1 Dei sepolcri Ugo Foscolo/Ippolito Pindemonte/Giovanni Torti/Vincenzo Monti Esportato da Wikisource il 8 novembre 2022. Segnala eventuali errori su it.wikisource.org/wiki/Segnala_errori 2 D E I S E P O L C R I CARME DI UGO FOSCOLO DEORUM . MANIUM . IURA . SANCTA . SUNTO XII TAB. A IPPOLITO PINDEMONTE All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne Confortate di pianto è forse il sonno Della morte men duro? Ove più il Sole Per me alla terra non fecondi questa 3 5 10 15 20 25 30 Bella d’erbe famiglia e d’animali, E quando vaghe di lusinghe innanzi A me non danzeran l’ore future, Nè da te, dolce amico, udrò più il verso E la mesta armonia che lo governa, Nè più nel cor mi parlerà lo spirto Delle vergini Muse e dell’amore, Unico spirto a mia vita raminga, Qual fia ristoro a’ dì perduti un sasso Che distingua le mie dalle infinite Ossa che in terra e in mar semina morte? Vero è ben, Pindemonte! Anche la Speme Ultima Dea, fugge i sepolcri; e involve Tutte cose l’obblio nella sua notte; E una forza operosa le affatica Di moto in moto; e l’uomo e le sue tombe E l’estreme sembianze e le reliquie Della terra e del ciel traveste il tempo. Ma perchè pria del tempo a sè il mortale Invidierà l’illusïon che spento Pur lo sofferma al limitar di Dite? Non vive ei forse anche sotterra, quando Gli sarà muta l’armonia del giorno, Se può destarla con soavi cure Nella mente de’ suoi? Celeste è questa Corrispondenza d’amorosi sensi, Celeste dote è negli umani; e spesso Per lei si vive con l’amico estinto E l’estinto con noi, se pia la terra 4 35 40 45 50 55 60 Che lo raccolse infante e lo nutriva, Nel suo grembo materno ultimo asilo Porgendo, sacre le reliquie renda Dall’insultar de’ nembi e dal profano Piede del vulgo, e serbi un sasso il nome, E di fiori odorata arbore amica Le ceneri di molli ombre consoli. Sol chi non lascia eredità d’affetti Poca gioja ha dell’urna; e se pur mira Dopo l’esequie, errar vede il suo spirto Fra ’l compianto de’ templi Acherontei, O ricovrarsi sotto le grandi ale Del perdono d’Iddio: ma la sua polve Lascia alle ortiche di deserta gleba Ove nè donna innamorata preghi, Nè passeggier solingo oda il sospiro Che dal tumulo a noi manda Natura. Pur nuova legge impone oggi i sepolcri Fuor de’ guardi pietosi, e il nome a’ morti Contende. E senza tomba giace il tuo Sacerdote, o Talia, che a te cantando Nel suo povero tetto educò un lauro Con lungo amore, e t’appendea corone; E tu gli ornavi del tuo riso i canti Che il Lombardo pungean Sardanapalo Cui solo è dolce il muggito de’ buoi Che dagli antri abdùani e dal Ticino Lo fan d’ozi bëato e di vivande. O bella Musa, ove sei tu? Non sento 5 65 70 75 80 85 90 Spirar l’ambrosia, indizio del tuo Nume, Fra queste piante ov’io siedo e sospiro Il mio tetto materno. E tu venivi E sorridevi a lui sotto quel tiglio Ch’or con dimesse frondi va fremendo Perchè non copre, o Dea, l’urna del vecchio Cui già di calma era cortese e d’ombre. Forse tu fra plebei tumuli guardi Vagolando, ove dorma il sacro capo Del tuo Parini? A lui non ombre pose Tra le sue mura la città, lasciva D’evirati cantori allettatrice, Non pietra, non parola; e forse l’ossa Col mozzo capo gl’insanguina il ladro Che lasciò sul patibolo i delitti. Senti raspar fra le macerie e i bronchi La derelitta cagna ramingando Su le fosse e famelica ululando; E uscir del teschio, ove fuggìa la Luna, L’ùpupa, e svolazzar su per le croci Sparse per la funerea campagna, E l’immonda accusar col luttùoso Singulto i rai di che son pie le stelle Alle obblïate sepolture. Indarno Sul tuo poeta, o Dea, preghi rugiade Dalla squallida notte. Ahi! sugli estinti Non sorge fiore ove non sia d’umane Lodi onorato e d’amoroso pianto. Dal dì che nozze e tribunali ed are 6 95 100 105 110 115 Dier alle umane belve esser pietose Di sè stesse e d’altrui, toglieano i vivi All’etere maligno ed alle fere I miserandi avanzi che Natura Con veci eterne a sensi altri destina. Testimonianza a’ fasti eran le tombe, Ed are a’ figli; e uscian quindi i responsi De’ domestici Lari, e fu temuto Su la polve degli avi il giuramento: Religïon che con diversi riti Le virtù patrie e la pietà congiunta Tradussero per lungo ordine d’anni. Non sempre i sassi sepolcrali a’ templi Fean pavimento; nè agl’incensi avvolto De' cadaveri il lezzo i supplicanti Contaminò, nè le città fur meste D'effigïati scheletri: le madri Balzan ne’ sonni esterrefatte, e tendono Nude le braccia su l'amato capo Del lor caro lattante onde nol desti Il gemer lungo di persona morta Chiedente la venal prece agli eredi Dal santuario. Ma cipressi e cedri Di puri effluvj i zefiri impregnando Perenne verde protendean su l'urne Per memoria perenne, e prezïosi Vasi accogliean le lagrime votive. Rapían gli amici una favilla al Sole 7 120 125 130 135 140 145 A illuminar la sotterranea notte Perchè gli occhi dell’uom cercan morendo Il Sole; e tutti l’ultimo sospiro Mandano i petti alla fuggente luce. Le fontane versando acque lustrali Amaranti educavano e vïole Su la funebre zolla; e chi sedea A libar latte e a raccontar sue pene Ai cari estinti, una fragranza intorno Sentía qual d’aura de’ beati Elisi. Pietosa insania che fa cari gli orti De’ suburbani avelli alle britanne Vergini dove le conduce amore Della perduta madre, ove clementi Pregaro i Genj del ritorno al prode Che tronca fe’ la trïonfata nave Del maggior pino, e si scavò la bara. Ma ove dorme il furor d’inclite geste E sien ministri al vivere civile L’opulenza e il tremore, inutil pompa E inaugurate immagini dell’Orco Sorgon cippi e marmorei monumenti. Già il dotto e il ricco ed il patrizio vulgo, Decoro e mente al bello Italo regno, Nelle adulate reggie ha sepoltura Già vivo, e i stemmi unica laude. A noi Morte apparecchi riposato albergo Ove una volta la fortuna cessi 8 150 155 160 165 170 175 Dalle vendette, e l’amistà raccolga Non di tesori eredità, ma caldi Sensi e di liberal carme l’esempio. A egregie cose il forte animo accendono L’urne de’ forti, o Pindemonte; e bella E santa fanno al peregrin la terra Che le ricetta. Io quando il monumento Vidi ove posa il corpo di quel grande Che temprando lo scettro a’ regnatori Gli allôr ne sfronda, ed alle genti svela Di che lagrime grondi e di che sangue; E l'arca di colui che nuovo Olimpo Alzò in Roma a’ Celesti; e di chi vide Sotto l'etereo padiglion rotarsi Più mondi, e il Sole irradïarli immoto, Onde all’Anglo che tanta ala vi stese Sgombrò primo le vie del firmamento; Te beata, gridai, per le felici Aure pregne di vita, e pe’ lavacri Che da’ suoi gioghi a te versa Apennino! Lieta dell’äer tuo veste la Luna Di luce limpidissima i tuoi colli Per, vendemmia festanti, e le convalli Popolate di case e d’oliveti Mille di fiori al ciel mandano incensi: E tu prima, Firenze, udivi il carme Che allegrò l’ira al Ghibellin fuggiasco, E tu i cari parenti e l’idïoma Desti a quel dolce di Calliope labbro 9 180 185 190 195 200 205 Che Amore in Grecia nudo e nudo in Roma D’un velo candidissimo adornando, Rendea nel grembo a Venere Celeste: Ma più beata chè in un tempio accolte Serbi l’Itale glorie, uniche forse Da che le mal vietate Alpi e l’alterna Onnipotenza delle umane sorti Armi e sostanze t’invadeano ed are E patria e, tranne la memoria, tutto. Che ove speme di gloria agli animosi Intelletti rifulga ed all’Italia, Quindi trarrem gli auspicj. E a questi marmi Venne spesso Vittorio ad ispirarsi. Irato a’ patrii Numi, errava muto Ove Arno è più deserto, i campi e il cielo Desïoso mirando; e poi che nullo Vivente aspetto gli molcea la cura, Qui posava l’austero; e avea sul volto Il pallor della morte e la speranza. Con questi grandi abita eterno: e l’ossa Fremono amor di patria. Ah sì! da quella Religïosa pace un Nume parla: E nutría contro a’ Persi in Maratona Ove Atene sacrò tombe a’ suoi prodi, La virtù greca e l’ira. Il navigante Che veleggiò quel mar sotto l’Eubea, Vedea per l’ampia oscurità scintille Balenar d’elmi e di cozzanti brandi, Fumar le pire igneo vapor, corrusche 10 210 215 220 225 230 D’armi ferree vedea larve guerriere Cercar la pugna; e all’orror de’ notturni Silenzi si spandea lungo ne’ campi Di falangi un tumulto e un suon di tube E un incalzar di cavalli accorrenti Scalpitanti su gli elmi a’ moribondi, E pianto, ed inni, e delle Parche il canto. Felice te che il regno ampio de’ venti, Ippolito, a’ tuoi verdi anni correvi! E se il piloto ti drizzò l’antenna Oltre l’isole Egée, d’antichi fatti Certo udisti suonar dell’Ellesponto I liti, e la marea mugghiar portando Alle prode Retée l’armi d’Achille Sovra l’ossa d’Ajace: a’ generosi Giusta di glorie dispensiera è morte; Nè senno astuto nè favor di regi All’Itaco le spoglie ardue serbava, Chè alla poppa raminga le ritolse L’onda incitata dagl’inferni Dei. E me che i tempi ed il desio d’onore Fan per diversa gente ir fuggitivo, Me ad evocar gli eroi chiamin le Muse Del mortale pensiero animatrici. Siedon custodi de’ sepolcri, e quando Il tempo con sue fredde ale vi spazza Fin le rovine, le Pimplée fan lieti Di lor canto i deserti, e l’armonia Vince di mille secoli il silenzio. 11 235 240 245 250 255 260 Ed oggi nella Tróade inseminata Eterno splende a’ peregrini un loco Eterno per la Ninfa a cui fu sposo Giove, ed a Giove die’ Dárdano figlio Onde fur Troja e Assáraco e i cinquanta Talami e il regno della Giulia gente. Però che quando Elettra udì la Parca Che lei dalle vitali aure del giorno Chiamava a’ cori dell’Eliso, a Giove Mandò il voto supremo: E se, diceva, A te fur care le mie chiome e il viso E le dolci vigilie, e non mi assente Premio miglior la volontà de’ fati, La morta amica almen guarda dal cielo Onde d’Elettra tua resti la fama. Così orando moriva. E ne gemea L’Olimpio; e l’immortal capo accennando Piovea da crini ambrosia su la Ninfa E fe’ sacro quel corpo e la sua tomba. Ivi posò Erittonio, e dorme il giusto Cenere d’Ilo; ivi l’Iliache donne Sciogliean le chiome, indarno ahi! deprecando Da’lor mariti l’imminente fato; Ivi Cassandra, allor che il Nume in petto Le fea parlar di Troja il dì mortale, Venne; e all’ombre cantò carme amoroso, E guidava i nepoti, e l’amoroso Apprendeva lamento a’ giovinetti. E dicea sospirando: Oh se mai d’Argo, 12 265 270 275 280 285 290 Ove al Tidíde e di Laérte al figlio Pascerete i cavalli, a voi permetta Ritorno il cielo, invan la patria vostra Cercherete! Le mura opra di Febo Sotto le lor reliquie fumeranno. Ma i Penati di Troja avranno stanza In queste tombe; chè de’ Numi è dono Servar nelle miserie altero nome. E voi palme e cipressi che le nuore Piantan di Príamo, e crescerete ahi presto Di vedovili lagrime innaffiati, Proteggete i miei padri: e chi la scure Asterrà pio dalle devote frondi Men si dorrà di consanguinei lutti E santamente toccherà l’altare. Proteggete i miei padri. Un dì vedrete Mendico un cieco errar sotto le vostre Antichissime ombre, e brancolando Penetrar negli avelli, e abbracciar l’urne, E interrogarle. Gemeranno gli antri Secreti, e tutta narrerà la tomba Ilio raso due volte e due risorto Splendidamente su le mute vie Per far più bello l’ultimo trofeo Ai fatati Pelidi. Il sacro vate, Placando quelle afflitte alme col canto, I Prenci Argivi eternerà per quante Abbraccia terre il gran padre Oceáno. E tu onore di pianti, Ettore, avrai 13 295 Ove fia santo e lagrimato il sangue Per la patria versato, e finchè il Sole Risplenderà su le sciagure umane. NOTE Ho desunto questo modo di poesia da’ Greci i quali dalle antiche tradizioni traevano sentenze morali e politiche presentandole non al sillogismo de’ lettori, ma alla fantasia ed al cuore. Lasciando agl’intendenti di giudicare sulla ragione poetica e morale di questo tentativo, scriverò le seguenti note onde rischiarare le allusioni alle cose contemporanee, ed indicare da’ quali fonti ho ricavato le tradizioni antiche. PAGINA 3 . . . . il verso E la mesta armonia che lo governa. Epistole, e Poesie campestri d’Ippolito Pindemonte. PAG. 5 Fra ’l compianto de’ templi Acherontei. Nam jam saepe homines patriam carosque parenteis Prodiderunt vitare Acherusia TEMPLA petentes.1 E chiamavano Templa anche i cieli.2 14 PAGINA 5 . . . . i canti Che il Lombardo pungean Sardanapalo. Il Giorno di Giuseppe Parini. PAG. 5 Fra queste piante ov’io siedo. . . . Il boschetto de’ tigli nel sobborgo orientale di Milano. PAG. 6 . . . .fra plebei tumuli. . . . Cimiterj suburbani a Milano. PAG. 6 Testimonianza a’ fasti eran le tombe. Se gli Achei avessero innalzato un sepolcro ad Ulisse, oh quanta gloria ne sarebbe ridondata al suo figliuolo!3 PAG. 7 15 . . . . are a’ figli. Ergo instauramus Polydoro funus et ingens Aggeritur tumulo tellus, stant manibus ARAE Coeruleis moestae vittis atraque cupresso.4 Uso disceso sino a’ tempi tardi di Roma, come appare da molte iscrizioni funebri. PAGINA 7 . uscian quindi i responsi De’ domestici Lari. Manes animae dicuntur melioris meriti quae in corpore nostro Genii dicuntur; corpori renuntiantes, Lemures; cum domos incursionibus infestarent, Larvae; contra si faventes essent, LARES familiares.5 PAG. 7 . . . . prezïosi Vasi accogliean le lagrime votive, e seg. I vasi lacrimatorj, le lampade sepolcrali, e i riti funebri degli antichi. PAG. 8 16 Amaranti educavano e vïole Su la funebre zolla. Nunc non e manibus illis, Nunc non e tumulo fortunataque favilla Nascentur violae?6 PAGINA 8 . . . . e chi sedea A libar latte. Era rito de’ supplicanti e de’ dolenti di sedere presso l’are e i sepolcri: Illius ad tumulum fugiam supplexque sedebo Et mea cum muto fata querar cinere.7 PAG. 8 . . . . una fragranza intorno Sentìa qual d’aura de’ beati Elisi. Memoria Josiae in compositione unguentorum facta opus pigmentarii.8 E in urna sepolcrale: ΕΝ ΜΥΡΟΙΣ ΣΟΥ ΤΕΚΝΟΝ Η ΨΥΧΗ Negli unguenti, o figliuolo, l'anima tua9. 17 PAG. 8 . . . . le Britanne Vergini. Vi sono de’ grossi borghi e delle piccole città in Inghilterra, dove precisamente i campi santi offrono il solo passeggio pubblico alla popolazione; vi sono sparsi molti ornamenti e molta delizia campestre.10. PAGINA 8 . . . . al prode Che tronca fe’ la trionfata nave Del maggior pino, e si scavò la bara. L’ammiraglio Nelson prese in Egitto a’ Francesi l’Oriente vascello di primo ordine, gli tagliò l’albero maestro, e del troncone si preparò la bara, e la portava sempre con sè. PAG. 9 . . . . il monumento Vidi ove posa il corpo di quel grande, e seg. Mausolei di Nicolò Macchiavelli; di Michelangelo architetto del Vaticano; di Galileo precursore del Newton; e d’altri grandi nella chiesa di santa Croce in Firenze. 18 PAG. 9-10 E tu prima, Firenze, udivi il carme Che allegrò l’ira al Ghibellin fuggiasco. È parere di molti storici che la divina Commedia fosse stata incominciata prima dell’esilio di Dante PAG. 10 . .i cari parenti e l’idïoma Desti a quel dolce di Calliope labbro. Il Petrarca nacque nell’esilio di genitori fiorentini. PAGINA 10 . . . . Venere Celeste. Gli antichi distingueano due Veneri; una terrestre e sensuale, l’altra celeste e spirituale;11 ed aveano riti e sacerdoti diversi. PAG. 10 Irato a’patrii Numi errava muto Ove Arno è più deserto. 19 Così io scrittore vidi Vittorio Alfieri negli ultimi anni della sua vita. Giace in santa Croce. PAG. 11 Ove Atene sacrò tombe a’ suoi prodi. Nel campo di Maratona è la sepoltura degli Ateniesi morti nella battaglia; e tutte le notti vi s’intende un nitrir di cavalli, e veggonsi fantasmi di combattenti.12 — Nel campo di Maratona veggonsi sparsi assai tronchi di colonne e reliquie di marmi e cumuli di pietre, e un tumulo fra gli altri simile a quelli della Troade13. L’isola d’Eubea siede rimpetto alla spiaggia ove sbarcò Dario. PAGINA 11 . . . . delle Parche il canto. Veridicos Parcae coeperunt edere cantus14. Le parche cantando vaticinavano le sorti degli uomini nascenti e de’ morenti. PAG. 11 . . . . dell’Ellesponto I liti. 20 Gli Achei innalzino a’ loro Eroi il sepolcro presso l'ampio Ellesponto, onde i posteri navigatori dicano: Questo è il monumento d’un prode anticamente morto15. E noi dell’esercito sacro de’ Danai ponemmo, o Achille, le tue reliquie con quelle del tuo Patroclo, edificandoti un grande ed inclito monumento ove il lito più eccelso nell’ampio Ellesponto, acciocchè dal lontano mare si manifesti agli uomini che vivono e che vivranno in futuro16. PAG. 11 Alle prode Retée l’armi d’Achille Sovra l'ossa d’Ajace. Lo scudo d’Achille innaffiato del sangue d’Ettore fu con iniqua sentenza aggiudicato al Laerziade; ma il mare lo rapì al naufrago facendolo nuotare non ad Itaca, ma alla tomba d’Ajace; e manifestando il perfido giudizio de’ Danai, restituì a Salamina la dovuta gloria17. Ho udito che questa fama delle armi portate dal mare sul sepolcro del Telamonio prevaleva presso gli Eolii che posteriormente abitarono Ilio18. — Il promontorio Retèo che sporge sul Bosforo Tracio è celebre presso tutti gli antichi per la tomba d’Ajace. PAG. 12 Eterno . . . . un loco. I recenti viaggiatori alla Troade scopersero le reliquie del sepolcro d’Ilo antico Dardanide19. PAG. 12 21 . . . La ninfa a cui fu sposo Giove ed a Giove diè Dardano figlio. Tra le molte origini de’ Dardanidi, trovo in due scrittori greci20 che da Giove e da Elettra, figlia di Atlante, nacque Dardano. Genealogia accolta da Virgilio e da Ovidio21. PAGINA 13 . . . L’Iliache donne Sciogliean le chiome. Uso di quelle genti nell’esequie e nelle inferie: Stant manibus arae, Et circum Iliades crinem de more solutae22. PAG. 13 Cassandra. Fatis aperit Cassandra futuris Ora, Dei jussu, non umquam credita Teucris23. PAG. 14 Mendico un cieco. Omero ci tramandò la memoria del sepolcro d’Ilo24. 22 È celebre nel mondo la povertà e la cecità del sovrano Poeta. Quel sommo D’occhi cieco, e divin raggio di mente, Che per la Grecia mendicò cantando: Solo d’Ascra venian le fide amiche Esulando con esso, e la mal certa Con le destre vocali orma reggendo Cui poi tolto alla terra, Argo ed Atene, E Rodi a Smirna cittadin contende: E patria ei non conosce altra che il cielo25. Poesia di un giovine ingegno nato alle lettere e caldo d’amor patrio: la trascrivo per tutta lode, e per mostrargli quanta memoria serbi di lui il suo lontano amico. PAG. 14 Ilio raso due volte. Da Ercole26, e dalle Amazzoni27 PAG. 14 Ai fatali Pelidi. Achille, e Pirro ultimo distruttore di Troja. 1. ↑ Lucrezio, lib. III, 85 23 2. ↑ Terenzio, Eunuco Att. III, Sc. 5, Ed Ennio presso VARRONE de L. L. lib. VI. 3. ↑ Odissea, lib. XIV, 369. 4. ↑ Virgilio, Eneid. lib. III, 62. ibid. 305. lib. VI, 177, ARA SEPULCRI. 5. ↑ Apulejo, de Deo Socratis. 6. ↑ Persio, Sat. 1, 38. 7. ↑ Tibullo, lib. II, eleg. VIII 8. ↑ Ecclesiastic. cap XLIX, I. 9. ↑ Iscrizioni antiche illustrate dall’abate Gaetano Marini p. 184. 10. ↑ Ercole Silva, Arte de’ giardini inglesi p. 327. 11. ↑ Platone: nel Convito; e Teocrito, Epigram. xiii. 12. ↑ Pausania, Viaggio nell’Attica, cap. XXXII. 13. ↑ Voyage dans l’Empire Othoman, l’Egypte et la Perse par G. A. Olivier; Tom. Vi, chap. xiii. 14. ↑ Catullo, Nozze di Tetide vers. 306. 15. ↑ Iliade, lib. VII, 86. 16. ↑ Odissea, lib. XXIV, 76 e seg. 17. ↑ Analecta veterum Poetarum, editore Brunch, vo. III, Epigram. anonimo CCCXC. 18. ↑ Pausania, Viaggio nell’Attica, cap. XXXV. 19. ↑ Le Chevalier, Voyage dans la Troade, seconda edizione. — Notizie d’un viaggio a Costantinopoli dell’ambasciadore inglese Liston, di M. Hawhins, e del D. Dallaway. 20. ↑ Lo scoliaste antico di Licofrone al verso 19. — Apollodoro, Bibliot. lib. III, cap. 12. 21. ↑ Eneide, lib. VIII, 134. — Fasti, lib. IV, 31. 22. ↑ Virgilio Eneide lib. III, 65. 23. ↑ Idem, lib, II, 246. 24. ↑ Iliade, lib. XI, 166. 25. ↑ Versi d’Alessandro Manzoni in morte di Carlo Imbonati. 26. ↑ Pindaro, Istmica V. epod. 2. 27. ↑ Iliade, lib. III, 189. Note 24 Informazioni su questa edizione elettronica: Questo ebook proviene da Wikisource in lingua italiana[1]. Wikisource è una biblioteca digitale libera, multilingue, interamente gestita da volontari, ed ha l'obiettivo di mettere a disposizione di tutti il maggior numero possibile di libri e testi. Accogliamo romanzi, poesie, riviste, lettere, saggi. Il nostro scopo è offrire al lettore gratuitamente testi liberi da diritti d'autore. Potete fare quel che volete con i nostri ebook: copiarli, distribuirli, persino modificarli o venderli, a patto che rispettiate le clausole della licenza Creative Commons Attribuzione - Condividi allo stesso modo 3.0 Unported[2]. Ma la cosa veramente speciale di Wikisource è che anche tu puoi partecipare. Wikisource è costruita amorevolmente curata da lettori come te. Non esitare a unirti a noi. Nonostante l'attenzione dei volontari, un errore può essere sfuggito durante la trascrizione o rilettura del testo. Puoi segnalarci un errore a questo indirizzo: http://it.wikisource.org/wiki/Segnala_errori 25 I seguenti contributori hanno permesso la realizzazione di questo libro: OrbiliusMagister Alex brollo Xavier121 Federicor Candalua Il modo migliore di ringraziarli è diventare uno di noi :-) A presto. 1. ↑ http://it.wikisource.org 2. ↑ http://www.creativecommons.org/licenses/by- sa/3.0/deed.it