CLASSIC! MODERNÍ OSCAR MONDADORI Dino Buzzati La boutique del mistera Dino Buzzati La vita Dino Buzzati nasce il 16 ottobre 1906 a San Pellegrino, nei pressi di Belluno, nella villa cinquecentesca di proprieta delia famiglia. 1 genitori delľautore risiedono stabilmente a Miláno, in piazza San Marco 12. II padre, professor Giulio Césare, insegna Diritto internazionale all'Universitä di Pávia e alia Bocconi di Milano. La madre, Alba Matováni, veneziana come il marito, ě l'ultima discendente della famiglia dogale Badoer Partecipazio. Dino Buzzati, dopo aver frequentato il ginnasio Parini di Milano, si iscrive alia facoltä di Legge, laureandosi il 30 ottobre 1928 con una tesi su "La natura giuridica del Concordato". Qualche mese prima era stato assunto al «Corriere della Sera» come addetto al servizio di cronaca. Sin dalla giovinezza si mani-festano gli interessi, i temi e le passioni del futuro scnttore, ai quali resterä fedele per tutta la vita: la montagna, il disegno, la poesia. Durante l'estate del 1920 comincia le prime escursioni sulle Dolomiti; inizia a scrivere e a disegnare affascinato dalle il-lustrazioni fantastiche di Arthur Rackham; legge Dostoevski) ed e attratto dall'egittologia. Nel dicembre dello stesso anno scrive il suo primo testo letterario, La canzone delle montagne. Sempře nel 1920 muore il padre per un tumore al pancreas ed egli, a soli H anni, comincia a nutrire il timore di essere colpito dallo stesso male. Nel 1927 frequenta la Scuola allievi ufficiali a Milano. Tiene un Diario su cui, a parte una breve interruzione fra il 1966 e 1970, annota impressioni, motivi, giudizi, fino a nove giorni prima dell'evento finale; la cronaca e la stessa morte si affianca-no ai temi citati prima per trasformarsi in altrettanti "luoghi" della sua attivitä di scrittore. V Nel 1931 inizia ,a collaborazione al settimanale «II popolo di Lombardia» con note teatrali, racconti e soprattutto come illu-stratore e disegnatore. Nel 1933 esce il suo primo romanzo, Bar nabo delle montagne e, due anni dopo, puhblica U segreto del bosco itcchio. Nel gennaio del 1939 consegna il manoscritto de // demo dei Tanari alľamico Arturo Brambilla perché lo consegni a Leo Longanesi, che stava preparando una nuova collezione per Riz-zoli denominata il "Sofa delle Muse". Su segnalazione di Indro Montanelli, questi accetta la pubblicazione del nuovo romanzo di Buzzati; tuttavia, in una lettera, Longanesi prega l'autore di cambiare il titolo originario La fortezza, per evitare ogni allusione alia guerra ormai imminente. II 12 aprile dello stesso anno si im-barca a Napoli sulla nave Colombo e parte per Addis Abeba, come cronista e fotoreportér, inviato speciale del «Corriere delia Sera»; ľanno successivo parte dallo stesso porto come corrispon-dente di guerra sull'incrociatore Fiume; partecipa cosl, seppure come testimone, alle battaglie di Capo Teulada e di Capo Mata-pan e ai due scontri delia Siřte, inviando i suoi articoli al giorna-les e sarä sua anche la Cronaca di ore memorabili apparsa sulla prima pagina del «Corriere della Sera, il 25 aprile 1945, giorno delia Liberazione. Nello stesso anno esce La (amosa invasione degli orsi in Sicilia, disegnata dalľautore e ^operetta didascalica in chiave di umori-smo fantastico" II libro delle pipe, redatta ed illustrata in Stile ot-tocentesco e realizzata in collaborazione con il cognato Eppe Ra-mazzotti. Nel 1949 esce il volume di racconti Paura alia Scala e nel giugno dello stesso anno ě inviato dal «Corriere della Sera« al seguito del Giro d'Italia. Questi articoli saranno poi riuniti in un volume a eura di Claudio Marabini nel 1981. Nel 1950 ľedi-ore Nen Pozza di Vicenza stampa la prima edizione degli 88 pez- i in quel preciso momenta, una raecolta di note, appunti, rac- racconrre;ľ e ŤJTÍOnÍ e' ^attro anni dopo. esce il volume di «ccont, II crollo della BaUvema, col quale vincerä, ex-aequo con Cardarelli, ,1 Premi0 Napo|j Pione'd!?;! Alber! CamUS adatta P« il Publico francese il co-úgIT0^ Che viene rappresentato a Parig. per b Pr4n aľo /t 1 '° °ttobre delI° ««so anno viene rap- Bergamo il racconto musicale Ferrovia soprael^a, con le musiche di Luciano Chailly. Nel gennaio 1957 sostituisce temporaneamente Leonardo Borgese come critico d'arte del «Corriere della Sera-. Lavora anche per la «Domenica del Corriere», occupandosi soprattutto dei titoli e delle didascalie. Com-pone alcune poesie, che entreranno a far parte del poemetto // capitano Pic. Nel 1958 escono Le storie dipinte, presentate in occa-sione della personale di pittura dello scrittore inaugurata il 27 novembre alla Galleria Re Magi di Milano. Le sue opere continuano ad essere rappresentate in teatro, alla radio e in seguito alla televisione. Ľ8 giugno del 1%1 muore la madre e due anni dopo egli scriverä la cronaca interiore di quel funerale nell'elzeviro / due autisti. Seguono anni di viaggi come inviato del giornale: a Tokio, a Gerusalemme, a New York, a Washington e a Praga, dove visita "le case di Kafka", l'autore al quale la critica lo ha sempře affiancato. Libri, mostre e rappre-sentazioni di Buzzati compaiono sempre piü spesso sulle crona-che. Nel 1970 gli viene assegnato il premio giornalistico "Mario Massai" per gli articoli pubblicati sul «Corriere della Sera» nell'e-state 1969, a commento della discesa dell'uomo sulla Luna. II 10 marzo di quell'anno va in onda alla televisione francese Le chien qui a vu Dieu, di Paul Paviot, dall'omonimo racconto di Buzzati. In settembre si espongono alla Galleria "Naviglio" di Venezia le tavole di ex-voto di Santa Rita, da lui dipinte. II 27 febbraio 1971 viene rappresentata a Trieste l'opera in un atto e tre quarti del maestro Mario Buganelli dal titolo Fontana, tratta dal racconto Non aspettavamo altro. L'editore Garzanti pubblica, con l'aggiunta di didascalie, gli ex-voto dipinti da Buzzati: / mnacoli di Val Morel. Ľ8 novembre esce su «Oggi» una lunga intervista-inchiesta sulle "eterne do-mande della fede". In novembre espone i suoi quadri alla Galleria "Lo Spazio" di Roma. Nella stessa occasione viene presentato un volume di critica a lui dedicato dal titolo Buzzati putore. Esce presso Mondadori il volume di racconti ed elzeviri Le notti diffici-li. Sará l'ultimo curato dalľautore. II 1° dicembre visita per l'ulti-ma volta la casa di San Pellegnno per il "supremo addio". Sette giorni dopo esce sul «Corriere della Sera» l'ultimo elzeviro: Albe-ri. Lo stesso giorno viene ricoverato alla clinica "La Madonnina" di Milano. II 28 gennaio 1972, mentre fuori imperversa una bufe- VII ra di vento e d. neve, Buzzati muore a Milano con la dignita co-raggiosa di un suo famoso personaggio de I! deserto dei Tartan. L'opera L'opera di Buzzati, seppure sfaccettata in van aspetti e generi, ri-specchia una costante comune: la montagna. Essa appare come elemento costante sia nella prosa sia nella pittura; tanto che il suo primo romanzo ě stato tracciato anche in una serie di bozzet-ti per lo piu inediti. In Bamabo delle montagne il paesaggio dolo-mitico si configura come oggetto e soggetto della narrazione; Buzzati sembra accostarvisi nella sua tormentata solitudine come ad un luogo che ha radici perse nella notte dei tempi, quando l'uomo nasceva al mondo e alia vita, senza distinzione di classe e di ordini. In linea generále si puó dire che ogni libro di Buzzati ě legato all'altro in quanto rappresentazione delle fasi di una vita umana. Nel flusso del tempo universale, lo scrittore enuclea un brandello di storia, che si dilata fino a diventare un romanzo. 11 protagonista, le cui origini non sono mai definite, ě trascinato in una trama che lo porta verso la mořte. Ogni fase successiva ě la rmascita di un'esperienza. Si tratta di una scelta meditata, matu-rata ai tempi di Bamabo, romanzo che giá contiene i temi dei due romanzi successivi II segreto del bosco vecchio e II deserto dei Tarta-n: i bosco della sua fanciullezza e la "pianura vile" dell'eta adul- ieu.mera íra ll Passal° dei boschi e de"e montagne ed il de-seno dellattesa é giá presente in quei racconti che poi conflu.-nno per la maggior parte ne I sette messaggeri, edito nel 1942. cinunu? quU1 ' di Un via^0' * storia di una vita che Quell-, rk* qU! COmincia anche il resoconto dell'altra storia: c* s, forma'ř'ge Ínrn° aU'aUt0re ProPrio ^1 momento in * -ccadimentiTlo K f Cr°nÍSta' * é "OVat° 3 dover * tempo stesso a Lo" 7°,,contestand°ne gli aspetti negativi e, » tono stelto ' argando 1 'mpegno morale della parola scritta. della normalitT-T^T^10 C Stato ^uell° dl d,latare 1 la r>„,~ "ta i le defor onginaria. irmazioni dell'uomo che ha smarrito r0mamo Piu famoso di Buz žati, II deserto dei Tartari, esce nel 1940, entrando a far parte di una collana diretta da Leo Lon-ganesi, ehe si proponeva di riunire le «opere piü origináli della letteratura italiana e straniera, le biografie e le memorie di uomi-ni grandi e meschini, la storia dei fatti e delle illusioni di ieri e di °8g'"- Quando Buzzati consegna il suo manoseritto alľeditore ha solo 33 anni. Dal 1928 il lavoro al «Corriere della Sera» radica in lui la consapevolezza della "fúga dei tempo": ha visto i suoi colleghi invecehiare nelľattesa inutile di un miracolo scaturito dal rigido mestiere dei giornalista che Ii isola nei confini di una serivania. II "deserto" dei romanzo é proprio la storia della vita nella fortezza dei giornale, che promette i prodigi di una solitudine che é abito e vocazione. La favola per bambini La famosa invasione degli orsi in Sicilia (1945) non fa che ripetere, sotto mentite spoglie, il mito Bárnabo, ľatmosfera di "attesa" dei Deserto, il viaggio della vita, la morte in battaglia e la lotta spirituále e morale. E quindi un libro tur ťaltro che ingenuo e testimonia la ricerca interiore e formale che Buzzati compie tentando la via della fusione dei generi letterari. Nello stesso anno esce anche II íibro delle pipe, realizzato da Buzzati in collaborazione con Eppe Ramazzotti. Qui la struttura a catalogo permette di elencare tutte le specie di pipe esistenti nella realtä e nella fantasia. I disegni, inoltre, fanno corpo con la de-serizione e arricchiscono il testo di particolari e dettagli. Dopo aver dato voce umana agli animali, ai venti, alle cose della natura, adesso Buzzati tenta di infondere vita anche agli oggetti appa-rentemente inanimati. II modo iper-reale di deserivere le pipe, al-lora, diventa segno della visionarietä, dei suo modo di convertire ľarte, in ogni sua manifestazione, in giudizio sugli uomini e sul mondo. In Paura alla Scala (1949) il "vizio giudicante" di Buzzati e la coscienza della mortalita lasciano le montagne aguzze, regno dei mistero e della purezza, e si riverberano nei salotti della Milano formicolante di uomini e di macehine. Egli riesce a raffigurare e ad osservare con ocehio critico il clima dominante in Itália dopo la seconda guerra mondiale, i compromessi borghesi, la violenza sovversiva; vi dominano un tono grottesco e satirico, un ntmo spietato e profondamente lucido, una forza morale ed etica mascherate sotto il dôvere di cronaca. Considerazioni, appunti, ri- IX vín flessioni sul mestiere esercitato, sulla tnterpretazione del mondo, faranno parte del libro In quel preaso momento, use i to nel 1950. Centocinquantasei frammenti, note e racconti brevi, raccolti co me scintille dei romanzi, come colloquio con se stesso, come riso-nanza intenore ed estenore. Fra le varie forme narrative testimo niate in qucsto libro comincia a farsi strada la struttura a dialogo propria del těsto teatrale. II monologo interiore diventa gesto, la parola voce recitante, il těsto rappresentazione. Ne 11 crollo della Balwerna (1954) il racconto nasce sempre da un nucleo costituito da elementi concreti che, per un verso, conduce alia deformazio-ne fantastica e, per Paltro verso, porta verso territori che implica-no impegno sociále, etico e trascendente. II suo sguardo, ora, pur ntornando spesso alle Origini, si spinge verso il futuro, verso quelle ipotesi fantascientifiche che tentano di sostituirsi al vec-chio Dio. L'estrema frammentarietá dei racconti tende comunque sempre alia totalita del senso, come viene ribadito nel 1958, quando Buzzati riunisce la sua produzione piú significativa nel libro Ses-santa racconti. Anche qui si profila il messaggio dei nuovi pericoli annidati nella ncerca scientifica, prefigurando la nascita del ro-manzo uscito nel I960: // grande ritratto. II racconto della "mac-china che vive" ě immaginato in un futuro relativamente prossi-mo rispetto al momento di composizione del libro e narra, per la prima volta nelPopera di Buzzati, la storia di "un amore". II grande scienziato Endriade ama fino al paradosso una macchina che nproduce la prima moglie scomparsa. La storia, apparentemente uiversa, del desiderio di un amore reale scaturita da uomini con unoccupazione verosimile, con desideri legati alia terra, al dena- Imore PrCSt'8i0 $OCÍale' * narrata nel romanzo del 1963: Un nelL^ ddJdisCorso narr«ivo di Buzzati si riverberano anche I .Xk3' Z,! PenS,er0' le VOCi e le dei personag- u deltl0n0 dd,a mUSiCa' Mk ^ dei suoni onomatope- ^ iC7rZTTe significante che accom ^nera anche 1 sja e musica ď contam'nazione fra disegno, storia, poe' d%9) ne/^c 1Vejtera ^"PPosizione nel Poema a fumetti ™n.aťo che " , ^"^ U958) e'infine. j" quella sorta di lib* 00 ' m,raco/l d' Vol Morel. II tutto poi si arriechirá del linguaggio d'azione, che tradurra gran parte delle tematiche di Buzzati nella sua vasta produzione teatrale. Nel 1966 esce un'altra raccolta di racconti, // colombre, che porta in appendice un piccolo romanzo, Viaggio agli inferm del secolo, che diventa una sorta di chiave di lettura dellbpera di Buzzati, tesa soprat-tutto a descrivere la realta che lo circonda. La volontä di comu-nicare si manifesta anche nel linguaggio adottato, sempre piano e comprensibile, "giornalistico", una sorta di "volgare" accessibile a tutti, anche ai bambini. La boutique del mistero (1968) nasce dall'intento dichiarato dell'autore di far conoscere il meglio di quanto aveva scritto: racconti che sono da considerarsi, dunque, come una fatica unitaria attorno ai temi prediletti dell'angoscia, della sconfitta e della morte; della suggestione metafisica, del sogno e del ricordo; del richiamo al surreale e del mistero dietro l'apparente normalita delle cose. In questi racconti il mistero si presenta sotto due aspetti: come invenzione pura, dove immaginaria é ľintera situazione; o come creazione fantastica, con una precisa funzione significante e con un senso da scoprire e da interpretare. E pero possibile suddividere il tema buzzatiano del mistero secondo un'altra modalita di classificazione, che tenga conto del modo in cui viene attuato il rapporto tra mistero e realtá. Ci sono racconti di Buzzati che dichiarano subito do che sta dietro la vicenda; altri che trattano come naturali čerti impulsi delľinconscio e certi senti-menti di solito inconfessati; altri che attraverso fantasmagorie d'ogni tipo intendono polemizzare con una tesi preventivamente avvertita dall'autore; altri, infine, che non hanno altro obiettivo se non quello del gioco gratuito. In tal modo, se il racconto "L'assalto al Grande Convoglio" narra di una morte che apre alia dimensicne di un meraviglioso al di lä dai toni affabulati, "Sette piani" lascia nascosta per tutto l'arco del racconto la vera ragione delľanormalitä di quanto ac-cade. Se "II cane che ha visto Dio" é una narrazione giocata sul filo delľassurdo e delľallusione, i racconti "Eppure battono alia porta", "I topi", "II colombre", rappresentano un'inquietante e ignota stranezza o un'allucinazione, che hanno la loro radice nei substrati della coscienza. Mentre nei "Sette messaggeri" ľazione XI del principe protagonista, che dovrebbe rendersi familiäre i| regno del padre, va man mano sconfinando nell'angos« iata consa pevolezza delľinconoscibile e delľirraggiungibile, nel "Mantello" si tratta di una apparizione che sembra a tutt:i prima realm con creta e normale, e che poi mostra ben presro di infrangere le leg gi naturali (ma il messaggio é che ľamore e la fede, la devozione e ľinnocenza, sono in grado di violare le leggi Stesse delia vita e delia morte). Infine, se in "Una goccia" ľelemento centrale (cioě la goccia ehe sale Ie scale) si oppone ad ogni legge fisica e il r;n conto continua imperterrito a darlo per certo, in "Qualcosa era successo" la catena degli avvenimenti e i progressivi segnali del mistero portano al culmine delľinspiegabile. Ancora, "La Torre Eiffel" introduce il terna delľascesa alia conquista del cielo, ma "Ragazza ehe precipita" fa i conti con la caduta dei sogni (e alle speranze vane oppone ľincombere dello smacco, in una cornice in cui le relazioni spazio-temporali sono sconvolte e alterate). Se in "La fine del mondo" i segni del cielo che annunciano inequivocabilmente I'apocalisse finiscono per stanare l'universale complesso di colpa degli uomini e precipitarli tutti in una indeco-rosa follia collettiva; in "Inviti superflui" do che sembra trattarsi solo di una fantasia di pensieri d'amore, diventa invece mezzo per evidenziare il contrasto tra poesia e senso pratico della vita. E se "II tiranno malato" narra di un terribile mastino giunto alia sua fine, il racconto svolge in realtä un simbolico contradditto-rio: da una parte, la vitalita intatta della natura che sfoggia tutta la sua florida potenza; dall'altra, il decadimento della vita e della natura medesime quando incombono malattie, anni e malanni-Cosi ne "I Sanri", famosi e meno famosi beati vivono in un para-d'so veramente terrestre, dove non sono abbandonate del tutto ie piccole o grandi invidie, i piccoli o grandi disagi che ci accom-pagnano nella vita. nonNriI!a Bu2Zati uti,izza Parole del Iinguaggio parlato, munic^Te né artificiose: Parole di cui tutti ci serviamo per co-mcnte JL n°'' °gnÍ giorno- É con qu«*o Iinguaggio voluta-STeS^ ChJ !We <™« - -«o le P* sváriace P-g'oco delle irame h „ contesto dei racconti, all'interno aHHi-;~... . e deIie ^ del ale 0, addirittura Diu f* ? »luMoni, anche la parola piü usuale o, frusta, diventa segno di ambiguitä, di mistero, di illusione, di paura. Buzzati dimosta ehe non occorre un'intricata complessitá di stile per ottenere i sorprendenti risultati delle sue surreali situazioni. Varcati i limiti del plausibile, venuri meno i rapporri logici tra cause ed effetti, scomparsa la fiducia nelle leggi naturali e impostosi definitivamente l'indecifrabile, I'improbabi-le, I'assurdo, anche la parola consucta, la lingua parlata e la co-struzione sintattica piU immediata possono ottenere esiti di raordinaria efficacia e di magico richiamo. I libri usciti dopo La boutique del mistero tendono a riunire le "cronache" scritte per il giornale: lo spazio privilegiato dello scrit-tore per rammentare a tutti gli uomini la loro finitezza, per invi-tarli a guardare oltre gli involueri fisici e sociali. Nel settembre 1971 esce Le notti clifficili e pochi mesi dopo la sua morte, le Cronache terrestri. Le sue inchieste giornalistiche saranno poi raccol-te nei volumi / misteři d'ltalia (1978), Buzzati al Giro d'ltalia (1981), Cronache nere (1984). Le ultime testimonianze della sua vita dedicata alia scrittura sono apparse nel 1985 nelle raccolte di alcuni passi annotati su una delle sue agende, // reggimento parte alľalba, e delle lettere da lui scritte all'amico Arturo Brambilla (Lettere a Brambilla). Ancora una volta emergono i suoi temi piü caři e insistiti e, soprattutto, la cifra dello scavo oltre le apparen-ze, che Buzzati ha sempre ricercato nelle cose e negli uomini. La fortuna La figura e la presenza di Buzzati nel Novecento italiano furono certamente condannate in un primo tempo alia solitudine, alľi-solamento e talora al disprezzo. Era uno scrittore che pochi pre-sero sul serio, soprartutto per via della esigenza piii vistosa: quel-la di essere messaggio affidato alia pagina scritta e non decorazio-ne di stile da esibire sul foglio bianco. L'importanza della sua opera fu certamente messa in evidenza dalla critica francese, che ha scelto Buzzati come primo autore italiano a cui dedicare dei Cahiers. L'esegesi italiana ha avuto, invece, la tendenza a sche-matizzare la sua opera o, addirittura, la tentazione di considerare i suoi scritti come "novellette" fra la cronaca e la favola. Nel Viaggio agli infemi del secolo lo stesso Buzzati esclamava: «i critici, XIII XII si sa una volta che hanno messo un artista in una casella, ce ne vuole a farli cambiare parerc. I giudizi, comunque, che piu |0 indispett.vano, erano quelli che lo consideravano una sorta di emulo di Kafka. In un suo elziviro del ?1 marzo 1965 egli scrive: «Da quando ho cominciato a scnvere, Kafka ě stato la mia cro-cc. Non c'e stato mio racconto, romanzo, commedia dove qual-cuno non ravvisasse somiglianze, derivazioni, imitazioni o addi-rinura sfrontati plagi a spese dello scrittore boemo. Alcuni critici denunciavano colpevoli analogie anche quando spedivo un tele-gramma o compilavo un modulo Vanoni». Fino al 1965, quindi, malgrado fossero usciti numerosi intervene, soprattutto su quotidiani e riviste, i giudizi non rivelavano certo l'importanza del "messaggio" letterario di Buzzati. Quando usci Un amore, molti gli si scagliarono addirittura contro accu-sandolo di aver voluto scrivere di proposito un libro che potesse avere un successo di cassetta. Eppure, giá nel 1960, Buzzati aveva pubblicato la raccolta di aforismi Egregio signore siamo spiacenti di..., dove l'autore informava il lettore e il critico che si conti-nuava a non capire la sua opera e che sentiva I'esigenza di dire tome stavano realmente le cose. Lo stesso intento si puó ravvisa-re nel Viaggio agli inferni del secolo e, soprattutto, nella Presentation all'Opera completa di Bosch, testo trascurato ma indispenda-bile per comprendere il discorso etico e letterario di Buzzati. Tut-to questo potrá apparire perlomeno curioso, soprattutto dopo il successo ottenuto con la pubblicazione del suo terzo libro, // de-serto dei Tartari, che fu tradotto in varie lingue. Eppure la predi-lez.one dell'autore per il fondamento antropologico dell'opera e i suo apparente distacco dalla storia, dall'ideologia, dal realismo, da. miti ddla modernita, il suo rifiuto ad appartenere a gruppi e correnti, lo avevano rinchiuso in una specie di sottordine lettera-rlt^ T* 50110 certamente cambiate dopo la sua morte e I'inte-da nn I CntlCa e dei lett°ri sta r«tituendo a Buzzati anche qui Nov«* t ^ COmPete ne"a St0fia letteraria dd nOStr° Bibliografia AA.VV., Atti del convegno "Omaggio a Dino Buzzati", Cortina dAmpezzo, 18-24 agosto 1975; Mondadori, Milano, 1977. AA.VV., // mistero in Dmo Buzzati, a cura di Romano Battaglia, Rusconi, Milano, 1980. AA.VV., Atti del convegno "Dmo Buzzati", Fondazione Cini, Ve- nezia, 3-4 novembre 1980, a cura di Alvise Fontanella, Olsch- ki, Firenze, 1982. B. Alfieri, Dmo Buzzati pittore, Alfieri, Milano, 1967. A.V. Arslan, Invito alia lettura di Dmo Buzati, Mursia, Milano, 1974. N. Bonifazi, // racconto fantastico da Tarchetti a Buzzati, STEU, Urbino, 1971. E. Carli, Dmo Buzzati (pittore), Martello, Milano, 1961. R. Carried, Le storie figurate di D.B., Conte, Milano, 1958. 1. Crotti, Buzzati, La Nuova Italia, Firenze, 1977. G. Davico Bonino, Teatro, Mondadori, Milano, 1980. F. Gianfranceschi, Dino Buzzati, Borla, Torino, 1967. G. loli, Dino Buzzati, Mursia, Milano, 1988. A. Laganä Gion, Dmo Buzzati, un autore da rileggere, Corbo e Fiore e Nuovi Sentieri, Venezia, 1984. R. Marchi, Buzzati 747 (ricordo di Buzzati rocciatore), Renzo Cortina, Milano, 1978. R. Marchi, Un giomo in Val Morel, Ed. di via Cernaia 5, Milano, 1973. M.B. Mignone, Anormalitä e angoscia nella narratna di Dino Buzzati, Longo, Ravenna, 1981. A. Montenovesi, Dino Buzzati, Henry Veyrier, Parigi, 1985. Y. Panafieu, Dino Buzzati: un autoritratto, Mondadori, Milano, 1973. C. Toscani, Guida alia lettura di Buzzati, Oscar Mondadori, Milano, 1987. XIV XV I topi Che ne e degli amici Corio? Che sta accadendo nella loro vecchia villa di campagna, detta la Doganella? Da tempo immemorabile ogni estate mi invitavano per qualche setti-mana. Quest'anno per la prima volta no. Giovanni mi ha scritto poche righe per scusarsi. Una lettera curiosa, che allude in forma vaga a difficolta o a dispiaceri familiari; e che non spiega niente. Quanti giorni lieti ho vissuto in casa loro, nella solitudi-ne dei boschi. Dai vecchi ricordi oggi per la prima volta af-fiorano dei piccoli fatti che allora mi parvero banali o in-differenti. E all'improvviso si rivelano. Per esempio, da un'estate lontanissima, parecchio prima della guerra - era la seconda volta che andavo ospite dei Corio - torna a me la seguente scena: Mi ero gia ritirato nella camera d'angolo al secondo piano, che dava sul giardino - anche gli anni successivi ho dormito sempre la - e stavo andando a letto. Quando udii u" piccolo rumore, un grattamento alia base della porta. Andai ad aprire. Un minuscolo topo sgusci6 tra le mie gambe, attraversb la camera e ando a nascondersi sotto ll j^settone. Correva in modo goffo, avrei fatto in tempo benissimo a schiacciarlo. Ma era cosi grazioso e fragile. Pe' caso, il mattino dopo, ne parlai a Giovanni. «Ah, sU fece lui distratto «ogni tanto qualche topo gira per 133 casa.» «Era un sorcio piccolissimo che il coraggio di...» «», me lo ilm^ h° avUt caso...» Cambio argomento, pareva che n 9 spiacesse. ne 11 «*> cfcJ> L'anno dopo. Una sera si giocava a carte notte e mezzo, dalla stanza vicina - il ..i'?13fatame*-i'ii wiotto dovA "c" 1 ora le luci erano spente - giunse un clac, suo 3 que!' come di una molla. «Cos'e?» domandn iv! xT0 metal!- domandoio.«Nonholsen, entito lotto... un rumore metallico...» Notai un velo dUmb** to niente» ta Giovanni evasivo. «Tu Elena hai qualche cosa?» «Io no» gli risponde la moglie, facendc^ po' rossa. «Perche?» Io dico: «Mi sembrava che di lá " zo. « Bene, tocca a me fare le carte?» Neanche dieci minuti dopo, un altro clac, dal corridoic questa volta, e accompagnato da un sottile strido, come:: bestia. «Dimmi, Giovanni» io chiedo «avete messoddk trappole per topi?» «Che io sappia, no. Vero, Elena.75er. state messe delle trappole.7» Lei: «E che vi salta in mente." Per i pochi topi che ci sono!». Passa un anno. Appena entro nella villa, noto due g*o magnifici, dotati di straordinaria animazione: razza na, muscolatura atletica, pelo di seta come han,nu0nquV^: che si nutrono di topi. Dico a Giovanni: <( Ah'cJpacciJ:c siete decisi finalmente. Chissä che spaventose s ^ ^ ^ fanno. Di topi qui non ci sarä penuria.» «W di * lo di quando in quando... Se dovessero vive^^ pi...» «Perö Ii vedo belli grassi, questi «na ^ ^ bene, la faccia della salute non gli manc . trovano ogni ben di Dio.» 11 Pefle ^n Passa un altro anno e come io arrivo N a^. Ute vacanze, ecco che ricompaiono 1^ ^ fr sembrano piü quelli: non vigorosi e a morti, magri. Non guizzano piü aa una stanza all'altra ce-lermente. AI contrario, sempre tra i piedi dei padroni, son-nolenti, privi di qualsiasi iniziativa. Io chiedo: «Sono mala-ti? Come mai cosi sparuti? Forse non hanno piü topi da mangiare?» «L'hai detto» risponde Giovanni Corio viva-mente. «Sono i piü stupidi gatti che abbia visto. Hanno messo il muso da quando in casa non esistono piü topi... Meanche il seme ci e rimasto!» E soddisfatto fa una gran ri-sata. Piü tardi Giorgio, il figlio piü grandicello, mi chiama in disparte con aria di complotto: «Sai il motivo qual e? Hanno paura!». «Chi ha paura?» E lui: «I gatti, hanno paura. Papa non vuole mai che se ne parli, e una cosa che gli da fastidio. Ma e positivo che i gatti hanno paura». «Paura di chi?» «Bravo! Dei topi! In un anno, da dieci che erano, quelle bestiacce sono diventate cento... E altro che i sorcet-tini d'una volta! Sembrano delle tigri. Piü grandi di una talpa, il pelo ispido e di colore nero. Insomma i gatti non osano attaccarli.» «E voi non fate niente?» «Mah, qualco-sa si dovrä pur fare, ma il papä non si decide mai. Non ca-pisco il perche, ma e un argomento che e meglio non toc-care, lui diventa subito nervoso...» E l'anno dopo, fin dalla prima notte, un grande strepito sopra la mia camera come di gente che corresse. Patatrüm, Patatrüm. Eppure so benissimo che sopra non ci puö essere nessuno, soltanto la inabitabile soffitta, piena di mobili ^cchi, casse e simili. "Accidenti che cavalleria" mi dico evono essere ben grossi questi topi." Un tal rumore che stemoad addormentarmi. 11 giorno dopo, a tavola, domando: «Ma non prendete rej*un provvedimento contro i topi? In soffitta c'era la sa-vqj da' ^uesta notte». Vedo Giovanni che si scurisce in ce l?; 4 toPi? Di che topi parli? In casa grazie a Dio non Ue piü». Anche i suoi vecchi genitori insorgono: «Mac- 135 ch* topi d'Egitto. Ti sarai sognato, caro mio*. ,p dico «vi garantisco che c'era il quarantotto, e no" PPUre* In certi momenti ho visto il soffitto che tremava.» p?8**0-ni si e fatto pensieroso: «Sai che cosa pu6 essere? Nj°Van' n'ho mai parlato perch£ c'e chi si impressiona, ma • °n te sta casa ci sono degli spiriti. Anche io li sento SpeT qUe* certe notti hanno il demonio in corpo!». Io rido- ^ prenderai mica per un ragazzetto, spero! Altro che °n ^ Quelli erano topi, garantito, topacci, ratti, panteganer^p a proposito, dove sono andati a finire i due famosi gatti? «Li abbiamo dati via, se vuoi sapere... Ma coi topi hai'la fissazione! Possibile che tu non parli d'altroL. Dopo tutto questa e una casa di campagna, non puoi mica pretendere che...» Io lo guardo sbalordito: ma perche si arrabbia tan-to? Lui, di solito cosi gentile e mite. Piu tardi e ancora Giorgio, il primogenito, a farmi il quadro della situazione. «Non credere a papa* mi dice. « Quelli che hai sentito erano proprio topi, alle volte anche noi non riusciamo a prender sonno. Tu li vedessi, sono dei mostri, sono; neri come il carbone, con delle setole che sembran degli stecchi... E i due gatti, se vuoi sapere, sono stati loro a farli fuori... E successo di notte. Si dormivagia da un paio d'ore e dei terribili miagolii ci hanno svegliato. In salotto c'era il putiferio. Allora siamo saltati giu dal \et-to, ma dei gatti non si e trovata traccia... Solo dei cium pelo... delle macchie di sangue qua e la.» «Ma non provvedete? Trappole? Veleni? Non capisco come tuo papa non si preoccupi...» , juj «Come no? II suo assillo, e diventato. Ma adesso ha paura, dice che e meglio non provocarh, c ^ rebbe peggio. Dice che, tanto, non servirebbe a nien^ ^ ormai sono diventati troppi... Dice che l'unica sare ^ ^ fuoco alia casa... E poi, poi sai cosa dice? E n°*C°°amente sarci. Dice che non conviene mettersi deci contro.» 136 Contro chi?» «Contro di loro, i topi. Dice che un gior-ando saranno ancor di piu, potrebbero anche vendi-n°' yyje volte mi domando se papa non stia diventan-dc^un poco matto. Lo sai che una sera l'ho sorpreso men- buttava una salsiccia giu in cantina? II bocconcino per i ^ri animaletti! Li odia ma Ii teme. E Ii vuol tenere buoni.» Cosi per anni. Finche Testate scorsa aspettai invano che sopra la mia camera si scatenasse il solito tumulto. Silen-zio, finalmente. Una gran pace. Solo la voce dei grilli dal giardino. Al mattino, sulle scale incontro Giorgio: « Compliments gli dico «ma mi sai dire come siete riusciti a far piazza pulita? Questa notte non c'era un topolino in tutta la sof-fitta>»- Giorgio mi guarda con un sorriso incerto. Poi: « Vie-ni vieni» risponde «vieni un po' a vedere.» Mi conduce in cantina, la dove c'e una botola chiusa da un portello: «Sono laggiu adesso» mi sussurra. «Da qual-che mese si sono tutti riuniti qui sotto, nella fogna. Per la casa non ne girano che pochi. Sono qui sotto... ascolta...» Tacque. E attraverso il pavimento giunse un suono difTi- cilmente descrivibile: un brusio, un cupo fremito, un rom- bo sordo come di materia inquieta e viva che fermenti; e frammezzo pure delle voci, piccole grida acute, fischi, sus-surri. «Ma quanti sono?» chiesi con un brivido. «Chissa. Milioni forse... Adesso guarda, ma fa presto. * Accese un fiammifero e, sollevato il coperchio della bo-t0 a, lo lascio cadere giu nel buco. Per un attimo io vidi: in una specie di caverna, un frenetico brulichio di forme ne-' accavallantisi in smaniosi vortici. E c'era in quel laido w!° potenza» una vitalita infernale, che nessuno pille fermato' 1 topi! Vidi anche un Iuccicare di Pu- tive'w1^1^13 e mi^iaia» rivolte in su, che mi fissavano cat-e- Ma Giorgio chiuse il coperchio con un tonfo. 137 E adesso? Perché Giovanni ha scritto di non poter pi(l invitarmi? Cosa ě successo? Avrei la tentazione di fargli una visita, pochi minuti basterebbero, tanto per sapere. Ma confesso che non ne ho il coraggio. Da varie fonti mj sono giunte straně voci. Talmente straně che la gente le ri-pete come favole, e ne ride. Ma io non rido. Dicono per esempio che i due vecchi genitori Corio sia-no morti. Dicono che nessuno esca piü dalla villa e che i viveri glieli porti un uomo del paese, lasciando il pacco al limite del bosco. Dicono che nella villa nessuno possa en-trare; che enormi topí Tabbiano occupata: e che i Corio ne siano gli schiavi. Un contadino che si ě avvicinato - ma non per moko perché sulla soglia della villa stava una dozzina di bestiacce in atteggiamento minaccioso - dice di aver intravisto la signora Elena Corio, la moglie del mio amico, quella dolce e amabile creatura. Era in cucina, accanto al fuoco, vestita come una pezzente; e rimestava in un immenso calderone, mentre intorno grappoli fetidi di topi la incitavano, avidi di cibo. Sembrava stanchissima ed afflitta. Come scorse l'uomo che guardava, gli fece con le mani un gesto sconso-lato, quasi volesse dire: «Non datevi pensiero. Ě troppo tardi. Per noi non ci sono piü speranze». 138