198 La letleratiira delľetä napoleonica in Italia Uga Foscolo 199 9í) Ebbi in quel mar la culla, ivi erra ignudo spirito di Faon la fanciulla, e se íl notturno zefflro blando sui flutti spira suonano i liti un lamentar di lira: 96 onďio, pien del nativo aer sacro, su ľltala grave cetra derivo per te le corde eolie, e avrai divina í voti fra gľinni miei delle insubri nepoti. Ä5-90. Ebbi... lira: quel mare mi vide naseere: vi aleggia lo spirito (ignuifa perché spoglio del corpo, imisí giá in Petrar-ea) deĽa fanciulla di Faone (cioé di Saffo, innamorata di Faone): e se di notte lo zeňro soma doleemente siil nuux, le rive risiionaiio di un lamento.so suono di lira. 91-96. onďio... nepoti: ragione per cui io, che su quel mare nono nato í: di quclla poí-äia ?nno imbovtito sin dalla nuscita (aer mc.ro, perché ha visto nnscere Veriere), traspon-go per tc sulla grave eetra italica (cioě trasferisco nella poesia italiana) le corde della a-tra greca (cioě i modi delia poesia lirica greca) e cosi anche tu, diveuuta drvina, riceverai le of-ferle, votive delle future donne lombarde (insubri: ma qui vale genericainenté per ~l italic h e") tra i! canto dei miei mni. Ě. ripresa ľ apologia ehe Orazio tease della sua opera di poeta nell'ode IE, 30, 10-14: «Dicar, qua violens obstrepit Aufidus / et qua pauper aquae Daunus agrestium / regnavit populo-njiri ex hurnili potens, / pnnceps Aeolium carmen ad Italos / deduxisse modos» ("La dove irrompe l'Aufido sonante e regno Dauno a genii povere d'acqua, diranno ch'io d'uinile diveruri grande e primo tr&ftai a italica armonia I'colio canto5'). 11 terna della poesia che rende irnmortali provieno dal-ľelegia XXXIV del secondo libro di Properzio, laddove affčr-nia che moke donne ebbero fama per mento dei poeti: cosi Leueadia ad opera di Vjurone, Ginzia di Cattillo, Quinlilia di Calvo, Licoride di Gallo. Questo desrino toceherä anche a Cinzia, se Properzio diverrrä fainoso: «Cinthia quin etiam versu laudatfi Properu, / hos inter si me ponere fama vo!et» ("E eosi Cinzia, lodata nel verso di Properzio [gloria avra], / se a costoro vorra accostarmi la fama"). Alia sera Dalle Poesie, Sonetto I Certo il piů famoso del canzoniere foscoliaiio, i! sonetto alla séra é anche tra i piíi celebri della letteratura italiana. Foscolo, oltre a compiere una calibraussima scelta lessicale, esalta al massimo le opposizioni tra quartíiie e terzine, e tra metro e sintassi: ingredienti giá pre-senti nel canzoniere petrarchesco, poi accentuati ed esasperati dal petrarchisino cinque-centesco (molto prezente nelle letture di Foscolo). II tema del sonno come espressione del desiderio di páce, di tregua agli affanni della vita, ispirö del resto molti sonetti cinquecenteschi (famosissimo qucllo di Deila Casa). II preromanticismo aveva dato grande spazio alle scene notturne, sfondo di visioni o di passioni infelici. Ma 1'intonazione di qnesto těsto foseoliano e molto diversa: il lucido sguar-do a quel «nulla etenio» verao cui precipita la breve, affannosa vita iimaiia e in cui finai-mente si placa ogni tormento ci riporta infatti al clima di tanta poesia latina, e in particola-re al tema del tempus edax (il tempo "divoratore") che era al centro della riflessione epicu-rea. Vi si awerte piíi precisamente Tinílusso di Lucrezio, il grande ^materialista" antico che, durante la composizione del sonetto, Foscolo andava leggendo e traducendo in prosa. Secondo Lucrezio la mořte non puö far paura, perché ě uno stato uguale al sonno e al riposo (e questo solo argomento agli ocehi del poeta-filosofo bastava ad an null a re terrori e superslizioni oltremondane); e ancora. 1'unica felicita possibile alTuomo ě la lontananza dal dolore, Tunico conforto, secondo il paragone che apre il II libro del De verum natura, b, il poter assisiere dalla riva alle duře íatiche degli uornini sorpresi in mare dalla tempesta. Ě significativo (per questa vicinanza del sonetto a i grandi temi lucreziani) che una prima stesuxa del sonetto sia stata ritrovata nel volume del De rerum natura utilizzato da Foscolo per la traduzione. Forse perché della fatal quiete tu sei I'irnmago a me si cara vieni o Sera! E quando ti corteggian liete le nubi estive e i zeffiri sereni, e quando dal nevoso aere inquíete tenebre e lunghe all'universo meni sempře scendi invocata, e le secrete vie del mio cor soavemente tieni. 11 Vagar mi fai co1 miei pensier su Forme che vanno al nulla eterno; e intanto fugge questo reo tempo, e van con lui le torme 14 delle cure onde meco egli si strugge: e mentre io guardo la tua pace, dorme quello spirto guerrier ch'entro mi rugge. Schema metrico Sonetto {ABAfi, AB Ali. CDC, PCD). 1. Forse... qitieťe: ricalca il celehre sonetto di Della Casa «0 sonno, o delia quieta iimida ombrosa / notte placido figlioft, sia per la solenne apostrofe iniziale, sia per il terna della fuga dalla realtá. e della contemplazione del non-essere; quiete: ě la morte, fatal: in quanto desdno comune a tutti i viventi. 2. sei ľimmago: uassomigli". 3. E quando: va messo in correlazione con ľc quando del v. 5 per designare la primavera e ľinverno, scenári egual-mente cari al poeta assorto nella comemplazione della séra. 3-4. coríeggian— serent: tí circondano le nuvole festose (o che infondono letizia) dellestate [tieto e aggettivo ehe i ladni amavano applicare alla nátura) e i venti lievi {zeffiri). Anche sereni b aggettivo di gusto classico («serenaH nubes», "serene nubi", incontriamo nelle Oeor^che di Virgilio). 5-6, quando... meni: quando conduci dalla gelida atmosféra invemale tenebre lunghe (che durano a lungo) C tempe-5t05e (dalľetimo: in-quictus, "senza pace") o anche. secondo altri, "ehe ineutono limore". L'cnľasi delia visione [atľuni-verso mem) richiama Virgilio, Eneide^ íl, 250-1: «nox / invol-vens umbra magna tenramque polumque» ("la nolle ebe av-volge la terra e il polo con la sua grande ombra1'). Anche ľindividuazione delle notti lunghe per contraíisegriare ľinverno fe di matrice dassica (cfr. per es. Eneide, I, 745-6). 9-10. Vagar... eterno: porti il mio pensiero lungo una riflessione che conduce al nulla eterno; nrma ha qui aenso traslato di "passo, via" (cosi giá nella Vila rustica di Parini, vv. yO-93: «E te \nllan sollecito / che per nov*ořme il tralcio / saprai guidar frcnandolo / col pieghevol salcio»); nulla eterno: h Timmenso spazio di tempo che precede e segue la mořte secondo Lucrezio (il tempo non ě una realia autonoma ma contingeníe: ě legato agli eventi, agli accidenti e si dilegua con essi)- 10- 11, intanio... tempo: delle molte reminiscemc classi-chc relative al tema de! tempus edax (il tempo che rutto divo-ra) la piíi vicina alla memoria di Foscolo ci apparc quella oraziana, Qt&t I, 11, 7-8: «Dum loquimur / higerit invida aetas [...]» (llMentre parliarno fugge il tempo invidioso"). 11- 12. (ořme. slrnggc: e con lui se ne variuo le schíere degli affanni in mezzo ai quali (onde) egli (cioé il tempo) si consuma insíeme a me [rnecó). Ě una grandioaa visione della fuga del tempo presente verao que! "nulla eterno* nel quale ě destinaío a dileguarsí. portando con sé i tormen: ■'< . i f;uini delPesistenxa. Cura e definito da Foscolo nel comrnento alia Glioma di Berenice: «Prepotente desiderio che vive in noi- pieno di speranze e di timori». 13-14. dorme... rugge: si placa quello spirito inquieto che grida dentro di me. Per guerricr, spiega De Robertis: -Non battíígliero, ma inquieto, travagliato, agitato, e combattiito da furíose passioni». Insieme al guerrier appbcato a spirto, quel rugge finale ci rappresenta dawero ft tinte fořti il carai-Lere indonňto delFuomo. Ma neanche questa immagine, che ci appare cosi ehiaramente foscoliana, 6 in realtá priva di spessore letLcrario, poiché giá Petiarca aveva seritto, Canzoniere LVI. 7: Ma poi convinto che impossibil fara / patria trovar per chi senz'essa é nato, / benché lungk al suo nido ei pensa ogiiora. / Liberarlo col brundo non gli é dato: / con penna dunque in un se stesso onora, / c a1 suoi conoscer fa lor servo slato*. ANALISI □ Si e parlato nella premessa di "moriologo drammatico". Eccone la struttura portante: alľinterrogazione iniziale (Che slai?...) segue la lucida argomentazione dei w. 5-8, ľaccorata apostrofe a se stesso con funzione di commiato (Figlio infelice..., v. 9), che tocca tutti i temi essenziali del canzoniere (lon-tananza dalla patria e dagli afferti piíi cári, infelicitá amorosa, crisi esistenziale) e infine, con perfetta circolarita (sottolineata dalritomo delľinterrogazione iniziale: chestai?, v. 12), ěripre-so il terna del cambiamento necessario e non piü rinviabile. I trapassi interní sono al solito bruschi, con effetto di concita-zione drammatica. □ D tono solenne del sonetto si lega molto bene con la scan-sione metrico-sintattica peT blocchi: le quartine sono rigida-mente distinte; le terzine sono pure distaccate, anche se non indipendenti (nella prima ě racchiusa ľapostrofe, nella secon-da ľultima irrevocabile decisione). Rari gli enjambements (uno solo ai w. 2-3): Foscolo preferisce qui optare per un verso pie-no e scolpito da forti accenti, di senso compiuto, come piaceva ad Alfieri. Ugo Foscolo 211 LOPERA Dei sepolcri Gli anni che vanno dal 1803 (data di edizione delle Poesie) al 1807, quando escono i Sepolcri (a Brescia, presso il Bettoni), furono per Foscolo solo in apparenza anni di silenzio poetico. Vi si colloca infatti 1'intenso contatto con la poesia antica, latdiia e greca, che trova la sua espressione piů compiuta nel commento alia traduzione latina di Gatullo della Chioma di Berenice del poeta alessandrino Callimaco (ID sec. a.C.), di cui, allora, si crede-va perduto ('originále greco L'opera e certo erudita (dettata forse da ambizioni di camera nell'insegnamento), ma densa di implicazioni poetiche (lo dimostra Pelaboratissima versio-ne in endecasillabi sciolti di Foscolo stesso e la fitta rete di rapporti con i Sepolcri e le Grazie). L'occasione L'occasione dei Sepolcri fu offerta dall'editto napoleonico di Saint-Cloud del 12 giugno 1804, esteso all'Italia il 5 settembre 1806: con esso si proibiva la tumulazione delle salme entro l'abitato dei comuni, si imponeva di depositare presso la Commissione di Sanita una copia delTiscrizione tombale, per evitare che vi figurassero stemmi o titoh nobiliari, e inline si ordinava che le lapidi erette a spese dei parenti non fossero poste nel luogo dove il defunto era sepolto, affinche il terreno restasse libero per successive inumazioni. Questi prowedimenti, dettati sia da ragioni igieniche sia da motivazioni ideologiche di tipo eguahtario, rendevano dunque le visite dei familiari alle tombe assai piů disagevoli e il morto veniva private non solo di segnali distintivi nobiliari, ma anche di una lapide che ne rendesse riconoscibile al semplice visitatore l'identita («e il nome a' morn' / conten-de...», dice Foscolo della legge ai w. 52-53). Sappiamo che Foscolo ebbe occasione di discutere deU'editto (che, appena promulgate in Francia, aveva destato subito vivaci reazioni) con l'amico Ippolito Pindemonte (cui il carme sará rivolto, nella forma di una classica "epištola") nel giugno del 1806 nel salotto veneziano di Isabella Teotochi Albrizzi. A distanza di soli tře mesi i Sepolcri erano giá composti. Pindemonte a sua volta aveva messo mano a un poemetto in 4 libri dal titolo / Cimiteri, in cui affrontava il problema da una prospettiva cattolica e spiritualistica. H contesto culturale Nel Settecento si sviluppano tře diversi filoni di opere sul terna sepolcrale: la poesia prero-mantica inglese sui cimiteri, la produzione in prosa e in versi sull'utihta e il significato del sepolcro negli anni del Direttorio e del Consolato e inline la trattatistica erudita sugli usi funebri antichi e moderni. La prima poteva vantare autori quali Thomas Parnell, con A Night-piece on the Death (Composizione notturna sulla mořte, 1721), Edward Young, con le sue famose Notti, (The Complaint, or Night Thoughts on Life, Death and. Immortality, II lamento, owero pensieri notturni sulla vita, la mořte e rimmortalitá, 1742-45) e soprattutto Thomas Gray, con la celeberrima Elegy Written in a Country Churchyard (Elcgia scritta in un cimitero campe-stre, 1751), tradotta da Cesarotti, per non citaře che i testi che avevano larga fama in tutta FEuropa preromantica. A un diverso livello si colloca la vasta produzione della pubblicistica sepolcrale. Ě merito dello studioso Lionello Sozzi aver collegato il contenuto polemico del carme non solo all'e-vento contingente (I'editto di Saint-Cloud), ma al vivace e diffuso interesse per i sepolcri promosso dai dibattiti pubbhei che giá durante la rivoluzione e dopo il Termidoro si erano levari a condannare gli eccessi rivoluzionari, esprimendo in particolare orrore per le fosse comuni e auspicando un ritorno a forme di pieta religiosa. Molte delle argomentazioni addotte a favore di un recupero della religion des tomheaux ("religione delle tombe") compaiono infatti nel carme, e ne era ben consapevole Foscolo quando, rispondendo al 212 La letteraíura delľeta napoleoníca in Italia Ugo Fňscolo 213 primo critico detrattore dei Sepolcri, ľabate francese A. Guillon, ehe lo aceusava di scarsa originalita, obiettava: «L'estratto [cioě il riassunto ehe Foscolo offriva a chiarimento dei suoi versi] mostrerä come questo componimento, spogliato ehe sia delle immagini dello stile e degli affetti, rimanga senza un'uniea idea nuova. Ma i] numero delle idee ě determi-nato; la loro combinazione ě infinita: e chi meglio combina meglio scrive» (affermazione ehe tra ľaltro rivela come Foscolo ritenesse ehe le autentiche novita dell'opera fossero da riconoscere soprattutto nella lingua e nello stile impiegatí). Un ruolo di rilievo gioca infine la vivace erudizione archeologica sei-settecentesca, tomata di grande attualitá in un'epoca di grandi seoperte archeologiche come quella napoleonica. Ľ critico Mario Scotti ha indagato uno dei testi piú significativi: il De sepulckris Hebraeo-rum di Johann Nicolaj, professore di archeológia all'universitä di Tubinga, pubblicato a Leida nel 1706. La lezione vichiana, particolarmente sensibile nei Sepolcri, spinge Foscolo a riseoprire nelle testimonianze storiche e archeologiche le radici delle sue convinzioni ideali. In queste opere egli poteva trovare un'esauriente rassegna di miti e consuetudřni antiche e moderne esposte in un linguaggio colto e altamente specializzato. E quindi probabile ehe buona parte dei lessico oseuro e prezioso dei čarme provenga da questi repertori, ehe erano per di piú facilmente accessibili. 0 contenuto del carme Passiamo ora a esaminare i contenuti dei Sepolcri: considerando la complessita linguistica e eoncettuale del carme, sembra opportuno premettere una parafrasi, per facilitarne la lettura. Da un punto di vista strettamente individuate, il sepolcro non porta nessun beneficio al defunto: la protezione marmorea, le piante e i fiori che lo ornano non possono recare sollievo dopo che l'incanto della vita e svanito per sempre. Quale compenso puo onrire mai in cambio di tale perdita una lapide che distingua i resti del defunto dagh altri innume-revoh che la morte dissemina in terra e in mare (w. 1-15)? E purtroppo destino fneluttabi-le che il tempo distrugga ogni cosa nel suo fluire perenne: cosi conclude il poeta, rivolgen-dosi direttamente a Pindemonte (w. 16-22). Tuttavia, se b vero che anche la tomba deve scomparire, perche I'uomo, prima che cio awenga, dovra privarsi di una residua, anche se illusoria, apparenza di vita dopo la morte? Egli infatti continua a vivere anche sottoterra se i suoi parenti e i suoi amici, dedicando-si al culto della tomba, alimentano il vincolo affettivo che li legava. Questo legame senti-mentale e un dono soprannaturale, poiche tramanda la presenza dell'uomo oltre i lirniti dell'esistenza terrena (w. 23-40). L'unica eccezione e costituita da chi non lascia rapporti d'amore o amicizia: nessuno infatti ne coltivera la memoria. Egli puo si immaginare per se un destino ultraterreno, ma i suoi resti mortali saranno abbandonati alia terra, senza che alcuna lacrima sia sparsa per lui (w. 41-50). Una nuova legge, Feditto napoleomco di Saint-Cloud, vuole ora negare questo valore al sepolcro, ordinando che le tombe siano collocate lontano dai centri abitati, e vieta che accanto ai resti del defunto sia apposto il suo nome. Cosi Parini, che ha conquistato giusta fairia con la satira della nobilta lombar-da, giace forse vicino al delinquente comune, in un cimitero abbandonato (w. 51-86). II discorso si allarga quindi a una prospettiva piu vasta. Se la natura non riserva ai resti umani piu attenzione che a quelli degU altri esseri, I'uomo, per le ragioni accemiate, ha cercato invece di difendere le spoglie dei suoi cari. Dal giorno in cui gli uomini si organiz-zarono in societa (mediante l'istituzione del matrimonio, delle leggi e della religione), ai defunti vennero riservate solenni onoranze funebri. Le tombe divennero testirnonianza della gloria della nazione e luogo sacro per i discendenti: qui le anime dei defunti, interrogate, rispondevano; la tomba degli avi conferiva autorita al giuramento (w. 87-103). Non sempre i sepolcri offrirono spettacolo di desolazione, di terrore e di morte, bensi furo-no anticamente collocati entro una cornice di alberi e fiori, dove parenti e amici erano soliti soffermarsi in raccoglimento (w 104-129). Volendo trovare un equivalente moderno a questa devozione per il sepolcro, possiamo pensare alle accorate preghiere che le donne inglesi rivolgono alia madre scomparsa in cimiteri belli come giardini, alle suppliche appas-sionate ch'esse indirizzano ai numi tutelari della nazione affmehé il grande arnrniraglio Horatio Nelson, impegnato con la sua flotta contro Napoleone, possa fare presto ritorno in patria con i loro uomini (vv. 130-136). II culto delle tombe, insomnia, non solo mantiene m vita e alimenta gli affetti privati, ma accende anche ľamore di patria e il desiderio di imprese valorose. Ma poiché tale sentimento pud esprimersi solo in un regime dí liberta, dove invece regnano tirannide e paura, i sepolcri sono inutili manifestazioni di sfarzo e funerei richiami alia paurosa realta della morte (w. 137-141). I ceti piu influenti che reggono le sorti del regno d'ltalia, per esempio, non solo sono indegni di gloria e rimpianto dopo morti, ma sono praticamente morti giá vivi, e la loro unica lode sono gli stemmi genulizi (w. 142-150). Nuova apostrofe al Pindemonte: le ume degli uomini valorosi possiedono un alto valore civile in quanto destano un nobile desiderio di emulazione e rendono bella e illustre, agli ocelli dei forestieri, la terra che le accoglie. Cosi, per esempio, la visione di Santa Croce a Firenze infiammo di ammirazione il poeta davanti ai grandi italiani li sepolti: Machiavel-li, Michelangelo, Galileo. La rassegna di questi illustri italiani sfocia nelľesaltazione di Firenze, patria di Dante e Petrarca, e sede di un monumento, Santa Croce appunto, che sembra preannunciare il riscatto e ľunitá nazionali (w. 151-188). Ne ě prova la predile-zione di Alfieri: qui il grande tragico venne spesso a ispřrarsi e a cercare conforto per il destino řnfelice della patria. Santa Croce puö essere paragonata al tumulo di Maratona, elevato a memoria etema degli uomini che salvarono la Grecia (vv. 188-212). Segue una terza e ultima apostrofe rivolta a Ippolito, di cui ě rievocato il giovanile viaggio a Malla (vv. 213-214). L'episodio delle armi di Achille (di cui certo Pindemonte si ricordô allora), armi che la sorte strappô alle ŕngiuste brame di Ulisse per consegnarlc al valoroso Aiace, ě certamente istruttivo: la morte assieura gloria ai grandi e compensa giustamente i valorosi (w. 215-225). 11 poeta invoca le Muse afunché lo aiutino a celebrare gli eroi: é questo il maggiore desiderio di un uomo che i tempi avversi e il desiderio di conservare il proprio onore costringono a peregrinazioni continue. Le Muse possono acconsentire, poiché hanno il potere di dare immortalitá agli spiriti magnanimi e di sconfiggere la morte con il loro canto, essendo la poesia immortale (w. 226-234). II carme si chiude con la rievocazione del sepolcro di Elettra, la riinfa amata da Giove, e dei suoi discendenti, i re troiani. Qui le donne vennero a pregare i Penáti perché salvassero i loro mariti dalla fine imminente; e qui si recô Cassandra, quando senti prossima la sciagura della patria, e vi accompagnava i nipoti, consolandoli delle disawenture che incombevano su di loro con la predizione che i Penati, una volta caduta la cittä, sarebbero stati custoditi dalle sacre tombe sino al giorno in cui Omero avesse rievocato la gloriosa fine di Troia, assicu-randole fama immortale con il suo poema (vv. 235-295). La novita dei Sepolcri Se ě vero che Foscolo, come abbiamo detto, era consapevole che le ragioni e il contenuto del carme non erano, né forse potevano essere, nuovi, si rese perú ben conto che nuovo era lo spirito con cui erano esposti. Esso dívergeva nettamente, per esempio, da quello dei poeti preromantici: «Per censurare i mezzi dun libro — ribatteva ancora alľabate Guillon - bisogna saperne lo scopo. Young e Harvey meditarono sui sepolcri da cristiam: i loro libri hanno per iscopo la rassegnazione alla morte e il coníorto d'un'altra vita; ed a' predicatori protestanti bastavano le tombe de' protestanti. Gray serisse da nlosofo; e la sua elégia ha per iscopo di persuadere ľoscuritä della vita e la tranquíllitä della morte; quindi gli bašta un cimitero campestre. Ľautore [cioe Foscolo stesso] considera i sepolcri politicamente; ed ha per iscopo di animare ľemulazione politica degli itahani con esempi delle nazioni che onorarono la memoria e i sepolcri degli uomini grandi...». Si comprende dunque come sul carme Dei sepolcri, concepito come espressione di una volontä di riscatto nazionale dalla dominazione straniera, si fondi il mito del Foscolo poeta-vate delľunitä italiana che piacque tanlo al Risorgimento, a De Sanctis e a Carducci, magari a scapito 21-- La letteratura detPetä napoleoniea in Italia Ugo Foscolo di altre opere (le Grazie soprattutto, riscoperte e rivalutate criticamente nel Novecento). Da un punto di vista piu strettamente letterario, ě di capitale importanza la novitä del Iinguaggio poetico, che parve subito ai primi lettori difficile e addirittura oscuro («fumoso enigma» lo defini Giordani). Rispondendo ancora a Guillon che aveva malamente interpre-tato il carme (e i] fatto di essere straniero non lo aveva certo aiutato) cosi Foscolo coglie alcuni aspetti decisamente nuovi della sua poetica: «Ella vede dalle mie note quanto ha sbagliato su' passi da lei citati; molto piů dunque su la tessitura la quale dipende dalle transizioni. E le transizioni sono ardue sempře a chi scrive, e sovente a chi legge; special-mente in una poesia lirica che, non so se per virtu o per vizio, transvolat in medio posita [cioě sorvola su ciö che sta in mezzo], ed afferrando le idee cardinali, lascia a' lettori la compiacenza e la noia di desumere le intermedie. Ma chi fraintende le parole che hanno signiflcato certo in se Stesse [e allude ai grossolani fraintendimenti linguistici in cui era caduto il critico], come mai poträ cogliere le transizioni formate da temiissime modificazio-ni di lingua e da particelle che acquistano senso e vita diversa secondo gli accident!, il tempo e il luogo in cui son collocate? Né ella dannerebbe la disparitá di colorito del poema, s'ella potesse discernere le mezze tinte che guidano riposatamente da un principio affettuoso ad una fine veemente». «Transizioni», «mezze tinte»: cosi Foscolo individua la capacitá di mutare rapidamente tono e registro, con improwisi, suggestivi balzi in avanti, sacrificando le strutture di tipo argomentativo-razionale e mettendo in primo piano gli exempla (cioě gli esempi concreti che adduce), che si accampano di prepotenza, lasciando al lettore di intuire la tesi che il poeta si propone di dimostrare. Analogamente nelle odi di Pindaro (che erano, come si é detto, tra i modelli piů presenti a Foscolo) i miti prende-vano il soprawento, sovrastando, almeno in apparenza, 1'argomento trattato (donde l'e-spressione comunemente diffusa di "voli pindarici") e rapide sentenze li saldavano a un fQo conduttore nascosto, a un disegno tenuto dal poeta accuratamente celato. L'urilizzazione deltě fonti claasiche Foscolo stabilisce con i classici antichi (particolarmente con Omero, di cui esce la traduzio-ne del primo libro dell'iZiacre proprio nel 1807) un rapporto nuovo che rovescia Tímpor-tanza secolare della tradizione umanistica fatta essenzialmente di imitazioni e riprese spes-so pedantesche. In virtů della decisiva mediazione di Vico, i classici antichi possono ora apparire quale archetipo di una poesia pura e originale, dettata dalla passione e dalla fantasia, frutto di quelle illusioni che la civilta rifiuta ma di cui 1'uomo ha ancora bisogno: «Questo vedo, che essendo destinate a pochi [le scienze], ove questi [pochi] volessero rom-pere a noi popolo il velo dell'illusione da cui traspare un mondo di belle e care immagina-zioni, ci farebbero essi piů sovente ricordare la noia e le ansietá della vita, dove nessuno va lieto senza il dolore dell'altro». Cosi nel Commento alia Chíoma di Berenice dove, dalla vitale indagine sui testi classici latini e grecí, Foscolo individua una série di illustri maestri: oltre ovviamente a Callimaco, senz'altro Omero (in particolare gli Inni, oltre aUV/iWe), le odi di Pindaro (specie quelle piú lunghe, piů. fitte di rappresentazioni mitiche), il poemet-to di Catullo sulle nozze di Teti e Peleo, 1'egloga Sileno di Virgilio. Nei Sepolcri Foscolo mette in atto un nuovo modo di parlare per immagini, per esempi, per quadri giustapposti, legati insieme da uno schema argomentativo ridotto aD'osso, perfino, se possibile, sottaeiu-to. Tale acquisizione resta fondamentale anche per le Grazie, ma in un contesto mutato dove non occorre piů dimostrare o convincere, ma narrare insegnando. Li il pathos del carme sepolcrale lascerá il posto a una piů libera evocazione di miti, di «belle e care immagini», a una ricostruzione fantastica dell'umana civilizzazione ad opera delle Grazie. Al disegno chiuso e funzionale dei Sepolcri si sostituirá un disegno assai piů ampio, sempře aperto a nuove aggiunte e a nuove provocazioni. L'oscurita del carme I Sepolcri segnano il momenta di piů ardua emulazione della letteratura antica da parte di Foscolo. Ne deriva una notevole difficolta nella lettura: non solo per i numerosi riferi-menti a fatti, persone, testi (ragione per cui Foscolo stesso insert nell'opera una série di note, di cui ci siamo serviti nel nostro commento), ma anche e soprattutto a livello lessicale e sintattico. Alľaccusa di oscurita che fu mossa ai Sepolcri da piů parti giä i primi lettori ripararono con una messe di commenti al těsto dawero senza confronti nella letteratura moderna, che documenta anche la fortuna de!l'opera e ľinteresse sempře vivissimo da parte della critíca. A Ippoltto Pindemonte Deorum manium iura sancta sunto. * AU'ombra de' cipressi e dentro 1'urne confortate di pianto e forse il sonno della raorte men duro? Ove piu il Sole per me alia terra non fecondi questa 5 bella d'erbe famiglia e d'animah, e quando vaghe di lusinghe innanzi a me non danzeran Tore future, ne da te, dolce amico, udro piu il verso e la mesta armonia che lo governa, 10 ne piu nel cor mi parlera lo spirto delle vergini Muse e dell'amore, unico spirto a mia vita raminga, qual fia ristoro a' di perdutt un sasso che distingua le mie dalle infinite 15 ossa che in terra e in mar semina morte? Vero e ben, Pindemonte! Anche la Speme, ultima Dea, fugge i sepolcri; e involve Schema metrico Endecasijlahi scinlli. * Deoriim... siml.tr: "Siano rispettati i diritti degli Dei Matli". }jä massima é citata da Cicerone, De le-gibiu. li, 9, come apparteriente alle Vodici tti: il primo těsto legislativo di Roma arcaica (Foscolo non supponeva allora che si trallasse probabilmente di un falso). I Maries sono le anime dei de-řunti. 1-15. Altumbra... mořte?: il sotino della mořte ě forse pili soppnrtabilc alTombra dei cipressi e denlro le unie sulle quali i parenti versino lac.rime alla memoria dei dentrttnr1 Quando il sole avrá cessato per me di íecondare i] creato, quando Pawenire avrá perso ogni seduzione, qtiando da le, Pinde-motiie. non udro piú la dolce armonia del ver.so. quando nel more non sccitirö piú 1 tspirazioue delle Muse e il sentiinento ďarnore (unica consolazione allti ttna vita di esulc), quale compenso alla vila perdula polrá coslinúre una lapide che uisljngiia i niiei resli dagli úuinili alfjri che la morte dissernina in terra e in maře? Clr. i w 67-70 äeM'Elegiu scritta in un cimiterri campestrc di Cray, nella Iraduzkme di Cesarotti: «Ab 1'ánimaĚo busto / o 1'urnii efugiatti al primo albergo / puo richiamar lo spirilu fugacc? / Puó risveglinr la tnciiunia polve / voce ďonore? o adulatnce lode / il freddo orccchio liisrngar di Mono?» (Gavazzeni). 5. Deila... animali: «la vaga delle belve ampia famiglia» aveva detlo Moiiti nella BeÜezza dett'Universo, v. 84. 6-7. e... hitlire: Piiiimaginc delle ore danzanli ha origini anücbe: la si trova in Omero, Iliade, V, 740-51, e nellV/tno ad Apoüu, w. 194-99. Airiminagine dedica una longa nola Foscolo nel coinmento alla Chioma di Berenice. Cfr. anche l'ode Alla amiea risanata^ w. 19-26. 9. la niesta... goverua: in nna nola al eaime Foscolo av-verte che si nferisce in particolare alle Epiütih e Poesie cam-pestri ili tppolitti l'indemonic, anche se la Vena elegiaca, le ante dolenli e malineoniche sono tipiche di lutta la poesia deU'airüeo veronese. 1(1-11. in Bpirlo... umore: cfr. la leltera del 15 maggio del-YOras1 qui a p. 168; "0 amorc! le arti belle sonn tue ti-glie...». 13. sasso: per "pielra sepolcrale 1 si urova giä nel Petrarca. 16-17. Vero... sepolcri: Irirrrnagiiie della speranza che ab-bandona i sepolcri ha faülo niolto discutere. Kcco quaiiLo scrive Foscolo stesso in una nota alla Cltinma di Berenice: «Ciist e allegoria dclla violainorie dVgni religione questa pas-sionata sentenza di Teognide: "Tuld i ^Nunii salendn all'O-liuipo gli infelici mortali abbandonarono: la Spenur/a sola ri-mane buona Dtja1". Oui la speranza che l'agge sta a signilica-re il dil(;gnarsi dell'ullima illusionc di immortalitä, affidata appunto al sepolcro (i) quäle tultaviu ö anclresso desrinalo a consainarsi per Tazione distnaiiva del tempo). 216 La letteratura delľetä napoleoiiica in Ttalia Ugo Foscolo 217 20 25 30 35 40 tutte cose l'obblio nella sua notte; e una forza operosa Ie affatica di moto in moto; e l'uomo e le sue tombe e restreme sembianze e le reliquie della terra e del ciel traveste il tempo. Ma perche pria del tempo a se il mortale invidiera Tillusion che spento pur lo sofferma al limitar di Dite? Non vive ei forse anche sotterra, quando gli sara muta l'armonia del giomo, se puo destarla con soavi cure nella mente de' suoi? Celeste e questa corrispondenza d'amorosi sensi, celeste dote e negli umani; e spesso per lei si vive con I'amico estinto e Festinto con noi, se pia la terra che lo raccolse infante e lo nutriva, nel suo grembo materno ultimo asilo porgendo, sacre le reliquie renda dall'insultar de' nembi e dal profano piede del vulgo, e serbi un sasso il nome, e di fiori odorata arbore arnica le ceneri di molli ombre consoli. Sol chi non lascia eredita d'affetti poca gioia ha dell'urna; e se pur mira dopo l'esequie, errar vede il suo spirto 45 50 55 60 65 70 fra 1 compianto de' templi Acherontei, o ricovrarsi sotto le grandi ale del perdono d'Iddio: ma la sua polve lascia alle ortíche di deserta gleba ove né donna innamorata preghi, né passeggier solingo oda il sospiro che dal tumulo a noi manda Nátura. Pur nuova legge impone oggi i sepolcri fuor de' guardi pietosi, e il nome a' morti contende. E senza tomba giace il tuo sacerdote, o Talia, che a te cantando nel suo povero tetto educô un lauro con lungo amore, e ťappendea corone; e tu gli ornavi del tuo riso i canti che il lombardo pungean Sardanapalo cui solo ě dolce il muggito de' buoi che dagli antri abdiiani e dal Ticino 10 fan d'ozi bé'ato e di vivande. O bella Musa, ove sei tu? Non sento spirar ľambrosia, indizio del tuo Nume, fra queste piante ov'io siedo e sospiro 11 mio tetto materno. E tu venivi e sorridevi a lui sotto quel tiglio ch'or con dimesse frondi va fremendo perché non copre, o Dea, ľurna del vecchio cui giá di calma era cortese e ďombre. Forse tu fra plebei tumuli guardi vagolando, ove dorma il sacro capo 19-22. c una forza... (empo: gli instailcübili processi della natura coinvolgono tutte le cosc in un Contimit» divenire. £ concetto muteriahsnco di provenienza lucreziana (si ricorda che nel IßOo1 Foscolo aveva iniziaio una rraduziotie in prosa del Da rerutri natura): «omnia migrant / omnia comroutat natura et vertete cogit», V, 830-1 {"tutto passa, lutto carnhin e si n-asforma agii ordini della natura", segnalato da (Jetto). 21-22. rctiqiiic... cieh «la precisazione geniüvale [della It'rra e del ciel] e da prendere in senso soggetü'vo: qucüo che la terra con i suoi terrernoü e i suoi sconvotgimend, il cielo coli l'azkme delle forze aütiosferiche abbiano risparmiato» (Pagliaro). 23-25. Ma... Diie?: nia perche l'uomo vorrä ptivarsi prc-cocemente dcll'illusione che gli consenlc di indugiare, per co-si ihre, dinanzi alle porle deH'utttetomba (Dite)? Smentendo l'accusa di oar.urita rivolta a quesio luogo, Pagliaro insiste Stil valore concreto di Muslime che qui sta per "tontba'1, i"oggei-lo reale attraverso cui si esprünr il desiderio di immorlalita. 23-24. a Be... invidierä: ricalca äl latino inetdere «6t, Lipri-varsi". 25. pur: ' luttavia"; goCferma: "tratüene"; riprende un'imtnagine di Ijucm/io: .Turpis enim fcrme cnntemplus et acrig egestas / semoia ab dulci vidi stahilkjue videüir / cl quasi iani leli portal ctuiclarier ante» (De rtmirn natura. III, 65-7): "Nella opinione comijne, il disprezzo infamante e la srraziante nnvertä sembrario incompatibdi con un'esistenza dolee e stabile e quasi im soggiornare presso le pone della moite*1. 26-29. [Von... suoi?; i comiiie.mai.ori soslengono a maggio-ranza che il pronomo enclitico ili deskirla sia da rif'erire a illmione. del v. 24, ma Canello (seguito da Pagliaro) credc piu convincenle il riferimento ad armonia del giomo, che precede rnimediatarnente, nel senso di iLdestarc la vila": -J'e-stinto vive anchc sotterra sc mediante le soavi eure (il culto delle tombc) puô destare, o ndestare questa vily, non in sč, ch'e niaterialmente inipossibile, ma nella mmte de' suoi, per i qiiali egli cosi vive anoora». 29. Celeste: quasi dono divino. 30. sensi: ha senso latino di 1Lsenlimenti", 32. per lei: "grazie a leť'. 35. grembo: ě traslaio classico: cosi in Virgilio, Eneide, V, 31: «et patris Anchisae gremio complecuiur ossa?« (il sogg. ě tcllus, la lerra): lia terra che sü-inge nel suo gremho 1c ossa di Anchise?". 36-38. sacre..-vulgo: e le rendu mviolabüi «De offese degli agenti atmosfnrici (i mmbi, le "nuvole") e al piede del volgn. 39-40. di fiori... consoli: un albero arnico, profumato di fiori, consoli le ceneri con la suii dolce onibra. 39. arbore: tjui, latinariiente, fe.niminile. 40. molli otnbre: sirHagnia virgiliano {Georgkhe, ITJ, 464) 41-50. Sol... Natura: solo chi non fäscia un affetLuoso ri-cordo di sé non prova aícuo piacere alPidea di avere un se-polcro; semfalli unniagifi.-i ciů che fiŕguiri Í suoi huierali, vede la sua anima vagare fra il pianto delle anime delľAde {templi Acherontei) oppure nfiigiorsi sotto le grand] ali del penlono di Dio: ma lascia il suo corpo (la ma pohe) alle ortíche che erescono nei luoghi non frequeniaii {dese.rt.ct ghba) e newjuna dontta Lmamorata preghpr;i per lui, né nevsuň soli-lario passante si accorgerá della presenza della sua lomba. 41. eredita d'affetti; aliettuoso ricordo di sé. 42. mira: raffigura il suo destino dopo la mortŕ. 44. Cra... Acherontei: fra il pianto delle uninte condannate al supplizio; i templi Acherontei sono gb Acherousia templa lucreziani, citali da Foscolo in nota al carmc: «Nara jam sac-pe homines patriam carosque parenles / Prodiderunt vitare Acherousia templa petentes» {De rerum natura, HI, 85-86): "Non si son forse visti degli uomini tradire la pama c i cari parenli per evitare 1c dimore dcirAcheronte?" 45-46. o ricovrarei... Iddio: non si tratta tanto di un'ailu-sione al purgatorio quanto, suggeiisee Pagüaro, piü generica-mente alia fede neiresistenza ijell'aldilä, di eui sono esempi diverai Toltretoinba pagano, triste c, dolente. e quello cristia-no, confortato dalla speranza del perdono. L'immagine e bi-blica: «sub umbra alarum tuarum», Salmi, lb, 8 (tLsotto 1'ombra delle tue ali", segnalato da Canello). 46. polvc: ucenere'\ 47. gleba: "terra'". 49-50. oda... Natura: rielabora la iraduzione latina di Costa di un verso deü'Etegia di Gray: «Naturae clamat ab ipso vox tumulo» ("gerne la natura fin nel sepolcro1'), giä posta a epigrafe deH'Ortis-51. Pur: "tutiavia1'. 51-53. nuova... contende: riferimento all'editto di Saint-Cloud giä ricordato nelfintroduzione; nome ha qui senso di "fama"; contende per "toglie" e tipico della lingua .poe-tica. 54. sacerdote: Parini, morto il 15 agosto del 1799, non ebbe esequie solenni, ne tomba distinta nel cimitoro di Porta Comasina dove hi tumulato; Talia: la musa della poesia campestre, della commcdia, e per estenaione della satira. 55. nel suo povero tetto: si riferisce alle modeste condizio- ni di Parini; educô: latinamente: "fece crescere". L'alloro {Uiiwv) e la pianta sacra ad Apollo c quindi alle Muse. 56. ťappendea corone: per metafora: "ti oftriva compo-nimenti poetici". 57. tu: la Musa. 58. Sardanapalo: leggendario re ďAssiria, di cui i Grcci favoleggiavano le ricchezze, la lussuria e i costumi eŮeminati; qui nel lombardo Sardanapalo si deve riconosijere il "giovin Signore1' protagonista del Giorno pariniano. 59-61. cui... vivande: a cui é gradito solo il muggito dei buoi che giunge dalle rive sinuose (antri) dell'Adda (abdiia.ru) o del Ticino; essi gli consentono infatti un^esistenza pingue e oziosa. E decisamente caricaturale il ritratto dell'eroe del Giorno rallcgrato dai cori delle stalle; ě del resto frerjuente nel poema paiiniano il tema dei beni faticosainente procuniti dai servi ai padroni oziosi. 62-63. Non eento... Nume: non serito il profumo di ambrosia che indica la presenza deĽa Musa. 65-69. E hi... ombre: il breve scorcio paesaggistico rinvia al celebre sfondo della letters delľOtis datata 4 dicembre (p. 169). M tema della visita alia sua tomba cra prefiguralo da. Parini stesso nelľode R messaggio. 68. noa copre: Parini non era stato sepolto nel cimitero vi-cino al boschetto di tigli, queflo di Porta Orientale, ma, come si é detto, in quello di Porta Comaujina, lontono dai luoghi a lui cari. 69. cui... d*ombre: verso il quale (il riglio} era gtneroso (cortese) dispensatore di calma e di ombra. 71. vagolando: "vagando'1; ě voce rara, frequente pero in Monti. 220 La letteraíura delľetä napoleonica in Italia Ugo FobcoIo 221 130 135 140 145 150 155 ai cari estinti, una fragranza intonio sentia qual ďaura de' beati Elisi. Pietosa insania ehe fa cari gli orti de' suburban i avelli alle bntanne vergini dove le conduce amore delia perduta madre, ove dementi pregaro i Geni del ritorno al prode ehe tronca fe' la trionfata nave del maggior pino, e si scavó la bara. Ma ove dorme il furor ďinclite gesta e sien ministri al vivere civile ľopulenza e il tremore, inutil pompa e inaugurate irrunagirú dell'Orco sorgon cippi e marmorei monumenti. Giá il dotto e il ricco ed il patrizio vulgo, decoro e mente al bello Italo regno, nelle adulate reggie ha sepoltura giá vivo, e i stemmi unica laude. A noi morte apparecchi riposato albergo ove una volta la fortuna cessi dalle vendette, e ľamistä raccolga non di tesori ereditá, ma caldi sensi e di liberal čarme ľesempio. A egregie cose il forte animo accendono l'urne de' fořti, o Pindemonte; e bella e santa fanno al peregrin la terra che le ricetta. Io quando il monumento vidi ove posa il corpo di quel grande 128. fragranza^ non dui Eori ma deglí ungnentí funebri, come avvcrte Foscolo citandn in nuta un'iacrizione greca, che suona tradotta: uNegli urigtienti, o íigbuolo, ě l'aiiima tua». 129. qual... Eliai: secondo i Creci e i Latini l'Eliso era la dimoia dcgli spiriti eroici e virtuosi situata nelľestremo occi-díTite, al confine con le correnti dell'Qceano che cingono il mondo. 130-131* Pieíosa... britanne: pietosa follia (insania)^ in-garmo delia morte che rende caři i giardírii (o/ti, lalinismoj dvi cirniteri {avelli) suburbani alle donne britanniche. 132. vergiui: qui> latinamente, "giovani donne/', non ne-ccssariainente fanciulle ma anche spose: il che rafforza il sen-so delia dolente invocazione a Nelson. 133-136. ove... bara: pregarono i numi tutelari delia patria perché favorissero il ritorno Jel prode, Horaíio Nelson, che troncó 1'albero maesíro del vascello ľraneese "Orient" vinto (trůjnfata) nella. famosa battaglia di Abukir (1 agosto 1798) e con quel legno si fece prepararc la bara, 137-141. Ma... monumenti: ma dove e spento il desiderio (furor) di imprese gloriuse (inclite) e ia riechezza (ľopulenza) e la paura (di un despota) domkiano 3a vita civile, i monumenti funebri (cippt e marmorei monumenti) appaiono vane ostentazioni di magnifícenza e ŕuneste ím mags ni delľaldílä. LiOrm e uno deí nomi deU^oltretomba pagano. 140. inaugurate: é voce rara: "funestc1' (da ui-auguratŕ.^ cíoě "malaugurate"). 142-143. Ciä... regno: si allude ai tre collegi elcttoraJi isti- Luiti da Napoleone: il volgo dotto era il collegio composto da duecento fra dotti, letterati ed ecclésia^tqi (a Bologna); il ricco quello composto da duecento negozianti a Brescia; ilpatri-zvj da trecento possidenri a Miláno. II v. 142 e davvero ro-boante, anche per la ŕŕequenza delia Iettera o, che akuni giu-dicarono inľelice, e ehe produce invece un suggestivo eSielto comico-grottesco. 143. decoro e mente: "omamenťo e guida" (e detto ironi-camente). 144. adulate reggie: le splendide dimore dei potenti, dove sempře risuona ľadulazione. 145-150. A noi... esempio; a me la morte proeuri (appa-revcfii] una tranquilla dimora (riposato albergo) dove Äna!-mente la sorte cessi di accanirgi contro di me e gli amici rac-coJgano in ereditii non riechezze (letteralmente: non ereditá. di tesori) ma intensi ahetli [caldi. sensi, am a ispirare il Juror d'intJite gesta del v. 137) e ľesempio di una poesia ispiraírice di liberta (di Uberal čarme ľesempio). 148. Parní srš: l'astratto (amistá, "aniicizia") é usato al posto del concrete (''gli amici*1). 152-154. l'urne,.. ricetta: le tombe (ume) dei grandi uo-niini (i fortí) rendono bella e degna di venerazione (šanta) per il pellegrino la Lerra che lo aceoglie (che le ricetta). 154-155. quando,,. grande: quando vidi la tomba (U monumento ove pose il corpo) di Machiavdli (quel grande). 154-165. Io... gridai: il lungo e complesso periodo apeilo dal soggetto io (v. 154} si conclude momentaneamente al v. 165 (gridai), introducendo ľelogio di Firenze (fe beala). 160 165 170 175 130 che temprando lo scettro a' regnatori gli allór ne sfronda, ed alle genu svela di che lagrime grondi e di che sangue; e r.arca di colui che nuovo Olimpo alzó in Roma a7 Celesti; e di clii vide sotto Tetereo padiglion rotarsi piů mondi, e il Sole irradiarli UTtrnoto, onde all'Anglo che tanta ala vi stese sgombro primo le vie del firmamento; te beata, gridai, per le felici aure pregne di vita, e pe1 lavacri che da1 suoi gioghi a te versa Apennino! Lieta dali1 aer tuo vestě la Luna di luce limpidissiraa i tuoi colli per vendemrnia festanti, e le convaUi popolate di case e ďoliveti rriille di noři al ciel mandano incensi: e tu prima, Firenze, udivi il carme che allegro Fira al Gtibellin řuggiasco, e tu i cari parenti e Tidioma dešti a quel dolce di Calliope labbro che Amore in Grecia nudo e nudo in Roma ďiin velo candidissimo adornando, rendea nel grembo a Venere Celeste: ma piů beata ché in un tempio accolte serbi Pltale glorie, uniche forse da che le mal vietate Alpi e Talterna 156-158. ehe... sangue: che, fingendo di laíTorzare il po-tere a coloro che regnano, lo spoglia invece di Ogni gloria (gli allór ne sfronda) t mosíra al popolo come grondi di lacri-me e di sangue. Foscolo si rifä qui all'interprelayione antifra-stica del Principe cho risale ad A. Gentile (XVI sec.) ed <:ra cara a Hnusseau, che ne ajecenna nel Control social. 159. ľarca: "la. Lomba'7; dipende sempře da quando vidí (w. 154-155); colní; Michelangelo Buonarroti 159. nuovo Olimpo: la basilica di San Pietro; nri/ivo perché cristiano. 160. e di chi vide: Galileo Galilei. 160-164. e dj chi... Finnamento: e (quando vidi la toni-ba) di Galilei, che vide mold pianeti Tfiuuverai nctla volta celeste (ľetereo padiglion), aprendo cosi la strada alľinglesr. Isaac Newton (ľAnglo), clie tatlto andô innanzi (tanta ala vi stese), acoprendo lp. leggi delia gravitazione úmväraale (1687). 165. (e beata: la celebrazione di Firenze é aiilicipJita nŕlla Iettera ddľOrď> datata 25 setiembrc. 166-167. luvucri... Apenriino: gh aiíluenli ilelľArno. 168-170, Lieta... featantí: la luna. piu iLimiiiosa per \u pu-íezza ilelľaria. uradia di luce piíi limpida i tuoi colli ricclú ijesUniti) di \ngncLE. 170» vendemrnia: metonimia per ;iuva". 172. milEe... inceiiai: mandano al cielo inille prohimi (tn-censC; di liori. 173. carme: hirhmô delia Divina Commcdiu, che Foacolo mosrra di credere corniiiciala prima delľe&ilio tli Diinte. 174. allegro-, ŕuggiusco: che artenuô la di9psr»zione del-ľeäule. Dante era in realia im gucäfo di parte bianca; proba- bilmente foscolo intende pero sottolineare 1'tmpegno politico dl Dante e genericaunente Fimportanza da lui attribuiLa al niolo dell'impero. 175-179. c... Celeste: e tu ancora, Frrenze. dona^ri i geni-tori e la lingua a quel soave poeta (Pelrai'ca definito dolec fabbro di Calliope., propriiimente musa della poesia cpica ma qui della poesia in generále) che, velando pudicamente Pa-more sensuale dei Greci e dei Latini, lo poneva in grembo alia Venere celeste. Annota Foscolo: «GIi antichi distingijeva-no due veneri; una ttrrcstxe e sensuale, l'altra celeste e spirituály: ed avevano řiti e sacerdoli diversi™ (rinvia a Platone. Convito, e Teocrito, Epigrarnma XEI). Quanlo poi al fatto che Firenze diede aU'aretino Petrarea i genitori (i parenti, la-tinismo) e la lingua, Fnscolo ricorda in noLa.: «11 Petrarea nac-ijue nelTesilio di genitori fiorentim». 178. d'un... adornando: si allude al «passaggio dal sen-■iualismo erotico degli antichi all'idealismu eroticn del Petrarea" (Natali). 180-185. ma piů beata... unto: FiTenzc <.■ beala soprattut-to perché conaerva raccolte in una cliicsa Uempio: Santa CfO-ce) le glorie dell'Italia, uniche rimaste da quando la catdva diiesa (mol oietatr. Alpi) e i norsi e ricorsi dello slioria (1'allerna oimipoteriza delfe umane sorti) hanno přiválo Firenze (e qtiin-di lima 1'ltalia) di lorac militari (armi), di riccheazc (soslart-ze), di identita rcligiosa (are) e polilica (patria), 181. Lítalo glorie: le tornbe dei grandi italiaiiL unica testi-monianza di gloria nazionale. 182. mal vietate: vietare ha qui il sense del la(. prakibere. "ďífeaďere", «quast si dicesse la mala difesa delfa Alpi» (Ca-ncilo). 222 La leticracura delľctá napoleonica in Italia Ugo Foscolo 223 185 190 195 200 205 210 onnipotenza delle umane sorti ármi e sostanze ťinvadeano ed are e patria e, tranne la memoria, tutto. Che ove speme di gloria agli animosi intelletti rifulga ed alľltalia, quindi trarrem gli auspici. E a questi marmi venne spesso Vittorio ad ispirarsi. Irato a' patrii Numi, errava muto ove Arno é piú deserto, i campi e íl cielo desioso miraiido; e poi ehe nuilo vivente aspetto gli molcea la eura, qui posava ľaustero; e avea sul volto il pallor delia morte e la speranza. Con questi grandi abita etemo: e ľossa fremono amor di patria. Ah si! da quelía religiosa pace un Nume paria: e nutria contro a1 Persi in Maratona ove Aténe sacrô tombe a' suot prodi, la virtu greca e ľira. II navigante ehe veleggiô quel mar sotto ľEubea, vedea per ľampia oseuritä scintille balenar dielmi e di cozzanti brandi, fumar Ie pire igneo vapor, eorrusche ď'armi ferree vedea larve guerriere cercar la pugna; e alľorror de' notturni silenzi si spandea lungo ne' campi di falangi un tumulto e un suon di tube e un incalzar di cavalli accorrenti scalpitanti su gli elmi a' moribondi, e pianto, ed inni, e delle Parche il canto. 184. invudeano: irmidere vate qui, latinamente, "impa-dronir3Í a viva foraa" (come nella traduzione ácWRiade I, 61-62: «Pria ľamiento de1 muli e i can veloci / invade...™), portando con sé ľidea delle "invasionľ1 siraniere (ľosserva-Hone ŕ: di Canello); are: "altari", nel senso di "'Lradizioni religiose, colli"' (e giá al v. 91 valeva "religione"), 185. patria: «Ľ giustificabile il djre ehe a Firemc era stala tolta. msieme colle armi, ecc. ariche la patria. Ouesta patria ě ľltalia, non giä ľ Italia geografica, ma ľltalia poliiica, orga-nata in regno, di cui Firenze fosse parte e íorse capo» (Ca-neľlo). 186-188. Che... auspiei: «ií tuo privilegiu, o Firenze, e in relatione ai fatto ehe in quci luoghi, dove avverrá ehe gli spirit! si accenderanno al desiderio delia gluria (prima ujia mi-noranza generosa, poi ľltalia tutta), proprio da li (quůuli) i vari rrarranno gli auspici per le iinprese ehe ne seguiraimo« (Pagliaro)- Aliri, meno persuasivamenle, attrihuiscoilO a ove un valóre temporale. 188. E... marmi: in Santa Croce. 189. Vittorio: Alfieri. 190. Irato... Numi: adiiato conrro gli dei prolettori delia patria per a veria abbandonaia al smi destine. «Cosi io Seritto-re- avvcrtc Foscolo in nota - vidi Vittorio Alfieri ni-gli ultimi arini delia sua vitan. 193. molcea; "lenivá'". 196. Con... eterno: Alfieri, mono ľ8 setlcmbre 1803, fu sepolto in Santa Croce, dove la duchessa d'Albany fece enge- re dal Canova il monumento J'tinebre. 196-197. ossa... patria: e i resti aneoxa sembrano palpitate ďamore per la patria. La cosinizione iransitiva di Jhmere č latina. 198. religíosa: "sacra"; un Nume; personificazione del-ľamore di palria. 200. sacrô... prodir consacrô due tumuli ai caduti ateniefli e plaleesi. Foscolo cila in nota Pausama, Viag^iu neU'Auicu, Cap. XXXII; «Nel eampn di Maratona é la sepottura degli Atenicsi moríi nella ballaglia; e tucte le notti vi s'intende un iiilnr di cavalli, e veggonsi Eanta&tni di combattenu». Questo spunto c aviluppato nei versi clu* seguoriu. 202. ľEubea: ľisola che sorge di fronte alla piana di Maratona. 203-211. vedea... moribondi: vedi nota di Foscolo cituta al v. 200. La rievocazioni; noťtuxita ha come precedente la visita di Jacopo a Moniapeni (lultera du Firenze, 25 setiem-bre, qui a p. 176). ľa visione delia battaglia nocturna rienira in un gusto spiccatamente pnTomanticn. 205. fumar... vapor: ľiiifmito dipende da vedea^ tome it precedente balenar. I^e pire soiio i roghi su qui venivano bru-cjaLi i cadaviiri dei soldáti, dui quali si alzano le fiamnie ňaneo eapur)\ coitubcIio: ';scinlillanď'. 206. larve: ""J'antasmi, ombre". 209. tube: "trombe militari". 212. delle... canlo: «t-e Parelie caniando vaticinavam> le horti degli noinini nascenü e de" nioreuti» (N.d.A,). 215 220 225 230 Felice te che il regno ampio de' venu, íppolito, a1 tuoi verdi anni correvi! E se il piloto ti drizzö Tantenna oltre Fisole Egée, d'antichi fattí certo udisti suonar dell'EHesponto i liti, e la mare a mugghiar portando alle prode Retée rarmi d1 Achille sovra Fossa d'Aiace: a' generosi giusta di glorie dispensiera é morte; né senno astuto né favor di regi all'Itaco le spoghe ardue serbava, che alia poppa rarninga le ritolse Fonda incitata dagFinferni Dei. E me che i tempi ed il desio d'onore fan per diversa gente ir fuggitivo, me ad evocar gli eroi c^amin le Muse del mortale pensiero animatrici. Siedon custodi de1 sepolcri, e quando il tempo con sue fredde ale vi spazza fin le rovině, le Pimplée fan lieri di loro canto i deserti, e Farmonia vince di mille secoli il silenzio. Ed oggi nella Tróade inseminata eterno splende aJ peregrini un loco eterno per la Ninfa a cui fu sposo Giove, ed a Giove die' Dardano hgho onde fur Troia e Assáraco e i cinquanta talami e il regno della Giuha gente. 213. regno... de' venti: periťrasi ehe designa il maře, co-me in Virgilio, Eneide, V, 235: «Di, quibus impérium est pe-lagi, quorum aequora curro» ('TJei, ehe avete ľimpero del maře, di cui corro ľacquc"). Si fa riferimento al giovanile viaggio di Pindemonte a Malta, dopo gli stiidi coĽegiali, per l'inve5titura di Cavabere. Egli peraltro non vareo mai ľEgeo (e dei resto Foscolo usa ľipotetica: E se ilpäoto tí. drizzb ľan-tenna / oltre ľisole Egée...). 215. piloto: U "pilota", cioé chi dä al nocebiero te inlbr-mazioni sulla rotta da aegiiire; drizzô ľantenna: "guido la nave". 217-218- delI'Elíesponlo i lití: Foscolo cita in nota Ic tra-dnzioni di due luoghi átWUiade, VIlf 86 sgg.t e deWOdissea, XXIV, 76 sgg.: «Gli Achei irmalzino a1 loro Eroi il sepolcro presso ľampio Ellesponlo, onde i posteri navigátori dicano: Questo é il monumento ďun prode anticamente morto. E noi deD'esercito sacro de1 Danai ponemmo. o Achille, te tue reli-quie con quelle del tuo Patioclo, ediGcaridotí un grande ed inclito monumento ove it li(o e piu eccelso nclľainpiu Ellesponlo, accioeehé dal lontano mare si inanifesti agli uomini ehe vivono e ehe vivranno in nitjrro». 219-220. alle prode... Aiace: «L-o scudo iľAciulIe innaf-fiato del sangue d'Ettore fu con iniqua sentenza aggiudicato at Laerziade [cioc Ulissc]; ma il mare lo rapi al nanfrago fa-cendoio nuotare non ad Itaca, ma alla tomba d^Aiace; c ma-nifestando il perfido giudizio de1 Danai, rostituí a Salamina la dovuta gloria. Ho udito ehe questa fama deĽe armi portate dal mare sul sepolcro del Telamonio prcvaleva presso gli Eo-lii ehe posteriorraente abitarono Hio»; la citazione, ehe pro- viene dal Viaggio mü'Attica di Pausania, h addotta a chiari-mento in nota da Foscolo, che aggiunge: «H promontorio Re-teo cKe sorge sul Bosforo Tracio e cetebre presso lutti gli anti-chi per la tomba d'Aiace«. 221. dispensiera: "dispensatrice". 222. regi: Agamennone e Menelao. 224. poppa rainiiiga: la nave vagante da Udo a lido. 225. inferni Dei: dei infernali, protettori dei defonti. 228. ine... Muse: le Muse (che erano figlie della Memoria) mi ispirino la rievocaiione delle gloriose imprese degli eroi. 231-232. vi spazza fin le rovine: ""'distrugge anche gli Ultimi resti, cancella anche le rovine11. 232. Pimplee: Ic Muse, cosl dette dal fönte o monte delle-Muse, il Pimpleo. 233. armonia: la poesia, in opposizione al silenzio della morte. 235. Tröade: la regione dove sorgeva Troia; inseminata: nel .senso di "disabiTata" (letteralmente ^sterile"). 236. eterno... loco: «1 recenti viaggiatori alla Troade sco-persero le reliquie del sepolcro d'Ilo anlico Dardanide» (N.d.A.). 237-240. Ninfa... gente: la ninfa Eletrra, figlia di Atlante, and» sposa a Zeus (Giove) e partori Dardano, fondatore di Troia. Attraverso le varie generazioni. da Dardano discesero Assaraco, Priamo (padre di cinquanta figli, qui indicaü con il terminc i&lami, letti nuziali) e quindi Enea, suo figlio Julo e i Romani {Giulia gente) che da Julo discesero. 237. per la Ninfa: vale: "grazie alla Ninfa". 22h I .a letteratura delľetá napoleonica in Italia Ugo Foscolo 225 245 30 255 260 265 270 Pero che quando Elettra udi la Parca che lei dalle vitali aure del giorno chiamava a1 cori dell'Eliso, a Giove mando il voto supremo: E se, diceva, a te fur care le mie chiome e il viso e le dolci vigilie, e non mi assente premio miglior la volonta de' fati, la morte arnica almen guarda dal cielo onde d'Elettra tua resri la fama. Cosi orando moriva. E ne gemea rOLimpio: e Pimmortal capo accennando piovea dai crini ambrosia su la Ninfa e fe' sacro quel corpo e la sua tomba. Ivi poso Erittonio, e donne il giusto cenere d'Do; ivi PUiache donne sciogliean le chiome, indarno ahi! deprecando da' lor mariti limminente fato; ivi Cassandra, allor che il Nume in petto le fea parlar di Troia il di mortale, venne; e all'ombre canto carme amoroso, e guidava i nepoti, e V amoroso apprendeva lamento a' giovinetti. E dicea sospirando: Oh se mai d'Argo, ove al Tidide e di Laerte al nglio pascerete i cavalli, a voi permetta ritorno il cielo, invan la patria vostra cercherete! Le mura opra di Febo sotto le lor reliquie fumeranno. Ma i Penati di Troia avranno stanza in queste tombe; che de' Numi b dono servar nelle miserie altero nome. 241. Pero ehe: va riferito a efemo; "eterno per il fatto ehe"; la Parca: qui Atropo, che tagha il lílo delia víta. 243. Ľiiso: i Campi Elisi, sede dei beatí {in opposizione al-YOrco del v. 140). Efisere ehiamati ai cori (cioé :ttra le schie-re") dell'EJiso vale quindi "inorirtí". 244. voto Bupremo: LTestrema preghiera". 246. vigílie: '"veglie"; assente: "consente". 247. premio: sotuinteso: del mio amore. 248. guarda: in segno di protezione. 251. ľOlimpio: Giove, abitatore delľOlimpo; ľimmor-tal... accennando: "assentendo col capo iinmortale''. Cfr. la trariiĽííone deU'///aefe, p. 234. 252. piovea: Fece piovere ambrosia, consacrando čosi il corpo e la tomba delia donna amata. 254. posó: ebbé sepoltura; Eritfonio: figfio di Elettra (da cui discende llo, citato piú avantf}. 255- 256. I'lliaohc... chiomc: Foscolo cíLa in nota VEnei-f/c, 111, 65: «Stant manibus arae. / cl circum fliades crinern de more solulac ("ai Mani si levano le ure, e le donne liia-chc ie attorniano con i capelli sciotii nel rito"). 256- 257. indarno... fato: invano seongiurando i Ponad di Troia di allontanare (deprecando) dai maria' la morte immi-nente. 258. Cassandra: figha di Priamo che, avendo rifiutato ľa-more del dio Apollo, Iii condaimata a prodire, il futuro senza essere ereduta. Foscolo uta in nota Virgilio, Enride, 31, 246: «Fans aperit Cassandra futuris / ora Dei KtSSU umquarn eredi-ta Teucris» {''Cassandra apTe ai fali imminenti la bocca, per volere del dio mai ereduta dai Teucri"). 258-262. allor... giovinetti: quando Apollo (Ü Nume) la spingeva a predire la fine delia cittá di Troia, si recô alle tom-be e proniinciö alle ombre dci Troiani ivi sepolli una profezia (carme) ispirata dalľamor di patria e dalla pieta per il suo destino (amoroso in queslo senso) e Finsegnava ai giovani troiani. 263-267. Oh... cercherete!: se mai il cielo vi cojiaentirä di lomare da Argo, dove (una volia caduta la cittá) nnttírete (pascere.le) i cavalli (saretc cioé schiavi) a Diomede {figlio di Tideo, dunquc Tidide) e a Uliw>e, ľiglio di Laerte, invano cercherete la vostra patria! 267. Le mura... Febo: in realtä fu Laomedonte che edificó le mura, gli dei Fcbo e Poseidone lo aiutarono. 26Ô. reliquie: ''rovine'', 269. i Peuatí: gli untenan, nurni tutelari delia patria-27Ü-271. ché... nume: é privilegio degli dei conservare la farna anche nelle svenlure. 275 280 2ä: 290 295 E voi palme e cipressi che le nuore piantan di Priamo, e crescerete ahi presto di vedovili lagrime innaffiati, proteggete i miei padri: e chi la scure asterrá pio dalle devote frondi men si dona di consanguinei lutti e santamente toceherá Taltare. Proteggete i miei padri. Un di vedrete mendico un cieco errar sotto le vostre antichissime ombre, e brancolando penetrar negli avelli, e abbracciar Punic, e interrogarle. Gemeranno gli antri secreti, e tutta nan-era la tomba Hio raso due volte e due risorto splendidamente su le mute vie per far piú bello l'ultimo trofeo ai fatati Pelidi. H sacro vate, placando quelle afQitte alme col canto, i Prenci Argivi eternera per quante abbraccia terre il gran padre Oceáno. E tu onore di pianti, Ettore, avrai ove fia santo e lagrimato il sangue per la patria versato, e fínché il Sole risplendera su le sciagure umane. 272. palme e cipressi: simholi del valore e delia morte; le nuore: le mogli dei cinquanta (ígli di Priamo. 275-278. e cni... altare: e chi trattena la mano dalle fŕon-de consacrate non avrä a dolersi per la perdita di persone care (consanguinei lutti) e poträ toccare gli altari (per "giura-re, pregare, far sacrifici") con mam pure. 280. un cieco: Omero. Cfr. la nota di Foscolo: -Omero ci tramandô la memoria del sepolcro d'Do. É celebre nel mon-do la povertá c la cecitá del sovrano Poeta»: segue la citazio-ne di alcuni ver&i del carme manzoniano in morte di Carlo imbonati, straordňiíuio omaggio al gíovane poeta milanese e alla sua prova lirica ľresca di stampa (1806). 281. brancolando: e voce dantesca. 282. avelli: "tombe, monumenti ŕunebri"- 284. tutta... la tomba: tottele tombe, qui personificate, oar-reranno a Omero ta storia di Troia, dne volte distrutla {raso) e due volte riediticata («da Ercole e dalle Amazzoni», N.d.A.). 287-288. per... Pelidi: per rendere piú splendida la definitíva vittoria (trofeo) dei Gréci: i faloti Pelidi sono «Acíiiíle e Pirro ultímo dislruttore di Troia. (N.d.A.). 288-291. Ľ sacro— Oceáno: il poeta (saav vate) placberä quelle anime (abne) afflitte con il suo canto e renderá etemi i principi greci (Prenci Argivi) in rutto il mondo. Oceano b in Omero il grande tiume die circonda completamente la terra. 293. ove: "ovunque1". 294-295- Enché... umane: Foscolo vuole chiudere il čarme nel registra del sublime: ůnché diirerä il mondo il nome di Ettore sará onorato. Ľimmagme ha matrici classiche. Cfr. Pindaro, Istrnka ľV, w. 40-44, che citiamo nella trad, di A. Privitera: «Poiche se uno dice bene una lode essa avanza, risuonando immortale, snila terra fruttuosa e sul marc va il raggio delle imprese famose inesringuibili sempre». E Leonida di Taranto chiude il suo lamento di esule con un presagio molto simile di gloria futura: «Ma spento non é il nome di Leonida: gli stessi doni delle Muse rni annuiiciano finché ri-splenda il sok» (Antológia Palatino., VI, 715, trad, di E. Ro-magnoli) ANALISI DeĽe novítä strutturali de] carme si paria nella SCHEDA di p. 228: qui vogliamo toccare altri punti essenziali de! progetto Hnguistico e stilistico del componimento. □ Non esistono document! relatŕvi alia elaborazione del poe-metto: ľeditore non puô che riprodurre, magari con lievissimi emendamenti di errori meceanici, ľedizione originale del 1807. Certo molti temi presenti nei Sepokri erano stati toccati in componimentí precedent), e alia sua ispirazione si offriva una ricca materia giä meditata e presente alla La IflLterřLtura delFeta napoleoiiica in Italia sua riflessione: tali l tenii della sepoltura (presenti nei sonetti in morte del fratello Giovanni e a Zacinto), quello del privile-gio culturale di Firenze (toccato ne] sonetto E tu ne' carrni avraiperenne vita...) e nella lettera deWOrtis datata 25 settem-bre (p. 176), dove anche la rievoeazioiie della battaglia di Monteaperti preaniiuncia quella di Maratona; il ritiatto di Pa-rini risente certamente della celebie lettera a lui interamente dedicata nei romanzo (p. 169), la funzione eternatrice della poesia, inline, era presente nelTode Alia arnica risanata. Su questa ricca materia poetica anteriore alia stesura del carme fece presa, come ha osservato F. Gavazzeni, piú die l'occasione polemica offerta daU'editto di Saint-Cloud, la conversazione pri-vata che Foscolo ebbe con Pindemonte nei giugno del 1806, quando certamente Farnico lo mise a parte della sua intenzione di scrivere quattro canti sui Cimiteri. D carme si presenta infatti come "epištola", prevedendo un interlocutore, e dunque anche un processo dialettico, sia pure in assenza di interventi e obie-zdoni esplicite da parte del desfinatario: ne risulta una struttura argomentativa che, partendo da convincimenri in apparenza ir-rerutabili, attribuiti appunto all'amico (Vero ě ben, Pindemonte..., w. 16 e sgg.), ribalta via via il senso di quelle certezze e rivendica alle sepolture un valore non solo e non tanto per il singolo individuo, ma per Fintera colletlivita nazionale, e alia fine per rumanitá intcra (e il grande excursus storico dei w. 91-150 ba proprio la funzione di saldare, come osserva ancora Gavazzeni, la prospettiva di una visione "privata" del sepolcro a quella di ordine piú generále e universale). □ La lingua del carme si contraddistingue pel la mole di rife-rimenti classici. Schematicamente ě possibile individuare: - rinvii mitologici (il mito di Giove ed Elettra, w. 235-253, fepisodio delle armi di Aiace, vv. 218-225 ecc); - immagini e topoi desunli dai testi ciassici (le ore danzanti del v. 7, la Speranza ultima Dea, v. 17 ecc); - reminiscenze di testi antichi, di cui giá si nutriva la dolta e melodiosa poesia di Monti {cfr. il punto successivo); - continue opzioni per le forme latineggianti rispetto a quelle piú comuni (tradussero per "tramandaiono" al v. 103, educd per "fece crescere", al v. 55) o per costruzioni ricalcate sul latino (come impone oggi i sepolcri..., v. 51). Aspetti tipici tutti del linguaggio della poesia neoclassica, se mai da Foscolo esasperari, sino a generate un'impression e di "sovrasaturazione" o di piú accentuata preziositá del prelievi. Significativa in particolare la cura riposta nell'aggettivazione, spesso di ardua e non comune derivazione classica (le molli ombre, v. 40, la trionfata nave, v. 135, i consanguinei lutti, v. 277) e forse talora mediata da reperlori eruditi di cui si ě detto (si veda ad es. il grembo maierno della terra, al v. 35, il giusto cenere dei w. 254-255). E ancora, come giá nei sonetto per la morte del fratello Giovanni, Foscolo si awentura in un terreno dove Femulazione delle lingue classiehe sembra produrre nsultati innovativi nell'accostamento delle parole (co-si la Tróade inseminata del v. 235, che non vanta precisa paternita) o nella derivazione o ricalco di parole che, non trovan-do riscontro nella tradizione volgare, neppure sembrano di- Ugo Foscolo scendere immediatamente da voci antiche e restano insomma attestazioni uniche (hapax): per esempio "e l'uomo e le sue tombe .. traveste il tempo", v. 22. □ Un aspetto nuovo e originále del classicismo foscoliano si deve rawisare nelTallusione e nei rinvio (reso fra Taltro esplicito dalle note apposte da Foscolo stesso) a fonti latine che diventa-no elementi portanti di comprensione del testo (ai w. 44, 97, 98, 117-118, 125-126, 126-127, 128-129, 200, 212, 217, 219-220, 255-256, 258, 285). Ě evidente che qui il recupero dei testi antichi si carica di valenze non riscontrabili nella tradizione precedente: i classici non sono solo modelli poetici, ma espressione della funzione religioso-etico-soeiale della poesia, e dunque di valori essenziali della civilta umana, secondo una sensibilita, che affonda certamente le sue radici nella riflessione su Vico. Alcuni autori poi si distinguono per la particolare autorita non tanto e non solo poetica, ma filosofica, come Lucrezio, il cui inťlusso ě attivo anche sul piano della concezione materialistica sottesa al carme (cfr. in particolare i w. 19-22) mentre recen-temente si ě sottolineata la ricchezza e la complessitá dei pre-stiti omerici, attivi attraverso il canaie della traduzione dell'J-liade, giunta proprio nei 1807 al rraguardo del I canto. □ Un discorso a parte merita l'impiego dell'endecasillabo sciolto su cui Foscolo pone l'accento nei suo Saggio sulla lette-ratura contemporanea in Italia, considerandolo uno dei suoi piú sigiiificativi traguardi: «GH sciolti del Foscolo non haruio nulla da dividere con quelli degli altri autori: ciascun verso ha una sua inconfondibile misura e accenti che si convengono al-rargomento. La melanconia del sentimento e regolata da mi-sure leňte e spaziate [si pensi ad esempio aU'attacco del carme, vv. 1-16], mentre le immagini vivaci corrono con il passo svel-to della gioia [ne sono esempio i w. dell'ultima apostrofe a Pindemonte: Felice le che il regno ampio de' venti, IIppolito, a' tuoi verdi anni correvi!, w. 213-214]». 0 anche, aggiunge-remo noi, le immagini tumultuose della battaglia possono risul-tare mirabilmente rotte e spezzate, come ai w. 201 e sgg.: II navigante... corrusche / d'armi ferree vedea lame guerriere / cercar lapugna; e allorror de' notturni Isilenzi si spandea lun-go ne' campi/ di falangi un tumulto... (dove all'effetto concor-rono i fořti enjambements e Fiperbato lungo... tumulto). □ Relativamente al tessuto fomco del verso, osservava Foscolo, nei saggio appena citato, che «a volte ne' versi ě predominant!; il susseguirsi di vocali, a volte sono privilegiate le conso-nanti...", cosi che «al poeta italiano si deve il meritato ricono-scimento, se non altro, d'aver conferito a ciascun verso una sua melodia, cosi come ciascun periodo ě retto dalla sua propria armonia«. Si noti reffetto violento prodotto dal concorso della lettera A nei w. 75-76: «e forse 1'ossA / col mozzo cApo gl'msAnguinA il lAdro...» (l'osservazione e di Gavazzeni), come, viceversa, 1'effetto comico-grottesco ottenuto dal ricorso dalla O nei versi 142-143: «Giá il dOttO e il riccO ed il patri-ziO vulgO / decOrO e mente al bellO ItalO regnO. » (con la sua pienezza la vocale sembra dipingere la vacuitá roboante di tanti immeritad titoli e onorificenze). 228 La letteratura delľcta iiapoleonica in Italia □ Un discorso a parte meriterebbe la complessa sintassi del carrae e in particolare la novitä nell'uso delle congiunzioni sia all'intemo del verso (came al v. 89: "non sorge fiore, oue non sia d'umane / lodi...") che all'inizio del periodo, dove crea spesso quelle suggestive "transizioni" di cui si e detto nell'in-troduzione, anche per il valore spesso molteplice e complesso che riveste (cosi il "Pur nuova legge..." al v. 51, "Che ove sperae di gloria...", v. 186). E stato orraai accertato il debito di Foscolo nei confronti della sintassi omerica, in particolare per Fuso inedito della congiunzione "e" in grado di legare tra loro i periodi tacendo piü espliciri rapporti logici di dipenden-za. Cosi al v 2.35 troviamo Edogginella Troade. inseminata..., che suona apparente aggiunta al discorso generale che precede — ... e l'armonia / vince di milk secoli ä silenzio — mentre ne rappresenta la conferma e la dimostrazione La struttura dei Sepolcri L'esordio (w. 1-50) L'esordio dei Sepolcri ha un tóno solennemente colloquiale (che ě quello delPepistola clas-sica, oraziana): il discorso, anziehe far intuire in apertura Pampiezza del suo futuro svilup-po, sembra ripiegarsi subito verso una necessaria e ineluttabile conclusione negativa, L'artiiicio é di sicuro effetto poiché confe-risce al carme un andamento "in crescendo" (si ricordi l'in-dieazione di Foscolo circa le «mezze tinte che guidano ripo-satamente da un prineipio affet-tuoso ad una fine veementeT>). Alia doppia interrogativa iniziale corrisponde dunque la doppia interrogativa dei w. 23-29 («Ma perché pria de] tempo a sé il mortale...»), che ha la funzione di riaprire un discorso che ap-pariva giä chiuso nell'atto stes-so di porsi. E, con precisa cor-rispondenza, alia conclusione negativa dei w. 16-22 («Vero ě ben Pindemonte! Anche la Spěme,... fugge i sepolcri...») si op-pone quella positiva dei vv. SCHEDA 29-40 («... Celeste ě questa / corrispondenza ďamorosi sensi...»). La polemica e r"esempio" del Parinř (w. 51-90) L'awersativa del v. 51 («Pur nuova legge impone...») introduce polemicamente Poccasio-ne contingente da cui il carme ha preso awio, l'editto di Saint-Cloud, La sua collocazione do-po la commossa perorazione sul-la "Celeste corrispondenza d'a-morosl sensi» ehe tl sepolcro sol-lecita, muta improwisamente il punto di vista del discorso, che si sposta dal piano individual a quello istituzionale: dai senti-menti privati d'amore o di ami-cizia agli ordinaraenti giuridici che ne dovrebbero riconoscere il valore e sancire la legittimitá. 0 discorso trae di qui nuovo im-pulso e vigore, si allarga, cresce anche di partecipazione emoti-va (vi si riconosce in altre parole quella che Foscolo chiamava «una transizione», e nelpur av-versativo sí pud vedere la «par- ricella» responsabile di una «mezza tinta»). A immediata dimostrazione del-Passunto paradossale della legge, ecco Tesempio di Parini, pri-rao caso di sepolcro illustre, o meglio di non-sepolcro (privato com'e degli attributi specifici giä definra" ai w. 38-39: Yarbore arnica e d sasso con il nome: cfr. i w. 72-75: «A lui non ombre pose... non pietra, non paro-la...»). Si affaccia il tema della virtu che attende riconoscimen-to non solo privato, ma pubbli-co, e del sepolcro quale istituto civile, punto di riferimento non solo per i iamiliari, ma per 1'in-tera collettivita. L^ispirazione al-tamente didattica e civile della poesia pariniana non puö che awalorare questa funzione della tomba e rendere evidenti gli effetti paradossali prodotti daJ-la legge. La funzione civile dei sepolcri (w. 91-150) L'esempio di Parini sposta quin-di il discorso dai punto di vista Ugo Foscolo 229 del singolo a quello delPintera collettivita che sin dai tempi piu remon ha riconosciuto nel sepolcro il fulcro della vita civile. Alia raffigurazione paurosa delle chiese pavimentate di cadaveri (secondo un'usanza ancora viva nel Settecento) si oppone la visione lieta dei sepolcri annchi, collocati in una cornice ridente di alberi, acque e fiori (w, 114-129). A questi possono es-sere accostati i cimiteri-giardini inglesi, dove la bellezza della na-tura sembra invitare a un affet-tuoso colloquio con il defunto. Ed ecco un nuovo "esempio", quello delle «britanne verging, che ha la lunzione di segnare il trapasso a un nuovo tema: il valore patriottico del sepolcro, for-nendo anche spunto, per contra-sto, all'invettiva conlro «il dot-to, il ricco ed il patrizio vulgo», e poi occasione al pacato riferimento autobiografico, domina-to dalPansia non di ricchezze, ma di un sepolcro onorato (vv. 145-150). Le tombe di Santa Croce (w.151-212) La seconda apostrofe a Pindemonte apre la sezione del carme in cui viene sviluppato il tema della funzione dei sepolcri dei "grandi". Quando il poeta vide in Santa Croce i sepolcri di Machiavelli, di Michelangelo c di Galileo, lo colse un sentimen-to di ammirazione per Firenze, per la bellezza del suo paesag-gio, per le memorie di Dante e Petrarca che resero grande ľi-dioma fiorentino, ma soprattutlo per le «itale glorie» conservate in Santa Croce e difese dalla fúria delle invasioni straniere nelľat-tesa delia riscossa nazionale che di qui, un giorno, sarebbe partita. A questa chiesa era solito recarsi anche, Vittorio Alfieri. sdegnato per il destino della patria, c solo posando gli ocehi su di essa ritrovava la speranza, Sulio stesso piano delle tombe di Santa Croce si collocano le are che i Gréci consacrarono ai loro caduti di Maratona- La terza apostrofe a Pindemonte (w. 213-225) H trapasso dalle tombe di Santa Croce a quelle degli antichi Troiani é effettuato tramite la terza e ultima apostrofe a Pindemonte, di cui ě rievocato il giovanile viaggio a Malta. Si non che le tre apostrofi a Ippolito, di-stribuite a intervalli quasi rego-lari, sono collocate in punti stra-tegici del discorso, marcandone il tono ascendente: la prima di dolente asseverazione («Vero ě ben Pindemonte...», w. 16 e sgg.)» la seconda di contenuto empito («A egregie cose...», w. 151 e sgg.), la terza di felice esultanza («Felice te che il regno ampio de! venti...», vv. 213-4). Le tombe dei grandi Troiani e la fimzionc della poesia (w. 226-295) Limita dei componimento trova il suo culmine nella scéna finále delle tombe troiane in cui riemergono hitti i motivi portan-ti dei carme: le ragioni degli af-felti privad, che non si rassegna-no alta morte e vedono nella tomba una garanzia di soprav-vivenza (cfr. Ia preghiera di Elet-tra morente a Zeus); il monVo dei sepolcro quale monumento nazionale, che trova espressio-ne nelle tombe troiane, dove i Penáti sono custoditi dopo che la cittä é caduta; inflne il tema della poesia che rianima ciô che fe moito e riscatta le azioni eroi-che dalla dimenticanza (il sacri-ficio di Ettore sarä cantato da Omero). Conclusioni Tra gli elementi che cooperano a ľiannodare i fíli del carme e a rjcomporre il discorso interrot-to e segmentato dai continui tra- passi, va sottolineata ľimportan-za assunta datla progressione or-dinata dei motivi chiave: dalla tomba di Parini e dai giardini inglesi si passa alle arche di Santa Croce, al tumulo di Maratona e infíne alia tomba di Elettra e degli eroi troiani, risalendo dal pre-sente ad antichita sempře piu remote, fino al tempo favoloso del mito. fn questo percorso il sepolcro stesso, iruzialmente defmito in tu(i i i suoi attributi atu a ga-rantire, con la loro durata materiále, la memoria stessa del defunto, viene progressivamente a perdere la sua identita iisica per caricarsi di signiflcati e valori pe-renni: sono eterne le tombe di Santa Croce («Con questi grandi abita eterno...», v. 196), re-motissime e mitiche le vestigia del sepolcro d'Ho, e le tombe degli eroi troiani sul lido dell'EUe-sponto non sono che pura memoria poetica. In progressione sono alHneati anche i tre poeti celebrati dal carme: Parini, con la sua ispirazio-ne satirica e per cosi dire muni-cipale, AlBeri, poeta tragico e interprete delle aspirazioni alľin-dipendenza nazionale, Omero, il grande epico che attinge al sublime, insomrna il massimo interprete del tema della poesia eternatrice. Mentre il discorso dunque avan-za con suggestiva discontinuitä, rotto da esclamazioni, sentenze, apostrof!, una ŕitta rete di rinvii interni viene a equilibrare e compensare questo procedere tumultuoso: la lunga sequenza dei sepolcri iilustri, il tema della pieta espresso dalla natura ve-getale (dai sepolcri antichi, co-ronati da cipressi e cedri, ai cirniteri-giardini inglesi, al tiglio pariniano, al mirabile scenario naturale che fa da sfondo a Santa Croce, sino alle palme e ai cipressi a cui si rivolgc Cassandra), i motivi del compianto dei congiunti, del tempus edax («il tempo che distmgge»), delľa-mor di patria, del valore che so-pravvive alia morte e della poesia eternatrice.