• Safari File Modifica Vista Cronologia Segnalibri Finestra Aiuto & M 8? 4>)) 100% WS? QABC-esteso Sab 13:28 Q, © ~ < > ED C _fl archive.org_CA v/Ti sviluppato - Dizionario ita... @ Israele - Hamas in guerra... ^ SIUSA | Archivi di person... https://www.vieusseux.it/... [jij] II gattopardo : Giuseppe.. B^wcnfBol Your loan has expired. © O fl FF:IJ1B017 Seminar of Ita.. IntraviMa ncl chiarore livtdo deQe cinque c mezzo del miUtino, Donnafugata en deserta «1 appariva dispcrata. Di-nanzi a ogm uhuazionc i rtfiuti delic mense miserabili si accu-mulavano lungo i man lebbrosi, cani trcmcbondi li rimestavano con avidita scmprc dclusa Qualchc porta era gia apena ed il lezzo del dormienti pigtati dilagava nella strada; al hadume dei Lucignok le madn scrutavano !<■ paJpebre tracomatose dei bambini, esse erano quasi turte in lutto c pareccKie erano state le mogli di quei fantocd sui quaii s'inccspica agb svolti delic "trazzerc." Gli uomini, abbrancato lo zap pone uscrvano per cere are chi, a Dio piacendo, desse loro lavom, silenzw atono it stridor! esasperati di voci tslertche, dalla parte di Sanio SpUttn la.!-! di stagno cominciava a sbavare sulle nuvole p] Limbec ChevaUey pensava "Qucsto stato di cose nun durera. la nostra ammmmraztone, nuova, agile, modema cambiera tut-to " II Principe era depresso: "Tutto qucsto" pensava "non ■JL^dovtebbc poter durare; pern durit*. sempre: il aerapw umano, ^] berunteso, un secoto. que secoL ... e tiopo sajaJjiyg«tr*ma" pfgglore^ [Not tummo 1 Uattopardt.juI°cT?ni. queDi che a sTSftitutranno saranno gli ntacaOetn, le icne, e tutti quanti GiTTctpTTTcti Wiacaitt e pevnrc. coruinucTtflno a credera il sale Jetta terra/' Si ringraziarcmo scamlucvulroemc. si salutarono. ChevaUey sinerpico sulla vettura di posta, is&ata su quattro more color di vomit o. II cavaUo. tutto fame e piaghe. inizid il I ungo vnaggK) Era appena giorno; quel tanto di luce the riusctva a trap ass ire il coltruoe di nuvole era di nuovo impedito dal sudiciumc immemoriale del finest rino ChevaUey era solo, fra urd e scossoni si bag no di saliva la punta dcll'indicc, npuli il vv r. ■ per I'ampiezza di un occhio Guardo; dinanzi a Itii socio la luce di cenere. il paesaggio sobbalzava, irredtmibile. PARTE QUINTA ****** s v- • Safari File Modifica Vista Cronologia Segnalibri Finestra Aiuto <š» & & & 4))) 100% WĚf □ ABC - esteso Sab 13:40 Q, © ~ j • < in vffí sviluppato - Dizionari... C A archive.org (j?) Israele - Hamas in gu... £^ SIUSA | Archivi di per... https://www.vieusseu... _■» Ó [iíil II gattopardo : Giusep... 11 Til FF:IJ1B017 Seminar of... 6 Hours Chopin for St... Intravista nel chiarore livido delle cinque e mezzo del manino, Donnafugata era deserta ed appariva disperata. Di-nanzi a ogni ajbitazione i rifiuti delle mense miserabili si accu-mulavano lungo i muri lebbrosi; cani tremebondi li rimestavano con aviditá sempře delusa. Qualche porta era giá aperta ed il lezzo dei dormienti pigiati dilagava nella strada; al barlume dei lucignoli le madri scrutavano le palpebre tracomatose dei bambini; esse erano quasi tutte in lutto e parecchie erano state le mogli di quei řantocci sui quali sincespica agli svolti delle "trazzere." Gli uomini, abbrancato lo "zappone" uscivano per cercare chi, a Dio piacendo, desse loro lavoro; silenzio atono o stridori esasperati di voci isteriche; dalla parte di Santo Spirito l'alba di stagno cominciava a sbavare sulle nuvole plumbee. Chevalley pensava: "Questo stato di cose non durerá; la nostra amministrazione, nuova, agile, moderna cambierá tut-II Principe era depresso; "Tutto questo" pensava "non dovrebbe poter durare; pero durerá. sempře; il semore umano, berlinteso. un secolo. due secoli...: e dopo sará 4werstT~~ma" peggiore. IMoi rummo i Gattopardi, j^JaeCní; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacaUetti, le íene; e tutti quanti Gattopardl sciacalli e pecore, continueremo a crederci il sale deha terra." bi ringraziarono scambievolmente, si salutarono. Cbevalley s'inerpico sulla vettura di posta, issata su quattro ruote color di vomito. II cavallo, tutto fame e piaghe, inizió il lungo viaggio. Era appena giorno; quel tanto di luce cbe riuscíva a trapassare il coltrone di nuvole era di nuovo impedito dal sudiciume immemoriale del finestrino. Chevalley era solo; fra urti e scossoni si bagnó di saliva la punta dell'indice, ripulí il vetro per Pampiezza di un occhio. Guardó; dinanzi a lui sotto la luce di cenere, il paesaggio sobbalzava, irredimibile. PARTE QUINTA llo 168 É Safari File Modifica Vista Cronologia Segnalibri Finestra Aiuto m & g 4))) 100% WĚ' □ ABC - esteso Sab 13:40 Q, © ~ J • < [D Wf; sviluppato - Dizionari... %) archive.org (j?) Israele - Hamas in gu... £^ SIUSA | Archivi di per... {J https://www.vieusseu... [iíll II gattopardo : Giusep... siní FF:IJ1B017 Seminar of... 6 Hours Chopin for St... febbraio 1861 I natali di Padre Pirrone erano rustici: era nato infatti a S. Cono, un paese piccino piccino che adesso, in grazia degli autobus, ě quasi una delle stie-satelliti di Palermo ma che un secolo fa apparteneva, per cosi dire, a un sistema planetario a sé staňte, lontano com'era quattro o cinque ore-carretto dal sole palermitano. II padre del nostro Gesuita era stato "soprastante" di due feudi che l'Abbazia di S. Eleuterio si lusingava di possedere nel territorio di S. Cono. Mestiere questo di "soprastante" assai pericoloso, allora, per la salute delľanima e per quella del corpo perché costringeva a frequentazioni strane ed alla cognizione di vari aneddoti il cui accumularsi cagionava una infermitä che "di botto" (ě la parola esatta) faceva cadere l'infermo stecchito ai piedi di qualche muricciuolo, con tutte le sue storielle sigillate nella pancia, irrecuperabili ormai alla curiosita degli sfaccendati. Pero, don Gaetano, il genitore di Padre Pirrone, era riuscito a sfuggire a questa malattia professionale mercé una rigorosa igiene basata sulla discrezione e su un aweduto impiego di rimedi preventivi; ed era morto pacifícamente di polmonite una soleggiata Domenica di febbraio sonora di venti che sfogliavano i fiori dei mandorli. Egli lasciava la vedova e i tre figli (due ragazze e il sacerdote) in condizioni economiche relativamente buone; da quel sagace uomo che era stato aveva saputo fare delle economie sullo • Safari File Modifica Vista Cronologia Segnalibri Finestra Aiuto <š» & & & 4))) 100% WĚf □ ABC - esteso Sab 13:40 Q, © ~ j • < in vffí sviluppato - Dizionari... C A archive.org (j?) Israele - Hamas in gu... £^ SIUSA | Archivi di per... https://www.vieusseu... [iíil II gattopardo : Giusep... siní FF:IJ1B017 Seminar of... 6 Hours Chopin for St... stipcndio incredibilmente esiguo- pagatogli dall'Abbazia, e, al momento del proprio transito possedeva alcune piante di mandorlo ii\ fondo valle, qualche cespo di vite sui pendii e un po' di pietroso pascolo piu in alto; roba da poveretti, si sa; sufficiente pero a conferire un certo peso nella depressa economia sanconetana; era anche proprietario di una casetta rigorosamente cubica, azzurra fuori e bianca dentro, quattro stanze sotto e quattro sopra, proprio all'ingresso del paese dalla parte di Palermo. Padre Pirrone si era allontanato da quella casa a sedici anni quando i suoi successi alia scuola parrocchiale e la benevolenza dell'Abbate Mitrato di S. Eleuterio lo avevano incamminato verso i] seminario arcivescovile, ma, a distanza di anni, vi era ritornato piu volte o per benedire le nozze delle sorelle o per dare una (mondanamente, s'intende) superflua assoluzione a don Gaetano morente e vi ritornava adesso, sul finire del Febbraio 1861, per il quindicesimo anniversario della morte del padre; ed era una giornata ventosa e limpida, proprio come era stata quella. Erano state cinque ore di scossoni, con i piedi penzoloni dietro la coda del cavallo; ma, una volta sormontata la nausea causata dalle pitture patriottiche dipinte di fresco sui pannelli del carretto e che culminavano nella retorica raffigurazione di un Garibaldi color di fiamma a braccetto di una Santa Rosalia color di mare, erano state cinque ore piacevoli. La vallata che sale da Palermo a S. Cono riunisce in se il paesaggio fastoso della zona costiera e quello inesorabile dell'interno, ed e percorsa da folate di vento improwise che ne rendono salubre l'aria e che erano famose per esser capaci di sviare la traiettoria delle pallottole meglio premeditate, sicche i ttratori posti di fronte a problemi balistici ardui preferivano esercitarsi altrove. II carrettiere, poi, aveva conosciuto molto bene il defunto e si era dilungato in ampie ricordanze dei meriti di lui, ricordanze che, benche non sempre adatte ad orecchie filiali ed ecclesiastiche, avevano lusingato l'ascoltatore assue-fatto. All'arrivo fu accolto con lacrimosa allegria. Abbraccio e benedisse la, madre che ostentava i capelli candidi e la cera rosea delle vedove di fra le lane di un lutto imprescnttibile, 172 salutó le sorelle e i nipoti ma, fra quest'ultimi guardó di traverso Carmelo che aveva avuto il pessimo gusto d'inalberare sulla berretta, in segno di festa, una coccarda tricolore. Appe-na entrato in casa fu assalito, come sempre, dalla dolcissima furia dei ricordi giovanili: tutto era immutato, il pavimento di coccio rosso come il parco mobilio; l'identica luce entrava dai finestrozzi esigui; il cane Romeo che latrava breve in un cantone era il trisnipote rassomigliantissimo di un altro cernieco compagno suo nei violenti giochi; e dalla cucina esalava il secolare aroma del "ragú" che sobbolliva, estratto di pomodoro, cipolle e came di castrato, per gli "anelletti" dei giorni segnalati; ogni cosa espnmeva la serenitá raggiunta mediante i travagli della Buon'Anima. Presto si diressero alia chiesa per ascoltare la messa com-memorativa. S. Cono, quel giorno, mostrava il proprio aspetto migliore e scialava in una quasi orgogliosa esibizione di feci diverse; caprette argute dai neri uberi penzolanti e molti di quei maialetti siciliani scuri e slanciati come puledri minuscoli, si rincorrevano fra la gente, su per le stradě ripide; e poiché Padre Pirrone era divenuto una specie di gloria locale molte erano le donne, i bambini ed anche i giovanotti che gli si affollavano intorno per chiedergli una benedizione o per ricor-dare i tempi passati. In sacrestia si fece una rimpatriata col parroco e, ascoltata la Messa ci si recó sulla lapide sepolcrale, in una cappella di fianco: le donne baciarono il marmo lagrimando, il figlio prego ad aha voce nel suo arcano latino; e quando si ritornó a casa gli "anelletti" erano pronti e piacquero molto a Padre Pirrone cui le raffinatezze culinarie di villa Salina non avevano guastato la bocca. Verso sera poi gli amici vennero a salutarlo e si riunirono in camera sua: una lucerna di rame a tre braccia pendeva dal soffitto e spandeva la luce dimessa dei suoi moccoli a olio; in un angolo il letto ostentava le materassa variopinte e la soffo-cante trapunta rossa e gialla; un altro angolo della stanza era recinto da una alta e rigida stuoia, lo "zimmile" che custodiva il frumento color di miele che ogni settimana si recava al mulino per i bisogni della famiglia; alle pareti, da incisioni butterate, Sant'Antonio mostrava il Divino Infante, Santa Lucia • Safari File Modifica Vista Cronologia Segnalibri Finestra Aiuto <š» & & & 4») 100% WĚf □ ABC - esteso Sab 13:40 Q, © !=: j • < re vffí sviluppato - Dizionari... C A archive.org (j?) Israele - Hamas in gu... £^ SIUSA | Archivi di per... https://www.vieusseu... _■» Ó [iíil II gattopardo : Giusep... 11 Til FF:IJ1B017 Seminar of... ď a 6 Hours Chopin for St... i probri ocehi divelti e S. Francesco Saverio arringava turbe di Indiáni piumati e discinti; řuori, nel crepuscolo stellato, il vento zufolava e, a modo suo, era il solo a commemorare. AI centro della stanza, sotto la lucerna, si appiattiva al suolo il grande braciere racehiuso in una fascia di legno lucido sulla quale si posavano i piedi; tutťintorno sedie di corda con gli ospiti. Vi era il parroco, i due fratelli Schiró, proprietari del luogo e don Pietrino, il vecehissimo erbuario; cupi erano venuti, cupi rimanevano perché, mentre le donne sfaccendava-no abbasso, essi parlavano di politica e speravano di aver notizie consolanti da Padre Pirrone che arrivava da Palermo e che doveva saper molto dato che viveva fra i "signoři." II desiderio di notizie era stato appagato, quello di conforto pero tu deluso perché il loro amico gesuita un po' per sinceritá, un po' anche per tattica mostrava loro nerissimo l'awenire: su Gaeta sventolava ancora il tricolore borbonico ma il blocco era ferreo e Ie polveriere della piazzaforte saltavano in aria una per una, e li ormai non si salvava piú nulla alTinfuori delTonore, cioě non molto; la Russia era amica ma lontana, Napoleone III infido e vicino, e degli insorti di Basilicata e Terra di Lavoro il Gesuita parlava poco perché sotto sotto se ne vergognava. Era necessario, diceva, subire la realtá di questo stato italiano che si formava, ateo e rapace, di queste leggi di espropria e di coserizione che dal Piemonte sarebbero dilagate sin qui, come il colěra. "Vedrete" fu la sua non originále conclusione "vedrete che non ci lasceranno neanche gli ocehi per piangere." A queste parole venne mescolato il coro tradizionale delle lagnanze rustiche. I fratelli Schiró e 1'erbuario giá sentivano il morso della fiscalitá; per i primi vi erano stati contributi straordinari e centesimi addizionali; per 1'altro una sconvol-gente sorpresa: era stato chiamato in Municipio dove gli avevano detto che, se non avesse pagato venti líre ogni anno, non gli sarebbe piú stato consentito di vendere i suoi semplici. "Ma io questa senná, questo stramonio, queste erbe sante fatte dal Signore me le vado a raceogliere con le mie mani sulle montagne, pioggia o sereno, nei giorni e nelle notti preseritte! me le essicco al sole che ě di tutti e le metto in polvere da me col morraío che era di mio nonno! Che c'entrate voi del Municipio? perché dovrei pagarvi venti lire? cosi per la vostra bella faccia?" Le parole gli uscirono smozzicate dalla bocca senza denti, ma gli ocehi gli s'incupirono di autentico furore. "Ho torto o ragione, Padre? Dimmelo tu!" II Gesuita gli voleva bene: se lo ricordava uomo giá fatto, anzi giá curvo per il continuo girovagare e raccattare quando lui stesso era un ragazzo che tirava sassate ai passeri, e gli era anche grato perché sapeva che quando vendeva un suo decot-to alle donnette diceva sempře che senza taňte o tanti "Ave Maria" o "Gloriapatri" esso sarebbe rimasto inoperoso; il suo prudente cervello, poi, voleva ignorare che cosa ci fosse veramente negli intrugli e per quali speranze venissero richiesti. "Avete ragione, don Pietrino, cento volte ragione. E come no? Ma se non prendono i soldi a voi e agli altri poveretti come voi dove li trovano per fare la guerra al Papa e rubargli ció che gli appartiene?" La conversazione si dilungava sotto la mite luce vacillante per il vento che riusciva a sorpassare le imposte massicce. Padre Pirrone spaziava nelle future inevitabili confische dei beni ecclesiastici: addio allora il mite dominio dell'Abbazia qui intorno; addio le zuppe distribuite durante gli inverni duri; e quando il piú giovane degli Schiró ebbe l'imprudenza di dire che forse cosi aleuni contadini poven avrebbero avuto un loro fondicello, la sua voce s'inaridi nel piú deciso disprezzo. "Lo vedrete, don Antonino, lo vedrete. II Sindaco comprerá tutto, pagherá le prime rate, e chi si ě visto si ě visto. Cosi di giá ě awenuto in Piemonte." Finirono con 1'andarsene, assai piú accigliati di quando erano venuti e prowisti di mormorazioni per due mesi; rimase soltanto 1'erbuario che quella notte non sarebbe andato a letto perché era luna nuova e doveva andare a raceogliere il rosa-marino sulle rocce dei Pietrazzi; aveva portato con sé il lanternino e si sarebbe incamminato appena uscito. "Ma, Padre, tu che vivi in mezzo alia 'nobbiltá,' che cosa ne dicono i 'signoři' di tutto questo fuoco grande? Che cosa ne dice il principe di Salina, grande, rabbioso e orgoglioso come ě?" Giá piú ďuna volta Padre Pirrone aveva posto a sé stesso 175 lili 0 174 of 251 É Safari File Modifica Vista Cronologia Segnalibri Finestra Aiuto 4))) 100% WE' □ ABC - esteso Sab 13:40 Q, © ~ j • < in vfii sviluppato - Dizionari... %) A archive.org (j?) Israele - Hamas in gu... £^ SIUSA | Archivi di per... {J https://www.vieusseu... _■» c [iíil II gattopardo : Giusep... Si .TJ FF:IJ1B017 Seminar of... O a 6 Hours Chopin for St... ^)) - questa domanda e rispondervi non era stato facile sopratutto perché aveva trascurato o interpretato come esagerazioni quanto Don Fabrizio gli aveva detto una mattina in osservatorio quasi un anno fa. Adesso lo sapeva ma non trovava il modo di tradurlo in forma comprensibile a don Pietrino che era lungi dall'essere uno sciocco ma che s'intendeva meglio delle proprieta anticatarrali, carminative e magari afrodisiache delle sue erbe che di simili astrazioni. "Vedete, don Pietrino, i 'signoři' come dite voi, non sono facili da capirsi. Essi vivono in un universo particolare che ě stato creato non direttamente da Dio ma da loro stessi durante secoli di esperienze specialissime, di affanni e di gioie loro; essi posseggono una memoria collettiva quanto mai robusta e quindi si turbano o si allietano per cose delle quali a voi ed a me non importa un bel nulla ma che per loro sono vítali perché poste in rapporto con questo loro patrimonio di ricordi, di speranze, di timori di classe. La Divina Prowidenza ha voluto che io divenissi umile particella dell'Ordine piú glorioso di una Chiesa sempiterna alia quale e stata assicurata la vittoria definitiva; voi siete all'altro limite delia scala, e non dico il piú basso ma solo il piú differente. Voi quando scoprite un cespo vigoroso di origano o un nido ben fornito di cantaridi (anche quelle cercate, don Pietrino, lo so) siete in comunicazione diretta con la natura che il Signore ha creato con possibility indifferenziate di male e di bene affinché l'uomo possa eserci-tarvi la sua libera scelta; e quando siete consultato dalle vecchiette maligně o dalle ragazzine vogliose voi scendete nell'abisso dei secoli sino alle epoche oscure che hanno prece-duto la luce del Golgota." II vecchio guardava stupito: lui voleva sapere se il principe di Salina era sodisfatto o no del nuovo stato di cose, e l'altro gli parlava di cantaridi e di luci del Golgota. "A forza di leggere é diventato pazzo, meschinello." "I 'signoři' no, non sono cosi; essi vivono di cose giä manipolate. Noi ecclesiastici serviamo loro per rassicurarli sulla vita eterna, come voi erbuari per procurar loro emoUienti o eccitanti. E con questo non voglio dire che sono cattivi: tutt'altro Sono differenti; forse ci appaiono tanto stráni perché hanno raggiunto una tappa verso la quale tutti coloro che non 176 sono santi camminano, quella della noncuranza dei beni terreni mediante l'assuefazione. Forse per questo non badano a certe cose che a noialtri importano moko; chi sta in montagna non si cura delle zanzare delle pianure, e chi vive in Egitto trascura i parapioggia. II primo pero teme le valanghe, il secondo i coccodrilli, cose che invece ci preoccupano poco Per loro sono subentrati nuovi timori che noi ignoriamo: ho visto Don Fabrizio rabbuiarsi, lui uomo serio e saggio, per un colletto di camicia mal stirato; e so di certo che il principe di Lascari dal furore non ha dormito tutta una notte perché ad un pranzo alia Luogotenenza gli avevano dato un posto sbagliato. Ora, non vi sembra che il tipo di umanitá che si turba soltanto per la biancheria o per il protocollo sia un tipo felice, quindi superiore?" Don Pietrino non capiva piú niente: Ie stramberie si molti-plicavano, adesso saltavano fuori i colletti delle camicie e i coccodrilli. Ma un fondo di buon senso rustico lo sosteneva ancora. "Ma se ě cosi, Padre, andranno tutti all'inferno!" "E perché? Alcuni saranno perduti, altri salvi, a secondo di come avranno vissuto dentro questo loro mondo condizionato. Ad occhio e croce Salina, per esempio, dovrebbe cavarsela; il giuoco suo lo gioca bene, segue le regole, non bara; il Signore Iddio punisce chi contrawiene volontariamente alle leggi divine che conosce, chi imbocca volontariamente la cattiva strada; ma chi segue la propria via, purché su di essa non commetta sconcezze, é sempře a posto. Se voi, don Pietrino, vendeste cicuta invece di mentuccia, sapendolo, sareste fritto; ma se avrete creduto di essere nel vero, la gná Tana fara la morte nobilissima di Socrate e voi andrete dritto dritto in cielo con tonaca e alucce, tutto bianco." La morte di Socrate era stata troppo, per l'erbuario; si era arreso e dormiva. Padre Pirrone lo noto e ne fu contento perché adesso avrebbe potuto parlare libera senza timore di essere frainteso; e parlare voleva, fissare nelle volute concrete delle frasi le idee che oscuramente gli si agitavano dentro. "E fanno molto bene anche. Se sapeste, per dime una, a quante famiglie che sarebbero sul lastrico danno ricetto quei loro palazzi! E non richiedono nulla per questo, neppure un'astensione dai furtarelli. Ció non viene fatto per ostentazio 177 MM 0 176 of 251 • Safari File Modifica Vista Cronologia Segnalibri Finestra Aiuto <š» & & & 4))) 100% WĚf □ ABC - esteso Sab 13:40 Q, © ~ j • < in vffí sviluppato - Dizionari... C A archive.org (j?) Israele - Hamas in gu... £^ SIUSA | Archivi di per... https://www.vieusseu... _■» Ó [iíil II gattopardo : Giusep... 11 Til FF:IJ1B017 Seminar of... 6 Hours Chopin for St... ne má per una sona di oscuro istinto atavico che li spinge a non poter faře altrimenti. Benché possa non sembrare, sono meno egoisti di tanti altri: lo splendore delle loro case, la pompa delle loro feste contengono in sé un che ďimpersonale, un po' come la magnificenza delle chiese e della liturgia, un che di fatto ad maiorem gentis gloriam, che li redime non poco; per ogni bicchiere di sciampagna che bevono ne offrono cinquanta agli altri, e quando trattano male qualchedu.no, come awiene, non ě tamo la loro personalita che pecca quanto il loro četo che si afferma. Vata crescunt Don Fabrizio ha protetto e educato il nipote Tancredi, per esempio, ha insomma salvato un pověro orfano che altrimenti si sarebbe perduto. Ma voi direte che lo ha fatto perché il giovane era anche lui un signore, che non avrebbe messo un dito all'acqua fredda per un altro. E vero, ma perché avrebbe dovuto farlo se sinceramente, in tutte le radiči del suo cuore gli 'altri' gli sembrano tutti esemplari mal riusciti, maiolichette venute fuori sformate dalle mani del figurinaio e che non val la pena di esporre alla prova del fuoco? "Voi, don Pietrino, se in questo momento non dormiste, saltereste su a dirmi che i signoři fanno male ad avere questo disprezzo per gli altri e che tutti noi, egualmente soggetti alla doppia servitú delTamore e della mořte, siamo eguali dinanzi al Creatore; ed io non potrei che darvi ragione. Pero aggiunge-rei che non ě giusto incolpare di disprezzo soltanto i 'signoři,' dato che questo ě vizio universale. Chi insegna allUniversitá disprezza il maestrucolo delle scuole parrocchiali, anche se non lo dimostra, e poiché dormite posso dirvi senza reticenze che noi ecclesiastici ci stimiamo superioři ai laici, noi Gesuiti superioři al resto del clero, come voi erbuari spregiate i cavadenti che a loro volta v'irridono; i medici per conto loro prendono in giro cavadenti ed erbuari e vengono loro stessi trattati da asini dagli ammalati che pretendono di continuare a vivere con il cuore o il fegato in poltiglia. Per i magistrati gli awocati non sono che dei seccatori che cercano di dilazionare il funzionamento delle leggi, e ďaltra parte la letteratura ribocca di satiře contro la pompositá, 1'ignavia e talvolta peggio di quegli stessi giudici. Non ci sono che gli zappatori a esser disprezzati anche da loro stessi; quando 178 avranno appreso a irridere gli altri il ciclo sara chiuso e bisognera incominciare da capo. "Avete mai pensato, don Pietrino, a quanti nomi di mestiere sono diventati delle ingiurie? da quelli di facchino, ciabattino e pasticciere a quelli di retire e di pompier in francese? La gente non pensa ai meriti dei facchini e dei pompieri; guarda solo i loro difetti marginal! e li chiama tutti villani e vanaglorio-si; e poiche non potete sentirmi posso dirvi che conosco benissimo il significato corrente della parola 'gesuita.' "Questi nobili poi hanno il pudore dei propri guai: ne ho visto uno, sciagurato, che aveva deciso di uccidersi l'indomani e che sembrava sorndente e brioso come un ragazzo alla vigilia della Prima Comunione; mentre voi, don Pietrino, lo so, se siete costretto a bere uno dei vostri decotti di senna fate echeggiare il paese dei vostri lamenti. L'ira e la beffa sono signorili; l'elegia, la querimonia, no. Anzi voglio darvi una ricetta: se incontrate un 'signore' lamentoso e querulo guardate il suo albero genealogico: vi troverete presto un ramo secco. "Un ceto difficile da sopprimere perche in fondo si rinnova continuamente e perche quando occorre sa morire bene, cioe sa gettare un seme al momento della fine. Guardate la Francia: si son fatti massacrare con eleganza e adesso son li come prima, dico come prima perche non sono i latifondi e i diritti feudali a fare il nobile, ma le differenze. Adesso mi dicono che a Parigi vi sono dei conti polacchi che le insurrezioni e il despotismo hanno costretto all'esilio e alla miseria; fanno i fiaccherai ma guardano i loro clienti borghesi con tale cipiglio che i poveretti salgono in vettura, senza saper perche, con l'aria umile di cani in chiesa. "E vi diro pure, don Pietrino, se, come tante volte e awenuto, questa classe dovesse scomparire, se ne costituirebbe subito un'altra equivalente, con gli stessi pregi e gli stessi difetti: non sarebbe piii basata sul sangue forse, ma che so io... sull'anzianita di presenza in un luogo o su pretesa miglior conoscenza di qualche testo presunto sacro." A questo punto si sentirono i passi della madre sulla scaletta di legno; essa entro ridendo. "Ecucchi stavi parlando, figlietto mio? Non lo vedi che il tuo amico dorme?" Padre Pirrone si vergogno un poco; non rispose ma disse; • Safari File Modifica Vista Cronologia Segnalibri Finestra Aiuto <š» & & & 4))) 100% WĚf □ ABC - esteso Sab 13:40 Q, © ~ j • < in vffí sviluppato - Dizionari... C A archive.org (j?) Israele - Hamas in gu... £^ SIUSA | Archivi di per... https://www.vieusseu... [iíil II gattopardo : Giusep... siní FF:IJ1B017 Seminar of... 6 Hours Chopin for St... "Adesso lo accompagno fuori. Poveretto, dovrá stare al freddo tutta la notte." Estrasse il lucignolo della lanterna, lo accese a una fiammella del lampadario rizzandosi sulla punta dei piedi e imbrattandó di olio la propria tunica; lo rimise a posto, chiuse lo sportellino. Don Pietrino veleggiava nei sogni; un filo di bava gli scorreva giú da un labbro e andava a spandersi sul bavero. Ci voile del tempo per svegliarlo. "Scusami, Padre, ma dicevi cose tanto straně e imbrogliate." Sorrisero, scesero, uscirono. La notte sommergeva la casetta, il paese, la vallata; si scorgevano appena i monti che erano vicini e, come sempře, imbronciati. II vento si era calmato ma faceva un gran freddo; le stelle brillavano con tuna. producevano migliaia di gradi di calore ma non riuscivano a riscaldare un pověro vecchio. "Pověro don Pietrino! Volete che vada a prendervi un altro mantello?" "Grazie, ci sono abituato. Ci vedremo domani e allora mi dirai come il principe di Salina ha sopportato la rivoluzione." "Ve lo dico subito in quattro parole: dice che non c'é stata nessuna rivoluzione e che tutto continuerä come prima." "Ewiva il fesso! E a te non pare una rivoluzione che il Sindaco mi vuol far pagare per le erbe create da Dio e che io stesso raccolgo? o ti sei guastato la testa anche tu?" La luce della lanterna si allontanava a scatti, fini con lo scomparire nelle tenebre fitte come un feltro. Padre Pirrone pensava che il mondo doveva sembrare un gran rompicapo a chi non conoscesse matematiche né teolo-gia. "Signor mio, soltanto la Tua Omniscienza poteva escogita-re taňte complicazioni." Un altro campione di queste complicazioni gli capitó fra le mani 1'indomani manina. Quando scese giú pronto per andare a dir messa in Parrocchia trovó Sarina sua sorella che tagliava cipolle in cucina. Le lagrime che essa aveva negli occhi gli sembrarono maggiori di quanto quelTattivitá compor-tasse. "Cosa c'ě, Sarina? Qualche guaio? Non ti awilire: il Signore affligge e consola." La voce affettuosa dissipó quel tanto di riserbo che la 180 pověra donna possedeva ancora: si mise a piangere clamorosa-mente, con la faccia appoggiata all'untume della tavola. Fra i singhiozzi si sentivano sempře le Stesse parole: "Angelina, Angelina... Se Vicenzino lo sa li ammazza a tutti e due... Angelina... Quello li ammazza!" Le mani cacciate nella larga cintura nera, con i soli pollici fuori, padre Pirrone all'impiedi la guardava. Non era difficile capire: Angelina era la figlia nubile di Sarina, il Vicenzino del quale si temevano le fúrie, il padre, suo cognato Lunica incognita dell'equazione era il nome dell'altro, deU'eventuale amante di Angelina. Questa il Gesuita la aveva rivista ieri, ragazza, dopo averla lasciata piagnucolosa bambina sette anni fa Doveva avere diciotto anni ed era bruttina assai, con la bocca sporgente di taňte contadine del luogo, con gli occhi spauriti di cane senza padrone La aveva notáta arrivando ed anzi in cuor suo aveva fatto poco caritatevoli paragoni fra essa, meschina come il plebeo diminutivo del proprio nome e quell'Angelica, sontuosa come il suo nome ariostesco, che di recente aveva turbato la pace di casa Salina. II guaio dunque era grosso e lui vi era incappato in pieno; si ricordo di ció che diceva Don Fabrizio: ogni volta che s'incontra un parente s'incontra una spina; e poi si pentí di essersene ricordato. Estrasse la sola destra dalla cintura, si tolse il cappello e batté sulla spalla sussultante della sorella. "Andiamo, Sarina, non fare cosi! Ci sono qua io, per fortuna, e piangere non serve a niente. Vicenzino dov'e?" Vicenzino era giä uscito per andare a Rimato a trovare il campiere degli Schiro. Meno male, si poteva parlare senza timore di sorprese. Fra singhiozzi, risucchi di lagrime e soffiate di naso tutta la squallida storia venne fuori: Angelina (anzi Ncilina) si era lasciata sedurre; il grosso patatrac era successo durante Testate di S. Martino; andava a trovare 1'innamorato nel pagliaio di donna Nunziata; adesso era incinta di tre mesi; pazza di terrore si era confessata alla madre; fra qualche tempo si sarebbe cominciata a vedere la pancia, e Vicenzino avrebbe fatto un macello. "Anche a me ammazza quello pcrché non ho parlato; lui ě 'uomo di onore'." Infatti con la sua fronte bassa, con i suoi "cacciolani," le • Safari File Modifica Vista Cronologia Segnalibri Finestra Aiuto <š» & & & 4») 100% WĚf □ ABC - esteso Sab 13:40 Q, © !=: WT; sviluppato - Dizionari... C A archive.org (j?) Israele - Hamas in gu... £^ SIUSA | Archivi di per... https://www.vieusseu... [iíil II gattopardo : Giusep... siní FF:IJ1B017 Seminar of... 6 Hours Chopin for St... ciocche di capelli lasciate crescere. sulle tcmpie, col dondolio del suo passo, col perpetuo rigonfiamento della tasca destra dei calzoni, si capiva subito che Vicenzino era "uomo di onore"; uno di quegli imbecilu violenti capaci di ogni strage. Su Sarina soprawenne una nuova crisi di pianto piú forte della prima perché in essa affiorava pure un demente rimorso di aver demeritato dal marito, quello specchio di cavalleria. "Sarina, Sarina, di nuovo! Non fare cosi! II giovanotto la deve sposare, la sposerä. Andrö a casa sua, parlerö con lui e con i suoi, tutto s'aggiusterä. Vicenzino saprá solo del fidanzamento e il suo prezioso onore resterä intatto. Pero debbo sapere chi ě stato. Se lo sai, dimmelo." La sorella rialzó la testa: negli occhi le si leggeva adesso un altro terrore, non piú quello animalesco delle coltellate ma uno piú ristretto, piú acerbo che il fratello non poté per il momento decifrare. "Santino Pírrone ě stato! II figlio di Turi! e lo ha fatto per sfregio, per sfregio a me, a nostra madre, alla Santa Memoria di nostra padre. Io non gli ho mai parlato, tutti dicevano che era un buon figliuolo, invece ě un infamone, un degno figlio di quella canaglia di suo padre, uno sdisonorato. Me lo sono ricordato dopo: in quei giorni di Novembre lo vedevo sempře passare qui davanti con due amici e con un geranio rosso dietro Porecchio. Fuoco ďinferno, fuoco ďinferno!" II Gesuita prese una sedia, sedette vicino alia donna. Era chiaro, avrebbe dovuto ritardare la messa. L'affare era grave. Turi, il padre di Santino, del seduttore, era un suo zio; il fratello, anzi il fratello maggiore della Buon'Anima. Venti anni fa era stato associato al defunto nella guardianía, proprio al momento della maggiore e piú meritevole attivitá. Dopo, una lite aveva diviso i fratelli, una di quelle liti familiari dalle radiči inestricabili, che ě impossibile sanare perché nessuna delle due parti parla chiaro, avendo ciascuna molto da nascondere. II fatto era che quando la Santa Memoria venne in possesso de! piccolo mandorleto, il fratello Turi aveva detto che in realtá la meta apparteneva a lui perché la meta dei denari, o la metá della fatica, 1'aveva fornita lui; pero l'atto di acquisto era al solo nome di Gaetano, buon'anima. Turi tempestö e percorse le stradě di S.'Cono con la schiuma alla bocca: il prestigio della Santa Memoria si mise in gioco, amici sintromisero e il peggio fu evitato; il mandorleto rimase a Gaetano, ma Pabisso fra i due rami della famiglia Pirrone divenne incolmabile; Turi non assistette, poi, nemmeno ai funerali del fratello e nella casa delle sorelle era nominato come "la canaglia" e bašta. II Gesuita era stato informato di tutto mediante intricate lettere dettate al Parroco e circa la canaglieria si era formato idee personalissime che non esprimeva per reverenza filiale. II mandorleto, adesso, apparteneva a Sarina. Tutto era evidente: lamore, la passione non centravano. Era soltanto una porcata che vendicava un'altra porcata. Rimediabile pero: il Gesuita ringrazió la Prowidenza che lo aveva condotto a S. Cono proprio in quei giorni. "Senti, Sarina, il guaio te lo aggiusto io in due oře; tu pero mi devi aiutare: la metá di Chlbbaro (era il mandorleto) lo devi dare in dote a 'Ncilina. Non c'ě rimedio: quella stupida vi ha rovinato." E pensava come il Signore si serva tak/oka anche delle cagnette in calore per attuare la giustizia Sua. Sarina invtperí: "Meta di Chibbaro! A quel seme di farabut-ti! Mai! Meglio morta!" "Va bene. Allora dopo la Messa andrö a parlare con Vicenzino. Non aver paura, cercherö di calmarlo." Si rimise il cappello in testa e le mani nella cintura. Aspettava paziente, sicuro di sé. Una edizione delle fúrie di Vicenzino, sia pure riveduta ed espurgata da un Padre Gesuita, si presentava sempře come illeggibile per la infelice Sarina che per la terza volta ricomin-ciö a piangere; a poco a poco i singhiozzi pero decrebbero, cessarono. La donna si alzo: "Sia fatta la volontá di Dio: aggiusta tu la cosa, qua non ě piú vita. Ma quel bel Chibbaro! Tutto sudore di nostro padre!" Le lagrime erano sul pumo di ricominciare, ma Padre Pirrone era di giä andato via. Celebrato che fu il Divino Sacriťizio, accettata la tazza di caffe offerta dal Parroco, il Gesuita si diresse di filato alla casa dello zio Turi. Non vi era mai stato ma sapeva che era una poverissima bicocca, proprio in cima al paese, vicino alla 182 lili 0 182 of 251 < > Ě_P m sviluppato - Dizionari.. c (?) Israele - Hamas in gi SIUSA I Archivi di per... fi archive.org https://www.vieusseu... [íi?| II gattopardo : Giusop... FF:IJ1B017 Seminar of.. 6 Hours Chopin for St... H>) forgi* di mastro Ciccu. La trovö subito e dato che non vi erano finestre e che la porta era aperta per lasciar entrare un po' di sole, si fermö sulla soglia: neU'oscuritä, dentro, si vedevano accomulati basti per muli, bisacce e sacchi: don Turi tirava avanti facendo ll mulattiere, aiutato, adesso, dal figlio. "Doräzio!" gridö Padre Pirrone. Era una abbreviazione della formula Deo gratias (agamus) che serviva agli ecclesiastici per chiedere il permesso di entrare. La voce di un vecchio gridö: "Chi e?" e un uomo si alzö dal fondo della stanza e si awicinö alla porta. "Sono vostro nipote, il padre Saverio Pirrone. Vorrei parlarvi, se permettete." La sorpresa non fu grande: da due mesi almeno la visita sua o di un suo sostituto doveva essere attesa. Lo zio Turi era un vecchio vigoroso e diritto, cotto e ricotto dal sole e dalla grandine, con sul volto i solchi sinistri che i guai tracciano sulle persone non buone. "Entra" disse, senza sorridere; gli fece largo ed anche, di malavoglia, l'atto di baciargli la mano. Padre Pirrone sedette su una delle grandi seile di legno. L'ambiente era quanto mai povero: due galline razzolavano in un cantone e tutto odorava di sterco, di panni bagnati e di miseria cattiva. "Zio, sono moltissimi anni che non ci vediamo, ma non e stata tutta colpa mia; io non sto in paese, come sapete, e voi del resto non vi fate mai vedere a casa di mia madre, vostra cognata; e questo ci dispiace." "Io in quella casa i piedi non ce Ii metterö mai. Mi si rivolta lo stomaco quando vi passo davanti. Turi Pirrone i torti ricevuti non Ii dimentica, neppure dopo vent'anni." "Sicuro, si capisce, sicuro. Ma io oggi vengo come la colombella dell'Arca di Noe, per assicurarvi che il diluvio e finito. Sono molto contento di trovarmi qui e sono stato felice, ieri, quando a casa mi hanno detto che Santino, vostro figlio, si e fidanzato con mia nipote Angelina; sono due buoni ragazzi, cosi mi dicono, e la loro unione chiuderä il dissidio che esisteva fra le nostre famiglie e che a me, permettetemi di dirlo, e sempre dispiaciuto." II volto di Turi espresse una sorpresa troppo manifesta per non esser finta". "Non fosse il sacro abito che portate, Padre, vi direi che dite una bugia. Chissä che storielle vi hanno raecontato le femminette di casa vostra. Santino, in vita sua, non ha mai parlato con Angelina; e un figlio troppo rispettoso per andare contro i desideri di suo padre." II Gesuita ammirava l'asciuttezza del vecchio, l'impertur-babüitä delle sue menzogne. "Si vede, zio, che mi avevano informato male; figuratevi che mi avevano anche detto che vi eravate messi d'aecordo sulla dote e che oggi voi due sareste venuti a casa per il 'riconoseimento.' Che frottole raecontano queste donne sfac-cendate! Perö anche se non sono veri questi discorsi dimostra-no il desiderio del loro buon cuore. Adesso, zio, e inutile che resti qui: vo subito a casa a rimproverare mia sorella. E scusatemi; sono stato molto contento di avervi trovato in buona salute." II volto del vecchio cominciava a mostrare un qualche avido interessamento. "Aspettate, Padre. Continuate a farmi ridere con le chiacchiere di casa vostra; e di che dote parlavano quelle pettegole?" "Che so io, zio! Mi sembra aver sentito nominare la metä di Chibbaro! 'Ncilina, dicevano, e la pupilla dei loro occhi e nessun sacrificio sembra esagerato per assicurare la pace nella famiglia." Don Turi non rideva piü. Si alzö. "Santino!" si mise a berciare con la stessa forza con la quäle richiamava i muli incaponiti. E poiche nessuno veniva gridö piü forte ancora: "Santino! sangue della Madonna, che fai?" Quando vide Padre Pirrone trasalire si tappö la bocca con un gesto inaspettatamen-te servile. Santino stava governando le bestie nel cortiletto attiguo. Entrö intimonto, con la striglia in mano, era un bei ragazzone di ventidue anni, alto ed asciutto come il padre, con gli occhi non ancora inaspriti. II giorno prima aveva, come tutti, visto passare il Gesuita per le vie del paese, e lo riconobbe subito. "Questo e Santino. E questo e tuo eugino il padre Saverio Pirrone. Ringrazia Dio che c'e qui il Reverendissimo, se no ti avrei tagliato le orecchie. Che roba e questo amoreggiare senza 184 18; < > Ě_P m sviluppato - Dizionari.. c (?) Israele - Hamas in gi SIUSA I Archivi di per... fi archive.org https://www.vieusseu... [ílT| II gattopardo : Giusep... FF:IJ1B017 Seminar of.. 6 Hours Chopin for St... H>) che k), che sono tuo padre, lo sappia? I figli nascono per i padri e non per correre dietro alle sottane." II giovanotto si vergognavä, forse non della disubbidienza ma anzi del consenso passato, e non sapeva cosa dire; per trarsi d'impaccio posö la striglia per terra e andö a baciare la mano del prete. Questi moströ i denti in un sorriso e abbozzö una benedizione. "Dio ti benedica, figlio mio, benché credo che non lo meriti." II vecchio proseguiva: "Tuo cugino qui, mi ha tanto pregato e ripregato che ho finito col dare il mio consenso. Ma perché non me lo avevi detto prima? Adesso ripulisciti e andremo subito in casa di 'Ncilina." "Un momento, zio, un momento." Padre Pirrone pensava che doveva ancora parlare con l'"uomo di onore" che non sapeva niente. "A casa vorranno ceno fare i preparativi; del resto mi avevano detto che vi aspettavano a un'ora di none. Venite allora e sarä una festa vedervi." E se ne andö, abbraccia-to dal padre e dal figlio. Di ritorno alia casetta cubica, Padre Pirrone trovo che il cognato Vicenzino era di gia rincasato e cosi, per rassicurare la sorella, non pote far altro che ammiccare verso di lei da dietro le spalle del fiero marito, il che del resto, trattandosi di due siciliani era del tutto sufficiente. Dopo disse al cognato che aveva da parlargli e i due si awiarono verso lo scheletrito pergolatino dietro la casa: il bordo inferiore ondeggiante della tonaca tracciava intorno al Gesuita una sorta di mobile frontie-ra, invalicabile; le chiappe grasse deU"'uomo di onore" si dondolavano, simbolo perenne di altezzosa minaccia. La conversazione fu del resto completamente differente dal previsto. Una volta assicurato dell'imminenza delle nozze di 'Ncilina, l'indifferenza dell"'uomo di onore" nei riguardi della condotta della figlia fu marmorea; invece fin dal primo accenno alia dote da consegnare i suoi occhi rotearono, le vene delle tempie si gonfiarono e l'ondeggiare dell'andatura divenne frenetico: un rigurgito di considerazioni oscene gli usci dalla bocca, turpe, ed esaltato ancora delle piii micidiali risoluzioni; la sua mano che noil aveva avuto un solo gesto in difesa dell'onore della figlia, corse a palpare nervosa la tasca destra dei pantaloni per significare che nella difesa del mandorleto egli era risoluto a versare sin l'ultima goccia del sangue altrui. Padre Pirrone lasció esaurirsi le turpitudini accontentan-dosi di rapidi segni della croce quando esse, spesso, sconfina-vano nella bestemmia; al gesto annunziatore di stragi non badó affatto. Durante una pausa: "Si capisce, Vicenzino," disse "che anch'io voglio contribuire al riassestamento di tutto. Quella carta privata che mi assicura la proprieta di quanto mi spetta sull'eredita della Buon'Anima, te la rimandero da Palermo, stracciata." L'effetto di questo balsamo fu immediate Vicenzino inten-to a supputare il valore dell'eredita anticipata, tacque; e nell'aria soleggiata e fredda passarono le note stonatissime di una canzone che 'Ncilina aveva avuto voglia di cantare spazzando la camera dello zio. Nel pomeriggio lo zio Turi e Santino vennero a far la loro visita, alquanto ripuliti e con camicie bianchissime. I due fidanzati, seduti su due sedie contigue, prorompevano ogni tanto in fragorose risate senza parole, l'uno sulla faccia deU"altro. Erano contenti dawero, lei di "sistemarsi" e di avere quel bel maschiaccio a disposizione, lui di aver seguito i consigli paterni e di avere adesso una serva e mezzo mandorleto; il geranio rosso che aveva di nuovo all'orecchio non appariva piu a nessuno un riflesso infernale. Due giorni dopo Padre Pirrone riparti per Palermo. Strada facendo rimetteva in ordine le impressioni sue che non erano tutte gradevoli: que! brutale amorazzo venuto a frutto durante Testate di S. Martino, quel gramo mezzo mandorleto riacchiap-pato per mezzo di un premeditato corteggiamento, gli mostra-vano l'aspetto rustico, miserable, di altre vicende alle quali aveva di recente assistito. I gran signori erano riservati e incomprensibili, i contadini espliciti e chiari; ma il Demonio se li rigirava attorno al mignolo, egualmente. A villa Salina trovo il Principe di ottimo umore. Don Fabrizio gli chiese se avesse passato bene quei quattro giorni e se si fosse ricordato di portare i suoi saluti alia madre: la MM 0 < > E Ě_P m sviluppato - Dizionari.. c (?) Israele - Hamas in gi SIUSA I Archivi di per... fi archive.org https://www.vieusseu.. [íi?| II gattopardo : Giusep... FF:IJ1B017 Seminar of. 6 Hours Chopin for St... H>) conoSceva, infatti, sei anni prima essa era stata ospite alla villa e la sua vedovile serenitä era piaciuta ai padroni di casa. Dei saluti il Gesuita si era completamente dimenticato, e tacque; ma disse poi •'che la madre e la sorella lo avevano incaricato di ossequiare Sua Eccellenza, U che era soltanto una favola, meno grossa quindi di una menzogna. "Eccellenza" aggiunse poi "desideravo pregarLa se domani potesse dare ordini che mi diano una carrozza: dovrei andare all'Arcivescovado a chiedere una dispensa matrimoniale: una mia nipote si e fidanzata con un cugino." "Certo, padre Pirrone, certo, se lo volete; ma dopodomani io debbo andare a Palermo; potreste venire con me; proprio cosi di furia dev'essere?" PARTE SESTA Uli 0 < > Ě_P m sviluppato - Dizionari.. c (?) Israele - Hamas in gi fi archive.org ^)) C SIUSA I Archivi di per... {J https://www.vieusseu... [51] II gattopardo : Giusep... FF:IJ1B017 Seminar of.. 6 Hours Chopin for St... H>) Novembre 1862 La principessa Maria-Stella sali in carrozza, sedette sul raso azzurro dei cuscini, raccolse il piii possibile attorno a se le fruscianti pieghe della veste. Intanto Concetta e Carolina salivano anch'esse: sedevano di fronte e dai loro identici vestiti rosa si sprigionava un tenue profumo di violetta; dopo il peso spropositato di un piede che si poggid sul montatoio fece vacillare la caliche sulle alte molle: Don Fabrizio saliva anche lui. La carrozza fu piena come un uovo: lc onde delle sete, delle armature di tre crinoline montavano, si urtavano si confondevano sin quasi all'altezza delle teste; sotto era un fitto miscuglio di calzature, scarpini di seta delle ragazze, scarpette mordore della Principessa, pantofoloni di pelle lucida del Principe; ciascuno pativa della presenza dei piedi altrui e non sapeva piii dove fossero i propri. I due scalini del montatoio furono richiusi, il servitore ricevette gli ordini. "A palazzo Ponteleone." Risali a cassetta, il palafreniere che teneva la briglia dei cavalli si scosto, il cocchiere fece impercettibilmente schioccare la lingua, la caleche scivolo via. Si andava al hallo. Palermo in quel momento attraversava uno dei suoi inter-mittenti periodi di mondanita, i balli infuriavano. Dopo la venuta dei Piemontesi, dopo il fattaccio di Aspromonte, fugati gli spettri di espropria e di violenze, le duecento persone che MM 0 < > Ě_P m sviluppato - Dizionari.. c (?) Israele - Hamas in gi SIUSA I Archivi di per... fi archive.org https://www.vieusseu... _O) C [ítľ| II gattopardo : Giusep... FF:IJ1B017 Seminar of.. 6 Hours Chopin for St... H>) componevano "il mondo" non si stancavano d'incontrarsi, sempře gli stessi, per congratularsi di esistere ancora. Tanto frequenti erano le diverse e pur sempre identiche feste che i principi di Salina erano venuti a stare per tre settimane nel loro palazzo in cittá per non dover fare quasi ogni sera il lungo tragitto da S. Lorenzo. I vestiti delle signore arrivavano da Napoli nelle lunghe cassette nere simili a feretri, ed era stato un viavai isterico di crestaie, pettinatrici e calzolai; servi esasperati avevano recato alle sarte biglietti affannosi. II ballo dai Ponteleone sarebbe stato il piú importante di quella breve stagione: importante per tutti per lo splendore del casato e del palazzo, per il numero degli invitati; piú importante ancora per i Salina che vi avrebbero presentato alia "societa" Angelica, la bella fidanzata del nipote. Erano soltanto le dieci e mezza, un po' presto per presen-tarsi a un ballo quando si ě il principe di Salina che ě giusto giunga sempre quando la festa abbia sprigionato tutto il proprio calore; questa volta pero non si poteva fare altrimenti se si voleva esser li quando sarebbero entrati i Sedára che ("non lo sanno ancora, poveretti") era gente da prendere alia lettera l'indicazione di orario scritta sul cartoncino lucido dell'invito. Era costata un po' di fatica il far rimettere a loro uno di quei biglietti: nessuno li conosceva, e la principessa Maria-Stella, dieci giorni prima, aveva dovuto sobbarcarsi a fare una visita a Margherita Ponteleone; tutto era andato liscio, si capisce, ma nondimeno era stata questa una delle spinucce che il fidanzamento di Tancredi aveva inserito nelle delicate zampe del Gattopardo. II breve percorso sino a palazzo Ponteleone si svolgeva per un intrico di viuzze buie, e si procedeva al passo: via Salina, via Valverde, la discesa dei Bambinai, cosi festosa il giorno con le sue bottegucce di figurine in cera, cosi tetra la notte. La ferratura dei cavalli risuonava prudente fra le nere case che dormivano o facevano finta di dormire. Le ragazze, questi esseri incomprensibili per i quali un ballo ě una festa e non un tedioso dover mondano, parlottavano liete a mezzavoce; la principessa Maria Stella tastava la borsa per assicurarsi della presenza del flacconcino di "sal volatile," Don Fabrizio'pregustava l'effetto che la bellezza di Angelica avrebbe fatto su tutta quella gente che non la conosceva e quello che la fortuna di Tancredi avrebbe fatto su quelle Stesse persone che lo conoscevano troppo. Un'ombra perö oscurava la sua soddisfazione: come sarebbe stato il "frack" di don Calogero? Certo non come quello che aveva avuto addosso a Donnafugata: egli era stato affidato a Tancredi che lo aveva trascinato dal miglior sarto ed aveva perfino assistito alle prove; ufficialmente era sembrato contento dei risultati, l'altro giorno, ma in confidenza aveva detto: "II 'frack' ě come puö essere; il padre di Angelica manca di chic." Era innegabile. Ma Tancredi si era reso garante di una perfetta rasatura e della decenza degli scarpini. Era giä qualche cosa. Lä dove la discesa dei Bambinai sbocca sull'abside di S. Domenico, la carrozza si fermô: si sentiva un gracile scampanellío e da uno svolto comparve un prete recante un calice col Santissimo; dietro un chierichetto gli reggeva sul capo un ombrello bianco ricamato in oro; davanti un altro teneva nella sinistra un grosso cero acceso, e con la destra agitava, divertendosi molto, un campanellino di argento. Segno che una di quelle case sbarrate racchiudeva un'agonia; era il Santo Viatico. Don Fabrizio scese, s'inginocchiö sul marcia-piede, le signore fecero il segno della croce, lo scampanellare dileguö nei vicoli che precipitavano verso S. Giacomo, la calěche con i suoi occupanti gravati di un ammonimento salutare s'incamminö di nuovo verso la meta ormai vicina. Si giunse, si discese nell'androne; la vettura andö a scompa-rire nell'immensitä del cortile dal quale giungevano scalpiccii e baluginii degli equipaggi venuti prima. Lo scalone era di materiále modesto ma di proporzioni nobilissime; sui lati ďogni scalino primitívi fiori spandevano il loro rozzo profumo; nel pianerottolo che divideva le due fughe, le livree amaranto di due servi immobili sotto la cipria, ponevano una nota di colore vivace nel grigio perlaceo del-ľambiente. Da due finestrotti alti e con grate dorate giungevano risa e mormorii infantili: i nipotini dei Ponteleone, esclusi dalla festa, si rifacevano beffeggiando gli ospiti. Le signore appianavano le pieghe delle sete, Don Fabrizio col gibus 192 193 lili 0 < > E Ě_P m sviluppato - Dizionari.. c Israele - Hamas in gi SIUSA I Archivi di per... Id archive.org ^ https://www.vieusseu... _HO c pTT| II gattopardo : Giusep... FF:IJ1B017 Seminar of.. 6 Hours Chopin for St... HO - sottbbraccio le sorpassava di tutta la testa benché fosse uno scalino indietro. Alia porta del primo salone s'incontrarono i padroni di casa: lui, Don Diego, canuto e panciuto che gli occhi arcigni soltanto salvavano dall'apparenza plebea; lei, donna Margherita, che di fra il corruscare del diadema e della triplice collana di smeraldi mostrava il volto suo adunco di vecchio canonico. "Siete venuti presto! tanto meglio! ma state tranquilli, i vos tri invitati non sono ancora comparsi." Una nuova pagliuz-za infastidi le unghiette sensibili del Gattopardo. "Anche Tancredi ě giá qui." Infatti nell'angolo opposto del salone il nipote, nero e sottile come una biscia, teneva circolo a tre o quattro giovanotti e li faceva sbellicare dalle risa per certe sue storielle certamente arrischiate, ma teneva gli occhi, inquieti come sempre, fissi alia porta d'ingresso. Le danze erano di giá cominciate e attraverso tre, quattro, cinque, sei saloni giungevano dalla sala da ballo le note dell'orchestrina. "Ed aspettiamo anche il colonnello Pallavicino, quello che si ě condotto tanto bene ad Aspromonte." Questa frase del principe di Ponteleone sembrava semplice ma non lo era. In superficie era una costatazione priva di senso politico tendente solo ad elogiare il tatto, la delicatezza, la commozione, la tenerezza quasi, con la quale una pallottola era stata cacciata nel piede del Generále; ed anche le scappel-late, inginocchiamenti e baciamani che la avevano accompa-gnata, rivolti al ferito Eroe giacente sotto un castagno del monte calabrese e che sorrideva anche lui, di commozione e non giá per ironia come gli sarebbe stato lecito (perché Garibaldi ahimé! era sprowisto di umorismo). In uno strato intermedio della psiche principesca la frase aveva un significa-to tecnico e intendeva elogiare il Colonnello per aver ben preso le proprie disposizioni, schierato opportunamente i suoi battaglioni ed aver potuto compiere, contro lo stesso awersario ció che a Calatafimi era tanto incomprensibilmente fallito a Landi. In fondo al cuore del Principe, poi, il Colonnello si era "condotto bene" perché era riuscito a fermare, sconfigge-re, ferire e catturare Garibaldi e ció facendo aveva salvato il compromesso faticosamente raggiunto fra vecchio e nuovo stato di cose. Evocato, creato quasi dalle parole lusinghiere e dalle ancor piu lusinghiere cogitazioni, il Colonnello comparve alia scala. Procedeva fra un tintinnio di pendagli, catenelle. speroni e decorazioni, nella ben imbottita divisa a doppiopetto, cappello piumato sotto il braccio, sciabola ricurva poggiata sul polso sinistra: era uomo di mondo e di maniere rotondissime, specia-lizzato. come tutta l'Europa ormai sapeva, in baciamani densi di significato, ogni signora sulle cui dita si posarono quella sera i mustacchi suoi odorosi fu posta in grado di rievocare con conoscenza di causa, l'attimo storico che le stampe popolari avevano di giá esaltato. Dopo aver sostenuto la doccia di lodi riversata su di lui dai Ponteleone, dopo aver stretto le due dita tesegli da Don Fabrizio, Pallavicino fu sommerso nello spumeggiare profuma-to di un gruppo di signore; i suoi tratti coscientemente virili emergevano al disopra delle spalle candide e giungevano sue frasi staccate: "Piangevo, contessa. piangevo come un bimbo" oppure "Lui era bello e sereno come un Arcangelo." La sua sentimentalita maschia rapiva quelle dame che le schioppettate dei suoi bersaglien avevano di giá rassicurato. Angelica e don Calogero tardavano e di giá i Salina pensava-no a inoltrarsi negli altri saloni. quando Tancredi piantó in asso il proprio gruppo e si diresse come un razzo verso l'ingresso: gli attesi erano giunti. Al disopra dell'ordinato turbinio della crinolina rosea le bianche spalle di Angelica ricadevano verso le braccia fořti e dolci; la testa si ergeva piccola e sdegnosa sul collo liscio di gioventú e adorno di perle volutamente modeste. Quando dali'apertura del lungo guanto glacé essa fece uscire la mano non piccola ma di taglio perfetto. si vide brillare lo zaffiro napoletano Don Calogero era nella di lei scia, sorcetto custode di una fiammeggiante rosa; negli abiti di lui non vi era eleganza ma decenza si, questa volta; solo suo errore fu quello di portare all'occhiello la croce della Corona d Italia confentagli di recente; essa, per altro, scomparve presto in una delle tasche clandestine del "frack" di Tancredi. II fidanzato aveva di giá insegnato ad Angelica limpassibili- 194 195 MM 0 < > Ě_P m sviluppato - Dizionari.. c (?) Israele - Hamas in gi SIUSA I Archivi di per... fi archive.org https://www.vieu.sseu... [ílT| II gattopardo : Giusep... FF:IJ1B017 Seminar of.. 6 Hours Chopin for St... H>) tá, qdesto fondamento della distinzione ("Tu puoi esser espan-siva e chiassosa soltanto con me, cara; per tutti gli altri devi essere la futura principessa di Falconeri, superiore a molti, pari a chiunqúe"), e quindi il saluto di lei alia padrona di casa fu una non spontanea ma riuscitissima mescolanza di modestia verginale, alterigia neo-aristocratica e grazia giovanile. I palermitani sono dopo tutto degli italiani, sensibili quindi quanti altri mai al fascino della bellezza ed al prestigio del denaro; inoltre Tancredi essendo notoriamente squattrinato era giudicato, per quanto attraente, un partito non desiderabile (a torto, del resto, come si vide poi quando fu troppo tardi); egli era quindi piú apprezzato dalle signore sposate che dalle ragazze da marito. Questi meriti e demeriti congiunti fecero si che l'accoglienza ricevuta da Angelica fosse di un calore imprevisto; a qualche giovanotto, a dir vero, avrebbe potuto rincrescere di non aver dissepolto per sé una cosi bella anfora colma di monete; ma Donnafugata era feudo di Don Fabrizio e se egli aveva rinvenuto li quel tesoro e lo aveva passato all'amato Tancredi non si poteva rammaricarsene piú di quanto ci si sarebbe amareggiati se avesse scoperto una miniera di zolfo in una sua terra: era roba sua, non c'era da dire. Anche queste labili opposizioni, d'altronde, dileguavano dinanzi al raggiare di quegli occhi; a un ceno momento vi fu una vera calca di giovanotti che volevano farsi presentare e richiedere un ballo: a ciascuno Angelica dispensava un sorriso della sua bocca di fragola, a ciascuno mostrava il proprio carnet nel quale a ogni polka, mazurka e valzer seguiva la firma possessiva: Falconeri. Da pane delle signorine le proposte di "darsi del tu" fioccavano e dopo un'ora Angelica si trovava a suo agio fra persone che del selvaggiume della madre e della taccagneria del padre non avevano la minima idea. II contegno di lei non si smentí neppure un minuto: mai la si vide errare sola con la testa fra le nuvole, mai le braccia le si scostarono dal busto; mai la sua voce si alzó al disopra del "diapason" (del resto abbastanza alto) delle altre signore. Poiché Tancredi le aveva detto il giorno prima "Vedi, cara, noi (e quindi anche tu, adesso) teniamo alle nostre case ed al nostro mobilip piú che a qualsiasi altra cosa; nulla ci offende piú della nohcuranza rispetto a questo; quindi guarda tutto e loda tutto; del resto palazzo Ponteleone lo merita; ma poiché non sei piú una provincialotta che si sorprende di ogni cosa, mescolerai sempře una qualche riserva alia lode; ammira si ma paragona sempre con qualche archetipo visto prima, e che sia illustre." Le lunghe visite al palazzo di Donnafugata avevano insegnato molto ad Angelica, e cosi quella sera ammi-rö ogni arazzo ma disse che quelli di palazzo Pitti avevano le bordure piú belle; lodö una Madonna del Dolci ma fece ricordare che quella del Granduca aveva una malinconia meglio espressa; e financo della fetta di tona che un premuroso giovin signore le porto disse che era eccellente e buona quasi come quella di "monsú Gaston," il cuoco dei Salina. E poiché "monsú Gaston" era il Raffaello fra i cuochi e gli arazzi di Pitti i "monsú i íston" fra le tapezzerie, nessuno poté trovarvi da ridire, anzi tutti furono lusingati dal paragone ed essa cominciö giä da quella sera ad acquistare la fama di cortese ma inflessibile intenditrice di arte che doveva, abusivamente, accompagnarla in tutta la sua lunga vita. Mentre Angelica mieteva allori, Maria-Stella spettegolava su di un divano con due vecchie amiche e Concetta e Carolina raggelavano con la loro timidítá i giovanotti piú cortesi, Don Fabrizio lui, errava per i saloni: baciava la mano delle signore che incontrava, indolenziva le spalle degli uomini che voleva festeggiare, ma sentiva che il cattivo úmore lo invadeva lenta-mente. Anzitutto, la casa non gli piaceva: i Ponteleone da settanta anni non avevano rinnovato larredamento ed esso era ancora quello del tempo della regina Maria-Carolina, e lui che credeva di avere dei gusti moderní s'indignava. "Ma, Santo Dio, con i redditi di Diego ci vorrebbe poco a mener fuori tutti questi 'trémo,' questi specchi appannati! Si faccia fare un bel mobilio di palissandro e peluche, stia a vivere comoda-mente lui e non costringa i suoi invitati ad aggirarsi per queste catacombe. Finiro col dirglielo!" Ma non lo disse mai a Ďiego perché queste sue opinioni nascevano solo dal malumore e dalla sua tendenza alia contradizione, erano presto dimenticate e lui stesso non mutava nulla né a S. Lorenzo né a Donnafugata. Intanto pero bastarono ad aumentargli il disagio. Le donne che erano al ballo non gli piacevano neppure: due o tre fra quelle anziane erano state sue amanti e vedendole 196 197 lili 0 < > E Ě_P m sviluppato - Dizionari.. c (?) Israele - Hamas in gi SIUSA I Archivi di per... fi archive.org https://www.vieusseu... pni II gattopardo : Giusep... FF:IJ1B017 Seminar of.. 6 Hours Chopin for St... H>) adesfc appesantite dagli anni e dalle nuore, faticava a ricreare per se l'immagine di loro quali erano venti anni fa e s'irritava pensando che aveva sciupato i propri anni migliori a inseguire (ed a raggiungere) simili sciattone. Anche le giovani pero non gli dicevano gran che, meno un paio: la giovanissima duchessa di Palma della quale ammirava gli occhi grigi e la severa soavita del portamento, Tutu Lascari anche dalla quale se fosse stato piu giovane avrebbe saputo trarre accordi singolaris-simi. Ma le altre... era bene che dalle tenebre di Donnafugata fosse emersa Angelica per mostrare alle palermitane cosa fosse una bella donna. Non gli si poteva dar torto: in quegli anni la frequenza dei matrimoni fra cugini, dettati da pigrizia sessuale e da calcoli terrieri, la scarsezza di proteine nell'alimentazione aggravata dall'abbondanza di amidacei, la mancanza totale di aria fresca e di movimento, avevano riempito i salotti di una turba di ragazzine incredibilraente basse, inverosimilmente olivastre, insopportabilmente ciangottanti; esse passavano il tempo rag-grumate tra loro, lanciando solo corali richiami ai giovanotti impauriti, destinate, sembrava, soltanto a far da sfondo alle tre o quattro belle creature che come la bionda Maria- Palma, la bellissima Eleonora Giardinelli passavano scivolando come cigni su uno stagno fitto di ranocchie. Piii le vedeva e piu s'irritava; la sua mente condizionata dalle lunghe solitudini e dai pensieri astratti, fini a un dato momento, mentre passava per una lunga galleria sul pou/centrale della quale si era riunita una numerosa colonia di quelle creature, col procurargli una specie di allucinazione: gli sembrava di essere il guardiano di un giardino zoologico posto a sorvegliare un centinaio di scimmiette: si aspettava di vederle a un tratto arrampicarsi sui lampadari e da li, sospese per le code, dondolarsi esibendo i deretani e lanciando gusci di nocciola, stridori e digrignamenti sui pacifici visitatori. Strano a dirsi fu una sensazione religiosa ad estraniarlo da quella visione zoologica: infatti dal gruppo di bertucce crinolinate si alzava una monotona continua invocazione sacra: "Maria! Maria!" esclamavano perpetuamente quelle pove-re figliole. "Maria! che bella casa!" "Maria! che bell'uomo e il colonnello "Pallavicino!" "Maria! mi fanno male i piedi!" 198 "Maria! che fame che ho! quando si apre il 'bouffet'?" II nome della Vergine, invocato da quel coro virgineo riempiva la galleria e di nuovo cambiava le scimmiette in donne, poiche non risultava ancora che i ouistiti delle foreste brasiliane si fossero convertiti al Cattolicesimo. Leggermente nauseato, il Principe passo nel salotto accan-to: li invece stava accampata la tribu diversa e ostile degli uomini: i giovani ballavano ed i presenti erano soltanto degli anziani, tutti suoi amici. Sedette un poco fra loro: li la Regina dei Cieli non era piu nominata invano; ma, in compenso, i luoghi comuni, i discorsi piatti intorbidivano l'aria. Fra questi signori Don Fabrizio passava per essere uno "stravagante"; il suo interessamento alia matematica era considerato quasi come una peccaminosa perversione, e se lui non fosse stato proprio il principe di Salina e se non lo si fosse saputo ottimo cavallerizzo, infaticabile cacciatore e medianamente donnaiolo, le sue parallassi e i suoi telescopi avrebbero rischiato di farlo mettere al bando; pero gia gli si parlava poco perche l'azzurro freddo dei suoi occhi, intravisto fra le palpebre pesanti, faceva perdere le staffe agli interlocutori ed egli si trovava spesso isolato non gia per rispetto, come credeva, ma per timore. Si alzd; la malinconia si era mutata in umor nero autentico. Aveva fatto male a venire al ballo: Stella, Angelica, le figliuole se la sarebbero cavata benissimo da sole, e lui in questo momento sarebbe beato nello studiolo attiguo alia terrazza in via Salina, ad ascoltare il chioccolio della fontana ed a cercar di acchiappare le comete per la coda. "Tant'e, adesso ci sono; andarsene sarebbe scortese. Andiamo a guardare i ballerini." La sala da ballo era tutta oro. liscio sui cornicioni cinci-schiato nelle inquadrature delle porte, damaschinato chiaro quasi argenteo su meno chiaro nelle porte Stesse e nelle imposte che chiudevano le finestre e le annullavano conferendo cosi all'ambiente un significato orgoglioso di scrigno escludente qualsiasi riferimento all'esterno non degno. Non era la doratura sfacciata che adesso i decoratori sfoggiano, ma un oro consun-to, pallido come i capelli di certe bambine dei Nord, impegnato il rococo 199 Uli 0 < > Ě_P m sviluppato - Dizionari.. c (?) Israele - Hamas in gi SIUSA I Archivi di per... fi archive.org https://www.vieusseu... [ílT| II gattopardo : Giusep... FF:IJ1B017 Seminar of.. 6 Hours Chopin for St... H>) a nascondere il proprio valore sotto una pudicizia ormai perduta di materia preziosa che voleva mostrare la propria bellezza e far cjimenticare il proprio costo; qua e lä sui pannelli nodi di fiori rococo di un colore tanto svanito da non sembrare altro che un effimero rossore dovuto al riflesso dei lampadari. Quella tonalitä solare, quel variegare di brillii e di ombre fecero tuttavia dolere il cuore di Don Fabrizio che se ne stava nero e rigido nel vano di una porta: in quella sala eminentemente patrizia gli venivano in mentě immagini campa-gnole: il timbro cromatico era quello degli sterminati semineri attorno a Donnafugata, estatici, imploranti clemenza sotto la tirannia del sole: anche in questa sala come nei feudi a metá Agosto, il raccolto era stato compiuto da tempo, immagazzina-to akrové e, come la, ne rimaneva soltanto il ricordo nel colore delle stoppie; arše ďaltronde e inutili. II valzer le cui note traversavano l'aria calda gli sembrava solo una stilizzazione di quelTincessante passaggio dei venti che arpeggiano il proprio lutto sulle superfici assetate, ieri, oggi, domani, sempře, sempře, sempře. La folk dei danzatori fra i quali pur contava taňte persone vicine alia sua carne se non al suo cuore, fini col sembrargli irreale, composta di quella materia della quale son tessuti i ricordi perenni che ě piú labile ancora di quella che ci turba nei sogni. Nel soffitto gli Dei, reclini su scanni dorati, guardavano in giú sorridenti e inesorabili come il cielo d'estate. Si credevano eterni: una bomba fabbricata a Pittsburgh, Penn, doveva nel 1943 provař loro il contrario. "Bello, principe, bello! Cose cosi non se ne fanno piú adesso, al prezzo attuale dell'oro zecchino!" Sedära si era posto vicino a lui, i suoi occhietti svegli percorrevano 1'ambien-te, insensibili alia grazia, attenti al valore monetario. Don Fabrizio, ad un tratto, sentí che lo odiava; era all'affer-marsi di lui, di cento altri suoi simili, ai loro oscuri intrighi, alia loro tenace avarizia e aviditä che era dovuto il senso di mořte che adesso incupiva questi palazzi; si doveva a lui, ai suoi compari, ai loro rancori, al loro senso ďinferioritá, al loro non esser riusciti a fiorire, se adesso anche a lui, Don Fabrizio, gli abiti neri dei ballerini ricordavano le cornacchie che planavano, alia ricerca di přede putride, al disopra dei valloncelli sperduti. Ebbe voglia di rispondergli malamente, 200 ďinvitarlo ad andarsene fuori dai piedi. Ma non si poteva: era un ospite, era il padre della cara Angelica. Era forse un infelice come gli altri. "Bello, don Calogero, bello. Ma ció che supera tutto sono i nostri due ragazzi." Angelica e Tancredi passavano in quel momento davanti a loro, la destra inguantata di lui posata a taglio sulla vita di lei, le braccia tese e compenetrate, gli occhi di ciascuno fissi in quelli dell'altro. II nero del "frack" di lui, il roseo della vestě di lei, frammisti, formavano uno strano gioiello. Essi offrivano lo spettacolo piú patetico di ogni altro, quello di due giovanissimi innamorati che ballano insieme, ciechi ai difetti reciprocí, sordi agli ammonimenti del destino, illusi che tutto il cammino della vita sará liscio come il pavimento del salone, attori ignari cui un regista fa recitare la parte di Giulietta e quella di Romeo nascondendo la cripta e il veleno, di giá previsti nel copione. Né luno né 1'altra erano buoni, ciascuno pieno di calcoli, gonfio di mire segrete; ma entrambi erano cari e commoventi mentre le loro non limpide ma ingenue ambizioni erano obliterate dalle parole di giocosa tenerezza che lui le mormorava all'orecchio, dal profumo dei capelli di lei, dalla reciproca stretta di quei loro corpi destinati a morire. I due giovani si allontanavano, altre coppie passavano, meno belle, altrettanto commoventi, immerse ciascuna nella propria passeggera cecitá. Don Fabrizio sentí spetrarsi il cuore: il suo disgusto cedeva il posto alia compassione per questi effimeri esseri che cercavano di godere dellesiguo raggio di luce accordato loro fra le due tenebre prima della culla, dopo gli ultimi strattoni. Come era possibile infierire contro chi, se ne ě sicuri, dovrá morire? voleva dire esser vili come le pescivendole che sessanťanni fa oltraggiavano i condannati nella piazza del Mercato. Anche le scimmiette sui pou/s, anche i vecchi babbei suoi amici erano miserevoli, insalvabili e cari come il bestiame che la notte mugola per le vie della cittá, condotto al macello; all'orecchio di ciascuno di essi sarebbe giunto un giorno lo scampanellío che aveva udito tře ore fa dietro S. Domenico. Non era lecíto odiare altro che 1'eternitá. E poi tutta la gente che riempiva i saloni, tutte quelle lili 0 < > Ě_P m sviluppato - Dizionari.. c (?) Israele - Hamas in gi SIUSA I Archivi di per... fi archive.org https://www.vieusseu... [ílT| II gattopardo : Giusep... FF:IJ1B017 Seminar of.. 6 Hours Chopin for St... H>) donno bruttine, tutti questi uomini sciocchi, questi due sessi vanagloriosi, erano il sangue del suo sangue, erano lui stesso; con essi soltanto si comprendeva, soltanto con essi era a suo agio. "Sono forse piü intelligente, sono certamente piü colto di loro, ma sono della medesima risma, con essi debbo solidariz-zare." Si accorse che don Calogero parlava con Giovanni Finale del possibile rialzo del prezzo dei caciocavalli e che, speranzosi di questa beatihca evenienza, i suoi occhi si erano fatti liquidi e mansueti. Poteva svignarsela senza rimorsi. Fino a questo momento l'irritazione accumulata gli aveva dato energia; adesso con la distensione soprawenne la stan-chezza: erano di giä le due. Cercö un posto dove poter sedere tranquillo, lontano dagli uomini, amati e fratelli, va bene, ma sempre noiosi. Lo trovö presto: la biblioteca, piccola, silenzio-sa, illuminata e vuota. Sedette poi si rialzö per bere dell'acqua che si trovava su un tavolinetto. "Non c'e che l'acqua a esser dawero buona" pensö da autentico siciliano; e non si asciugö le goccioline rimaste sulle labbra. Sedette di nuovo. La biblioteca gli piaceva, ci si senti presto a suo agio; essa non si opponeva alla di lui presa di possesso perche era impersonale come lo sono le stanze poco abitate: Ponteleone non era tipo da perdere il suo tempo Ii dentro. Si mise a guardare un quadro che gli stava di fronte: era una buona copia della "Motte del Giusto" di Greuze. II vegliardo stava spirando nel suo letto, fra sbuffi di biancheria pulitissima, circondato dai nipoti afflitti e da nipotine che levavano le braccia verso il soffitto. Le ragazze erano carine, procaci, il disordine delle loro vesti suggeriva piü il libertinaggio che il dolore; si capiva subito che erano loro il vero soggetto del quadro. Nondimeno un momento Don Fabrizio si sorprese che Diego tenesse ad aver sempre dinanzi agli occhi questa scena malinconica, poi si rassicurö pensando che egli doveva entrare in questa stanza si e no una volta all'anno. Subito dopo chiese a se stesso se la propria motte sarebbe stata simile a quella: probabilmente si, a parte che la biancheria sarebbe stata trteno impeccabile (lui lo sapeva, le lenzuola degli 202 agonizzanti sono sempre sudice, ci son le bave, le deiezioni, le macchie di medicine...) e che era da sperare che Concetta, Carolina e le altre sarebbero state piu decentemente vestite. Ma, in complesso, lo stesso. Come sempre la considerazione della propria morte lo rasserenava tanto quanto lo aveva turbato quella della morte degli altri; forse perche, stringi stringi, la sua morte era in primo luogo quella di tutto il mondo? Da questo passo a pensare che occorreva far fare delle riparazioni alla tomba di famiglia, ai Cappuccini. Peccato che non fosse piu permesso appendere la i cadaveri per il collo nella cripta e vederli poi mummificarsi lentamente: lui ci avrebbe fatto una magnifica figura su quel muro, grande e lungo com'era, a spaventare le ragazze con l'immoto sorriso del volto incartapecorito, con i lunghissimi calzoni di pique bianco. Ma no, lo avrebbero vestito di gala, forse in questo stesso "frack" che aveva addosso. La porta si apri. "Zione, sei una bellezza stasera. La marsina ti sta alla perfezione. Ma cosa stai guardando? Corteggi la morte?" Tancredi era a braccio di Angelica: tutti e due erano ancora sotto 1'influsso sensuale del ballo, stanchi. Angelica sedette, chiese a Tancredi un fazzoletto per asciugarsi le tempie; fu Don Fabrizio a darle il suo. I due giovani guardavano il quadro con noncuranza assoluta. Per entrambi la conoscenza della morte era puramente intellettuale, era per cosi dire un dato di coltura e basta, non un'esperienza che avesse loro forato il midollo delle ossa. La morte, si, esisteva, senza dubbio, ma era roba ad uso degli altri; Don Fabrizio pensava che e per la ignoranza intima di questa suprema consolazione che i giovani sentono i dolori piu acerbamente dei vecchi: per questi l'uscita di sicurezza e piu vicina. "Principe" diceva Angelica "abbiamo saputo che Lei era qui; siamo venuti per riposarci ma anche per chiederle qualche cosa; spero che non me la rifiutera." I suoi occhi ridevano di malizia, la sua mano si posava sulla manica di Don Fabrizio. "Volevo chiederle di ballare con me la prossima 'mazurka.' Dica di si, non faccia il cattivo: si sa che Lei era un gran ballerino." II Principe fu contentissimo, si sentiva tutto ringal-luzzito. Altro che cripta dei Cappuccini! Le sue guance pelose MM 0 < > E Ě_P m sviluppato - Dizionari.. c (?) Israele - Hamas in gi SIUSA I Archivi di per... fi archive.org https://www.vieusseu... [íi?| II gattopardo : Giusep... FF:IJ1B017 Seminar of.. 6 Hours Chopin for St... H>) si agitavano per il piacere. L'idea della "mazurka" perd lo spaventava un poco: questo hallo rnilitare, tutto battute di piedi e giravolte non era piü roba per le sue giunture. Inginocchiarsi davanti ad Angelica sarebbe stato un piacere, ma se dopo avesse fatto fatica a rialzarsii1 "Grazie, Angelica, mi ringiovanisci. Sard felice di ubbidirti, ma la 'mazurka' no, concedimi il primo valzer." "Lo vedi, Tancredi, com'e buono lo zio? Non fa i capricci come te. Sa, Principe, lui non voleva che glielo chiedessi: e geloso." Tancredi rideva: "Quando si ha uno zio bello ed elegante come lui e giusto esser gelosi. Ma, insomma, per questa volta non mi oppongo." Sorridevano tutti e tre, e Don Fabrizio non capiva se avessero complottato questa proposta per fargli piacere o per prenderlo in giro. Non aveva importanza: erano cari lo stesso. Al momento di uscire Angelica sfiord con la mano la tapezzeria di una poltrona. "Sono carine queste; un bei colore; ma quelle di casa sua, Principe..." La nave procedeva nell'ab-brivo ricevuto. Tancredi intervenne: "Basta, Angelica. Noi due ti vogliamo bene anche al di fuori delle tue conoscenze in fatto di mobilio. Lascia stare le sedie e vieni a ballare." Mentre andava al salone da ballo Don Fabrizio vide che Sedära parlava ancora con Giovanni Finale. Si udivano le parole "russella," "primintlo," "marzolino": paragonavano i pregi dei grani da semina. II Principe previde imminente un invito a Margarossa, il podere per il quale Finale si stava rovinando a forza di innovazioni agricole. La coppia Angelica-Don Fabrizio fece una magnifica figura. Gli enormi piedi del Principe si muovevano con delica-tezza sorprendente e mai le scarpette di raso della sua dama furono in pericolo di esser sfiorate; la zampaccia di lui le stringeva la vita con vigorosa fermezza, il mento poggiava sull'onda letěa dei capelli di lei; dalla scollatura di Angelica saliva un profumo di bouquet a la Maréchale, soprattutto un aroma di pelle giovane e liscia. Alia memoria di lui risali una frase di Tuméo: "Le sue lenzuola debbono avere l'odore del paradiso." Frase sconveniente, frase villana; esatta perö. Quel Tancredi... Lei parlava. La sua naturale vanitä era sodisfatta quanto la sua tenace ambizione. "Sono cosi felice, zione. Tutti sono stati tanto gentili, tanto buoni. Tancredi, poi, e un amore; e anche Lei e un amore. Tutto questo lo devo a Lei, zione, anche Tancredi. Perche se Lei non avesse voluto si sa come sarebbe andato a finire." "Io non c'entro, figlia mia; tutto lo devi a te sola." Era vero: nessun Tancredi avrebbe mai resistito alia sua bellezza unita al suo patrimonio. La avrebbe sposata calpestan-do tutto. Una fitta gli traverse* il cuore: pensava agli occhi alteri e sconfitti di Concetta. Ma fu un dolore breve; ad ogni giro un anno gli cadeva giü dalle spalle; presto si ritrovo come a venti anni quando in questa sala stessa ballava con Stella, quando ignorava ancora cosa fossero le delusioni, il tedio, il resto. Per un attimo, quella notte, la morte fu di nuovo ai suoi occhi, "roba per gli altri." Tanto assorto era nei suoi ricordi che combaciavano cosi bene con la sensazione presente che non si accorse che ad un certo punto Angelica e lui ballavano soli. Forse istigate da Tancredi le altre coppie avevano smesso e stavano a guardare; anche i due Ponteleone erano li: sembravano inteneriti, erano anziani e forse comprendevano. Stella pure era anziana, perö, ma da sotto una porta i suoi occhi erano foschi. Quando l'orchestrina tacque un applauso non scoppiö soltanto perche Don Fabrizio aveva l'aspetto troppo leonino perche si arri-schiassero simili sconvenienze. Finito il valzer, Angelica propose a Don Fabrizio di cenare alia tavola sua e di Tancredi; lui ne sarebbe stato molto contento ma proprio in quel momento i ricordi della sua gioventü erano troppo vivaci perche non si rendesse conto di quanto una cena con un vecchio zio gli sarebbe riuscita ostica, allora, mentre Stella era li a due passi. "Soli vogliono stare gli innamorati o magari con estranei; con anziani e, peggio che peggio, con parenti, mai." "Grazie, Angelica, non ho appetito. Prenderö qualcosa all'impiedi. Vai con Tancredi, non pensate a me." 205 MM 0 < > E Ě_P m sviluppato - Dizionari.. c (?) Israele - Hamas in gi SIUSA I Archivi di per... fi archive.org https://www.vieusseu... [ílT| II gattopardo : Giusep... FF:IJ1B017 Seminar of.. 6 Hours Chopin for St... H>) Atpetto uh momento che i ragazzi si allontanassero, poi entrö anche lui nella sala del buffet. Una lunghissima stretta tavola stava nel fondo, illuminata dai famosi dodici candelabri di vermeil che>il nonno di Diego aveva ricevuto in dono dalla Corte di Spagna al termine della sua ambasciata a Madrid: ritte sugli alti piedestalli di metallo rilucente, sei figure di atleti e sei di donne, alternate, reggevano al disopra delle loro teste ü fusto d'argento dorato, coronato in cima dalle fiammelle di dodici candele: la perizia dell'orefice aveva maliziosamente espresso la facilitä Serena degli uomini, la fatica aggraziata delle giovinette nel reggere lo spropositato peso. Dodici pezzi di prim'ordine. "Chissä a quante 'salme' di terra equivarranno" avrebbe detto l'infelice Sedära. Don Fabrizio ricordö come Diego gli avesse un giorno mostrato gli astucci di ognuno di quei candelabri, montagnole di marocchino verde recanti impresso sui fianchi l'oro dello scudo tripartito dei Ponteleone e quello delle cifře intrecciate dei donátoři. Al disotto dei candelabri, al disotto delle alzate a cinque ripiani che elevavano verso il soffitto lontano le piramidi di "dolci di riposto" mai consumati, si stendeva la monotona opulenza delle tables ä thé dei grandi balli: coralline le aragoste lessate vive, cerei e gommosi gli chaud-frotds di vitello, di tinta acciaio le spigole immerse nelle soffici salse, i tacchini che il calore dei forni aveva dorato, le beccacce disossate recline su tumuli di crostoni ambrati decorati delle loro Stesse viscere triturate, i pasticci di fegato grasso rosei sotto la corazza di gelatina; le galantine color d'aurora, dieci altre crudeli colora-te delizie; aU'estremita della tavola due monumentali zuppiere d'argento contenevano il consommé, ambra bruciata e limpido. I cuochi delle vaste cucine avevano dovuto sudare fin dalla notte precedente per preparare questa cena. "Caspita quanta roba! Donna Margherita sa far bene le cose. Ma ci vogliono altri stomaci del mio per tutto questo." Disprezzó la tavola delle bibite che stava sulla destra lucci-cante di cristalli ed argenti, si diresse a sinistra verso quella dei dolci. Li immani babä sauri come il manto dei cavalli, Monte-Bianco nevosi di panna; betgnets Dauphine che le mandorle screziavano di bianco ed i pistacchi di verdino; collinette di profiteroles alia cioccolata, marroni e grasse come 206 l'humus della piana di Catania dalla quale, di fatto, attraverso lunghi rigiri esse provenivano, parfaits rosei, parfatts sciampa-gna, parfaits bigi che si sfaldavano scricchiolando quando la spatola li divideva, sviolinature in maggiore delle amarene candite, timbri aciduli degli ananas gialli, e "trionfi della Gola" col verde opaco dei loro pistacchi macinati, impudiche "paste delle Vergini." Di queste Don Fabrizio si fece dare due e tenendole nel piatto sembrava una profana caricatura di SanťAgata esibente i propri seni recisi. "Come mai il Santo Uffizio, quando lo poteva, non pensó a proibire questi dolci? I 'trionfi della Gola' (la gola, peccato mortale!), le mammelle di S. Agata vendute dai monasteri, divorate dai festaioli! Mah!" Nella sala odorosa di vaniglia, di vino, di cipria. Don Fabrizio si aggirava alla ricerca di un posto. Da un tavolo Tancredi lo vide, batté la mano su una sedia per mostrargli che vi era da sedersi; accanto a lui Angelica cercava di vedere nel rovescio di un piatto d'argento se la pettinatura era a posto. Don Fabrizio scosse la těsta sorridendo per rifiutare. Continuö a cercare. Da un tavolo si udiva la voce sodisfatta di Pallavicino: "La piú alta emozione della mia vita..." Vicino a lui vi era un posto vuoto. Ma che gran seccatore! Non era meglio dopo tutto ascoltare la cordialitä forse voluta ma rinfrescante di Angelica, la lepidezza asciutta di Tancredi? No; meglio annoiarsi che annoiare gli altri. Chiese scusa, sedette vicino al colonnello che si alzů al suo giungere il che gli riconciliö un poco delle simpatie gattopardesche. Mentre degustava la raffinata mescolanza di bianco mangiare, pistac-chio e cannella racchiusa nei dolci che aveva scelti. Don Fabrizio conversava con Pallavicino e si accorgeva che questi, al di la delle frasi zuccherose riservate forse alle signore, era tutťaltro che un imbecille; era un "signore" anche lui e il fondamentale scetticismo della sua classe, soffocato abitual-mente dalle impetuose fiamme bersaglieresche del bavero, faceva di nuovo capolino adesso che si trovava in un ambiente eguale a quello suo natío, fuori dell'inevitabile retorica delle caserme e delle ammiratrici. "Adesso la Sinistra vuol mettermi in croce perché, in Agosto, ho ordinato ai miei ragazzi di far fuoco addosso al Generale. Ma mi dica Lei, principe, cosa potevo fare ďaltro 207 lili 0 < > E Ě_P m sviluppato - Dizionari.. c (?) Israele - Hamas in gi SIUSA I Archivi di per... fi archive.org https://www.vieusseu... [ílT| II gattopardo : Giusep... FF:IJ1B017 Seminar of.. 6 Hours Chopin for St... H>) con gli ordini scritti che avevo addosso? Debbo perö confes-sarlo: quando Ii ad Aspromonte mi son visto dinanzi quelle centinaia di scamiciati, con faccie di fanatici incurabili alcuni, altri con la grlnta dei rivoltosi di mestiere, sono stato felice che questi ordini fossero tamo aderenti a ciö che io stesso pensavo; se non avessi fatto sparare quella gente avrebbe fatto polpette dei miei soldáti e di me, e il guaio non sarebbe stato grande, ma avrebbe finito col provocare l'intervento francese e quello austriaco, un putiferio senza precedenti nel quäle sarebbe crollato questo Regno d'Italia che si ě formato per miracolo, vale a dire non si capisce come. E glie lo dico in confidenza: la mia brevissima sparatoria ha giovato soprattutto a Garibaldi, lo ha liberato da quella congrega che gli si era attaccata addosso, da tutti quegli individui tipo Zambianchi che si servivano di lui per chissä quali fini, forse generosi benché inetti, forse perö voluti dalle Tuilleries e da palazzo Farnese; tutti individui ben diversi da quelli che erano sbarcati con lui a Marsala, gente che credeva, i migliori fra essi, che si puö compiere l'Italia con una Serie di 'quarantottate.' Lui, il Generale, questo lo sa perché al momento dei mio famoso inginocchiamento mi ha stretto la mano e con un calore che non credo abituale verso chi, cinque minuti prima, vi ha fatto scaricare una pallottola nel piede; e sa cosa mi ha detto a bassa voce, lui che era la sola persona per bene che si trovasse da quella parte su quell'infausta montagna? 'Grazie, colonnel-lo.' Grazie di che, Le chiedo? di averlo reso zoppo per tutta la vita? no, evidentemente; ma di avergli fatto toccar con mano le smargiassate, le vigliaccherie, peggio forse, di questi suoi dubbi seguaci." "Ma voglia scusarmi, non crede Lei, colonnello, di avere un po' esagerato in baciamani, scappellate e complimenti?" "Sinceramente, no. Perché questi atti di omaggio erano genuini. Bisognava vederlo quel pověro grand'uomo steso per terra sotto un castagno, dolorante nel corpo e ancor piú indolenzito nello spirito. Una pena! Si rivelava chiaramente per ciö che ě sempře stato, un bambino, con barba e rughe, ma un ragazzo lo stesso, awentato e ingenuo. Era difficile resistere alla commozione per esser stati costretti a fargli 'bu-bu.' Perché cTaltronde avrei dovuto resistere? Io la mano la 208 bacio soltanto alle donne; anche allora, principe, ho baciato la mano alia salvezza del Regno, che ě anch'essa una signora cui noi militari dobbiamo rendere omaggio." Un cameriere passava: Don Fabrizio disse che gli portasse-ro una fetta di Mont-Blanc e un bicchiere di champagne. "E Lei, colonnello, non prende niente?" "Niente da mangiare, grazie. Forse anch'io una coppa di champagne." Poi prosegui; si vedeva che non poteva staccarsi da quel ricordo che, fatto. come era di poche schioppettate e di molta destrezza, era proprio del tipo che affascinava i suoi simili. "Gli uomini del Generale, mentre i miei bersaglieri Ii disarmavano, inveivano e bestemmiavano. E sa contro chi? contro lui, che era stato il solo a pagare di persona. Una schifezza, ma naturale: vedevano sfuggirsi dalle mani quella personalita infantile ma grande che era la sola a poter coprire le oscure mene di tanti fra essi. E quand'anche le mie cortesie fossero state superflue sarei lieto lo stesso di averle fatte: qui da noi, in Italia non si esagera mai in fatto di sentimentalismi e sbaciucchiamenti; sono gli argomenti politici piú efficaci che abbiamo." Bewe il vino che gli avevano portato, ma ciö sembrö aumentare ancora la sua amarezza. "Lei non ě stato sul conti-nente dopo la fondazione del Regno? Fortunate lei. Non ě un bello spettacolo. Mai siamo stati tanto d i visi come da quando siamo uniti. Torino non vuol cessare di essere capitale, Milano trova la nostra amministrazione inferiore a quella austriaca, Firenze ha paura che le portino via le opere d'arte, Napoli piange per le industrie che perde, e qui, in Sicilia sta covando qualche grosso, irrazionale guaio... Per il momento, per merito anche del vostro umile servo, delle camicie rosse non si parla piú, ma se ne riparlerä. Quando saranno scomparse queste ne verranno altre di diverso colore: e poi di nuovo rosse. E come anďrá a fímre? lo Stellone, si dice7Sará. Ma Lei sa meglio di me, prmcipe, che anche le stelle tisse veramente fisse non sono.""Forse un po brillo, protetava. Don Fabrizio dinanzi alle prospettive ínquietanti sentiva stringersi il cuore. II ballo continuů a lungo e si fecero le sei del mattino: tutti erano shniti e avrebbero voluto essere a letto da almeno tre 209 lili 0 < > Ě_P m sviluppato - Dizionari.. c (?) Israele - Hamas in gi SIUSA I Archivi di per... fi archive.org https://www.vieu.sseu... _O) C [ítľ| II gattopardo : Giusep... FF:IJ1B017 Seminar of.. 6 Hours Chopin for St... H>) oře: ma andár via presto era come proclamare che la festa non era riuscita e offendere i paďroni di casa che, poveretti, si erano data tanta pena. I volti delk signore erano lividi, gli abiti sgualciti, gli aliti pesanti. "Maria! che stanchezza! Maria! che sonno!" AI disopra delle loro cravatte in disordine le facce degli uomini erano gialle e rugose, le bocche intrise di saliva amara. Le loro visitě a una cameretta trascurata, a livello della loggia delTorchestra, si facevano piú frequenti: in essa era disposta in belTordine una ventina di vasti pitali, a quellora quasi tutti colmi, alcuni sciabordanti per terra. Sentendo che il ballo stava per finire i servitori assonnati non cambiavano piú le candele dei lampadari: i mozziconi corti spandevano nei saloni una luce diversa, fumosa, di mal augurio. Nella sala del buffet, vuota, vi erano soltanto piatti smantellati, bicchieri con un dito di vino che i camerieri bevevano in fretta guardandosi attorno. La luce delTalba si insinuava dai giunti delle imposte, plebea. La riunione andava sgretolandosi e attorno a donna Mar-gherita vi era giá un gruppo di gente che si congedava. "Bellissimo! un sogno! alTantica!" Tancredi dovette faticare per svegliare don Calogero che con la těsta alTindietro si era addormentato su una poltrona appartata; i calzoni gli erano risaliti sino al ginocchio e al disopra delle calze di seta si vedevano le estremitá delle sue mutande, dawero molto paesa-ne. II colonnello Pallavicino aveva le occhiaie anche lui; dichiarava pero, a chi volesse sentirlo, che non sarebbe andato a casa e che sarebbe passato direttamente da palazzo Ponteleo-ne alla piazza ďarmi; cosi infatti voleva la ferrea tradizione seguita dai militari invitati a un ballo. Quando la famiglia si fu messa in carrozza (la guazza aveva reso umidi i cuscini) Don Fabrizio disse che sarebbe tornato a casa a piedi; un po' di fresco gli avrebbe fatto bene, aveva un'ombra di mal di capo. La veritá era che voleva attingere un po' di conforto guardando le Stelle. Ve n'era ancora qualcuna proprio su, allo zenith. Come sempře il vederle lo rianimó; erano lontane, onnipotenti e nello stesso tempo tamo docili ai suoi calcoli; proprio il contrario degli uomini, troppo vicini sempře," deboli e pur tanto riottosi. 210 Nelle stradě vi era di giá un po' di movimento: qualche carro con cumuli ďimmondizia alti quattro volte 1'asinello grigio che li trascinava. Un lungo barroccio scoperto portava accatastati i buoi uccisi poco prima al macello, giá fatti a quarti e che esibivano i loro meccanismi piú intimi con 1'impudicizia della morte. A intervalli una qualche goccia rossa e densa cadeva sul selciato. Da una viuzza traversa intravide la parte orientale del cielo, al disopra del mare. Venere stava lí, awolta nel suo turbante di vapori autunnali. Essa era sempře fedele, aspettava sempře Don Fabrizio alle sue uscite mattutine, a Donnafugata prima della caccia, adesso dopo il ballo. Don Fabrizio sospirô. Quando si sarebbe decisa a dargli un appuntamento meno efíimero, lontano dai torsoli e dal sangue, nella propria regione di perenne certezza?