di considerarlo ě compiuto.— Hegel che lo dice «attituJ Ee dCi^110 ^ animo onde 1'artista si ponl iso al pos^ddkcí se»,1 definizione che, a nop m bene a guardare d quel solo lato da cui lo He^ „uarda, ha tutta l'aria d'un rebus. Caratteristiche piŮ£omuni, e pero piů generalmente os-servate, sono la «contradizione» fondamentale, a cui si suol dare per causa principále ll disaccordo che il sentimentu e la meditazione~scoprono o fra la~vita reale e PÍ deale umano_o fra lejnpstre aspirazioni e le nostre debo-lezze e miseries e per principaleeffettcTquella tál perples-síta tra il pianto e il riso; poi lo scetticismo, di cui si colo-ra ognLosservazione, ogni pittura umorisfíca,3 e in fine il suo pröceskrfc-minuziosamente e anche mahziosamente lco«pks$i, o analitico DäTIä PARTE SECONDA ■ I ■remo noi a vedena con precisione e a spiegar-S51'opinione di Benedetto Croce che nel Jour-"V Literature (rase, in, 1903) dichiarö inde-'» stati psicologici, e nel li ■Lráve Literature (iasc. m, itu,,-. --mo come tutu gli stati psicologici, e nel n-annoverö tra i tanú concetti deü'este-tísí/npawc°? «L'indagine dei fiJosofi - egJi dice - si travagJiata intorno a questi íatti, e specialmente i daim di essi, come, in prima linea, il comico, "tiro e il grazioso. Ma bi- somma, ripeto, di tutte queste caratteristiche e conseguenti definizioni si puö arrivare a comprendere, co-sl, in generale, che cosa sia 1'umorismo, ma nessuno ne-gherä che non ne risulti una conoscenza troppo sommaria. Che se accanto ad alcune dcterminazioni affatto incom-piute, come abbiamo veduto, altre ve ne sono indubbia-mcnte piu comuni, l'intima ragione di esse non e poi ve-dut a all at to eon precisione- ne spit-gat a. -saniinu in Komik und Humor (cap. xvi, «Das Wesen der Humors» l.'i-sscti/.a di-ll'l lumoi |, in eui si lonii-iitiniio Ii- citazioni pirandt-lliani-)-l «attitudine... cose»: identica citazionc, senza alcun rinvio, in Arcolco, >p. cit., p. 3. «contradizione»... miseric: come anchc per il Lazarus prima citato, he «aveva drtinito la pciuliarc modalitä di pensiero dcU'umorista coli.- opposi/.ioiu- 1 routalc ili rntle c- ;,/<■,//<•» (M Conieta, op cit., p. H* c' fr. p. J08). (H-rplessitä... umomtica: ncl coevo sagflio sui Sonetti di Cecco Angiolie-i, dopo alcunc pagine eoincidenti con quelle conclusive dell'Umorismo, »e: «Che cosa da valore a tutti questi scherzi di ombra? Un pro- 'jmento arri- i legge: milo i- sottile senlimento filosofico, pessimistico o scetli si sdoppia e talvolta anche si rnoltiplica cosieché 1 u' | perplesso, non sa piü da qual parte tenere». ■m ad alcuni ui *.»--> i t;«h* il tracico Yumortsttco e uy«*— ;ÄrÄnsiderarlU i del sentimente, ammettendo cosi delle ^tinzioni Bi di sentimenti, laddove il sentimento organico per motion puö dar luogo a classi; e bisogna chianre in ■ienso possano dirsi fatti misti. Essi dan luogo a con-i, ossia di complessi di fatti, nei quali entra-«ntimenti organici di piacere e dispiacere (o anche ^enti spirituali-organici), e date circostanze esterne !'orniscono a quei sentimenti meramente organici o Tuali-organici un determinato contenuto. Ii modo di •miztone di questi concetti ě il genetico: Posto ľorgani-jjWla situazione a, sopravvenendo la circostanza b, si ' .fatto c. Questo e simili processi non hanno col fatto nessun contatto: salvo quello generale che tutti 'ln quanto costituiscono la materia o la realtä, posso-essere rappresentati dall'arte; e ľaltro, accidentale, che questi processi entrino talvolta dei fatti estetici, come jeaso delľimpressione di sublime che puö produrre l'o-ul1 un artista titano, di un Dante o di uno Shakespea-di quella comica del conato di un imbrattatele o di "Hbrattacarte. Anche in questi casi il processo ě estrin-0 al fatto estetico: al quale non si lega se non il senti-jnto del piacere e dispiacere, del valore e disvalore este-co bello e del brutto».1 B. Croce, Estetica, ed. cit. (il d r, Ho ť* ^ea^Slid^ d0' d" non munľ ^"^l ,ut'e. empir , u,tt'N i _ - ,nPlr|nranitt. And* L !!g^_qud]'intimoproct^oď _ non avvemre. in turti queslisoft. isti. C cosi astrarta e negativa, étm é assoiutamente possibile. senonil inuo, com'egli stesso ta. *tt«É ncctti empirici ehe. ttca* dsta rmnmenre inartiva: asslste" . "ascere e al crescere dell'opera, ne segue ie fasi progres-SlVe e ne gode, raccosta i varii elementi, ii coordina, Ji " Vedi nel mio volume giä citato Arte e scienza il saggio Un critico fanta- 1 libero... coordina: giä in Scienza e critica estetica (1900) Pirandello scriveva del «libero movimento vitale» dell'arte. La formula, a lui cara, torna frequentemente sino alle parole sull'arte di Hinkfuss in Questa sera si recita a soggetto. Essa appare nei Foglietti editi da Alvaro (che spes-so traducono o parafrasano YEssai sur le génie dans ľart di Séailles) e in Arte e scienza, dove Pirandello rinvia esplicitamente al filosofo francese U passo traduce, infatti, dalľEssai (p. 170) in cui ricorre piů volte l'e-spresstone «hbre mouvement de la vie» per definire - come fa anche ^jndello - la spontaneita delľarte. Cfr. G. Andersson, op cit pp 171 >7 compara 1 La c I L'UM°WSMo Pensiero, opermeě «n^j*| » aiia volontä di attin« ,int°S me in un tesoro d'immagini e d'idee La le'l somma, non e una potenza creatrice, ma lo so^u^Ä riore in cui il pensiero si rimira; si puö dire an/'^S sia il pensiero che vede se stesso, assistendo a esso fa spontaneamente.2 E, d'ordinario, nell'artist M momento della concezione, la_rj£lessione si naL sta, per cosi dire, invisibile: e, quasi, per l'artista unaffl ma del sentimento. Man mano che l'opera si fa essaB critica, non freddamente, come farebbe un giudice spjfl sionato, analizzandola; ma d'un tratto, merce 1'impressip ne che ne riceve.' Questo, ordinariamente. Vediamo adesso se, per la nl tural disposizione d'animo di quegli scrittori che si dm mano umoristi e per il particolar modo che essi hanno ol intuire e di considerar gli uomini e la vita, questo stessl procedimento avviene nella concezione delle loro operel se cioe la riflessione vi tenga la parte che abbiamo or onL descritto, o non vi assuma_piuttosto una speciale attivita. ■ Ebbene, noi vedremo che nella concezione di ogni ope« ra umoristica, la riflessione non si nasconde, non restam-visibile,4 non resta cioe quasi una torma del sentimento, quasi uno specchio in cui il sentimento si rimira; ma gh si pone innanzi, da giudice; lo analizza, spasstonandosene; ne scompone l'immagine; da questa analisi pero, da quesiaj 1 La rijlessione... compara: tutto il capoverso e ripreso - come segnaj dalla nota dell'autore - da^Uw critico fatttastico (cap, u); questo pal per6 modificato: sono state soppresse alcune considerazioni sulla ta, anch'essa, al pari della riflessione, non inattiva durante la col ne artistica. Anche qui Pirandello riprende concetti e traduce esj ni di Seailles (op. cit., p. 171). Cfr. "on, op. cit., pp 2 La coscienza non. spontancamen questo passo Seailles, op. cit., p. 172. 3 la riflessione. . riceve: ivi, p. 210. WM essoche 1 ■) la riflessione... invisibile: stessa *>VB| n Un crib (cap. u). PARTE SECONDA • II osizione,1 un_ajtro sentimento sorge o spira: quello l^^treŠSe chiamarsi, e che io difatti chiamo // senti- ^ "dóunávecchia signora, coi capelli n't in t í, tutti unti [ si sa di quale orribile manteca,2 e pot tutta goffamen-J'^l-.ifi oiovanili.' Mi metto a ride )fl si sa dl quale ornbiie maiucca, ^ ((timbellettata e parata ďabiti giovanili.3 Mi metto a ride-\f. Awerto che quella vecehia signora ě il contrario di cib Lde una vecehia rispettabile signora dovrebbe essere. Posta cosi, a prima giunta e superficialmente, arrestarmi a 'questa impressione comica. II comico ě appunto un avver-iitiento del contrario.4 Ma se orTíHterviene in me Ja nfles- ne, e mi suggensce che quella vecehia signora non pro-va forse nessun piacere a pararsi cosi come un pappagallo, ma che forse ne soíhe e lo fa sokanto perché pietosamen-tc s'inganna che, parata cosi, nascondendo cosi Je rughe e la canizie, ňesca a trattenere a sé Vamore del marko mol-to piú giovane di lei, ecco che io non posso piú riderne come prima, perché appunto la rifíessione, lavorando in me, mi na ratto andar oltre a quelprimo avverttmento, o piut-losto, piů addentro: da quel primo avvertimento del contra-/gmH.ha fatto passajf a giiptrn wntimentn del contrario. 1 scomposizione: una parola-chiave del saggio. Cfr. il successivo cap. ví ln cui Pirandello si soiferma a lungo sulla riflessione che mmmfmnr* Je costruzioni illusorie ciittizie della reaJtá e, nelle opere umoristiche, i4 ^^55terí_dci persona^í, la strutlurd e lo stiie del testo narrativo. - wanteca: unguento cosmctico per i capelli. > vecehia signora... giovanili: il ritratto cfie qui e piú oltre viene íatto di questa figura esemplannenrc umoristica, rkhiama in parte quello della lora Poponica nelle pagine iniziali dell'Esc/usa (edito nel 1901, ma nel 1893) e in parte quello della signora Baldinotti nclla no-"fi<)7). Al noto topos pirandclliano concorre pero 1*í ritinge i capel posto Photon farina (cfr. 173 Ed v ore, fi Cq ,tutto dô htto p r ica; » - orSe. ma Per me non rse «»ime„t°.ch\* CľľS< PARTE SECONDA • II are il flagello delia satira polkica e civile: de-l^^0 3 U lui la disposizione propriamente umoristica: VíV'soone a quella particolar riflessione che, spassio-L\primo sentimento, dell'odio suscitato dalla vi-fVquei soldáti, genera appunto il sentimento del con- comicitttOS~iľľea,u' grido chi Ed ecco qua un terzo npanie usti.en.j e vi Mi sarebbe bo, ^neliavignaafardapaJi.J son 11 .°riSSS2 If °di0; soldatacci iSpiá ,ne' tempto il SUonn SlJa Patria scbiava. ' lento 1 ento. s"ono delľorgano: Ma ecco ievarsi poi quel cantico tedesco D' che un suono grave, flebiie, soienne4 *rm! * ^ene, ---WJV) questo suono tro una disposizione insolita nel poetaj de- pap, n. 2 Dostofevski: Fědor E' ■ - tore russo autore deJJe S°V1C^ostoevs^ (1821-81), il grande sajh 1 °co esaminato dai crii^r^^Usíimolo, 1 fratelli KararW^A wdicava in un'interv»r" ° T^J.^ggw^ PJrancidlo, efo 2*1 autor, da cui aveva Sto ^"-mboIMW >>9É £í *»»'... /*& G. Giwtí e !í?Pf««oni piú fořti. ! poeta ha sentito neíľinno la dolcezza amara Dei canti uditi da fanciullo: il core, Che da voce domestica gľimpara, Ce li ripete i giorni del dolore. Un pensier mesto delia madre cara, Un desiderio di pace e ďamore, Uno sgomento di lontano esilio...1 E riflette che quei soldáti, strappati ai loro tetti da un |:epauroso, A dura vita, a dura disciplina, Muti, derisi, solitari stanno, Strumenti ciechi ďocchiuta rapina, Che lor non tocca e che forse non sanno.2 Ed ecco il contrario dell'odio di prima: Povera gente! lontana da' suoi, In un paese qui che le vuol male...3 H poeta ě costretto a fuggir dalla chiesa perché j )~Qui, se non fuggo, abbraccio un caporale, Colla su' brava mazza di nocciuolo Duro e piantato 11 come un piuolo.4 3 4 Du> solenne: ivi, 8. v°#o, 3. ' dolcezza... esilio: ivi, 9. dura... sanno: ivi, 11. 'ra... male: ivi, 12. oiuolo: ivi, 12. 175 ' "M""isM() ' do* , 10 non csco alialto dal campo della n'uica cm,.,,* ^ rAr t\c\\a r»tleb ; logica. L'analisi psicologica di quests noesuu' il H • a es^^li-to (ondamento della valutazioiu- esu-tica di cssa. In litisússirn osso intcndcinc la bcllczza. so Not undo questo, avvcitoiulo old conuario che nasce da una s stone, to non os......rr pslcol ccssan ......VMR- estetica di cssa Io non posse uucnaerne la bcllczza, se non intendo il proces-so psicologico da cui risulta la perlena riproduzionc di qnello stato d'animo che il poeta volova suscitate, nell» quale consiste appunto la bellezza estetica 1 Vediamo ora un - ezza estetica.1 - r«m">u ora un esempio piu complesso gmnta; prendiamo un hbro di cui abbiamo gia discoL J Upn Vuijote dd Cervanres, Vogliamo giudicarne il valore estetico. Che faremo? Dopo la prima lettura e la prima impressione che ne avremo ricevuto, terremo conto anche qui dello stato d'animo che l'autore ha voluto suscitare. Qual e questo stato d'animo? Noi vorremmo ridere di tut-to quanto e'e di comico nella rappresentazione di questo povero alienato che maschera della sua follia se stesso e gli altri e tutte le cose; vorremmo ridere, ma il riso non ci viene alle labbra schietto e facile; sentiamo che qualcosa ce~Io turba e ce 1'ostacola; e un senso di commiserazione, di pena eanche d'ammirazione, si, perche se le eroicne awenture di questo povero "hidalgo sono ndicolissim , pur non v'ha dubbio che egli nella sua ridicolaggme e ramente eroico.2 Noi abbiamo una rappresentazione co ^ ca, ma spira da questa un sentimento che ci impe 1 ^ ^ ridere o ci turba il riso della comicita rappresentata,^ ^ rende amaro. Attraverso il comico stesso, abbia nel quale la l'aktk seconda • ii il sentimento dcl contrario. L'autore l'ha destato Li destato in lui, e noi nc abbiamo gia ve-Ebbene, perch6 non si scopre qui Ja spe-ciia riflessione? Ma perch6 essa - frutto del-Ltitiissima esperienza della vita,1 esperienza che ha de-Lßintto la disposizione umoristica neJ poeta - si era gia ,:;m.\ sul sentimento di lui, su quel sentimento che lo hm armato cavaliere della fede a Lepanto. Spassionan-ssidiquesto sentimento e ponendovisi contro, da giudi-;, nella oscura carcere della Mancha, ed analizzandolo i amara freddezza, la riflessione aveva giä destato nel imento del contrario, e (rutto di esso e appun- •i rnntrario og m KU ;1 contraria, t ^~>»---zn^rinoíí- n Ouiiote: e questo ^^f¥^^A^L Ijtttivato. u poeta non na mimv-: '«sa.- come il üiüsti nella sua poesia, - ne ha rappresen-|ato joltanto J'effetto, e perö il sentimento del contrario fyirajtt^veTrso^K comicitä della rappresentazione;2 que-lIac°micitaeTrutto del sentimento del contrario generali poeta dalla speciale attivitä della riflessione sul pri-ffl0 sentimento tenuto nascosto. «icC^e k*so8no ho io d'assegnare un qualsiasi valore LitUľ 3 ^esto sentimento del contrario, come fa Theodor q ?el suo libro Komik und Humor? [ °.e ~ lntendiamoci bene - al Lipps veramente non si cant questo sentimento del contrario. Egli, da un I mico0' jeile che una sPecie di meccanismo cosi del co-řsreřfc delľumore: quell° stesso che il Croce nella sua a cita come un esempio di spiegazione accettabile di 1 io non esco circa estetica ě dasottolineare l'affermazione pirandeüia^ ba^ni-f^^-^.'"««»rMtico sentimento ddcoü^"0 2 eroiche. eroico: mo iHpal,. „ í V — ť"«" .feniamoci a questo; seguiamo questa attivitä special j riüessione, e vediamo se essa non ci spiega a una tie vane caratteristiche, che si possono riscontrare i U opera umoristica. .\hbkmo detto che, ordinariamente, nella concezione /un'opera d'arte, la riflessione e quasi una forma dejsen-pento, quasi uno specchio in cuiil sentimentosi rimira. «•or auest'immagme, si potrebbe dire che, -iflrssione e, si, come uno mare umoristicne. rercne uuui« oppure astrattamente, attribuendola, ad esempio, al disaccorded che il sentimento e la meditazione scoprono fralaj vita reale e l'ideale umano o fra le nostre aspirazioni e le nostre debolezze e miserie? Nascerä anche da questo, e#| me da tantissime altre cause indeterminabili a priori. A noi preme soltanto accertare che questo sentimento del contrario nasce, e che nasce da una speciale attivitä c& assume nella concezione di siffatte opere d'arte la riflessione. «ÖSSS— define la condone ? mo«fuoridichiave». 180 Jtüi conce^io.. m&io, ma d'aequa diaccia, in , »7° ^m- rimira so,tanto. ma si tuffä e m . -Sgere deJJ'acqua e iJ riso che suscita i'umorista; H vapo-I e n esala e la fantasia spesso un po' iumosa dell'ope-^moristica.1 ff y L~'f questo mond° c'e giustizia finalmente! - grida Ren-I > upromesso sposo, appassionato e rivohato. : ~ lant'e vero che un uomo sopraffatto dal dolore non sa / "Welche si dica, - commenta il Manzoni.2 gcco la fiamma la del sentimento, che si tulia qua e si "torza nell'acqua diaccia della riflessione. . riflessione, assumendo quella sua speciale attivita, '^ene a turbare, a interrompere il movimento spontaneo ' la riflessione... umoristica: la stessa immagine e anche in Un critico Jan--'• neJJe righe conclusive del cap. in dri Promessi tastico f 181 b stato iJLAnci 3 ,e 'dee e /. 'n terra unaf, PARTE SECONDA • e Je £^ate di lca Oel fprmini Ma ě proprio cosi; e pero ho sempře par- >£ *"$ ana speciale attivitä delia riflessione. *Quest0 apparirä chíaro quando si pensi che se, indub-*■ o ereditata malinconia, Je tristi vi- eríle> che é h.*.- öa«a ..,st'ca autore eccessn sua madre - ■ ••punfo ,'Ppodi zarro punto fe^2l^iví"/a magini " ",tcrrU2Joni de/ m~~-""'J!,e«uen2a dei turr ^a^^^ľoSrtieuf^-ntanoii ,t0- a quae ?ntrarie- cbe „ftur!í"P^ d>m^"^eSta" ,or°iereD "T^eto, s C" ente *vidono Jospin ~ «iazion, „;.% .... °«Ma a trovare o a stabil,, t 1 J. ma —«iuiJi piú impensate. Ogni vero umorista non é soltanto poeta, e ancne criu a - si badi - un critico sui generis, un criticofe.ntast-'"' co: e dico fantastico non solamente nel senso di bizzarre> c di capriccioso, ma anche nel senso estetico delia par* quantunque possa sembrare a prima giunta una contra' 1 movimenlo... armoniosa: cit. 2 ab ovo. dalle origini (lettcrí é Orazio (An poetka, 147). ^mente, una innata renáe, un'amara espenenza delta vita, o anche un pessimi 0) o uno scetticismo acquisito con lo studio e con la „nsiderazione su le sorti dell'umana esistenza, sui desti-jo degli uomini, ecc. possono determinare quella partico-jir disposizione d'animo che si suol chiamare umoristica, juesta disposizione poi, da sola, non basta a creare un'o-pera d'arte. Essa non ě altro che il terreno preparato: l'o-pera d'arte ě il germe1 che cadrá in questo terreno, e sor-jerá, e si svilupperá nutrendosi delJ'umore di esso, to-jliendo cioe da esso condizione e qualitá. Ma Ja nascita e lo sviluppo di questa pianta debbono essere spontanea Apposta il germe non cade se non nel terreno preparato a nceverlo, ove meglio cioě puó germogliare.2 La creazione ™J!2e_ějy3ontanea: non ě composizione esTěnore, per JMŽToně~cTllěménti "di cui si siano studiati i rapporti: di membra sparse non si compone un corpo vivo, innestan-*>, coajbinando. Un'opcra d'arte, in somma, ě, in quanto c "ingenug^; non puó essereT risultato della riflessione wsciente. , La riflessione, dunque, di cui io parlo, non ě un'opposi-2'one del cosciente verso lo spontaneo; ě una specie di projezione dělla stessa attivitá fantastica: nasce daJ fanta-sTia, comeTombra dál corpo; ha tutti i caratteri della «in- "ota I. "ovo-J. FonI<. ddlt !e?1""; &erme: 'a metafora, ripresa da Séail/es, e ticottcntc in Pir»n-«10, daWAziom parkta alJa Prefazione ai Sei prrsonaggi {cit. G. An-ae«son, op. cit., pp. 150, 186) Nella recensione della Francesca Ja Ri-di G A. Cesareo (1905) Pirandello inserisce i'immagine, come qui, ^ Una discussione sulia spontaneita deli'opera d'arte in quanto *essere Otgtnico e vivente* e ri/erisce taJe concezione a Goethe nei co//oaui con Eckermann. SuU'influsso, per tale concezione, di Goethe (oJtre cne r. c } L'idea.-- immapm: ivi, p. 169. parte second * řorme deLlo aere la andere la conned Jchenon ha fatto limine ;.mnel'ovposto dell arte».1 i Jflrdo attorno sbalordito. Ma dove, ma quando Caffermato questo? Qui sta tra due: o lo non so íe o il Croce non sa leggere. Come c entra Iznücs-l1 mil'arte che ě critica d'arte, e la riflessione sulla vita Li iihsoüz della vita? Io ho detto che ordinariamente, Lenerale, nella concezione d'un'opera d'arte, cioě men-hanosciittore la concepisce, la riflessione ha un uííicio Ikhocetcato di determinare, per poi venire a determina-k quale speciale attivitä essa assuma, non giä suli'opera Ume, ma in quella speciale opera d'arte che si chiama jaoristica. Ebbene, perciö l'umorismo non ě arte, o ě piů Ik arte? Chi lo dice? Lo dice lui, il Croce, perché vuol Mo, non perché io non mi sia espresso chiaramente, di-jaostrando che ě arte con questo particolare carattere, e 'niarendo da che cosa le provenga, cioě da questa speciale »iivitä della _riflf«if)nr la quale scompone Vimmagine «ata da un primo sentimeoto per far sorgere da questa ^mposizione e presentarne un altro contiíinoT"čoIHe ap-^nt0 s 5 veduto dagli esempii lecaú e da tutti gli altri e avrei potuto recare, esaminando a una a una le piů cerate opere umoristiche. Per mnp°rre* ammettere un'ipotesi quanto mai ingiuriosa c Croce, che cioě egli creda che un'opera d'arte si tantí8? C°me Un c5uaIun1ue pasticcio con tanto d'uova, te , dl .fa«na, tanto di questo o di quell'altro ingredients sl.P°tre^be anche mettere o \asciar fuori. Ma pur Ppo rtu vedo costretto da lui stesso ad ammettere una eher lp°tesl> quand'egli «per farmi toccare con mano e i umonsmo come arte non si puö distinguere dalla re-ante arte»2 pone questi due casi circa alia riflessione, di ui io - secondo lui - vorrei fare carattere distintivo del-I arte umonstica, quasi che fosse lo stesso dire cosl, in ge- k ' ~"0leí'" "ČT' neil* citau "-«ensione su «La Critica» p 221 per. . arte»: ibidem. ' *^ 185 • UMORISMO nerale, la riflessione e parlare tw r attima della rifksstoJ,ptc0™ " faccio'd' cabile *~ che come carats j:.*:-. ,a ^wzione dj , opere, come carattere distintivo cb mostrarsi. Ma lasdamo and Pone di P" f°r2a d^ rati- 1- _:n_ • 1 0ne> Olcevo. mi...: 51 casi: che cioě, la riflessione «o ent7a com? qUeS" due nella materia dell'opera dell'artc ej:;;;::;:, monsmo e la commedia (o la tragedia o la |irÍM c čendo) non ví ha dtfferenza alcuna, giacché ,n ,uItVt opere d arte entra, o puö entrare, il pensiero c hi riilewu, ne; ovvero rimane estrinseca all'opera d'arte. <• allora ál avrä critica e non mai arte, e neppure arte umorisüca».1 ] E chiaro. II pasticcio! Recipe:2 tanto di fantasia tanto I di sentimento, tanto di riflessione; impasta c avrai untj qualunque opera d'arte, perché nella composizionc & una j qualunque opera d'arte possono entrare tutti quegli ingre-dienti, e anche altri. Ma domando io: come e'entra questo pasticcio,1 questi composizione d'elementi come materia dell'opera d'arfj qualunque e comunque sia, con quello che io ho detto pin] su e che ho fatto vedere, punto per punto, parlando pfl esempio del Sant'Ambrogio del Giusti, quando ho most* to come la riflésstbnirTnserendosj_cc^^ primo sentimento del poeta, che eTSSE^«0 quel so| dataíxř^traTTleříriěneTcrirpoco a_prcoJ^contrario J j sentimento di prima? E torse percT^esiT ntoionj sempře vigile e specchiante in ogni artista durante la ere 1 zione, non segue qua il primo sentimento, ma a un i punto gli s'oppone, diventa percio estrinseca aü openi d'arte, diventa percio critica? Io parlo d una attivüa >n^ PARTE SECONDS ■ in jJla riflessione, e non della riflessione come ma-^ nente dell'opera d'arte. E chiaro! E non e ere-'^TtiCroce non I'intenda. Non vuole intenderlo. E & L quel suo voler far credere che siano imprecise fcP&stinzioni e che io le ripeta e le modifichi e le tem-\T& continuo e che, quando altro non sappia, ricorra Ejomtgini; mentre invece negli esempii ch'egli cita di Late mic pretese ripetizioni e modificazioni e soccorre-LJiimmagini, sfido chiunque a scoprire il minimo disac-\ocio, la minima modificazione, il minimo temperamento hh prima asserzione, e non piuttosto una piu chiara Iptgazione, una piu precisa immagine; sfido chiunque a laoooscere con lui il mio imbarazzo, poiche i concetti, a Mao dire, mi si sformano tra mano quando li prendo per lf«ierli altrui. I Tatto questo e veramente pietoso. Ma tanto pub sul f trace cio che una volta egli s e lasciato dire: che cioe del-umonsmo non si debba, ne si possa parlare. Anaiamo avanti. 1 «o entra... umoristica »: ivi, pp. 221-22. . merJjche e qui 7 Recipe-: 'Prendi'; voce latina ancora usata nelle riceuc „„,,0ric(» Lesa a queUe di cucina. L'uso é evidentemente .roruco e ™«icW "ente connesso alia concezione dell'opera d'arte come «past.cc.o». X°auestoipasticcio: la polemica prosegue, dopo la def ' >-roce a una sorta di Artuši dell'cstetica, con 1 ite [, ttende un altro evidente doppio senso comic*^ met atone* iccio»,jB É 187 'Wo dett mentis . moaôr^ r 1111 cosf f„..:_ . . ^erta anzi «/tri J ess" entra sP'rir0 d.un /e. ■iMt. P 'Perp/essifľ i * 90S mc qu ľ«v£°*. n°n piú í°n'rarjo; che n»l . " * unu . "so Provix-»r,i „-i —.-. . > 8^* "on £2*«* S^^n"J«.í« *««: .Aril tra que/che si dice J nno illusorii. o la ragione di essi ci sfugge, i'iniicabile. "Manca atfatto alla nostra conoscenza del máo e di noi stessi quel valore pbiettivo che comune-íjtnte presumiamo di attribuirle. E una costruzione illu-Ijn'Kontinua.3 ' imo assistere alla Iotta tra ľillusione, che s'insi-Uanch'essa da per tutto e costruisce a suo modo; e la ri-'fosione umoristica che scompone a una a una quelle co-Srazioni? aQQa+tx&w /vsmoiň-3rrr>&- Cominciamo da quella che ľillusione fa a ciaseuno di joi.dalk costruzione cioé che ciaseuno per opera delľillu-lionesi fa di se stesso. Ci vediamo noi nella nostra vera e setoetta realtä, quali siamo, o non piuttosto quali vorrem-n essere? Per uno spontaneo artificio interiore, frutto di segrete tendenze o d'incosciente imitazione, non ci ere-™mo noi in buona fede diversi da quel che sostanzial-wnte swmo? E pensiamo, operiamo, viviamo secondo 0 'Lt'dicolo di questa seoperta vedra il latn xt-i-in e Jo "montéra questa costryzione ideále, ma non per ri- Per p^-p^UiÄiiú: Bvtcxb namttore ir*irccse, considcraio uno tondatori del Naturalismo, - ««Ofcrwev K>*fr*:.>>> jjiri vvmc una nvwa in una hotti^Iij * mm cosamztomt... comumtU'. Uk'. (Iß. 17u~y* e not* 1. * G t*Umm*y stessi: un p*sso moJto simile e neue pa«ine inizUli di\ in cui Pirandello prccisa 1 die « ir»tt« di «un» fiiuionr rssu». sinerr«». Muchcsini. a proposito \ del pn^tominio dell* fiiutione. ».-rivev» che «l'individuo in quest» guxsm \ tire non wnro 1« irnAJ qutnto U mntfom di se stesso» (Le b-«,, J-;. / r«mm. FUri. Litem. 190?. p. ». 201 derne soJamente-do, compatira. e in Juc JOg0 di sdegnarsene U comico e ij safir,v ma8aW, va fagga dalJa vhTZ 'T0,daJ,a riflCssi PARTE SF/JONDA V rideo. ra conciliazione delle tendenze stridenti, dei senti-nti ripugnanti, delle opinioni contrarie, sembra piu at-^yje su le basi d'una comune menzogna, che non su Ja rtplicita e dichiarata tolleranza del dissenso e del contra- sembra, in somma, che la menzogna debba ritenersi do, i rapporti sociali della T*^ Cile £sa so^'-upP«o hü vantaggiosa della veracitä in quanto queíJa puö uni- sS°ni d\Cakolo> S Ii. laddove ^UeSU dÍVÍde; U Che n°n imPed,Sce che> „ "/Cata- L'umorista v* 1:.-, . ,mora^'tá ě a,,^;'> siamo indotti a mt- sentimento C°me nnn ______> ",ora'e, in se. c n ^ ente> con Ja —win o, e ride senza sd© come, anche ingenuament» --■ na buona fede, per opera d'una finzior inrW» le vero rigl he non ě a convenienza, cioě di p che puö diventar2^ apparir peggiori di quell« ente, se I'esM*** - anche • ,—Piu in Ja e smr, 7cioé di calml " I sapienza aei segm cne 10 giustmcni - on, ínaimenn-«onale finanche il bisoenn ^' P-U0 d,'ventaH com™ cabile Conte Zio del Consiglio segreto,* - sono arti che si mentre la menzogna ě tacitamente scoperta e riconosciu-w si assuma poi a garanzia della sua efficacia associatri-ce la veracitä stessa, facendosi apparire come sinceritä I'ipocrisia.1 La ritenutezza, il riserbo, il lasciar credere piü di quanto si dica o si faccia, il silenzio stesso non scompagnato dalla sapienza dei segni che lo giustifichi - oh, indimenti- che S1 e realme isogno ď converi quell« sc 1 essere aggregati a un qualsiasm gruppo sociale importi che si manifestino idealitä e sentS menti che sono proprii a quel gruppo, e che tuttavia a chil vi partecipa appariscono contrarii e inferiori al proprio ia% timo sentimento." a Mi awako qui di alcune considerazioni contenute nel libro di Gio-i vanni Marchesini,3 Le finzioni dell'anima (Bari, Gius. Laterza e figli,| 1905). 2 puó%ve^t"da' <«*>• c^^^^^P^U^l^ dt CÍta2Í°nÍ ™- 10) — —»wmmu nei pcriodi precedcnti (p liane f«,,i fwl 7:™ "P°versi. a parte alcune brevi inserzioni pirandel-dSX tL?'°'- Um„rista' il Thackeray), sono anch'essi qmion. ^issiqwl^.- tamo p,u nella seconds edizione, i- e soppressoTuni- Ua fine del capi-. tate (di Negri ta, discepoloj volume citii rutto di mar , neospiritu* «> ntenmemo inters J," Seco,nda tolo si succederä u„"°» tes}9 - di March ancora di Marchesini) eT, citazioni 3 Giovanni Marchess (, Í^U,a„21°n>-Roberto Ardigö. Usd'JX% «JHifcwft che esponeva una teoria or "'SI ^ Posil usano di frequente nella pratica della vita; e cosi pure il non dare occasione che si osservi cio che si pensa, il Ja-sciar credere che si pensi meno di quanto si pensa effetti-vamente, il pretendere di essere creduti differenti da cio che in fondo si h.2 Notava il Rousseau3 neU'Emile: «Si puo fare cio che si e fatto e non si doveva fare. Poiche un interesse maggiore puo far si che si violi una promessa che si era fatta per un ' «Un parlare ambiguo, un tacere significativo, un restare a mezzo, uno stringere d'occhi che esprimeva: non posso parlare; un lusingare *nza promettere, un minacciar in cerimonia; tutto era diretto a quel fi-Oe; e tutto, o piu o meno, tornava in pro. A segno che fino un: io non posso niente in questo affare, detto talvolta per la pura verita, ma detto in modo che non gli era creduto, serviva ad accrescere il concetto, e quindi la realta, del suo potere: come quelle scatole che si vedono anco-r» in qualche bottega di speziale, con su certe parole arabe, e dentro e nulla: ma servono per mantenere il credito alia bottega ». emp J tciliazione... ipocrisia: G. Marchesini, op. cit., p. 10; citazione .é Ietterale. nutezza... siě.G. Marchesini, op. cit., p. 11. Citazione presso-lie; l'inciso (col riferimento al cap. xvm dei Promessi spost, ci-a) ě di Pirandello. I i: Jean-Jacques Rousseau (1712-78), filosofo e scnttore po- 203 ven?886 mi»<*e ciA •h ~.^^o a con; - - ou accaparrarsi l'altrui sol Quanto piu difficile e la lotta per la vita, e piu e sentil in questa lotta la propria debolezza, tanto maggiore si fit poi il bisogno del reciproco inganno. La simulazione della J forza, dell'onesta, della simpatia, della prudenza, in soiV ma, d'ogni virtu, e della virtu massima della veracita, ^ d'adattamento, un abile sf"-coglie -lelia vita gna: - e cosi! E mentre il sociologo descrive la vita sociale qual'essd risulta dalle osservazioni esterne, l'umorista armato del | suo arguto intuito dimostra, rivela come le apparenze sia-1 no profondamente diverse dall'essere intimo della coscien-■ za degli associate3 Eppure si mentisce psicologicame u?a forma J- urnorista lotta ^SB^oni per J n°n se n'incSl lit ico ginevrino, autore di II contratto sociale e Emilio o dell'educazione, romanzo pedagogico qui citato, che al loro apparire furono condannati al rogo. 1 «Si pud... soccorso»: si tratta della traduzione non sempre fedele, con saki e modifiche, di un passo del libro n deU'Emile che Pirandello n prende da Marchesini (op. cit., p. 13). 2 Quanto... lotta: G. Marchesini, op. cit., p. 13. II primo periodo modi-fica appena l'ordine sintattico; il secondo cita alia Iettera. 3 E mentre... associate la contrapposizione tra sociologo e umorista J sottolineata, in rapporto alia definizione pirandelliana deU'umorisraoA eminentemente psicologica che abbiamo giá piu volte annotft, «n se confronts PARTE SECONDA • V si mentisce socialmente. E il mentire a noi stessi, vi-njo coscientemente solo la superficie del nostro essere ijchico, e un effetto del mentire sociale.1 L'anima che ri-;tte se stessa e un'anima solitaria; ma non e mai tanta la jitudine interiore che non penetrino nella coscienza le Ugestioni della vita comune, con gl'infingimenti e le arti Lsfigurative che la caratterizzano. I Vive nell'anima nostra l'anima della razza o della collet-[tivitä di cui siamo parte; e la pressione dell'altrui modo di N'üd&are^dell'altrui modo di sentire e di operare, e risen-Uta da noi inconsciamente: e come dominano nelIvondo sociale la simtuazjoneeja^issimulazione, tanto meno av-I i-ertite qüahto piü sono divehute* aDitüäli, cosi simuliamo e dissimuliamo con noi medesimi, sdoppiandoci e spesso anche moltjplicandoci. Risentiamo noi stessi quella vamrä aiparer diversi da ciö che si eTche e forma consustanziata "ellavvita^aä1e; e rifuggiamo da qüelPanalisi che, svelan- » un"epoca anteriore », spiegaÄí^p. cit., p. 293, che Pirandello qui •■ --X^inra e critica esteticajove, in/am, at- • ------ la rai\. ^w;, come era esphcito in Scienza e criticaestetica_do\e. infatti, at-, ,u j Ya tosdoppiamen to « a 1 cbTnlmSoimpenoso della scienza*. La cau-h f . 0 sdoppiamento é qui il «tumulto improvviso» che ě possibile in lu«l, in qualsiasi momento, cosi come il «richiamo improwiso d'una nsazione, sia sapore, sia colore o suono» che ě la causa individuata in-vece, quasi proustianamente, nella novella. 2 I limiti... siamo: citazione letterale da G. Negri (op. cit., p. 293) che a *Ua volta traduce - ancfi'egli senza indicarlo - da A. Binet, Les alterations de la personnalité, Paris, Alcan, 1892, p. 243. 3 momenti eccezionali: «momenti tempestosi» o «di piena» e «momen-Mdi silenzio interiore» li deíinira nelle prossime pagine. (Cfr. nota 1, p. F 1) Per alcuni riscontri nelle novelie e nei romanzi, cfr. C. Vicentini, , pp. 172-74. i ideali... intimamente: citazione, lievemente modificata, da Mar-■■ rit 0. 25. I tre capoversi successivi citano da p. 59. <»«■» toil), psicologo francesc. Con la qui citata "rrsunta unit a del ^■É^i meraviglios' esp<= L UMORISMO E appunto le varie tenderize che contrassegnano la p( sonalitä fanno pensare sul serio che non sia una I'anima individuale. Come affermarla una, difatti, se passione c ragione, istinto e volontä, tendenze e idealitä, costituisco-no in certo modo altrettanti sistemi distinti e mobili, che fanno si che ľindividuo, vivendo ora ľuno ora ľaltro di essi, ora qualche compromesso fra due o piu orientamenti psichici, apparisca come se veramente in lui fossero piú ajiime diverse e perfinô~ôppOBie, piú e- opposte personili-taZET"" " Non c'e uomo, osservó il Pascal,2 che differisca piú da un altro che da se stesso nella successione del tempo. La semplicitä delľanima contradice al concetto storico delľanima umana. La sua vita ě equilibrio mobile; ě un ri-sorgere e un assopirsi continuo di affetti, di tendenze, di quella rassegna di meravigliosi esperimenti psico-fisiologici, da cui que-ste e tanťaltre considerazioni si possono trarre, come notava giä G. Negri3 nel libro Segni dei tempi. nostro io» iniziava ľarticolo pirandelliano - giä piú volte ricordato nelle note - Scienza e critica estetica. 1 le varie... personalita?: ľaffermazione di «une alteration particuliěre de la personnalité, un dédoublement ou plutôt un morcellement du moi» (un'alterazione particolare della personalita, uno sdoppiamento o piuttosto una frantumazione delľio) era la tesi essenziale di Binet (op. cit., p. vín), che scriveva altresi (ivi, p. 322): «En un mot, il peut y avoir chez un méme individu, pluralite de mémoires, pluralite de consciences, pluralite de personnalités» (In poche parole, si puô avere in uno stesso individuo pluralita di memorie, pluralita di coscienze, plura-JitjLdfcgersonalitä) iTPäšia I ^ilaise Pascal (1623-62) matematico, fisico e filosofo francese. HTteiiti di una progettata Apologia del Cristianesimo uscirono po-stnmi col titolo dl fenitert. L osservay.innr di PAsral Irfr. PensierTl22-123, ed. Brunschvicg) e, in questa stessa forma, in Marchesini {op. cttg p. 60). 3 Negri: Gaetano Negri (1838-1902), militare impegnato nella rer sione del brigantaggio, poi uomo politico, si dedico anche alia letta ra e alia critica. Segni dei tempi e una raccolta di saggi, tra cui «11 klema dello spiritismo» utilizzato da Pirandello: in esso 1'autor- n* credenze spirinche ncorrendo agli studi psicologici di Ja1' f tutto, Binet. 208 PARTE SECONDA ■ V {luttuare incessante ira termini contradittorii, e ťscXre fra poli opposti, come la speranza e la paura, °et0 e il hlso, il bello e il brutto, il giusto e ľingiusto e 'dicendo. Se ďun tratto si disegna nelVimmagine oscu-Mľavvenire un luminoso disegno ďazione, o vaga-*• Hel zodimento, non tarda ad apparire, n"r,siero del passato, ■'Trn e il raisu' ~ v i „Ar, Se ďun tratto si u»«.e—-^dCvenire un luminoso disegno ďazione, o 1 ^vSafioíe del godimento, non tarda ad apparire, «-rernmo serbarci coerenti, tutte le finzios e condizioni, lo stato in ~ :essi, in ciö ch noi, il flusso c , oure i limití che noi imponiamo. componendoci una coscienza, er»«™ tä. In certi mn^ amoti e n°i chiamia- . tuttej eJ e anche ----f ^wiii4iI10, costruendoci una personali-certi momenti tempestosi, investite dal flusso quelle nostre forme fittizie crollano miseramenť quello che non scorre sotto gli argini e oltre i limiti, ms( che si scopre a noi distinto e che noi abbiamo con cura in-canalato nei nostri affetti, nei doveri che ci siamo impa sti, nelle abitudini che ci siamo tracciate ' ti di piena strarip" ■ Vi - gonojmime conunuaT]^^^ ^nano di flfijtajttjdjjusione -£aßß^üdersi1_djrrig^ 1 La vita.. Forjnachr if^S''Ád^SF« flui quella filosofa deWorioJ 1!!2!&^&^J^^™&? considerö poi tica di Tilghč - poi centrale nell'opera leonere X*J fln? « swvi»ene?n rTnl"^ ?.fece sua ,a f°™ula cri-rrhK ^P " Stanche e Tomate tirl •jfj Csp,icita e »»« trebbe d.rc, con Seailles e R cos/dd«to "pirandellis * fätta e le opere ea,tJlnade^, che Ja form,,!,, .Ii™.. Venne ) e intenzionale nel smo" (si po "t^l" *??: P-role q^XSjd^^*« se stesso) il, cap. ii) sociale a • sono riferite . Lando La ^ecebi e iyovam (Pj un «momento di piena» n an,° che P'runde I.ano ricorrente. in v»l (Qucst ul'imo é utu PWi« iniiMll dei Quademi d7set)T^* ' micro ,1 precedente capoverso del„, f?"«5** '»»' «Jon, che si son composti e J f °' PARTE SECONDA • v o in quella forma dipersonalita. Ma anche per fe-pi5 quiéte, che~^i~5onb adagiate in una o in un'altra rffla la fusione ě sempře possibile: il flusso della vita ě £ per tutti pero puo rappresentare taivolta una tortura, rispetto all'anima che si muove e si fonde, il nostro stesso ■nrpo fissato per sempře in fattezze immuiabüi-1 Ohper-cf,é proprio dobbiamo essere cosl, noi?2 - ci domandiamo lalvoItaTÖlo specchio, - con questa facciä, con questo cor-jpo? - Alziamo una mano, nell'incoscienza; e il gesto ci re-' sta sospeso. Ci pare strano che l'abbiamo fatto noi. Ci ve-iiamo vivere} Con quel gesto sospeso possiamo assomi-gliarci a una statua; a quella statua ďantico oratoře, per esempio, che si vede in una nicchia, salendo per la scalina-ta del Quirinale.4 Con un rotolo di carta in mano, e l'altra mano protesá a un sobrio gesto, come pare afflitto e mera-vigliato quell'oratoře antico d'esser rimasto 11, di pietra, per tutti i secoli, sospeso in quell'atteggiamento, dinanzi a tanta gente che ě salita, che sale e salirä per quella sesdi-nata! cd ammiro le anime sconclusionate »; anime che definiva poi con queste Stesse parole del saggio, mentre romanzo «sconclusionato» definiva anche il prediletto Tristram Shandy. Di tal fatta furono poi Uno, nessuno e centomila e Vitangelo Moscarda, personaggio inetto, inconcludente, e änima sconclusionata, folle in contatto con la Vita inconclusa, infinita. 1 corpo... immutabili: anche il corpo e una forma da cui talora i perso-n^ggi_pirandelliani cercano di^vadere e che spesso Pirandello umoristi-camentc scompolie:— " * üb... noir1: ü passo, da qui alia fine del capoverso, torna, solo lieve-■"ente modificato, in Suo marito (cap. n, 3). «Perche dovevo essere io, *sto, cosi?», dice anche, alio specchio, Moscarda (Uno, nessuno e cen-lila, Libro I, cap. vu). "/ vediamo viyere: ij[vedersi vivere - contrapposto e incompatible con f - e unjopos_ ricorrente in Pirandello assieme al motivo dello >). Cfr. acTeS. // giuoco delle parti (Atto i, Seena i) e Trovarsi (At- ... Quirinale: «da via Dataria», e precisato in Suo marito. Sul le, il piu alto dei sette colli di Roma, fu eretto, alia fine del xvi l'omonimo palazzo, residenza papale prima, reggia dei sovrani i dal 1870, residenza presidenziale, inline, con la repubblica. 211 3> l'umorismo In čerti momenti di silenzio inteiioxe nostra st spo^ia di tutteHelSn?£uli ?i"nu? nostri diventano piú acuti e piú penetrant! nni 8 npistessi nejla vita e iaS^S™ dita anda, inguietante;,,jHeTula^aka^ ? na S reaU^iversada quella che normalmente percepiamo, una realta vivente okre la vista umana, fuori delle forme del-1 umana ragione. Lucidissimamente allora la compagine deU'esistenza quotidiana, quasi sospesa nel vuoto di quel nostro silenzio interiore, ci appare priva di senso, priva di scopo; e quella realta diversa ci appare orrida nelk^sua crudezza impassibile e misff-inga, poiché tutte le nostre fittizie relazioni consuete di sentimenti e ďimmagini si a sono scisse e disgregate in essa. II vuoto interno si allarga, varc^_j_lirniti del nostro corpo. diventa vuoto intorno a noi, un vuoto strano, come un arrestčTdel tempo e della vita, come se il nostro silenzio interiore si sprofondasse negli abissi del mistero. Con uno sforzo supremo cerchia-mo allora di riacquistar la coscienza normále delle cose, di riallacciar con esse le consuete relazioni, di riconnetter e idee, di risentirci vivi come per 1'innanzi, al módo solito. Ma a questa coscienza normále, a queste idee nconne , a questo sentimento solito della vita non possiamo piu prestar fede, perché sappiamo ormai che sono un no ■ inganno per vivere e che sotiaxě t°b)k tro'» "costituiscono il fondo mistico (laicamente inteso e '"^„P'ri S nei confini terreni e umani della psicologia del profondo) deti v Pirandello, in quanto «senso di percezione ed esperienza senu del tremendo mistero che e (™A" A* W ľfľ" -*-~Ja il Diede a uno; cava QueTrWro zoppetto f iede a uno; cava lastampella... La vita, qua, schiacc a u P ^ vetr0) laun occhio a un altro... G^Í^ÍSSsí^^ h eavanti!< CiasomojLraccoM^-- amara, dissolve a una a una 2 Ogg/... maschere... : «Che la concezione di UNC [U»o, nessuno e cen-tomila] sia contigua al saggio su L'umorismo ě ipotesi del tutto ovvia ed Universalmente accettata; ma qui siamo addirittura al sunto anticipate) dei primi due capitoli del romanzo, con al centro il trionfale enigma del naso» tG^Mazzacurati. Pirandello nel romanzo europeo, Bologna, II Mulino, (^7lpľ-29TňX~"^ j——— 3 Un\ojjfo e passano: «Ah la vita cos'é! Basta un soffio a ponarsela via», esclama casualmente, scoprendo cosl il proprio sovrumano potere di morte, il protagonista e voce narrante della novella Soffio (1931). 4 La vita... avanti!: «qualche sciagura avrebbe potuto anche svisarlo, cargli un occhio di vetro o una gamba di legno» {Uno, nessuno e cento- nila, Libro i, cap. vn). 213 rnaschera esteriore. Perché dentro poi c'e ľaltra, ehe st sortórri^rCcoYcía^on quella di fuori. E niente é'v~ ro il mare, sl, vera la montagna; vero il sasso; verc ďerba; ma ľuomo? Sempre mascherato, senza volerío. d, di quella tal cn^ " fuori P • senza saperloTT^ľTr^^Jíl^cherato *L n fl'o -c E qoesto fa7ľntľľd~°' ne, poniamo, quando gli siľ'Daí ľ'T"- Si> P"*hé «j J*", ehe fa? mangia e forZKZc * Pdma febbr^ella deve vivere; chiude gli ocehľ' Zlf ^ ?UÔ vivere, con* PO passi, freddo se ZSaTĹSS^' ,e. ]^ia ehe 11 ------, ..uuuc gn ocehí, paziente, e la. po passi, freddo se freddo, caldo se caldo; e se gli dänno un calcio se lo prende, perché é segno ehe gli tocca anche questo. Ma ľuomo? Anche da vecehio, sempre con la feb-bre: delira e non se n'avvede; non puö fare a meno ďat-teggiarsi, anche davanti a se stesso, in qualche modo, e si figúra taňte cose ehe ha bisogno di ereder vere e di preň7 clere sul serio. Ľajuta in questo una čerta macehinetta1 infernale che la natura volle regalargli, aggiustandogliela dentro, per dargli una prova segnalata delia sua benevolenza.2 Gli uo-mini, per la loro salute, avrebbero dovuto tutti lasciarla irrugginire,3 non muoverla, non toccarla mai. Ma si! Cer-tuni si sono mostrati čosi orgogliosi e stimati čosi felici di possederla, che si son messi subito a perfezionarla, con ze- 1 una čerta macehinetta: questo e i due successivi paragrafi comparivano giä nella novella La messa di quest'anno (1905) e nelľarticolo La fiera delia Sapienza («Gazzetta del Popolo» di Torino, 10 gennaio 1906; si tratta di una delle Cronache stravaganti, riportate alia luce da Sarah Zappulla Muscarä e raecolte, con altri inediti, nel suo Pirandello in guanti gialli, Caltanissetta, Sciascia, 1983). Cfr. altresl Suo marito (cap. n, 1) e 1 Ma non é una cosa séria (Atto n, Scéna i) dove tornano concetti ed espressioni simili. _____ 2 la natura... benevolenza: la polemica, di stampoMeopardiapo, con la natura matrigna appare anche nelle fonti su citáte dél páššo, nel tono íronico di alcuni incisi. Nella novella: «la natura che ci vuol tanto bene»; nel successivo articolo: «dovete sapere, cari bambini, che la natľ ra, ehe ci vuol tanto bene - mamma di tutti - ». - segnalata: conside vole e, perciô, manifesta. 3 irrugginire: arrugginire. 214 pakteseconda-v ft**, V Aristotile ci serisse ^STnellc scuole ^ä0ÍL tra Seile ehe si ^f^^a baloccarcisi.1 E , legg'ä,dr0 Hm imoarino presto e bene comunicazione ú JeSocolcuore V^iľmanoSoic^nori filosofi. , -Ä ^^V-lt^o lascia quanto u caldo, di torbido: si reingci», ~ r-nk-a-liz-za. Un pověro sentimento, cosi, destato da un oso particolare, da una contingenza qualsiasi, spesso dolorosa, pompato e filtrato dal cervello per mezzo di quella macehinetta, diviene idea astratta generale; e ehe ne segue? Ne segue che noi non dobbiamo affliggerci soltanto di quel caso particolare, di quella contingenza passeggera; ma dobbiamo anche attossicarci2 la vita con ľestratto con-centrato, col sublimato corrosivo delia deduzione logica. E molti disgraziati eredono di guarire cosi di tutti i mali di cui il mondo ě pieno, e pompano e filtrano, pompano e filtrano, finché il loro cuore non resti arido come un pez-2o di sughero e il loro cervello non sia come uno stipetto di farmácia pieno di quei barattolini ehe portano su ľeti-cnetta nera un teschio fra due stinchi in croce e la leggen-aa: Veleno. Ľuomo non ha delia vita un'idea, una nozione assolu-«, bensi un sentimento mutabile e vario,3 secondo i tem-P!> i casi, la fortuna^jDra la logica, astraendo dai senti-"»«UUjleJdee^tend^ a ľissare quel che ě rrloMe, ^íabněnbid^ dare un valore assoluto a ciö che e .relative. Ľ aggrava un male giä grave per se stesso. Per-che la prima radíce del nostro male ě appunto in questo sentimento che noi abbiamo della vita. L'albero vľve e 1 Aristotele... baloccarcisi: riferimento agli Analitici primi, lo seritto del-" Organon che tratta del sillogismo. ''ossicarci: avvelenarci. otno... vario: l'affermazione era giä nell'articolo Rinunzia (1896). ri riscontri cfr. G. Andersson, op. cit., pp. 115-16. 215 ľumorismo non si sente:' per lui la terra, il sole, l'aria, la luce i to, la pioggia, non sono cose ehe esso non sia Ali- W invece, nascendo ě toccato questo triste privikW Ä tirsí vivere, con la bella illusione ehe ne risulta di ZJ' re ctoe come una realtä fuori di sé questo suo interno Z" timento delia víta, mutabile e vario. Gli antichi favoleggiarono ehe Prometen1 rapi una f. villa al sole per farně dono agli uomini. Orbenc, il s'cnti-mento ehe noi abbiamo delia vita ě appunto questa favilk prometěa favoleggiata. Essa ci fa vedere sperduti su la terra; essa projetta tutťintorno a noi un cerchio piü o meno ampio di '"^^ ^ ^ua^e e l'ombra nera, ľombra pau- I 1 Ľalbero... sente: il lungo passo, sino alla fine del paragrafu seguente, ] I ě ripreso da due diversi punti del cap. xm del Fu Mattia Pascaľ Li costi- tuiva la «coneezione filosofica, speciosissima» delia < definito da questo cerchio ďombra fittizia oitre il breye ämbito dello scarso lume ehe ci pro/ettiamo attorno, e in cui la vita nostra rimane come imprigionata, c°me esclusa per alcun tempo dalla vita universale, eter-na, nella quale ci sembra ehe dovremo un giomo rientra-> mentre giä ci siamo e sempre vi rimarremo, ma senza Piu questo sentimento di esilio ehe ci angoscia? Non ě an-ne qui íllusorio il limite, e relativo al poco lume nostro, eila nostra individualita? Forse abbiamo sempre vissuto, rapre vivremo con ľuniverso;1 anche ora, in questa forma nostra, partecipiamo a tutte le manífestazioni delľuni-erso; non lo sappiamo, non lo vediamo, perché purtrop-PO quella favilla ehe Prometeo ci volie donare ci fa vedere soltanto quel poco a cui essa arriva. E domani un umorista potrebbe raffigurar Prometeo i \im\úňJnľVCn°- Gaetano Ne8". dopo aver negato in quanto illtisioni • in. i P •n°Stra coselenza. seriveva: « Nellareaitá, forse, non esiste i-li ' ť- J'-'!'). Con la cítazione di questa conelusione anche uo ,veva terminato il suo Scienza e critica rstrtica. 217 l'umorismo sul Caucaso1 in atto di considerare malinconicamente 1 sua fiaccola accesa e di scorgere in essa alia fine la causa fatale del suo supplizio infinito. Egli s'e finalmente accor-to che Giove non ě altro che un suo vano fantasma, un miserevole inganno, l'ombra del suo stesso corpo che -----nia, un ., . uniura aei suo stesso corpo che si projetta gigantesca nel cielo, a causa appunto della fiaccola ch'egli tiene accesa in mano. A un solo patto Giove trebbe sparire, a patto che Prometeo spegnesse la canc cioe la sua fiaccola. Ma egli non sa, non vuole, non pu quell'ombra rimane, paurosa e tiranna, per tutti gli uomi ni che non riescono a rendersi conto del fatale inganno Cosi il contrasto ci si etimm po-la. iciiuersi conto del fatale inganno. Cosi il contrasto ci si dimostra inowiabile, inscindibile, come 1'ombra dal corpo. Noi 1'abbiamo veduto, in questa rapida visione umoristica, allargarsi man mano, varcare i limiti del nostro essere individuale, ov'ha radiče, edl estendersi intorno. Lo ha scoperto la riflessione, che vede in tutto una costruzione o illusoria o finta o fittizia del sentimento e con arguta, sottile e minuta analisi la smonta e la scompone. Uno dei piů grandi umoristi, senza saperlo, fu Coperni-co.^che smontó non propriamente la macchina dellum-verso, ma 1'orgogliosa immagine che ce n'eravamo fatta. Si legga quel dialogo del Leopardi che s'intitola appunto j dal canonico polacco.4 1 Caucaso: la catena montuosa, tra Mar Nero e Mar Caspio, a una cui rupe, secondo il mito, era stato incatenato Prometeo. 2 Copemico: astronomo polacco (1473-1543); col suo Le rivoluxioni dei móňSt celesti fu il primo sostenirorp delia mry^^ry f linrpntrr" dell'u-niverso - poi ribadita da.Galilei e Keolero - che riyoluzicaiída-íMB"' zione geôcentrica. risalente a Tolomeo. 3 che smontö... fatta: «La veritä certamente non fu mai ladra: la frode a noi venne sempre dal troppo imaginäre. MaÜnconico posto pero questo che la scienza ha assegnato all'uomo nella natura, in confronto ' quello ch'egli s'imaginava in altri tempi di r—'ervi. Un pc-potrebbe trovare in ciö motivo a qualch into, p terra 1'ombeUco d'una sconfinata er' \tte [1893], cap. u). Sil Copemico cfr. jr' ar da (filosofica) a mo'di scusa», car Jř 4 dialonatĚĚUšaco: II Coperni parte seconda • v □ diede il colpo di grazia la scoperta del telescopio: alia macchinetta infernale, che puö fare il pajo con quelk Ue volle regalarci la natura. Ma questa Yabbiamo inven-La noi, per non esser da meno. Mentre l'occhio guarda Iii sotto, dalla lente piu pieeok, e vede grande ciö che la Ltura provvidenzialmente aveva voluto farci veder pieco-|o, l'anima nostra, che fa? salta a guardar di sopra, dalla lente piú grande, e il telescopio allora diventa un terribiie strumento, che subissa la terra e l'uomo e tutte le nostre glorie e grandezze.1 Fortuna che ě proprio della riflessione umoristica il provocare il sentimento del contrario; il quale, in questo caso, dice: - Ma ě poi veramente cosi piccolo l'uomo, come il telescopio rivoltato ce lo fa vedere? Se egli puö in-tendere e coneepire l'infinita sua pkcolezza, vuol dire ch'egli intende e coneepisee l'infinita grandezza dell'uni-verso.2 E come si puö dir piccolo dunque l'uomo? Ma ě anche vero che se poi egli si sente grande e un umorista viene a saperlo, gli puö capitare come a Gulliver, 1 gigante a Lilliput e baloeco tra le mani dei giganti di Brobdingnag. A Up Operette motali, fu umano» (scrive^opardi al sTlegge,'della terra come composto nelila tó^*;% del Fu Matt,aPascal (con c°nir»stoneÍ "i* /oräparireVgeneS^- ab*trai tenzione, perche l'arte, essendÓ e concentra). ~J—-- ~ "'yividua/e, senza averne I JelJa vita, semp quattro... anime: cfr. p in camicia il re: iJ riferimento e ■H'imperatore. 208 C n°3li"fi.b. di Andersen l*** 221 ĽUMORISMO compunzione degli astanti, in quel morto 11 freddo e rl ro, ma decorato e in marsina, un qualche borbogllo luľ" bre nel ventre, e d esclamare (poiché certe cose si dirnrľ" meglio in latino): no - Digestio post mortem.1 Anche quei soldatacci austriaci delia poesia del Giusti di cui ci siamo occupati in principio, son veduti in fine daí poeta come tanti poveri uomini in camicia: sono spogliati cioe di quelle loro uniformi odiose, nelle quali il poeta vede un simbolo delia schiavitú delia patria. Quelle uniformi compongono nelľanimo del poeta una rappresentazione ideále, delia patria schiava; la riflessione scompone questa rappresentazione, spoglia quei soldáti e vede in essi una torma di poveretti addogliati e derisi. ^ «Ľuomo ě un animale vestito, - dice il Carlyle nel suo Sartor Resartus,2 - la societa ha per base il vestiario».} E il vestiario compone ancTTesso, compone e nasconSe:~due cose ehe ľumorismo non puô soffrire. 1 Digestio post mortem: 'digestione dopo la morte'. II cadavere ehe eva-cua, in faccia alle massime autorita del Paese, ě quello dell'on. Costanzo Ramberti, nella novella Ľillustre estinto. Pirandello seriveva delia novella, giä ideata e in via di composizione, a Ugo Ojetti, in una lettera del Natale del 1908 in cui si soffermava anche sulla sua concezione dell'u-morismo (cfr. Carteggt inediti cit., pp. 30-31). Iniziata, nel 1909, la col-laborazione al «Corriere delia sera», Pirandello inviava la novella a Renato Šimoni, direttore de «La Lettura» (il mensile del «Corriere»), ot- , tenendone la pubblicazione solo dopo aver accettato di eliminate quel-ľepisodio (reinserito nell'edizione delia novella nella raccolta lerzettt, del 1912'- , , í w 2 Sartor Resartus: o, come prosegue il titolo, the life and opinions o] nen Teufelsdróckh (II sarto rappezzato, vita e opinioni del signor Teutels-dróckh). Nella prima parte del romanzo I'immaginario prof. Diogene Teufelsdróckh svolge la sua «filosofia del vestito»; nella seconda pa ě narrata la sua vita. 3 «L'uomo... vestiariou: la medesima citazione e in Are 67). Da 11 con tutta probabilita Pirandello la trae, come I le citazioni di opere delia letteratura in lingua inglese tratta di citazione imprecisa, ehe fonde due affermaz stanti (libro i, capp. 1 e 8). 222 PARTE SECONDA • VT . nuda/ la natura2 senz'ordine almeno apparente, liS contradizioni, pare alľumorista lontanissima dal 13 egno ideale delle comuni concezioni artistiche, in cui Hgli dementi, visibiimente, si tengono a vícenda e a dacooperano Seih realtä vera le azioni che mettono in rilievo un ca-Ktere si stagliano su un fondo di vicende ordinarie, di Scolari comuni. Ebbene, gli scrittori, in genere, non se :awaIgono, o poco se ne curano, come se queste vicen-jc, questi particolari non abbiano alcun vaJore e siano múíi e trascurabili. Ne fa tesoro invece I'umorista. L'o-:o, in natura, non si trova frammisto alia terra? Ebbene, jli scrittori ordinariamente buttano via la terra e presen-uno Yoro in zecchini nuovi, ben colato, ben fuso, ben pe-jato e con la loro marca e il loro stemma bene impressi. Ma I'umorista sa che le vicende ordinarie, i particolari co-'^JajmateriaJitä delia vita in somma, cosl varia e com-contradŕqjrrcrpoi aspramente quelle semplificazioni nprl«ifn' e sentimcn- , contracftccrmrpcTi aspramcnu. 'deali, costringono ad azlonl, isplfano pensieri e sentimen-irtuntrarii a tutta quelJa logica armoniosa dei iatti e dei caratteri concepiti dagli scrittori ordinarii. E l'imprevedu-'o che e nella vita? E l'abisso che e nelle anime? Non ci sentiamo guizzar dentro, spesso, pensieri strani, quasi lampi di follia, pensieri inconseguenti, inconfessabili fi-nanche a noi stessi, come sorti davvero da un'anima di-versa da quella che normalmente ci riconosciamo?3 Di qui, 1 vita nuda: i il titolo di una novella del 1907, di una raccolta di novel-le del 1910 e del secondo volume delle Novelle per un anno (1922). 2 la natura: anche il passo che inizia qui, e comprende tutto il successi-vo capoverso, torna identico nei Sonetti di Cecco Angiolieri (cap. in). E l'abisso... riconosciamo?: in una famosa lettera alia sorella Lina il iannovenne Pirandello scriveva: «La meditazione ě l'abisso nero, po-y ato di foschi fantasmi [...]. In certi momenti di abbandono parlo co-f i un insensato e sento un impetuoso desiderio di non vivereo. E scri-di avere nel cervello «un vuoto nero, orribile, raccapricciante, co-misterioso fondo del mare popolato di mostruosi pensieri che o, passando minacciosi» (cfr. Letteregiovanili, cit., pp. 148-49). 223 l umorismo umorismo,tutta quella ricerca dei particolari piu inti-; minutL che possono anche^aref volgari eTrtvtalrse aTrrontano con le sintesi idealizzatrici dell'arte in gene-, e quella ricerca dei contrasti e delle contradizioni, su n l'opera sua si fonda, in opposizione alia coerenza cer-ratadagU altri: di qui quel che di scomposto, di slegatoT" _di capriccioso, tutte quelle digressioni che si notano nel-l'opera umoristica, in opposizione al congegno ordinato, alia composizione dell'opera d'arte in genere. Sono il frutto della riflessione che scompone.1 «Se il naso di Cleopatra fosse stato piu lungo, chi sa„:quali altre vicende avrebbe avuto il mondo».2 E questp se,) questa PAKlLs-- aon si cela, che non diventa, come ordinana,^ /arte, una forma del sendmento, ma il suo contrario, Isegu'endo passo passo il sendmento come Vombra se-$l corpo. Vartista ordinario hada al corpo solamente: crista bada alcorpo e aĽ'omhra, e talvolta piu alľom- j ^che al corpo^nbia tutti gli schěřzi di quest'ombra^co- \> ©a ora s'allunghi ed ora s'intozzi, quasi a far le smor^if no. che intanto non la calcola e non ---i ' i-hf» medieval: \L ^tninuscola particella che si puö appuntare, inserire come ^JL irn cunexDir^tuttekvicende, quante e quali disgregazioni puo pfodurre, cliquarita'scbmposizione puo esser causa, in ^niano dun umorista come, ad esempio, lo Merne, che dal- l'infinitamente piccolo vede regolato tutto il mondo! Riassumendo: l'umorismo consiste nel sentimento del contrario, provocate dalla speciale attivitä della riflessione ■jene al corpo; nota tum gu------ faiora s'allunghi ed ora s'intozzi, quasi a tar ic smor-ticorpo, che intanto non la calcola e non se ne eura.1 ' ľ* ' iVelle rappresentazioni comiche medievali del diavolo, mamo uno scolare2 che per íarsi beííe di lui gli da ad Sappart la propria ombra sul muro. Chi rappresentb xsto diavolo non era certamente un umorista. Quanto ilga un'ombra ľumorista sa bene: il Peter Schlemthl di kmisso> iníornú. 1 Sono... scompone: in una lettera autobiografica del 1912-13, pubbli-cata nel '24 dal periodico romano «Le Lettere», Pirandello aveva scrit-to: «E un altro romanzo ho anche per le mani, il piu amaro di tutti, profondamente umoristico, di scomposizione della vita: Moscarda, uno, nessuno e centomila ». Nel romanzo le vicende di scomposizione si origi-nano dal naso di Moscarda; qui nel saggio, subito dopo, Pirandello col-lega la scomposizione al fiaS" ^' fli-npama-gi tratta di un ultcriore indi-zio dell'ideazione e forse anche della parziale stesura (cfr. nota 2, p. 213), peraltro oggi non altrimenti documentata, dell'ultimo romanzo gia negli anni di composizione del saggio. 2 «Se il naso... mondo»: Arcoleo (dp. cit., p. 5) riporta 1'identica frase, definendola un «motto di Pascal». II n. 162 dei Pensieri (ed. Brunsch-vicg) si conclude in una forma un po' diversa: «Le nez de Cleopatre; s'il eut ete plus court, toute la face de la terre aurait change* (II naso di Cleopatra; se fosse stato piu corto, tutta la faccia della terra sarebbe 3 auesto s una novella del 1894. Vi si leggeya, a partire dall'e- d^one deľí&W^ TV? U foUia sô veder tutto quello che sarebbe stt<«e>iiel ch e avyenuto nor so veaer m ^ vjvo n ^„to... H se^nsomm" Pos- avvenuto. Lo vedo, ci vivo; anzi' f 224 1 riflessione... eura: questo passo, collegato al periodo conclusivo, torna jpressoché identico nel cap. m dei Sonetti di Cecco Angiolieri. 2 icolare: studente universitario. f^-'sso: Adalbert von Chamisso (1781-1838) poeta tedesco, fu an-e botanico. Nel racconto Storia meravigliosa di Peter Schlemil, a piú nota, U protagonista, venduta la propria ombra al dia-ggito da tutti. -- L i 225 I PROMESSI SPOS, ■1"«7«an di tempo in tempo le spalle a qualck alle donne del paese accarez« dell.estate) non mancavan mat di span marito, a qualche padre; ajleaSerire a' contadini le fatiche dell,, dersi nelle vigne per dtradar luve, e »8 aUa ^ Ja m vendemmia. Dall'una ^J«^/ trade e stradette, piü o men , gio all'altro, correvano, e cornmo tuu. d pide, o plane; ogm tanto affonda^ sepo te di ^ Tenot e i ma ricchi sem£e e sempre qualcosa nuovi, secondo che , , vTrsi punti piglian piü o meno dell* vasta scena circostante, e secondo ,r questt o quella parte campeggia o si scorca, spunta o spansce a vicenda Dove un pezzo, dove un altro, dove una lunga distesa di quel vasto c , riato specchio dell'acqua; di qua lago, chiuso all'estrenuta o piuttosto smai it in un gruppo, in un andirivieni di montagne, e di mano in mano piü allar-gato tra altri monti che si spiegano, a uno a uno, alio sguardo, c che l'ac-qua riflette capovolti, co' paesetti posti sulle rive; di la braccio di fiume, poi lago, poi fiume ancora, che va a perdersi in lucido serpeggiamento pur e monti che l'accompagnano, degradando via via, e perdendosi quasi anchV nell'orizzonte. II luogo stesso da dove contemplate que' vari spettacoli. vi i spettacolo da ogni parte; il monte di cui passeggiate le falde, vi svolge, al di sopta, d'intorno, le sue cime e le baize, distinte, rilevate, mutabili qua-: a ogni passo, aprendosi e contornandosi in gioghi ciö che vera sembrato prima un sol giogo, e comparendo in vetta ciö che poco innanzi vi si rappic-sentava sulla costa: e l'ameno. il domestico di quelle falde tempera grade-volmente il selvaggto, e orna vie piü il magnifico dell'altre vedute Pet una di queste stradicciole, tornava bel bello dalla passeggiata v« >, sull, .era del giorno 7 novembre dell'anno 1628, don Abbondio. , • - -rr.'.f. D&tLf>i íqj^ 51 Dall'una all'altra...: da qui fino iltn „. j , , • Prendere appieno fatti e individui. — bel Mílo: é ,[ primo tocco che (jefmisct, il ... sonaggio; subito poi ne verranno altri che lo completano e io arricchiscono: « diceva tranquilUmente il suo ufizio », girava <• ' : wmnte gli occhi aU'intotno ». Giä in -ste pnme determinazioni si scopre l'uom.' "suo des.derio di quieto vivere, la sua Ii-mtatezza di orizzonti e di ideali. Ed c „i™T, ,.SC0Prire subito un sorr.so n ™o del M., che a questo suo tormenta: r^rsonagg.o i g^j fa iure propr, quando costui ci appare piü riposato e f «?a H,l ?en° * 11 <"P™*- «,me quell.« raccomo delle vie LiTlT^T'™1 11 1'"«. Um"? m giomo 7 novembrc j personaggi. II pas,^Ó t S'f'^M« cui s°n0 -T™ il »n° soknne C°" succo violcnto; chT„,i m_'sut"!°i nienh. ... lnd'cati il momento e la data ---- IU»li i - ■ •* CAPITOLO I 17 casa, mm an aura...: da qu mine del capoverso la descrizione del pae-saggio ha un andamento poetico ben piii si-curo di quello dei primi petiodi, dove i par-ticolari erano cosl numerosi e dettagliati da "■creare una sensazione piuttosto dispersiva. Ora, si, che anche a not, in questo pacato e armonioso comparire di «cielo» e di « vette », in questo riposato spaziare dello sguardo per « prospctti» estesi e ricchi e nuovi, viene ľillusione di muoverci per quelle stradette siienziose e romíte, e di lassü contemplare lago, fiume, balzo, monti, pae-«... — Cťr. «Appcndice Prima», n. 2, e « Appendicc Seconda», n. 1. 53. Pet una di quote stradicciole... fini la descrizione del pacsaooir. :-- »i« quamo ú pXS; prapri° quľ • ^ «ntazionc dei luoíhi m,c »«ent, q •u,«.trade e „rade ~ ^.^H'insiarJ!; p«ie o piane », .UÍľi*' * p'ü o me" e com. ^vvero qualrn "momento e la data: c< ^«olineai rnn 01 ert>icomico in quests ?l0ne U «iW ^tenutezza e prcci- fra Poco assi,ľ^rablIe avvenimento» a cm Curat0 col due'rtm0' ľincontro del pauros» a d,r vero chl Vl Prepotenti. Incontr^. ľí° Spender* n°n é di P^0 conto- se dJ g^romanzo oí,ľÍf_ia Yic™da e la stör;» 55 60 65 70 rato ďuna delle terre accennate di sopra: il nome di questa, né il casato del personaggio, non si trovan nel manoscritto, né a questo luogo né altrove. Diceva tranquillamente il suo ufizio, e talvolta, tra un salmo e ľaltro, chiu-deva il breviario, tenendovi dentro, per segno, ľindice della mano destra, e, messa poi questa nell'altra dietro la schiena, proseguiva il suo cammino, guardando a terra, e buttando con un piede verso il muro i ciottoli che fa-cevano inciampo nel sentiero: poi al2ava il viso, e, giratí ozíosamente gli occhi all'intorno, li fissava alia parte ďun monte, dove la luce del sole giä scomparso, scappando per i fessi del monte opposto, si dipingeva qua e lä sui massi sporgenti, come a larghe e inuguali pezze di porpora. Aperto poi di nuovo il breviario, e recitato un altro squarcio, giunse a una voltata della stradetta, dov'era solito d'alzar sempre gli occhi dal libro, e di guardarsi di-nanzi: e cosl fece anche quel giorno. Dopo la voltata, la strada correva di-ritta, forse un sessanta passi, e poi si divideva in due viottole, a foggia dun ipsilon: quella a destra saliva verso il monte, e menava alia cura: ľaltra scendeva nella valle fino a un torrente; e da questa parte il muro non arrt-vava che all'anche del passeggiero. I muri interní delle due viottole, in vece di riunirsi ad angolo, terminavano in un tabernacolo, sui quale eran dipinte tut??nt0 poi aIIa data qui in; 'a cronologia successiva. ^ badi che il M. řu particolarmente attento anche in questo, in modo che, come avremo altre volte occasione di notare, c'e predsa corrispondenza cronologica řra i vari evenri storici rievocati nel romanzo e le vicende in-ventate. — don Abbondio: a parte il fatto che Sant'Abbondio ě il protettore di Gjmo, e che quindí questo nome aveva nella zóna una čerta diffusione, bisogna riconoscere — e lo riconosceremo sempre meglio man mano che andremo a van ti nella lettura dei romanzo — che il nome, per tutto quello che puô suggerire nel fisíco e nel morale, si at-taglia perfettamente al personaggio che ora entra in scena. Aveva ragione il Graf: «II nome di don Abbondio? Si potrebbero fru-gare da cima a fondo tutti gli onomastici antíchi e moderní senza riuscire a trovar-ne uno piú adatto, piú proprio, piú raffigu-rativo ». 54-55. eura to; parroco. Nell'uso fiorentino piu comune si chiama eurato il coadiutore dei parroco. 56. nel manoscritto: nel manoscritto si diceva che i nomi dei personaggi, come quelli dei luoghi, sarebbero stati taciuti per degni rispetti, cioe per giusti motiví di ri-guardo verso chiunque, anche se ormai la piú parte delle persone menzionate era spa-rita dalla Scena del Mondo. Ma il M. tace o maschera nomi di luoghi e di personaggi esclusivamente per ragioní artistiche, per-ché proprío in tal modo circonda il racconto di un'atmosféra piú suggestiva e poetica. Del resto sappiamo, da quanto ci racconta Stefano Stampa, figliastro del poeta, che il M. stesso díchiarô piú volte che «le deseri-zioni di tutti quei luoghi marcati di un aste- risco invece che dal nome, erano non solo immaginarie, ma fatte in modo e con I'in-tenzione di dérouter, di sviare il Iettore dal poterli riconoscere come realmente esisten^ ti». Tuttavia una tale asserzione non ha impedito a molti commentatori di ricercare quäle abbia potuto essere, nella mente del M., il paese di cui effettivamente don Abbondio sarebbe stato il curato: ed i piú propendono per Olate, un paesino di poche centinaia di anime ai piedi del Rese-gone. 64. a larghe e inuguali pezze di porpora questa vasta pennellata di splendido paesag-gio del tramonto non ě espressione di un sentimento dei protagonista, ma dello scrit-tore. La poesia deJJora don Abbondio non la puö sentire, come non puó sentire quella dei luoghi. A lui non resta che guardare in terra o girare gli occhi artorno, ma oziosa-mente, senza niente provare dentro di sé. Ogni suo gesto, d'altra pane, non ě che una consuetudine di ogni giorno, di sempre: un moto meccanico ed esterno, non una parte-eipazione della mente e del euore. Si osser-vi, per esempio, come poco avanti don Abbondio alzerá gli occhi dal libro, dove era solito alzarli, e poi drizzerä lo sguardo ad un tabernacolo, com'era solito dirizzarvi ogni sera. Tutto metodico, dunque, e tutto solito in lui, ogni giorno: la passeggiata, l'uii-zio, i movimenti...: e tutto puramente meccanico. Solo di fronte ad un pericolo, quando ne andrä della vita — come vedremo fra poco e vedremo altre volte — don Abbondio aguzzerá ed impegnerä tutto il suo in-gegno. 69. alia cura: alla casa parrocchiale. 18 PROMESSI st pOst 75 80 85 90 95 alternate con le flamme, cert van dire anime del purgatorio: anime i.„ti che finivano in punta e che nell mten2ion certe figure lunghe, ^f^Mtinü del vicinato, volevan dir flamme; t. dell'artista, e agli oeehl degü ««■ da nQn ^,«5, desenvere, che volc. ' e flamme a color di mattone, sur ,.„ lä. Ii curato, voltat: cfüito lo sgüardo al tabernacolo, vidi.- W: .tradetta, e dirizzando, com era sei , ^ .. cosa che non saspettava e che « dir cosl> delle due vio„o]c vano l'uno ^^SJl^. »n una gamba spenzolata , ™ia,o I, con le braccia incrociate sul petto. L ab.to .1 poru memo e quelle che, dal luogo ov'era g.unto .1 curato s. poteva distingucr ddl'aspetto, non lasciavan dubbio intorno alla lor condizione. Avevano c trambi intorno al capo una reticella verde, che cadeva sull omero simstro. terminata in una gran nappa, e dalla quäle usciva sulla fronte un enorm, ciuffo: due lunghi mustacchi arricciati in punta: una cintura lucida di cuoio e a quella attaccate due pistole: un pieeol corno ripieno di polvere, cascantc sul petto, come una collana: un manico di coltellaccio che spuntava fiu d'un taschino degli ampi e gonfi calzoni: uno spadone, con una gran guardia traforata a lamine d'ottone, congegnate come in eifra, forbite e lucenti: a prima vista si davano a conoscere per individui della specie de' bravi. Questa specie, ora del tutto perduta, era allora floridissima in Lombardia. e giä molto antica. Chi non ne avesse idea, eeco alcuni squarci autentici, ci CAPITOLO I 19 77 con qudehe scdcinaturl qu« t la: i un toeco magistrde che chiude in sinto-nia questa scherzosa ed umaniss'ima rap-presentazione del tabernacolo, dipinto con «ne cosi pedestre, e ritratto con irorua cosi sottüe: la qude nasee, soprattutto, dalTac-costamemo sottinteso fra la goäagginc di quelle «figure da non descriversi» e Ii goffaggine della figura del curato alla vista dei bravi. 87-88. enorme ciuffo serviva in generale come maschera, per nascondere ü volto, quando ce n'era bisogno. 89. un pieeol corno: «eeco un esempio di quel land troncamenti, che il M. usö in omaggio al parlar fiorentirto, ma che i fio-rentini non fanno; qui doveva dire un piccolo corno » (Bianchi). 93. ipecie de" bravi: erano uomini vio-lenti, pronü ad ogni ribtlderia e ad ogni delillo, sghern prezzolaü di signorotti 11 terminer Kn». enc e di «imo incerto (sem- u ^'J*' T™1"0' UumA°V* niedio-evale dl bravo da pratnj = < mdvagjo >v trova g,a difluso negli scritti kttctlri ^ 500 (Cast^ione Bern, Cellini, ecc.) „1 sigmhcatodi so dato mercentrio d serviao di un "gnore^ La presentazione che ort U ™ '?,<0 <*' due "> «tes. di don Ab-bopdio e una «upenda pittu» di TOtarne del secolo: una — come m „qi «ampa del Seicento. Tutto il loro Hin:: e, intam, penetrato dell'atmosfera del tcr h/U^v q, la «»•enza s'incontrava o 11 yanita e la pompa. Da qui la sfrontatc . neu «enorme ciuSo » accanto agli strume:: no rt ^fvione: le « pistole », il . o 4 Pokere », U « coltellaccio », lo di ,,„.«' *' mesc°lati insieme, i w ^togh mustacchi», gl; « ^ e sonli d'ottone traforata di lam: br2i ch^ll SqU*Ki 'u,™tiei: in real:.'. n la narrazione ro- P^iooe delU °ci un» Piu chiara ^'!' Personalitä dei due inJiv 100 105 110 115 120 potranno dame una bastante de' suoi caratteri principáli, degli sforzi fatti per ispegneria, e della sua dura e rigogliosa vitalita. Fino dall'otto aprile dell'anno 1583, l'lllustrissimo ed Eccellentissimo signor don Carlo d'Aragon, Principe di Castelvetrano, Duca di Terranuova, Marchese d'Avola, Come di Burgeto, grande Ammiraglio, e gran Contestable di Sicília, Governatore di Miláno e Capitan Generále di Sua Maestä Catto-lica in Italia, pienamente informato della intollerabile miseria in ehe é vi-vuta e vive questa cilia di Milano, per cagione dei bravi e vagabondi, pub-blica un bando contro di essi. Dichiara e diffinisce tutti coloro essere com-presi in questo bando, e doversi ritenere bravi e vagabondi... i quali, essendo forestieri o del paese, non hanno esercixio alcuno, od avendolo, non lo fan-no... ma, senza salario, o pur con esso, s'appoggiano a qualche cavaliere o gentiluomo, officiate o mercante... per fargli spalle e javore, o veramente, come si pub presumere, per tendere insidie ad altri... A tutti costoro ordina che, nel termine di giorni sei, abbiano a sgomberare il paese, intima la galéra a' renitenti, e dä a tutti gli ufiziali della giustizia le piu stranamente am-pie e indefinite facoltä, per l'esecuzione dell'ordine. Ma, nell'anno seguente, il 12 aprile, scorgendo il detto signore, che questa Cittä é tuttavia plena di detti bravi... tornatl a vlvere come prima vivevano, non punto mutato il costume loro, né scemato il numero, dä fuori un'altra grida, ancor piu vigorosa e notabile, nella quale, tra l'altre ordinazioni, prescrive: Che qualsivoglia persona, cosi di questa Cittä, come jorestlera, che per due testlmonj conslera esser tenulo, e comunemente riputato per bravo, el aver tal nome, ancorché non si verifichi aver fatto delitlo alcuno... per questa sola riputazione di bravo, senza altri indizj, possa dai detti giudici e da ognuno di loro esser posto alia corda et al lormento, per processo informa- dui che attendono il curato, e facendoci ca-pire piü a ŕondo lo sviluppo del dialogo e il comportamento di don Abbondio. E tutto questo il M. realizza col solito stile ironico e pungente che, mentre rierea le note di un regime tanto autoritario e altezzoso nella forma quanto vuoto di forza e privo di morale, ci fa intuire, come sempre, la ri-provazione dello serittore. 101. Governatore di Milano e Capitan Generale: «il Governatore aveva il compi-to di sorvegliare che il Senato, il Magi-strato ordinario e quello straordinario. e gli altri tribunáli svolgessero le proprie fun-zioni in libertá e conŕbrmemente alle leggi stabilite dal re; che non mutassero i loro ordinamenti e le forme di amministrazione in uso nello Stato. Egli non poteva meno-mare le prerogativc di cui godevano le varič magistrarure: questc potevano ricorrere al Consiglio ďltalia che risiedeva a Madrid. [...] In pratica poi i governatori si com-portavano secondo il loro arbitrio, cioé ap plicando il motto: * II re comanda a Madrid, io a Milano *, poco eurandosi degli interessi della popolazione. [...] II governatore era anche capitano generale, cioe co-mandante di tutte le truppe esistenti nel Mi- Ianese » (Gessi). — Osserva come il M., ci-tando questi personaggi ďautoritä, metta in evidenza tutti i loro titoli nobiliari ed uffi-ciali per ridicolizzarli il piú possibile. Nel-ľanimo dello serittore le concezioni egua-litarie dell'IIluminismo si sono bene incon-trate con la sua visione cristiana delia víta. — Sua Maestä Cattolica: il re di Spagna. che nel 1583 era Filippo II. 111. ufiziali: per ufficiali. II M. qui ha voluto usare una parola ŕiorentina: ľha pre-sa, pero, non dalla lingua viva. ma da quella anrica ed ormai rimasra a Firenze solo in aleune determinazioni tradizionali, come nel nome delia famosa Galleria áeglt Uffizi. 115. grida questi bandi delle autorita si chiamavano £ridŕ perché, oltre ad esserc affisse stampate, venivano grijjtc, cioe Icito ad alra vw nf\\r pjarTr^a^ranti delle_VJC dai baoditort: 121. dla corda et d lormento: si tratia di quella che lo serittore definira piu avanti (Cap. XXXIV) a abominevole macehina della tortura », costituita da « due iravi. xcltc con una corda-e .con certe carruoole », per mez-zo delle qudi il dľsgrazläto era tirato in al-to per i polsi legáti dietro la schiena. in modo da storccrgli le braccia. Qui e dtrove i/u l6 336 C 1)0 irjff?« 2-1 I PROMESSI 250 255 275 A- l,rino' » interruppe ancora il bravo, «„, «Oh' suggerire a U d* s>dl'*A lei tocca. E sopra tutto, non si |asci un i2 «r, loVto e il ^ ab iam dato per suo bene altnmcmi uľcir parola su questo avviso c ^ ^ matri„ Via, che vuol che si ehm... sarebbe lo ?ignor don Rodngo? » dica in suo nome all lllustrissini « II mio rispetto... » « Si spieghi meglio! » alľubbidienza. » E, proferendo queste pa. « ...Disposto... disposto sempr messa) 0 un complimcnto. | role, non sapeva nemmen lui s: tac : r significato piu serio. brav, le přeseto, ° m0Str^/meCe disse l'un d'essi, in atto di par,,r «Bento^buo^,™^ pri avrebbe dato up colcompagno Don Abbondioc^>P [ r la conversazione c i, occhio per ■seansa., allot^aueboe ^ ^ ^ fc ^ ^ ľallomanarono cantando una canzonaccia che non vogho trascr.vere. 11 pověro don Abbondio rimase un momento a bocca aperta, come incantato; po, prese quella delle due stradette che conduceva a casa sua, mettendo innanzi a stento una gamba dopo l'altra, che parevano aggranchiate. Come Stesse di dentro, s'intenderä meglio, quando avrem detto qualche cosa del suo natu rale, e de' tempi in cui gli era toccato di vivere. Don Abbondio (il lettore se ne giä avveduto) non era nato con un cu : di leone. Ma, fin da' primi suoi anni, aveva dovuto comprendere ehe la peg gior condizione, a que' tempi, era quella ďun animale senza artigli e senza zanne, e che pure non si sentisse inclinazione d'esser divorato. I., forza legale non proteggeva in alcun conto l'uomo tranquillo, inoffensive, e che non avesse altri mezzi di far paura altmi. Non giä che mancassero legi:: e pene contio le violenze private. Le leggi anzi diluviavano; i delitti erano enumerati, e particolateggiati, con minuta prolissitä; le pene, pazzamentc esorbitanti e, se non basta, aumentabili, quasi per ogni caso, ad arbitru del legislate stesso e dt cento esecutori; le procedure, studiate soltanto .. liberate .1 g.ud.ce da ogni cosa che potesse essergli ďimpedimento a proferire 260. dond'cra lui venuto: ha ragionc comraentatore nel deHnire « duro e brutto questo modo di esprimersi, nel posto del quale si sarebbe dovuto usare, per mantene-re at discorso la forma parlata «donJV:. venuto lui». _ L'edizione dél '27 reu aonoe egli eta venuto»; la sostituzione '* con.'« e lo spostamento di era iura» dovuti, probabilmente, al proposito J: ragüe e que che di letterariamente soste-264 STVa nella f™se. eamh. aggranchiate: povt'r; ^moe, ,ntlrizzltc e avviluppate daIIa p.U: casa ml 10 vecchio. che si trascina ver* «ľue il hľre,, ^ Nel narratore, che n. ri» nttírIIame seomparire, non c i P'" •267 ,Ji Umana tristez2a-ne ^ f, „ Pon er« nato con un cuor di leo- e Wn er«, 1 lM- dä de' suo personage PKsto ne vedremo altre ugualmente vela l'avvilimento del curato, cut fara subito riscontro la sprezzante ironia del bravo: « Oh! suggerire a lei che sa di latino ». Eppure questo super di latino sara proprio, lo vedremo piü avanti, un mezzo di cui don Abbondio si servira per irretire Renzo; ma alia fine del rotnanzo servira a Renzo per ritorcerlo ironicamente sul curato (Cap. XXXVIII). Per non accennare a quando — sulla bocca di fra Cristoforo — il saper di latino avtä una funzione ben piu santa (Cíp. VIII). 256. e buona notte, mesaert: sghignazzata feroce, degna ricompensa per il vile che ha ceduto: come sempre accade nella storia degli uomini. Afessere (dal provenzale merer, mio signore) fu anticamente titolo di onore rivolto ai gran signoři, poi agli uomini dotti c quindi scmplicc cottesia e, talvolta, appel' lativo scherzoso; ma qui, naturalmentc ě tutto e solo scberno. 280 285 290 295 300 305 310 CAPITOLO I So© cone, ocvo Af2 25 una condanna: gli squarci che abbiam riportati delle gride contro i bravi, ne sono un piccolo, ma fedel saggio. Con tutto ció, anzi in gran parte a ca-gton dl ció, queUe gride, ripubblicate e rinforzate di governo in governo, non servryano ad altro che ad attestare ampollosamente l'impotenza de' loro auton; o, se producevan qualche effetto immediate era principalmente d'ag-giunger molte vessazioni a quelle che i pacifici e i deboli gia soffrivano da' perturbatori, e d'accrescer le violenze e l'astuzia di questi. L'impunita era organizzata, e aveva radici che le gride non toccavano, o non potevano smo-vere. Tali eran gli asili, tali i privilegi d'alcune classi, in parte riconosciuti dalla forza legale, in parte tollerati con astioso silenzio, o impugnati con vane proteste, ma sostenuti in fatto e difesi da quelle classi, con attivita d'in-teresse, e con gelosia di puntigliqA Ora, quesťimpunitá minacciata e insul-tata, ma non distrutta dalle gride, ^oveva naturalmente, a ogni minaccia, e a ogni insulto, adoperar nuovi sforzi e nuove invenzioni, per conservarsi. Cosl accadeva in effetto; e, all'apparire delle gride dirette a comprimere i violenti, questi cercavano nella loro forza reále i nuovi mezzi piu opportuni, per con-tinuare a far ció che le gride venivano a proibire. Potevan ben esse incep-pare a ogni passo, e molestare l'uomo bonario, che fosse senza forza propria e senza protezione; perché, col fine d'aver sotto la mano ogni uomo, per pre-venire o per punire ogni delitto, assoggettavano ogni mossa del privato al volere arbitrario d'esecutori d'ogni genere. Ma chi, prima di commettere il delitto, aveva prese le sue misure per ricoverarsi a tempo in un convento, in un palazzo, dove i birri non avrebber mai osato metter piede; chi, senza altre precauzioni, portava una livrea che impegnasse a difenderlo la vanitá e l'interesse d'una famiglia potente, di tutto un ceto, era libero nelle sue ope-razioni, e poteva ridersi di tutto quel fracasso delle gride. Di quegli stessi ch'eran deputati a farle eseguire, alcuni appartenevano per nascita alia parte privilegiata, alcuni ne dipendevano per clientela; gli uni e gli altri, per edu-cazione, per interesse, per consuetudine, per imitazione, ne avevano abbrac-ciate le massime, e si sarebbero ben guardati dall'offenderle, per amor d'un pezzo di carta attaccato sulle cantonate. Gli uomini poi incaricati dell'ese-cuzione immediata, quando fossero stati intraprendenti come eroi, ubbidienti come monaci, e pronti a sacrificarsi come martiri, non avrebber pero po-tuto venirne alia fine, inferiori com'eran di numero a quelli che si trattava di sottomettere, e con una gran probabilita d'essere abbandonati da cht, in astratto e per cosl dire, in teoria, imponeva loro di operare. Ma, oltre di ció costoro eran generalmente de' piú abbietti e ribaldi soggetti del loro tempo; incisive e celebri, come: un animale senza artigli e senza zanne...; un vaso di terra cot-ta, costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro... Ma in queste pagine, o almeno in buona parte di esse, ľinteresse dello scrtttore, e nostra, sono rivolri essen-zialmente al quadra che viene fatto del se-eolo, nel quale la figura di don Abbondio si stempera in una nota di compatimento e di tristezza. Un quadra mirabile in sé, per la varieta degli aspetti toccati: pagina autenti-ca di storia civile ed umana, che il poeta in-daga con occhio vigile e ricrea con animo veramente perturbato e commosso. Carenza di autorita, impotenza delle leggi, corruzio-ne delia giustizia, soprafíazione della vio-lenza, impunita organizzata, omerta, term re... sono gli aspetti piú generáli e diflusi di uno stato di fatto in cui la dominazione spagnola aveva ridotto il Milanese, riportan-dolo addietro di secoU in una nuova specie di feudalesimo, coi suoi signoři prepotenti e onnipotenti e la sua massa di umili lasciata all'arbitrio del piu (orte o del piu astuto. 286. gli asili: le chiese, i conventi, i ca-stelli, Í palazzi det signoři, ove i delinquenti, come vedremo altre volte nel romanzo, no tevano riřugiarsi e trovare impunita. „„,,«, . vile anche da quelli che potevano averne tcrrore , l'mcanco loro era tenuto a ^n naturale che costoro, in vcce . c t», quel suo »,per fruW^ «U« t*l compatimento .aV.. ™**r<:' TOn sc""1 - comp.tim;ni0-,7; '~g«e, ™n severilT e , \ canrvi, i aeboli e i pre potenti. i tutbi e gli Holú. )2V)2o. Immunitaprivilegi..., aeniio-n't: immuinU, dispense di gr«v»mi ctvúi o riscali; frivitV' ecceťioni »11« legge per il proprio intcresse, ř5C>ijraiti, d« obMighi vari e, in pamcotare, da lrnposie. J}5, nelle campagne principalmente... ,a scrva con quanta acrartcTia, ed insiemc con quanta naluralem, i\ M., dopo aver spaľiat" m lungo c in largo, su quegli cbe * E„° ' m,ali ^8«'™ del Seicento nite kľľr S" -e maest«nze, le confrato dei medir a? ' Con m«aviglia, anche tma s«c ,m ', *ente "oi che dovrcblx- , -"maniri éL S0 tUtti' ^ 1^ """imo ,1 Professione —°" PUÓ moncare in »ni1 Iur«le22a Hi ' COn quanla accorttv/a e na Sione, ilM V™0' d°P° la lunga di.iu-P«la di un ,vCrLripo,rt.a nelle cúmpjg'"'. ■ ,0' *e coľ f nobiU dovizioso e viol. ■ P°PoUzione j° s"">'° di bravi, sopra u> • cui n^%un'^""'"d'ii esetcita un f.-.v-"tornati »1 n„P °PPorsi. Eccoci, dutiMi"'. 1a«|i. che »ii Paesetto, ai nostri rx-rv í ridesso * „ ntlsciamo ° direitamnii. dl0; dcl re«n1 dl, al W0í'ro don AhN'" c«c, S1,ne mtutto ľultimo capoverso st.l!-' 0,""r,bl^cc r,mľíraníf' sullc Icíhc -,!,, ^W'o ad introdurre la m» a. V 'Vľ di f°ndo per cm' ' " gli . • íatt0 P«ie dc,la discreiionc: gl< .«"» T°n«híle Riudizio, ,a,K-. sien.,- • Hl Čnie ,„ pr°Prie scelte c ,Iimm." "n la»o dl teer. cot.«... ' - Son 345 350 355 360 365 370 27 gnia di molti vaši di ferro. Aveva quindi, assai di buon grado, ubbidito ai parenú ehe lo vollero prete. Per dir la veritä, non aveva gran fatto pensato agh obbhghi e ai nobili fini del ministero al quale si dedicava: procacciarsi di che vivere con qualche agio, e mettersi in una classe riverita e forte, gli eran sembrate due ragioni piú che sufficient! per una tale scelta. Ma una classe qualunque non protegge un individuo, non lo assieura, che fino a un certo segno: nessuna lo dispensa dal farsi un suo sistema particolare. Don Abbondio, assorbito continuamente ne' pensieri della propria quiete, non si eurava di que' vantaggi, per ottenere i quali facesse bisogno ďadoperarsi molto, o ďarrischiarsi un poco. II suo sistema consisteva principalmente nello scansar tutti i contrasts e nel cedere, in quelli che non poteva scansare. Neutralita disarmata in tutte le guerre che scoppiavano intorno a Iui, dalle con-tese, allora frequentissime, tra il clero e le podesta laiche, tra il militare e il civile, tra nobili e nobili, fino alle questioni tra due contadini, nate da una parola, e decise coi pugni, o con le coltellate. Se si trovava assolutamente costretto a prender parte tra due contendenti, stáva coi piú forte, sempře pero alla retroguardia, e proeurando di far vedere alľaltro ch'egli non gli era vo-lontariamente nemico: pareva che gli dicesse: ma perché non avete saputo esser voi il piú forte? ch'io mi sarei messo dalla vostra parte. Stando alia larga da' prepotenti, dissimulando le loro soverchierie passeggiere e capric-ciose, corrispondendo con sommissioni a quelle che venissero da un'inten-zione piú séria e piú meditata, costringendo, a forza ďinchini e di rispetto gioviale, anche i piú burberi e sdegnosi, a fargli un sorriso, quando gl'in-contrava per la strada, il poveruomo era riuscito a passare i sessant'anni, senza gran burraschej ... , ,. r i • i Non ě pero che non avesse anche lui il suo po di nele in corpo; e qutj continuo esercitar la pazienza, quel dar cosi spesso ragione agli aJtri, que' tanti bocconi amari inghiottiti in silenzio, glielo avevano esacerbato a segno che se non avesse, di tanto in tanto, potuto dargli un po' di sfogo, la sua salute n'avrebbe certamente sorferto. Ma siccome v'eran poi finaimente al ě la similitudine piú nota di tutti t Promes-si Sposi, passata ormai in provcrbio. In essa due dementi, soprattutto, si devono osser-vare: da un lato, la capacitá di riassumere l'intera precedente analisi della societa del Scicento, in cui i deboli e i paciHci erano alia měrce* dei víolenti e dei prepotenti; dal-I'altro, l'indulgente comprensione del M. verso il suo personaggio, che il destino ha posto a vivere in un mondo che non era fatto per lui. 344. parenti genitori, nel senso latino che troveremo altre volte. Dunque don Abbondio nel farsi prete aveva soltanto « ubbidito » ai genitori; nessuna vera vocazione e'era stata in lui verso i « nobili fini del mi-nistero ». Ma questo ubbidire non era stato forza to — come, vedremo, avvern\ per la monnca di Monsa —, ma era avvenuto di buon grado: cioe, come si dice tubltO dopo. in scgutto ad un calcvlo di vantaggi pura-nientc matcriali. Ciia, dunque, in questa scelta primigenia interviene ratteggiamcnto cal- colatore di don Abbondio; un atteggiamento che non gli manchera mai, anche sc non sempře gli dará i frutti sperati. 3^2. II suo sistema...: in questo « sistema » di don Abbondio, é stato osservato dai critici, il M ha messo buona parte del suo carattcre di uomo onestamente e profonda-mente contemplativo. che si sente inetto alia vita pubblica e che ha un amorc senza limiti per la vita solitaria, in un tranquillo isolamento da tutto e da tutti. In una Ict-tera all'amico Fauricl una volta il M. scris-se: - Noi viviamo nella piu grande solitu-dine, tremanti di paura tutte le volte che sentiamo una vettura scorrere per la cortc, perché potrebbe essere un qualche impor-tuno che vicne a rapirc a noi ta nostra gior nata, per disfarsi della sua». Allota, con cludendo, ha proprio ragione chi dice che il sistema di vita tli don Abbondio — quale qui c appena accennato e poi per tutto il romanzo verrá costantcmente ritratto — r riuscito un capolavoro anche pcrcW il M. I PROMESSI 28 SPo< 375 380 „„. ch'egU conosceva ben bene per incapaci mondo, e vicino a Im, persow: » ^ voka y maI umQre , ^ far male, cosi po«va con q"f" . ■ i* voglia ďessere un po' fantastico, e di mentě represso, e cavarst ana ^ uomini ch si ; gndare a torto. Era pot uri ng esercitarsi senza alcuno, anche lon. comelut.quandopeol,«£U»P« m imprudente 1>a tano, pertcolo. II torbtdo A chi, messosi a sostener le sue ragion; S^pSeľS-Ä -.o, don Abbcndio sa^va trovarl, pre qualchľtorto cosa non diffictle perché la ragione e i1 torto non s. dni don mai con an taglio cosi netto, che ogn. parte abbia soltanto clell una o de. ľaltro Sopra tutto poi, declamava contro que suot contratellt che. ., rischio, prendevan le parti dun debok oppresso, contro un soverchí •• 385 potente. Questo chiamava un comprarsi gľimpicci a contanti, un vole: drizzar le gambe ai cani; diceva anche severamente, ch'era un mischiarsi nelit cose profane, a danno della dignita del sacro ministero. E contro questi pre-dicava, sempře pero a quattr'occhi, o in un piccolissimo crocchio, con tan: piü di veemenza, quanto piú essi eran conosciuti per alieni dal risentir cosa che li toccasse personalmente. Aveva poi una sua sentenza prediletta la quale sigillava sempře i discorsi su queste materie: che a un galantuom il qual badi a sé, e stia ne' suoi panni, non accadon mai brutti incontr Pensino ora i miei venticinque lettori che impressione dovesse fare > ľammo del poveretto, quello che s'ě raccontato. Lo spavento di que' visacci e dt quelle parolacce, la minaccia dun signore noto per non minacciare vano, un ststema di quieto vivere, ch'era costato tanťanni di studio e di Pa- Ztenza. scnnrerr""" nClU ' arguta la sua finezza, ha anche, ■ ^n dotta dd romanzo, un notev°le rittore ; quanto serve ad awicinare lo .- ,itei cn1 , lettote. Questi si sente, per cosi ^ mato dali'autore a partecipare ax ^tlCo suo iropegno di osservatore e di <- Ja oř qui ľaria di familiaňtä che emana pagina del romanzo. Eř. . „ ;niz>° 399. Se Renzo si potesw.- h in pace con quaftl*T:ando Pian Pian° ton non > anche T"*1' n0n ave™ lasciato d, sur--pumo ent^ 31 «"»radditorio, c senza'un čerí í" Z*™ "upefan. ma bahkL 0 che dí autorevole, esclar, ne tutiv Hn0n£U0 che abbiano ra,: se il giudtUeewHal "gione anche tu, gli d "a39not""" sua sentenza prediletta. ma v ' manzonfr110 ^ungere, non ě senu; s*°nTo™ ■ fu di un «u», la cui ;~ juti"* ui quell'ama-ia, tutta manzoniana, nelle cose de-gli uomini: anche, c soprattuito, quando essi vorrcbbero íare giusúzia. A commento si potrebbe leggere un'altra gustosissima pa-gina del M. nel discorso Del romanzo síori-co, ove e narrato Vaneddoto di un giudice, il quale, trovandosi a dirimetc una questio-ne fra due litiganti, ascoluto tt primo deue ragione a lui, ma ascoltato il secondo dettc ragione anche a questo. Perfc € c era 11 ac-canto un suo bambino di sette o otťanni. 400 405 410 415 420 425 CAPITOLO I •xo I* t>0Pt 29 bel no via; ma vorra delle ragioni; e cosa ho da rispondergii, per amor deí aeloř h, e e, anche costui ě una těsta: un agnelio se nessun Jo tocca, ma se uno vuol contraddirgli... ih! E poi, e poi, perduto dietro a quella Lucia, innamorato come... Ragazzacci, che, per non saper che fare, s mnamorano, voglion maritarsi, e non pensano ad altro; non si fanno carico de' travagli in che mettono un povero galantuomo. Oh pověro me! vedete se quelle due ň-guracce dovevan proprio piantarsi sulia mia strada, e prenderla con me! Che c'entro io? Son io che voglio maritarmi? Perché non son andati piuttosto a parlare... Oh vedete un poco; gran destino é il mio, che Je cose a proposito mí vengan sempře in mente un momento dopo J'occasione. Se avessi pensato di suggerir loro che andassero a portar la loro imbasciata... — Ma, a questo punto, s'accorse che il pentirsi di non essere stato consigliere e cooperatore dell'iniquitä era cosa troppo iniqua; e rivolse tutta la stizza de' suoi pensierí contro quell'altro che veníva cosi a toglíergíi la sua pace. Non conosceva don Rodrigo che di vista e di fama, né aveva mai avuto che far con lui, altro che di toccare il petto col mento, e la terra con la punta del suo cappeJlo, quelle poche volte che ľaveva incontrato per Ja strada. Gli era occorso di diŕendere, in piü d'un'occasione, la ríputazione di queJ signore, contro coloro che, a bassa voce, sospirando, e alzando gli occhi al cielo, maledicevano qualche suo fatto: aveva detto cento volte ch'era un rispettabile cavalíere. Ma, in quel momento, gli diede in cuor suo tutti que' titoli che non aveva mai udito applicargli da altri, senza interrompere in fretta con un oibo. Giunto, tra Íl tumulto di questi pensieri, alla porta di casa sua, ch'era in fondo del pae-sello, mise in fretta nella toppa la chiave, che giä teneva in mano; aprl, entrô, richiuse diligentemente; e, ansioso di trovarsi in una compagnia fidata, chiamö subito: « Perpetua! Perpetua! ». avviandosi pure verso il salotto, dove questa doveva essere certamente ad apparecchiar la tavola per la cena. Era Perpetua, come ognun se n'avvede, la serva di don Abbondio: serva af-fezionata e fedele, che sapeva ubbidire e comandare, secondo J'occasione, tol-lerare a tempo il brontolio e le fantasticaggini del padrone, e fargli a tempo primo soliloquio di don Abbondio e delľin-tero romanzo. Altri ancora ne trovcremo, in particolare dello stesso don Abbondio e di Remto. In tutti il M. rívelerä un'arte sa-pientc, cui non sfuggc nessun palpito del cuore. Si noti qui, per esempio, la natura-lezza del terrore, che fa sfociare ľimpaccio di pochí istanti prima nella stizza grotte-sca: « Son io che voglío maritarmi? », per concludersi nelľamaro mea culpa: « Se avessi pensato... ». 423. che giä teneva in mano: la frase non 6 superflua, ma dice e fa vedere: fretta. |jre-mito, ansia, terrore... quasi i bravi Io ste-;-sero inseguendö... cpiasi il porto sicuro rosse ancora tanto lontano... Cosl e, subito dopo, col fremito di quei due verbi brevi e accentati: « aprl, entrô », e poi con la gran cura di quel « richiuse diligentemente». Si ha la sensazione che Íl M. sia U, insieme con noi, attento a spiare e sorridere alle spalle del povero přete. 425. Perpetua! Perpetua!: ecco chi e la « compagnia fidata », di cui ha bisogno don Abbondio, la sua unica persona fidata. Perpetua é la serva del curato; una serva, pero, che sa ubbidire e comandare, perché, come vedremo, possiede proprio le doti che il suo padrone non ha: acutes* -ďiniuito, buon senso, promezza neue decitiooi. Per questo, piü volte, essa assolverä sul piano umano, come su quelío artistico, una fun-zione complementare rispetto a don Abbondio. — Ríguardo al nome Perpetua — raro e singulare nel passato, ma ormai, per me-rito del M., divenuto designazione per anto-nomasia di tutte le serve dei parroci — si é molto discusso sulla fönte che ľabbia sug-gerito allo scrittore: ma nessuna ipotesi sod-disfa abbastanza. La veritá si dovrä ŕorse ricercare in questa maliziosa insinuazione del Belloni? « Vedete combinazione: Perpetua, rimasta da marítare ' per non aver mai trovato un cane che la volesse' portiva Íl nome ďuna šanta che... e alta protettrice delle donne maritate! ».