Ú MlolEbookReader Modifica ® W ^ $ ^ 25% O. QABC-esteso Mar 13:07 Q, © ;= • o • MlolEbookReader - II racconto delia Commedia O ■ CANTO 2 II cielo delia Luna Dante autore ammonisce i lettori: «Voi che, desiderosi di ascoltare il mio canto, ave-te seguito la nave della mia poesia a bordo di una fragile barca (quella della sapienza umana), tomate da dove siete partiti, non vi mettete in mare aperto, perché, perden-domi di vista, smarrireste la rotta. Nessuno ha mai navigato il mare in cui mi inol-tro: Minerva (dea della sapienza) soffia nelle mie vele, Apollo (dio della poesia) gover-na la nave, tutte e nove le Muse orientano la rotta. Solo voi pochi che fin da giovani vi siete nutriti della sapienza celeste potete inoltrarvi in alto mare dietro alla mia scia». Lui e Beatrice salivano velocemente verso il regno divino: Beatrice guardava in alto, Dante guardava lei. In un baleno giunse lá dove la sua attenzione fu attratta da qualcosa di portentoso. Beatrice, che conosceva ogni suo desiderio di sapere, gli disse gioiosa: «Ringrazia Dio che ci ha fatto arrivare al pianeta piú vicino alla Ter-ra» {la luna). Dante concepisce i pianeti e le stellefisse come globi compatti incastonati nello spessore della sféra diafana, il cielo, che ruota intorno alla Terra. Nella sua salita immagina sempře di giungere in quel punto del cielo nel quale é collocato il pianeta. Dante si ritrovo avvolto da una nube luminosa, densa, solida e levigata, quasi fosse un diamante colpito dai raggi del sole. Era penetrato all'interno di quella gemma incorruttibile alio stesso modo in cui un raggio di luce attraversa 1'acqua, Q P OS cioe senza disgregarla. Eppure lui era un corpo, e qui sulla Terra e inconcepibile che due corpi possano occupare simultaneamente lo stesso spazio, come avverreb-be se uno penetrasse nell'altro senza alterarlo: ebbene, questo misterioso fenomeno dovrebbe accendere il desiderio di contemplare l'ancor piü profondo mistero di Cristo, nel quale si compenetrano la natura umana e quella divina. Mistero che per gli uomini e un atto di fede, ma che in Paradiso si chiarirä di per se stesso, senza bisogno di dimostrazioni. Dante rispose a Beatrice che ringraziava Dio il piü devotamente possibile, ma le chiese anche di spiegargli cosa fossero quelle macchie scure sulla superficie lunare che, sulla Terra, inducono la gente a favoleggiare di Caino. Una leggenda popolare voleva che Caino, maledetto da Dio, fosse stato relegato sulla luna e ivi condannato a portare sulle spalte in eterno unfascio di spine. Beatrice sorrise con indulgenza e poi lo invito a dire quale fosse la sua spiegazio-ne del fenomeno. E questi: «Credo che le variazioni di luce che dalla Terra vediamo nei corpi celesti dipendano dalla loro diversa densitä». E la teoria fisico-quantitativa, di origine aristotelica, che Dante aveva fatta sua nel se-condo libro del Convivio. A essa Beatrice opporra come unica vera spiegazione quella me-tafisico-qualitativa di origine neoplatonica: e cioe che le differenze di luminositä dipendono dalla maggiore o minore potenza dell'influsso che Dio trasmette dal cielo piü alto a quelli sottostanti. Beatrice comincio a confutare la credenza di Dante partendo da un principio generale che si ricava osservando l'ottavo cielo, quello delle Stelle Fisse: esso contiene innumerevoli astri tra loro differenziati per dimensione, intensitä di luce e colore; ebbene, se queste variazioni dipendessero soltanto da un fatto quantitativo, cioe dal diverso grado di densitä della loro materia, allora essi dovrebbero esercitare il medesimo tipo di influsso, ma siccome gli influssi che da essi promanano sono • MlolEbookReader Modifica <® W |£ ^ $ ^ 25% O. QABC-esteso Mar 13:07 Q, © ~ • o • MlolEbookReader - II racconto della Commedia O ■ I qualitativamente differenti, ne consegue che qualitativamente diversi sono i princi-pi formali, cioě le essenze, che li determinano. La credenza di Dante, invece, pre-supponeva che tutto dipendesse unicamente dalla densitá. Per quanto riguardava poi le macchie lunari, se esse fossero effetto di una rarefazione della densitá, biso-gnerebbe ammettere o che le zone rarefatte attraversassero il pianeta da una parte all'altra per tutto il suo spessore o che esso fosse formato da strati di diversa densitá, cosi come un corpo animale alterna tessuti grassi e tessuti magri. Se la prima ipotesi fosse corretta, durante le eclissi solari la luce del sole trasparirebbe attraver-so le smagliature del pianeta, e ció non avviene. Se fosse vera la seconda, ci sarebbe pur sempře dietro a quella rarefatta una zona densa che non lascerebbe passare la luce e quindi la rifrangerebbe. In questo caso Dante potrebbe supporre che i raggi riflessi dagli strati piú interni siano piú oscuri di quelli riflessi dalla superficie. Ma 1'esperienza dimostra che 1'immagine riflessa da uno specchio lontano ě, si, meno grande di quella riflessa da specchi piú vicini a chi guarda, ma ha la medesima intensita luminosa. Dunque, nemmeno questa poteva essere la causa delle macchie lunari. A questo punto Beatrice espose quale fosse la loro vera causa. Spiegó che nel cie-lo materiále (nono cielo o Primo Mobile) che ruota circoscritto dall'Empireo (unico dělo interamente spirituále) ě potenzialmente contenuta 1'esistenza dell'intero universo sensibile. II cielo sottostante (ottavo o delle Stelle Fisse) distribuisce quella potenziali-tá indistinta a tutte le costellazioni. Gli altri sette cieli dispongono in modi distinti le virtú ricevute dall'alto in modo che esse possano produrre i loro effetti sulla Terra. Dunque, come Dante poteva vedere, le sfere celesti distribuiscono sotto di loro 1'influenza che ricevono dall'alto. II movimento e gli influssi dei sette cieli piú bassi sono determinati dalle gerarchie angeliche che presiedono a ciascun cielo; anche 1'ottavo, che si adorna di taňte stelle, prende la sua impronta dallTntelligenza ange- o, p lica che lo muove (Cherubíni), e questa, pur rimanendo sempře una in sé stessa, di-spiega e moltiplica la propria virtú benefica di cielo in cielo. Cosi diversificata, tale virtú produce differenti combinazioni unendosi ai preziosi corpi celesti ai quali in-fonde vita. E siccome promana dalla letizia degli angeli, tale virtú si manifesta nei singoli corpi celesti coi quali si amalgáma attraverso lo splendore luminoso. Da essa deriva la diversitá di luce da Stella a Stella, non da diverse gradazioni di densitá. piú informazioni