Una delle cose piu inquietanti in cui possa imbattersi un manzoniano che non tin quattro paghe per il lesso (dai tempi del Carducci ai nostri - a parte le paghe - moko sul Manzoni si ě scritto che dá piu nel lesso che nell'intelli-genza), un manzoniano che davvero ami ed intenda que-sto difficile" scrittore, ě la lettera che egli scrisse a Claude Fauriel, da Milano, il 24 aprile del 1814. E ne tradu-ciamo la parte, appunto, che ci inquieta e che, in quel mo-^ento scntta senza inquietudine, crediamo sia poi diven-seo?0^^ di una inquietudine profonda, drammatica e §reta dell'btera sua vita e dell'opera: ter«dellagm°/^íacom° Beccaria, latore della lettera) vi raccon-^saop'r uz*one che qui ě avvenuta. Ěstata unanime, e to oso H" poicfe 6 Pura benché sciaguratamente macchiata da un assassi-la piil grand ^ que^ c^e hanno fatto la rivoluzione (e doe krk úcuna / mglior Parte della cittá) nell'assassinio non ebbero I'6«lcune'Ď mima una simil cosa dal low carattere. Sono ^rePer diriS°T cf?e ^anno approfittato del sommovimento po-ch*htr° dellef C°ntro un uomo se&iato dal pubblico odio, il Kmti hannoTZe' che e stato massacrato nonostante gli sforzi Gotici a**0-^6r sa^var^°- V°i sapete bene che ilpopolo ě Iř° ktUtta la gem 6 Cattivo tr&unale; e comunque, potete cre-kt°re°'h nostra * ě sentita dolorosamente colpita da que- bi«»*o senra ě ProPri" vicina a quella dove lui abitava, e ttt0 le grida di quelli che lo cercavano, il che ha 930 Manzoni e il linciaggio del P tenuto mia madre e mia moglie in crudele ano0srt vano che la cosa non sarebbe finita Ii. £ redden"' P°lc^ f tenzionato voleva approfittare di un tal momento % mtcl* nn lungarlo, ma la guardia civica ha saputo ferntarlo 1 """^ e? una saggezza e un'effiaenza che meritano ogni e[°n Un corjr-gino, se lo desiderate, poträ farvi un dettagliato , ^ "*> I'avvenimento. II feroce linciaggio di Giuseppe Prina, ministro A nanze del Regno Italico, era avvenuto quattr ■ prima, il 20 aprile. E senza dubbio dello svolg ^ fatti, di quella efferata caccia che duro per ore, Man ^ avrebbe potuto, meglio del cugino Giacomo, fare alT^ riel dettagliato racconto: ma non ancora illuminate, dat ragione e dalla pieta, preso com'era dalla passione ami. francese e - per usare una parola da lui usata - "alleg-giato" da quella che gli appariva come la fine di una tiran-nia e Tacquisto della tanto sospirata indipendenza. II22 aprile, due giorni dopo il linciaggio, aveva cominciato a scrivere una "canzone" che va sotto il titolo, tra le cose non pubblicate durante la sua vita, di Aprile 1814: e lafi-nira il 12 maggio. E vi e, ad un certo punto, come adorn-brata, se non la giustificazione del linciaggio, la ragione per cui il Prina era particolarmente inviso: la dove dice che l'ltalia "ai pie de la imperante inchina / Stayasi, e tea di sue ricchezze eterno / Censo a gli estrani": cheiapptf1 l'ufficio del Prina lungamente era stato quelle (to » tare ed esigere tasse per l'inesausto guerreggiare cu leone. Ma a parte il fatto che quelle tasse eran0^vano di germoglianti ideali e che in qualche misu» colti. restituite alia pubblica utilita, e'e da dire che il v Jt Java l'utopia di far pagare le tasse a chi f>vt forse a prescindere dalle esigenze di Napoleon ^ e guerreggiare: commovente Utopia, nel n0f^o^s' nno ai giorni nostri (e se mi e permessa una in ^ f0rt dendo qualche anno fa in Parlamento, mi er $^do veder quasi aleggiare una simile Utopia neu *eviglio, allora ministro delle finanze). Manzoni e il linciamt0 del Prma 931 Trascorre nelle circolari del Prína ní>iu a- ■ impartisce agli uffici dipendenti, Intl^T^ "Raddoppiamo pertanto" - «™j„: . Cne .dl. ^gioso: scnve ai suoi collaborat «di sforzí e dl zelo e non obliamo giammai che u imposizione e spesse volte la conseguenza di chi mal ľrľ ministra le imposizioni attuali. Qual rimprovero di eterno" rimorso a foggi^ Qual titolo a procacciarsi di compia-cenza e dl lode! ^ L eterno rimorso! Ma si badi alla concre-tezza - e attualitä - delia constatazione che una nuova tassa é quasi sempre conseguenza di cattiva amministra-zione di quelle che giä ci sono. Se poi aggiungiamo che as-sillo del Prina era quello di incrementare gli introiti ma al tempo stesso di evitare le spese non necessarie - criterío che oggi nemmeno sfiora le menti di coloro che ci gover-nano - troviamo facilmente la spiegazione che a tanto me-rito abbia corrisposto ľesecrazione dei contemporanei e corrisponda il piú fondo oblio dei posteri. E che il Manzoni lo abbia avuto in antipatia e abbia concorso, volendo dimenticarlo, a farlo dimenticare, non c'é dubbio. Non lo nomina mai, né nella lettera al Fauriel né in altri scritti. Soltanto una volta, parlando di Federico Confalonieri con Tommaseo, gli awiene di farne il nome: "Egli diceya di non avere avuta parte nella morte del Prina". Lo diceva Confalonieri: ma il Manzoni credeva invece vi avesse avuto parte, se Tommaseo commenta che ripetendo il detto di Confalonieri non lo affermava e se alla battuta "Giova credere il meglio quando si puô", che il lomma-seo avrä pronunciata con una čerta irónia, non rePllca^-segno che, alla distanza, si era fatta un'idea nguardo auL i-dentitä delle persone che "avevano approfittato del som movimento popolare per dirigerlo contro gnato dal pubblico odio" e che, se tra f «te ConfaloniL, la sua convinzione delia ^ata "saggia e pura", e fatta dalla «r» ^ u cittá, doveva essere ormai, se non caaui , Parte migliore delia cittä era stata appunto, ^[Prina, la peggiore. dimenticare quel Voleva, dunque, dimenticare il ťrina, 932 Manzonieil linciaggio del? che aveva visto e sentito nelle ore pomeriď apríle; dimenticare, anche, la passione di suo contribute alia rivoluzione come cittT giotni» i "canzone" (di cui, sigrdncativamente, non c'fet sue carte e se ne ě trovata altrove copia non di*03*118* Ma dimenticare non poteva. E l'idea di scrivereT ***** sposi gli sará venuta, come piu di uno dalla sua vo"^ sentito, dall'aver portato con sé a Brusuglio, nel°^'a del 1821, le storie del Ripamonti e un'opera di }£ chiorre Gioia in cui si parlava delle gride milanesi, ma non é insensata l'ipotesi che gli awenimenti dell'aprile 1814 insopprimibilmente agissero nella sua memoria, i nella sua coscienza, a rappresentare una comrniserazione ^ del mondo, della storia, della natura umana di sé, in cui Xttualrnente U ^^VSÍT K ordine, ai fatu. 7 ile 18W) il Semto ■* Ml'una pomendiana del_MP nose si riunisce » ^ ^Ste voluta, Frances co Mel* ^ ^ ^ del j evitare checonwo; Wo del R? imPortf ™e ě un decreto che afferr che /* f ^ lndl>e^enza, la necessítá di e ia guerra continui in territorio italiano e che que kPPe straniere io occupino, J'auspicio chent re iit>ero e indipendente il víceré di Napoleone pruicípí hugenio di Beauharnais "che con le sue virtu, co lumi e con la sua onorevole condotta, tanto in pace c*J ' ^ritato del pari Vamore, la rkonos^J Regno ďhalia,ed anche ^ o il Sei li a cia la vocf petizic sottoscrivere n S ř- merítat°dei ■ ^ A/ nome di £ugenio ii Senate ricaicm-, , approva: e per ragioní a ciascuno, o a piccoli verse. Ma si diffonde la voce che abbia appro* viene lanciata questa penzione, che il ^if^ rono a —"Dopo Vadunanza del x 5 Hi c da pre I aonav dere sia sponsat sen ?ucntroiffl|lJ^íä Ricostruendo ľeccidio del Prina (uno di quei "libri : verdí" di Mondadori che a rístamparli avrebbero oggi piú - successo di allora), Luigi Ceria rbrse ě stato il primo a col-legare ľll novembre 1628, qual nei capitoli XII e XIII Ut chc inídpiatíi del romanzo, al 20 apríle 1814: e cioě a quel che Manzoni líri iffllfy^mv ^de e sent* m quella tremenda giornata e poi per okre un I .. lÍMti""" ventennio rivisse con sempře piú netta e minuziosa ana-lisi, commiserando e commiserandosi con quella misura, conquellachiarezza e serenitä, con quella capacitá di dire tutto abbreviando al massimo, che sarebbero da dire pro-príamente e semplicemente classiche: qualitá sue pecu- icntc ^ari, per cui le passioni piú violente e le confessioni piú g0j£0C. ardue stanno nelle sue pagine come segrete, aspettando 0& M lett0re c^e a taii qualita sia attento, confidente, affine. . Non soltanto per modestia o scherzo si affidava Manzoni ^Ifr*** A. m appena venticinque lettori. E come non pensare che Jca di sé, e si commiseri rivivendo le ore del linciaggio st h quando nel XI11 capitolo park di "quella fune-!-a docilita degli animi appassionati alľaffermare appas-slo»ato di molti"? fen?Ue^a ^unesta docilitä degli animi appassionati all'af- I appassionato di molti sse un animo appassionato non c'e dubbio che Man-animo appassionato, e piu di quanto alla ^oranza dei suoi lettori possa apparire. Ma quel che cettamente rispetto a quell'ormai lontano aweni-*o> constatava nella definitiva stesura del romanzo e che rendeva a veritä generai impronta di particohL ' nella Dri*, "V'ha degli uL^Zll "^^^ lari, alle affoltate alle2 '( qUali ^\ol*<& stenerne la vista, la P"ao».*5S possibüe, dove non ne 2 Vanno a rCat S nha altri, i quaH s^Z^T^ * che non Ii confonde, che Z togH ^ vita. n tumulto e per essi un nemto ZmV°^ in cerca, per oppritnerlo, o per^Ä**^ dove la confusione e piü bollente U bru l ^ non si curano o dimenticano in auel T^T" piü fitt0: parte sia la ragione e il torto, colo, e non hanno altro di mira che di frastornareTe£ luzioni feroci, d'impedire deHtti: sono del partito Z oppressi e dei minacciati, quali essi sieno..." Cheluisih-cludesse tra i primi, crediamo lo si possa affermare. Mi non era tutta la veritä. Possiamo credere che abbia sol-tanto assistito al principio di quella feroce caccia e poi sia ndato a rimpiattarsi dove non ne giungeva nemmeno il mormorio; ma la veritä intera sta in quella "funesta dod litä" con cui la sua passione politica, la sua speranzariw luzionaria, consentirono alla feroce passione del m0% Del rimorso di non essere stato tra i secondji-q ^ che avrebbero potuto salvare il povero Prina e c manzo agevolano Ferrer a salvare il vicario oi p ^ ^ - si puö scorgere piü di un indizio m («Si* rer: addirittura con esaltazione nella prm g oD benedetto Antonio Ferrer!»), con W maggiore ironia sul personaggio, nella s t01 Evifentemente, le ragioni ^J^^^^ meglio su quel.guazzabuglk> di ricc>r ,g*o pre piü lontani. Cosi fatto e qu ^ Gt^ J cuore umano", dirä a proposito del lo sarä stato anche il suo, rispetto au 20 aprile 1814. losiposäiW Lamo credere ie öi cllaferoceoccae* mmon^illincia^odelPrina ma P*che 6i ttTassai ne scriveva), ma non voleva par- 6 ^^SSTSJ quaHfica 1'argomento polmca non si ^^''wico quasi non si dovesse parlarne: per ***** Xi^on, che vieta di parlare delle k fSSa sc^amo o di cui altri soffre. Non certa-^Toet P^Xcle a tutti gli italiani che non amano C e X incHnano a riconoscerlo, tra i suoi perso-S in don Abbondio, puo far sospettare quel dopo il anno in cui la Lombardia finl di essere austnaca e a parlar di politica non c'era rischio di finire alio Spielberg. E a fugare del tutto questo sospetto - che in molti italiani si aggruma compiacentemente, al di qua o al di la della frase del Fabris che abbiamo riportata - citiamo un piccolo testo che Luigi Morandi pone in nota a una lettera del Manzoni al figlio Filippo, prigioniero degli austriaci dal 18 marzo 1848, e cioe dalla prima delle "cinque gior-nate". Si trova, questa nota quasi mai ricordata, a pagina 159 dell'antologia di prose e poesie italiana che il Morandi compilo ad uso delle scuole (nuova edizione del 1909). Ed eccola: tr ^rante la terza delle cinque giornate, riuscl a pene-Mart'11- cjtta> travestito da carrettiere, quel conte Enrico collet aP0i dePutato 41 Parlamento italiano per il niva da°T SUa patria e che mori nel 1868' EgH ve" quale gH a°rin0,/OVe aveva parlato con Carl° Alberto, il iutare l'in7eVa . etto che 11 suo Piu ™o desiderio era d'a- ■4w Qto; ^azia Pio ma che re21Te' occuPando MÜano col proprio eser-a european C1? 1contro ü Parere di tutta la diplo-r0,UnaPetizion^a> be V°lut0 un Pretes*o: per esem-° >ero chTam f' Pm C°Spicui cittadini * Müano, che qeStac^aicap deAurna ÜCbbe Pa"ecipato aPi dell insurrezione, la petizione fu stesa, Manzoni e a linc. e se ne fecero cinque n „ • e corse .WMan^^Pte-b,,, suJla porta di eas, LPJ. farI° Annate n J?*«a. Sogni frateCS <™ durava accanhTe f0* ^ < °nde la firma sotto ^^!°m^ Unl?.4* austriaci, poteva in que * '86 f°sse «duto n»%e*. Man2oni aderi i^Z^T™ gl'o; .1 quale, presa una peínX t ^ «t fece firmare alla meglio SI n b°tte«a **it gni. Carlo Alberto dueS 1^!'° a ci,i* * S. senza che la peti2ione dd m" anTsi eU L°** tare, perché al Martini ndUdueSJtiZ ^ ** venne fatto ďuscire dalla rittT PZL 8'°rnate " il Man,™; ( a,eitt?-PochlSlorniWtessope» ■I Manzoni, forse pensando che la carta daluisottosL poteva essere conservata, fece capire al Sogni che avrebbe volentien riparlato col Broglio. Questo si recd allora dal Manzoni, che gli domandó se sí rammentava del modo onde egli aveva dovuto fírmare la petizíone. 'Sícuro!' rí-spose il Broglio: ťsul cappello del Sogni.' 'Ho propríopía-cere che ella se ne rammenď, soggíunse il Manzoni; perché, rípensandoci, mi ricordai che la firma riuscl di carat-tere malfermo, e non vorrei che nessuno potesse a buirne la causa alia qualitá delťatto che stavo firrnand^ Bellissimo episodio di coraggio civile, e come di quell'altra fírma di trentaquattro annij*m ^ zione che, suo malgrado, era st naci in Lombardia e a fare esplodere1, fl» popolare - ma preparata,come ^fl$U congiura da salotto d. <**%™£?e si crede «** , ďesse giovinetta santa e vagh* ^a atroce < , ludere a Teresa Con falomen-» « dj , Prina. E vaghissimala gtovmetta ^ ^ Foscolo se ne P^^-^ 1 *• sentenza di zione. Ma torn ando al romanzo, e a come nel eaP1 Manzoni e il linciaggio del Prina 939 Otmars: carta áite I IF .y memoria e il sentimento di quel pomeriggio del 20 apríle vi diventano piü meditati e sottili rispetto alia prima ste-sura, quella che va sotto il titolo di Pernio e Lucia, ci sa-rebbero tante altre osservazioni da fare; e specialmente sul personaggio Ferrer e sul molo che ebbe nel salvare il vica-rio di prowisione dal furore popolare. Un ruolo che, a salvare il Prina, avrebbe potuto avere - con la certezza di riuscirvi - il generale Domenico Pino. O il senátore Carlo Verri. O che avrebbe potuto tentare di avere lo stesso Manzoni. Qualcuna, insomma, di quelle persone Stesse che, come Ferrer, erano piü o meno responsabili della sommossa. Ma conviene meglio, a cogliere le variazioni che tempo, meditazione e Stile portarono all'episodio bio-grafico, trasfigurando e rendendo oggettiva e universale l'introspezione, rileggere a confronto i capitoli VI e VII del terzo tomo di Pernio e Lucia e il XIII dei Promessi sposi. Si noterä tra l'altro, nel XIII capitolo, l'avvento dello spagnolo nel parlare di Ferrer: che puö voler dire, come alcuni commentatori vogliono, della doppiezza del politico; ma puö darsi sia venuto al Manzoni dalla lettura e affezione al Don Chisciotte. Un omaggio a Cervantes, insomma; ma che decisamente contribuisce, sfiorando il co-mico, ad alleggerire la rappresentazione di un fatto che nella prima stesura, nonostante il lieto fine, ancora ribol-liva dolorosamente del ricordo di quello di cui Giuseppe Prina era stato vittima.