• Adobe Digital Editions File Modifica Libreria Lettura Finestra Aiuto 4>) 100% i]> Q ABC - esteso Sab 23:32 Q, © Adobe Digital Editions - Bestie del 900 - II buffo integrale Adobe Digital Editions - Bestie del 900 - II buffo integrale II buffo integrale Ú Adobe Digital Editions File Modifica Libreria Lettura Finestra Aiuto ^)) 100% ©!' Q ABC - esteso Sab 23:32 Q, O Adobe Digital Editions -Adobe Digital Editions Bestie del 900 - II buffo integrale ■ Bestie del 900 - II buffo integrale L'amico Galletti Durante la fermata del direttissimo Roma-Milano, alla stazione di Firenze ben poco traffko e treno non affollato, ragione per cui i pochi viaggiatori che salirono se ne andavano su e giu lungo il corridoio dei vagoni per scegliersi un posto a loro pieno agio e gradimento. II signore che poco prima era passato con la valigia a mano dando unbcchiata esplorativa al viaggiatore seduto solo nell'angolo, ripassö poco dopo, e dopo avergli elargito unbcchiata anche piü penetrante ricevendone una adeguata di ritorno, entrando deciso e sistemata la valigia sopra la rete gli si sedé di fronte seguitando a guardarlo, e l'altro rispondendo con sempre cresciuta attenzione al suo sguardo. Esistono, a loro totale insaputa fra gli uomini, dei legami ignoti di cui s'interessano i poeti e non gli scienziati i quali essendo capaci di avvicinare due continenti, e magari di creare uno scherzo per poterli distruggere insieme in un colpo, non vi saprebbero poi dire come e perché due uomini si avvicinano, di quäle natura siano le forze che Ii fanno avvicinare e Ii tengono legati in quel dato momento tanto che noi, informatissimi in grazia di tante inestimabili conquiste sulle faccende del sole della luna e delle stelle; della molecola e dellatomo; dei protöni neutroni ed elettroni, cose che vivamente appassionano l'umanita del nostro tempo, lasciando ognuno a friggere nel proprio grasso, poco o nulla conosciamo di queU'atomo che si chiama uomo e per cui rimane nella sua zona essenziale sconosciuto non solo agli altri ma bensi a sé stesso e, quasi generalmente, per il pochissimo che ne sappiamo, in gran parte falsato; e se talvolta gli capiti, per un puro accidente di scoprire qualcosina in proprio o che gli si rivela come da una scucitura del vestito, impaurito di sé si affretta a ricucirlo, ponendo in azione ogni artifizio per sembrare un altro, falsandosi sempre piü e meglio, e magari sodisfattissimo del fatto suo. E dire che gli scienziati sarebbero i soli a potergli recare lumi e conforto, un prowidenziale giovamento, giacché alle loro fantasie tutti přestáno orecchio e fanno credito, mentre le scoperte dei poeti lasciano il tempo che trovano ritenendole fantasticherie da fiaba o sogno. E se ai detti scienziati voi domandaste chiarimenti in proposito, quasi sicuramente vi risponderebbero senza dare importanza al fenomeno che tali legami sono in modo esclusivo un prodotto del caso e giustamente, giacché non sono per nulla un prodotto del caso taluni ordigni creati da loro e che da un momento all'altro possono capitarci sul cranio. Perciô non ě difficile indovinare come quei due signoři, dopo avere attaccato cosi bene con lo sguardo, tanto meglio avrebbero attaccato col discorso. Per tutti gli altri luoghi Fabbrivo ě unico e di carattere meteorologico: il tempo, mentre che per il treno ě di carattere pratico, si puô dir matematico, ma unico lo stesso: «Siamo in orario?» esordi il nuovo venuto, e l'altro guardando lbrologio al polso: «Esatto. Se continua di questo passo saremo a Milano alle venti e trentotto.» «Lei va a Milano?» L'altro annul col capo. «Anch'io. E proveniente da Roma?» L'altro annui col capo. «Vengo da Roma anch'io, ma mi sono fermato un giorno a Firenze per salutare un amico.» «É quello che farô io stesso durante il viaggio di ritorno: mi fermerô a Firenze per salutare un amico ehe non vedo da qualche tempo.» «Ma lei ě fiorentino, se non sbaglio.» L'altro annui col capo. «Son fiorentino anch'io.» «Me n'ero accorto.» «Ma residente a Roma da molti anni.» «Anch'io.» «Fui trasferito a Roma durante il fascismo.» «Anch'io.» «Giä, come le dicevo, mi sono fermato a Firenze per passare una giornata con un vecchio amico che sta poco bene, poveretto, ha il peggiore, il piú incompreso e incomprensibile dei mali, ě per natura triste, malinconico, pessimista ad oltranza, sfiduciato e scettico sul conto della vita fino alia negazione del proprio io; un temperamento disgraziatissimo le dico, con crisi acute di tragico mutismo e di sconforto che ne fanno addirittura un essere pietrificato; e disgraziatamente va sempre peggiorando via via che gli anni passano; non s'interessa piú a nulla, nulla lo attrae e 171 /331 ■ 4 • Adobe Digital Editions File Modifica Libreria Lettura Finestra Aiuto ^)) 100% ©!' Q ABC - esteso Sab 23:32 Q, © Adobe Digital Editions -Adobe Digital Editions Bestie del 900 - II buffo integrale ■ Bestie del 900 - II buffo integrale vede tutto nero. L'ho trovato in uno stato veramente pietoso. Mi sono fermato per infondergli un po' di coraggio e di questo, debbo dire, se ne mostra riconoscentissimo, me ne e profondamente, sinceramente grato. Ho messo in opera ogni mezzo a mia disposizione per rasserenarlo sul conto di questa nostra misteriosa, travagliata e combattutissima esistenza pure sapendo che e tempo perduto e fiato sprecato. Un male che ha le proprie radici nello spirito, difficilmente classificabile e incurabile come non altro; che sfugge alla piü attenta osservazione ed e generalmente poco o punto riconosciuto, e in un certo senso mal giudicato dagli altri che lo vedono come un male astratto considerandolo per la massima parte immaginario. Mi scrive delle lettere che muovono a pietä e mi lasciano addolorato per un giorno intero. Per questo lo amo tanto, perche comprendo la sua sofferenza come nessuno.» «Appunto, appunto, capisco, un male che gli altri difficilmente comprendono e compatiscono non avendo la propria base in una parte qualificata del corpo: i polmoni o il fegato, il cuore o lo stomaco; e per il quäle sotto sotto mostrano diffidenza e incredulitä come per un fatto piü che casuale volontario non conoscendone le cause con precisione; e d'altra parte osservandone gli effetti sempre un pochino vaghi, incerti e transitori, e che, per quanto gravissimi, appaiono campati in aria allbsservatore superficiale o sproweduto.» «Stato vago che perö si riverbera in ogni parte dellbrganismo, tanto che una volta mi scrive di aver male al fegato e di essere diventato verde come un cetriolo; che gli fanno male i reni e ne paventa il blocco da un momento all'altro; o i polmoni, e che vive nella certezza assoluta di finir tisico; o cosi maledettamente lo stomaco che da tre giorni non ha toccato cibo; e oppresso da certe emicranie che non gli consentono di tollerare la luce del giorno; unaltra volta ancora che diventato sordo, sordo spaccato; o quasi cieco, si trascina tastoni come nella nebbia, che ha perduto la memoria in un modo cosi assoluto da non ricordarsi il proprio nome di battesimo; che soffre d'insonnia e durante la notte, non riuscendo a chiudere occhio, gli appaiono visioni infernali e fantasmi ossessionanti che lo terrorizzano; o essendo affetto da asma bronchiale respira come i pesci boccheggiano quando si trovano fuori del loro elemento; che ha le caviglie cosi gonfie da non consentirgli di muovere un passo: tutte le volte un male diverso. Come dicevamo poco fa un fatto morale ma che si riverbera, a volta a volta, in ogni parte del suo sciagurato organismo. Ho tentato per l'ennesima volta di rallegrarlo, distrarlo in qualche modo, dandogli notizie piccanti, ghiotte, raccontandogli delle salaci storielle per giungere a incuriosirlo strappandogli un sorriso, infondendogli una piccola dose d'interesse per la vita e per il mondo, come del resto ho sempre fatto con scarsissimo risultato, e al tempo medesimo guardandomi dall'insistere troppo giacche con un simile soggetto si ottiene facilmente l'effetto contrario, o gli si strappa quel sorriso di rassegnazione e gratitudine che affiora sulle labbra di un moribondo, e col risultato di vederlo ancor piü triste di quando sta serio. Povero amico mio, se lei sapesse come con tutto ciö mi e teneramente affezionato e pieno di riconoscenza per il fedele e comprensivo interessamento del suo infelicissimo stato.» «Capisco, capisco in modo perfetto, ed e esattamente il contrario del caso mio. Durante il viaggio di ritorno mi fermerö a Firenze per trascorrere una giornata allegra e spensierata con un amico della prima gioventü, giornata di baldoria senza dubbio. II piacere di rivederci e di stare insieme e cosi grande che ci eccita ad essere allegri piü ancora di quando eravamo due ragazzi e ne combinavamo dbgni colore, ora che ci troviamo in piena maturitä; e so giä di non fallire il colpo ma di superare ogni aspettativa e desiderio. Sara un bagno di gioia purissima, eccessiva al cento per cento ma assolutamente necessaria alia salute dello spirito in un mondo cosi travagliato, confuso, pieno di contradizioni e di contrasti, di minacce, di persecuzioni e oppressioni, di sofferenze e falsitä. Un tipo ameno, le ripeto, il vero caposcarico a cui il tempo anziehe conferire pesantezza e serietä, raccoglimento, lo fa divenir piü leggero, addirittura aereo, discolo e spensie-rato come quando era un ragazzino, e sempre in linea per far gazzarra. Non so proprio come faccia ma le seava di sottoterra per non lasciare un punto d'intervallo e di freddezza quando si trova in compagnia di un amico, ne riesce a stare zitto un minuto, instancabile e a getto continuo: un vulcano di piena regola le dico, anzi, piü ne fa e piü diventa agile e pronto per combinarne delle nuove, un carattere felicissimo; non vi e fatto, per tragico o doloroso che possa essere, capace di annuvolarlo, di far diventar serio quel viso da folletto. Facciamo insieme certe risate che mettono in rivolta il casamento. Si figuri che una sera, m'ero attardato presso di lui per ridere insieme sopra certe nostre awenture e anche su quelle di qualche altro, come si fa generalmente in questo caso, le risate ci facevano fare tali salti sulle poltrone e producevano un tale strepito, che gl'inquilini del piano sottostante insorsero con violenza perche non riuseivano a prender sonno, e con maleparole pretendevano d'imporci il silenzio. E lui che dalla finestra seguitava a gridare: "Chi dorme non piglia pesci!".» «Ah! Ah! Ah! Ah!» «Ah! Ah! Ah! Ah! Devo a quell'adorabile creatura le ore piü piacevoli della mia esistenza, e pregusto giä il piacere di quelle che passeremo insieme fra qualche giorno. Un uomo di un'energia inesauribile, sano come una lasca, di un coraggio spaventoso e perfettamente spregiudicato. Quale ardore di vita in un essere di quello stampo. Stia pur tranquillo che qualunque cosa awenga non 172 /331 ■ 4 • Adobe Digital Editions File Modifica Libreria Lettura Finestra Aiuto 4)) 100% WS/ Q ABC - esteso Sab 23:33 Q, © Adobe Digital Editions -Adobe Digital Editions Bestie del 900 - II buffo integrale ■ Bestie del 900 - II buffo integrale si lascia sopraffare dalla malinconia e dallo scoraggiamento. Non le so dire quale desiderio abbia di rivederlo e di evadere con lui per qualche ora dalle preoccupazioni, e dalle mille awersitá di questa vita grigia ed uniforme che viviamo ogni giorno. Conto d'immagazzinare una buona provvista d'allegria nel mio viaggio di ritorno, e portarmene a Roma una prowidenziale riserva. Per molti giorni pensando a lui e al nostro incontro, riprenderö a ridere da solo come un matto.» «Ah! Ah! Ah! Ah!» «Ah! Ah! Ah! Ah! E ogni volta che mi scrive posso contare sopra un giorno felice senz'altro, addirittura eccezionale, e me ne avanza per il giorno dopo, non di rado per due o tre. Vorrei farle sentire che letterine mi manda: ah! e senza servirsi di metafoře, chiamando pane il pane e cacio il cacio. Quando ho finito di leggerle, reggendomi la pancia dico a me stesso: "Ma questo terribile Galletti deve averci il diavolo in corpo".» «Galletti?» «Si chiama Galletti, si.» «Curiosa combinazione: si chiama Galletti anche il mio.» «Un caso assai frequente, e in Toscana in modo particolare, ce ne sono molti che portano questo nome: Galletti Antonio.» «Antonio?» «Antonio, si, si chiama Antonio.» «Si chiama Antonio anche il mio: Galletti Antonio.» «Non ě un caso troppo raro, specialmente in questi nomi assai comuni, di due persone che portano uguale il nome e il casato.» «Perdoni una mia indiscretezza, ma dove abita il suo amico?» «Nei pressi della stazione, e piü precisamente in via delle Belle Donne.» «In via delle Belle Donne abita anche il mio. Mi voglia scusare ancora se insisto ma, se non le displace, a quale numero?» «Al numero tre.» «E al numero tre abita il mio. Quale professione esercita, se ě lecito?» «E impiegato di banca.» «Bancario anche il mio.» I due ebbero un istante di arresto seguitando a guardarsi con un senso ďincertezza e smarrimento; quindi attingendo lena, ripresero il loro discorso: «Ma lei non sarebbe, per caso, il signor Capponcini?» «Capponcini Francesco. E lei non sarebbe, per caso, il signor Pulcinelli?» «Pulcinelli Romeo, son'io, esatto.» Cordialmente si strinsero la mano. A questo punto ebbero un periodo di arresto piü lungo assai del primo, quindi ripresero a parlare come chi proceda in un campo minato. «Lei mi diceva poco fa come il suo amico sia di carattere triste e malinconico, pessimista in modo eccessivo, depresso e völto a veder tutto nero, per intenderci: un malato.» «Triste e malinconico come non ne ho conosciuto un altro, un malato vero e proprio.» «Galletti triste... malinconico... malato?...» «Da destare la piü profonda compassione ed insieme l'affetto di un amico buono e sincero come sono io.» «Le posso assicurare che Galletti non sa nemmeno dove stia di casa la malinconia; ě sano e vivacissimo, allegro fino a mettere nell'imbarazzo un amico, sempře pronto a far baldoria, un bontempone autentico: il carnevale al completo.» «Galletti sano... allegro... bontempone... il carnevale al completo?... Si tratta di un funerale né piü né meno, e di quelli di terza classe, un caso di tristezza che rasenta il patologico.» «Mio caro signore, dire allegro ě dir poco, giacché noi ci troviamo davanti, le confermo, al piü autentico caposcarico. Lui la malinconia la lascia godere agli altri e fa benissimo: se ne godano finché vogliono.» «Curioso il fatto perö, che Galletti mi ha parlato qualche volta del suo amico Capponcini e non me lo ha mai fatto conoscere.» «Anche a me del suo amico Pulcinelli senza farlo conoscere neppure a me, e senza insistervi troppo, anzi, facendo in modo di sviare quanto prima l'argomento.» «Galletti non mette mai insieme i propri amici, di questo mi sono sempře accorto. Una volta soltanto ebbe a dirmi: "Sai, Capponcini non ě un amico che anderebbe bene per te, sotto sotto ě uno scioccherello, un uomo di pochissimo sugo, ride di nulla, e ride come se qualcheduno gli facesse il solletico sopra la pancia o sotto un braccio; gli piace ridere e scherzare ma senza nessuna profonditá, manca di vero spirito; altro che ridere e scherzare nel mondo in cui viviamo, deve avere il cervellino di un grillo".» 175 /331 • Adobe Digital Editions File Modifica Libreria Lettura Finestra Aiuto 4)) 100% WS/ Q ABC - esteso Sab 23:33 Q, © Adobe Digital Editions -Adobe Digital Editions Bestie del 900 - II buffo integrale ■ Bestie del 900 - II buffo integrale «E a me disse una volta: "Pulcinelli non e un uomo per il tuo gusto, ah! proprio no; e una tale lagna che ti fa cascare il parte di mano, si compiace di far da guastafeste ovunque si trovi, il vero cacadubbi, si lamenta di tutto e di ognuno, ne trova mai la scarpa che calza al suo piedino, per intenderci: unlavativo".» «E ora che mi ricordo, piü d'una volta trovandomi presso di lui quando abitavo ancora a Firenze, ed essendo venuto qualcheduno a trovarlo, mi ha rinchiuso nella sua camera da letto dicendo di aspettarlo un momento perche doveva parlare ad uno scocciatore emerito col quäle aveva in pendenza una vecchia causa...» «Ero io.» «E talvolta mi ha lasciato un bei pezzetto chiuso lä dentro, tanto che sulla poltrona della sua camera ho finito con l'attaccar sonno.» «Anche a me, anche a me a quel tempo e accaduto lo stesso, piü d'una volta Galletti mi ha rinchiuso in camera sua pregandomi di attenderlo un momentino perche doveva togliersi dai piedi un famoso impiastro.» «Ero io.» «Ma lei e proprio sicuro di quello che afferma?» «Peccato che non ho con me la sua ultima lettera nella quäle mi descriveva per filo e per segno il suo stato miserando, tanto da disperare di lui e temere addirittura il suicidio. Per questo mi sono fermato a Firenze, ne ero seriamente preoccupato.» «Un vero peccato che non abbia anch'io la sua ultima lettera con la quäle mi annunziava il programma della serata per il nostro prossimo incontro. Sentirebbe che razza di suicidio.» «Ma il suo Galletti e bruno o biondo?» «Nero come un corvo, ma ora con qualche capello bianco: leggermente brizzolato.» «Tale e quäle come il mio: decisamente bruno con qualche filo d'argento.» «Mah!» «Mah!» Non sapendo piü che cosa dire ne che altro aggiungere, i due si guardavano confusi, disorientati, interdetti. Dopo un lungo silenzio Pulcinelli riprese a parlare come trasognato: «Se le cose stanno veramente a questo modo bisogna riconoscere che ci troviamo difronte a un caso assai curioso.» «E quello che pensavo anch'io, ma curioso ě dir poco» aggiunse Capponcini «curioso come pochi al mondo. Né si vede, cosi su due piedi, il modo per risolverlo. Ma lei ě proprio sicuro che Galletti sia tanto malinconico?» «Come della luce del giorno. E lei ě proprio sicuro che Galletti sia tanto allegro?» «Perdio! Le diró di piú, se non fosse stato allegro e spensierato non sarebbe amico mio; io detesto la malinconia vera o falsa e da qualunque parte provenga, ě un male tremendamente attaccaticcio e le persone tristi le fuggo come la peggiore delle disgrazie che possano capitare a un uomo.» «Da parte mia le dichiaro altrettanto. Se Galletti fosse stato uno di quei boccaloni a cui tutto serve da pretesto per ridere e non sanno far altro, e ridono di tutto fuor che della loro stupidita, stia pur sicuro che non sarei suo amico; io detesto il genere faceto, altro che facezie nel secolo tragico in cui viviamo.» «Come possiamo fare per appurare un caso di questo tipo?» «Ě quello che mi chiedo anch'io.» «Mercoledi saró da lui nelle ore dellalto pomeriggio, procureró di sondare, tastare il terreno per giungere a un chiarimento.» «Puó dirgli senzaltro che per un caso straordinario lei mi ha conosciuto e si trova in piena confidenza con me, gli dica pure che ě diventato mio amico.» «A quale scopo?» «Non saprei... per vedere che faccia fa, come la piglia.» «Non pensa, invece, che questo servirá a metterlo in sospetto? Lei deve pensare che io mi fermeró a Firenze per passare qualche ora spensierata col piú felice e allegro degli amici e conto addirittura in un festino.» «E lei deve pensare che io vengo dallaver passato delle ore di cosi funebre tristezza con questo amico tanto felice e tanto allegro da uscirne desolato, affranto, disfatto.» «In ogni modo faro il possibile per sondare, tastare il terreno e chiarire 1'equivoco, stia pur tranquillo, glielo prometto.» «Per quanto mi riguarda, le prometto di fare altrettanto.* Alla stazione di Milano si scambiarono la carta da visita con indirizzo e relativo numero telefonico. «Non appena a Roma le telefoneró.» 6] /331 ■ Adobe Digital Editions File Modifica Libreria Lettura Finestra Aiuto 08 1 > <3> 4)) 100% ü' □ ABC - esteso Sab 23:33 Q, © :=: • C Adobe Digital Editions - Bestie del 900 - II buffo integrále Adobe Digital Editions - Bestie del 900 - II buffo integrále «Aspetto la sua telefonata.» «Senza meno.» Una volta salutato Pulcinelli dopo averlo visto partire cosi afflitto e sfiduciato come mai durante la lunga amicizia era successo, Galletti ebbe la sensazione per il suo eccessivo contegno del resto naturalissimo, di aver toccato il vertice con 1'amico. Sentiva quel punto di arrivo una vera e propria conquista fatta insieme ma che non sarebbe stato possibile superarlo e forse neppur toccarlo una seconda volta, ripeterlo; la tristezza e la disperazione avendo realizzato la loro suprema possibilitá, dbra in avanti avrebbe dovuto contentarsi di una quota sempře piu in basso. Come tutte le cose di questo mondo anche i sentimenti umani segnano una parabola nel loro sviluppo con un periodo di ascesa fino a toccare il colmo per iniziare il declino, e Galletti non era uomo che potesse, nelle vicende della vita, gustare il declino; era uomo di ascesa continua, audace e sicuro, violentemente sicuro e impegnativo. Si sentiva pervaso da quell'istante di esaltazione e di entusiasmo senza potersene staccare, piacere che proveniva da un senso di amarezza cosi profondo come raramente puó provare un uomo; e sentiva al tempo stesso che tanto fervore si sarebbe fatalmente intiepidito e reso morbido a poco a poco, per incamminarsi sopra le facili e bene lubrificate rotaie della vita comune, della deprecabile quanto diffusa e compiaciuta medio-critá; faceva uno sforzo sovrumano per mantenere vivo dentro di sé un tale ardore e per poterlo godere nella sua pienezza senza disperderne il minimo residue Come chi avendo sorbito un liquore delizioso, afrodisiaco, rovesciando il bicchiere dentro la bocca vi lascia penetrare l'ultimo gocciolino, premendo la lingua sullbrlo del bicchiere, passandola e ripassandola sopra le labbra nel modo che fa il cane ghiotto e sodisfatto per poterne awertire l'infima traccia; e non appena 1'amico Capponcini, tre giorni dopo come di fissato, nelle ore dell'alto pomeriggio suonó il suo campanello, Galletti gli andó incontro sfiaccolato, dinoccolato, strascicando le gambe e con le braccia penzoloni lungo il corpo, ancora tutto in preda a quella tristezza di cui si sentiva gonfio; mentre Capponcini alia vista dellamico gli era saltato al collo con uno scoppio di giubilo per abbracciarlo e stringerlo come aveva sempre fatto in segno di saluto rivedendolo dopo tanto tempo. In quell'abbraccio Galletti rimase nella posizione di chi stia per cadere, scivolando per venir meno, tanto che Capponcini ebbe la sensazione di avere stretto un sacco di stracci stringendosi al petto la persona dellamico. La sorpresa fu cosi grande e subitanea che staccandosi da lui prese a dire osservandolo spaventato: «Antonio, che hai, che ti hanno fatto, ti senti male, che té successo?» Abbandonando sempre di piu la testa sopra una spalla, ciondolando le braccia con la bocca semiaperta e gli occhi che parevano chiudersi al sonno, vacillando quasi Stesse per cadere da un momento all'altro, Galletti mostrava di non vedere e neppure udire 1'amico. «Non mi vedi? Sono il tuo amico Francesco, mi sono fermato a Firenze per passare una serata con te, una serata allegra, spensierata come abbiamo sempre fatto. Ne abbiamo passate tante insieme: non mi riconosci? Non ti ricordi di me?» Galletti emise un lungo, flebilissimo sospiro che parve salirgli dal fondo dell'anima, e con l'accento della piú nera desolazione prese a dire all'amico: «Ti riconosco... ti riconosco... troppo ti riconosco mio povero Francesco, amico mio, ma che vuol dir ciö? Questo serve soltanto ad accrescere la mia sofferenza, la mia infelicitá, il mio implacabile tormento.» Le parole parevano cadergli dal labbro inferiore per produrgli lungo tutta la persona delle scie di un colore sinistra. Quindi tacque lasciando andare la testa quasi avesse voluto gettarla lontana dal corpo. «Ma si puö sapere che hai? Hai sentito il medico?» Galletti rialzö leggermente la testa, con grandissima difficoltá: «II medico... il medico... per il mio male non esiste il medico, nessuna specie di medicína né possibilitá di lenimento, sono... finito... finito... finite, un uomo morto.» «Ma dove ti senti tanto male, ce da saperlo?» Aprendo un pochino gli occhi a spiraglio, Galletti alitö con voce spenta, awertibile appena: «In nessun posto... e dappertutto.» «E io che son venuto per passare una serata allegra con te, per far baldoria come abbiamo sempre fatto...» Si sedettero l'uno difronte all'altro, ma Galletti permaneva tetro, funereo, tanto che a Capponcini tornavano alia memoria le parole di Pulcinelli lungo il viaggio da Firenze a Milano: "Quella faccia cadaverica... quel funebre silenzio... tutto vera, tutto vero...". 1781/331 ■ 4 • Adobe Digital Editions File Modifica Libreria Lettura Finestra Aiuto 4)) 100% WSf Q ABC - esteso Sab 23:33 Q, © Adobe Digital Editions -Adobe Digital Editions Bestie del 900 - II buffo integrale ■ Bestie del 900 - II buffo integrale «Non devi lasciarti sopraffare dalla malinconia, eri l'uomo piu allegro che ho conosciuto, devi farti forza per riprenderti, per tirarti su, che diamine, devi tornare te stesso, ne hai dimostrato sempre tanto del coraggio, e nei momenti di contrarieta ne hai saputo infondere anche a me con la tua inesauribile fantasia quando ce n'e stato bisogno, te ne sei dimenticato? Troppe cose ci affliggono in questa turbinosa e affannosa esistenza, lo so, ma se vi aggiungiamo delle afflizioni per conto nostro addio Gesu. Non ti puoi immaginare quanto male mi faccia vederti in questo stato, cost cambiato, cost depresso, non mi sembri nemmeno piu il medesimo, io non ti riconosco. "Aveva ragione Pulcinelli" pensava Capponcini "e io che non volevo crederci, che non ci avevo creduto, povero Antonio, tale e quale lui me l'ha descritto." Insomma, devi fare uno sforzo sovrumano per ritrovare la tua bella giocondita, il carattere nativo e il tuo spirito; sei sempre stato forte e coraggioso, e possibile che tu abbia perduto il coraggio tutto dun tratto? Si puo sapere che cosa e capitato? Perche io non mi ci raccapezzo. Non ti ricordi che quando mi vedevi un momentino serio e pensieroso mi saltavi addosso per scuotermi, per distrarmi da quel pensiero, e come ci riuscivi bene, ci sei riuscito sempre a farmi tornare contento, per forza, un mattacchione del tuo calibro, assicurati che non c'e di meglio dell'allegria per navigare in questo mondo, c'e da farsi venire il sangue verde ad abbattersi in codesto modo. Per questo ti ho voluto tanto bene, per questo ti sono stato sempre amico.» Galletti fissava ossessionato il pavimento quasi vedesse sorgere dei fantasmi che lo inorridivano: «Ridere... scherzare... stare allegro e godere la vita? La vita... Che burla sanguinosa e mai questa... che atroce inganno... una finzione indegna... urfinfamia.» «In fondo siamo ancora giovani, non abbiamo compiuto cinquant'anni ne tu ne io, e ancora in tempo per strappare qualche cosa alia vita: "Pulcinelli diceva la verita: tutto vero! tutto vero! Che tristezza! Che squallore! Che pessimismo! Tale e quale lui me l'ha descritto: che disastro!".» In questo preciso momento suonarono il campanello. Scuotendosi dal tragico torpore e istintivamente sobbalzando, Galletti prese a spingere lamico: «Vai! vai! vai! via! presto*. Lo spinse in fretta e furia nella sua camera da letto e ve lo chiuse dentro. Alia porta era Pulcinelli inaspettato, inaspettato tanto che Galletti scorgendolo, e pensando a Capponcini chiuso nella camera da letto, sbotto a ridere cost di gusto da doversi reggere la pancia nella quale si sentiva sciogliere lbmbelico, facendo sforzi acrobatici per contenere, per soffocare in se il proprio riso, e con cenni insistenti del capo e della mano per imporre a Pulcinelli di non alzare troppo la voce, di parlar piano, di stare zitto. Ma Pulcinelli vedendolo per la prima volta ridere a quel modo, un riso soffocato che lo faceva diventare rosso come un gambero cotto, gli la... sciato... tanto tri... tri... tro... troppo... in pensiero. . f... f... f... Firenze... a... a... stava davanti osservandolo esterrefatto, incapace di articolare una sillaba, di eseguire un qualsiasi movimento. E non appena riusci a ritrovare un pochino l'eloquio, balbettava come un bambino di un anno: «So... so... so... sono ve... venuto a... a... avendo... ti... ti... ti... ti... la... tri... triste... l'altro... gio... gio... giorno... sta... sta... sta... vo... tro... tro.. Mi... mi... mi... so... so... sono... f... f... f... f... fer... mato... a... a... a... a., anche... nel ritorno.» La veritä e che nel pensiero di Pulcinelli era, si, l'amichevole aspirazione di rivedere l'amico per saper come stava e rivolgergli una volta di piü qualche parola di conforto, un'esortazione affettuosa di forza e di coraggio; l'aveva lasciato in tale stato di awilimento come mai l'aveva visto; ma c'era altresi il desiderio cocente di chiarire un equivoco venutosi a creare con l'incontro di Capponcini durante il viaggio da Firenze a Milano. Capponcini aveva detto con precisione che si sarebbe trovato Ii, in quellbra e quel giorno, era sicuro di prendercelo caldo caldo o di vederlo arrivare da un momento all'altro; e guardando Galletti che rideva a crepapelle rimase sbalordito tanto da non capir piü nulla di se ne dell'amico, ne del luogo dove si trovava a vivere in quel momento. Bisogna considerare che dopo oltre trent'anni di amicizia, per la prima volta vedeva Galletti con la faccia dell'uomo allegro, e allegro come non aveva visto mai nessuno; almeno pareva a lui giacche l'allegria sopra quel viso prendeva un tale rilievo come non gli era capitato di vedere sul viso di un altro. «Ma che succede? Che e successo? Perche ridi cosi? Di che cosa ridi? Ridi forse di me? Sono io che ti faccio tanto ridere? Ma allora sono buffo, e chiaro.» Mentre l'altro seguitava a soffocare in se il proprio riso pensando a quello che si trovava chiuso nella sua camera da letto. Pareva doversi gonfiare come una mongolfiera pronta per spiccare il volo. E seguitando a fargli cenni insistenti di non alzare troppo la voce, di parlar piano, di stare zitto. «Ma chi ce? Ce qualcheduno in casa? Con chi sei? Qualcheduno che dorme? Aspetti gente? Dimmelo, chi aspetti? Chi ce lä dentro?» Aumentando a dismisura la propria ilaritä, Galletti faceva ampi segni di "no", di "no", di "no", col capo. «Ma sei solo dawero? Sei proprio sicuro che non ci sia nessuno?» «Si... si... no... no... son solo, solissimo, ma ora ti dirö, ti dirö subito, ti spiegherö tutto.» «Non sei piü malinconico? Sei diventato allegro? O dove l'hai messa la malinconia? Te la sei buttata dietro le spalle? Che te successo?» 180/331 ■ 4 • Adobe Digital Editions File Modifica Libreria Lettura Finestra Aiuto 4)) 100% WS/ Q ABC - esteso Sab 23:33 Q, © Adobe Digital Editions -Adobe Digital Editions Bestie del 900 - II buffo integrale ■ Bestie del 900 - II buffo integrale «Si... si...» accennava Galletti col capo. «Non sei piu malato?» «Macche malato! Sto benissimo.» «E stato il medico?* «Macche medico, son guarito da me.» «E come hai fatto?» «Ti diro... ti diro... ti spieghero tutto.» «Ma allora e un miracolo, un miracolo vero e proprio, bisogna avvisare il parroco.» «Sentirai, sentirai, ti diro tutto ma non qui» ripeteva Galletti abbassando la voce e facendogli segno di aspettarlo un momentino nell'ingresso. "Si vede che Capponcini non e venuto" pensava Pulcinelli perfettamente disorientato: "non e venuto altrimenti, ha cambiato idea all'ultimo momento, o ha spostato lbra dell'arrivo, forse ha perduto il treno. Aveva ragione pero, e io che non volevo crederci, che non ci credevo, che po' po' di mattacchione, tale e quale lui me l'ha descritto." Due minuti dopo Galletti ritorno col soprabito e il cappello: immediatamente uscirono. Era il tramonto di un giorno primaverile limpido e fresco e i due amici da via delle Belle Donne e per via della Spada inforcarono la via dei Tornabuoni fino al Ponte a Santa Trinita, e rasentando la spalletta dell'Arno diretti verso le Cascine. Per quella via lungo la quale un'infinita di volte avevano sfogato insieme la loro tristezza le loro incertezze e il loro sconforto. Nella confusione del caso cost inatteso, il povero Pulcinelli era combattuto fra la commozione di rivedere la sua bella citta in quella luce cost imponente e lo sbalordimento di trovare con una faccia nuova il vecchio amico che non conservava uno dei suoi caratteri, uno dei suoi movimenti, uno dei suoi sguardi. L'uomo che aveva conosciuto sempre triste e silenzioso, lento e parco nel gestire, cupo e stanco nello sguardo, parlava a scatti e fitto fitto, senza lasciare, nella conversazione, un attimo d'intervallo; sprizzava gesti vivacissimi in ogni direzione e dagli occhi scintille come fuochi d'artifizio; muoveva il capo in una gioia incontenibile e del tutto giovanile; osservando dal capo ai piedi ogni donna che passava e ammiccando all'amico per riceverne adesione e consenso, e come per scaricarsi di un giubilo eccessivo emettendo una risata ogni pochino: «Ah! Ah! Ah! Ah!». Tanto che il povero Pulcinelli dentro di se andava ruminando: "Dopo tanto lambiccarsi e tormentarsi il cervello con la malinconia e definitivamente impazzito". Andavano attratti dal sole che si preparava a nascondersi dietro le piante dalle chiome lussuriose, divenendo un disco di rame infuocato sempre piú accecante, e specchiandosi con placida solennitá nell'acqua verde dellArno divenuta in quella pace sovrana quasi lacustre e infiammandone la superficie. Andarono per un tratto lungo il viale che costeggia la foresta centenaria sulla riva del flume, e non appena la luce s'incominciava a smorzare tornarono indietro camminando con davanti agli occhi il quadro della cittá nella linea incomparabile delle sue illustri colline. Galletti parlava senza respiro, con la gioia e l'entusiasmo del ragazzo che affacciandosi alia vita fa ogni giorno delle scoperte, mentre Pulcinelli alia gioia dell'amico rispondeva con un riso che al momento di esplodere gli si congelava sul labbro, non riuscendo a credere ai propri occhi e ai propri orecchi, concedendosi il necessario e salutare abbandono per potervi partecipare. Proce-devano lungo l'argine erboso incorniciato da una siepe di lauri e piantonato da monumentali alberi di magnolia che a ponderata distanza vi montavano la guardia dbnore. Dalla riva d'Oltrarno i vetri delle finestre sulle colline di Monticelli e di Scandicci, di Monteoliveto e Bellosguardo, rispondevano con un grido di fuoco al saluto del sole, e rientrando nella cittá rasentando la spalletta che giá aveva accese le proprie luci come una collana di gemme nello sfondo delle montagne piu lontane che a poco a poco si andavano sfumando dal rosso nel viola e dal viola nel biu, e in cui s'intagliavano culminando i grandi edifizi: il campanile di Santo Spirito e la cupola di Cestello, la fortezza di Belvedere e la basilica di San Miniato che prima d'inabissarsi nel sonno sfolgorava loro del suo sguardo. Passato il Ponte a Santa Trinita, Galletti ebbe un'esplosione di gioia ancor piu viva delle altre, direttamente aggressiva. «E ora andiamo alia trattoria del Ponte Vecchio per fare una cenetta all'uso fiorentino.» Galletti si mostró di tale voracitá nel mangiare che Pulcinelli osservandolo, si sentiva trepido e incerto nell'awicinare alle labbra il boccone; né riusciva come avrebbe voluto a gustarne il sapore avendo un istante di arresto, quasi temesse qualche veneficio al momento d'inghiottire. Dopo degli eccellenti ravioli al ragu, con uno scoppio infantile esultante, Galletti ordinó una bistecca di un chilo e mezzo, misura rituále per due persone a Firenze, mentre Pulcinelli non poteva esimersi dal ricordare come il suo vecchio amico mangiasse poco, solitamente, svogliato e distratto, e durante la mensa accogliesse ogni arrivo atteggiando sempre di piu la bocca a disgusto, e quanto fosse difficile nel riconoscere la buona qualitá delle vivande per cui non dimostrava un minimo di aviditá ma una totale indifferenza per tutte, storcendo e ritorcendo la bocca prima di 182/331 ■ 4 • Adobe Digital Editions File Modifica Libreria Lettura Finestra Aiuto 4)) 100% WS/ Q ABC - esteso Sab 23:33 Q, © Adobe Digital Editions -Adobe Digital Editions Bestie del 900 - II buffo integrale ■ Bestie del 900 - II buffo integrale assaggiarne, e quasi sempre lasciandone nel piatto una parte. Lo disgustava in modo particolare la carne presentata in forma violenta, troppo appariscente, e non appena lo vide guardare con tanta cupidigia, sfavillando d'impazienza le pupille davanti a quel monumentale pezzo di carne grondante sangue, e la cui vista avrebbe avuto la forza d'inebriare un leone, ne rimase spiritato come difronte ad un arcano perturbatore. Coronö Fallegro convito un suntuosissimo dolce composto di crema, cioccolata, panna montata e altri ghiotti ingredienti; e non appena Galletti ebbe divorato il suo disse all'amico: «In questa trattoria si mangia bene ma danno le porzioni troppo piccole», proponendo di farsene portare una seconda in contrafforte: «Io ne mangerei un catino». E siccome anche il fiasco aveva veduto la propria fine, decisero di ordinäre un litro supplementäre che avrebbero sorseggiato a poco a poco trattenendosi a conversare allegramente. Erano a questo modo arrivate le undici allorquando in proporzione ancor piü aggressiva Galletti esplose: «E ora si va a ballare». Se Pulcinelli si fosse trovato in piedi a quest'uscita che rappresentava l'apice di tante sorprese, si sarebbe sentito assalire da un tale giramento di testa da non potersi sostenere: «A ballare e a vedere uno spogliarello al Pozzo di Beatrice», si contento di rimanere con la bocca spalancata senza trovare l'espressione. Galletti aveva dichiarato sempre che quei locali notturni di piacere anziehe distrarlo e farlo rallegrare, ne moltiplicavano la tristezza e l'infelicitä: Ii deplorava sopra tutte le cose e li fuggiva come la peste. Alle due precise Galletti accompagno fino alia porta dell'albergo Pulcinelli che doveva partire per Roma nella mattinata ormai corrente. Giunto a Roma, e dopo un giorno di riposo indispensabile per rifarsi dalla stanchezza del viaggio e dallo stordimento del soggiorno fiorentino cosi inaspettatamente originale, Capponcini pensö subito di telefonare a Pulcinelli per informarlo, come d'accordo, relativamente al suo incontro con Galletti e per fornirgli quei chiarimenti di cui si trovava in possesso: «Pronto.» «Pronto.» «Capponcini.» «Pulcinelli.» «Debbo innanzitutto presentarle le mie scuse, caro signore, per non essermi comportato con lei come avrebbe richiesto la situazione durante il percorso che ho avuto il piacere di fare in sua compagnia da Firenze a Milano. Pronto.» «Pronto.» «Pronto. Quanto ella mi aveva descritto relativamente al comune amico non era che la pura veritá alia quale, le confesso candidamente, non avevo prestato fede come e quanto avrei dovuto. E come giá ebbi a dichiararle in treno, durante il viaggio di ritorno mi sono fermato a Firenze secondo il mio progetto. Pronto.» «Pronto.» «Pronto. E nella certezza di potervi trascorrere come sempre era awenuto con quelt'amico una delle tante serate gioconde, mangiando bevendo e conversando allegramente. La condizione nella quale ho trovato Galletti ě tale che mi ha sconvolto a segno da rendermi impossibile ogni descrizione. Pronto.» «Pronto.» «Pronto. La realtá ha superato, e di molto, il lugubre ritratto che di lui ella mi aveva fatto. Pensi, mio caro signore. Pronto.» «Pronto.» «Pronto. Un temperamento di uomo vivace e allegro come il mio, e dopo avere trascorso insieme per oltre trent'anni ore indimenticabili di spensieratezza e di felicitá, trovarlo in quello stato di prostrazione e smarrimento, di nichilismo... ne sono tomato affranto, smarrito, interdetto. Pronto.» «Pronto.» «Pronto. Non mi sarei mai e poi mai potuto aspettare dalla vita una sorpresa di questo genere. Pronto.» «Pronto.» «Pronto. Né avrei supposto di dover passare durante la mia esistenza un giorno tanto brutto.* «Ma lei, in modo preciso, quando sě fermato a Firenze?» «Come giá le avevo annunziato in treno, fui da Galletti mercoledi alle sei e mezzo.» «E dopo di lei non ě venuto qualcheduno a trovarlo? Pronto.» «Pronto. Ero li da circa mezzbra, disorientato, abbattuto, sconvolto come giá le ho descritto, e per la grande confusione incapace ancora di esprimere da parte mia una parola amichevole di 184 / 331 ■ 4 *sfä ©^ohíl- • Adobe Digital Editions File Modifica Libreria Lettura Finestra Aiuto 4)) 100% WSf Q ABC - esteso Sab 23:33 Q, © Adobe Digital Editions -Adobe Digital Editions Bestie del 900 - II buffo integrale ■ Bestie del 900 - II buffo integrale comprensione, di solidarietá e di conforto, allorquando hanno suonato il campanello, Galletti mi ha spinto a viva forza nella sua camera da letto e mi ci ha chiuso dentro. Pronto.» «Pronto.» «Pronto. E non ě ritornato che alle due del mattino. Pensi lei un poco: alle due del mattino. Pronto.» «Pronto.» «Pronto. Stanco morto dal viaggio, dopo avere durante tre giorni a causa dei miei affari girato per Milano in lungo e in largo, e dopo il colpo ricevuto rivedendo l'amico delle ore liete in quello stato miserando, nella poltrona della sua camera ho finito per attaccar sonno e non mi sono risvegliato che alle due del mattino quando Galletti ě rientrato. Pronto.» «Pronto. Ma quando ě tornato che cosa le ha detto?» «Avesse potuto vedere in quali condizioni ě ritornato a casa quello sciagurato! Peggio cento volte di come lo avevo visto al mio arrivo. Non si reggeva in piedi, ciondolava da tutte le parti: uno straccio. Era da raccogliere col cucchiaio. Pronto.» «Pronto.» Pensando al fiasco di Chianti che Galletti sera bevuto alia trattoria del Ponte Vecchio, Pulcinelli scoppió a ridere sul colpo: «Ah! Ah!Ah! Ah!» «Si puó sapere di che cosa ride?» «Di nulla, di nulla signor mio, non ci faccia caso: Ah! Ah! Ah! Ah! Pronto.» «Pronto. E le paiono cose da ridere, queste? Ciondolava da tutte le parti, il derelitto.» «Ah!Ah!Ah! Ah!» «Sa che le dico? Che se lei puó ridere di tutto ció, vuol dire che non ě un vero amico, ecco come la penso. Pronto.» «Pronto.» «Pronto. E seguitava a ripetere dandosi dei pugni nel cranio: "Pusillanime! Vigliacco! Pusillanime! Vigliacco".» «Ma a chi lo diceva?» «Bella, a sé stesso. Pronto.» «Pronto.» «Pronto. "Ora lo posso dire che sono anche un vigliacco!" Aveva passato quelle sette ore su e giú sul Ponte Vecchio e affacciato alia spalletta dellArno senza trovare la forza né il coraggio per buttarsi giú. Ha capito?» «Ah! Ah! Ah! Ah!» «"Pusillanime! Vigliacco!" Gridava al colmo della disperazione, non mi mancava che questo, anche vigliacco! Sono al completo. E nella sua ultima lettera mi aveva scritto che saremmo andati alia trattoria del Ponte Vecchio per bere un fiasco di Chianti e mangiare una bistecca di un chilo e mezzo. Si metta nel caso mio, e pensi un poco per me quale rovescio.» «Ah! Ah! Ah! Ah!» «Ma lo sa che con questo maledetto ridere lei mi esaspera in un modo indegno?» «Mi voglia perdonare se glielo faccio ripetere, ma quante ore era rimasto sul Ponte Vecchio?» «Dalle sette fino alle due: sette ore. Ora ha capito? Pronto.» «Pronto.» «Pronto. E sempře con 1'intenzione di buttarsi giú senza trovarne il coraggio. Ero stupidito al punto da non capire piú nulla; non sono nemmeno riuscito a dirgli una parola per tentare di sollevarlo.» «Ah! Ah! Ah! Ah!» «0 la finisce di ridere in codesto modo o chiudo 1'apparecchio. Pronto.» «Pronto.» «Pronto. Avevo dubitato fino dal principio che lei fosse un amico poco sincero, ora ne sono convinto.» «Pronto.» «Pronto. Mi sono recato alia stazione per prendere il primo třeno che passava, e sono arrivato a Roma piú morto che vivo. Si deve figurare che per la grande confusione non mi ero neppure accorto di non aver cenato.» «Ah! Ah! Ah! Ah!» «Si metta nei miei panni e la faccia finita con questo ridere cosi fuori di luogo. Dopo essere stato per oltre trenťanni felice e allegro con un amico, vederlo conciato in quel modo.» «Non ne dubito affatto mio caro signore e ne sono perfettamente sicuro. Ma, dica un poco, lei tornerá ancora a Firenze per rivedere il nostro amico?» ■ Adobe Digital Editions File Modifica Libreria Lettura Finestra Aiuto 08 1 > <3> 4» 100% WSf □ ABC - esteso Sab 23:33 Q, © :=: • C Adobe Digital Editions - Bestie del 900 - II buffo integrále Adobe Digital Editions - Bestie del 900 -1 buffo integrále «Certo, certissimo, al punto in cui stanno le cose lo considero un dovere sacrosanto; dopo averlo lasciato in quello stato, torneró e quanto prima senza dubbio, con la piú viva speranza di trovarlo sollevato, migliorato, poverino... E non le posso dire come sto in pensiero, in quale agitazione si trovi il mio animo, lo vedo sempře affacciato a quella spalletta, e mi sento correre i brividi per tutto il corpo. Pronto.» «Pronto.» «Pronto. Glie 1'ho giá scritto, non appena avró due giorni di liberta correró a Firenze per rivederlo, giacché sono partito dicendogli soltanto che me ne andavo col cuore in pezzi e che presto sarei tomato. Pronto.» «Pronto.» «Pronto. Perché? Lei, invece, non si fermerá piu a Firenze per vedere come sta?» «Se lo figuri un poco, appena posso. Capirá, dopo quella faccenda del Ponte Vecchio ardo nell'impazienza di rivederlo.* Ú Adobe Digital Editions File Modifica Libreria Lettura Finestra Aiuto 4)) 100% WSf Q ABC - esteso Sab 23:33 Q, Q Adobe Digital Editions - Bestie del 900 - II buffo integrale Adobe Digital Editions - Bestie del 900 - II buffo integrale Pubblicati rispettivamente nel 1951 e nel 1966, Bestie del 900 e // buffo integrále costituiscono le ultime raccolte di racconti palazzeschiane. La prima si costruisce come uríirriverente paródia dei bestiari medievali e, nel presentare al lettore il carattere e la morfológia di una dozzina di animali, finisce per descrivere mirabilmente la condizione umana. La seconda, che giá nel titolo riecheggia quel terna del "buffo" centrále nella produzione dello scrittore fioren-tino (bašti citare il suo Palio dei bufft del 1937), rappresenta il vero punto ďarrivo della novellistica di Palazzeschi: un godibilissimo, dissacrante, allegro e tragicomico ritratto della vita con tutti i suoi insensati paradossi. É Adobe Digital Editions File Modifica Libreria Lettura Finestra Aiuto O 8 1 l <3> 4>) 100% WSf Q ABC - esteso Sab 23:33 Q, Q • C Adobe Digital Editions - Bestie del 900 -Adobe Digital Editions - Bestie del 900 -1 II buffo integrále buffo integrále Ľautore Aido Palazzeschi (Firenze, 1885 - Roma, 1974), poeta e narratore "straordinario" che sfugge a ogni etichetta, ě stato tra i protagonisti delle avanguardie europee. Ha aderito, a suo modo, al Futurismo italiano anche con un memorabile manifesto, // controdolore. Noto soprattutto per le Sorelle Materassi, ha scritto numerose altre opere tra le quali, in Oscar, Ľlncendiario, II Codice diPerelä,Due impcri.... mancati, II palio dei buffi, I fratelli Cuccoli, Stampe dell'800 e Vinterrogatorio delta Contessa Maria. 3j /331 Adobe Digital Editions File Modifica Libreria Lettura Finestra Aiuto O 6 ^ ^ ^ { ^ 4>) 100% i]> Q ABC - esteso Sab 23:33 Adobe Digital Editions - Bestie del 900 - II buffo integrale Adobe Digital Editions - Bestie del 900 - II buffo integrale Aldo Palazzeschi Bestie del 900 - Ii buffo integrale A eura di Maria Carla Papini MONDADORI É Adobe Digital Editions File Modifica Libreria Lettura Finestra Aiuto O 8 1 l <3> 4>) 100% ©!' Q ABC - esteso Sab 23:34 Q, © ;=: • C Adobe Digital Editions - Bestie del 900 -Adobe Digital Editions - Bestie del 900 - II II buffo integrale buffo integrale del riso» che giä nel manifesto del Controdolore aveva distinto l'uomo da ogni altro animale e che qui appare Introduzione invece appannaggio anche delle "bestie": della gallina Pompona come delle farfalle di «Quelle...», esilarate di fronte alia strage delle nemiche formiche: «Ah! Ah! Ah! Ah!» Vennero assalite daun ridere convulso, le farfalle: «Ah! Ah! Ah! Ah!». Ridevano a crepapelle: «Ah! Ah! Ah! Ah!». Si sbellicavano dalle risa: «Ah! Ah! Ah! Ah!». In un crescendo che produceva una sinfonia: «Ah! Ah! Ah!Ah!». Ce una lettera - quasi una cifra - che unisce come un filo sottile le quattro raccolte di racconti palazzeschiani collegandone, forse persino involontariamente, i titoli: la B di "bello", di "buffo" e di "bestie". Quella B che, appunto, giä nel 1921 appare a distinguere e qualificare il Re da cui il primo libro di racconti di Palazzeschi prenderä il nome {II Re bello), e che poi, sedici anni dopo, ritornerä nel titolo della seconda raccolta a indicarne la specificitä dei protagonisti (//palio dei buffi), cosi come avverrä quindi per Bestie del 900 e infine per // buffo integrale. Una sigla, un'impronta, quasi un marchio di fabbrica o una traccia che, consapevolmente o meno, collega fra loro nel tempo i protagonisti dei racconti palazzeschiani e che vale a distinguere - e a sottolineare -il senso e il ruolo di quel personaggio che, variamente atteggiato e descritto, vi campeggia sempre e comunque alľinsegna di una diversitä che ne ě la caratteristica essenziale e dominante e che, mentre lo rende estraneo ai suoi simili proprio in quanto differente e quindi "buffo", lo accomuna perciö alle "bestie", rivendicandone, al tempo stesso, ľeccezionalitä e dunque anche una qual certa, particolare ma comunque innegabile, "bellezza". E se, del resto, alľinsegna della continuitä 1 che, al di lä delľunicitá di ogni singolo volume, caratterizza lbrdito del macrotesto palazzeschiano, i racconti de IlRe bello sembrano volersi ricollegare a quelli della raccolta successiva nella riproposizione ne II palio dei buffi appunto, di un racconto, II gobbo, in cui piü la figura del protagonista spicca per quelle caratteristiche di diversitä che la natura e, soprattutto, la cultura gli ha imposto, anche la seconda raccolta giä pare poi alludere alla successiva, nel richiamo esplicito di almeno due fra i suoi titoli e i suoi personaggi, agli animali cui il loro soprannome - Lumachino," Lupo ' - significativamente rimanda. Quegli stessi animali che poi, nella raccolta del 1951 ! assurgeranno finalmente agli onori di un titolo (Bestie del 900) tanto significativo quanto, e forse non a caso, tormentato nella sua gestazione, e che, del resto - alla luce dei testi come anche delle illustrazioni di Mino Maccari' che ne sono piü che corredo, complemento essenziale e inscindibile - ancora una volta collega uomini e animali in una sola, comune categoria di "bestialita" cui né gli uni né gli altri possono comunque sfuggire. Si direbbe anzi che, nel libro del '51, siano proprio gli animali ad assumere le caratteristiche specifiche degli uomini, prime fra tutte la parola e, ancor piü, quel «privilegio divino E, in effetti, proprio nessuna differenza sembra in questo libro sussistere tra gli uomini che vi compaiono nello sfondo e le bestie che ne sono le protagonisté e che come quegli uomini - e donne - appunto ridono, parlano, sperano, temono, odiano, amano e, perfino, si vestono, tanto che, qualche volta, ě difficile distinguerli fra loro. Cosicché il «grande uccello» dal «corpo tutto d'argento con una coda lunghissima, le zampine dbro e sopra il capo un ciuffo dbro fantastico» che fa risuonare il suo prodigioso canto «nell'aria di Parigi», si rivela poi essere in realtä la siffleuse dell'ultimo piano dell'albergo dell'Ile Saint-Louis, mentre la misteriosa «signora coperta per la massima parte da un grande ventaglio rosso» 1 che appare nelle notti romane «sulla cima del Colosseo» " o «sulla torre del Campidoglio»,' che all'alba siede «presso la tomba di Nerone» 4 o che ě stata vista «transitare la notte dentro una macchina per i viali di Villa Borghese abbracciata a un giovanissimo, quasi un adolescente, biondo»,1 non ě poi altro che una scimmia,1 per quanto comunque dotata - come del resto la maggior parte delle "bestie" di questo libro - del dono della parola. E, d'altra parte, tra i molti animali che, fin dagli esordi, popolano l'universo narrativo e poetico palazzeschiano 1 ě abbastanza significativo che sia proprio il pappagallo ad apparire fra i primi, ''s nei componimenti dei Cavallí bianchi,' per poi ritornare, in Lanterna, e ben due volte, nelťeterogenea galleria di personaggi del Rosario, nei versi di Cuců ~l e di Rerě. " Non solo, se i pappagalli non mancano fra gli animali che assistono a La mořte di Cobö, sarä poi ancora la voce di un pappagallo a intercalare, con la ripetizione insensata e quasi ossessiva del nome di Dio, il dialogo tra Perelá e la Regina, in uno dei primi capitoli del romanzo del 1911, cosi come, appunto, ě con la voce di un altro pappagallo che, in Bestie del 900, si conclude il racconto a lui dedicato ^ e, con esso, 1'intera raccolta, quasi a sancire - e a ironicamente sottolineare - al suono di quell'«Okay», il conformismo ripetitivo di un codice, linguistico come sociale, sempre pronto ad adeguarsi ai dettami e alle regole del potere dominante. L'impianto parodico" del těsto - giä nella sua stessa concezione irriverentemente allusiva a quei Bestiari medievali che ne sono il modello" e di cui si rovescia appunto la valenza allegorica - si ribadisce cosi, e proprio nei due racconti finali, ~'s nelle due "bestie" che piü ne evidenziano la connotazione satirica, quelle cui, piü che a • Adobe Digital Editions File Modifica Libreria Lettura Finestra Aiuto 4)) 100% HD» Q ABC - esteso Sab 23:34 © Adobe Digital Editions -Adobe Digital Editions Bestie del 900 - II buffo integrale ■ Bestie del 900 - II buffo integrale ogni altro animale, ě, per natura, concessa la capacitä di ripetere - svuotandone e ridicolizzandone il senso - le parole e i gesti degli uomini: il pappagallo, appunto, e la scimmia. Protagonista assoluto, nei parmí di Cherubina, di una delle poesie de Vincendiario che piú manifestamente irrldono al perbenismo delle istituzioni," il personaggio della scimmia appare, nella stessa raccolta, fra le «centinaia di animali» che assistono Cobö, prendendo, al suo capezzale, il posto e gli abiti degli uomini che ne sono esclusi31 e, dopo la sua morte, facendo scempio della «grande ereditä» negata da Cobö ai propri simili. Parodia umana e, insieme, suo carnevalesco rovescio, la scimmia trova, nel macrotesto palazzeschiano, il proprio corrispettivo e perfino il proprio sarcastico duplicante ribaltamento nellapparenza scimmiesca di uomini e donne a La fiera dei morti, o ancor piü — si ě visto - nella scimmiottante vanitä delle dame romane della Signora dal ventaglio, evidenziando cosi la valenza dissacrante del proprio ruolo e, soprattutto, azzerando ogni differenza tra l'uomo e gli altri animali. Simia Dei, imitazione divina e sua grottesca immagine, l'uomo, come, appunto, ogni altro animale del Creato, e come forse, in natura, ogni essere vivente,"' sembra dunque non poter sottrarsi alia malignita intrinseca alia sua indole, ed ě proprio in questa chiave che, in Bestie del 900, gli animali e - con loro e come loro - gli uomini, vengono appunto descritti. Cosi, se la vecchia «megera», padrona del pollaio in cui vive Pompona, si distingue per la sua aviditä ipocrita, quanto per la sua arcigna insensibilita, non meno avide e crudeli appaiono le cupe formkhe di «Quelle...», esercito di creature senza nome né gioia, «governate da una disciplina di estrema durezza [...] in cui solo il dovere rifulge come prima ed ultima cosa». Passivamente soggette a un destino di «lavoro» e «obbedienza», dedite a un profitto di cui non godono i frutti, le formiche non tollerano la sfrenata liberta, l'impudica gaiezza delle farfalle e ne progettano la distruzione mentre, dal canto loro, «quelle» ne dileggiano allegramente le abitudini, ne profanano i riti e cinicamente si compiacciono della loro rovinosa disfatta. E se il comportamento delle farfalle nei confronti delle formiche non ě poi piú duro di quello riservato loro dagli uomini che le «infilano vive in uno spillo», ' la loro vacua fatuitä, il loro egocentrismo narcisistico, ma anche la loro invereconda lascivia non ě cosi diversa dallbpportunistico cinismo placidamente esibito da Margherita Capello kl con il suo ansioso preoccuparsi - nel pieno della guerra e della catastrofe di mezza Europa - della salvezza propria e dell'amato pappagallo Coco. Non solo: se ad Alfredo, «giovane contadino saggio e sicuro»,4" rispettoso della moglie, padre amorevole e solerte custode dei suoi animali, appare tuttavia assolutamente naturale destinare al macello il vitello Gaio, reo di avergli sottratto, nella sua altrettanto naturale e pur comprensibile, infantile ingordigia, la razione di latte destinata alia vendita, e se con altrettanta «naturalezza» il «pittore ferrarese» «degno continuatore e figlio legittimo» 11 del Guardi e di Canaletto, progetta di consumare fritto o lesso con salsa lo splendido esemplare di pesce che sta ritraendo, quello stesso pesce, la «regina» della storia, vittima dell'umana voracitä come della propria smodata golositä di grilli, una volta scampato il pericolo e resa miracolosamente al proprio habitat, appare, nonostante tutto, dimentica delle proprie paure quanto incurante di quelle degli altri e dunque pronta a farsi di nuovo da preda, predatrice, sensuale, irresistibile adescatrice in caccia dellaltrui esca. Uomini e animali appaiono cosi coinvolti in un unico destino di comune e reciproca violenza e sopraffazione, cui il microcosmo delle pulci a congresso sotto il «cielo stellato» di Villa Borghese sarcasticamente allude,4 nell'ancor bruciante ricordo di ben altri congressi44 al termine di un conflitto appena concluso nell'anno di pubblicazione di quella novella.E se la violenza e tratto distintivo degli uomini quanto - e fors anche piü -degli animali, se fra gli animali, come anche fra gli uomini, il piü debole e costretto a soggiacere alia prepotenza del piü forte, anche gli animali - proprio come gli uomini - non possono sottrarsi al ruolo che la societä, anche contro la loro natura, forzatamente gli impone. E il caso di Kan, il leone vegetariano costretto a nascondere le proprie erfettive inclinazioni, i propri gusti - «"E perche non me Thai detto prima che ti piacevano le verdure?" / "Perche sono un leone"» - al punto di sacrificare all'insensata, ostinata aspettativa altrui la propria libertä e la vita, carnefice e vittima insieme, attore suo malgrado della stessa violenza di cui e succube. E, purtuttavia, qualcuno, come la cagnetta Luly, il bastardo Nino o, anche, l'ingordo Gaio, sembra comunque sottrarsi ai vincoli, alle regole, agli ordini che ne governano l'esistenza, riuscendo, per quanto momentaneamente e a caro prezzo, 4,1 a far prevalere il principio, almeno, del proprio piacere4' su quello di una realtä tanto piü assurda quanto piü lontana dalla propria istintiva naturalezza. Che se, in fin dei conti, niente sembra in questo libro distinguere dawero gli uomini dalle bestie, al punto che perfino nelle tavole che argutamente ne illustrano i racconti, le fattezze umane si mescolano a quelle animali nella sarcastica, sapiente composizione di una stessa fisionomia, c'e perö, comunque, qualcosa che appare irriducibile alia condizione animale e cii stretta, esclusiva pertinenza umana. Ciö e appunto Tincapacita dell'uomo di abbandonarsi alia propria natura, di riconoscerne e accettarne la pur aberrante ma effettiva realtä, rimuo-vendone viceversa le manifestazioni, soffocandone le pulsioni, nelfipocrita, artificiosa finzione ' di un'identita tanto piü perversa quanto piü epidermicamente e forzatamente opposta a quella che, nella sua istintiva naturalezza, e pertanto repressa.Repressa ma, proprio perciö, destinata a riarfiorare, nel perturbante ritorno di un rimosso che, nel libro, assume i lineamenti grotteschi del coccodrillo Dagobert, la rozza, volgare reincar-nazione in sottanino e paglietta, del raffinato, castissimo consorte di Mistress Theodora Brook. Finalmente liberato dal peso del proprio corpo e dalle sue inesprimibili voglie, il candido coltivatore di rosai puo finalmente dar sfogo en travesti, sotto le spoglie - pur non mentite - del coccodrillo che l'ha divorato, a quei desideri cui nemmeno minimamente avrebbe sognato di indulgere in vita. E se la frusta della donna cannone riesce a stanare il leone nascosto nel tenero cuore di Kan, il frustino di Mistress Brook niente puö contro la dirompente violenza 7 I /331 ■ ♦ • Adobe Digital Editions File Modifica Libreria Lettura Finestra Aiuto 4)) 100% HD» Q ABC - esteso Sab 23:34 © Adobe Digital Editions -Adobe Digital Editions Bestie del 900 - II buffo integrale ■ Bestie del 900 - II buffo integrale di unistintualita troppo a lungo repressa e da cui essa stessa, per quanto in segreto, forse si compiace di essere domata. Cosi all'incisivo graffio della scrittura palazzeschiana sembra non reggere la patina che distingue I'uomo dalla bestia che ha in se e, sotto la fragile scorza di una cultura fatta di ipocrisia e finzione, di convenzioni e divieti, di leggi e soprusi, la natura demerge con la forza e l'impenetrabilita del suo mistero. E, fra tutti gli animali, e a quello che, piu vicino aH'uomo, piu sembra per altro distinguersene nelienigmaticita scontrosa della propria imprevedibile ritrosia, che lo scrittore affida il compito di testimoniare appunto di quel mistero: Mi lo digo sempre, ste bestie i nasconde qualcossa de straordinario che no se riesse a dispiegar. Ti no sai mat perche ifa una cossa, o perche i no la vuolfare, perche i viene e quando che i va, quello che i vuol, perche i resta dove che 52 i xe. Nell'indipendente autonomia del gatto, nella sua incoercibile liberta, nella sua insofferenza a ogni ordine o divieto, cosi come nella sua olimpica indifferenza verso i desideri o le esigenze degli uomini, sembra celarsi il segreto stesso che presiede a ogni forma di vita, che ne regola l'imperscrutabilita del senso e che, irriducibile a logica o ragione, e proprio percio tanto piu attraente e seduttivo. Vezzeggiato e, insieme, oscuramente temuto, il gatto che improwisamente s'insedia nel salone del Maggior Consiglio del Palazzo Ducale occupandone un dopo laltro gli scranni, per andare finalmente a morire su quello del Doge, il gatto in cui siora Teresita crede di riconoscere la reincarnazione del Doge stesso condiscendendo ubbidiente alia sua autorevole presenza, il gatto che - solo fra tutte le bestie del libro - sdegna, nella sua aristocratica solitudine, ogni contatto, umano o animate che sia, quel gatto in cui sembrano prender corpo e figura le fantasie, i timori, le immaginazioni degli uomini, diviene l'immagine stessa di quel potere che, nel racconto, gli viene inopinatamente attribuito dalla credulita altrui e che pertanto egli a tutti gli effetti esercita, condizionando la vita e i gesti di chi - come siora Teresita Fiocco vedova Sbrissa - ne subisce l'irresistibile fascino. E se il suo potere e gia certo quello, invisibile, che tanti anni dopo, significativamente nelle pagine de II Doge, sapra muovere da un capo all'altro di Venezia folle indistinte di cittadini proni al suo comando, e se dunque, ancor qui, il riferimento alia realta trapela sotto l'ironica allusivita del testo e lallegoria si scioglie nellurgenza della sua connotazione reale, e pur anche alia forza della fantasia, al potere deH'immaginazione che si fa ugualmente rimando e ci si rivolge, e proprio nel momento in cui quella realta, e con essa la natura - dell'animale e dell'uomo - e impietosamente svelata in tutta la sua cruda, intrinseca "bestialita". E sara del resto proprio i'immaginazione a trionfare, quindici anni dopo, nei racconti deU'ultima raccolta palazzeschiana, all'insegna, ancora una volta, e significativamente, di quella categoria di "buffo" che gia ne aveva caratterizzato i personaggi della raccolta del 1937, e che ora appare qui estendersi a sistema di vita, dimensione privilegiata e alternativa al peso insostenibile e ormai definitivamente scartato della realtä: II buffo integrale, 1 appunto. Nella ben nota Premessa all'edizione mondadoriana del 1957 di Tutte le novelle," Palazzeschi aveva indicato ne II palio dei buffi il titolo che piů esaurientemente esprimeva il senso della sua opera, specificando quindi come per «buffi» si dovessero intendere tutti coloro che per qualche caratteristica, naturale divergenza e di varia natura, si dibattono in un disagio fra la generale comunitá umana; disagio che assume ad un tempo aspetti di accesa comicitá e di cupa tristezza. Cosi, a distanza di quasi trent'anni, lo scrittore intenzionalmente richiama il titolo del '37 in quello della sua ultima raccolta di racconti che, non a caso, considera come «il punto d'arrivo» della sua «novellistica» e, pur dichiarandosi disposto «per ragioni editoriali» anche a cambiarlo, ne sottolinea Timportanza, ribadendo che «quella parola buffo [...] centra perfettamente lo spirito tragicomico che ha alimentato tutto il mio cammino». E "buffi" appaiono, in effetti, e fin dalle opere giovanili, tutti i personaggi palazzeschiani e non tanto, o non solo, per le caratteristiche fisiche o comportamentali che li contraddistinguono, quanto e soprattutto proprio per il loro "disagio" verso la realtá, per il loro divergere da quella norma che lallegria di Palazzeschi - quell'allegria in cui, a detta dello scrittore, si era misteriosamente risolto il suo disperato turbamento giovanile ' - irride e dissacra, grottescamente riproducendone nelle sue pagine l'intrinseca, insensata paradossalitä. Ma, se tutta una galleria di personaggi palazzeschiani deriva il suo "disagio" da una propria effettiva difformitä, fisica o comportamentale, dai comuni mortali - l'incorporea leggerezza di Perelä, la deformitä del «gobbo», la burbera prodigalitä di «Lupo», la sua sprezzante misantropia, le dimensioni minuscole della «piccola Maria» o quelle inaspettatamente gigantesche di suo figlio, l'invertita disposizione di testa e genitali nel corpo pur bellissimo di Stefanino - per tutta un'altra serie di personaggi, tra cui in gran parte, appunto, quelli che popolano le pagine del Buffo integrale, quel "disagio" sembra invece provocare il rifiuto di una realtä elusa nella scontata conven-zionalitä delle sue regole'' e sostituita da una dimensione tutta personale e privata quanto agli altri inaccessibile, dove 1'immaginario domina sul reale, l'astratto sul concreto, la follia sulla ragione e il riso trionfa sovrano nella sua icastica e dissacrante eversione. II divertimento del poeta - o dello scrittore - appare cosi, al tempo stesso, causa ed effetto della sua solitudine, espressione ed esito della sua diversitä, fine e tramite di una scrittura che ribadisce in sé le ragioni del rifiuto che marca con il suo segno. Rifiuto di un modello, di un linguaggio, di un codice e, insieme, oltre e tramite il gesto deH'"incendiario" oltre e tramite il suo dissacrante, sarcastico diniego, riproposizione di un altro codice, 101/331 ■ ♦ Ú Adobe Digital Editions File Modifica Libreria Lettura Finestra Aiuto 4)) 100% m> Q ABC - esteso Sab 23:34 © Adobe Digital Editions -Adobe Digital Editions Bestie del 900 - II buffo integrale ■ Bestie del 900 - II buffo integrale un altro linguaggio, un altro modello. E se la solitudine appare, cosi, conseguenza inevitabile alla radicalitä di una scelta che si afferma nella folle, eversiva icasticitä del proprio riso, questa solitudine diventa necessariamente anche il luogo deputato, la conditio sine qua non per la riproposizione, appunto, di una realtä diversa, alternativa che in essa, infatti, si fonda come negli elementi che la provocano, e in essa e per essa si esprime alTinsegna di una differenza che si ribadisce nella tecnica, ma anche nellalteritä, della ripetizione. Differenza e ripetizione che, del resto, la critica ha giä riconosciuto come categorie portanti e variamente attive nel macrotesto palazzeschiano e che, difatti, in esso ci appaiono come presupposto essenziale e struttura intrinseca alla sua stessa proposizione. Che se la differenza giä geneticamente si inscrive nel codice linguistico di Palazzeschi, essa e anche - e lungo tutto il suo iter narrativo - carattere precipuo dei suoi personaggi o, meglio, dei protagonisti dei suoi romanzi e di molti dei suoi racconti, in cui, secondo la tecnica della ripetizione, si ribadisce e si afferma, riflettendovisi, l'immagine dell'autore, il suo doppio. Esempio, a questo proposito, tra i piü signincativi, Florindo, il "signore solo" di un racconto del '49,6' che popola il silenzio della sua casa di suoni, voci, presenze che prendono corpo dalla sua fantasia, voce dalla sua voce stessa, personaggi immaginari si, ma non per questo men veri sia agli orecchi di chi, incuriosito, Ii ascolta che, e soprattutto, per chi, come Florindo, ne e appunto l'autore, per chi Ii crea replicando in essi quella realtä che, con la sua solitudine, ha negato, rifiutato, respinto e che, cosi, rivive, esperimenta e descrive sub specie imaginationis. II mondo dell'immaginario sostituisce quindi quello del reale, ne prende il posto e - con le modalitä di quelprocesso che, direbbe Freud, presiede analogamente alla genesi della v/5 comica come deWimago onirica e pur anche, si sa, della produzione fantastica e poetica - riempie la mancanza lasciata dalla recusa della realtä, ne supplisce allassenza, ma anche le si pone come alternativa colmando il vuoto della solitudine di un popolo di ombre, un universo di simulacri che, come nei sogni, ripete si quello concreto dei vivi e da esso pur anche si genera, ma sempre distinguendovisi nel segno della propria specifica diversitä, della propria, aristocra-tica, differenza. AlTinsegna, dunque, e sotto l'egida, della differenza nasce, si forma e vive il personaggio palazzeschiano e, per questa differenza, solo, come il suo autore, si confronta con il mondo esterno, estraneo, straniero66 che lo circonda e, in solitudine, a sua volta gli oppone il mondo della propria immaginazione, la propria decantata, immateriale, lieve realtä. Sconvolta, dissacrata dal riso di chi l'ha descritta senza crederle, di chi con disincanto l'ha osservata, di chi l'ha raccontata per opporgliene unaltra incoercibile e piü vera, la realtä cede, sconfitta, il posto alla poesia, alfaltra realtä", quella in cui il piacere regna, come da principio, sovrano, quella in cui nessuna speranza e delusa, nessun sogno dilegua e ogni desiderio e possibile. E la realtä in cui, e di cui, vivono Teresa e Carolina Materassi, Celestino Cuccoli, il principe Füippo di Santo Stefano; e, con loro, la realtä di Niobe, di Minerva, di Checco; sarebbe stata fors'anche quella di Renzo, il piü sensibile, il piü inquieto dei fratelli Cuccoli, se la forza della sua disperazione non gliene avesse impedito ľaccesso. Ma, come si diceva, la solitudine ě il prezzo per accedere a questa realtä altra, per goderne il privilegio, e soli, ma noncuranti delľincomprensione e fin del dileggio altrui, vivono difatti i personaggi della cosiddetta fase realistica di Palazzeschi, del suo supposto consenso a un generalizzato rappel ä Vordre" che ľavrebbe fatto rientrare negli schemi condiscendenti e consueti della letteraria convenzionalitä. Ma ě proprio ľisolamento in cui vivono questi personaggi, la loro solitudine appunto, il loro involontario, spontaneo distacco dagli altri, la loro tenace fedeltä al proprio codice e stile di vita, che ne ribadisce la differenza intrinseca. Una differenza che in essi ě paradossalmente ancor piú esplicita che nei loro omologhi precedenti o futuri, proprio in quanto essi oppongono alľeccezionalitä del Doge, di Perelä, di Stefanino, tutta la loro disarmante, naturale normalita, e ci sembrano dunque tanto piü diversi quanto piü, apparentemente, indistinguibili da quelli che Ii circondano e che, ancora, li guardano trascorrere intangibili, sorridenti e leggeri in mezzo alle miserie e al peso delľumana quotidianitä. Anche nelle pagine della maturita palazzeschiana ľuniverso del possibile, dell'immaginario, del fantastico, quello della poesia e del gioco, si contrappone al grigio rigore della realtä, alľottuso determinismo delle sue regole e, in esso, Íl personaggio di Palazzeschi spicca solo ma - come giä per il protagonista della Piramide, come per Florindo o per Benedetto Vai ^ e per tanti altri simili a essi - di una solitudine in fondo apparente e tale soltanto agli ocehi di chi la guarda dalľesterno senza comprenderne ľinsita, incommensurabile potenzialitä di immagini, awenimenti, figúre, di sensazioni ed esperienze scevre di ogni disincanto, libere da ogni condi-zionamento o convenzione: E eredevi dawero ch'io mi fossi solo e deserto al mondo, e destinato a restar tale? Oh! Ingenuitä, beata ingenuitä! Ľho trovato il tesoro? Eh? Che ne dite? Ce ľho? E a sei sportelli! Che posso aprire e chiudere come mi pare e piace. Che se poi mi piacesse a dodici o diciotto, a trentaquattro, a settecentotré o millequattrocentonovantuno io non avrei ehe a seguitare.(' E, nel trionfo della fantasia, nella rivalsa dell'immaginario, ě poi proprio la realtä a entrare in crisi e a essere messa in dubbio nella sua apparenza, nella labilita delle sue incrollabili certezze, delle sue ferree regole, delle sue leggi. Una realtä ehe appare cosi improwisamente fittizia, insondabile nelle cause che ne reggono il corso come nella sua stessa sostanza, irriducibile, nonostante tutto, agli schemi di una ragione sempre travolta e irrisa dalľirruenza imprevedibile e dominante del caso, dalľinsormontabile perentorietä del dubbio. Cosi ne Ľamico Galletti, il racconto che significativamente apre II buffo integrale, ě appunto ľintervento del caso a mostrare l'inafndabilitä di ogni apparenza, la confutabilitä di ogni certezza sulla natura del mondo e, 131/331 ■ ♦ É Adobe Digital Editions File Modifica Libreria Lettura Finestra Aiuto OS 1 > <3> 4) 100% ü' □ ABC - esteso Sab 23:34 C\ © ;=: • C Adobe Digital Editions - Bestie del 900 - II buffo integrale Adobe Digital Editions - Bestie del 900 - II buffo integrale soprattutto, degli uomini, delia cui indecifrabile, indefinibile personalita «lamico Galletti» diviene appunto il grottesco, ' paradossale, quanto emblematico esempio. Protagonista di una vicenda ehe, giä nelľawio, esplici-tamente rimanda a Ionesco e al suo teatro delľassurdo, ' «l'amico Galletti» appare la dimostrazione non solo delľassoluta casualitä di ogni incontro, di ogni umana relazione - ivi compresa, appunto, quella delľamicizia ehe ne dovrebbe essere il piü alto grado di manifestazione - ma anehe delia sua totale, inesplieabile gratuitä: Esistono, a loro totale insaputa fra gli uomini, dei légami ignoti di cui s'interessano i poeti e non gli scienziati i quali essendo capaci di avvicinare due continenti, e magari di ereare uno scherzo per poterli distruggere insieme in un colpo, non vi saprebbero poi dire come e perché due uomini si awicinano, di quäle natura siano le forze che li fanno avvicinare e li tengono legáti in quel dato momento tanto ehe noi [...] poco o nulla conosciamo di quelľatomo ehe si chiama uomo e per cui rimane nella sua zóna essenziale sconosciuto non solo agli altri ma bensi a sé stesso e, quasi generalmente, per il pochissimo ehe ne sappiamo, in gran parte falsato; e se talvolta gli capiti, per un puro aecidente di scoprire qualcosina in proprio o ehe gli si rivela come da una scucitura del vestito, impaurito di sé si aŕrretta a ricucirlo, ponendo in azione ogni artiŕizio per sembrare un altro, falsandosi sempre piú e meglio, e magari sodisfattissimo del fatto suo. Entusiasta o depressa, allegra o malinconica, la personalita di Antonio Galletti muta a seconda delľinterlocutore, delľamico di turno ehe, a sua volta, cambia il proprio comp or tarne nto, conformandosi a quello del suo volubile compagno. E se, nelľatmosfera farsesca ehe ne deriva, il personaggio sembra poi anche identificarsi con il proprio autore, in quella mutevolezza ďindole ehe direttamente richiama il ben noto, e altrettanto subitaneo, passaggio dello serittore dalla malinconia di «una giovinezza turbata e quasi disperata» al suo improwiso risolversi «come per un miracolo, come per virtú di un incantesimo [... ] in allegria», ' ďaltro canto ciô ehe soprattutto dal racconto risulta ě insieme ľassoluta insondabilitä delľumana natura e ľestrema casualitä di ogni umano rapporto, primo fra tutti, appunto, quello delľamicizia. Un'amicizia ehe, comunque, esiste e lega tra loro gli uomini, senza aleuna ragione e, talvolta, a dispetto di tutto, come awiene per i due protagonisti de La parola é ďargento, uniti per la vita nonostante la diversitä sociale, gli ostacoli familiari e malgrado non abbiano ormai nemmeno piú niente da dirsi, o anche, sebbene in una prospettiva radicalmente diversa, per J 4 cavalieri delia Tazza dbro, i quattro ottantenni ehe ogni sera sfuggono al loro destino di solitudine per ritrovarsi intorno al tavolo di un caffe per poi, «alle otto in punto», h ritornare, ľuno dopo ľaltro, come erano arrivati, alle loro rispettive case, alle loro comuni e pur divise solitudini. Refrattaria a ogni spiegazione razionale come a ogni indagine scientifica, l'indole umana sembra negarsi a qualsiasi possibility di definizione, ribadendo cosi ulteriormente la supremazia della poesia sulla scienza, deH'istinto sulla ragione, dell'immaginario sul reale. Non solo: in questa prospettiva la relazione del soggetto con il proprio altro da se, allorquando non sia condizionata dal piu vieto e fallace conformismo, non puo che apparire in tutta la sua arbitrarieta, sottolineando dunque Tintrinseca incomprensione, l'ineliminabile incomu-nicabilita di ogni individuo, chiuso nel proprio imperscrutabile microcosmo e pertanto estraneo al contesto sociale che lo circonda e lo respinge proprio in quanto diverso, inassimilabile, straniero. Cosi lo sconosciuto che, senza alcuna apparente giustificazione, attraversa ogni giorno il centro cittadino agitando a tutto spiano un campanello di bronzo, ma anche chi sembra non adeguarsi agli usi e costumi altrui e, nellopportunismo imperante, non prende, letteralmente, partito, sempre riaffermando la propria sostanziale, irriducibile diversita, h" o chi, come «il famoso Temistocle Pandolfini», nel dilagante cinismo «non puo sopportare l'idea di coloro che si ammazzano, e alia notizia di un omicidio per il turbamento che ne subisce cade in deliquio, sviene, non regge»,' " o anche semplicemente chi, come il «comandante» di «Dtomio chefreddo! Miodio che caldo», trascura e sbeifeggia ogni moda o costume e imperterrito sfoggia in pieno inverno giacchetta di tela e canottiera estiva, mentre, d'estate, si aggira per Venezia con «in testa un colback di pelo da cosacco, e addosso una pelliccia voluminosa col bavero rialzato»,v' esibendo il proprio inusuale abbigliamento, in aperta, paradossale polemica con il cosiddetto "senso comune": Si metta bene in mente che se il Signore ci manda il caldo e il freddo si e perche ce lo godiamo, perche alia nostra esistenza e necessario sia l'uno che l'altro: gli uomini amano le due cose ma in senso inverso: il caldo quando e freddo, e il freddo quando e caldo. Per invertire questi termini spendono dei patrimoni. Durante il freddo accendono caloriferi dbgni forza e dbgni modello, si coprono il corpo di lana e di pelliccia per poter sentire piu caldo che possono, e non riescono mai a sentirne quanto vorrebbero. Quando e caldo, invece, ghiacciano tutto, appartamenti, cibi, bevande, e posseggono a domicilio fabbriche d'aria gelida e di ghiaccio lino ad illudersi che invece dellestate sia l'inverno.M4 II rilievo della illogica paradossalita dei comportamenti degli uomini, come del loro ottuso conformismo, mentre ripropone, a cinquant'anni di distanza, quel tema della diversita che - gia si e detto - connota fin dai suoi inizi lbpera poetica e narrativa di Palazzeschi, ne spinge lo svolgimento fino alle sue piu estreme resultanti, ribaltandone l'assunto e mostrando, finalmente, il "mondo alia rovescia", * cosi come, una volta tanto, appare agli occhi di chi lo guarda dallaltra parte, dalla parte cioe del diverso, dello straniero, del "buffo", di chi appartiene insomnia a un mondo "altro" da quello in cui vige la norma e la ragione e sovrana, il mondo in cui 16 /331 ■ ♦ Ú Adobe Digital Editions File Modifica Libreria Lettura Finestra Aiuto 4)) 100% m> Q ABC - esteso Sab 23:34 © Adobe Digital Editions -Adobe Digital Editions Bestie del 900 - II buffo integrale ■ Bestie del 900 - II buffo integrate il demone del rovesciamento, nel quale lo spirito di Dioniso si copula con quello d'Apollo, soprintende alia tragica carnevalata, al nonsense della vita, secondo una legge di assoluta imperscrutabilitä.Sh II mondo dell'immaginazione, appunto. In questa prospettiva le dimensioni della «piccola Maria» che da «neonata pesava centocinquanta grammi e misurava quindici centimetri di altezza» " e «alľetä di anni diciotto [... ] pesava un chilo e cinquecento e misurava venticinque centimetri»,s' non appaiono poi niente di eccezionale, soprattutto se, come ci suggerisce l'autore, si pensa che ci sono animali di proporzioni inŕinitamente piu piccole della sua e che posseggono organismi di una stupefacente complicazione e ricchezza. E, parimenti, non ci sarä poi da stupirsi se la ragazza, il cui organismo era «nelle sue eccezionali dimensioni in tutto e per tutto di una esemplare normalitä», ' sia «attirata dagli uomini come nessuna donna di proporzioni normáli e di normále costituzione fosse mai stata»,92 e innamoratasi quindi di un bel giardiniere alto un metro e novanta, fugga con lui, se lo sposi e dia infine alia luce un figlio che, pur pesando alia nascita solo quindici grammi, crescerä pero a dismisura fino a raggiungere e superare il suo pur altissimo padre, ché, del resto, alia luce della dottrina degli «specialisti celeberrimi» chiamati a studiare il caso, risulta nascere spesso il gigante da una donna piccolissima, non rappresentando nel fatto del procreare che un'incu-batrice la donna ed essere il seme quello che conta.93 Analogamente, in questo mondo alia rovescia, non ci sarä ragione di stupirsi che Ninetta, a novant'anni suonati, trascuri ogni civile e ipocrita convenienza e voglia celebrare in pompa magna il suo matrimonio con il coetaneo Nino: «Che cosahai detto? Alia parrocchia sul calare della sera... con due amici e alia chetichella?... Dimmi un poco, ragazzo mio, andiamo forse alia parrocchia per rubare qualcosa?» Non solo: la dove ľimmaginazione regna sulla reale apparenza, non avrä piú tanta importanza ciô che effettivamente si ě o si possiede quanto, viceversa, ciô che si crede, si pensa, si immagina, appunto, di essere o di avere. Cosicché se lesperienza sensoriale ě di norma garanzia, prova definitiva e incontestable delľeffettiva nátura della realtä, nel mondo rovesciato in cui si muovono i personaggi del Buffo integrále, essa puô, parados- salmente, fungere da tramite alľillusione e ulteriormente distrarre dal peso incombente e molesto di una realtä rifiutata. E il caso del signor Cirillo che, nel suo scettico pessimismo verso ľumanitä intera, trascorre gli ultimi anni della sua esistenza nella contemplazione delle monete dbro raccolte durante tutta una vita di stenti e di sacrifici, e quando, per un improwiso e accentuato astigmatismo, comincia a vederci doppio, si rallegra delľevenienza che gli farä sembrare duplicato e, magari con il peggiorare della malattia, anche triplicato il suo tesoro. E cosi pure il caso del protagonista di «No!» allbrecchio che, riemerso alia vita «da uno stato ďincoscienza e parossismo preagonico», si ritrova improwisamente del tutto sordo e, incapace di «rassegnarsi accettando la crudele realtä», se ne crea una propria, a esclusivo suo uso e consumo, e non solo finge di sentirci quanto e piú di prima, ma comincia a intervenire tra il pubblico dei concerti o nelle conferenze esibendo la sua finezza dbrecchio, le sue eccezionali doti d'ascoltatore. Per una realtä rifiutata ce ně sempre un'altra, sia pur immaginaria ma non per questo meno vera, che ne prende il posto. Ciö che muta ě, in fondo, sempre e soltanto il punto di vista: quello di chi guarda la realtä conformandosi alle norme consuete o, viceversa, quello opposto di chi rovescia le consuetudini, trasgredisce alia regola e, cosi facendo, osserva con prospettiva diversa se stesso e il mondo. Ciö che per convenzione ě ritenuto unanimemente brutto poträ allora apparire bello, come accade appunto al signor Nicěforo, il protagonista de Ľuomo piu bello del mondo che, noncurante delľostile sconcerto generale e finalmente dimentico della propria incredibile bruttezza, si innamora a tal punto della propria immagine da circondarsi di specchi e ritratti in cui poterla a suo agio, e con sua estrema soddisfazione, contemplare. E, del resto, il signor Nicěforo ě forse, fra tutti i personaggi palazzeschiani, quello che meglio ne rappresenta il rigetto della realtä e la conseguente, gratificante, autosufficienza. II tema del rifiuto dellaltro da sé, del diverso, dello straniero, cosi ricorrente nellbpera di Palazzeschi, sembra paradossalmente rovesciarsi nella radicale autoreferenzialitä di questo perso-naggio nei cui tratti pare cosi culminare quella riŕlessione che giä si era awiata, tanti anni prima, nelle pagine dell'A solo de La Piramide. Nel suo totale e felice narcisismo, infatti, Nicěforo non solo esclude dal proprio universo ogni altra identita che non sia la propria, ma trova anche in sé stesso, o meglio ancora, nell'immagine che ha di sé e dunque nella propria immaginazione, ľappagamento di ogni suo desiderio. Come nel libro del 1926 Íl protagonista continua s is témat kameňte a rimandare il progetto, sempre tuttavia rinnovato, di visitare una cittä o di acquistare un oggetto d'antiquariato o di conquistare la persona amata, guardandosi perö bene dalľattuarlo, nella convinzione che solo nel protrarsi delľattesa, nella prefigurazione della conquista, nella finzione del possesso, e dunque nel dirferimento dell'appagamento del desiderio consista la sua piü completa, gratificante, soddisfazione, 's cosi ne // buffo integrale il signor Ramiro passa, per tutta la vita, da una fidanzata all'altra senza mai sposarne nessuna e il signor Fiorello si limita a contemplare da lontano tutte le donne di cui s'innamora, rifuggendone la conquista alio stesso modo in cui si limita appena ad assaggiare 191/331 ■ ♦ Ú Adobe Digital Editions File Modifica Libreria Lettura Finestra Aiuto 4)) 100% m> Q ABC - esteso Sab 23:34 © Adobe Digital Editions - Bestie del 900 - II buffo integrale Adobe Digital Editions - Bestie del 900 - II buffo integrate cibo o bevande, rimandando indietro piatti e bicchieri colmi, «senza mai sentirsi sazio» '' e, proprio percio, nel rinnovarsi indefinito del suo desiderio e al riparo da ogni delusione, mantenendo cosi sempře intatta la propria felicitä. Inevitabile sembra allora, ancora una volta, il richiamo alle riflessioni del protagonista de La Piramide: Ecco perché uomini straricchi non comprano mai nulla, non spendono un soldo solo delle loro enormi rendite e sostanze, ed ammassano denaro su denaro, si capisce, per avere la felicitä intera dinanzi, essi possono tutto comprare e non comprano due centesimi di semi, guai a muovere il primo passo nelľerrore, dai piu felici diventerebbero gli ultimi dei miserabili, trovandosi in un sacco vuoto, morirebbero nelľinedia e nel dolore, circondati dai cadaveri del loro desiderio.'"' miei poveri lettori. Forse per Tultima volta io vi richiamo colle mie campane che ánno voci umane che non volete capire.'"' Maria Carla Papini Chiuso e protetto nel proprio microcosmo immaginario, in quella «casina di cristallo» in cui, come nella poesia del 1913, l'«antico solitario nascosto / non nascondera piúniente / alla gente», il personaggio, il "buffo" palazzeschiano puö finalmente esibire, nella pagina del těsto che lo rispecchia, tutta la sua noncuranza, la sua autonoma indipendenza dal mondo di chi lo osserva o ne legge la storia e, nel ripiegamento narcisistico che ne caratterizza cosi ľidentitä, escludere, con ľipotesi delia sua realizzazione, ľoggetto stesso del suo desiderio e dunque la realtá medesima. II soggetto desiderante diviene cosi l'unico possibile destinatario di un dono che, sottratto alia sua funzione sociale di interscambio, mantiene tuttavia la sua valenza gratiňcante nella messa in scena di un rapporto in cui chi compie il dono altri non ě poi da chi é destinato a riceverlo. E dunque, come giä ne 77palio dei buffi il signor Telemaco Bollentini, cui «nessuno aveva regalato mai niente»,'' diventa improwi-samente lbcculto mitteilte e ľesplicito destinatario di ogni genere di regáli, analogamente, ne // buffo integrale, il signor Tobia che, come lui, nutre la stessa sospettosa awersione verso i propri simili e in particolare verso ľ«altro sesso»,104 un bel giorno inizia, «quasiche il suo pensiero fosse di un altro che faceva agire il suo, e la mano di un altro guidasse sopra la carta la sua stessa mano», ^ a scriversi la «lettera d'amore» che mai aveva prima ricevuto. II cerchio cosi si chiude e ľautore appieno riŕlesso nelle fattezze e nei gesti del suo personaggio trova nella sua immagine Yalter ego, ľinterlocutore indispensabile alia costituzione stessa del suo «discorso amoroso», del suo racconto, della sua scrittura, divenendo cosi Íl lettore, il destinatario privilegiato di unbpera la cui autoreferenzialitä lo garantisce dall'incomprensione di chi, fuori dal suo mondo immaginario, non vuole e non puö capirne le parole, condividerne o comprenderne il messaggio: Dal mio campanile eccomi un'altra volta a chiamarvi a raccolta 21 /331 Ú Adobe Digital Editions File Modifica Libreria Lettura Finestra Aiuto 4)) 100% WSf Q ABC - esteso Sab 23:35 Q, Q Adobe Digital Editions - Bestie del 900 - II buffo integrale Adobe Digital Editions - Bestie del 900 - II buffo integrale Cronologia a eura di Adele Dei 1885-1904 Aido Giurlani nasce a Firenze il 2 febbraio 1885 all'una di notte in piazza Pitti 22, da Alberto Giurlani, proprietario di un elegante negozio di guanti e cravatte in via Calzaioli, e Amália Martinelli, di famiglia umbra. Dal cognome della norma materna, Anna Palazzeschi, deriverä poi il suo pseudonimo. I Giurlani cambiano molte volte casa, fino a stabilirsi in via Calimala, prossima al negozio; d'estate trascorrono le vacanze nei dintorni di Firenze (a Settignano si costruiscono una villa), sullAppennino pistoiese o a Livorno, dove a sette anni Aldo scopre il mare. Dopo le elementari alia scuola Luigi Alamanni, Aldo si iscrive alľlstituto tecnico Leon Battista Alberti e, nel 1902, si diploma ragioniere. Ma la sua vera passione, ereditata dal padre, ě il teatro, tanto che a quattordici anni ottiene le chiavi di casa per poterci andare quasi tutte le sere. Contro i programmi dei genitori, che avrebbero voluto fargli proseguire gli studi economici e commerciali, decide di frequentare la Reale Scuola di Recitazione Tommaso Salvini, diretta da Luigi Rasi, al 58 di via Laura. Fra gli allievi della Scuola conosce Gabriellino dAnnunzio e soprattutto, nel novembre del 1902, Marino Moretti, che resterá suo grande amico per tutta la vita e con cui compie le prime letture letterarie (Maeterlinck, Pascoli, dAnnunzio, Nietzsche), abbonandosi alia biblioteca del Gabinetto Vieusseux. Come saggio di fine anno della Scuola di via Laura, appena due mesi dopo la sua iscrizione, viene dato // Ventaglio di Goldoni: Palazzeschi ě il barone del Cedro, Moretti interpreta invece Scavezzo, garzone d'osteria. dopo pochi mesi di tournée a Bologna e a Ferrara. Dopo aver rinunciato definitivamente alia carriera teatrale, si dedica alia stesura del secondo volume poetico, Lanterna, che esce nel febbraio 1907, sempre a spese delľautore presso lo Stabilimento Tipografico Aldino, in due edizioni, di poco successive. Nella seconda appare un misterioso nome di editore, Césare Blanc, che in realtä ě quello del suo gatto. Corazzini non fa in tempo a scrivere la recensione promessa perché muore il 17 giugno 1907. Nel gennaio 1908 esce presso lo Stabilimento Fipografico Aldino, ma con ľindicazione «Edizioni Cesare Blanc», il romanzo :riflessi, che, come dim poi Palazzeschi, «rappresenta fedelmente una giovinezza turbata e quasi disperata». Lavora a un secondo romanzo, II Codice di Perelä. 1909-1912 Nelľaprile 1909 escono i Poemi di Aldo Palazzeschi a cura di Cesare Blanc (sempre stampati dallo Stabilimento Tipografico Aldino), con una fantasiosa copertina disegnata dalľautore. Palazzeschi ottiene i primi veri ricono-scimenti e il primo lancio, soprattutto a opera di Marinetti, che lo arruola subito nella rumorosa schiera dei futuristi investendolo del proprio attivismo promozionale. In novembre Palazzeschi consegna personalmente a Marinetti a Milano un nuovo libro di poesie con il titolo prowisorio Sole tnio. II12 gennaio 1910 partecipa alia memorabile serata futurista al Politeama Rossetti di Trieste. Nello stesso mese ě ancora a Milano, dove incontra Boccioni, Carrä e Russolo. Palazzeschi, sia pur riluttante, partecipa ad altre turbolente manifestazioni futuristé (1'8 marzo a Torino, il 20 aprile a Napoli). In primavera le Edizioni Futuristé di «Poesia» pubblicano L'lncendiario, preceduto da un ingombrante Rapporto sulla vittoria futurista di Trieste e dedicate «A FT. Marinetti anima della nostra fiamma». Nel marzo 1911 ě di nuovo a Milano per licenziare il "romanzo futurista" II Codice di Perelä. Palazzeschi esordisce anche come novelliere sulla «Riviera Ligure» e su altre riviste. Una cospicua scelta di poesie dei Poemi e deWTncendiario é compresa nelľantologia I Poeti futuristi del 1912. Nelľautunno dello stesso anno conosce Soffici e Papini. 1905-1908 Nel novembre 1905 esce presso il tipografo Spinelli la raccolta di poesie / cavalli bianchi in cento copie, pubblicata a spese delľautore in grande segretezza, e subito recensita da Moretti e da Sergio Corazzini, con il quale si inaugura un sentito rapporto epistolare. Continua intanto lesperienza della Scuola di Recitazione; Aldo viene scritturato a metá di gennaio del 1906 dalla compagnia di Virgilio Talli, che pero abbandona ai primi di aprile 1913-1915 Sempre presso le Edizioni Futuristé di «Poesia» esce nel 1913 il secondo Incendiario, raccolta antologica della produzione poetica precedente. Fitta la collaborazione di Palazzeschi a «Lacerba» di Papini e Soŕfici, fin dal primo numero (1° gennaio 1913), con poesie e prose. E lui a fare da tramite fra i lacerbiani fiorentini e il gruppo futurista milanese. Su «Lacerba» esce il 15 gennaio 1914 il manifesto palazzeschiano II controdolore. A metá 23 /331 ■ 4 Ú Adobe Digital Editions File Modifica Librerla Lettura Finestra Aiuto 4)) 100% Hl' QABC-esteso Sab 23:35 Q. Q Adobe Digital Editions -Adobe Digital Editions Bestie del 900 - II buffo integrale ■ Bestie del 900 - II buffo integrale marzo va a Parigi, per raggiungere Papini, Soffici, Boccioni e Carrä; conosce Apollinaire, Max Jacob, Ungaretti. Alia fine di aprile Palazzeschi sancisce ufficialmente dalle pagine della «Voce» il suo distacco da Marinetti e dal futurisme Continua intanto a pubblicare sulla «Riviera Ligure», sulla «Voce» e su «Lacerba», dove il 1° dicembre 1914 dichiara con il pezzo Neutrale il proprio dissenso dalla posizione violentemente interventista degli amici fiorentini. La collaborazione a «Lacerba» continua comunque assidua fino alľultimo fascicolo (22 maggio 1915), concomitante con ľentrata in guerra delľltalia. E di questo periodo ľultimo trasloco della famiglia Giurlani, che va ad abitare in piazza Beccaria 3. 1916-1931 Palazzeschi, benche riformato died anni prima, viene richiamato alle armi il 16 luglio 1916 e il 24 agosto e definitivamente arruolato nel 3° reggimento genio sezione telegrafisti; e in un primo tempo a Firenze, assegnato al nuovo ufficio di compagnia. A novembre viene aggregate al reparto Giacomo Medici come scritturale al commissariato per gli approwigionamenti e consumi a Roma. A novembre-dicembre e soldato a Tivoli, dove resta di stanza fino al congedo, nel marzo 1919. A Firenze va ad abitare da solo in un appartamento in Costa San Giorgio. Nel 1920 esce da Vallecchi Due imperi.... mancati, deciso e coraggioso atto d'accusa contro la guerra. Vallecchi ristampa anche // Codice di Perelä e progetta l'edizione di tutte le opere palazzeschiane. Nel 1921 e pubblicata la raccolta di novelle // Re hello; nel 1922 escono da Treves Le piü belle pagine di Giuseppe Giustiscelte da Aldo Palazzeschi, nel 1925, da Vallecchi, le Poesie (1904-1909), che ripropongono, con molti tagli e varianti, la produzione poetica palazzeschiana. Risale probabilmente a questi anni I'Interrogatorio della Contessa Maria, romanzo rimasto a lungo inedito e pubblicato postumo nel 1988. Insieme con Moretti e Gino Brosio, uno degli amici piü cari e assidui, Palazzeschi trascorre la primavera del 1925 a Parigi, dove conosce Filippo De Pisis. I soggiorni parigini si ripeteranno con regolarita fino alia guerra. Nel 1926 Vallecchi stampa La Piramide. Scherzo di cattivo genere e fuor di luogo. Collabora a vari quotidiani e riviste (soprattutto al «Corriere della Sera» e «Pegaso» dell'amico Ugo Ojetti). Nel 1930 a Milano Preda pubblica una nuova edizione delle Poesie, che riorganizza ancora radicalmente il corpus poetico palazzeschiano. Nel 1931 nella "Biblioteca Romantica" di Mondadori esce la traduzione di Tartarino di Tarascona di Daudet. 1932-1946 Treves, su proposta di Ugo Ojetti, pubblica nel 1932 le Stampe dell'800. Fra ľestate e ľautunno dello stesso anno Palazzeschi comincia un nuovo romanzo, Sorelle Materassi, che viene prima antieipato a puntate sulla «Nuova Antologia» dell'amico Antonio Baldini ed esce quindi in volume nel 1934 da Vallecchi, ottenendo un grande successo. Prose e raeconti continuano ad apparire su giornali e riviste, fra cui «Pan» di Ojetti. Palazzeschi ě compreso in una terna di letterati proposti per ľAccademia d'Italia, ma la nomina, caldeggiata da Marinetti, sfuma per lbpposizione di Mussolini. Nel 1935 cura, per ľeditore milanese Corbaccio, ľedizione del Gatto di Giovanni Raiberti, nel 1937 pubblica presso Vallecchi la raccolta di novelle II palio dei buffi. Nell'agosto 1938 muore la madre Amália e i primi di ottobre 1940 il padre. Aldo si dá subito da fare per vendere la casa di piazza Beccaria e trovarne una a Roma, dove si trasferisce nel febbraio 1941, in un appartamento al quinto piano di via dei Redentoristi 9, che non lascerä per tutta la vita, cosi come durerá fino alla fine ľaiuto domestico della fedele Plebe Bellocchio, detta Margherita. Sulla terrazza Palazzeschi coltiva fiori, ortaggi e alberi da frutto. Frequenta non solo i letterati (Baldini, Cecchi, Falqui, la Manzini, Penna, De Libero, Maria e Goffredo Bellonci), ma anche gli artisti della scuola romana. Vallecchi stampa nel 1942 una nuova edizione delle Poesie; nel 1943 i Romanzi straordinari 1907-1914, dove sono riproposti, con diverse varianti, i tre romanzi giovanili. Dalle Sorelle Materassi viene tratto un film, diretto da Ferdinando Maria Poggioli, con Emma e Irma Gramatica. Nel 1944 escono su «Cittä», dopo quasi trenťanni di interruzione, quattro nuove poesie (altre su «Mercurio» nel 1946). Oltre a una plaquette a terna parigino (Nelľaria di Parigi), Palazzeschi pubblica nel 1945 Tre imperi.... mancati, pagine polemiche sul fascismo e sulla guerra. 1947-1955 Enrico Falqui stampa nella collana "Opera Prima" di Garzanti i Difetti 1905, che raccolgono le vecchie poesie rifiutate. Nel 1948, dopo una lunga e tormentata gestazione esce il romanzo I fratelli Cuccoli (Vallecchi), che ottiene il premio Viareggio, ex aequo con Menzogna e sortilegio di Elsa Morante. Palazzeschi firma ľintroduzione al volume di Francesco Donini, Vita epoesia di Sergio Corazzini (De Silva, Torino 1948), in cui rievoca l'antico rapporto epistolare, Nello stesso anno presiede la giuria del Festival del cinema di Venezia, della quale fara parte spesso negli anni Cinquanta; dallbttobre 1950 al luglio 1951 tiene anche una rubrica di critica cinematografica sul settimanale «Epoca». Pubblica la raccolta di novelle Bestie del 900 (Vallecchi, Firenze 1951). Compra a Venezia un piccolo appartamento a Fondamenta del Rimedio: da allora trascorrerá ďabitudine ľestate a Venezia e ľinverno a Roma. Dal 1952 ricominciano anche i quasi annuali soggiorni parigini, che erano stati interrotti a 25 /331 ■ 4 Ú Adobe Digital Editions File Modifica Libreria Lettura Finestra Aiuto 4)) 100% WSf Q ABC - esteso Sab 23:35 Q, Q Adobe Digital Editions -Adobe Digital Editions Bestie del 900 - II buffo integrale ■ Bestie del 900 - II buffo integrale causa della guerra. Nel 1953 esce presso Vallecchi il romanzo Roma, che riceve il premio Marzotto; nel 1955, presso Scheiwiller, la plaquette Viaggio sentimentale, che inaugura la seconda stagione poetica palazzeschiana. Collabora al «Corriere della Sera» e a «La Fiera Letteraria». Nel 1955 scrive insieme con Alberto Perrini ľadattamento teatrale di Roma. 1956-1964 Escono presso Ricciardi nel 1956 gli Scherzi digioventü, una selezione delle vecchie prose lacerbiane. Nellbttobre dello stesso anno Palazzeschi trasloca nella nuova abitazione veneziana che ha comprato in calle del Forno 4263, rione di Cannaregio, abbandonando la piú piccola e scomoda casa a Fondamenta del Rimedio. A Venezia passa quasi due anni, fino alľinverno 1959. Decide intanto il distacco da Vallecchi e il passaggio a Mondadori, con cui firma Íl contratto nel marzo 1957. II nuovo editore comincia subito la pubblicazione di Tutte le opere di Aldo Palazzeschi con Íl volume Tutte le novelle. Nel giugno 1957 ottiene il premio internazionale Antonio Feltrinelli delľAccademia dei Lincei. Nel 1958 escono le Opere giovanUi, che ripropongono le vecchie poesie, i primi tre romanzi e una scelta di prose lacerbiane; nel 1960 / romanzi della maturita (Sorelle Materassi, Ifratelli Cuccoli e Roma). Palazzeschi, giä appassionato collezionista di preziose porcellane e di monete, awia in questi anni anche una raccolta di francobolli, che in breve tempo arricchisce di pezzi rari e pregiati. II 22 novembre 1962 ľUniversitá di Padova gli conferisce la laurea honoris causa in Lettere. Alia fine di dicembre ľultima prova del dinamismo immobiliare delľanziano Palazzeschi, che compra un appartamento in via Calzaioli a Firenze. Nel 1964 esce //piacere della memoria (Mondadori), che raccoglie le prose autobiografiche. Va a Parigi per ľultima volta, a cinquanťanni dal primo soggiorno. nel 1968 Cuor mio, nel 1971 ě pubblicata negli Oscar l'antologia Poesie, a eura di Sergio Antonielli; nel 1972 ancora un'ampia raccolta, Via delle cento stelle. Vari dolori e disawenture si susseguono perö nella vita privata: nellagosto 1968 muore 1'amico Gino Brosio; la notte del 26 agosto 1970, mentre Palazzeschi ě a Venezia come ogni estate, la sua casa romana viene svaligiata: rubata la preziosa collezione di francobolli, devastata quella di porcellane. Anche la salute peggiora e i vari acciacchi limitano molto la sua vita. Nel 1972 supervisiona l'adattamento delle Sorelle Materassi per la televisione. Nel 1974 le riviste «Galleria» e «II Verri» dedicano fascicoli monografici ai suoi prossimi novant'anni. E annunciata la futura pubblicazione delle nove Sinfonie poetiche. Per gravi complieazioni seguite a un ascesso dentario muore a Roma il 17 agosto e viene sepolto, secondo la sua volontä, nel eimitero di Settignano. Nel testamento lascia erede la facoltä di Lettere dell'Universita di Firenze. 1965-1974 II 2 febbraio 1965 lo scrittore compie ottant'anni, ma la sua vecchiaia si dimostra straordinariamente attiva, stimolata anche dalla considerazione e dalľapprezzamento che gli dimostrano i giovani scrittori della neoavan-guardia. Nel 1966 escono gli Schizzi italofrancesi (Alľlnsegna del Pesce d'Oro, Miláno), e la raccolta di novelle II buffo integrale (Mondadori), che ottiene il premio d'Annunzio. Nel 1967 le Nuovedizioni Enrico Vallecchi pubblicano Ieri oggi e.... non domani, ehe raccoglie aleune prose giá edite su giornali o riviste. Ben tre i nuovi romanzi ehe si succedono a breve distanza: nel 1967 11 Doge, nel 1969 Stefanino, nel 1971 Storia di unamicizia. 5