Da Giovanni Macchia, “Il principe di Palagonia” 1E non si sa davvero se sia un pazzo, un visionario, che ha la mente sconvolta da un eccesso di cultura, per essersi immedesimato con i fantasmi, di cui ha vissuto e da cui non è riuscito a liberarsi e che non lo hanno lasciato più vivere, un altro personaggio siciliano moderno: il grande, illustre professore di greco, anch’egli celibe e solitario, del più bel racconto di Giuseppe Tomasi di Lampedusa Lighea. (p. 1133) 2si riconosce ancora una volta che la Sicilia vista in questo straordinario racconto di Tomasi di Lampedusa è la Sicilia dei romantici tedeschi: è la Sicilia, la Grecia che fermenta nella fantasia di quei poeti visionari, da Hölderlin ad Arnim. (p. 1136) 3Tutto quanto, la terra, il mare, l’aria, possono produrre, uomini, quadrupedi, uccelli, pesci, piante, tutto quanto cresce, nei climi più diversi, si trovava lì, avvicinato e mescolato, senza criterio di scelta, senza gusto. Tutte le creazioni della mitologia e della poesia, il centauro, la sfinge, il drago, la chimera, non reggevano il confronto con quelle figure che, anche in gruppi, decoravano il viale. (p. 1098) 5“In una stessa statua la forma umana si univa alle ali degli uccelli, alla coda dei pesci, alle membra dei quadrupedi, alla proboscide dell’elefante, alle unghie del cinghiale, agli artigli dell’avvoltoio, alla coda della scimmia e della volpe, e, per rendere più stravagante questo guazzabuglio, vi erano stati aggiunti abiti singolari, maschere, armature, strumenti di guerra, di musica, di caccia.” (p. 1098) 6Per me il vero, il grande libro delle meraviglie era quello che lessi allora, meraviglie che non si trovano nelle Indie, nel Catai, ma accanto a noi, a due passi da noi. Era la Sicilia la vera terra delle meraviglie, il grande baraccone delle meraviglie […] Credevo in quel che leggevo, e, se non volevo credere, quelle storie miracolose, respinte dalla ragione, ritornavano come immagini famigliari antichissime, entrate in così stretta consuetudine con la nostra vita, che era difficile, come accade con le vecchie abitudini, disfarcene. E così tutta la Sicilia, in tutte le sue parti, quelle che conoscevo e ancora di più quelle che non conoscevo, mi appariva come un’isola sperduta nelle acque, circondata da pesci strani, da mostri marini, come ne vedevano i marinai, quelli, ad esempio, più grossi di un tonno, macchiati di vari colori, a forma di serpenti deformi (pp. 1178-1179) 7La visione di un vulcano ci immerge in un dualismo entro cui l’uomo è sbattuto, nel dissidi o degli elementi che lottano per sopravvivere e la neve lotta col fuoco, la morte lotta con la vita, e quella stessa morte è vita e fecondità. (p. 1082) 8la Sicilia, terra di disatri perpetua, morta, involta nella ruina, nella sua confusione, nel suo disordine, immagine del caos eppure una terra spendida di vita, fertilissima, feconda, tra lussureggianti giardini di limoni e aranci. (p. 1083) - Jean-Pierre Houel, “Voyage pittoresque des Iles de Sicile, de Malte et de Lipari où l’on traite ds Antiquités qui s’y trouvent encore; des principaux phénomènes que la Nature y offre; des costumes des haabitants et de quelques usages” - Canonico Mongitore, “Sicilia ricercata nelle cose più memorabili” (1742-1743)