La vaghezza del termine verso libero fa sí che spesso lo si riferisca a qualun que forma delia poesia contemporanea. II Mengaldo suggerisce di limitarne ľuso all'ambito delia versificazione e propone di parlare, a un livello piú ^ pio, di metrica libera, quando si verificano simultaneamente le seguenti condi-zioni: perdita di funzione della rima; libera mescolanza di versi di misura rego-lare e di versi irregolari; mancanza di regolaritä nella struttura delle strofe. II Di Girolamo suggerisce di distinguere le seguenti forme di liberta metrica: i. poli-metria (uso di versi di misura diversa); 2. irregolarita nel numero delle sillabe dei versi; 3. riadattamento della metrica barbara; 4. versi costruiti non sul numero delle sillabe, ma su una particolare successione di accenti; 5. versi varia-bili ehe seguono il ritmo di una frase sintattica; 6. versi «lineari», la cui misura ě determinata solo dalla linea tipografica. Va comunque tenuto presente che la poesia moderna oscilla tra forme di metrica libera che si basano su leggi interne e trovano liberi principí di codifi-cazione, e forme assolutamente aperte, in cui la scansione dei versi segue solo il ritmo del pensiero, delľemozione, del procedere casuale della parola. La stessa condizione della metrica ě qualcosa di ambiguo e di aleatorio: le misure e i rit-mi dei versi possono spesso essere sentiti e interpretati secondo punti di vista variabili. Molto spesso il ritmo puô essere affidato soltanto al caso, a rumori e a contesti esterni, ma spesso la presenza di versi tradizionali o di misure che ad essi somigliano serve a costituire criteri di organizzazione anche per le strutture piú aperte e irregolari. possibile la vita insulsa di quel mondo di profittatori: ma quando Lucini, in altre poesie della raccolta, tenta di fare « storia positiva », di commemorare ed esaltare in tono commosso tutti coloro che, dal passato piú lontano, hanno lottato per la libe-razione delTuomo, il suo linguaggio cade in una retorica esteriore, in una verbosita ripetitiva, rivelando nettamente la sua incapacitá di operare scelte tra materiali diversi e il suo scarso rigore stilistico. Questi limiti vistosi si sentono anche ne la solita canzone delMelibeo (1910), in cui la polemica contro il mondo contemporaneo si esprime in modi affettati, rifacendosi alla tradizione arcadica e classicistica (nonva ďaltra parte dimenticato che Lucini ebbe sempře un culto singolare per il Carduc-ci, a cui dedicó il libretto Ai mani di Giosue Carducci, 1907). 9.8.6. La poesia come scoperta della crisi: il crepuscolarismo. 11 nfíuto Lo spirito di rivolta di cui si ě parlato in 9.8.2, basato sul vitalismo e sujTjf' ^a-vate razionalismo individuaUstico, tende ad esaltare il molo delTintellettuale e deU° scrittore visto come promotore del movimento deUa storia, come creatore de le torze deU awenire: ma negli stessi anni si svolgono, in ambienti diversi, alcu ne espenenze poetiche che al contrario, svalutano la funzione del poeta, ^ candola marginale, non collimante con i grandi valori e disegni collettivi. Son° 9-8. L'alba del nuovo secolo 537 ^periewe che si ě soliti indicare con il termine crepumkrismo (cfr parolk p 2I5) e che mucjono m pruno uogo da un rifmřo radiJedi qu 1 coXw Í.co^^ poeti suddetti continuavano a nmanere fedeli. a cuiitre * v* - -----*vvivu. LacondizionedeUapoesiavieneoraanalizzataeconfrontataconic^rteri < i , Ji del mondo moderno: i nuovi poeti di ormine CTľ Svalutaz.one lttU, , ť L1'U1 oriBlne Dorghese o piu spesso Die- del molo colo-borghese riconoscono ú carattere illusorio di ogni uso ufficiale, celebrati- ddla ^ vo, vita istico deUa parola, awertono una frattura totale tra gli alti raggiungi-menti deU arte e k verucosa accelerazione del mondo moderno; ma non cre-dono nemmeno piu che 1 arte possa attribuirsi la missione di combattere con-tro il mondo borghese e suggerire valori alternativi e assoluti. Cercano un lin-guaggio che non falsifichi ľesperienza presente, che non la mascheri sotto for- Comro fl sublime me del passato ormai consunte: ma nello stesso tempo evitano ogni parteci-pazione al movimento del mondo, ogni proiezione costruttiva verso il futuro; sono lontanissimi dal magnificare le forze della « vita» e non credono piú che la poesia debba assurgere (come pretendeva il D'Annunzio delle Laudt) a guida per la conquista di un nuovo mondo umano. I poeti cosiddetti« crepuscolari»(le cui prime esperienze si svolgono pro- Poesia del grigiore prio negli anni della pubblicazione delle Laudi) rendono quindi conto nel mo- quotidiano do piú coerente di una condizione di «crisi» della poesia e delľarte nel mo- PAROLE tav. 215 Crepuscolarismo U primo a usare Ü termine come categoria critica fu Giuseppe Antonio Bor-gese (cfr. 10.3.16), in un articolo apparso su «La Stampa>> d 1 settembre 1910, Poesia aepuscolare, dedicato a raecolte poetiche di Moretti, Martini e Chiave • ScegHendo la metafora del crepuscolo per indicare d> memo e di declino, Ü predominio di tom smorzati e attenum d criueo padav di« Unci che s annoiano e non hanno limacciosa malinconia di non aver null» ^^^pj^che«!^ questa poesia « una voce crepuscolare, ^aa^g Psceva sue essen. gne», ne indieava le distanze dalla poesia P^^J ^Pascoli. Nd I9„ ziali ascendenze nel D'Annunzio del ^^^^ Slgnonna Feliäta Scipio Slataper (cfr. 10.3.2) riprendeva da estoess fl ^ cosi su. diGozzanoľespressione<; nia deters (cfr. n.3.8), al D'Annunzio delPoema rZ ] Carducaana da }EZ * Praga BJeW e dei Canti * ^ Rispetto ai loro modelli, i crepuscolari cona, i va di far parlare e respirare le semplici cose, S^?^ nuo- „ cose poetiche e cose non poetiche e senza cercare TZ" t^T**** * scoprendo la poesia di cio che e usuale, comune nSi ^ Se*rete«™ qualchevolta,llnschiodiuncertocompiacimento> neT u*; Cl6 comPona. lachiusura entro un repertorio elementare di o«J^- • l00^nre-guarda aUa cultura italiana all'alba del nuovo secolo 1! fUazioni-Ma se ■ mbizioni vitalistiche che in essa prendevano come^ 6 SCere il rilievo deU'esperienza ^usc^X^^^ misure cosi tenui e marginali: dalla sua essenziale rivoluzione linguisticsTpren dera le mosse gran parte della poesia del Novecento. I primi testi definibili come « crepuscolari» nascono tra il 1903 e il 1904 per opera di Govoni (di cui si parlera pero in 10.3.14) e di un gruppo romanc che si raccoglie intorno al giovane Corazzini (cfr. 9.8.7); parallelamente comin-cia la propria attivita un gruppo torinese, che trova in Gozzano il suo maggiore esponente (cfr. 9.8.8). Ma, fuori di questi due gruppi, anche se in stretto con-tatto con essi, operano altri autori, come Moretti (cfr. 9.8.9) e, per una breve fa-se, Palazzeschi (cfr. 10.3.15). 9.8.7. Sergio Corazzini. Nella sua brevissima vita, distrutta dalla r^^^S^^ ^ zini (1886-1907) fu impiegato presso una .^P^^Xria Martini, 1886-lui si riunirono alcuni amici poeti romani (come r* ronoaRoma(comeGovo-1931), a cui si aggiunsero altri crepuscolari che sogg ^ fl h mort ni eMoretti). Ingegno precoce e sensibile, L°ra^£ £ ( 04), Piccololibroinutile I proi romano In ati ^9ob),tlegia 1906),LtbroperiaflSuabiograha,lasuavu-»-~~ in modo audace e coerente, Ü verso libera La di poeta-fanc'uUo^ che male e dall'attesa della morte, lo P00^.^^ confronta la sua voce con la prossima espenenza iU*^** Pascoli attribuiva al s.uo ^^*^^^^^i0lle^ Piü semplice e ordinaria, come qudl*f<«nP esiapiucelebre üe fiuta il nome stesso di« poeta » ce ^ Ä ^ Povero poeta sentimentale). Egü ^^Ja sua poes* non^so * ^ narsi a un pianto diretto ed **f**££> alla V^S^l^ cuno ha creduto) in uno sguardo ^P**^ ^ deUa e dfe co e, vittimistico; la sua attesa della «^^ü-cf^^h della realta, ne e spettacolo, e parteeipazione aUessv ^ clll e tat: e contemplazione delle «povere p «imagine terribilmente perietta a Í40 Epoai g L* miova Italia (i So i i y 10) I a poesia di Corazzini coglic il vuoto che si annida nelle cose, nel temp0 clla parola: scnihra volcrsi svolgere in assenza di pubbhco, nella musieadi Un H silon.il> cľtfKii/n nclla naroia: snmu.i n 1.«..*...............- --- r ■» ----- aiun «organo di Karbcria» (tigura assai amata dai crepuscolan) ehe «nessun0 colta»; cerca un colloquio e una comunione di «anime» che si dia nel silen. i, ehe riesca a vivere entro la negazione delia vita («la bella / Vita imagine^ asc zio moio una chiara / mortc»). In poche essenziali immagini Corazzini insegUe questa vita che vive ťuori di sc, queste voci inascoltate: vecchie canzoni di cui gj e perso il ricordo e il senso, specchi che sembrano conservare Ii traccia di pre. senze svanite, sere domenicali piene di stanca tristezza, luoghi abitati da malati che attendono la mořte (come in Toblack, gruppo di componimenti sulla citta dina drolesedj Dobbiaco, chefungeva daospedaleesanatorio). E tra Icpieghe di questa poesia delsilenzioedell'assenza affiora a tratti qualchebaleno piúse-gretO, qualche trammento di un allucinato colloquio simbolico. 9.8.8. Guido Gozzano: vita e opere. I crepuscolari Guido Gustavo Gozzano (ehe si fece poi chiamare soltanto Guido) nac toriiu-si que a Torino il 19 dicembre 1883 da buona ťamiglia borghese, ehe possedeva ville nella zona di Agliě, nel Canavese, dove egli soggiornô a piú riprese. Si iscrisse alla facoltä di legge, ma non giunse mai a laurearsi e preferí interessarsi di letteratura, seguendo alľuniversitä di Torino i corsi di Arturo Graf (cfr. 9.7.11), insieme ad aleuni giovani, ehe costituirono con lui il gruppo dei crepuscolari torinesi (Giulio Gianelli, 1879-1914, e Carlo Chiaves, 1883-1919; a loro ŕurono vicini anche il milanese Carlo Vallini, 1885-1920, e un altro tori nese, Nino Oxilia, 1889-1917, ehe cercô di adattare il nuovo linguaggio elabo-rato dagli amici a una esaltazione delle macehine e delia societa moderna). Ľcsordio Gozzano, ehe era di salute malferma e non ebbe mai un vero lavoro, partecipô liinrario: aUa vita culturale e mondana delia Torino di inizio secolo; dopo appassionate im via delHfugio jetture Schopenhauer e di Nietzsche e dopo aleuni tentativi in versi di im pronta dannunziana, rivelô la sua nuova poesia nel 1907 con il volumetto ha via delrifugio: il titolo indicava giä chiaramente come egli cercasse nella poesia un « rifugio » dal turbine delle passioni e delle aspirazioni mondane, uno spazio ai margini, ŕuori da ambiziose prospettive storiche e intellettuali. La figura del Poeta poeta vi appariva sotto il segno delia rinuncia alia vita (un «gioco affatto/ ae-dclla rinuncia gno di vituperio ») e di una sospensione dei desideri (« Un desiderio? Sto / šupino nel trifoglio / e vedo un quatrifoglio / ehe non raccoglierô»), spesso con accenti fortemente patetico-sentimentali; ma vi si trovavano anche due dei componimenti piú origináli di Gozzano, Le due stradě e Ľamica dinonna Spe-ranza, ehe dovevano confluire nella piú importante raccolta successiva. Nello stesso 1907 inizio la sua inquieta relazione con la serittrice torinese Amália Guglielminetti (1881-1941; sono molto interessanti le lettere ehe i due si La malattia scambiarono), e vide aggravarsi, in seguito a una pleurite, i segni delia tuber-colosi, ehe doveva condurlo alla morte. Alia vita torinese fu costretto ad alter-nare sempře piú frequentemente i soggiorni di eura al mare (soprattutto ose, nel tempo, IIa musica di un che «nessuno si dia nel silen-Vita imaginere-orazzini insegue canzoni di cui si \a traccia di pre-abitati da malati menti suüa citta-.Etrale pieghe e baleno piúse-o. ito Guido) nac-' che possedeva piü riprese. Si feri interessarsi turo Graf (cfr. Jppo dei crepu-ES, 1883-1919; a , e un altro tori-linguaggio elabo-iocietä moderna), lavoro, partecipö opo appassionate ' in versi di ün-olumettoLavüi nella poesia un e, unospazioBi ~ -~a del k- spesso con anche due dei Jccessiva. Nello přinese Amália "re ehe i due si gni delia tuber-tstretto ad alter--attutto in (sopr 9-8-Ľalbadel nuovo secolo 541 Ljguria) e in montagna, oltre che nella prediW 11 Nel 1911 apparveÜsuoUbropiuimportanteTjf dd Mdet0 ad ^glie erano disposti, secondo un preciso disegno, in^re S1 ^C°mponimenti (che presenta « episodi di vagabondaggic sentimental/ ^V?* enore combe la minaccia della morte,« Signora vestita di n,,Il L \ n °gle (su cui * l'illusorio desiderio ďamore e al confronto con la mZ e//*^(doveal-rente rassegnazione, l'accettaztone di m^^^g™** /co/Zo^tt/nonebberoilsuccessodipubblicodelvnl,^,,, j marono comunque la fama di Gozzano, che nel 1m rZ? 1 ma confer" d ^ » m-dia, alia ncerca di climi adatti al suo stato di ^jSS^^S^ * giornali (in primo luogo « La Stampa » di Torino) alcune prose Scate aW™ che řurono raecolte postume nel 1917 col titolo Veno la cuna delmondo- il libro d mostra come 1 autore ínseguisse, in India, le tracce di un'essenza originaria, le radiči deU'umanitä, 1 segni familiari di un'identiti comune; e come, a ogni incontro, egli verificasse la distanza irraggiungibile di quella « cum », il fondo segreto e indedfra-bile che quella vita reale oppone aü'uomo ocddentale. In ogni momento della sua vita Gozzano collaboro a giornali e riviste con prose Colkborazioni: di vario genere: dalle recensioni letterarie alle fíabe per bambini (raecolte nei volu- giornali e riviste mi I due talismani, 1914, e La principessa sisposa, 1917) e alle novelle (raecolte nei volumi postumi L'altare delpassato, 1918, eL'ultima traccia, 1919). E unaproduzio-ne in tono minore, in cui egli sembra adeguarsi alle richieste di un pubblico deside-roso di mtrattenimento leggero, e in cui si rileva la sua predilezione per le fantasie della narrativa romantica, alleggerite da un pacato umonsmo. Dopo / colloqui Gozzano pubblicö in riviste fí^^££SSS. Wrcadtnuov^ smo, verso una nuova forma di fede (una sorta direug, ^ ^ poema della morte, awenuta a Torino ů 9 agosto egu * hi e su aI. in endecasillabi sciolti, modellato sui poemi d^^J* so^epart^Sonealrnicroco- eune recenti opere di serittori fiamminghi (sop«tt^AUkanAlMto IWonte le. Epištole entomologické, che runase dei Colloqui, Gozzano contempla qu , natura . vano Co- gli msetti!animata dallo spirito proíon ^forme prime, sipone^ fl smo piú marginale e l'in^rrogazione d P <<1q stancogr^doso> ^ me vie di salvezza, come ultuno « nhig» P-----n orez,o (íli iiltimi anni Farfalle: una religione della natura ' f" _rf»7 oso e aru"w-> - tik^P^uardochel'autore ' St°',ofl rivoke all, f.rfallee ai loro «sensl < deUcatezza ««■ -«v. vjí oaivtiio, — — , n ,,nn ctlie Uwrt— i , „,orHfl Ctte 1 autu Poema ha momenti di stanchezza e uno^ ^ lo sg^^, alcuni suoi frammenti rivelano una laceran uno rdo st ^eVoJe» natura artificiale costruita daü'uomo ™&™m furiava SranW°n questo tentativo cosi sommesso e <> m^re mhsnava^ un starlo cercatore di farfalle: era ^f^^^tcnoog^^n- O'" WIlLCllipWlOia«-»---- .1 yjol^1123 bolico di fragüe resistenza alia ^assa nuove forme deUa distruzione J4a Epoca 9 La nuova Italia (1861-1910) 9.8.9. La poesia dei Colloqui. 1 net ob A parte la suggestiva prova, incompiuta, delle Farfalle, la poesia di Gozza-no resta affidata ai Colloqui, nel cui organismo si dispongono ventiquattro componimcnti in metri diversi, legáti tra loro da una comune tematica e da un ritmo narrativo e colloquiale. La voce del poeta non si abbandona qui a una di-retta effusione lirica, bensí disegna (quasi sempře parlando in prima persona) una ideále biografia intellettuale, costelkta di figure in movimento, di luoghi e dí vicende, che restano pero quasi sospese, inafferrabili. II confront Alia radiče di questi versi c'ě uno struggente ed elementare fondo romanti-("ii i modřili CO) Un giovanile desiderio di felicitä e di amore, di comunicazione appassionata e vitale, di bellezza, di dolcezza, di contatto col mondo femminile. Ma questa esuberanza giovanile ha dovuto fare moko presto i conti con i modelli dannun-ziani, con le immagini estetizzanti della poesia, della gloria, della conquista, dell'eros, dominanti all'inizio del secolo: la formazione di Gozzano ě stata se-iMiata ŕanchea livello stilistico) dal dannunzianesimo, conilqualeeglicontinua a ( onfrontarsi anche dopo averne awertito il carattere fittizio. La sua poesia piú autentica nasce quindi da un «dannunzianesimo rientrato» (E. Sanguine-tij: dopo essersi formato sulla poesia delle sensazioni trionfanti, della vitalita onnivora, Gozzano scopre invece la presenza quotidiana della malattia, della delusione, della incomunicabilita amorosa, della menzogna e della malinconia, che lo spinge a guardare non verso un futuro da conquistare, ma verso un pas-Kwwcíarncnto sato fatto di esistenze fragili, marginali e irrilevanti. I romantici sogni iniziali si fid ni.iirnc trasformano cosi in passione per tutto ciô che si perde e si cancella, per le vite appartate e ombrose, per i quieti interní casalinghi, per le stampe ďaltri tempi, per le «buone cose di pessimo gusto »; all'energia conquistatrice egli oppone una «giocosa / ariditä larvata di chimére»; alia pretesa di porsi al centro del presente, nel punto piú alto della storia, oppone il gusto per la provincia, per un'umanitä che vive un'esistenza banale e ripetitiva. Desideroso di immergersi nella dimensione « borghese » piú incolore, egli sostituisce alia figura eroica del poeta-vate, del superuomo, un esile soggetto umano, « un coso con due gambe / detto guidogozzano», che arriva a vergognarsi «ďessere un poeta»; e agli amori per donne fatali, attrici e principesse (ne ě inquietante immagine la donna che pattina sul ghiaccio incrinato, incurante del pericolo, inlnvernale, 1910) Oppone gli "amori ancillari», i rapporti privi di sentimento con cuoche, «ca-meriste »,« crestaie » o i sogni di quieti affetti con donne troppo da lui diverse e 1. m- H|,»r it;, lontane. Questo rovesciamento del sublime poetico contemporaneo, artificio- «da tro Vlvace bruj S°nfronto desPunto Vocare app *** «rom §he8giame, o 1S°'che II er°S do dj1 u» d 9-8. L'alba del nuovo secolo 543 Scontro tra aiilico e prosaico ai a fare delle vere sceJte, si lascerá sempře trasportare dal flusso indifferente e cose, rinunciando a intervenirvi, a trasformarle. Tutta la poesia di Gozzano si costruisce cosi su un confronto, carico di am-bigui risvolti, tra livelli diversi: anche per quanto riguarda la lingua, egli non crea un discorso direttamente prosaico, ma, come ha notato Montale, raggiun-gegrandi risultati proprio «facendo cozzare 1'aulico col prosaico», piegando il linguaggio della tradizione piú alta a toni da conversazione quotidiana, intrec-ciandolo a modi banalmente « borghesi», a termini del lessico piú grigio. A tale scopo si serve spesso di citazioni da classici (in primo luogo Dante e Petrarca) per ricavarne frasi assimilabili alia piú pedestre comunicazione di tutti i giorni; lo stesso intervento egli opera sulla metrica, sottoponendo le sue forme chiuse e tradizionali a variazioni molteplici, tra voluta monotonia, momenti di falsetto, improwise cadute verso il« basso », spezzature e giochi preziosi (e Gozzano sa trarre effetti eccezionali anche dall'uso straniante della rima, come nel ce-lebre caso camicie-Nietzsche). La compresenza di diversi liveüi stilistico-linguistici ě al tempo stesso com- L'ironia gozzaniana presenza e confronto tra diverse possibilitá di vita: per questa via si costruisce Xironia di Gozzano, che corrode tutto il suo mondo poetico, le Stesse figure «buone» (verso cui sembra andare la sua partecipazione sentimentale), la stes-sa figura del poeta, i suoi gesti, le sue parole. L'accento piú singolare di questa poesia sta proprio nell'inscindibile legame che essa istituisce tra il momento della partecipazione affettiva, del rimpianto per ciö che si perde, per la fragilita delle cose e delle esistenze, e il momento dell'ironia (che assume anche toni scostanti, ingrati, traducendosi in difesa dal rischio del sentimentalismo). I componimenti piú belli dei Colloqui ben manifestano questo confronto tra patetismo e ironia. In Le due strade, l'incontro del poeta, che passeggia in- Le due strode sieme a una « Signora scaltra», con un adolescente in bicicletta genera un immediate) confronto tra opposte immagini della femminilitä, tra la donna mature, «da troppo tempo bella, non piú Bella tra poco», e la giovane «forte bella vivace bruna», da cui traspare il miraggio di un'inafferrabile felicitä. Su un nfronto tra presente e passato si regge L'arnica dinonna Speranza, che pren-spunto dall'amore del poeta per le vecchie stampe e le vecchie foto per rie-vocare appassionatamente il mondo borghese di metá Ottocento e la dolce figura «romantica» dell'adolescente Carlotta, sfiorata da un impossibile va-gneggiamento (ma nello stesso tempo quella realtä ě oggetto di un distaccato sornso, che si rivela in modo piú esplicito in un componimento escluso dai Col-toqut, L'esperimento, 1909, dove il poeta mette in scena il suo desiderio per carlotta in una sorta di gioco che vede un'arnica travestirsi con abiti del passa-0). Ancora un confronto con il passato, nel ricordo di una « cattiva Signorina » Cocotte jncontrata durante l'infanzia, si ha in Cocotte (1909), una dichiarazione d'amo- n T(£~e n°n co^te' Per K< ^e cose / cne potevano essere e non sono / state ». *j .confronto si dá spesso tra livelli sociali e intellettuaü diversi, sotto il se-ßno di un desiderio di comunicare con ciö che ě estraneo, con chi non ě in grämest' ?P?^^ nialessere del poeta; eeco dunque i rapporti amorosi con le do-'che (c e addirittura un Elogio degltamortancillari); eeco, soprattutto, l'a- L'amica di nonna Speranza Epoca f La nuova Italia (1861-1910) . appena sfiorato, vissuto nella reticenza e nella distanza, con una raga22a borghese « quasi brutta, priva di lusinga», dai modesti onzzonti casalinghj, , famiJiarii'ce ne paria il celebre poemetto in šestine dl endecasillabi La si&lori tdicua felicita ovvero La Felicita (1909), che ha come sfondo le campagne del Canave-se ed ě ambientato in una vecchia villa (VilľAmarena) piena di oggetti banali e dí presenze mediocri. Nel rapporto con la figura femminile, proiettato nella «malinconia» del ricordo e del distacco, il poeta manifesta tutto il suo deside-rio di fuggire da se stesso, trasformandosi in un sorta di «uomo ďaltri tempi un buono / sentimentale giovane romantico»; ma la sua ě soltanto una recita-zione appassionata, che non instaura alcuna reále comunicazione con la «sj. gnorina», che lo rende ancora piú estraneo a quel piccolo mondo borghese (una passione altrettanto straniata impronta un componimento non compreso 'ipoten nei Colloqui, Uipotesi, 1908, una specie di preludio alla Signorina Felicita, in cui il poeta vagheggia una futura tranquilla vita borghese di sposo della stessa Felicita, in una « villa remota del Canavese», nel lontano 1940). E ancora su un confronto tra il mondo moderno e un'antica, monotona vita dai limitati oriz-Tortno zonti, si fonda il fascino di Torino: nelľatmosféra della citta, insieme provincia-le e internazionale, il poeta vede le radiči della propria esistenza, i segni slab-brati di una sua «anima borghese e chiara e buia». Le contraddizioni e le ambigue « recitazioni» che hanno origine dal con-vergere di diversi livelli di realta trovano una sorta di desolata pacificazione nel-1'ultima sezione dei Colloqui, dove campeggia il protagonista del componimen-rumcm to Toto Merumeni (1911, presente anche nel lavoro ln casa del sopravvissuto), cioě il «reduce», figura della «rinuncia», il « sopravvissuto » all'amore e alla morte, che ě stato capace di fare il vuoto attorno a sé, che sa non sentire e non amare, e ha scelto di vivere in silenzio, nelľinettitudine e nella sconfitta, nelľin-differente attesa della morte, « con una madre inferma, / una prozia canuta ed uno zio demente». Anche qui 1'accettazione di una « vita piccola e borghese» ě corrosa dalľironia, da un senso di separazione e di non appartenenza. Ma (so-prattutto in Pioggia ďagosto, pubblicato nel 1910 col titolo Verso la fede) la nátura, con le sue forme piú semplici e minuté, sembra promettere un conforto autentico e una diversa poesia (quella che Gozzano tentera poi nelle Farfallé)- 9.8.10. Un poeta che non ha «nulla da dire»: Marino Moretti. rmaina Mentre la poesia di Gozzano si caratterizza per il continuo confronto di piú vuoto Hvelli, qUella di Marino Moretti si costruisce su una sorta di vuoto tota e, sull'abbandono di qualunque valore, sulTaccettazione incondizionata della normalita piú dimessa. L'esperienza poetica di Moretti, dopo essersi posta come una delle piú rappresentative ed esemplari del crepuscolarismo, seflibrjj chiudersi all'inizio della prima guerra mondiale, sostituita da un' ampia series opere narrative, di scritti di memoria e di divagazione, ma negli anni Sessanta u vecchio scnttore torno a una sorprendente produzione in versi che si riaUaccia va alia sua espenenza iniziale. Con Moretti il crepuscolarismo manifesta la Pru 9-8. L'alba del nuovo secolo Mi lung* vita la propria singolare, sotterranea soprawivenza. a Cesenatico nel 1885, da una famiglia della piccola borghesia, Moretti re-ore strettamente legato alle sue radici familiari e provinciali; ebbe un'infan-stô 'adolescenza difficili, segnate da cattivi risultati scolastici, e nel 1901 si recô Da Cesenatico a Firenze Palazzeschi, al quale si lego di grande amicizia. Accortosi ben presto"ddle roprie scarse attitudini drammatiche, si accosto alia vivace vita culturale della Fi fcnze di quegli anni e pubblico subito novelle e versi; al 1905 risale la raccolta poeti-ca Fratermta, stampata in veste assai elegante grazie al sostegno economico di Palazzeschi. Intrecciati rapporti con Govoni, Corazzini e Gozzano, Moretti mise poi insieme le raccolte poetiche Poesie scritte col lapis (1910), Poesie di tutti i giorni (1911) e //giardino deifrutti (1915). Inoltre pubblico, gia nel 1913, il suo primo ro-manzo e ad esso fece seguire una lunga produzione narrativa, che ebbe un consi-stente successo di pubblico e che disegna personaggi miti, chiusi in grigi contesti, in sentimenti semplici ed elementari (si ricordi il romanzo Ipuri di cuore, 1923), ma talvolta fa uso di una corrosiva ironia (come in La vedova Fioravanti, 1941). Colla-boratore assiduo del «Corriere della Sera», con prose del tipo piu vario, Moretti si presento negli anni del fascismo come figura di letterato « medio», discreto e civile, attento a trasmettere un'immagine «moderata» della letteratura (ma nel '25 firmo il manifesto degli intellettuali antifascist redatto da Croce, cfr. dati, tav. 223, e non sipiego mai alle lusinghe del regime). Superati gli ottant'anni, nella vecchia casa fa-miliare di Cesenatico (dove morf nel 1979) torno inaspettatamente all'attivita poeti-cacon quattro raccolte: L'ultima estate (1969), Treannieungiorno {idaInonsaPere>dalnonessere:morettisipoetap10; caoaH^j nonPartecipaaldibattitoculturale,nonpossiedemezzitecnici, ne * (« A dl vita> non ha ne « remo » ne « ali», non ha letteralmente niente da di-*> ve^'qualcosa da dire / nel mondo a se stessi, alia gente. / Che cosa? Non ProfiCnte ' Perch^ io non ho nulla da dire»). Nessuno ascolta questa voce; ,Cnte nor> esiste nemmeno il poeta che la proferisce (o, dmeno, sem_ ^ ^gk non saPPia nemmeno di esistere). Su questo vuoto totale si syolge J di una malinconia dolce e rassegnata, « versi staccati quasi senza La narrativa e ľattivitä giornaiistica Le ultime raccolte Indifferenza aUa modernita Poesia come non essere 4 metrici, la ooice e ra^cgn«i",----- ^tuós?0 Una musi^a tenera, nello stesso tempo cinica e delicate, egoistica c Cí,iami W partendo da un linguaggio quasi neutro, che nduce Unalepr'eran> Moretti vi costruisce sopra, anche con sottili etre , *fenora melodi* che fa pensare a un Metastasio al grade zero, trasformato Inon^^deU-indifferenza. . ,. imnica. un resi- -.vwac ucit manrerenza. . ,. . .pn7iI r0nica, qUe«o leggerissimo nulla vibra una specie di resistenza Una dimensione vitale « minima » L'ultima produzione «...10 sono quel che sono » «11 nuovo non esiste» 546 Epoca9 La nuova Italia (1861-1910) duo attaccamento alia vita, che ě solo «una parola o un nome / breve, d., lettere», ma che fa comunque emergere affetti (essenziale il tema del quat- porto con la' madre), ricordi (come quelli della scuola), sensazioni elemental situazioni e immagini da cui ě sparito ogni colore (e non ě un caso che a trac ciarle sia il lapis, col suo «color che non ě piú colore»). Emerge cosi una «mini ma» dimensione vitale, in cui si affacciano le figure tipiche del repertorio ere puscolare e i luoghi dove la vita appare fascinosamente sospesa (come scuole conventi, stazioni) e in cui si afferma, comunque, la sotterranea autenticita di ciö che tace e non fa rumore. Tornando alia poesia nella vecchiaia, Moretti ripropone quell'atteggiamento «minimo» attraverso una insistente conversazione musicale, in cui Pio del poeta sembra emergere miracolosamente fuori del tempo, e afferma una soprawivenza che ě continua sorpresa: il vecchio sembra scoprire se stesso proprio grazie alia sua condizione marginale e appartata («Grande scoperta: io sono quel che sono») in cui tutte le cose si negano e insieme si riconoscono, in cui si svela la natura aleatoria del rapporto tra essere e non essere, tra sapere e non sapere, tra partecipare e non partecipare. La sua voce ě cosciente di svolgersi« nonostante tutto », conosce i pro-pri limiti e le proprie mancanze; e questa coscienza conquista una giocosa liberta da ogni costrizione stilistica, da ogni necessitä di farsi vedere dal pubblico secondo esemplari precostituiti; si anima di sottili malizie, di improwisi sberleffi, di ricordi lontani che si sovrappongono al presente, come se il tempo fosse cancellato. Egli abita dentro le cose e le parole avendone annullato ogni spessore ideologi-co; ha visto che il tempo ha smentito infiniti programmi, progetti, illusioni, finendo per dare ragione proprio a chi non aveva « nulla da dire»; e da ciö puö ora ricavare una Serena allegria, sapendo che «il nuovo non esiste » e che vani erano i clamori della modernita che hanno attraversato il nostro secolo. Seguendo il motto «in casa mia scrivo come mi pare », il vecchio Moretti ha prodotto, in anni pieni di teorie e di manifesti, una grande poesia che meriterebbe un'attenzione molto maggiore di quella che ha ricevuto: una poesia che trova la sua forza proprio nella sua inattuali-tä, nella sua indifferenza al divenire.