manzoni una lettura acuta e appassionante, concentrata soprattutto sulle riprese gad-diane (via Longhi), cfr. C. Bologna, «II sole non aveva ancora la minima ín-tenzione di apparire all'orizzonte...». Caravaggfo, Manzoni, Gadda, Longhi, in "Lettere italiane", LXVj 1013,1, pp. 193-137. La dimensione intermediale, con le relative implicazioní teoriche, ě suta indagata da L. Toschi, Prodromi delia multimedialitä: "J Promessi Sposi" illustrativ in "La Rassegna delia Letceratura italiana", XCIX, 1995, 1-2, pp. 131-40. Un cosmorama a meto campo, compreso il teatro di figura, la pubblicitä e altre forme delľindustria culturale, e al centra di A. Grasso, L. Tettamanzi (a eura di), Le mille e una volta dei "Promessi Sposi", Nuova eri, Torino 1990. La recentissima convergenza sulle immagini (okre al saggio di Nigro di cui si é detto, ľinnovativo Brogi (2018), ehe contestualizza il «realismo cri-stiano» manzoniano in quello ehe deŕlnisce come un ecosistema di cultura visiva; e la suggestiva proposta di M. Maggi, Modernita visuale nei "Promessi Sposi". Romanzo e fantasmagoria da Manzoni a Bellocchio, Bruno Mondadori, MUano 1019) viene affrontata, con lucido sguardo ďinsieme e intuizioni origináli, da A. Cortellessa, IPromessi Sposi: un libroparallelo, in "Doppiozero", 6 gennaio 1019, https://www.doppiozero.com/materiali/i-promessi-sposi'un-libro-parallelo (ultimo accesso maggio zoio). 264 [anzoi Manzoni moderno, Manzoni modello di Mauro Novelli 13.1 H vortice e gli abissi Una vecehia questione, quella delia modernita di Alessandro Manzoni, declinata in mille modi: come del resto ě inevitabile quando si ě alle prese con un termine «straziato» e «stiracchiato a dir cose essenzial-mente diverse» {Scritti linguistics editi, p. 314), almeno quanto "po-polo". E allora opportuno sgombrare subito il terreno da un equivoco, muovendo dal «timore di non sentirsi abbastanza Moderni» (Arba-sino, 1973, p. 161), cosi peculiare delia cultura letteraria - e non solo letteraria - lombarda. Un timore ebe Manzoni non provô mai. Se ľe-sperienza delia modernita corrisponde alia sensazione del vortice, clie infuriaper le vie delia cittä sconvolgendo ogni tradizione consolidata, ogni certezza acquisita, ogni ricovero del sacro, come ŕia argomentato magistralmente Marshall Berman (2012) ispirandosi al Baudelaire di Walter Benjamin, ebbene a tutto ciô ľautore dei Promessi sposi resta estraneo. E pur vero ehe in un passaggio decisivo del romanzo la realta urbana risucchia irresistibilmente il protagonista, e puntuale echeggia il moťclé: «11 vortice attrasse lo spettatore» (ps40 2013, p. 359). Ma sarebbe arduo scambiare Renzo per unflaneur, e cogliere una stilla sol-tanto di fascinata attrazione nel racconto del suo choc al contatto con la folia tumultuosa. Niente di strano, naturalmente. Chi dovesse sorprendersi sarebbe vittima di uno dei tanti errori di prospettiva cui conduce la sterminata parabola esistenziale di un uomo nato príma della Rivoluzione francese, mor to dopo la breccia di Porta Pia. Ma in fin dei conti, quando Manzoni mise mano ai Promessi sposi Baudelaire veniva al mondo, e quando questi fece stampare il suo saggio sullaModernita, nel 18 63, il nostro ave- 165 manzoni 13. manzoni moderno, manzoni modello va abbandonato da decenni poesia e narrativa. La dialettica alla quäle si attenne resto sempře quella espressa neHa lettera Sul Romanticismo (p. 139), lä dove prorompe: «La questione era, se certe idee fossero vere 0 false; cosa c'entrava che fossero nove o vecchie?». Vero e falso, cioě, in ultima istanza, bene e male: Manzoni «send che la letteratura ě strettamente congiunta alla vita e la vita alla veritä religiosa, e che non si puö dare una risposta al segreto delľarte se prima non sia intui-ta la risposta al senso delia vita» (Paolo vi, 1974, p. 501). Beninteso, non ne deriva un sereno acquietarsi, malo stimolo a indagare ľ«abis-so umano» sul quale Pascal posö uno sguardo «turbato e confuso» {Morale cattolica, p. 303). Ii gouffre che si agita in Manzoni precipita negli abissi del peccato, evocati in Ognissanti, da Marco nel Carma-gnola, o nelle pagine corrusche sulla Signora di Monza. Ě il problema del malum mundi ad animare una «scrittura dell'inquietudine» (Fra-re, 2006) che non smette mai di interrogare i suoi lettori. A monte vibrano le nevrosi di un uomo enigmatico, per decenni rui-cro delľambiente culturale milanese, dalľetä che fu di Vincenzo Monti a quella di Giuseppe Verdi. Un uomo che non lasciö né autobiografie né zibaldoni, capace di scrivere centinaia e centinaia di lettere svelan-do pochissimo di sé. Fra i maggiori della letteratura italiana, Manzoni h senz'altro il piú riservato e ostile ai fumi della retorica. Ě facÜe sospettare che sia stato anche quest'aspetto ad attirare la curiositä di tanti scrittori, da Alberto Savinio.a Pietro Citati, da Natália Ginzburg a Mario Pomilio e Salvátore Sil vano Nigro. La sua lezione di estrema discretezza si rifiette nella ritrosia manifestata dinanzi alle tipiche forme della sociabilita proprie delľintellettuale moderno. Manzoni non era solito frequentare né salotti, né teátri, né caffe. Non scrisse mai per i giornali e nulla ebbe a che fare con le cattedre scolastiche e univer-sitarie. E un atteggiamento originale, che non perpetua il passatismo aristocratico ancien regime e non anticipa certe sprezzature decadenti fin de siede. Sarebbe peraltro errato inferirne un disinteresse rispetto alle grandi questioni politiche e sociali del tempo. La letteratura ě anzi intesa come veicolo di una battaglia ideologica ehe riguarda i nodi eru-ciali delľesistenza. Manzoni nega con risolutezza ehe lo serittore debba innanzitutto badare a intrattenerc piacevolmente: Se le lettere dovessero aver per fine di divertire quella classe ďuomini ehe non fa quasi altro ehe divertirsi, sarebbero la piíi frivola, la piú servile, ľultima del-le professioni. E vi confesso ehe troverei qualche cosa di piú ragionevole, di 166 piu umano, e di piú degno nelle oceupazioni di un montambanco ehe in una fiera trattiene con sue storie una folia di contadini: costui almeno puô aver fatti passare qualche momenti gaj a quelli ehe vivono di stenti e di malinco-nie; ed ě qualche cosa (fl zoo6, p. 12.7) Ě una preša di posizione illuminante, perché mette al centro la questione del pubblico, in termini funzionali. Non si tratta soltanto di riŕlet-tere insieme ai romantici milanesi sulla aecessitä di ampliare la platea dei lettori, guardando al "popolo" ehe sta in mezzo, fra contadini analfabeti e patrizi perditempo, owero fra ottentotti e parigini. Manzoni impugna un «genere proseritto neíla letteratura italiana moderna, la quale ha la gloria di non averne o pochissimi» (ivi, p. 586), per affi-dargli compiti ehe oltrepassano di gran lunga lo svago effimero. Che il clima fosse ostile, verso esperimenti di questa sorta, lo dimostrano le reazioni sconcertate di amici ed estimatori. Noti sono per esempio i rilievi di Niccolô Tommaseo, convinto che il conte milanese si fosse abbassato a scrivere un romanzo che «di qui a quarant anni non si po-träpiú leggere» (Tommaseo, 1967, p. 33). In realta ľenergia del patto narrativo compiutarnente borghese pro-posto nei Promessi sposi ai fatidici venticinque lettori, imperniato sulla «gran norma delľinteresse» (Rosa, 2008, p. 24), inaugura una nuova stagione della narrativa italiana, con un tasso altissimo di luciditä. Uno degli aspetti piú moderni della prosa manzoniana consiste infatti nella precoce «coscienza dei diversi livelli di fruibilitä del letterario», inda-gata da Daniela Brogi (2005, p. 208). Lbbiettivo di «arrivare al pubblico fino attraverso il grosso» (ivi, p. 220), per riprendere una frase di^G^dacl^jnvano tenterä di seguirlo lungo questa strada, costitui-sce una stratégia vincente, perseguita a costo di apparir «minchione» (Giordani, 1855, p. 15) agli ocehi degli sproweduti. 13.2 Ľeterna prova La storia di Renzo e Lucia da un lato spalanca le chiuse, consenten-do alla narrativa nazionale di irrompere nel gran fiume della moderna letteratura europea, come prontamente riconosciuto da maestri del calibro di Goethe, Puškin, Chateaubriand (se ne vedano i pareri in Vigorelli, 1975-76, vol. i); dalľaltro assurge in breve a insostituibile, 267 manzoni monumentale «pietra di paragone» (Dossi, 2010, p. 2.36), sulla quale si misurarono le aspirazioni degli scrittori italiani che nell'Ottocento vollero provarsi nel medesimo campo: da Tommaso Grossi e Massimo d'Azeglio sino ad Antonio Fogazzaro, passando per Giuseppe Rovani e Ippolito Nievo (cfr. Fido, 1984). Dagli anni Dieci il mite Manzoni mise in discussione e riformulö con un'audacia al limite delia sfrontatezza i principáli generi del si-stema letterario in cui si trovö a operare. II romanzo, certo, ma an-che la poesia, dove gettó a mare come inutile zavorra il bagaglio della mitologia classica, tenendosi nel contempo ben lontano dalla lirica soggettiva, per concentrarsi su verita di fede di portata ecumenica; e naturalmente il teatrq, attraverso la decisione di volgersi alia tragédia, abbandonando perö le regole aristoteliche, ritenute causa di inverosi-miglianza e forzature intollerabili. La portata modernizzante di simili interventi c fuori discussione, sempre ehe si abbia ľaccortezza di si-tuarii nelľepoca in cui vennero pensati. Altrimenti hanno buon gioco i provocatori, come il duo Prezzolini-Papini (1906, p. 73), per i quali «Nessuno spirito e stato cosi poco novatore come quello del Manzoni» . Una boutade, che tuttavia giova a introdurre un aspetto sul quale si giudica ogni autore che ambisca alia statura di classico, owero ľatti-tudine a soprawivere a mutamenti radicali delia societa, ad attecchire in culture lontane nello spazio e nel tempo. Cosi ľombra confortante di Virgilio poté tornare a stagliarsi altissima sull'Europa sconvolta dai massacri della Seconda guerra mondiale, dinanzi agli occhi di Thomas Stearns Eliot (1992). Ora, sostenere ehe ľattualitä dei Promessi sposi « ě ľattualita delľa-ria, delľacqua pulita: cose che si cercano per reale bisogno» (Cero-netti, 1973, p. 3), o viceversa sostenerne 1'inattualita in ragione dei tempi grami in cui ci troviamo immersi (come fece Luigi Santucci, in Toscani, 1977), non significa risolvere la questione, ma eluderla. Quale funzione ha avuto Manzoni nella cultura del Novecento, fuori dalľambito specialistko della critica? Le sue opere - sfruttando una celebre formulazione di Italo Calvino - hanno Finito di dire quel che hanno da dirci ? No, con ogni evidenza. Ma il punto é che ce lo dicono comunque, per un semplice motivo: Manzoni resta saldamente assiso sul gradino piu alto della valorizzazione scolastica. Il suo ruolo prima-rio nei programmi, dove entrö gia quanďera in vita, non ě mai venuto meno, a dispetto delk periodiche controversie in merito. Queste ulti-me rappresentano un esercizio ricorrente, anzi un'autentica ossessione 13. manzoni moderno, manzoni modello italiana, spkgabik col rilievo conferito alk sue scelte non solo lette-rarie, ma anche linguistkhe e diciamo pure etiche. Come ha scritto Gino Tellini (1007, p. 320) «In nessun altro autore, come in Manzoni, k ragioni ideologiche hanno cosi risolutamente interferito con il giudizio di valore e con ľesercizio interpretative», per via della sua «poetica eteronoma», che intende la «pratica della scrittura come rruisione civik». Dare o non dare il «riposo» a pagine verso k quali «la classe sola de' ktterati, e non tutta», nutre «un'affezione venuta da abitudini scolastiche, e uhaltra parte del pubblico, non ktterata né ilktterata, una reverenza, non sentita, ma cecamente ricevuta» (Sul Romantkismo, p. 44), se non addirittura una malcelata ostilitä? La proposta della kttera al marchese Cesare d'Azeglio da tempo riguarda il suo autore. Sono centinaia gli studi, i convegni, k interviste a esper-ti di ogni ordine, grado e disciplína chiamati a saggiare, collaudare, rimettere eternamente alia prova il valore del pensiero e delľopera di Manzoni. Tanto che ai tre capienti volumi che raccolgono opinioni «pro e contro», alkstiti da Giancarlo Vigorelli (1975-76), bisogne-rebbe ormai aggiungerne un quarto, e forse un quinto. Al centro della discussione sta naturalmente il romanzo, feticcio del «manzonismo di Stato», che lo ha ridotto a «breviario dedificazio-ne religiosa e galateo di buone maniere linguistkhe» (Tellini, 2007, p. 320), mentre gli altri generi praticati dallo scrittore milanese fuori dalle auk andavano riducendosi a rami disseccati, da cui pure ě stato possibik spremere linfa, come hanno dimostrato nel caso della poesia - Mario Luzi, Franco Fortini, Andrea Zanzotto. Quanto al teatro, ě pa-■radigmatico come Giovanni Tes tori, manzoniano e secentiscafervente, nelk sue pieces abbia guardato non alk tragedie ma ai Promessi sposi, ■smontandoli e rimontandoli con febbrik passione. Tutto ciô non é valso a scongiurare gli effetti usuranti della routine scolastica, gia lamentati quasi un secolo fa da Gadda, avvilito nel con-statare come Manzoni passasse per un «povero di spirito», relegato «nelk antologie del ginnasio inferiore, per uso dei giovinetti un po' tardi e dei loro pigri sbadigli» (Gadda, 1991a, p. 687). Per recupera-re intatto il fascino del romanzo bisognerebbe sottrarlo dalle mani dei professori, o addirittura proibirlo per kgge, sostiene un vecchio ritornello sempre di moda. Ma come e quando si concretizzerebbe alloraľ«#cfraMiindisciplinato e volontario, fortuito e deliberato» di cui scrive Edoardo Sanguineti (2000, p. 139) nel suo sornione Esame di coscienza di un lettore di ManzonP. Dove osserva come a mediare 268 269 manzoni l'incontro con la «cantafavola» lecchese in passato prowedesse un radicato «culto domestico», fonte ora di adeguamenti al superego parentale, ora di «profanatoria insofferenza» (ivi, p. 140). Vale la pena di corroborare l'assunto con qualche testimonianza di rilievo: «Mio padre leggeva, non male, le sestine di Carlo Porta, prima che mia madre mi leggesse il primo Dante o mi porgesse da leggere il Manzoni» (Gadda, 1993, p. 148); «questa storia ve l'ho raccontata perché mio papá mi aveva regalato il libro prima, e cosi me lo ero let-to con lo stesso piacere con cui leggevo i miei romanzi d'awenture» (Eco, ioio, p. 5). Pressoché dissolti nell ultimo mezzo secolo questi approcci, rimane la scuola a gestire l'incontro degli italiani con Manzoni, innescando un processo in due fasi: prima la sopportazione přu o meno pazien-te sui banchi, poi leventuale riscoperta in etá adulta. Nel frattempo ě entrata in gioco una variabile che presto o tardi meriterá una rifles-sione specifica, owero 1'impetuosa laicizzazione della societa italiana. Siamo di fronte a un romanzo che «implica un giudizio, e un giudi-zio teologico, sulfa storia» (Contini, 2,011, p. 627); un romanzo dal quale Giovita Scalvini (2000, p. 251) ricavó un'impressione capace di suggestionare Benedetto Croce: «t'accorgi spesso di non essere sotto la gran volta del firmamento che copre tutte le multiformi esistenze, ma bensi d'essere sotto quella del tempio che copre i fedeli e i'altare ». Al quale altare si accosta oggi regolarmente un quarto degli italiani, mentre la fede cristiana ě un patrimonio sempre meno scontato nella platea degli studenti. Modello sommo della narrativa nazionale per-maneun libro «per tutti», che «indicalaveraviadelprogresso in una conciliazionetracattolicesimo e mondo moderno» (Spinazzola, 1984, p. 9), escludendo tuttavia «pregiudizialmence che da una concezione immanentistica dell'esistenza possano generarsi orientamenti pratici, cioě ancora politici, volti a un fine di umanizzazione dell'uomo» (ivi, p. 13). I promessi sposi ě «il nostra libro politico piů letto» e al tempo stesso il «libro antipolitico per eccellenza, che parte dalla convinzio-ne che la politica non puó cambiare nulla », né con le leggi né con la rivolta dei ceti subalterni (Calvino, 1995, P- 336)- Unico correttivo efficace nil'homo homini lupus, e motore di una palingenesi della cos a pubblica, si direbbe la fiducia in una sorte ultraterrena. E un tratto che spiega almeno in parte come Manzoni certo sia stato un intellettuale di respiro europeo, «ma l'Europa non accettó mai, sinceramente, di far-si manzoniana» (Sanguined, 2000, p. 142; in disaccordo Frare, 2012, 270 13. manzoni moderno, manzoni modello pp. 218-9), cioě di riconoscersi appieno nei valori veicolati dai Promessi sposi, sui quali giä alia fine del xix secolo, fuori dai confini del Regno d'ltalia, inizió ad accumularsi lapolvere. 13.3 Il capolavoro del Novecento Nondimeno, in anni recenti uno scrittore rigorosamente laico e ge-nialmente arguto come Andrea Camilleri ha potuto definire in varie interviste I promessi sposi il capolavoro del nostro Novecento, laddove II Gattopardo non sarebbe che un romanzo dell'Ottocento. In effetti il libro di Manzoni ha agito come un lievito universale sulla narrativa italiana del secolo scorso, ivi comprese le opere capaci di riscuotere cla-morosi consensi di pubblico, come dimostrano i casi dello stesso Camilleri, di Piero Chiarao di Umberto Eco. Alle nostre latitudini i conti con lui non si chiudono mai: «Manzoni non si manda via, se entra in noi ě per restarci. Egli si scava una nicchia vitalizia dentro di noi e ci rimane appiattato. Cresce, decresce, vegeta, esplode, Non c e giorno che non ci dica all'orecchio: "son qua"» (Bufalino, 2002, p. 114). Adesioni entusiastiche, confronti serrati, at-traversamenti problematici, negazioni polemiche segnano il rapporto con un modello che ě tutto tranne che ignorabile. Resta inteso che gli scrittori per primi non si sottraggono affatto alle dinamiche descritte da Sanguineti, come ě facile comprendere scorrendo l'inchiesta realiz-zata dalla rivista " Itali anistica" in occasione del centenario della morte {Gli scrittori e il Manzoni, 1973, ampliata in Toscani, 1977). Persino poeti di ispirazione in qualche misura affine come Carlo Betocchi e Mario Luzi ammettono di aver superato soltanto da adulti la diffiden-za con cui avevano reagito al primo incontro sui banchi di scuola. Vi-ceversa non sorprende del tutto lentusiasmo di Pasolini nei confronti di Renzo, smorzato soltanto dal finale della vicenda, dove Manzoni an-ticiperebbe l'errore compiuto da Collodi con Pinocchio, trasformando il giovane filatore in un «piccolo ometto tutto pratico, un lombardo pieno di buon senso certo destinato a diventar moralistaper difendere i suoi beni» (Pasolini, 1996, pp. 206-7). Per trovare stagioni piü favorevoli al magistero manzoniano sareb-be opportuno retrocedere sino al secondo dopoguerra, riprendendo in 271 manzoni 13. manzoni moderno, manzoni modello mano le opere di Giorgio Bassani, il saggio in cui Anna Banti (1956) ra-giona sulla propria formazione di scrittrice, o ilprogetto imbastico dal-la Lux di ricavare un film dai Promessi sposi per la regia di Luchino Visconti, previa perizia sul romanzo richiesta a esperci prestigiosi, come lo stesso Bassani, Bacchelli, Baldini, Cecchi, Moravia, Soldáti (err. Nigra, Moretti, 2015). Si finirebbe tuttavia con ľallestire un catalogo per forza di cose generico e frammentario, perché ciascuno nel Novecento ha avuto il suo Manzoni, ma a conti fatti pochissimi scrittori di pri-mo piano e nessun movimento organizzato hanno inteso innalzarlo a vessillo di una poetka. Che ě poi uno dei motivi per cui si rintrac-ciano centinaia di studi dedicati ah'impatto delľopera manzoniana su singole personalita, e latitano invece bilanci complessivi in grado di individuare polarizzazioni e invarianti significative. Puö essere allora istruttivo scegliere tre modalita esemplari con cui ě stata raccolta la lezione di Manzoni da autori di generazioni diverse, nati in contesti geografici e soeiali lontani tra loro: il milanese Carlo Emilio Gadda, il romano Alberto Moravia, il siciliano Leonardo Sciascia. E noto come negli ultimi giorni di vita Gadda trovasse sollievo fa-cendosi leggere I promessi sposi dagli amici ehe si alternavano al suo capezzale. Quest'uso analgesico del romanzo a ben vedere ě un'antica costante, giä rilevata da Carlo Tenca (1973, p. 181): «Una delle ragioni per cui i Promessi sposi hanno un'attrattiva non momentanea, ma dura-tura, e lasciano nelľanimo una impressione cosi dolce e tranquilla e al tempo stesso cosi séria e profonda, gli ě che ľautore inspira una grande fiducia nella forza riparatrice della virtu, a fronte anche di ogni awersa condizione di tempi e di costumi». Non meraviglia dunque che al-tri scrittori ambrosiani prima di Gadda vi abbiano fatto ricorso come panacea contro il frastuono della modernita urbana, fosse il Milanon di Emilio De Marchi o la livida citta fascista che stordiva Delio Tessa (1988, p. 167): «I Promessi sposi sono la lettura serale per eccellenza; [...] aprite il libro di Manzoni a caso e sara per voi come un Vangelo di serenita, leggete per poco senza sforzarvi di capir troppo ma lascian-dovi calare in quella prosa dolcemente come in un'acqua tiepida. Per il vostro riposo notturno basterä». Molto si ě scritto sulľimportanza del modello di Manzoni nella narrativa gaddiana, insistendo soprattutto sulla Cognizione del dolore e sulľAdalgisa (indagini altrettanto approfondite meriterebbe da questo punto di vista La meccanica). E sintomatico come, dovendo conden-sare i pregi dei Promessi sposi, Gadda indicasse - prima delľ« Amore illuminato al documento e alia storia», e dell'«lncredibile felicitá e suprema nettezza descrittiva» - «la veritá dei rapporti di fatto», tan-to «trapoveric poveri», quanto «traumili epotenti» (Gadda, 1991b, p. 1180). Anticipava cosi quasi alia lettera la formula di Italo Calvino, che phi tardi avrebbe parlato del «romanzo dei rapporti di forza» (Calvino, 1995). ' — A innescare le considerazioni di Gadda era stato il «bisturi» di Moravia, che nel i960 firmo per la collana dei "Millenni" Einaudi un'introduzione ai Promessi sposi, nella quale sferra un attacco deciso all'operazione di Manzoni, giudicata nelTinsieme una «sopraffazio-ne» ideologica, un tentativo di «realismo cattolico» paragonabile al realismo socialista di marca zdanoviana. Moravia (1964) distingue tre strati: al livelio piu superficiale, il romanzo della propaganda religiosa; poi il romanzo sociále, dove Manzoni ritrae con «fenomenale» sensibilita la realtá del xvil secolo; infine il romanzo «decadente», irre-dento e irredimibile della monaca e della peste, nel quale solo brilla lo stigma della modernita. Su questi presupposti Moravia, nelle cui opere peraltro non ě difficile trovare echi dei Promessi sposi (si pensi soltanto nWAddio ai monti "urbanizzato" da Carla negli Indifferenti: «Addio strade, quartiere deserto percorso dalla pioggia come da un esercito, ville addormentate nei loro giardini umidi», Moravia, 2000, p. 160), arrivó a sostenere che «La lezione di Manzoni ě sterile » (in Toscani, !977> P- 35)- Da lui sarebbe «consigliabile non imparare nulla. Questo non vuol dire affatto che Manzoni non sia, per molti aspetti, piú moderno di Boccaccio o di Machiavelli. Ma la letteratura di Boccaccio, il pensiero di Machiavelli sono "selvaggi". La letteratura, il pensiero di Manzoni sono "domestici"» {ibid.). Di tutt'altro awiso Leonardo Sciascia, per il quale nessuno meglio di Manzoni ha saputo ritrarre «l'Italia delle grida, l'ltalia dei padri pro-vinciali e dei conte zio, l'ltalia dei Ferrer italiani dal doppio linguag-gio, l'ltalia della mafia, degli azzeccagarbugli, degli sbirri che portan rispetto ai prepotenti, delle coscienze che facilmente si acquietano...» (Sciascia, 1983, p. 99). Sciascia la pensa come Ennio Flaiano (1990, p. 1217): «1promessi sposi sono la storia italiana fissataper sempre, la sua tipologia eterna, una specie di calendario perpetuo, lo zodiaco con i suoi segni inevitabili [...]. Manzoni ci abbraccia tutti, i suoi detratto-ri compresi, e ci spiega a noi stessi». L'inaffondabile don Abbondio incarna alia perfezione famara morale sottesa al romanzo: per questo paradossalmente ci vuole «un libertino vero, e nel senso originále e 272 273 manzoni nel senso corrente delia parola, per intenderlo, per amarlo» (Sciascia, 1966, p. 32). Nei Promessi sposi si delinea un sistema fondato sulľingiu-stizia sociále, la viltä, le palinodie interessate, ľossequio ipocrita al po-tere, ľinganno perpetrato ai danni deííe masse, umiliate e mantenute in uno stato di desolante ignoranza. Del resto giá Gyórgy Lukács aveva osservaco come Manzoni, a differenza di Walter Scott, non avesse te-matizzato «una concretacrisi della storia nazionale, bensi la situazione di perenne crisi» della societa italiana, di modo che «il destino dei due protagonisti diventa la tragédia del popolo italiano in genere» (Lukács, 1965, p. 81). Si trattera allora, per lo scrittore civile che voglia seguire tali ořme, di indagare, riconosccrc e denuncisrc ie dinamiche occulte delpotere: ció che řece'appunto Sciascia, il quale da Manzoni ereditó innanzitutto la tenacissima, indomabile «passione per una prasIT^crxřheritária delí'inc]uisizíonc»_(Benveiiuti, 2013, p. 44). 13-4 «Idee meschine pinzocheresche, claustrali, e peggio» Altrettanto problematico si ě rivelato Fapproccio a Manzoni degli scrittori nati dopo 1 ultima guerra. Intanto perché 1'afFresco sociále di vaste dimensioni - dinanzi a realta vertiginosamente complesse, diso-mogenee, frammentate - ě divenuto un compito improbo, se non vel-leitario. E poi perché la bufera sessantottina inevitabilmente ha finito con labbattersi sui feticci della pedagogia tardo-ottocentesca, Cuore e appunto Ipromessi sposi, liquidati con quakhe brandello dei giudizi gramsciani: i popolani privi di «personalitá morale profonda», il nar-ratore benevolo verso di loro come puó esserlo «una cattolica societa diprotezione degh animali» (Gramsci, 1975, vol. ii, p. 896). Le idiosincrasie scolastiche, lungi dallo spegnersi, si sono rinfoco-late. A un Marcello Fois, che trova il romanzo «meraviglioso» (Fois, 2018), si oppongono dieci Michela Murgia, per la quale resta «il mi-glior esempio possibile dei romanzi che non vorrei leggere e certamen-te di quelli che non vorrei scrivere» (in Tre domande, 2018, p. 117). Forse aveva ragione Pietro Citati, quando si disse convinto che 1'unico modo di far amare Manzoni agli italiani fosse trattarlo come «un gen-tiluomo di campagna del Gloucestershire» (Citati, 1989). Solo ahora scompariranno i rancori e si avranno nei suoi confronti la comprensio- 2-74 13. MANZONI MODERNO, MANZONI MODULO ne e l'amore che si nutrono per i classici stranieri. Una provocazione tanto piú efficace oggi, quando la formazione culturale dei narratori ě sempře meno debitrice aha tradizione letteraria nazionale, e guarda anzi okre la goethiana Weltliteratur per focalizzarsi sulle arti visive, dal fumetto alle série tv. Manzoni sconta poi un problema che riguarda buona parte della narrativa europea precedente a Flaubert (per dirla all'ingrosso), ov-vero la crescente difficolta dei lettori contemporanei ad accettare i poteri di un narratore che domina esplicitamente la storia e i perso-naggi, permettendosi continue metalessi. Commenti, generalizzazio-ni, giudizi morali, digressioni che sabotano il ritmo anche nel corso delle sequenze piú coinvolgenti: «In mezzo a questo serra serra, non possiam lasciar di fermarci un momento a fare una riflessione» (ps+° 2013, p. 125). Meglio allora il manzonismo estremo e paradossale di un Gaddaj che ha saputo suscitare lentusiasmo del pubblico piú colto esasperando e distorcendo queste strategic Nei Promessi sposi il coinvolgimento dei lettori awertiti, perseguito attraverso proccdimenti konici di matrice sterniana, potrebbe sugge-rire un confronto con il double coding postmoderno. Ma il continuo andirivieni dei tendoni del sipario, azionato dal narratore, vuole innanzitutto favorire I'insorgere di una riflessione critica non turbata dal prorompere delle emozioni: un tratto che contraddistingue i drammi di un altro grande «catechista», Bertolt Brecht (Testori, 1973, p. 12). Piú che la ricerca di parentele, comunque, importa l'impegno con cui Manzoni si fabbricö un filtro acto a scoraggiare reazioni empatiche. Ipromessi sposi non consentono identificazioni proiettive con alcun personaggio. Ii rifmto opposto a uno dei grandi obiettivi del roman-ticismo europeo non potrebbe essere piú netto. VLpathos delfiperbole fondato sulla rappresentazione di passioni esacerbate, che imperversö nel medio Ottocento (Brooks, 1985), ě vigorosamente obliterato. Nel «conflitto implacabile fra le due anime della Lombardia», un'auten-tica costante antropologica caratterizzata dal dualismo fra «illumi-nismo cosmopolita e seientificizzante» e «delirante romanticismo melodrammatico» (Arbasino, 1977, p. 303), Manzoni si allontana dal primo senza pervenire al secondo. Vedere il mondo dal punto di vista del malvagio, scoprire la sua versione della storia. Mai come oggi il lettore anela al frisson che ne deriva. Ma il Capriccio che monta dagli istinti di don Rodrigo rimane nellbmbra, lo sappiamo, e l'assenso di Gertrude a Egidio si prosciuga 27 s manzoni 13. man z oni moderno, manzoni modello in un'ellissi. Di piii. Nei Promessi sposi ľinterdetto dilaga okre i territo-ri del desiderio, per coinvolgere la lecita attrazione tra i protagonisti, enfatizzata allora in innumerevoli romanzi. Manzoni affronto il punto in una digressione del Fermo e Lucia (fl 2006, pp. 1x4-5) dove difende la scelta del silenzio, perché «non si deve scrivere ďamore in modo da far consentire ľanimo di chi legge a questa passione», e pone il caso che il romanzo giunga nelle mani di una «vergine non piú acerba» o di «un giovane prete». Meglio cercare di instillare altri sentimenti, come «la commiserazione, ľaffetto al prossimo, la dolcezza, ľindul-genza, il sacrificio di se stesso»: di amore al mondo «ve n'ha, facendo un calcolo moderato, seicento volte piú di quello che sia nccessario alia conservazione della nostra riverita specie ». Queste idee sembrano «meschine pinzocheresche, claustrali, e peggio» alľinterlocutore im-maginario cui le espone. E tali parvero ai parodisti che nel Novecento si sono divertiti a sconciare il romanzo, come Guido da Verona e Piero Chiara, concordi nel trasformare Lucia in una disinibita sciantosa, che mena per il naso il pověro Renzo (Novelli, in corso di stampa). 13.5 La violenza e ľabiura Manzoni rinuncia a un altro magnetico elemento di richiamo: il duello, sul quale aveva puntato Walter Scott e puntö Dumas padre in un altro romanzo storico di successo, coevo alla Quarantana e ambien-tato anch'esso nella prima metä del Seicento, / tre moschettieri. Fatta salva ľanaíessi sulľomicidio compiuto da Lodovico, Ipromessi sposi non poteva essere un romanzo di cappa e spadá: troppo grande ě la differenza sociale fra gli antagonisti, un nobile e un filatore di seta. La rappresentazione della violenza effettiva si sposta su altri piani: puö riguardare la cieca ferocia deha folia, oppure rapimenti e assassinii di donne indifese. Ciö non significa che Renzo non covi sanguinari desideri di vendetta, presto soffocati ma fonte di una dolente chio-sa deľnarratore; «I provocatori, i soverchiatori, tutti coloro che, in qualunque modo, fanno torto altrui, sono rei, non solo del male che commettono, ma del pervertimento ancora a cui portano gli animi degli offesi» (ps401013, p. 72). Ilpasso colpiPrimo Levi, che lo sfrutta nei Sommersi e i salvati per imbastire un ragionamento sulla "zona gri- 276 gia" del sistema concentrazionario. Ma anche il bene, come il male, si propaga per contagio. Poco oltre, ľepisodio di una ragazza sedicenne, accudita dopo essersi salvata per miracolo dalla camera a gas, innesca unintensa riflessione sulla coesistenza di pieta e brutalita «nello stesso individuo e neílo stesso momento, contro ogni logica » (Levi, 1986, p. 42), corroborata dalľevocazione del passo in cui il monatto mostra rispetto verso la piccola Cecilia, paragonata ad Anna Frank nella ca-pacita di commuovere. Alla donna Manzoni affida il compito di tenere accesa la fiaccola della dignita umana in contesti degradati, incrinando ľassuefazione alle atrocita. In questa chiave si puo leggere anche il confronto Ira ľln-nominato e Lucia, dove il «radicale rinnovamento del topos della vergine rapita» (Luperini, 2007, p. 63), determina attraverso la salita in dominante di un afflato compassionevole la crisi del dominio maschile («Non son piú uomo, non son piú uomo!», PS4° 2013, p. 635). E una conversione valoriale, prima che religiosa, trascurata da quanti hanno liquidato Lucia come una figura francamente retriva, «una di quelle che hanno arrecato maggior danno aha formazione culturale degli ita-liani» (Umberto Piersanti, cit. in Gialloreto, 2009, p. 379). Un piglio piú moderno di norma viene concesso a Manzoni nella resa di un'altra modalita della violenza di genere, la coercizione psico-logica. Sono i capitoli su Gertrude, isterica ante litteram, «a esibire, insieme alle cicatrici di unautocensura angosciosa, le piú macroscopi-che tracce di questa capacitá dei Promessi Sposi di parlare alla nostra sensibilita di uomini di un altro millennio» (de Cristofaro, 2014, p. 19). Il terrore che la abita, ľorrore che suscita incontrano di slancio la passione del nostro tempo. Dalla tremarella di don Abbondio alle an-gosce delľlnnominato la paura ě un sentimento universale neha societa violenta e corrotta delineata da Manzoni. A parte il cardinale Borro-meo, nessuno degli attori principáli puó sfuggirle. Per averne un saggio ě sufficiente scorrere le illustrazioni del capi-tolo xxxiii che accompagnano don Rodrigo verso la rovina. Come ci hanno chiarito gli studi di Salvátore Silvano Nigro, ľapparato icono-grafico costituisce in effetti una parte integrante delľopera voluta da Manzoni, che guidô passo passo Francesco Gonin tramite una serie di puntuali indicazioni. Questa sua nátura di «romanzo per gli occhi» (Brogi, 2018), percorso da lampi caravaggeschi, costituisce un altro aspetto indubbio di modernita dei Promessi sposi, valutato come me- l Wt. MAlS'ZONI ľ —f rita solo nell'attuale temperie, quanto mai favorevole agli inconcri fra parola e immagine. Perfettamente in linea con gli orientamenti odierni e anchc il modo in cui Manzoni affronta la storia, non temendo di confinare «la parte evenementielle delle battaglie di Wallenstein e della succes-sione del ducato di Mantova» tra le chiacchiere alia tavola di don Ro-drigo, per insistere su «le crisi dell'agricoltura, i prezzi del frumento, ladomandadi mano dopera, lacurva delle epidemie» (Calvino, 1995, p. 338). Oggi meglio che mai vediamo come Ipromessi sposi siano un formidabile incunabolo narrativo della storia sociale (Burke, 2003), dispensatore di spunti preziosi a quanti hanno tentato di aggiorriarhe la ricetta, come provano - fra i tanti esempi disponibili - La chimera, di Sebastiano Vassalli, o i romanzi sulla Lombardia contadina di Laura Pariani. La precocissima «teorizzazione della microstoria» (Ginzburg, 2006, p. 307), chiamata sistematicamente a interagire con ricerche d'archivio di prima mano, continua a funzionare come una Stella polare per gli scrictori decisi ä demistificare menzogne e ipocrisic dei poteri ufficiali. Ciö spiega l'eccezionale fortuna alia quale e andato incontro dal secondo Novecento il testo di Manzoni piü incompreso ai tempi in cui apparve, la Storia della colonna infame, alia quale hanno guardato Franco Fortini, Dino Buzzati, Fulvio Tomizza, oltre a Leonardo Scia-scia, che in essa ha trovato il modello fondamentale dei suoi racconti-inchiesta di ambiente giudiziario (Grendene, 2016). Con il che torniamo, in conclusione, al problema sul quale Manzoni piü si arrovellö, owero alia compatibilitä fra invenzionc autoria-le e realtä accertata. Due secoli piü tardi non potremmo certo dire di esserc giunti allesito immaginato dallo scrittore milanese, convinto che gli uomini del futuro non avrebbero piü bramato le "fole" dei romanzi. Ma d'altra parte gli appassionati di narrativa sono bcn lontani dal saziare la loro fame di veritä storica, che anzi negli ultimi tempi si e fatta particolarmente pungente. Se la storia non e che il «carcame» di una bestia divorata dal tempo, come vuole il paragone proposto nel discorso Del romanzo storico (p. 8), gli scrittori contemporanei sTsono'industriati a trovare maniere originali per rifarle «le polpe». Mentre gli storici - da Hayden White in poi - hanno messo in discus-sione Fantitesi tra facti e finzione, la letteratura si e aggrappata sempre piü fiduciosamente a date, luoghi, personaggi dawero esistiti. Sono andati sfumando i confini fra i'«assentimento storico», prestato dal 178 13. MANZONI MODERNO, MANZONI MODELLO lettore alle «cose apprese come cose di fatto», e l'«assentimento poetico», «che si da alle cose apprese come meramente verosimili» (ivi, p. 11). Quale credito concediamo a una ricognizione personale di Saviano negli abissi plebei, in Gomorra, o a una sequenza di M. in cui Mussolini parla in prima persona? Ii romanzo non fictional chie-de all'all is true proclamato da Balzac di assumere un significato piü immediato. In questo quadro, la riflessione ceorica di Manzoni agisce come un potente richiamo verso chi intenda perseguire patti narrativi ambigui. Per autori come Antonio Scurati, dunque, «la straordina-ria, palpitante attualitä di Alessandro Manzoni sta nella abiura di se stesso». Perché nel travaglio che lo portö a rinnegare il suo capolavo-ro albergano «non soltanto i semi del romanzo storico dei successivi 150 anni, non soltanto i semi del romanzo occidentale tout court di fine Ventesimo secolo [...] ma, addirittura, il loro superamento verso la letteratura del nuovo millennio» (in Tre domande, zoi8, p. in). I conti con Manzoni, a quanto pare, sono destinati a rimanere aperti ancora a lungo. Approfondimenti bibliografici I lavori di Walter Benjamin su Baudelaire si leggono ora nelľimponente edi-zione a eura di G. Agamben, B. Chitussi, C. C. Härle, Charles Baudelaire. Un poeta lirico nelieta del capitalismo avanzato, Neri Pozza, Vicenza 2012. Dalla citazionc di Arbasino Giovanna Rosa sviluppa cruciali riflessioni suLa cul-tura letteraria della modernita, in Storia d'Italia. Le Regioni dalľUnita a oggi. La Lombardia, volume a eura D. Bigazzi e M. Meriggi, Einaudi, Torino 2001, pp. 191-327. ALe nevrosi di Manzoni ha dedicate un discusso volume Paolo DAngelo (il Mulino, Bologna 2013). Sulla parte dello scrittore nel processo di nation building insiste il testo collettaneo Danzi, Panizza (2013). Alberto Savinio ha messo a ŕuoco la vita di Manzoni in vari passaggi di Ascolto il tuo cuore, cittä, Bompiani, Miláno 1944; Pietro Citati in Manzoni, Mondado-ri, Miláno 1973; Natalia Ginzburg nella Famiglia Manzoni, Einaudi, Torino 1983; Mario Pomilio nel Natale deliS^, Rusconi, Miláno 1983; Salvátore Sil-vano Nigro da ultimo mLa funesta docilitä, Sellerio, Palermo 2018; fra le tra-sposizioni romanzesche ricordo B. Masini, Tentativi di botanka degli affetti, Bompiani, Milano 2013. Per una sintesi sulla presenza di Manzoni nel romanzo italiano dell'Ot-tocento cfr. Fido (1984); sulla dialettica di attrazione e repulsione in ambito scapigliato R. Negri (a eura di), // "Vegliardo" e gli "Antecristi": studi su Man- 279 — • e la Scapigliatura, Vita e Pensiero, Milano 1978. Una panoramic a su La fortuna, editoriale del "Promessi sposi" m Italia e alľestero e offerta da Mariarosa Bricchi in S. Luzzatto, G. Pedullä (a eura di), Atlante delia letteratura italiana, vol. III, Dal Romanticismo a oggi, a eura di D. Scarpa, Einaudi, Torino 2012, pp. 119-17; utili al riguardo Frare (2011) e la mostra WbrldWideMan-zoni, reperibile presso il sito movio.beniculturali.it (ultimo accesso maggio 2020). L'ingresso di Manzoni nel canone scolastico é stato analizzato da G, Polimeni, La similitudineperfetta. La prosa di Manzoni nella scuola italiana dell'Ottocento, FrancoAngeli, Milano 2011. Testori (1973) fa il nome di Brecht in un intervista; ma ě implicito nelle sue esercitazioni sceniche sul romanzo, a cominciare da "IPromessi sposi"alia prova, in cartellone per la prima volta nel 1984 al Teatro Pier Lombardo di Milano. Altri interventi signiricativi sfilano nel repertorio di Vigorelli (1975-76); in Gli scrittori e il Manzoni (1973); in Toscani (1977); in L. Caretti (a cura di), Manzoni e gli scrittori, Laterza, Roma-Bari 1995; e in Tre domande ^20iS). Puntuali analisi critiche sulla presenza di Manzoni «negli scrittori del secondo Novecento, con proiezioni nel terzo millennio», a cura di P. Frare, O. Ghidini, D. Iuppa, F. Pierangeli sono contenute in "Testo", lxxiv, luglio ;.o!7 e "Studium", cxiii, 6, novembre-dicem b re 1017 (contribitti relativi a ■ Sciascia, Buzzati, Moravia, Bassani, Fortini, Zanzotto, Pasolini, Testori). Sul Manzoni di Anna Band, Piero Chiara e Camilleri cfr. rispettivamente Parisi (2008, pp. 155-94); Montorfani (2014); Paccagnini (2004). La bibliografia relativa alľimpronta lasclata da Manzoni in Gadda e ine-sauribile; per un primo approccio cfr. G. Contini, Premessa su Gadda man-zonista, in Id., Quarant'anni di amicizia, Einaudi, Torino 1989, pp. 69-72; A. j, Pecoraro, Gadda e Manzoni, ets, Pisa 1996; C. Bologna, Ilfilo della storia.' "Tessitura" delia trama e "ritmica"del tempo narrativo fra Manzoni e Gadda, in "Critica del Testo", 1,1998,1, pp. 345-406; quanto agli interventi apologetici, cfr. almeno P. Gibellini, Gadda, la linea lombarda e lepolemiche sulManzoni, in Oliva (2009), pp. 320-48; M. Bersani, Gadda contra Moravia: lapolemica sui "Promessi sposi", in Luzzatto, Pedullä (a cura di), Atlante della letteratura italiana, vol. in, cic, pp. 127-30. L'approccio dellautore degli Indifferenti é analizzato da R. Manica in Moravia e Manzoni, nel giä ricordato numero di "Studium" (cx.lt 1, 6, novembre-dicembre 2017), pp. 966-81. Un'acutavaluta-zione delľinŕluenza di Aianzoni su Sciascia si incontra nel primo capitolo di Benvenuti (2013). Sulla riscoperta della Storia della colonna infame cfr. Gren-dene (2016). Ho proposto alcune considerazioni coniplessive sulle parodie letterarie manzoniane in Novelli (in corso di stampa). Nuova luce sulla rappresentazione della violenza nei Promessi sposi ha por-tato S. Natoli, L'animo degli offesi e il contagio del male, il Saggiatore, Milano 2018. Sul posto centrale del romanzo nella biblioteca di Primo Levi ha ragio- 280 13. manzoni moderno, manzoni modello nato A. Rondini, Manzoni e Primo Levi, in "Testo", xxxi, luglio-dicembre 2010, pp. 49-86. Riguardo alľimportanza delle immagini in Manzoni rinvio al CAP. 12 di S. S. Nigro e F. de Cristofaro. Sottolinea il ruolo seminale dei Promessi sposi nei confronti della narrativa storica contemporanea (sulla base delle considerazioni di Ginzburg, 2006) G. Benvenuti, Ilromanzo neostorico italiano, Carocci, Roma 2012; discute i piii recenti contributi in merito G. Gašpari, // romanzo tra narrazione e storia: aggiornamenti sul caso Manzoni, in "Critica letteraria", 181, 2018, 4, pp. 703-15. 281