LETTERA A MONSIEUR GUILL. StT LA SÜA INCOMPETENZA A GIÜDICAH2 I POETI ITALIANI Falsix honor jurat Quem? , t . Uoa, DUE SCI A per nicolo bettqpíi Mccccvn Signore, Gli articoli sottoscritti da lei net Giornale italiano sono do-tati di tanta acutezza, di tanto brio, di tanta opportunity d'erudi-zione e dignita di censura, ch'io, non conoscendo i libri da lei criticati, la tenni per Vingegno pin elegante Jra quanti mai sce-sero d'oltremonte riformatori delle nostre gazzette. Solo mi dava a pensare Vosservazione di Lorenzo Sterne: a frenchman, whatever be his talents, has no sort of prudery in sohewing them: 1 onde io temeva ch* ella per im/pazienza di sfoggiare Vingegno e la dottrina che Vadornano sentenziando gli scrittori italiani, non aspettasse il tempo necessario ad apprendere la loro lingua. Temeva: ma ohiml! lessi Varticolo sui Sepoleri, e il dubbio, pur troppo, s' e convertito in certezza. Ve.ro e che il cavaliere Bettinelli scrisse: L'autore des Sepoleri ha troppo ingegno per me; e quindi ho dovuto leggerlo e rileggerlo con applieazione, perch'ei si leva a un'alta sfera di grandi pensieri e di frasi tutte sue. Vincenzo Monti, passato per Mantova, me li rilesse; en-tusiasta | ne' piu bei passi, e profondo scrutatore di tante bel-lezze, asaentiva alle mie osservazioni su l'oscurita. Non e dun-que lieve sforzo d'ingegno se d'una poesia difficile anche a tali maestri ella abbia indovinato alcuni passi: ma indovinare per giudicare? — Perb Vamor delle lettere mi conforta a mandarle il sua articolo con alcune postUle, ond'ella s'accorga d'aver cen-surato, ma non inteso il poema, e si persuada quindi alio studio della nostra lingua. E allora — allora ch'ella per alcuni anni 1 Un francese, qualunque sia il suo ingegno, non ha ombra di pu-dore net Jame pompa. 504 LETTEBA A monsieub GUILLON LETTEEA A MONSIEUR GUILLON 505 avrä coltivati i nostri poeti — oh come la critica d'wa tanto Ari-starco gtiiderä al vero ed al hello gl'ingegni cari alle Muse! 6 DEI SEPOLCKI, C ARME DI UGO FOSCOLO Articolo trascritto dal Giornale Italiano, N° 173, 22 giugrw 1807. Cominceremo dal rallegrarci col sig. Foscolo, per non aver egli imitato Soorate e Diogene nella loro indifferenza, e nel loro disprezzo per le sepolture. Ei non pensa col primo che sia eguale d'esser gettato al letamaio, o rispettosamente de-posto nella tomba; e molto men col secondo, che sia gradevole ľesser divorato dai cani, dagli avoltoi, o ľesser decomposto dal sole e dalla pioggia. Si vede che il nostro poeta ě realmente persuaso ehe il sonno delia morte é men dnro AW ombra de' cipressi, e dentro ľ urne Confortate di pianto. Ei vorrebbe ancora che dopo la di mi morte, si mettesse S sulla sua tomba (1) un | sasso che distingua le sue dalle infinite Ossa che in terra e in mar nemina morte. Non credendo esser (2) come l'uomo indegno d'esser com-pianto dopo la sua vita, e di cui dice: Sol chi non lascia ereditá ď affetti Poca gioia ha dell' urna, ei non vuole abbandonare la sua polve .... alle ortiche di deserta glcba Ove ně donna innamorata preghi, Ne passeggier solingo oda il sospiro Che dal tumulo a noi manda Natiera. Esprimendo sopra un soggetto cosi lugubre qualehe pen- 7 siero, che ha di comune con | Hervey, (3) egli desidererebbe ehe i cimiteri non fossero rilegati ftwr de' guardi pietosi; e si duole di quella nuova legge che li getta fuori delle oittä, ed alia quale rimprovera di contendere il name ai morti. II poeta ě ingiusto, peroechě ě permesso di porre inscrizioni ed epitaffi sui sepolcri; ma ě peraltro rispettabile cotesta ingiustizia, poicliě essa proviene dal vivo dolore ch' ei prova, perchě il luogo, ove riposano le ceneri di Parini, non ě distinto da aleun segno onorifico di simil genere. Da ciö pTendendo occasione di trasformare in satira il suo | canto elegiaco (4), si mette a riprendere con acrimonia i compatriotti di Parini, ehe non curarono i preziosi avanzi di quel poeta i di cui canti 11 lombardo pungean Sardanapalu Cui solo é dolce il muggito de' buoi Che dagli antri Abďuani e dal Ticino Lo fan ď ozi beato e di vivande. .... a lui (Parini) non ombra a pose Tra le sue mura la cittá, lasciva D' evirati cantori allettatrice, Non pietra, non parola: e Jorse ľ ossa Col mozzo capo gľ insanguina il ladro Che lasciô sul patibolo i delitti. Oltre alľesser ciô sommamente duro e amaro, (5) non ě nemmeno esatto. Noi non erediamo esservi in Lombardia un Sardanapale Che se aleuno meritasse tal nome per essere beato ď ozi e di vivande, vi sarebbero dei Sardanapali in tutte le parti delia terra, (6) a Zante non meno ehe a Miláno. Da qualehe | anno in qua non ě da rimproverarsi a questa citta il torto d'esser ď evirati cantori allettatrice. (7) L'immagine poi della testa insanguinata di un ladro giustiziato, ě troppo sten-tata, troppo ispida, e di gusto troppo eattivo, per poter scu-sarla col gnidlibet audendi d'Orazio. (8) Essa ripugna, prinei-palmente in un poema ehe non deve respirar altro che una dolce, religiosa e consolante | malinconia. (9) Non c' ě aleuno fra i poeti, che hanno parlato di sepolcri, ehe abbia usato un'im-magine si disgustosa. La loro sensibilita era sempře accom-pagnata dalla sana e verace filosofia. In quei cimiteri ove senza " II F.: « ombrc ». i ■:>0G LETTERA A MONSIEUR GUIĽLON LETTERA A MOKS1EUE GUILLOK 507 distinzione son riuniti gli avanzi delľumanitä, Virgilio norí vedeva nulla di piú contrastante ehe i nernici ehe la morte aveva riconciliati: HiCf motus animorum, atque haee certamina tanta Pulveris exigv-i iactu compressa quiescit. (10) 11 Ed ě su tal soggetto che Hervey esclamava: <( Perchě non ve-« desi regnar tra i viventi quella unione, quella pace, che re-<{ gnano nella societa de'morti ? » (11) Orazio senza dare uno sguardo penoso ai vizi di coloro ch' erano vissuti, e le ceneri dei quali trovavansi necessaria-mente confuse con quelle degli uomini dabbene, contentavasi di dire: Mixta senum ac iuvenum densantur funera, Questa si, ě vera nlosofia, e forse anche vera sensibilita: (12) 12 ľaffettazione ďuna selvaggia | misantropia ě ben lontana dalľuna e dalľaltra. Ľautore la spinge fhio a chiamar gli uomini umane helve, (13) al tempo istesso ch'ei paria delle piú incontestable prove di sensibilita, ch' essi abbiano mai date nel costruire sepolcri: Dal di ehe nozze e tribunáli ed are Dier alle, umane helve esser pietose Di se Stesse e ď alírui, toglieano i vivi AU' etere maligno ed alle Jere I miserandi avanzi che natura Con veci eteme a sensi altri destina. 13 Dopo quest! collerici ghiribizzi (14) contro la specie urnaiia, il nostro poeta espone benissimo i vantaggi che recarono i sepolcri ai viventi, e i religiosi ed utili atti dei quali furono ľoc-casione o l'oggetto. . A egregie cose il forte animo accendono Ľ urne de? fořti......e bella E šanta fanno al peregrin la terra Che le ricetta. Ed eccolo in quella chiesa fiorentina ove sono i mausolei di N. Macchiavelli, di Michel-Angelo, di Galileo ec. E ľ urna ď Alíieri riceve i suoi piú teneri e rispettosi omaggi. Quindi ad un tratto ritrocede fino ai sepolcri degli Ateniesi nel campo di Maratona, ove aggiungendo le proprie finzioni alle favolose tradizioni ehe ci lasciô Pausania su questo Ceramico, ei vi ode non solo i nitriti dei cavaĽi, ma ancora delle Parche il canto. Questa ě forse la prima | volta ehe si sono intese cantar le 14 Parche. (15) Ritrocedendo sempre rapidamente, ei s' inoltra nei tempi favolosi delia Grecia. Egli é alia tomba ď Achille e di Patroclo; quindi passa a quella ď Ajace al promontorio Reteo, poi nella Troade al sepolcro ď Ho, antico | Dardanide. (16) 15 Young, Hervey, Gray non fecer tanti viaggi; (17) essi si con-tentarono di meditar stú sepolcri, ehe essi medesimi ed i loro compatriottí avean sotto gli ocehi; e disser cose piú commo-venti, e molto piú consolanti, peroechě tutti i loro canti sono rallegrati delia speranza delia futura risurrezione, delia quale il signor F. non dice cosa aleuna, Finalmente dopo aver parlato delia morte ď ELettra, e 16 delle funebri predizioni di Cassandra, ei si ferma alla tomba dei Gréci ehe son periti innanzi a Troia, e prende piacere a vedervi Omero (18) ehe Placando quelle afflitte dime col canto, I Prenci Argivi eternerá per quante Abbraccia terre il gran padre Oceano. E termina cosi: E tu, onore di pianti, * Ettore, avrai Ove fia sacro ** e lagrimato il sangue Per la patria versato, e finche il Sole Risplenderá su le sciagure umane. * La prima ediziene curata dal F.: E tu onore di pianti. ** Sernpre nella prima, ö in tutte lo occasioni, leggesi santo. La Variante quindi e dei critico. Ma essa e ripetuta dal F. medesireo riportando stilla fine di questa lettera l'urtima parte dei carme (vedi qui a p. 512). Si tratta, evideri-temente, di disfcrazione sua o dello stampatore; non si puö in altro modo Spielware. Si noti, oltre tutto, il suono sgradevole che ne risulta (sacro e lagrimato). 73 LETTUBA A M0IÍSIETTB GUILLON LETTER A A MON3IEUL1 GUTLLON Sembraci che sia questo uu fine ben brusco in un' opera di sentimento. Si direbbe che un siniil soggetto avesse troppo stancato la lira del poeta, per poter avanzar di phi. (19) L'an-damento del suo poema era giä diventato penoso quando la sensibilita non animava piú la sua musa; e dessa aveva giä cessato di spargere le sue bellezze nei di lui versi, allorchě egli dai sepolcri presenti si era trasportato a quelli dei tempi eroici 17 della Grecia. Questa transizione l'ha | condotto a dei dettagli ď erudizione; ora 1' erudizione inaridisce il sentimento; e quindi ne viene ehe questa seconda parte della sua elegia, che ha una certa disparita colla prima, interessa molto meno la nostra anima, e convien molto meno a quella dolce voluttä ch' essa trova ad intenerirsi sulle ceneri dei nostri simili. Alcuni severi censoři hanno aceusato l'autore ď aver fatto ' entrare nella composizion dei suoi versi quella sortě ď asprezza che regna nella maggior parte de* suoi sentimenti, e de' suoi pensieri. Certo che coi distinti talenti onde egli ě ampiamente fornito, avrebbe potuto render piú dolce la sua versificazione, ma egli, senza fallo, ha creduto che il suo stile poetico aver dovesse una fisonomia analoga ai suoi pensieri. Sembra che abbia temuto di esprimerli troppo mollemente, adoperando un linguaggio piú grato agli orecchi delicati. Ma finalmente ogni scrittore ď un certo merito ha uno stile suo proprio, come ogni uomo degno di tal nome ha il suo carattere particolare; e siccome egli ě sol proprio dei vili il non avere un carattere de-eiso, cosi ě proprio soltanto degli spiriti mediocri il non usar che il linguaggio del volgo. Guill.... is Ella vede dalle mie note quanta ha sbagliaio su'passi da lei oitati; molto piu dunque su la tessitura la quale dipende dalle transizioni. E le transizioni sono ardue sempře a chi scrive, e sovente a chi legge; specialmente in una poesia Urica, e d'un autore che, non so se per virtu o per vizioi transvolat in medio posita, ed qfferrando le idee cardinali, lascia a' lettori la com-piacenza e la noia di desumere le intermedie. Ma chi traintende le parole che hanno significalo certo in se Stesse, come tnai potrá cogliere le transizioni formats da tenuissime modifieazioni di lingua e da particelle che acquistano senso e vita diversa secondo gli accidenti, il tempo e il luogo in cui son collocate? Ni ella dan-nerebbe la disparita di colorito nel poema, s'ella potesse discer-nere le mezze tinte che guidano riposatamente da un principio affettuoso ad una fine veemente. Pero I'estratto ch' ella ne fa non e, ne poteva essere esatto. Piacciale dunque di leggerlo com' io lo dard, acciocch' ella possa conoscere, se non alko, h scheletro ď un coniponimento reputato non indegno delle sue censure. L'estratto mostrerá come questo coniponimento, spogliato che sia delle immagini dello j stile e degli affetti, rimanga senza un' unica idea nuova. Ma il numero delle idee i determinato; la loro combinazione ě infinita: e chi meglio combina meglio scrive. Ricahissima sorgente di combinazioni era a'poeti greci e latini Vapplicazione delle storie e delle favole alia morale. Chi non sa che gli uomini egregi sono malignati in vita e celebrati dopo la morte? Ma Orazio applied a questa sentenza le tradizioni di Bomolo, di Bacco, de' Tindaridi e d'Ercole: Romulus, efc Liber pater, et cum Castore Pollux Post ingontia facta Deorum in templa recepti, Dum terras hominumque colunt genus, aspera bella CompoTumt, agros assignant, oppida eondunt; Ploravere suis non respondere favorem Speratum meritis. Diram qui contudit bydram Notaque fatali portenta labore subegit, Comperit invidiam supremo fine domari. Urit enim fulgore suo qui praegravat artes Infra se positas: extinctus amabitur idem. [Ep. II, I, 6-14]. L'autore de' Sepolcri volendo consolare con la stessa sentenza non I'ambizione ďun principe poco amato, ma la virtu mal ri-meritata, dovea procacciarsi immagini meno magniftche e pié passionate; onde si valse della tradizione delle armi ďAchille le quali, carpite alia virtu d'Ajace dalla fraude d'Vlisse, fmono per un naufragio portate dal mare sul tumulo dell'Eroe che le •meritava: E se il piloto ti drizzó V antenna Oltre 1' isole Egée, ď antichi fatti Certo udisti suonar dell' Ellesponto 8999999999999999999999999999999 510 LETTEBA A MONSIEUR OUILLON" I liti, e la marea mugghiar portando Alle prods Rotée 1' armi ď Achille Sopra 1' ossa ď Aiaoe. A' generosi Giusta di glorie dispensiera ě Mořte. Ně senno astuto ně favor di regi All' Itaco le spoglie ardue serbava, Chě alia poppa ra-minga le ritolse L' onda incitata dagl' inferni Dei. Cosi la fantasia del lettore com a' secoli dimenticati; si compiace dell'entusiasmo poetico che trae il mare e I'inferno alia vendetta dell'ingiustizia: e vede la veritä che non parla ma opera. E perchě. il sentimento, com' ella dice, non s'inaridisse, I'autore non doveva scansare i dettagli d'erudizioiie, bensl warne meglio; non seppe: e perö prega i censoři ď insegnargli non ch' ei deve far meglio — e' h sa — ma se si possa, e come. Eccole Vestratto. I monumenti inutili a' morti giovano a' vivi perchě de-stano affetti virtuosi lasciati in ereditä dalle persono dabbene: solo i malvagi, che si sentono immeritevoli di memoria, non la curano; a torto dunque ia legge accomuna le sepolture de' tristi e dei buoni, degl! illustri e degl' infami. Istituzione delle sepolture nata col patto | sociale. Religione per gli estinti derivata dalle virtu domestiche. Mausolei eretti dall'anior della patria agli Eroi. Morbi e superstizioni de' se-polori promisoui nelle chiese cattoliche. Usi funebri de' popoli oelebri. Inutilitä de' monumenti alle nazioni corrotte e vili. Le reliquie degli Eroi destano a nobili imprese, e nobilitami le cittä che le raccolgono: esortazioni agl' italiani di ve-nerare i sepolcri de' loro illustri coneittadini; que' monumenti ispireranno I'emulazione agli studi e 1'amor della patria, come le tombe di Maratona nutriano ne' Greci l'abborrimento a' Barbaři. Anche i luoghi ov' erano le tombe de' grandi, sebbene non vi rimanga vestigio. infiammano la mente de' generosi. Quan-tunque gli uomini di egregia virtu sieno perseguitati vivendo, e il tempo distrugga i lor monumenti, la memoria delle virtu e de' monumenti vive immortale negli scrittori, e si rianima LETTEBA A MONSIEUR ODILLON 511 negl'iiigegni che coltivano le muse. Testimonio il sepolcro d'llo, scoperto dopo tante etä da' viaggiatori ehe ľamor delle lettere trasse a peregrinar alia Troade; sepolcro privilegiato da'fati perchě protesse il corpo d'Elettra da cui nacquero i Dardanidi I autori delľorigine di Roma, e della prosapia de' Cesari signoři 22 del mondo. L'autore chiude con un episodio sopra questo sepolcro : Ivi posô Brittonio, e derme il giusto Cenere d'IIo; ivi ľ Iliaohe dormo Seiogliean le cliiome, indarno, ahi! deprecaudo Da'lor mariti ľ imminente fato; Ivi Cassandra, allor che il Nume in petto Le fea parlar di Troia il dl mortale, Venne; e all'ombre cantö carme amoroso, B gnidava i nepoti, e ľ amoroso Apprendeva lamento a'giovinetti; E dicea soapirando: Oh se mai ď Argo, Ove al Tidide e di Laerte [al] figlio Pascerete i cavalli, a voi permetta Eitorno il oislo, invan la patria vostra Cercherete! Le mura opra di Eebo Sotto lc lor reliquie fumeranno. Ma i Penati di Troia avranno stanza In queste tombe: chě de' Numi ě dono Servar nelle miserie altero nome. E voi, palme e cipressi, che le nuore Piantan di Priamo, e crescerote, ahi! presto, Di vedovili lagrime imiaffiati, Proteggete i miei padri: e chi la scure Asterrä pio dalle devote frondi, Men si dorrä di consanguinei lufcti E santamente toceherä ľ altare. 23 Proteggete i miei padri. Un di vedrete Mendico un cieco errar sotto le voatre Antiehissime ombre, e brancolando Penetrar negli avelli, e abbracciar ľ urne, E interrogarle. Gemeranno gli antri Seereti; e tutta narrera la tomba Hie raso due volte e due risorto Splendidamente su le mute vie Per far piů bello ľ ultimo trofao Ai fatali » Pelidi. II sacro vate, Placando quell' afflitte alme col canto, • II f.: I fatati». 512 LETTERA A MONSIEUR C1UILLCW I prenci Argivi eteruoia. per quante Abbra-ccia terre il gran padre Occano. E tu onore di pianti, Ettore, avrai Ove fia sacro tt e laghmato il sangue Per la patria versato, e finche il Sole Riaplendera su le sciagure umaae. Becito intero quest' ultimo squarcio dannato da lei come arido di sentimento perche a me anzi pare, non che il soggetto abbia stancata la lira del poeta, ma ch1 egli abbia sin da principio temperate le forze per valersene pienamente in questo luogo. Per persuaderci delle sue sentenze su la santita e la gloria de* sepol-cri, ei ci presenta un monumento che superb V ingiurie di tanti secoli. Le Troiane che pregano scapigliate sul mausoleo de' primi 24 principi d'llio, [ onde attontanare dalla lor patria e da' loro con-giunti le imminenti calamita — la vergine Cassandra che guida i nipoti giovanetti a piangere su le ceneri de' loro antenati —- che li consola dell'esilio e delta poverta decretata da' fati, profetando che la gloria de' Dardanidi risplenderd senipre in quelle tombe — la preghiera alle palme e a' cipressi piantati su quel sepolcro dalle nuore di Priamo, e cresciuti per le lagrime di tante vedove — la benedizione a chi non tronchera quelle piante, sotto Vombra delle quali Omero cieco e mendico andra un giorno vagando per penetrar negli avelli ed interrogare gli spettri de' Re Troiani su la caduta d'llio onde celebrar le vittorie de' suoi concittadini — gli spettri che con pietoso furore si dolgono che la lor patria sia due volte risorla dalle prime ravine per far piu splendida la vendetta de7 Greet, e la gloria delta schiatta di Peleo alia quale era ri-serbato Vultimo eccidio di Troia — Omero che mentre tramanda i fasti de" vincitori, placa pietosamente col suo canto anche Vombre, infelici de' vinti — tanti personaggi, tante passion-i, tanti atteg-giamenti e tutti raccolti intorno a un solo sepolcro sembrano a lei senz'anima e senza invenzione? E la fine, la fine sopra iutto 25 sente di languore? Questo squarcio e un vaticinio | di una prin-cipessa di sangue troiano, sorella d'Ettore, e sciagurata per le sventure che prevedeva. Non pud dissimulare la gloria de' a Vedi la prima nota a p. 507, LETTERA A MONSIEUR GUILLOjSI 513 tori della sua famiglia, ma ella cerca alcuna consolazione vatici-nando per ľinfelice valore d'Ettore una gloria piú rnodesta e piú šanta; non ď un principe conquistatore, ma d'un guerriero caduto difendendo la patria. Nelle ultime parole di Cassandra: e finohé il Sole Risplenderä gu le sciagure uma-ne ľautore s' é studiato di raccorre tutti i sentimenti ď una vergine profetessa che si rassegna alia fatale e inevitabile infelicitä de' mortaliy che la compiange negli altri perche sente tutto il dolore della sua propria^ e che prevedendola perpetua su la terra la as-segna per termine alia fanva del piü nobile e del men fortunato di tutti gli Eroi. Ove ľautore avesse mirato at patetico avrebbe amplificati questi affetti; mirava invece al sublime, e li ha concentrate :1 e credendo a Longino, non tentö piú melódia ne' suoi verši. 2 I Se non che forse ei non ha conseguito se non se la severita 26 e Voscuritä, compagne talor del sublime. Che se fra1 peceati di questo čarme gľitaliani non trovano ne ariditä di sentimento, ne stanchezza di fantasia, cosa s'ka egli a pensare di lei? 0 ch?ella ha inteso senza sentire — o che ha censurato senza intendere. Non U appongo la prima colpa, perch' ella non ha dato ancor prove di fibra cornea: bensi la tengo per convinto di studio immaturo delia nostra lingua: e a lei non resta che il merito ďuna nobile confessione, di cui nk. Plutarco ne Dionisio Longino arrossirono. 11 primo nel parallelo di De-mostene e di Cicerone non s' attenta a paragonare la loro eloquenza; Váltro net Trattato del sublime 3 si reputa incompetente a tanto giudizio; eleggendo que'' due magnanimi, sebben versatissimi nella Romana letteratura, di apparire men dotti per non farsi sospet-tare impudenti. Poiche io pubblico questa lettera, io voleva soddisfare al debito che ha ogni serittore di rivolgere cid che stampa a qualche pub-blica J utilitä, e rrC accingeva a parlare su h cause e gli effetti 27 > sommamente ě sublime che dá motto da pensare. Longino, eez. VII. j 3 11 rümo armonioso e studiato disdice al sublime, bez, AL.1. 3 Sez. XII. ^^299999902585541 514 LETTER A A monsieur GTJTLLON morali delľarticolo a cui ho ardito rispondere, ed a compiangere seco lei la mendicitá, la sguajataggine e la schiavitü de' nostri giornali. Ma press® lo stampatore di quesťopuscolo trovo pronto a ptibblicarsi un volume di versioni dal greco, e net proemio queste sentenze : << Ai danni ehe si producono dal non sapere de gli Scrittori, « im altro poi se ne aggiunge, e gravissimo: quello doe delle « insane decisioni che tnuto di si pronunziano intorno alle opere « letter árie.. E in questa parte, piü assai che col sottrarre la de-« bita lode agli esimii, si suole generalmente commetter gran « fallo col celebrare i mediocri e gVinfimi, e col meUere alto quanto « le stelle i deliri de le fantasie piit sfrenate o piü deboli con tarda s pompa di elogi, con quanta non si applaudirebbe ai voli delle « menti piü vigorose e piü caste. E Varroganza di questi giudizi a ci viene per lo piü da tali uomini, che poco o nulla s'inten-« dono di quelle cose, su le quali con usurpata autorita si accostano « a dar sentenza, quand'essi pure non siano sospinti a cib da « la cieca passione, o da la abitudine, o forse ancor da gli sproni « di una turpe venalitá. Intanto [ ě loro měrce, se quei giovani, « i quali o non sanno o non si ardiscono ancora di giudicar per <( sé soli, perdono ogni norma sicura per discernere il vero hello « dal falso, e se gli scrittori piü dispregevoli, stoltamente adulati, « si affezionano vie maggiormente ai loro vizi e U tengono per « viřte, D' altra parte aleuni di quelli, che pur sono in via di buoni « progressi, sedotti da coteste lusinghe, e meno solleciti del suf-« fragio dei pochi saggi e delVirnmortalitä del nome, che dei pasii saggeri e popolari applav é, si distolgono dal retto cammino, « e corrono ad ingrossare la folia degli scrittori ampollosi e scor-« retti. Mentre parecchi dei valorosi giustamente offesi del sentirsi « anteporre od equiparare i piü imbelli, s'intepidiscono nell'amor d de lo scrivere, o del tutto volontieri se ne allontanano. Nella « qual cosa essi imitano ľesempio di Achille, M quale non veg-« gendosi onorato, quanto gli pareva ehe si competesse a la sua <( virtu, voile fuggire ogni occasion di mostrarla; e perciô ritraen-<< dosi coJ suoi piü cari a le navi, nel suo segreto Vire addolciva, « rimirando le disciplinate schiere dei Greci fuggir taciturne