. Ě come se si se tu provi a fissare la realtä, se tu provi a indicarla, se ^ parlare; e si prepara cosi la logica conclusione della qua $ 13-16. Perciô («indi») il gesto (che aveva tentato di cose: cfr. v. 9) si annulla, ogni voce é ridotta al silenzl°' ).An* ridita («brulla») discende verso la sua fine («alla sua t ^ il tentativo del poeta di cogliere ed esprimere il senso ^ come il verso iniziale della cicala (e per questo <' s s (Ann^tM TaL"a E Piuttost° quelle di una donna *"IJ£l 108 5-9. Accos/o... /afcfcri: per awicinarsi all'immagine e impossessar-sene, forse con un bacio. Molto intenso l'accostamento tra 1 astrat-10 «evanescenti» e il carnale «labbri». si deforma... altro: tre mo-jenti che tornano a sottrarre l'immagine riemersa dal ncotoo e ?unque dal passato: l'immagine passata «si deforma», cioe perae ■neamenti che la avevano resa riconoseibile; torna a ,a come cosa "vecchia", cioě non presente ma sprofondat nei Passato; viene perduta, come cosa che non appartenga p.u all .0 Jr«ad un altro». stride la ruota: nel movimento uguale: con SC° 3 quel,° ini2^le, provocato dallo scorrere della cordache ne i !°d J'l'incipitario .Cigola la carrucola». ft rlvofto alla «v-s-o 'ondoiVersosuccessivo rWona: riconsegna. f*"*£Z 10 nonetCavita dd POZZÜ' e cioč la dÍS,an7il "'a ^nte séparé edivido.?Uella tra ricordoe oblio. torna nuovamenteasepa dere '1 soggetto dall'.immagine. brevemente appa*a. 109 Arremba su la strinata proda. La data di questo "osso", 24 agosto 1924, conferma il \m. me con la zona critica di passaggio dal mondo regressivoe panico dell'infanzia a quello della disarmonia adulta quäle si manifesta in altri grandi componimenti coevi: «Mediterraneo» e, ovviamente, Fine deU'infanzia. Quila condizione precaria e il clima minaccioso si esprimono nell'attesa di un evento distruttivo e nella percezione di quanto risulti vana ogni costruzione. Le immagini evocaie delineano una lieve ma intensa allegoria: un capitano fan-ciullo e invitato a tirare a secco le sue barchette per sfugei-re agli spiriti che lo minacciano (prima strofe); segnalidi chiusura e di oppressione esprimono il sentimento di w1 na che grava sulle cose (seconda strofe); giunge inf>nej rottura, a vanificare ogni costruzione, dando cJunq^sui gione a chi ha per tempo messo in salvo, sulla terra., imbarcazioni (terza strofe). La figuralitä del testo ma, accanto alla morsa minacciosa e ostile del pa naturale e della condizione esistenziale, i rirne i ^ messi a punto negli Ossi per resistere: la "duz'0"^ $ talitä, la scelta della terra; forme di understate^^. richiamano la scelta dell'indifferenza e del «can ^ ghiozza» («So Vom in cui la faccia piü fn^asSiP" trapponendosi, ovviamente, alla solare P*0* «jjji* mistica di felicitä e di pienezza del D'Annunzio^^ Non meraviglia che un testo proteso a minare le icone del proprio mondo infantile ^0 ziale si awalga di un lessico ligure-versiHese' 110 che dalla narrativa di Pea. pochi altri testi della raccolta mostrano infatti una densitá eguale di ligurismi. METRICA Tre quartine di vario metro: quattro endecasil-labi (i w. 3, 6, 9 e 12), due decasillabi (iw.le 2; ma il v. 2 ove non si ammetta la dialefe, risulta un novenario), due dodecasillabi (i w. 5 e 10), due alessandrini (w. 4 e 11) e due versi doppi (i w. 7 e 8, rispettivamente un settenario + ottonario e un doppio ottonario). Rime alternate nella prima strofe, incrociate nella seconda e nella terza (imperfet-ta la rima «gufo : buffo» ai w. 5-8; ipermetra quella «stre-pito : siepi» ai vv. 9-12). Due rime interne («cartone : padrone* ai w. 2-3 e «rovina : incrina» ai w. 7-8) e fitta or-chestrazione fonica, di colorito espressionistico, con dif-frazione della liquida r e vistosa inserzione della gutturale c(«chiuso», «svolacchia», «fumacchi» ai w. 5-6, con ripre-sa successiva in «spacco», «chi», «edificato» ai w. 9-10). Arremba su la strinata proda le navi di cartone, e dormi, fanciulletto padrone: che non oda tu i malevoli spiriti che veleggiano a stormi. H Arremba: appoggia (cioě tira in secco sulla riva). Ě I'uso ligure ( arembá"), confermato da Casaccia («appoggiare, accostare una «>sa all'altra per lo ritto alquanto a pendio, acciocché sia sostenu-*». s.v.). strinata: bruciata, riarsa (ě ancora un ligunsmo: da proda- riva (secondo l'uso ligure e toscano, soprattutto B^sil'ese). na^ di cartone: barchette di carta. In una lettera a »nca Messina stesa pochi giorni prima di comporre questa poe-a-Montale scrive: .Scirocco, nuvolo, Ira di Dio! Lo 'Scncc.olo p£S*to'11 tedio *™a a fiotti. do Scricciolo era una barchata SSta dal Poeta dall'infanzia). fanciulletto P^^Z quS,idame- In una lettera a Contini del 1945, nspoi^w 52LP°Sti dai tradu»™ francesi, Montale f^^^. c°l"i che pu6 esercitare piccolo cabotagg.o lo iu^tano diplomate; dunque se trovi qualcosa come m» P*£ **>dl mare, mio comandante da quattro sold, sei p.u 111 Upupa, ilare uccello calunniato dai poeti, ehe roti la tua eresta sopra ľaereo stollo del pollaio e come un finto gallo giri al vento; nunzio primaverile, upupa, come Upupa: uccello caratterizzato da bande chiare e seure nel piumag-gio, da un ciuffetto di piume sul capo (la «cresta» del v. 2) e dal lungo beceo, ehe giunge in Itália al principio delia primaverale per questo viene qui definito, al v. 5, «nunzio primaverile»). ikre. allegro, calunniato dai poeti: i quali lo associano, anche sulla scorta dei suoni scuri del nome, alla notte e al malaugurio. Treal-meno le citazioni obbligate: Parini («e úpupe e gufi e mostriav-verši al sole / svolazzavan per essa [la notte], e con ferali / siridi portavan miserandi auguri»: // Giorno, La Notte, w. 13-15),rosco-lo («e uscir del teschio, ove fuggia la luna, /1 upupa, e svolazzarsí per le croci / sparse per la ŕunerea campagna, / e HnunOM* sar col luttuoso / singulto i rai di ehe son pie le stelle I alle o i sepolture»: Dei sepolcri, vv. 81-86) e Carducci («un'upupa^» bre»: Per Eduardo Corazzini, in Giambi ed epodi, v. 19). "J.1 eresta: giri la testa, caratterizzata da una piecola eresta ' erettili. ľaereo stollo del pollaio: lo "stollo" é propriamen ^ in legno attorno al quale si appoggia la paglia dei pag|ia^ sl3nie dica una pertica slanciata verso ľalto (cfr. «aereo») e vfygttt un pollaio. Proprio é invece ľuso pascoliano da cui Pr° -^o. i" deriva questo luogo: «il pagliaio con ľaereo stou0",bbeun's'' Myricae, v. 5); citazione ehe, secondo Bonfiglioli. aVI^1Jan0». # pore ironico, antinaturalistico e in definitíva antiPa;>L »] ^ ď t* me un finto gallo: con allusione, secondo Bonoia. ^ lamiera ehe s'usa mettere sulle aste di case o di cap ^ gnavento». Bisogna tuttavia ricordare anche che ain feiio chlama l'upupa con il nome popolare (e dialettai«WJ^* marzo» {Quasi una fantasia), nunzio primaverüe. a 114 per te il tempo s'arresta, non muore piü il Febbraio, come tutto di fuori si protende al muover del tuo capo, aügero folletto, e tu lo ignori. 10 Pnmavera. per te... Febbraio: secondo Arvigo l'upupa va «conside-rata c°me un'icona attraverso la quale entra in gioco il meccani-del tempo sospeso», e rappresenta «la libertä dal volere, la Personificazione di quel misterioso stato di grazia che, secondo ^nopenhauer, fa si che finalmente - seppure per un attimo - la ^ota di Issione s'arresti». Piü genericamente: con il suo arrive, UPUpa _____. .. . ,i. ____1» malla cn- in cio Sta *uo|w"c !>arresii». riu genei itaiiicn^.. .— — 'a annuncia quella primavera delia quale nulla sa; m cio sta SUa mágia, tutto di fuori... ignori: i movimenti delia testa dell u-'a sembrano mettere in moto la realtä esterna, con I energia Pup mni- . uuu mettere m moto ta reaua «»•"»' — v;P''cita nel precedente rimando primaverile; ed é un legame tn> dotaľ aľmale numinoso di cui quesťultimo resta ignaro. aligero. 10 ui ali. 115 Sul muro grafito. II těsto che conclude la sezione degli "ossi brevi" ě come i] precedente, privo di documenti manoscritti, e di datazion'e incerta. Segna, in ogni caso, un efficace riepilogo di alcuni temi centrali della sezione: la finitezza e l'indifferenza del-la realtá naturale, la ripetitivitá bloccata deH'esperienza vi-tale; ma anche, nella forma di vaga opzione rasserenante, l'apertura impregiudicata del future Ci sono cioě qui tan-to Yimpasse della vita come frammentazione irrelata quan-to la prospettiva eccezionale del miracolo possibile. La cal-ma immagine sospesa che conclude il componimento, sposando metaforicamente la vita del soggetto alia dimen-sione marina, prepara 1'esplosione drammatica di «Medi-terraneo». Dopo il dilagare dell'ora meridiana in numerosi testi della sezione, questo, che la conclude, si ambientaal tramonto, cosi come fara Incontro per la sezione di «Me-riggi e ombre»: un segno marginale, ma egualmente signi ficativo, dello sviluppo parallelo delle varie sezioni de bro piú volte rivendicato dallautore. METRICA Tre quartine con rime inerociate nelle pr J due strofě e alternate nella terza; imperfetta ě la rW J : appare» ai w. 2-3. Ai versi brevi della prima s .trofe^f rio, ottonario, settenario, trisillabo) succede il ntr" jadi casillabico delle altre due, sempře chiuse da una c ^ ^ endecasillabi regolari (e tale ě anche il v. 5; Wf^Lj^ nano oceupa il v. 6 e due decasillabi i w. 9-10)- blg vi gli enjambements ai w. 3-4, 5-6 e 7-8. 116 10 SUI muro grafito ,he adombra i seddi ran farco del cielo appare finito. Chi si ricorda piú del fuoco charse jmpetuoso ne|le vene del mondo; - in un riposo freddo le forme, opache, sono sparse. Rivedró domani le banchine e la muraglia e 1'usata strada. Mel futuro che sapre le mattine sono ancorate come barche in rada. 14. AI di sopra del muro istoriato che fa ombra a pochi sedili la curvadel cielo si mostra limitata. Ě una situazione ďawioche ri-calca quella dett'Infinito leopardiano; di fronte al limite imposto alio sguardo da uno sbarramento fisico nascono qui la rievoca-zione del passato (il caldo delle ore diurne) e l'immaginazione del futuro. 5-8. Nessuno si ricorda piu del caldo che brució impetuoso nelle vene del mondo; - le forme, ormai indefinite, sono sparse in una wlrna senza calore. Frase interrogativa (retorica) dissimulata, in "ferimento al passaggio, con 1'awicinarsi della seta, dal calore meridiano e dalla abbacinata nettezza visiva tipici della sezione de8'i "ossi brevi" alia frescura e alla piu confusa visione che carat-[eri2zano il tramonto. Decisiva, per la poetica degli Ossi, 1 idea di rantumazione che cova entro il verbo «sparse». •'2- Rivedró domani: al ritorno del nuovo giorno. k banchuu e W■ Portuali, con anticipazione dell'immagine marina conclus-r, £ muraglia; rilancia 1'iniziale «muro», utilizzando lo stesso so»« le "'""tne: i giorni da vivere, a partire aa SSffi Stann° in ^ metal0,a- fba^S^ gj" É "nmagine realistica (al tramonto le baiche^n nont8nato [ ri^veri) ed é figura di attesa e d. po*«£ fv ^nza un richiamo ad «Arremba su la strinata prodá- 117