occasioni 1928-1939 IL BALCONE i Pareva facile giuoco mutare in nulla lo spazio che m'era aperto, in un tedio k maker to il certo tuo fuoco. tj Ora a quel vuoto ho congiunto ogni mio tardo motivo, sull'arduo nulla si spunta $ Vansia di attenderti vivo. °> ha vita che da harlumi e quella che sola tu scorgi. A lei ti sporgi da quest a \ 1 finestra che non s'illumina. I VECCHI VERSI ft faotot^ Ricordo la farfalla ch'era entrata dai vetri schiusi nella sera fumida su la costa raccolta, dilavata dal trascorrere iroso delle spume. Muoveva tutta l'aria del crepuscolo a un fioco occiduo palpebrare della traccia che divide acqua e terra; ed il pun to atono del faro che baluginava sulla roccia del Tino, cerula, tre volte si dilato e si spense in un altro oro. Mia madre stava accanto a me seduta presso il tavolo ingombro dalle carte da giuoco alzate a due per volta come attendamenti nani pei soldati dei nipoti sbandati gia dal sonno. Si schiodava dall'alto impetuoso un nembo d'aria diaccia, diluviava sul nido di Corniglia rugginoso. Poi fu l'oscurita piena, e dal mare un rombo basso e assiduo come un lungo regolato concerto, ed il gonfiare d'un pallore ondulante oltre la siepe cimata dei pitdsfori. Nel breve vano della mia stanza, ove la lampada tremava dentro una ragnata fucsia, penetro la farfalla, al paralume giunse e le conterie che l'avvolgeyano segnando i muri di riflessi ombrati eguali come fregi si sconvolsero Le occasioni e sullo scialbo corse alle pareti un fascio semovente di fili esili. Era un insetto orribile dal becco aguzzo, gli occhi awolti come d'una rossastra fotosfera, al dosso il teschio umano; e attorno dava se una mano tentava di ghermirlo un acre sibilo che agghiacciava. Batte piu volte sordo sulla tavola, sui vetri ribatte chiusi dal vento, e da se ritrovo la via dell'aria, si perse nelle tenebre. Dal porto di Vernazza le luci erano a tratti scancellate dal crescere dell'onde invisibili al fondo della notte. Poi torno la farfalla dentro il nicchio che chiudeva la lampada, discese sui giornali del tavolo, scrollo pazza aliando le carte - £e fu per sempre_\ {ktWJ-)con le cose che chiudono in un giro sicuro come il gfomcT""e"Ta memorta in se le cresce, sole vive d'una vita che dispart sotterra: insieme coi volti familiari che oggi sperde non piu il Sonno ma un'altra noia; accanto ai muti antichi, ai lidi, alia tartana che imbarcava tronchi di pino a riva ad ogni mese, al segno del torrente che discende ancora al m«e e la sua via si scava. V 7 ' Parte prima 117 BUFFALO Un dolce inferno a raffiche addensava nell'ansa risonante di megafoni rurbe d'ogni colore. Si vuotavano a fiotti nella sera gli autocarri. Vaporava fumosa una calura sui golfo brulicante; in basso un arco lucido figurava una corrente e la folia era pronta al varco. Un negro sonnecchiava in un fascio luminoso che tagliava la tenebra; da un palco attendevano donne ilari e molli l'approdo d'una zattera. Mi dissi: .Buffalo! - e il nome agl. Precipitavo ne^^inbo^dove assordano le voci del sangue e i guizzi incendiano la vista come lampi di specchi. Udii gli schianti secchi, vidi attorno curve schiene striate mulinanti nella pista. - Xi^lsrVwo 000)6 m arcioni, Takimini U Bonobola é caricata. «dl no appartamento). , *VMik.D, Pitou r-Ítttrao Venerdi «■* e non danza piu. LINDAU T6^ La rondine vi porta fili d'erba, non vuole che la vita passi. Ma tra gli argini, a notte, l'acqua morta logora i sassi. Sotto le torce fumicose sbanda sempre qualche ombra sulle prode vuote. Nel cerchio della piazza una sarabanda s'agita al mugghio dei battelli a ruote. Le occasioni BAGNI DI LUCCA Fra il tonfo dei marroni e il gemito del torrente che uniscono i loro suoni esita il cuore. Precoce inverno che borea abbrividisce. M'aff actio sul ciglio che scioglie l'albore del giorno nel ghiaccio. Marmi, rameggi - e ad uno scrollo giu foglie a elice, a freccia, nel fossato. Parte prima CAVE D'AUTUNNO su cui discende la primavera lunare e nimba di candore ogni frastaglio, schianti di pigne, abbaglio di red stese e schegge, ritornerä ritornerä sul gelo la bontä d'una mano, varcherä il cielo lontano la ciurma luminosa che ci saccheggia. Passa l'ultima greggia nella nebbia del suo fiato. VERSO VIENNA II convento barocco di schiuma e di biscotto adombrava uno scorcio d'acque lente e tavole imbandite, qua e la sparse di foglie e zenzero. Emcrse un nuotatore, sgrond6 sotto una nube di moscerini, <£j»vl m>JL» jb;i|.]iQ» ^ chicsedei ,n6stfbvViaggio, '"*a rbWsvMr parl6 a lungo del suo d'oltrc confine. AdditU il polltr in (;|<(i;l (lie M pilVi.'l (inform6) con un idtdO «li pedaggib. "»n In innno, npiolondn, f'i 1« cm rente Item... I',l| III Mill pmlo, "" '«»»0110 frMimo .lie Imu.v,.. '•"•«« vn,r ,|rii|r„ |\,|„ I <• a a fra i morti balocchT ove e negato Pur morire; e col tempo che ti batte a| Polso e all'esistenza ti ridona, a Je mura pesanti che non s'aprono 126 Le occasiuni al gorgo degli umani affaticato, torna alia via dove con te intristisco quella che additö un piombo raggelato ^wwft^-->alle mie, alle tue sere: torna alle primavere che non fioriscono. Parte prima 127 VERSO CAPUA ... rótto il colmo sulPansa, con un salto, il Volturno calö, giallo, la sua piena tra gli scopeti, la disperse nelle crete. Laggiu si profilava mobile sulle siepi un postiglione, e apparl su cavalli, in una scia di polvere e sonagli. Si arresto pochi istanti, 1'equipaggio dava scosse, d'attorno volitavano farfalle minutissime. Un furtivo raggio incendiö di colpo il sughereto scotennato, a fatica ripartiva la vettura: e tu in fondo che agitavi lungamente una sciarpa, la bandiera stellata!, e il fiume ingordo s'insabbiava. - Cm j^Ormai nella tua Carinzia di mirti fioriti e di stagni, china sul bordo sorvegli la carpa che timida abbocca £ o segui sui tigli, tra gl'irti pinnacoli le accensioni del vespro e nell'acque un avvampo di tende da scali e pensioni. La sera che si protende í o 6uU'umida conca non porta col palpito dei motori che gemiti ďoche e un interno di nivee maioliche dice alio specchio annerito che ti vide diversa una storia di errori imperturbati e la incide dove la spugna non giunge. La tua leggenda, Dora! Ma ě scritta giá in quegli sguardi di uomini che hanno fedine ajtere e deboli in grandi ntratti ďoro e ritorna *d ogni accordo che esprime harmonica guasta nell ora cne abbuia, sempře piú tardi. occastom ÍL scritta lá. II sempreverde alloro per la cucina resiste, la voce non muta, Ravenna é lontana, distilla Q veleno una fede feroce. Che vuole da te? Non si cede voce, leggenda o destine.. Ma e tardi, sempře piu tardi. jut* wri«-" parte prima 133 \ I'Artto balsamo fino LAPO GIANNI Una botta di stocco nel zig zag del beccaccino - e si librano piume su uno scrlmolo. (Poi discendono la, fra sgorbiature di rami, al freddo balsamo del fiume). I I I "il ilUnfii l',irfe prima 135 NIM. ľ A1UX) 1)1 CASľ.RTA Hov ľ il ujmio crudolc si Uscia e si contorce, sul pelo dcllo stagno, tra il řogliame, si risveglia una sféra, dieci sfere, una torcia dal fondo, dieci torce, -eun sole si bilancia a stento nella prim'aria, su domi verdicupi e globi a sghembo ďaraucaria, ehe scioglie come liane braccia di pietra, allaccia senza tregua chi passa e ne sfila dal punto piú remoto radiči e starne. Le nócche delle Madri s'inaspriscono, cercano il vuoto. fa** B QGm** foroto ACCELERATO Fu_cosL.com 'ě il brivido; pungente che trascorre i sobborghi e solleva alle aste delle torri la cenere del giorno, com'e ^1 soffio) piovorno che ripete tra le sbarre ľassalto ai salici reclini -fu cosi e fu tumulto nella dura oscuritá che rompe qualche foro ďazzurro finché lenta appaia la ninfale Entella che sommessa rifluisce dai cieli delľinfanzia oltre il futur\0^^"<^" poi vennero altxijiti, mutô il vento, '/Ytx^diill crebbe il bucato ai fili, uomini ancora uscirono alľaperto, nuovi nidi ' / ^v?6/TO- turbarono le gronde - 4ií\ -t* íu cosi, ^Avrrm "spondi? II MOTTETTI Sobre el volcán la flor. G. A. BÉCQUER fho sai: debbo riperderti e non pouo. Come un tiro aggiustato mi sommuove ogni opera, ogní grido e anche io spiro salino che straripa dai moli e fa l'oscura primavera di Sot tori pa. Parse di fcrramt: e alfx.-ratutC a selva neJla polvcre del vespro. Un ronzlo lungo vicne daH'apcrto. stra/ia com'unghia ai vetri. Cercofil segno smarritoj il pcgno solo ch'cbbi in grazia da te. E 1'inferno é ccrto. Molti anni. c uno piú důro sopra il lago straniero su cui ardono i tramonti. Poi scendesti dai monti a riportarmi San Giorgio c il Drago. Imprimcrli potessi sul palvese s'agita alia frusta del grecale in cuorc... E per te scendere in un gorgo di fedelta. immortale. Mot/rift * * * Brina sui vetri; uniti sempře e sempře in disparte grinfermi; e sopra i ta vol i i lunghi soliloqui sulle carte. Fu il tuo esilio. Ripenso anche al mio, alia mattina quando udii tra gli scogli crepitare la bomba ballerina. E durarono a lungo i notturni giuochi di Bengala: come in una festa. £ scorsa un'ala rude, tTia sflorato le mani, ma in vano: la tua carta non é questa. occastom Varte seconda ■ Motte* * * * Lontano, ero con te quando tuo padre cntró nelľombra e ti lasciô il suo addio. Chc seppi fino allora? II logorlo di prima mi salvó solo per questo: chc ťip.noravo e noti dovevo: ;ii colpi ďoggl lo bo, »c «li liggiti s'inflcttc un'ora e mi riportu čumtrlottl o An^ljť'-l irni m n s«nppi di spolčiť* r i liimnni c |',„ miiici tlcllc Bqnmltc. 7 \ * * * dai corridoi, murati! / - Prcnti nnche tu allft fi<2£|u Iil.inu dri tuo líiphlo quenť r ledrlr uulrlt/a di tUfiSť^ 144 occustoni Parte seco „da - Mot"'" * * * La speranza di pure1 rivederti m'abbandonava; e mi chiesi se questo che mi chiude ogni senso di te, schermo d'immagini, ha i segni della morte o dal passato e in esso, ma distorto e fatto labile, un tuo barbaglio: (a Modena, tra i portici, un servo gallonato trascinava due sciacalli al guinzaglio). ^ A * * * II saliscendi bianco e nero dei balestrucci dal palo del telegrafo al mare non conforta i tuoi crucci su lo scalo ne ti riporta dove piü non sei. Giä profuma il sambuco fitto su lo sterrato; il piovasco si dilegua. Se il chiarore e una tregua, la tua cara minaccia la consuma. 146 Le occasioni * * * Ecco il segno; s'inncrva sul muro che s'indora: un frastaglio di palma bruciato dai barbagli deiraurora. II passo che proviene dalla serra si lieve, non é felpato dalla neve, h ancora tua vita, sangue tuo nelle mie vene. arte seconda - Mottetti * * * II ramarro, se scocca sotto la grande fersa d&Me stoppie - la vela, quando fiotta e s'inabissa al salto della rocca - il cannone di mezzodl piů fioco del tuo cuore e il cronometro se scatta senza rumore - e poi? Luce di lampo invano puó mutarvi in alcunché di ricco e strano. Altro era il tuo stampo. 148 Le occasioni >„te seconda *** * * * r Perche tardi? Nel pino lo scoiattolo batte la coda a torcia sulla scorza. La mezzaluna scende col suo picco nel sole che la smorza.l£ giorno fatto. A un soffio il pigro fumo trasalisce, si difende nel punto che ti chiude. Nulla finisce, o tutto, se tu fölgore lasci la mibe. L'anima che dispensa furlana e rigodone ad ogni nuova stagione della strada, s'alimenta deUa chiusa passione, la ritrova a ogni angolo piü intensa. La tua voce e quest'anima diffusa. Su fili, su ali, al vento, a caso, col favore della musa o dun ordegno, ritorna lieta o triste. Parlo d'altro, ad altri che t'ignora e il suo disegno e la che insiste do re la sol sol... 150 occasioni * * * Ti libero la fronte dai ghiaccioli che raccogliesti traversando l'alte nebulose; hai le penne lacerate dai cicloni, ti desti a soprassalti. Mezzodl: allunga nel riquadro il nespolo l'ombra nera, s'ostina in cielo un sole freddoloso; e l'altre ombre che scantonano nel vicolo non sanno che sei qui. parte sec onda - Mottetti 151 * * * La gondola che scivola in un forte bagliore di catrame e di papaveri, la subdola canzone che s'alzava da masse di cordame, l'alte porte rinchiuse su di te e risa di maschere che fuggivano a frotte - una sera tra mille e la mia notte e piu profonda! S'agita laggiu uno smorto groviglio che m'awiva a stratti e mi fa eguale a quell'assorto pescatore d'anguille dalla riva. 152 Le occasion: * * * Infuria sale o grandine? Fa strage di campanule, svelte la cedrina. Un rintocco subacqueo s'avvicina, quale tu lo destavi, e s'allontana. La pianola degl'inferi da se accelera i registri, sale nelle sfere del gelo... - brilla come te quando fingevi col tuo trillo d'aria Lakme nell'Aria delle Campanelle. parte sec onda ■ ULottetti *** Al primo chiaro, quando subitaneo un rumore di ferrovia mi parla di chiusi uomini in corsa nel traforo del sasso illuminato a tagli da cieli ed acque misti; al primo buio, quando il bulino che tarla la scrivanla rafforza il suo fervore e il passo del guardiano s'accosta: al chiaro e al buio, soste ancora umane * tu a intrecciarle col tuo refe insisti. Le occasioni 155 xftr o * * * II fiore ehe ripete dalľorlo del burrato non scordarti di me, non ha tinte piú liete né piú chiare dello spazio gettato tra me e te. Un cigollo si sferra, ci discosta, ľazzurro pervicace non ricompare. Nelľafa quasi visibile mi riporta alľopposta tappa, giä buia, la funicolare. * * * La rana, prima a ritentar la corda dallo stagno ehe affossa giunchi e nubi, stormire dei carrubi conserti dove spenge le sue íiaccole un sole senza caldo, tardo ai fiori ronzlo di coleotteri ehe suggono ancora linfe, ultimi suoni, avara vi ta delia campagna. Con un soífio ľora s'estingue: un cielo di lavagna si prepara a un irrompere di scarni cavalli, alle scintille degli zoccoli. Parte seconda - Mottetti 157 *** wO- solo něTTámemoria che si"lroIIa7 non far del grande suo viso in ascolto la mia nebbia di sempře. Un freddo cala... Duro il colpo svetta. E 1'acacia ferita da sé scrolla il guscio di cicala nella prima belletta di Novembre. * * * La canna che dispiuma mollemente il suo rosso flabello a primavera; la redola nel fosso, su la nera correntla sorvolata di libellule; e il cane trafelato che rincasa col suo fardello in bocca, oggi qui non mi tocca riconoscere; ma la dove il riverbero piu cuoce e il nuvolo s'abbassa, oltre le sue pupille ormai remote, solo due fasci di luce in croce. E il tempo passa. Le occasioni * * * aí.... ma cosi sia. Un suono di cornetta dialoga con gli sciami del querceto. Nella valva che il vespero riflette un vulcano dipinto fuma lieto. , La moneta incassata nella lava brilla anch'essa sul tavolo e trattiene pochi fogli|~La vita che sembrava vasta ě piů breve del tuo fazzolettól TEMPI Dl BELLOSGUARDO Oh comc lá tielk corusca distesa che s'inarca verso i colli, /1l bruslo della sera s^ssottighaj e gli alberi discorrono col trito mormorio della rena; come limpida s'inalvea lá in decoro di colonne e di salci ai lati e grandi salti di lupi nei giardini, tra le vasche ricolme che traboccano, questa vita di tutti non piú posseduta del nostro respiro; e come si ricrea una luce di záffiro per gli uomini che vivono laggiú: ě troppo triste che tanta pace illumini a spiragli e tutto ruoti poi con rari guizzi su Tanse vaporanti, con incroci di carnini, con grida dai giardini Pensili, con sgomenti e lunghe risa sui tetti ritagliati, tra le quinte f^ondami ammassati ed una coda cu*MaJche trascorra in cielo prima C 11 desiderio trovi lc parole! ■k" °ccasio»i parte terza * * * Derelitte sul p0ggi0 fronde della magnolia verdibrune se il vento porta dai frigidari dei pianterreni un travolto concitamento ďaccordi ed ogni foglia che oscilla o rilampeggia nel folto in ogni fibra s'imbeve di quel saluto, e piú ancora derelitte le fronde dei vivi che si smarriscono nel prisma del minuto, le membra di febbre votate al moto che si ripete in circolo breve: sudore che pulsa, sudore di mořte, atti minuti specchiati, sempře gli stessi, rifranti echi del batter che in alto sfaccetta il sole e la pioggia, fugace altalena tra vita che passa e vita che sta, T^quassú non c'ě scampo: si muore sapendo o si sceglie la vita che muta ed ignpra: altra mořte. E scende la amjHtra logge ed erme: 1'accordo commuove le lapidi che hanno veduto le immagini grandi, 1'onore^ ľaiaore inňessibile, il giuoco, jffgesty umane: misura il yWt(S]ne sonda il confine: il gesto ignoto che esprime se stesso e non altro: passione di sempře in un sangue e un cervello inipetuti; e fors'entra nel chiuso e Jo forza con 1'esiíe sua punta di grimaldello. 164 occasioni IV * * * II rumore degli émbrici distrutti dalla bufera nell'aria dilatata che non s'incrina, l'inclinarsi del pioppo del Canada, tricuspide, che vibra nel giardino a ogni strappo -e il segno di una vita che assecondi il marmo a ogni scalino come 1'edera diffida dello slancio solitario dei ponti che discopro da quest'altura; d'una clessidra che non sabbia ma opere misuri e volti umani, piante umane; d'acque composte sotto padiglioni e non piu irose a ritentar fondali di pomice, ě sparito? Un suono lungo dánno le terrecotte, i pali appena difendono le ellissi dei convolvoli, e le locus te arrancano piovute sui libri dalle pergole; dura opera, tessitrici celesti, ch'e interrotta ' ^/^súTtěTaio degíf uomini. E domani... .A lusty leaves auite gone, » **| WÍ% ff'lit" every Zfí °'«Sn°W d SHAKESPEARE, SotiHCtS, CASA DEI DOGANIERI Tu non úcovái la casa del doganien sul rialzo a strapiombo sulla scogliera: desolata ťattcndc daUa sera in cui v'entrö lo sciame del tuoi pensien e vi sostö irrequieto. Libeccio sferza da anni le vecchie mura e il suono del tuo riso non ě piů lieto: la bussola va impazzita alľavventura e il calcolo dei dadi piú non torna. Tu non ricordi; altro tempo frastorna la tua memoria; un filo s'addipana. Ne tengo ancora un capo; ma s'allontana la casa e in cima al tetto la banderuola affumicata gira senza pieta. Ne tengo un capo; ma tu resti sola né qui respiri nelľoscuritá. 0h 1>orizzonte in fuga, dove s'accende -lata la luce delia petroliera! LA* varco ě qui?3Ripuilula il frangente ^ora sulla balza ehe scoscende. ). Saľeľŕ la CaSa dÍ qUeSta sera. há 10 non so chi va e chi resta. 168 Le occasion parte quarta 169 BASSA MAREA Sere di gridi, quando l'altalena oscilla nella pergola d'allora e un oscuro vapore vela appena la fissita del mare. Non piu quel tempo. Varcano ora il muro rapidi voli obliqui, la discesa di tutto non s'arresta e si confonde sulla proda scoscesa anche lo scoglio che ti porto primo sull'onde. Viene col soffio della primavera un lugubre risucchio d'assorbite esistenze; e nella sera, negro vilucchio, solo il tuo ^ricordo s'attorce e si difende. "TS'alza sulle spallette, sul tunnel piu lunge ( dove il treno. lentissimo s'imbuca. Una mandria lunare sopraggiunge poi sui colli, invisibile, e li bruca. STANZE Ricerco invano il punto onde si mosse il sangue che ti nutre, interminato respingersi di cerchi oltre lo spazio breve dei giorni umani, che ti rese presente in uno strazio d'agonie che non sai, viva in un putre padule d'astro inabissato; ed ora b linfa che disegna le tue mani, ti batte ai polsi inavvertita e il volto t'infiamma o discolora. Pur la rete minuta dei tuoi nervi rammenta un poco questo suo viaggio e se gli occhi ti scopro li consuma un fervore coperto da un passaggio turbinoso di spuma ch'or s'infitta ora si frange, e tu lo senti ai rombi delle tempie vanir nella tua vita come si rompe a volte nel silenzio d'una piazza assopita un volo strepitoso di colombi. di fir Conver8e> ignara, una raggera \ , ' e certo alcuno d'essi apparve oer C ^ chi abbrividl la sera e fu t° da Una candida ala in fuga, dove 1 -VldC va8abonde !arve o Scon tn scorse fanciullette a sciami, nel srrSe' qual lamP° che dirami, ereno una ruga e l'urto delle 170 leve del mondo apparse da uno strapr, ^gddl'azzurro l'awolse, lamentoso. In te m'appare un'ultima corolla di cenere leggera che non dura ma sfioccata precipita. Voluta, disvoluta e cosl la tua natura. Tocchi il segno, travalichi. Oh il ronzlo dell'arco ch'e scoccato, il solco che ara il flutto e si rinchiude! Ed ora sale l'ultima bolla in su. La dannazione e forse questa vaneggiante amara oscurita che scende su chi resta. Parte quarta SOTTO LA PIOGGIA Un murmure; e la tua casa s appanna come nella bruma dd ncordo -e lacrima la palma^ che sordo preme il disfacimento che ntiene nell'afa delle serre anche le nude speranze ed il pensiero che rimorde. Tor anior de la fiebre'... mi conduce un vortice con te. Raggia_verrmglia_ una tenda, una finestra si rinchiude. Sulla rampa materna ora cammina, guscio d'uovo che va tra la fanghiglia, poca vita tra shatter d'ombra e luce. Strideva Adios muchachos, companeros de mi vida^il tuo disco dalla corte: e m'e cara|la maschera^se ancora di la dal mulinello della sorte mi rimane il sobbalzo che riporta al tuo sentiero. Seguo i bcidi strosci e in fondo, a nembi, 11 tumo strascicato d'una nave. 1 Punteggia uno squarcio... ci0 , Per te intendo il vnU^f la cico8na quando alzato term? Ua nebbi°sa temi8a verso la Citta del Capo. 171 he occasioni —} PUNTA DEL MESCO Nel cielo della cava rigato all'alba dal volo dritto delle pernici yJToFti ü fumo delle mine s'inteneriya, s ^^saliva lento le pendici a piombo. Dal rostro del palabotto si capovolsero le ondine trombettiere silenziose e affondarono rapide tra le spume che il tuo passo sfiorava. Vedo il sentiero che percorsi un giorno come un cane inquieto; lambe il fiotto, s'inerpica tra i massi e rado strame a tratti lo scancella. Etutto e uguale. Nella ghiaia bagnata s'arrovella un'eco degli scrosci. Umido brilla il sole sulle membra affaticate dei curvi spaccapietre che martellano. Polene che risalgono e mi portano qualche cosa di te. Un träpano incide il cuore sulla roccia — schianta attorno piü forte un rombo. Brancolo nel fumo, ma rivedo: ritornano i tuoi rari gesti e il viso che aggiorna al davanzale, mi torna la tua infanzia dilaniata dagli spari! parte quarta COSTA SAN GIORGIO Un fuoco fatuo impolvera la strada. ii gasista si cala giú e pedala rapido con la scala su -la spa la. Risponde un'altra luce e l'ombra attorno sj^alla, poi ricade. Lo so, non s'apre il cerchio e tutto scende o rapido s'inerpica tra gli archi. I lunghi mesi son fuggiti cosi: ci resta un gelo fosforico ďinsetto nei cunicoli e un velo scialbo sulla luna. Un dl brillava sui cammini del prodigio El Dorado, e fu lutto fra i tuoi padri. Ora l'Idolo ě qui, sbarrato. Tende le sue braccia fra i cárpini: 1'oscuro ne scancella lo sguardo. Senza voce, disfatto dall'arsura, quasi esanime, Udolo ě in croce. La sua presenza si diffonde grave. rit°ma, tutto non veduto S nforma nel magico faló. n°n c.e respiro; nulla vale: piu dělí i,CCa pet noi daH'architrave stalla il suo lume, Maritornes. T ^stóH UglÍale; n°n ridere: lo ere de81i anni fin dal primo, lamentoso, sui cardini, il mattino un limbo sulla stupida discesa -e in fondo il torchio del nemico muto che preme... Se una pendola rintocca dal chiuso porta il tonfo del famoccio ch'é abbattuto. Parte auarta L'ESTATE L'ombra crociata del gheppio pare ignota ai giovinetti arbusti quando rade fugace. E la nube ehe vede? Ha taňte facce la polia schiusa. Forse nel guizzo argenteo delia trota controcorrente torni anche tu al mio piede fanciulla morta Aretusa. Ecco ľomero acceso, la pepita travolta al sole, la cavolaia folle, il filo teso del ragno su la spuma ehe ribolle - Occorro ,no tr°PPe vite per fame una. 176 Le occasioni EASTBOURNE 'Dio salvi il Re' intonano le trombe da un padiglione erto su palafitte che aprono il varco al mare quando sale a distruggere peste umide di cavalli nella sabbia del litorale. Freddo un vento m'investe ma un guizzo accende i vetri e il candore di mica delle rupi ne risplende. Bank Holiday... Riporta l'onda lunga della mia vita a striscio, troppo dolce sulla china. Si fa tardi. I fragori si distendono, si chiudono in sordina. Vanno su sedie a ruote i mutilati, li accompagnano cani dagli orecchi lunghi, bimbi in silenzio o vecchi. (Forse domani tutto parra un sogno). E vieni tu pure voce prigioniera, sciolta anima ch'e smarrita, voce di sangue, persa e restituita alia mia sera. Game lucente muove sui suoi spicchi la porta di un albergo parte l^arta ■ oonde un ahm e le rivolge un raggio -tl\ un c&toscMo che travolge Aontm *° in ascoho tutto dentro ('mia . anch'io mi - ^ a5COlt° («>>*.? "f lcvo e U giotno e tropp Tutto tppuirk vano: anche la forza che nella sua tenace ganga aggrega i vivi e i motti, gli alberi e gli scogli e si svolgc da te, per te. La festa non ha pieta. Rimanda il suo scroscio la banda, si dispiega nel primo buio una bonta senz'armi. Vince il male... La ruota non s'arresta. Anche tu lo sarjevi,^toce-in-tenebra7j Nella plaga che brucia, dove sei scomparsa al primo tocco delle campane, solo nmane l'acre tizzo che gia fu Bank Holiday CORRISPONDENZE Or che in fondo un miraggio di vapori vacilla e si disperde, altro annunzia, tra gli alberi, la squflla del picchio verde. La mano che raggiunge il sottobosco e trapunge la trama del cuore con le punte dello strame, é quella che matura incubi ďoro a specchio delle gore quando il carro sonoro di Bassareo riporta folli mugoli di arieti sulle toppe arse dei colli. Torni anche tu, pastora senza greggi, e siedi sul mio sasso? Ti riconosco; ma non so che leggi oltre i voli che svariano sul passo. Lo chiedo invano al piano dove una bruma ésita tra balení e spári su sparsi tetti, alla febbre nascosta dei diretti nella costa che fuma. BARCHE SULLA MÁRNA Felicita del soghero abbandonato l^C-attorno i ponti rovesciati f plenUunio pallido nelsole: baihe sul fiume, agih nell esta e un murmure stagnante di cltta' Segui coi remi il prato se il cacciatore di farfalle vi giunge con la sua rete, ľalberaia sul muro dove il sangue del drago si ripete nel cinabro. Voči sul ŕiume, scoppi dalle rive, o ritmico scandire di piroghe nel vespero che cola tra le chiome dei noci, ma dov'é la lenta processione di stagioni che fu un'alba infinita e senza strade, dov'é la lunga attesa e qual é il nome ddvuoto che ci invade. '- sogno é questo: un vasto, ^erminato giorno che rifonde E altro anco n°n fa orrore- f,ermo sulľacanľ* llŕS°8no' ma 11 su« riflesso del Pendo inľ m ÍU8a> sotto il nido Cta sU^zio ahiľ-!0 6 ^cessibile, 1 men^10 ed un mattino 180 Le occasioni piu lungo era la sera, il gran fermento era grande riposo. Qui... il colore che resiste e del topo che ha saltato tra i giunchi o col suo spruzzo di metallo velenoso, lo storno che sparisce tra i fumi della riva. Un altro giorno, ripeti - o che ripeti? E dove porta questa bocca che brulica in un getto solo? La sera e questa. Ora possiamo scendere fino a che s'accenda l'Orsa. f (Barche sulla Mama, domenicali, in corsa nel dl della tua festa). Parte quarta 181 ELEGIA DI PICO FARNESE Le pellegrine in sosta che hanno durato tutta la notte la loro litania s'aggiustano gli zendadi sulla testa, spengono i fuochi, risalgono sui carri. Nell'alba triste s'affacciano dai loro sportelli tagliati negli usci i molli soriani e un cane lionato s'allunga nell'umido orto tra i frutti caduti all'ombra del melangolo. Ieri tutto pareva un macero ma stamane pietre di spugna ritornano alla vita e il cupo sonno si desta nella cucina, dal grande Camino giungono lieti rumori. Torna la salmodia appena in volute piü lievi, vento e distanza ne rompono le voci, le ricompongono. 'Isole del santuario, viaggi di vascelli sospesi, alza il sudario, numera i giorni e i mesi che restano per finire'. d'intae]e °he salg°no a piramide, fitte °*uriti ragnateIi di sasso dove s'aprono dei ma-aIanimate dagH occhi confidenti si svolRe archlvolti tinti di verderame, e induLa itento 11 canto dalle ombrelle dei pini, Sü anfratti eV,°lito nell'indaco che stilla > tagu, spicchi di muraglie. 182 Le occasion 'Grotte dove scalfito luccica il Pesce, chi sa quale altro segno si perde perché non tutta la vita ' ě in questo sepolcro verde'. Oh la pigra illusione. Perché attardarsi qui a questo amore di donne barbute, a un vano farnetico che il ferraio picano quando batte 1'incudine curvo sul calor bianco da sé scaccia? Ben altro ě 1'Amore - e fra gli alberi balena col tuo cruccio e la tua frangia ďali, messaggera accigliata! ^Seurgi fino al midollo i diósperi e nell'acque specchi il piumaggio della tua fronte senza errore o distruggi le nere cantafavole e vegli al trapasso dei pochi tra orde ďuomini-capre, ('collane di nocciuole, zucchero filato a mano sullo spacco del masso miracolato che porta le preci in basso, parole di cera che stilla, parole che il seme del girasole se brilla disperde') il tuo splendore h aperto. Ma piú discreto allora che daH'androne gelido, il teatro deU'infanzia da anni abbandonatot dalla sořhtta tetra .di vetri e di astrolabi, dopo una lunga attesa ai balconi dell'edera, un segno ci conduce alia radura brulla dove per noi qualcuno tenta una festa di spari. E qui, se appare inudibi e il tuo soccorso, nell'aria prilla il piattello, si TOÍÍ^^e ai nostri colpi! II giorno non chiede piu di una chia £ mite il tempo. II lampo delle tue věsti ě sciolw entro Tumore dell'occhio che rifrange nel_suo_ 184 Le occasioni NUOVE STANZE Poi che gli ultimi fili di tabacco al tuo gesto si spengono nel piatto di cristallo, al soflitto lenta sale la spirále del fumo che gli alfieri e i cavalli degli scacchi guardano stupefatti; e nuovi anelli la seguono, piu mobili di quelli delle tue dita. La morgana che in cielo liberava torri e ponti ě sparita al primo soffio; s'apre la finestra non vista e il fumo s'agita. La in fondo, altro stormo si muove: una tregenda ďuomini ehe non sa questo tuo incenso, nella scacchiera di cui puoi tu sola comporre il senso. II mio dubbio d'un tempo era se forse tu stessa ignori il giuoco ehe si svolge sul quadra to e ora ě nembo alle tue porte: follla di morte non si placa a poco prezzo, se poco ě il lampo del tuo sguardo, ma domanda altri fuochi, oltre le fitte cortine che per te fomenta il dio del caso, quando assiste. Oggi so ciö che vuoi; batte il suo fioco tocco la Martinella ed impaura le sagome d'avorio in una luce Parte I"*"* aio Ma resiste i- rhi P"0 C° ^rrp i tUOl veglia chi P opporre l cheaccieca P 185 186 Le occasion: IL RITORNO Bocc" di MtVl Ecco bruma e libeccio sulle dune sabbiose che lingueggiano e la celato dall'incerto lembo o alzato dal va-e-vieni delle spume il barcaiolo Duilio che traversa in lotta sui suoi remi; ecco il pimento dei pini che piu terso si dilata tra pioppi e saliceti, e pompe a vento battere le pale e il viottolo che segue l'onde dentro la fiumana terrosa funghire velenoso d'ovuli; ecco ancora quelle scale a chiocciola, slabbrate, che s'avvitano fin oltre la veranda in un gelo policromo d'ogive, eccole che t'ascoltano, le nostre vecchie scale, e vibrano al ronzlo allora che dal cofano tu ridesti leggera voce di sarabanda o quando Erinni fredde ventano angui d'inferno e sulle rive una bufera di strida s'allontana; ed ecco il sole che chiude la sua corsa, che s'offusca ai margini del canto - ecco il tuo morso oscuro di tarantola: son pronto. PALIO n ciro di trottola la corsa che dirada le sue spire fin qui, nella purpurea buca dove un tumulto d'anime saluta le insegne di Liocorno e di Tartuca. II lancio dei vessilli non ti muta nel volto; troppa vampa ha consumati gl'indizi che scorgesti; ultimi annunzi quest'odore di ragia e di tempesta imminente e quel tiepido stillare delle nubi strappate, tardo saluto in gloria di una sorte *e sfugge anche al destine Dalla torre cade un suono di bronzo: la sfilata P^osegue fra tamburi che ribaUono a glona di contrade. che guarHi i £ Sttano: tu m°ngolfWo j* a malcerta *O»a0™7UsUl^ran,e ?c "ovade lT e lo stupore Cl CC ataC°nchi8lia ^ 1 lc