Eugenio Montale 1. La vita Eugenio Montale nasce a Genova nel 1896, figlio del titolare di una ditta importatrice di prodotti chimici. La famiglia possiede una villa a Monterosso, nelle Cinque Terre, sulla costa ligure: fino ai trent'anni Montale vi trascorre regolarmente le estati, assimilando i caratteri del paesaggio marino che sarä protagonista delle sue prime poesie. Nel 1915 si diploma ragioniere; i suoi interessi principáli sono pero le lezioni di canto (che interrompe alia morte del suo maestro, l'ex baritono Ernesto Sivori) e soprattutto la letteratura, scoperta attraverso la mediazione delia sorella Marianna, che studia filosořia: ne ě testimonianza il Quaderno genovese, pubblicato postumo nel 1983, sorta di diario che raccoglie appunti e Schede relative alle letture (soprattutto sim-bolisti francesi e poeti italiani come Palazzeschi e Govoni) fatte dal poeta nel corso del 1917. Alia fine dello stesso anno Montale ě chiamato alle armi; dopo il corso per allievi ufficiali a Parma (dove conosce il critico e poeta Sergio Solmi), deve raggiungere il fronte, a Vallarsa, in Trentino. Finita la guer-ra, Montale torna in Liguria: a Monterosso frequenta Anna degli Uberti, probabilmente trasfigurata in molte poesie col nome di Annetta o Arietta. Alľinizio degli anni Venti entra in contatto con i redattori delle riviste «Primo tempo» e «II Baretti», entrambe legate agli ambienti dell'intellettua-litä laica torinese e in particolare a Piero Gobetti, figura di primo piano del pensiero liberale italiano. Proprio sulle pagine di «Primo tempo» Montale pubblica le sue prime poesie, una breve serie dal titolo Accordi. Tre anni dopo, nel 1925, le edizioni di Gobetti stampano gli Ossi di seppia, raccolta ďesordio, mentre sul «Baretti» appare un intervento, Stile e tradizione, che ě anche un manifesto di poetica personale. Nel frattempo Mussolini ha preso il potere, e Montale, da posi-zioni Uberali, aderisce al manifesto antifascista redatto da Croce. In questi anni il poeta interviene su numerose riviste letterarie (tra le sue 'scoperte' autori come Saba e Svevo), oltre a entrare in rapporto con scrittori e intellet-tuali di rilievo, tra i quali Camillo Sbarbaro, Ezra Pound, Emilio Cecchi e Bobi Bazlen. Nel 1927 Montale si trasferisce a Firenze, dapprima assunto dalla casa edi-trice Bemporad, poi nominato direttore del Gabinetto Vieusseux, prestigiosa istituzione culturale cittadina. Si awicina al poeta Thomas S. Eliot e proprio sulla rivista da lui diretta, «The Criterion», pubblica un'importante poesia, Arsenio, destinata a confluire insieme ad altre nuove liriche nella seconda edi-zione di Ossi di seppia (1928). II traduttore di Arsenio, l'anglista Mario Praz, ě una delle taňte personalita intellettuali che Montale frequenta a Firenze, presso il caffě letterario «Le Giubbe Rosse» o alľinterno delia redazione delia rivista «Solaria», con la quale prende a collaborare regolarmente. Tra gli inter-locutori di quegli anni vanno ricordati Vittorini, Gadda, Landolfi, Bonsanti, Quasimodo e soprattutto Gianfranco Contini, allora giovane filologo e critico militante, tra i primi e piú sensibili interpreti delia poesia di Montale. E del '33 ľincontro con Irma Brandeis, giovane dantista americana in visita a Firenze per ragioni di studio, lettrice degli Ossi di seppia: a questa figura, piú tardi rappresentata col nome di Clizia, sono dedicate Le occasioni, seconda e rivoluzionaria raccolta di versi, edita nel 1939, il cui impatto sui lettori piú aweduti ě tale da imporre ľautore come figura centrale delia scéna letteraria del tempo. Sempře nel '39 Montale si trasferisce in una nuova casa con Dru-silla Tanzi (la «Mosca» delle ultime raccolte), a lungo sua compagna: nei mesi precedenti Montale era stato licenziato dal Gabinetto Vieusseux, colpevole di aver rifiutato la tessera del partito fascista. Disoccupato, per mantenersi deve affiancare un'attivitä di traduttore, soprattutto dalľinglese e dallo spagnolo, alle collaborazioni con riviste letterarie e artistiche florentine. Trascorre gli anni della guerra nel capoluogo toscano (dove, durante l'occupazione tede-sca, ospita Carlo Levi e Umberto Saba); ma ě a Lugano, in Svizzera, che rie-sce a stampare le poesie clandestine di Finisterre (1943, riedite, con aggiunte, nel '45 a Firenze), ideale prolungamento delle Occasioni, poi confluite nel terzo libro, La bufera e altro. Finita la guerra, si apre per Montale una breve stagione di impegno politico, prima nelle file del Comitato di Liberazione Nazionale e poi nel Partito d'Azione; fino al '46 dirige il quindicinale «II Mondo». Presto perö Montale abbandona la politica attiva, verificata l'impossibilitä per una prospettiva liberale, laica e illuminista, di imporsi nello scenario italiano, dominato da due schieramenti contrapposti, la Democrazia cristiana e il Partito comunista (rispettivamente la chiesa 'nera' e 'rossa' cui allude polemicamente una poe-sia della Bufera, Piccolo testamento). A partire dal '48 Montale si trasferisce a Miláno, assunto in qualitä di redattore al «Corriere della Sera». Sülle pagine del giornale milanese pubblica nel corso degli anni molti interventi, preva-lentemente di argomento letterario, ma anche recensioni musicali (raccolte nel libro postumo Prime alla Scala, 1981) e reportage dalľestero (poi riuniti in un volume dal titolo Fuori di casa, 1969). Nel '49 Montale incontra la scrit-trice Maria Luisa Spaziani, ispiratrice, col nome di «Volpe», di alcune sensuali liriche della Bufera e altro: la terza raccolta poetica esce nel '56, e segna la definitíva affermazione di Montale presso la critica e le istituzioni culturali nazionali. A pochi mesi di distanza dalla Bufera appare Farfalla di Dinard, raccolta. di racconti brevi: dalla fine degli anni Cinquanta in poi la vocazione lirica montaliana sembra aŕfievolirsi, soppiantata dal richiamo della prosa creativa (okre alia Farfalla, le Trentadue variazioni, 1973), e dal ritmo intenso della scrittura giornalistica e saggistica - quesťultima dispiegata nel volume di interventi critici Autodafe (1966). Nel 1971 Montale intraprende a sorpresa una nuova stagione poetica, dotata di caratteri autonomi: esce Satura, volume che si apre con gli Xénia, canzoniere in memoria della figúra di «Mosca», ossia Drusilla Tanzi (Montale la sposa nel '62, un anno prima della sua morte), ma prosegue con liriche di taglio satirico e di impianto diaristico, dallo Stile assai diverso da quello delle prime tre raccolte. Tale fase prosastica prosegue e si intensifica con le opere successive, Diario del '71 e del '72 (1973), Quaderno di quattro anni (1977), intervallate nel 1975 da un Quaderno di traduzioni (in parte giä edito nel 1948), con versioni da poeti stranieri, da Shakespeare a Kavafis (nel 1976 esce un'importante raccolta di saggi critici, Sulla poesia). Caratteri legger-mente diversi presenta l'ultima raccolta, Altri versi (1980), pubblicata nel-l'anno in cui i filologi Gianfranco Contini e Rosanna Bettarini danno alle stampe L'Opera in versi, monumentale edizione critica della lirica montaliana. Montale muore a ottantacinque anni, nel 1981. Senátore a vita dal '67, nel '75 aveva vinto il premio Nobel per la letteratura, consacrazione del suo status di classico del Novecento italiano. 2. Gli «Ossi di seppia» La produzione poetica montaliana puö essere suddivisa in due fasi. Dagli esordi, negli anni Venti, fino alla terza raccolta poetica, La bufera e altro (1956), Montale lavora a un ambizioso progetto di lirismo tragico, costruito su un'identita poetica problematica ma integra, e su uno Stile sempre alto, capace di esprimere radicali novitä contenutistiche e antropologiche attra-verso una tessitura formale spesso sorprendente ma sempre solida e sostan-zialmente rispettosa della tradizione. Dopo una fase di silenzio poetico, inizia con Satura (1971) una stagione senile, di breve durata ma assai prolifi-ca, all'insegna di una poesia comico-realistica, privata del 'sublime', e cioě contraddistinta da una forma diaristica e da un abbassamento prosastico, che riguarda non solo i temi e la struttura dei testi ma anche la fisionomia dell'io lirico montaliano. La distinzione tra una stagione di lirismo alto e tragico e una comica e ostentatamente prosaica evidenzia un netto cambiamento di poetica, e lo situa tra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio dei Sessanta, in corrispondenza con l'awento in Italia di una moderna societa di massa. Tut-tavia la prima e la seconda fase di Montale non sono monolitiche, e presen-tano un proprio significativo sviluppo interno. In particolare Ossi di seppia, Le occasioni e La bufera, le raccolte della prima e certo piu importante poesia montaliana, manifestano caratteri autonomi e spiccate peculiaritä formali; ma anche le raccolte senili (Satura, Diario del '71 e del '72, Quaderno di quattro anni, Altri versi) si possono leggere nel segno del progressivo approfondi-mento di una vena diaristica e informale. Per quanto riguarda il primo e piu alto Montale, il tono fermo e oggettivo che lo caratterizza ě giä stabilito nella raccolta d'esordio, gli Ossi di seppia. Pubblicati dalle edizioni di Gobetti nel 1925 e ristampati nel 1928 con l'ag-giunta di sei importantissime liriche, gli Ossi rappresentano la sintesi originale di influenze culturali plurime. Innanzitutto si ritrova nel libro il Torna alla pagina 6 Pagina 255 Pagina 256 4 pagine rimanenti nel capitolo repertorio essenziale delia lirica moderna, in gran parte desunto (come dimostra il giä citato Quaderno genovese) dalla lettura diretta di molti maestri del Simbolismo francofono (in particolare Verlaine, ma anche i belgi Jammes e Maeterlinck), oltre che di Pascoli e d'Annunzio, influenti anche sul piano del linguaggio. Montale resterá sempře fedele alia tensione della lirica moderna verso un significato assoluto delle cose, da cogliere in forme sinteti-che, oltre la mera apparenza del reale. Tuttavia la figuralitä e ľimmaginario simbolisti, particolarmente evidenti nei testi di Accordi (liriche giovanili quasi interamente escluse negli Ossi di seppia), vengono filtrati attraverso l'espe-rienza di movimenti novecenteschi come il crepuscolarismo di Gozzano, ľespressionismo particolare di Sbarbaro o il futurismo-liberty di Govoni e Palazzeschi, tutti pero reinterpretati grazie a una stilizzazione molto originále. Nel corso dei primi anni Venti la base moderna della cultura letteraria mon-taliana si arricchisce di un importante ingrediente classicistico, frutto dell'in-contro con gli intellettuali di «Primo tempo» e della «Ronda». II contatto con personalita del calibro di Gobetti, Solmi ed Emilio Cecchi consente a Montale di assorbire ľinflusso di un umanesimo moderno, laico, di respiro euro-peo, legato a valori di decoro etico e formale. Viene da questi ambienti una lezione di maturita e senso della tradizione, decisiva nel raccordare l'auto-controllo stilistico che ě proprio del classicismo alia viva tensione morale che traspare dalle letture filosofiche montaliane. Infatti i contenuti metafisici degli Ossi di seppia devono molto alia dottrina del russo Lev Šestov, di impo-stazione esistenzialista, e a Etienne-Emile Boutroux, pensatore 'contingenti-sta', secondo il quale il 'miracolo' delle libere scelte individuali puô contrapporsi alia 'necessitá' che regola le leggi del mondo naturale. Una qualitä strutturale degli Ossi di seppia ě la capacitä di collegare i termini di una cultura filosofica e letteraria composita alľinterno di un unico, vasto campo metaforico, legato ai tratti fisici del paesaggio ligure: il mare, ľariditä della pietra, l'incombere opprimente del sole e dell'estate. Presenti in quasi tutti i testi, le simbologie marine costituiscono il motivo unificatore delľopera, come tale esplicitato fin dal titolo: l'immagine degli «ossi di seppia» ě rica-vata da d'Annunzio, che ľaveva adoperata in Alcyone come emblema splendente di una natura celebrata in tutta la sua pienezza. Nel riprendere il motivo alcionico, Montale lo rovescia di segno, traendone la metafora di una soggettivitä alia deriva, frantumata, irrimediabilmente scissa dalla realtä cir-costante e dalla vita stessa nel suo fiuire indifferenziato. Agli antipodi del-l'euforia dannunziana, l'io lirico montaliano si rifa piuttosto all'esclusione e alio spaesamento espressi a suo tempo dalla soggettivitä crepuscolare, e ancora piu precisamente alia condizione di atonia e inettitudine cantata da Sbarbaro in Pianissimo. Rispetto a quei modelli, perö, il sentimento di estra-neitä a se stesso e agli altri percepito dall'io lirico assume una nuova centra-litä, diventando il tema principále dell'opera, come dichiara esplicitamente Montale in una sua Intervista immaginaria: «Avendo sentito fin dalla nascita una totale disarmonia con la realtä che mi circondava, la materia della mia ispirazione non poteva essere che quella disarmonia». Del tutto originale ě poi l'intensitä verbale della negazione montaliana, per cui cataloghi di oggetti quotidiani e situazioni comuni (talora di derivazione crepuscolare) ritornano negli Ossi, ma investiti di una nuova e piú assoluta valenza emble-matica, che conferisce ai referenti prosaici uno spessore conoscitivo che li esalta: «Spesso il male di vivere ho incontrato: / era il rivo strozzato che gor-goglia, / era l'incartocciarsi della foglia / riarsa, era il cavallo stramazzato». Collegati organicamente alle suggestioni dell'aspro paesaggio delle Cinque Terre, i motivi privilegiati deH'ariditä vitale, del frantume e dello scarto tra-scendono quindi l'esperienza privata dell'io per farsi emblemi di una crisi che grava su tutti gli uomini. La poesia puö esprimerne i sintomi, ma non superarla: «Non chiederci la parola che squadri da ogni lato / l'animo nostro informe / ... / Non domandarci la formula che mondi possa aprirti / ... / Codesto solo oggi possiamo dirti: / ciö che non siamo, ciö che non vogliamo». Come si vede, messaggi di insensatezza e passivitä sono tradotti in termini metaforici essenziali, ma intellettualmente solidissimi, irriducibili al lan-guore simbolista, al lamento crepuscolare o al caos delle avanguardie: in que-sto modo l'insufficienza esistenziale sperimentata dall'io empirico si traduce in una voce poetica spoglia, consapevole dei propri limiti, ma gnoseologica-mente forte, integra, a tratti persino eloquente (sia pure negatrice e antiacca-demica: una «controeloquenza», come la definisce lo stesso Montale). Gli Ossi di seppia, aperti da una lirica introduttiva (In limine), sono divisi in quattro parti, scandite da una precisa logica narrativa: il racconto del per- Torna alia pagina 6 Pagina 257 Pagina 258 2 paglne rimanenti nel capltolo corso di formazione compiuto dall'io lirico, da una iniziale perdita di identita alia conquista finale di una posizione matura ed eticamente stabile. Imma-gini naturalistiche di scacco e negativita affiorano lungo tutta ľopera, ma sono particolarmente concentrate nella seconda sezione, che da al libro il titolo e il tono. Preceduti da una prima sezione intitolata Movimenti, contrad-distinta dalla ricerca (fallimentare) di un accordo tra ľio e il mondo, gli Ossi di seppia (seconda sezione, nella quale figurano molti dei testi piú importanti e famosi delia raccolta) offrono al lettore un vasto catalogo di cose, paesaggi ed eventi: si tratta del referto oggettivo dell'awenuta separazione tra un uni-verso di «triti fatti», irrelati e incomprensibili, e ľio che lo contempla a distanza, incapace di riconoscersi in esso. La vitalita delia natura risulta peraltro solo apparente, insidiata com'e da una inesorabile consunzione interna, o dall'esplodere di catastrofi improwise del paesaggio: la realtä feno-menica esprime segnali di indifferenza e atonia, se non di disgregazione e di morte. Solo 'miracolo', in questo universo retto da leggi deterministiche, ě appunto la rivelazione improwisa del nulla che vi soggiace: 'miracolo' che puô realizzarsi in circostanze eccezionali, ma solo per chi, come il poeta, manifesta il coraggio intellettuale di affrontare la veritä negativa che si dispiega. Alla compattezza ideologica della sezione corrisponde una omoge-neitá strutturale altrettanto spiccata: prevalgono testi brevi e densissimi, veri e propri congegni conoscitivi (cosi li ha definiti la critica), costruiti sulla giu-stapposizione tra immagini concrete e rapide formulazioni intellettuali. Pre-senta invece un andamento piú disteso la sezione successiva, Mediterraneo, sorta di poema in nove movimenti in cui l'io lirico segna il suo definitivo distacco dal mare, visto come elemento paterno e dionisiaco (ricco di ebbrezza e di vitalita), patria un tempo 'sognata', ora invece rifiutata in nome di una scelta etica cui corrisponde metaforicamente il desiderio di radica-mento sulla terraferma («Mia vita ě questo secco pendio, / ... / questa pianta / che nasce dalla devastazione / e in faccia ha i colpi del mare ed ě sospesa / fra erratiche forze di venti»). La quarta sezione, Meriggi e ombre, finisce sostanzialmente col ribadire la scelta di una esistenza fallimentare, vissuta perö «senza viltä», con fermezza, in piena luciditä intellettuale. Alla protesta contro il cosmo si somma, nei testi piú recenti del libro, un invito alla fuga rivolto a una misteriosa interlocutrice, oggetto di una possibile salvezza: terna e personaggio che verranno sviluppati negli anni successivi. Alia secca negazione che ě il principále contenuto ideologico degli Ossi di seppia non corrisponde affatto un'analoga contestazione a livello formale. In sintonia con la sua scelta di un lirismo tragico, di stile uniformemente eleva-to, Montale opta per un registro sostenuto, decoroso anche nei momenti di maggior prosasticitä: pertanto resistono molte regole tradizionali, anche nella metrica, che oscilla tra un uso moderato del verso libero e il ricorso a misure canoniche, magari sottilmente contraddette. In generale, le scelte metriche degli Ossi si přestáno al servizio di un discorso di tipo raziocinante e narrativo (di qui l'impiego di una sintassi robusta, senza effusioni), ma sempre «musicale», come lo definisce l'autore, doe capace all'occorrenza di accensioni liriche: di modo che, per esempio, serie di endecasillabi perfetti e scattanti possono inciampare all'improwiso in falsi endecasillabi, ipermetri o ipometri. Stesso discorso per le rime, piú volentieri al mezzo e imperfette che canoniche: ma comunque presenti, e responsabili della solida struttura-zione di un discorso poetico solo apparentemente scarno e disinvolto. Qual-che licenza in piú si rinviene semmai nella gestione del lessico. II plurilinguismo degli Ossi, fondato su basi pascoliane e dannunziane, risulta aperto e generoso, rivelandosi capace di spaziare dal vocabolario tecnico a quello letterario, dalle voci regionali a quelle piú saggistiche. II criterio che determina le scelte lessicali di Montale, qui e altrove, ě quello dell'esattezza definitoria, della massima aderenza agli oggetti poetici chiamati in causa, senza censure per termini aulici o settoriali, purché appropriati. A ciö si aggiunga il gusto montaliano per le parole plastiche, fonicamente dense e semanticamente energiche, in linea con una tradizione espressionista che da Dante (molto presente giä in questa prima raccolta, come poi nelle due successive) arriva agli scrittori legati alla rivista «La Voce», contemporanei del giovane Montale. Nel complesso, si delinea giä con gli Ossi di seppia una carat-teristica strutturale che sarä di tutto il primo Montale: la tendenza a coordi-nare un conservatorismo formale di base col rinnovamento profondo di temi e strutture della poesia italiana. Torna alla pagina 6 Pagina 259 Pagina 260 Ultima pagina del capltolo 3. «Le occasioni» Sebbene calate nella consueta ambientazione ligure, le liriche aggiunte alia seconda edizione degli Ossi di seppia, pubblicata nel 1928, sono giä forte-mente orientate verso il clima formale e ideologico che caratterizza Le occasioni (1939), seconda raccolta poetica di Montale. Da una parte un testo come Incontro presenta una figura femminile dalle virtu speciali, e per questo investita dalľio di una precisa funzione di guida morale (secondo una feno-menologia che si preciserä nelle Occasioni); dalľaltra Arsenio descrive un per-sonaggio lirico, evidente alter ego delľautore, posto di fronte alia vertiginosa e fulminea consapevolezza del «delirio d'immobilitä» che costituisce la sua vita: per un istante sembra pero manifestarsi nel paesaggio «il segno d'un'al-tra orbita», owero ľaccesso a un'esistenza diversa e libera, non piú ancorata alle leggi delia necessitä. Arsenio pone in fondo agli Ossi quello che sarä il terna specifico delle Occasioni (con importanti conseguenze anche sulle raccolte successive): il manifestarsi cifrato e folgorante del senso profondo delle cose, colto attraverso attimi in cui singoli oggetti o eventi si rivelano come 'occasioni' che consen-tono, appunto, di realizzare una scoperta esistenziale assoluta e vertiginosa. Al 'miracolo' degli Ossi, testimonianza puramente negativa delľinsignificanza del reale, subentra nelle Occasioni una piú sottile rivelazione di tipo epifanico, che disvela il senso nascosto delle cose, secondo un procedimento desunto dal romanzo europeo coevo: la trafila dei «triti fatti» descritti negli Ossi si coagula intorno a pochi densissimi frammenti di realtä carichi di significato. Che segnalino elementi di alteritä positiva, o che confermino il referto nega-tivo degli Ossi, le epifanie svolgono un ruolo conoscitivo fondamentale: ľio lirico delle Occasioni ha il compito di decifrare il contenuto di veritä sedimen-tato in oggetti, sensazioni o ricordi che nascono dal mondo fenomenico, ma lo trascendono e talvolta lo negano. Rivolto prevalentemente alľindagine delle folgoranti 'occasioni' di chiaroveggenza, vissute al presente o strappate al passato, il secondo libro di Montale organizza buona parte delle sue scelte contenutistiche e formali attorno alia struttura frammentaria e accidentata della esperienza di conoscenza ehe si realizza attraverso brevi folgorazioni, momenti di illuminazione. Ciö implica una significativa modificazione delle coordinate formali degli Ossi di seppia, basate sulľatonia e sulľimmobilitä: partendo da una percezione discontinua del mondo, il secondo libro propone una stilizzazione e una figuralitä 'dinamiche', che, senza ripudiare il lirismo alto e tragico del primo libro, lo rielaborano in una sintesi altrettanto tesa, ma piú originale e piú moderna. In primo luogo si rafforza con Le occasioni il carattere plastico e oggettuale della poesia montaliana. Da un lato viene meno quello ehe Montale definisce il «commento», owero quelle parti di discorso filosofico e morale che ren-dono omogeneo, chiaro e a volte perfino didascalico il senso delle liriche degli Ossi. Nel secondo libro cade ogni riflessione esplicita, aumenta il non detto, si infittiscono i riferimenti privati (del resto molte poesie si presen-tano come dialogo a distanza tra un 'io' e un 'tu' biograficamente definiti). Ma ciö ehe piú conta ě che nelle Occasioni ogni contenuto psicologico ed emo-tivo viene reso attraverso la pronuncia secea di dati conereti, senza indica-zioni contestuali e chiarimenti di nessun tipo. Nelle Occasioni le cose enunciate rimandano essenzialmente a se Stesse, non senza rischi di enigmatická: del resto, esprimere ľoggetto poetico e tacere ciô ehe lo circonda e lo precede ě precisamente il nueleo della poetica delle Occasioni, secondo una importante dichiarazione ďautore. Ciô awiene in perfetta sintonia con la teória del poeta anglosassone Thomas S. Eliot sul «correlativo oggettivo», per cui la formulazione esatta di «una serie di oggetti, una situazione, una catena di eventi» sarebbe il solo modo di «esprimere emozioni in forma d'arte». Anche per Montale il poeta deve lavorare le singole poesie come oggetti, «ac-cumulandovi ďistinto sensi e soprasensi», sino a fame il correlativo esatto della propria esperienza interiore. II rilievo semantico conferito ai frammenti di esperienza (non sempře tratti dal mondo naturale, come di preferenza negli Ossi, ma spesso desunti dal mondo privato dell'io lirico) si appoggia a sua volta a una tecnica espressiva ehe risulta metonimica piú che metaforica: infatti nelle Occasioni lo sguardo dell'io non cerca somiglianze tra cose e ambiti diversi (come tende a fare la poesia simbolista, e come succede a volte negli Ossi), ma isola ciô che conta da ciö che non ha valore. Di fatto, molte poesie delle Occasioni si concenfrano - metonimicamente - sulla resa di dettagli apparentemente inessenzia j§n« seurando di collegarli al resto delľesperienza che li ingloba. D< j Torna alia pagina 6 Pagina 261 Pagina 262 2 pagine rimanenti nel capitolo insomma nella raccolta una sensibilita frammentaria, che insiste sulla discontinuitá dello spazio e del tempo: di qui il carattere istantaneo delle epi-fanie delle Occasioni; di qui il frequente ricorso di Montale alle strutture sin-tattiche delľelenco e delľellissi, che esprimono i segni e li accumulano in serie, tacendo l'intero; di qui, piú in generale, lo strutturarsi di molti testi attorno alľenunciazione caotica di oggetti ed eventi, di per sé prosaici, ma investiti di valore assoluto. Proprio la forte carica emblematica affidata a «barlumi» e frammenti fa si che l'enunciazione dei dati sensibili risulti inse-parabile dalla loro interpretazione intellettuale e sentimentale, la quäle peral-tro, a differenza di quanto accade negli Ossi, non viene quasi mai esplicitata. Attraverso l'uso delle epifanie e dei «correlativi oggettivi» Montale si allinea alle tecniche e alla poetica della grande letteratura modernista europea (Eliot, ma anche Joyce, Virginia Woolf, Ezra Pound). E pero esclusiva inven-zione montaliana il misterioso personaggio femminile che ha ruolo di protagonista in molte liriche delle Occasioni, e che nella Bufera prenderä il nome di Clizia. Rappresentata come un uccello o un angelo, dapprima fragile e inaf-ferrabile, poi sempře piú forte, coraggiosa, consapevole di se stessa e del proprio potere, Clizia finisce con ľassumere, nelle ultime liriche del libro, il carattere di una figura salvifica, capace di difendere l'io lirico dalla barbarie della storia e in particolare dalla minaccia della incipiente guerra nazifascista. Nella donna-angelo delle Occasioni si riassume visibilmente una lunga tradi-zione urica di idealizzazione femminile (a partire dallo stilnovo e da Dante); non meno evidente ě il suo incarnare i valori ideologici ed etici dell'umane-simo europeo e piú precisamente della cultura grande-borghese nella quäle Montale si identifica dai tempi di Stile e tradizione. Ma i caratteri platonici e idealizzati di Clizia sono inseparabili dagli attributi realistici («Io parto sempře dal vero, non so inventáre nulla» dichiara Montale a proposito della genealógia della donna-angelo, e della sua poesia in generale): le folgoranti apparizioni cliziane sono sempre ambientate in paesaggi quotidiani, e colle-gate a spunti e dati precisi, talora legati alla fisionomia concreta di Irma Brandeis, ispiratrice di questa figura salvifica. Preziosa e quotidiana, umana e divina, cosmica e terrestre, Clizia rappresenta ľimmagine piú precisa della Urica delle Occasioni, e insieme una sorta di personificazione della poetica del-ľepifania che ě al centro delľopera. Per quanto Clizia giochi un ruolo fondamentale nell'assetto ideologico del libro, dal punto di vista strutturale Le occasioni sono costruite sulla falsariga degli Ossi: una urica introduttiva anticipa i temi principali del libro, che poi sdipana un suo filo narrativo lungo quattro sezioni, ciascuna dotata di una sua peculiare architettura testuale. La vicenda raccontata dalle Occasioni - in sostanza non meno romanzesca di quella elaborata negli Ossi - comincia nella prima sezione, dove immagini di viaggio e paesaggi impressi nella memoria si alternano al confronto tra l'io e alcune memorabili figure di donne. Questi ritratti femminili, realistici ma pieni di pathos, awicinano per temi e tecnica poetica alla seconda e piú alta sezione: si tratta dei Mottetti, venti componi-menti brevi (spesso bistrofici) che rinviano alPomonima forma, struttural-mente complessa, della musica polifonica sacra, contraddistinta dal canto simultaneo di due testi sovrapposti. I 'mottetti' ricordano per fisionomia formale e simmetria strutturale gli 'ossi di seppia' del primo libro, ma risultano ancora piú densi, contratti e verbalmente eleganti: quasi tutti incentrati sul rapporto a distanza tra l'io lirico e Clizia, costruiscono nel loro complesso una sorta di 'romanzetto autobiografico': un canzoniere nel canzoniere, come ě stato detto. Presenta invece testi lunghi la terza sezione, costituita dai tre Tempi di Bellosguardo, che ě possibile leggere come una meditazione poetica unitaria, in cui l'io lirico si misura nuovamente col paesaggio, stavolta perö caricandolo di implicazioni culturali evidenti (i colli fiorentini interpretati come simbolo di un umanesimo che la barbarie politica e l'approssimarsi della guerra mettono in pericolo). La quarta e ultima sezione fa i conti con molti dei temi emersi in precedenza, esponendoli come di consueto in modo intermittente e frammentario. II passato si mescola al presente, la visione delle cose si intreccia al flusso dei pensieri; ritorna la Liguria degli Ossi, ma ora scheggiata, raggelata, trasfigurata in frammenti di oggetti, luoghi e situa-zioni private. Nel finale della sezione, e in particolare nel testo intitolato Nuove stanze, irrompe perö una realtä storica, che annuncia la catastrofe col-lettiva della guerra: sola difesa saranno la chiaroveggenza intellettuale e umanistica, la suprema dignita incarnate nella figura femminile che lampeg-gia negli Ultimi testi della raccolta. Straordinariamente innovative nella configurazione retorica e figurc occasioni esibiscono, per quanto attiene ad altri settori stilistici, un att Torna alla pagina 6 Pagina 263 Pagina 264 Ultima pagina del capltolo mento tradizionalistico, che accentua il conservatorismo formale degli Ossi e lo spinge a volte a scelte classicistiche. La metrica, per esempio, si normaliz-za, smussando molte delle irregolaritá cercate nel primo libro. Le misure di gran lunga piú adoperate sono tutto sommato canoniche: ľendecasillabo, il settenario e un metro lungo, di tipo alessandrino-esametrico, presente nei componimenti di piú solida tenutá narrativa. Ma la relativa regolaritá metrica viene in parte contraddetta dalla sostanziale assenza di forme chiuse, e da una impaginazione grafica assai moderna, ricca di pause, dislivelli e spazi bianchi. Montale si pone insomma in continuita con la tradizione ma la riela-bora in modo originale, ispirandosi a principi costruttivi piú ehe a schemi prefissati. Qualcosa di simile awiene sul piano della lingua: Le occasioni riprendono il plurilinguismo degli Ossi di seppia, conservandone e anzi aumentandone la sostenutezza stilistica; al tempo stesso, pero, la selezione lessicale del secondo libro si apre con straordinaria generosita al mondo fisico e tecnologico moderno, includendo nuove zone di realtá contempora-nea nelľarea del dicibile poetico. Oggetti privi di tradizione Urica, come la petroliera, ľacetilene, il cronometro, la funicolare, il telegrafe, ecc, vengono enunciati con precisione, senza traccia di irónia, e anzi investiti delle piú alte responsabilitá simboliche e liriche. A metá tra operazione lessicale e stratégia di significazione, il confronto dialettico tra urica tradizionale e modernita continuerá nella Bufera, che in buona sostanza eredita l'architettura formale della seconda raccolta. 4. «La bufera» Scritte a ridosso della pubblicazione delle Occasioni, dal 1940 in poi, le liriche che formano la serie intitolata Finisterre (riferimento alla localita di Finistěre, sulla costa bretone, ma anche allusione alľapocalisse - dal latino «Finis Terrae» - della guerra mondiale) vengono pubblicate come opera autonoma, prima in Svizzera, nel '43, e poi, con aggiunte, a Firenze nel '45. In esse ritoma, protagonista di testi brevi e densissimi, la donna salvifica e benígna giä al centro di molte delle poesie delle Occasioni, e in particolare di Nuove stanze. «Esperienza petrarchesca» di particolare concentrazione e chiusura formale, ma anche 'appendice' al secondo libro, Finisterre confluisce nel '56 nella compagine della Bufera, a sottolineare la netta continuitä formale e ideologica che lega la seconda raccolta montaliana alla successiva, quasi un approfondimento critico e una verifica in chiave intersoggettiva della poetica delle Occasioni. Data la forte omogeneitä formale delle Occasioni e della Bufera e altro, la sola novitä visibile del terzo libro riguarda la selezione dei temi. A partire da quelli di Finisterre, molti testi della terza raccolta poetica montaliana sono infatti incentrati su episodi storici: la seconda guerra mondiale (la «bufera» del titolo, protagonista assoluta della prima parte del libro), ma anche fatti di cronaca di diverso rilievo, ľ'altro', in cui pubblico e privato si mescolano continuamente. Caratteristica peculiare delľopera ě dunque la tendenza alla trasfigurazione lirica della storia collettiva, dimensione che le prime due rac-colte poetiche di Montale avevano talora sfiorato, ma sostanzialmente eluso. L'influenza del Neorealismo e, piú in generale, il rinnovamento tematico della lirica italiana del dopoguerra spiegano in parte lo spazio che La bufera riserva agli anni del regime (con la registrazione puntuale della visita fio-rentina di Hitler, nel 38), ai bombardamenti, alla Liberazione, alle speranze del biennio 1945-46 (gli anni delľimpegno politico di Montale), řino alľirri-gidirsi del quadro politico italiano negli schemi della guerra fredda, con la delusione ehe ne consegue per chi, come ľautore, aveva creduto alla possibi-lita di una repubblica laica e liberale. All'apertura verso la storia e la cronaca corrisponde un allargamento lessicale: il vocabolario poetico montaliano sembra accentuare la sua apertura plurilinguistica, includendo nuovi scam-poli di terminológia settoriale e tecnica, e increspando un poco ľomogeneitä timbrica delle Occasioni. Tuttavia, come la configurazione stilistica della Bufera resta uniformemente alta e tragica, cosi permane e si estende a tutta la raccolta la stratégia figurale stabilita tra le ultime poesie delle Occasioni e Finisterre: la registrazione degli eventi esterni passa sempre attraverso il filtro delle vicende personali dell'io lirico, a loro volta legate a conflitti universali. Nella Bufera, accanto alla storia collettiva e prima ancora di essa, contano i fatti privati: i lutti famigliari, i viaggi, ma soprattutto la trama amorosa, dispiegata secondo una sensibilita stilnovista, e piú precisamente nello schema della Vita nova di Dante. Centrale ě la contrapposizione tra un; ggp na-angelo come Clizia, ricalcata sulla Beatrice dantesca, e un'antagon Torna alla pagina 6 Pagina 265 Pagina 266 2 paglne rimanenti nel capltolo Antibeatrice, la «Volpe», pur sempre dotata di qualitä angeliche, ma legata alia sféra delľeros, delia nuda biológia, alia dimensione terrena dell'esistenza. Ľirruzione delia storia, il frequente ricorso a personaggi lirici e figurazioni emblematiche, l'impiego di schemi strutturali di origine culturale, come quello della Vita nova dantesca, sono tutti sintomi della presenza, nella Bufera, di una decisiva componente allegorica. E questa ľaltra novitä dell'o-pera, meno evidente ma decisiva, sottesa a un mutato rapporto tra la serie dei dati sensibili e il loro valore metaforico. Negli Ossi oggetti di origine naturalistica vengono immediatamente tradotti in metafore; nelle Occasioni, per contro, amuleti per lo phi privati vengono espressi nella loro enigmatica irrelatezza e lasciati alia libera interpretazione del lettore. Con La bufera dati e significato sono spesso collegati in un modo implicito e allusivo, che rinvia a una loro interpretazione ulteriore, decifrabile solo sulla base della cultura del poeta: ciô conferisce agli emblemi un valore tipicamente allegorico. La bufera e altro (1956) comprende testi composti tra il 1940 e il 1954, sud-divisi in sette parti, disposte secondo un ordine approssimativamente crono-logico che allude a una evoluzione lineare di storia personále e storia collettiva. Le eccezioni alia sequenza cronologica sono pero numerose e molto significative: la struttura del libro, che inizialmente avrebbe dovuto intitolarsi Romanzo, obbedisce in effetti a una precisa logica narrativa, piú articolata rispetto alle raccolte precedenti. Finisterre apre La bufera esponendo alcuni temi (la guerra, il dialogo con Clizia, la morte della madre) destinati a tornare all'interno della seconda e della terza sezione, intitolate rispettiva-mente Dopo e Intermezzo, narrativamente interlocutorie, ricche di personaggi minori e percorse da fermenti prosastici. Segue una sezione dal titolo 'Flashes' e dediche: testi di intonazione madrigalesca e amorosa, che ripresentano la temporalitä fatta di attimi e le epifanie proprie dei Mottetti, ma calandole in contesti piu consueti (spesso borghesi e internazionali), e con il correttivo di una sottile ironia, che in parte ridimensiona la carica tragica e spettacolare delle epifanie stesse. II confiitto tra prosa del mondo storico e soprawivenza di valori spirituali viene posto di nuovo, e in tutta la sua drammaticitä, nella sezione successiva: le Silvae (ossia «Selve», genere della poesia latina contrad-distinto da contenuti eterogenei) cominciano con l'investire Clizia della mis-sione piú impegnativa, non a caso ammantandola di terminológia religiosa e di evidenti implicazioni cristologiche. Depositaria di supreme qualitä intel-lettuali e morali, la donna-angelo ha il compito di distruggersi e salvare se stessa e tutti gli uomini: oltre i limiti della consolazione privata del poeta, si delinea la possibilitá di una rinascita della civilta dalle ceneri delle barbarie. Ma il colloquio con alcune care figuře di morti, intervallato dal dialogo con Clizia, mina alla radiče le speranze delľio; ďaltra parte, le liriche finali della sezione coincidono con la rinuncia alla donna-angelo, ormai sentita come irraggiungibile, e con ľadesione a una prospettiva opposta, terrestre. II divino che prima era posto nelľoltrecielo di Clizia viene ora rawisato negli strati bassi della vita, la dove vivono le nuove allegorie di Montale: il gallo cedrone e ľanguilla, protagonisti delle due ultime Silvae. I Madrigali privati (il madrigale ě una forma lirica e musicale in uso sin dal Medioevo) confermano il passaggio delľio a una dimensione passionale e vitalistica. La sezione ospita poesie dedicate a Volpe, sorta di Antibeatrice che, se da una parte riprende (non senza ironia) le implicazioni religiose di Clizia, dalľaltra ne rovescia i tratti fisici e psicologici. Allo stesso modo in Volpe si rovescia e si infrange il mito cliziano della speranza «per tutti» («il dono che sognavo / non per me ma per tutti / appartiene a me solo»). E nel segno di un indivi-dualismo pieno di dignita si dispone anche ľultima sezione del libro: le Con-clusioni provvisorie (comprendenti Piccolo testamente e II sogno del prigioniero) concludono il 'romanzo' della Bufera con la difesa dei valori politici e morali della cultura grande-borghese; difesa che ě anche testimonianza estrema di una fede residuale nella tradizione umanistica, ciô che tiene acceso, prima che divenga cenere, il «tenue bagliore» della resistenza senza speranza al male. Calati in una precisa ambientazione storica - la guerra fredda tra 'chie-rici rossi' (lo stalinismo, il Pci) e 'neri' (il clericalismo conservatore, la Dc) -tornano i temi tipicamente montaliani del 'male di vivere' e della disarmonia tra io e mondo: il poeta si rappresenta come un recluso, oppresso da uno seacco che lo condanna «da sempre» e «senza un perché». Ma c'ě una novitä: la erisi delľio, collegata al dědino storico della civiltä borghese, non si lascia deserivere con gli strumenti delľalta cultura umanistica: ľapocalisse delľOc-cidente laico e illuminista difeso da Montale porta con sé anche la possibilitá di esprimere, in chiave di lirismo tragico, un punto di vista eritico-ne g^g sul mondo. Per tornare a esistere, la poesia dovrá abbassare la propria ' Torna alla pagina 6 Pagina 267 Pagina 268 Ultima pagina del capltolo prendere atto delia sua sconfitta definitíva: ehe é quanto aceade a partire da Satura. 5. «Satura» e i «Diari»: le ultime raccoltepoetiche Dal 1956 al 1963 Montale smette quasi del tutto di serivere poesie: una scelta significativa, maturata mentre il paese, attraversato dal cosiddetto «mi-racolo economico», si trasforma definitivamente in una societá di massa, e il consumo artistico si adegua alle esigenze intellettualmente mortificanti delia nascente industria culturale. Dalla sua posizione umanistica e aristoeratica-mente conservatrice, Montale assiste alla rovina definitíva dei valori ehe aveva difeso e interpretato in verši, dagli Ossi di seppia alle Conclusioni provviso-rie delia Bufera. 11 ritorno alla poesia matura a partire dal '63, con la stesura di aleune liri-che in ricordo di Mosca, la moglie appena scomparsa, rimpianta per la sua chiaroveggenza «giudiziosa», la sua saggezza senza intellettualismo, per il suo gusto elementare per la vita. Ne risulta un piecolo canzoniere in due par-ti, dal titolo Xénia ('doni', in greco e latino: qui nel senso di offerta votiva alla moglie defunta), ehe certo attenua il lirismo tragico di Ossi, Le occasioni e La bufera, ma non lo stravolge e non lo smentisce, anzi lo tiene in vita, limitan-dosi a correggerlo attraverso un ulteriore abbassamento formale, e una immissione di autoironia ehe si riallaccia alle tendenze neocrepuscolari e informali delia lirica coeva (italiana ed europea). II passaggio a una stagione diversa awiene nel 1971, con la pubblicazione di Satura, ehe si apre proprio con le due parti di Xénia, ma prosegue con una terza e una quarta sezione, intitolate rispettivamente Satura I e /í, composte in sostanza dal '68 in poi. II titolo di Satura (nella forma latina, ehe deriva da satura lanx, «piatto pieno») allude alla varieta degli argomenti trattati, prima ancora ehe al taglio 'satirico' (pur evidente in molti testi), e segnala con pre-cisione una delle novitä strutturali delľopera: la poesia montaliana, un tempo basata sulla selezione tragica dei temi e sulla tenutá monostilistica dei mezzi espressivi, opta adesso per una poesia comica e inclusiva, a tutti i livelli. Radicale é per esempio ľallargamento tematico, ehe coinvolge gli aspetti piú disparati e prosaici delia societá contemporanea e delia piú banale quotidianitä borghese; inoltre, il poeta ama soffermarsi in maniera esibita sul rovesciamento parodico dei motivi tragici di un tempo, a cominciare dalle rivelazioni venute con le epifanie e dal colloquio coi morti. Ne deriva una puntuale, sarcastica rivisitazione della propria poesia trascorsa e del proprio passato in genere, che applica alla rovescia la vecchia poetica delle Occasioni: ora viene attenuata, ridicolizzata o taciuta la componente lirica e verticale dell'esperienza, mentre resta in primo piano il contesto, o il rovescio della poesia, cioe la prosa. Del resto, un forte abbassamento prosastico rappre-senta la eifra stilistica di Satura: la caduta di tono e tale che gran parte delle nuove liriche assomigliano, per forme e contenuti, ad articoli in versi, a fila-strocche, a epigrammi beffardi. Non essendo calati nella struttura organica di un canzoniere, i testi si offrono ora a una valutazione 'seriale', d'insieme, molto piü che a letture isolate: sta nascendo una nuova poetica, caratteriz-zata da un uso dei versi meno controllato e stilisticamente piü basso. La rinuncia alla dignitä stilistica dei primi tre libri e il segno che Satura esprime una resa definitiva della lirica alla volgaritä del mondo massificato. La poetica dell'ultimo Montale si basa infatti sulla convinzione della impossi-bilitä di un lirismo sublime al tempo della societä dei consumi: lo Stile tragico ha perso il suo pubblico, i suoi referenti, la sua ragion d'essere. Alla pereezione di questo anacronismo Montale risponde con la scelta consape-vole di una poesia minore, comica, basata sull'ironia e sul distaeco. Se e vero che in essa resiste una certa propensione alla formula sapienziale e metafisi-ca, e anche vero che vengono meno la tensione drammatica e l'evidenza oggettiva che erano solite sostenerla e rafforzarla. Del resto, in Satura risulta svuotato anche l'ethos, la carica morale del primo Montale, sempre pronto a distinguere il bene dal male, la salvezza dalla condanna: la societä di massa ha annullato le differenze, sprofondando ogni cosa - letteratura compresa -in un composto fecale («La poesia e la fogna, due problemi / mai disgiunti»). Ecco allora che anche i termini opposti delle scelte morali ed estetiche si fon-dono in una sorta di «ossimoro permanente», di fronte al quäle la posizione di Montale si riduce a «un rispettabile prendere le distanze»: una visione del mondo contemporaneo dalle forti implieazioni scettiche e nichiliste, desti-nate peraltro a ineupirsi nelle raccolte successive. Torna alla pagina 6 Pagina 269 Pagina 270 Ultima pagina del capitolo Dalľuscita di Satura alla morte, nel 1981, Montale scrive con cadenza quasi quotidiana: il risultato di questo esercizio sono le poesie del Diario del '71 e del '72 (1973), del Quaderno di quattro anni (1977) e di Altri versi (per non par-lare dei testi ehe compongono il Diario postumo, di controversa attribuzione, ma risalenti agli anni Settanta). Forma e contenuti di Satura vengono qui riproposti in forme ulteriormente radicalizzate; soprattutto si accentua il rifiuto di scansioni narrative e preoceupazioni strutturali, sottolineato dal ricorso esplicito alla formula del diario, e dalla scelta di disporre i componi-menti nel loro mero ordine cronologico. Ľapocalisse paventata ai tempi della Bufera si manifesta ora nella forma del «trionfo della spazzatura», come scrive Montale stesso; il mondo moderno si offre nella forma di un catalogo di merci ridicole, e non merita riscatto (grazie alle epifanie) ma solo frecciate satiriche. Succede spesso ehe lo sguardo del poeta si sposti dalla cronaca, o dalla chiacehiera culturale del presente, e si volga alľindietro, a temi e figúre del passato - e spesso della poesia del passato, secondo il gusto della cita-zione autoparodica inaugurato da Satura: di solito per ironizzarli, rovesciarli, dissacrarli; a volte per celebrarli, con un tono dimesso ehe non impedisce il prodursi di una commozione autentica. E il caso di molte delle liriche di Altri versi dedicate a Clizia, ultimo grande risultato della poesia di Montale. 6. Montale prosatore Intellettuale colto, lucido e assai autocosciente, Montale riconosceva di pos-sedere un temperamente orientate «nel senso della lirica e della critica lette-raria»: dualismo che da una parte sostanzia la sua poesia di consapevolezza tecnica e storica, dalľaltro rende particolarmente acuta la sua saggistica let-teraria e i suoi giudizi estetici. In effetti, nella produzione in prosa di Montale un posto di assoluto rilievo spetta proprio alľattivitä critica, praticata fin dai primi anni Venti ed esercitata con particolare acume non solo sulla lette-ratura, e in particolare sulla lirica, ma anche sulle arti figurative e sulla musica (del reste pittura e canto erano precisamente gli hobby coltivati in proprio dal poeta). Come critico, Montale non ha solo il merito di aver 'sco-perto' e valorizzato precocemente autori come Svevo e Saba; piu in generale gli vanno riconosciute doti indiseutibili di intuito, equilibrio e visione ďin- sieme, dispensate peraltro in una forma chiara e oggettiva, priva di inutili tecnicismi, spontaneamente disposta al dialogo col lettore. Tali qualitä di serittura, giä definite negli anni Trenta, alľepoca della collaborazione a pre-stigiose riviste letterarie come «Solaria» o «Letteratura», rimangono integre anche quando, a partire dal secondo dopoguerra, la critica diventa esercizio quotidiano, sulle pagine del «Corriere della Sera». Nelľambito del «secondo mestiere», come Montale definiva la sua carriera giornalistica, vanno incluse anche riuscite minori, come i saggi di tema morale o culturale (molti dei quali riuniti in Auto dafé, 1966), e i reportage, con gli appunti di viaggio di tono mondano, raccolti in Fuori di casa (1969). Piu interessanti gli esiti conseguiti da Montale nella narrativa, con i rac-conti brevi della Farfalla di Dinard. Pubblicati sul «Corriere della Sera», sele-zionati e stampati in volume nel '56 (con nuove edizioni ampliate nel '60 e nel '73), i raccontini in questione riprendono molti dei temi e delle situa-zioni trasfigurate in poesia, specialmente in quella cronologicamente pros-sima delle ultime sezioni della Bufera. Ciô che la lirica illumina per scorci rapidi e concentrati ritorna in prosa adagiato in ritmi piu distesi, rivisitato da una affettuosa ironia: un processo di abbassamento prosastico paragonabile per certi versi a quello che Satura applica al teso lirismo delle raccolte precedenti. 7. La fortuna Montale viene oggi annoverato tra i classici della letteratura italiana di ogni tempo: per molti, il piú importante poeta italiano del Novecento, e ľultimo tra i maggiori a conservare un rapporto organico con quella tradizione lirica moderna che pure ha profondamente rinnovato. A un poeta tecnicamente cosi dotato e incisivo il consenso di lettori attenti e sensibili non ě mai man-cato: bašti pensare alla cerchia delľintellettualitä gobettiana, o a Emilio Cec-chi o, in particolare, a Sergio Solmi, sagace e precoce recensore degli Ossi di seppia. Tuttavia ě con 1'uscita delle Occasioni ehe la poesia di Montale attira 1'attenzione dei protagonisti del dibattito critico degli anni Trenta e Quaranta (non senza equivoci sui presun ti légami tra Montale e l'Ermetismo egemone): si misurano con ľinterpretazione delle Occasioni autorevol: Torna alla pagina 6 Pagina 271 Pagina 272 2 pagine rimanenti nel capitolo preti come Alfredo Gargiulo, Giuseppe De Robertis, Carlo Bo e soprattutto Gianfranco Contini, amico di Montale e suo ascoltato consigliere. A margine del successo di critica, l'impatto delle Occasioni sul pubblico dei poeti fu altrettanto forte. Dalla fine degli anni Trenta sino a tutti gli anni Cin-quanta l'opera di Montale offre un'idea di lirica contemporanea che si muove in sintonia con la sempre piü forte esigenza di oggettivitä diffusa nella lette-ratura di quegli anni. La poetica montaliana finisce con l'agire a piü livelli, innuendo soprattutto sui giovani, ma anche su alcuni autori giä affermati, come Saba e Quasimodo. In particolare, la configurazione stilistica delle Occasioni si impone non solo come innovativo modello formale, e in equili-brio tra lirismo epifanico e andamento prosastico; essa rappresenta anche e soprattutto la sintesi figurale di una nuova percezione del mondo, espres-sione di contenuti psichici e antropologici contemporanei. II Montale delle Occasioni e di Finisterre svolge cosi un ruolo decisivo nell'agevolare la transi-zione della poesia italiana da una media metaforica e astratta a una metoni-mica e referenziale. Autori come Luzi, Sereni, Fortini desumono dalle Occasioni lo schema di un lirismo tragico e metafisico, fondato su una soggettivitä poetica critico-negativa, ma integra; altri, come Giudici, valorizzano la componente crepuscolare e impressionista di Montale, anticipata dagli Ossi di seppia e poi ribadita dalle poesie senili. Laffermazione di schemi montaliani presso le generazioni poetiche successive viene consolidata dalla ricezione della Bufera, che peraltro matura quando nella figura di Montale giä si riconosce la parte piü avanzata della borghesia italiana, a cominciare dall'accademia, che inizia a studiarlo siste-maticamente. Lo spessore allegorico della Bufera, il suo fare i conti con la realtä esterna attraverso evidenti mediazioni culturali e politiche chiariscono la posizione storica delPesperienza di Montale: si capisce finalmente che la sua autentica famiglia poetica e quella che egli stesso definiva 'metafisica', fondata da autori come Baudelaire e Browning e ripresa da interpreti moderni come Eliot, specie quello dei Quattro Ouartetti. Si tratta di una poetica plastica e oggettuale, razionalmente e intellettualmente strutturata, dun-que lontana da ogni forma di vaghezza ermetica o di 'lirica pura'; ma al tempo stesso quella di Montale e una posizione polemica nei confronti della pretesa neorealista di una poesia immediata e prosastica, che svaluta la bel- lezza in nome della veritä. E infatti alcuni lettori di area marxista, come Carlo Salinari, si mostrarono diŕHdenti verso il conservatorismo elitario e pessimista del Montale postbellico; ben piü raffinata, negli anni successivi, la critica dell'ideologia montaliana svolta da interpreti come Pier Paolo Pasolini e soprattutto Franco Fortini, e da critici come Umberto Carpi e Romano Luperini. Dagli anni Sessanta in poi, alľindebolirsi del progetto poetico montaliano e alia crisi del suo fascino presso i poeti giovani corrisponde ľincremento del-l'analisi critica e filologica, tuttora condotta a ritmi molto intensi. Particolar-mente numerosi i sondaggi di tipo formalista (intrapresi da Contini e rilanciati dagli strutturalisti) e gli studi sulle fonti del linguaggio poetico montaliano, legati soprattutto a lettori come Pietro Bonfiglioli, Pier Vincenzo Mengaldo, Gilberto Lonardi e Luigi Blasucci: contributi diversi, ma tutti con-cordi nel rivendicare la centralitä di Montale nel canone poetico del Novecen-to. L'uscita di Satura, che pure deluse molti di coloro che avevano amato l'esistenzialismo tragico degli altri libri, non ha stravolto questa impostazio-ne, che anzi gli studi degli ultimi decenni hanno sostanzialmente conferma-to: la presenza di un Montale comico e dimesso ha semmai accentuato la percezione della sua estraneitä alia tradizione simbolista, awicinando la sua produzione piü tarda agli esiti della lirica informale degli anni Sessanta e Settanta. Torna alia pagina 6 Pagina 273 Pagina 274 Ultima pagina del capitolo