genere di follia pero, nel caso che, come avviene comunemcnte incli ' re, ě di spasso straordinario non solo per chi ne ě preso, ma ánch ^'3Ce" ehe stanno a contemplarlo, e non per questo son pazzi! Tal genere d'^f f[ ?Ue'^ fatti abbraccia un numero di casi molto maggiore ehe non creda la ' 'r uno fuor di cervello ride di un altro fuor di cervello come lui e sfti^' ^.vo'tl altro; ma non ě raro il caso che chi ě piii squinternato ride ď" j^acere e ľun J meno lo é (Erasmo da Rotterdam, Elogio delia Paz xxxv>", pp. 61-63) Esercizi 1. Dando la parola direttamente alia Pazzia, Erasmo opera una serie di sottil' e ambigui rovesciamenti: quel che dice la Pazzia puö essere un positivo rove sciamento del senso comune e la rivelazione di una veritä profonda, oppure puö essere un modo pazzo o astuto di pensare. Cercate qualche esempio nei testi riportati, di rovesciamento di valori o nozioni comuni, e descriveteVat-teggiamento dell'autore verso di esso. 2. Uno dei temi importanti di questi capitoli e quello della maschera e della commedia. Come sviluppa questo tema il testo? Come si puö collegarlo con il tema della follia? Ľ Elogio della Pazzia. Composta da Erasmo ne1 1509. duranteil suo secondo soggiorno inglese, ľopera fu pubblicata a Parigi nel 1 511 con titolo greco e latino: Moiias Encomion seu Stu/titiae Laus (« Elogio della Pazzia », ma anche « Elogio di íommaso Moro», al quale lo seritto ě dedicato). La Pazzia. personificata in una donna che muta continuamente proposito, ě la protagonista assoluta della satira. Di fronte a una grande assemblea che riunisce tutte le nazioni, le classi e le etä, essa annunzia di voler fare ľelogio di se stessa: nessuno infatti ha mai osato tributarle lodi. anche se tutti si ispirano a essa nelľagire e contribuiscono al suo trionfo. La protagonista interpella i convenuti e dimostra quanto peso abbia la Pazzia nelľopera di ognuno di essi: loda in tal modo, con una continua inversione ironica, ciô che andrebbe biasimato, e mostra la sua polenza in ogni aspetto della vita. La satira di Erasmo prende di mira in primo luogo la teológia scolastica e le su-perstizioni monastiche, ma attacca anche molte altre categorie di « folii retori, grammatici, poeti, giureconsulti, filosofi, re e cortigiani, cardinali e papi. Proposte di lettura e ricerca Sulla follia (presente come tema nel Narrenschiff, o N ave dei folli del tedesco S. Brant, nei quadri di Bosch, ecc.) potete leggere: T. Lefcbvre, Les fotí e folie, Parigi, 1968; AA.VV., Ľumanesimo t la follia, a eura di E. Castelb, Roma, Abete, 1971; M. Foucault, Storia della follia. Miláno, Rizzolt BUK, 19 7 83. T218 II mondo della luna "vanti mt désakhne "e ílííVT í L,"dov'c" Ariosto (del quale dkmo f& ■a), é divenuto pazzo (furioso) Pd stato bestialc in cíti si trova, p"'te "more. Astolfo','p^7lt,Ĺ"n g leítur«>- i divenuto paz I . Per rinsavtrlo e strappado alio con l'ippogrifo, alla ricerca del suo senno. A m corm> im......to, libera il re Senapo dalla prsenza iJS j7 TT0 »elUnferno t auindt vola sino al ?ladln£™™ O^Zn d^'f- Scende mm, cht more, e con lui sale suUa t7a%UQZ„T!lf° ^ GT, bhzarro Astolfo, che qui viene descritto ° M" lmä' mm° 4 72 Altri fiumi, altri laghi, altre Campagne sono lä su, che non son qui tra noi; altri piani, altre valli, altre montagne, c'han le cittadi, hanno i castelli suoi, con case de le quai mai le piü magne non vide il paladin prima ne poi; e vi sono ample e solitarie selve, ove le ninfe ognor cacciano belve. 73 Non stette il duca a ricercare il tutto; che lä non era asceso a quello effetto. Da l'apostolo santo fu condutto in un vallon fra due montagne istretto, ove mirabiJmente era ridutto ciö che si perde o per nostro diffetto, 0 per colpa di tempo o di Fortuna: ciö che si perde qui, lä si raguna. 74 Non pur di regni o di ricchezze parlo, in che la ruota instabile lavora; ma di quel ch'in poter di tor, di darlo non ha Fortuna, intender voglio ancora. Molta fama t lä su, che, come tarlo, il tempo al lungo andar qua giü divora: lä su infiniti prieghi e voti stanno, che da noi peccatori a Dio st fanno. 75 Le lacrime e i sospiri degli amanti, l'inutil tempo che si perde a giuoco, e l'ozio lungo d'uomini ignoranti, vani disegni che non han mai loco, 1 vani desideri sono tanti, 74,3-4. B***"*. 1, Foriuni 72,1. Altri, ben diversi. 72.4. castelli, villaggi. mimiramente. ','J, n,,euc cose chc 1» ™ „-[jole 73 1. ricercae il tutto, "P'0."1^'" ch? ita P<>'^,dl 73,3. ('apoštole santo, san Giovann. , nte 73.5. ove...ridutto, dove era miraeu raccolto. 73.6. difetlo, colpa. 74,1. Non put, non solo. . , ruota mo-74Í2. in che.:.Uvora, su cui opera 9*9 37717368 die la piú parte ingombran di quel loco: cio che in somma qua giu perdesti mai, la su salendo ritrovar potrai. 76 Passando il paladin per quelle biche, or di questo or di quel chiede alia guida. Vide un monte di tumide vesiche, che dentro parea aver tumulti e grida; e seppe ch'eran le corone antiche e degli Assirii e de la terra lida, e de' Persi e de' Greci, che giá furo incliti, et or n'e quasi il nome oscuro. 77 Ami ďoro e d'argento appresso vede in una massa, ch'erano quei doni che si fan con speranza di mercede ai re, agli avari principi, ai patroni. Vede in ghirlande ascosi lacci; e chiede, et ode che son tutte adulazioni. Di cicale scoppiate imagine hanno versi ch'in laude dei signor si fan no. 78 Di nodi ďoro e di gemmati ceppi vede c'han forma i mal seguiti amori. V'eran d'aquile artigli; e che fur, seppi, l'autorita ch'ai suoi dánno i signoři. I mantici ch'intorno han pieni i greppi, sono i fumi dei principi e i favori che dánno un tempo ai ganimedi suoi, che se ne van col fior degli anni poi. 79 Ruine di cittadi e di castella stavan con gran tesor quivi sozzopra. Domanda, e sa che son trattati, e quella congiura che si mal par che si cuopra. 76.1. biche, mucchi. 76,3. tumide vesiche, vesciche rigonrk. 76.6. tena lida, il tegno di Lidia, in Asia minore. 77.3. mercede, ricompensa. 77.4. patroni, piatettori. 77.7. scoppiate, per il troppo e vano cantare. 78.2. mal... amori, gli amori sfortunati, che ci fanno spendere invano tempo ed energie. 78.3. seppi, per averlo letto in Turpino. £ il consueto riferimento ironico alla fonte immagi-natia di Ariosto. Turpino, arcivescovo di Reims al tempo di Carlomagno, e il presunto autore di una ctonaca dei fatti di Carlomagno scritta in latino e probabilmente messa insieme da autoři diversi (secc. xi-xn). : 78,5. han... greppi, riempiono i pendu scoscea delle valli. . r, 78,7. un tempo, per breve tempo; gan'met'' n& voriti. Ganimede, giovane figlio di TrolV s Troia, fu rapito in cielo da Giove per tare coppiere degli dei. Vide serpi con faccia di donzella, di monetieri e di ladroni Yopra: ' poi vide boccie rotte di piu sorti, ch'era il servir de le misere cotti. 80 Di versate minestre una gran massa vede, e domanda al suo dottor ch'importe. — L'elemosina e (dice) che si Iassa alcun, che fatta sia dopo la morte. _ Di varii fiori ad un gran monte passa, ch'ebbe gia buono odore, or putia forte. Questo era il dono (se pero dir lece) che Constantino al buon Silvestro fece. 81 Vide gran copia di panie con visco, ch'erano, o donne, le bdlezze vostte. Lungo sara, se tutte in verso ordisco le cose che gli fur quivi dimostre; che dopo mille e mille io non hnisco, e vi son tutte 1'occurrenzie nostre: sol la pazzia non v'e poca ne assai; che sta qua giii, ne se ne parte mai. 82 Quivi ad alcuni giorni e fatti sui, ch'egli gia avea perduti, si converse; che se non era interprete con lui, non discernea le forme lor diverse. Poi giunse a quel che par si averlo a nu., che mai per esso a Dio voti non terse; io dico il senno: e n'era quivi un monte, solo assai piu che l'altre cose conte. coppiere degli del. a\ 78,8. che...poi, favori che vengono nteno venir meno delia giovinezza 79,2. sozzopra, sottosopra, confusamente. 79,3-4. trattati... cuopra, trattati violati e cu t re scoperte. yl't■"fetter}, hkm. cio' ď \ cae -porti, bocce di vetro rotte e per-a bu'tare via, quali sono i coitigiani che non ..• ' :r"Pží°r, guida, maestro; ch'importe, che cosa L'elemosina... morte, si tmta delle ele- ™°sine laschte per testamento e che gli eredi fanno. J?•'-<>■ Questo... fece, la leggendaria donazione °l Costantino a papa Silvestro a cui giá Dante j f.va Jatto tisalire la causa del potere temporale «Ha Chiesí. panie con visco, materia vischiosa per cat- turare gli uxelli. SI,}, ordisco, espongo. 81,4. dimostre, moittate. 81,6. I'occurrenzie nostre, le cote che ci e che abbiamo perduto. 822. si converse, Astolío dedko il iuo u 82.3. St.„U, se non e'en l'apottole a giiele. 82.4. diverse, ptrehé mutate in iraaxf boliche. 82,3. qui!... nm. eib che rm titmo mtri curi di possedere 82,6. che mri ...terse, ehe tnú ú tam Dio per ottenerlo. 82,8. solo... conte, dt toto mpem Ji 0 tutte le aim cote mentionate 99' 83 Era come un liquor suttile e molle, atto a esalar, se non si tien ben chiuso; e si vedea raccolto in varie ampolle, qual piü, qual men capace, atte a quell'uso. Quella b maggior di tutte, in che del folle signor d'Anglante era il gran senno infuso; e fu da l'altre conosciuta, quando avea scritto di fuor: « Senno d'Orlando ». 84 E cosi tutte l'altre avean scritto anco il nome di color di chi fu il senno. Del suo gran parte vide il duca franco; ma molto piü maravigliar lo fenno molti ch'egli credea che dramma manco non dovessero averne, e quivi denno chiara notizia che ne tenean poco; che molta quantitä n'era in quel loco. 85 Altri in amar lo perde, altri in onori, altri in cercar, scorrendo il mar, richezze; altri ne le speranze de' signori, altri dietro alle magiche sciocchezze; altri in gemme, altri in opre di pittori, et altri in altro che piü d'altro aprezze. Di sofisti e d'astrologhi raccolto, e di poeti ancor ve n'era molto. 86 Astolfo tolse il suo; che gliel concesse lo scrittor de l'oscura Apocalisse. L'ampolla in ch'era al naso sol si messe, e par che quello al luogo suo ne gisse: e che Turpin da indi in qua confesse chAstolfo lungo tempo saggio visse; ma ch'uno error che fece poi, fu quello ch'un'altra volta gli levö il cervello. 83.1. suttile e molle, leggero e sfuggente. 83.2. atto a esalar, facile a evaporare. 83,7. quando, poiché. 84.2. di chi, di cui. 84.3. franco, poiché Astolfo era inglese, si deve probabilmente intendere: valoroso, prode (e tut-tavia potrebbe essere indicato come franco in quanto paladino di Francia). 84.5. dramma manco, neppure una dramma (cioe piccolissima quantita) di meno. 84.6. dénno, diedero. 85.3. le speranze de' signori, le speranze riposte nei potenti. 85.4. magiche sciocchezze, le scienze occulte. 992 85.6. d'altro aprezze, in cose die egU apprezzi piii di tutto jl resto. 85.7. sofisti, filosofi. 86.2. lo Scrittor... Apocalisse. s.m Giovanni, autore áe\V Apocalisse, ["ultimo libro del Nuovo Te-stamento. 86.3. in ch'era, in cui c'era il suo senno. 86.4. gisse, andassc. 86.5. da indi in qua. da allora in poi. 86,7-8. ma ch'uno error. cervello, allude a jj» episodio dci Cinque Canti (iv. 54 sgg.). Astoltp rapt la moglie di un castellano e Alcina lo pum .facendolo inghiottire vivo da una balena. 87 La piü capace e piena ampo]la, ov'era . enno che solea far savio il conte, Stulln tolle; e non e sl Wiera come -stimöcon l'altre essendoa'rnonte. 1 "'»<> che I pahdin da quella sfera P'ena dl luce alle piü basse smonte menato fu da l'apostolo santo m un palagio ov'era un fiume a canio; 88 ch'ogni sua stanza avea piena di velli di lin, di seta, di coton, di Jana, tinti in varii colori e brutti e belli. Nel primo chiostro una kmim cana nla a un aspo traea da tutd quelli, come veggiän Testate la villana traer dai bachi Ie bagnate spoglie, quando la nuova seta si raccoglie. 89 Ve chi, finita un vello, nmettendo ne viene un altro, e chi ne poita altronde: unaltra de le Rlze va scegliendo il bei dal brutto che quella conionde. — Che lavoT si fa qui, ch'io non l'intendo? dice a Giovanni Astolto; e quel tisponde: — Le vecchie son le Furche, che con tali stami Ulano vite a voi mottali. 90 Quanto dura un de' velli, tanto dura l'umana vita, e non di piü un momento. Qui tien Vocchio e la Motte e la Natura, per saper Tora ch'un debba esser spento. Sceglier le belle isla ha l'altia cura, petche si tesson poi per omamento 87,2. il conte, Orlando era „el mucch« &% con l'altre...monte,^ con le altre. OT / _______1 con le altre. 87,6. smonte, scendesse. ^ qui 87,8. os'^a ... ä canto, accan un fiume. : scorreva un fiume. ,. .,-_(,« da ÖMe' ..nUta: 88,1. twUt, batuffoli, bioccoH donna é la prima delle Parcfe, W wttl gl* filare indistintamente la vi» Conrad.«*' £0. 88,6-8. la villana ■■-l**^' aver immerso ü bozzolo ne ^ ^ mincia a filarlo. , gnito un ve 89,1-2. Ve chi... ä/ítoí!^. n te (cfr. 90,3) ne mette un altro, raenirr la San» (cfr. 90,3) porta sempře da alt» part* i »uoW velli. 89,3-4. un'allra... con/onJe, la KConda Patt*. * difíerenza delia prima, distingue il betío dál tvuf-to, il buono dal cattivo, govctnando I dtataai vmani (cfr. 90J4Í. Le fist tono le mm It da notáre che neila mttoJoffů le Patche «00 tfr e non due. 90,4. /'o«... v<7»/o, íl tnomcnio 6.3. soggiorna, si tiova. 6.4. dlta. profonda; nebuloso gorgo, stagno che csala nebbia. 6,7. non pur, non solo. 7,1-2. lanta... cases, la rapida ascesa di Ferrara non dcriva da circostanze casuali. 7.4. in che, che in essa. 7.5. che... s'inesta, perché ľinnesto si fa dove deve nascere il fiutto. 7.6. frasca, pianta. 7,7-8. Vartefice ...vuole, ľorafo suole raffinare bene l'oio net quale mole incastonare la gemma. 99s dinanzi il Po, di dietro gli soggiorna d'alta palude un nebuloso gorgo; che, volgendosi gli anni, la piú adorna di tutte le cittä d'ltalia scorgo, non pur di mura e d'ampli tetti regi, ma di bei studi e di costumi egregi. 7 Tanta esaltaz'ione e cosi presta, non fortuita o d'aventura casca; ma ľha ordinata il ciel, perché sia questa degna in che ľuom di ch'io ti parlo, nasca: che, dove il frutto ha da venir, s'inesta e con studio si fa crescer la f rasca; e ľartefice ľoro affinar suole, in che legar gemma di pregio vuole. 8 Né si leggiadra né si bella veste unque ebbe altr'alma in quel terrestre regno; e raro é sceso e scenderä da queste sfére superne un spirito si degno, come per farne Ippolito da Este n'have ľeterna mente alto disegno. Ippolito da Este sarä detto ľuomo a chi Dio si ricco dono ha eletto. 9 Quegli ornamenti che divisi in molti, a molti basterian per tutti ornarli, in suo ornamente avrä tutti raccolti costui, di c'hai voluto ch'io ti parli. Le virtudi per lui, per lui soffolti saran gli studi; e s'io vorrô narrar li alti suoi merti, al fin son si lontano, ch'Orlando il senno aspetterebbe invano. — 10 Cosi venia ľimitator di Cristo ragionando col duca: e poi che tutte 8.1. veste, spoglia mortale, corpo. 8.2. unaue, mai (lac). 8.3. raro, raramente. . 8.4. sfére superne, Ie stelle, da mi. secondo la dottrina platonica, scendono sulla terra le amine per rivestirsi del corpo. 8,8. eletto, predestinate. 9,2. basterian, basterebbero. 9.4. di c'hai, del quale hai. 9.5. per lui soffolti, da lui protetti, ineoragg" 10,1. ľimitator di Cristo, san Giovanni. stanze del gran Iuogo ebbono visto, onde ľuraane vite eran condutte, Mil fiume usciro, che ďarena misto con ľonde discorrea turbide e brutte; i irovár quel vecehio in su la ríva, con gľimpressi nomi vi veniva. 11 Non so sevi sia a mente, io dko qudlo <-h al fin de 1 altro canto vi lasciai vecchio d. faccia, e si di membra 'snello, che d ogni cervio e piu veloce assai. LJegJi altrui nomi egli si empia il mantello; scemava il monte, e non finiva mai: et in quel fiume che Lete si noma, scarcava, anzi perdea la rkca soma. 12 Dico che, come arriva in su la sponda del fiume, quel prodigo vecchio scuote il lembo pieno, e ne la turbida onda tutte lascia cader 1'impresse note. Un numer senza fin se ne prolonda, ch'un minimo uso aver non se ne puote; e di cento migliaia che Yarena sul fondo involve, un se ne serva a pena. 13 Lungo e d'intorno quel fiume volando givano corvi et avidi avoltoti, mulacchie e varii augelli, che gddando facean discordi stiepiu e lomori; et alia preda correan tutti, quando sparger vedean gli amplissimi tesori: e chi nel hecco, e chi ne l'ugna torn ne prende; ma lontan poco li potta. 14 Come vogliono alzar per Vam i vol.', non han poi forza che '1 peso sostegn co.1 *> " " siati. ... eran condutte, erano tratte alle Parche per- Aí le ŕilassero. „ j„iľnhIio cne s'' 10.5. fiume, il Lete, il fiume dellobuo antichi situavano nell'Averno. 10.6. brutte, sporche. 10.7. quel vecchio, il Tempo. 11,2. vi, 11, sulla riva del ftun£ 11,6. ;/ monte, il mucchio delle pwstr 11.8. perdea, disperdeva. . j „onti w 12,4. ľimpresse note, Ie piastre con pressi. 10,4. ľ «unno a sin,b0TVli tJ*tK 1 h tforzano inv,lB ^fM'šfonaV?.-" 14.1 997 sl che convien che Lete pur involi de' ricchi nomi la memoria degna. Fra tanti augelli son duo cigni soli, bianchi, Signor, come e la vostra insegna, che vengon lieti riportando in bocca sicuramente il nome che lor tocca. 15 Cosi contra i pensieri empi e maligni del vecchio che donar Ii vorria al fiume, alcun' ne salvan gli augelli benigni: tutto l'avanzo obliv'ion consume, Or se ne van notando i sacri cigni, et or per l'aria battendo le piume, fin che presso alla ripa del fiume empio trovano un colle, e sopra il colle un tempio. 16 AlFImmortalitade il luogo e sacro, ove una bella ninfa giü del colle viene alla ripa del leteo lavacro, e di bocca dei cigni i nomi tolle; e quelli affige intomo al simulacro ch'in mezzo il tempio una colonna estolle: quivi Ii sacra, e ne fa tal governo, che vi si pon veder tutti in eterno. 17 Chi sia quel vecchio, e perche tutti al rio senza alcun frutto i bei nomi dispensi, e degli augelli, e di quel luogo pio onde la bella ninfa al fiume viensi, aveva Astolfo di saper desio i gran misteri e gl'incogniti sensi; e domandö di tutte queste cose l'uomo di Dio, che cosi gli rispose: 18 ~ Tu dei saper che non si muove fronda lä giü, che segno qui non se ne faccia. 14.3. involi, sottragga, cancelli. 14.4. ricchi, illustri; ma anche: scolpiti nella materia preziosa. 14.5. duo cigni soli, il numero duo ě indeterminate e sta a indicare: pochissimi. 14.6. bianchi... insegna, ľaquila bianca in campo azzurro degli Estensi. 14,8. sicuramente, senza pericolo di perderlo. 15.1. empi, spietati. 15,4. tutto... consume, l'oblio travolge tutto il resto. 16.2. una bella ninfa, la Fama. 16,3. leteo lavacro, le acque del Lete. 16.5. simulacro, la statua dell'Immortalita. 16.6. una colonna estolle, una colonna sostiene (la statua), 16.7. sacra, consacra. 16,7-8. ne fa... eterno, ne ha tale cura che tutti resteranno visibili in quel luogo per 1'etetnita. 17.2. dispensi, disperda, affidi prodigalmente. 17,6. incogniti sensi, significati recor.diti. 18,2. che segno ... faccia, senza che qui non se ne abbia notizia. 1 >gni effetto convien che corrisponda <» y* Ľ cje,> ™, con diversa facck Quel vecchio, la cui barba il petto monda relore si che mai nulla Vimp^m, Ii eftcui pari e Ia medesima opra che I Tempo fa lá giú, fa qui di sopra. 19 Volte che son le fila in su la tuota, a giu la vita umana arrha al fine. I-a tama la, qui ne riman la nota; di immortali sariano ambe e divine, se non che qui quel da la irsuta go'ta, e la giu il Tempo ognior ne fa rapine. Qucsti le getta, come vedi, al rio; e quel ľimmerge ne ľeterno oblio. 20 E come qua su i corvi e gli avoltori e le mulacchie e gli altri varii augelli s'affaticano tutti per trar iuori de ľacqua i nomi che veggion piii belli: cosi la giú ruŕfiani, aduktori, buffon, cinedi, accusatori, e quelli che vi veno alle corti e che vi sono piu grati assai che '1 virtuoso e '1 buono, 21 e son chiamati corúgian gentili, perché sanno imhar ľasino e '1 cjacc°: de' lor signor, tratto che n abbia i nh la giusta Parca, ami Venere e Bacco, quesú di ch'io ti dico, inerti e vili, nati solo ad empir di cibo il sacco, portano in bocca qualche giorno Ú nome; poi ne l'oblio hscian cader le some. . ,2 cantando liftí Ma come i cípu *'■ (1 „„po, son tolti da 18,4. d. f^Miore '""'■w /áfiTM, mutato nelVapparcnza 20,6. cinedi, giovuá n. f'7-8. . '*t°ri. ?ie giú cli. e Je sfes« opere cřie il Tempo com- poetici e il porto cop li lom 19,1 ru ,tern- 21,4. anzi... Bacco, U mořte ě don* i** ti vW ďeí pátere (Vtnert) t áúm mm 19,6. ?Hil vecchio. '"»'• * 'r * /ZL / "*"*»- le porta via. ii Tem; 998 19.5. ... go M, il v'"„ via. ,, Ten,po, 19.6. «e fa rapine, le aJchio ...ä leWP 19,7-8. Qwřítií"í;> 11 i vizi a" ť..enire j«, dlf*1 9»» pri v i Oh bene accorti principi e discreti, che seguite di Césare Pesempio, e gli scrittor vi fate amici, donde non avete a temer di Lete 1'onde! 23 Son, come i cigni, anco i poeti rari, poeti che non sian del nome indegni; si perché il ciel degli uomini preclari non pate mai che troppa copia regni, si per gran colpa dei signoři avari che lascian mendicare i sacri ingegni; che le virtú premendo, et esaltando i vizii, caccian le buone arti in bando. 24 Credi che Dio questi ignoranti ha de lo 'ntelletto, e loro offusca i lumi; che de la poesia gli ha fatto schivi, acció che mořte il tutto ne consumi. Oltre che del sepolcro uscirian vivi, ancor ch'avesser tutti i rei costumi, pur che sapesson farsi amica Cirra, piú grato odore avrian che nardo o mirra 25 Non si pietoso Enea, né forte Achille tu, come ě fama, né si fiero Ettorre; e ne son stati e mille e mille e mille che lor si puon con veritá anteporre: ma i donati palazzi e le gran ville dai descendenti lor, gli ha fatto porre in questi senza fin sublimi onori da 1'onorate man degli scrittori. 26 Non fu si santo né benigno Augusto come la tuba di Virgilio suona. 22.5. discreti. saggi, assennati. 22.6. Celan?, Cesare Augusto in quanto protetto-re e amko degli aitisti (cfr. 26.1-4). 22.7. donde, per l'opera dei quali. 23,3-4. si perchS ...regni, sia perche il cielo non consente che vivano contemporaneamente troppi uomini illustri. 23.7. premendo, calpestando, opprimendo. 24.2. loro...lumi, toglie loro la capacitä di di-scernere. 24.3. de la poesia... schivi, Ii ha resi insensibili alla poesia. 24.4. il tutto ne consumi, dissolva con il loro corpo anche la memoria di essi. 24,5 8. Oltre ... mirra, inoltre credi che, anche se IOOO avessero i peggiori vizi. lascerebhcro dietro di se ererna memoria e conoscerebbcro il sratissimo profumo della fama eterna solo che sapessero farsi amici i poeti. {Cirra e una dcllu due vette del Parnaso, monte sacro ad Apollo, dio della poesia). 25,1. pietoso, neWEneide e spesso designato come pius. 25,4. puon, possono. 25.5-8. ma i donati... scrittori, ma i palazzi e Ie ville donare dai loro discendenti ai poeti Hanno fatto porre quegli eroi ncgli immortali e sublimi onori di cui ora godono. 26,2. la tuba di Virgilio, la tromba, cioe la poesia epica ätWEneide. Laver avuto in poesia buon gusto Z proscnz"»> '"'qua gli perdona «unsapna se Neron fosse ingiusto nc sua fama saria forse men buona •Hesse avuto e terra e ciel nimiá ' c- gli scrittor sapea tenersi amici. 27 ftoiero Agamennón vittoňoso, e ie i Troian parer vili et inerti; e che Penelopea fida al suo sposo dai Pröda mille oJtraggi avea soSerti. se tu vuoi che '1 ver non ti sia ascoso, tuita al contrario ľistoria converti: che i Gréci rotti, e che Tmia vittrice, e che Penelopea fu meretrice. 28 Da ľaltra parte odi che fama lascia Elissa, ch'ebbe il cor tanto pudico; che riputata viene una bagascia, solo perché Maron non le fu amico. Non ti maravigliar ch'io n'abbia ambascia, e se di ciô diSusamente io dico. Gli scrittori amo, e fo il debito mio; ch'al vostro mondo fui serittore ancb'io. 29 E sopra tutti gli altti io feci acquisto che non mi puö levar tempo né motte: e hen convenne al mio lodato Cristo rendermi guidardon di si gran sorte. Duolmi di quei che sono al tempo tristo, quando la cortesia chiuso ha le porte; che con pallido viso e macro e asciutto la none e '1 di vi picchian senza frutto. 30 Si che conťmuando il primojletto, sono i poeti e gli swdiosi pochr, „i; f, nerdonare le 26,4. la proscrizion...p^on^ ^viro m feroci proscrizioni a cm, quand^^ clt „. j <■ Lei feroci proscrizioni a ™>> X"condann& ttfO sieme ad Antonio e Lepiäo. con v tadini romani, fra cm anche U ä uhsse, 27,4. Prochi, i pretenden« delia Penelope. ■ terpreta'" 27,6. tutla... convert!, into* scio. . 27,7. ro«í, sconßtti. 28,2. Elissa, Didone. Marone. 28.4. Maron, Public Virgil» 28.5. *P^C'"ó dovere. 28,7. il debito mio, » 29.1-4- t 50^uist,i um I« storia a rove- J**^ ^«jj*,^ * ,001 che dove non han pasco ne ricetto, insin le fere abbandonano i lochi. — Cosi dicendo, il vecchio benedetto gli occhi infiammö, che parveno duo tuochi; poi völto al duca con un saggio riso tornö sereno il conturbato viso. (Ariosto, Orliinäo Furioso, xxxv, 1-30) Analisi del testo Anche questo episodio, come altri del Furioso, si stende a cavallo di due canti; nella pausa si insinua, sotto forma di esordio al canto xxxv, una garbata e ironica confessione del poeta, sul proprio stato di pazzo d'amore. II mondo della luna si presenta, significativamente, sin dalla Ottava iniziale dell'episodio, come: a. altro, e cioe diverso dal mondo terreno; b. uguale, perche costituito esattamente dagli stessi elementi di ctii e costi-tuito il mondo terreno (fiumi, laghi, cittä, ecc). In realtä quello che alibiamo qui e il solito rovesciamento speculare di una data realtä, che serve .1 meglio conoscere questa realtä. E di quale realtä si tratta? Di quella che, attraverso l'artificio letteratio, ha al suo centro la corte-, le azioni inutili e vane che vengono presentate, attraverso la simbologia lunare, riguardano spesso appunto la vita cinquecentesca delle corti. A questa vita si riallacciano anche altri elementi della rappresenta-zione simbolica (la funzione encomiastica dei poeti, il desiderio di gloria). Si puö anzi dire che in questo episodio, con una nettezza di delineazione « visiva », Ariosto presenti in modo esplicito, attraverso la figurazione alle-gorica e simbolica, il sistema di valori (l'amore, la saggezza, l'aspirazione alla gloria, la mutevolezza dei destini e la forza di Fortuna, ecc.) che e implicito in molte delle storie raecontate nel suo poema. Esercizi 1. Confrontate la descrizione del mondo della luna di Ariosto con il paese dei sognatori (T216) di Alberti: rilevate tutti gli elementi comuni. 2. Ricostruite il sistema concettuale fama-tempo-oblio-celebrazione poetica che sottende Pallegoria della parte finale dell'episodio. Proposte di lettura e ricerca La descrizione dei Tempo ha fonti letterarie (F. Petrarca, Trionlo del tempo, in Rime, Trionfi e poesie latine, Milano-Kapoli, Ricciardi, 1951) e fonti figurative (E. Panofsky, II Vadre Tempo, in Studi di konologta, Torino, Einaudi, 1975). 3. pasco ... ricetto, mitrimento 4. insin, persino. rifugio. 30,6. parveno, parvero. fl„ur. —"ca ' uta a penetrate neue contraddizioni de, rea.e: :n« on.,. prcccdcnti ě avvertibile la presenza di questa figura re-• - ine della realti che con essa ě legáta: h stesso Elogio del-Pj::ú ha, i: '!<>, la struttura linguistica dei paradosso. Ľiamo un esem- mfortť ancoi evidente delľuso di questa figura retorica. Di una grande iséúonc di Pii Bruegel, che fa parte della serie delle Virtii (fig. 24 del-Ifaxrto fuon ■ < ed é intitolata justitia, ě srna data 1 un'interpretazione, co-uedel rcsn> >! ita la serie, in chiave di paradosso: il paradosso nasce dal oootrasto neito Ira la virtú ehe viene celebrata e la situazione reále che viene mpresentata I i* : izione in cake dice: « Scopus legís est, aut ut eu(m) quefm) vromii emend aul poena c-ius coeteros melioras reddat aut sublatis malis cae-ieri securiores \ ivani » (« Scopo de\\a legge ě di correggere cohi che punisce o &hr si che l.i puni/ione sua renda migliori gli altri o che, tolú di mezzo i cat-tivi, gli altri • piů sicuri »)■ Sembra una dkhiarazione neutrak, anche se le punizioni sorn nistrate possono forse apparire molto dure per dei mezzi di wttmone e .'■ prevenzione. La personiňcazione della Virtů, con un fazzoletto " occhi. ricn in mano una spadá e una bilancia, ma la spadá émessa in mag-'-l-nria che ě vuota e forse squilibrata. Accanto a lei a sono J~H* sua autorita ě la forza. Sulla smi-—.Vomente a! hvoro eozione. La ^iancia,rnala Jg^ý d sonc n man0 v.na spadá e un ilibrata. Acca« s)ni. gor nlievo - -.„nificate che base de meccai mentre g" S«ra delľim ne un« da inform ^ ^ k scena ^ ^ ? u, noioso s'ra dellin,isione eüa sua au^._ "O'oso delle ( ,lu| lnn'. °Vrocra2,a insc,„ibile artende meccanicamente * ™P'V'ti iris,riVün J urcondata da informatori e spettatori curiosi, mentre gli «" orribilc , ,. sc„n " ut. Vlft"na i'nchiodata s'erge accanto a forcie e ruote deila del cristi m ••' M'' aLs,8ni"care che dei cristiani vengono massacrati in nome e delle toi Mm°' |f. c c $ uom>ni hanno dimenticato il valore del sacrißcio Orto pro\r .su da Cristo. Gli stemmi appesi alle pareti rappresemano i signiii<: ' '3'ICSI ^assi e '1 modo asimmetrico con cui sono appesi sta deliere [ 'a '°ro auIorita « stata rovesdata. Le corna di cervo sul can- cervi 11 ."" un significato simbolico: gli antichi faestiari raecontano che i male .n8'ano 1 serpenti. Nel Cinquecento i serpenti erano il simbolo del il ce C 'l' part'co'are degli avvocati. I bestiari raecontano anche che quando for M , ,.pcrso 'e corna si nasconde fin quando non ha riacquistato la si« fnf ii ,r,c'sione le corna del cervo stanno, quindi, a indicare che quando le del |x.ne sono infefoijte l'ioäustim e incontrollabile. Al tempo dl Brue-g,e e della Kalizzazione delle Virtü (1559), H significato delle mestorn et* ;i tratta, paradossalmentc, non di una virtü, ma di una dmorstone per-responsabili sono il dominio sttumo (che ha Ofofo ■ - rhe ha introdotto process! e torture. c^io di Pantagruele e dei suoi ^^ÄS: cerdoes.sa Bacbuc, il mondo rovesaato della Pazzn di e quello della luna di ^ffSi - «»* --co una nuova trontieia, h lelibertälocalOellnCl tome ol Folly,™1"" |00)