Césare Pavese Dialoghi con Leucö Introduzione di Sergio Givone EINAUDI TASCABILI Schiumad ondá Di Britomarti, ninfa cretese e minoica, ci parla Calliiru,, Che Saffo fosse lesbica di Lesbo é un fatto spiacevóle, ma not riteniamo piú triste il suo scontento della vita, per cui s'indusse a buttarsi in mare, nel mare di Grecia. Questo mare e pieno d'i sole e sulla piú Orientale di tutte, Cipro, scese Afrodite nata dal le onde. Mare che vide molti amori e grosse sventure. £ neces sario fare i nomi di Ariadne, Fedra, Andromaca, Elle, Scilla, Io Cassandra, Medea? Tutte lo traversarono, e piú d'una ci rimase Vien da pensare che sia tutto intriso di sperma e di lacrime. (Parlano Saffo e Brttomarti). saffo E monotono qui, Britomarti. II mare é monotono. Tu che sei qui da tanto tempo, non ťannoi? britomarti Preferivi quand'eri mortale, lo so. Diventa- re un po' d'onda che schiuma, non vi basta. Eppure cer- cate Ta morte, questa morte. Tu perché l'hai cercata? saffo Non sapevo che fosse cosí. Credevo che tutto fi- nisse con ľultimo salto. Che il desiderio, l'inquietudine, il tumulto sarebbero spenti. II mare inghiotte, il mare annienta, mi dicevo. ľ britomarti Tutto muore nel mare, e rivive.NOra Io sai. saffo E tu perché hai cercato il mare, Britomarti - tu che eri ninfa? britomarti Non ľho cercato, il mare. Io vivevo sui monti. E fuggivo sotto la luna, inseguita da non so che mortale. Tu, Saffo, non conosci i nostri boschi, altissimi, a strapiombo sul mare. Spiccai il salto, per salvarmi. saffo E perché poi, salvarti? britomarti Per sfuggirgli, per essere io. Perché dovevo, Saffo. '- \A/\s^ ris*j saffo Dovevi? Tanto ti dispiaceva quel mortale? britomarti Non so, non ľavevo veduto. Sapevo soltan- to che dovevo fuggire. saffo £ possibile questo? Lasciare i giorni, la monta- Rna, i prati - lasciar la terra e diventare schiuma d'onda - tutto perché dovevi? Dovevi che cosa? Non ne sentivi desideri, non eri fatta anchc di questo? britomarti Non ti capisco, Saffo bclla. I dcsiden c m Hu'«udinc ti ban fatta cht sei; poi ti lagni che ancn .o Sla fuggita. 'AFpo Tunön eri mortale c sapevi che a nientc sisfuggc. hri]omaŕti Tfon no fugglto I desidrn. T.alfo. ^fT^T :j-ro ce ľho. Prima ero ninfa delle rupü w^del ma-W> dcsidc re- Sianio fatte di questo. La nostra vita c tri>n 48 DIALOGHICON co, polla d'acqua, schiuma d'onda. Noi o l- ^ are Je cose, non fuggiamo. Mutiamo n, atI1o, a u awHu«, »...i.uiiia u uncia. iNloi giochiam0 cose, non fuggiamo. Mutiamo. Questo \ \\ asfia •io e il destino. Nostro solo terrore e che un"0^0 ci possegga, ci fermi. Allora si che sarebbe Ia fine. ?^ nosci Calipso? saffo Ne ho sentito. BRiTOMARTi Calipso si e fatta fermare da un uomo. Er,--nulla le b valso. Per anni e per anni non usci piü $ sua grotta. Vennero tutte, Leucotea, Callianira, C\mo doce, Oritia, venne Anfitrfte, e le parlarono, la presero con se, la salvarono. Ma ci vollero anni, e che quell'uo-mo se ne andasse. saffo Io capisco Calipso. Ma non capisco che vi abbia ascoltate. Che cos'e un desiderio che cede? BRiTOMARTi Oh Saffo, onda mortale, non saprai mai cos'e sorridere? saffo Lo sapevo da viva. E ho cercato la morte. BRiTOMARTi Oh Saffo, non e questo il sorridere. Sorridere e vivere come un'onda o una foglia, accettando la sor te. £ morire a una forma e rinascere a un'altra. £ accetta re, accettare, se Stesse e il destino. saffo Tu l'hai dunque accettato? BRiTOMARTi Sono fuggita, Saffo. Per noialtre e piü fa-cile. saffo Anch'io, Britomarti, nei giorni, sapevo fuggire. E la mia fuga era guardare nelle cose e nel tumulto, e rar-ne un canto, una parola. Ma il destino e ben al'tro. britomaTTTT Saffo, perche? II destino e gioia, e quando tu cantavi il canto eri felice. saffo Non sono mai stata felice, Britomarti. Ii desiderio non e canto. II desiderio schianta e brucia, come il serpe. come il vento. britomarti Non hai mai conosciuto donne mortali che vivessero in pace nel desiderio e nel tumulto ? tf saffo Nessuna... forse sf... Non le mortali come S**°-lu eri ancora la ninfa dei monti, io non ero ancor oaw-Una donna varcö questo mare, una mortale, che v** empr nel tumultQ _ ^ fa ^ donna che uCc essa F SSC' 3CCeCÖ' COme una dea " semPre UgU3u «f non 0^"' n°n ebbe da s^ridere neppure. Era beH - moriva e comoai che il suo no°nmbfattevano e morivano chiedendo *o[ n°me fo«e un istante unito al low, *** ' schiuma d'onda 49 nome alla vita e alla morte di tutti. E sorridevano per lei... Tu la conosci - Elena Tindaride, la figlia di Leda. britomarti E costei fu felice? saffo Non fuggf, questo e certo. Bastava a se stessa. Non si chiese quäle fosse il suo destino. Chi volle, e fu forte abbastanza, la prese con se. Seguf a dieci anni un eioe, la ritolsero a lui, la sposarono a un altro, anche questo la perse, se la contesero oltremare in molti, la riprese il se-condo, visse in pace con lui, fu sepolta, e nell'Ade conob-be altri ancora. Non menti con nessuno, non sorrise a nessuno. Forse fu felice. britomarti E tu in vidi costei? saffo Non invidio nessuno. Io ho voluto morire. Essere un'altra non mi basta. Se non posso esser Saffo, preferi-sco esser nulla. britomarti Dunque accetti il destino? saffo Non l'accetto. Lo sono. Nessuno l'accetta. britomarti Tranne noi che sappiamo sorridere. saffo Bella forza. £ nel vostro destino. Ma che cosa si-gnifica? britomarti Significa accettarsi e accettare. saffo E che cosa vuol dire? Si puö accettare che una forza ti rapisca e tu diventi desiderio, desiderio tremante che si dibatte intorno a un corpo, di compagno o compa-gna, come Ia, schiuma tra gli scogli? E questo corpo ti re-spinge e t'infrange, e tu ricadi, e vorresti abbracciare lo scoglio, accettarlo. Altre volte sei scoglio tu stessa, e la schiuma - il tumulto - si dibatte ai tuoi piedi. Nessuno ha mai pace. Si puö accettare tutto questo? britomarti Bisogna accettarlo. Hai voluto sfuggire, e sei schiuma anche tu. saffo Ma tu lo senti questo tedio, quest'inquietudine Marina? Qui tutto macera e ribolle senza posa. Anche ciö che b morto si dibatte inquieto. britomarti Dovresti conoscerlo il mare. Anche tu sei da un'isola... saffo Oh Britomarti, fin da bimba mi atterriva. Questa yita incessante e monotona e triste. Non cb parola che ne dica il tedio. britomarti Un tempo, nella mia isola, vedevo arrivare e Partire i mortali. C'erano donne come te, donne d'amo-re, Saffo. Non mi parvero mai tristi ne stanche. Lo so, Britomarti, lo so. Ma le hai seguite sul loro saffo dialoghi Com cammino? Ci fu quella che in terra stranieta tC. ' con Ie sue mani alia trave di casa^E quella che si^ la mattina sopra uno scoglio abbandonata. E J% tre tante altre, da tutte Ie isole, da tutte le terre d * scesero in mare e chi fu serva, chi straziata, chi^ suoi figli, chi stento giorno e notte, chi non toccfcS terraferma e divenne una cosa, una belva del mare K britomarti Ma la Tindaride, tu hai detto, usci illesa saffo Seminando l'incendio e la strage. Non sorri*. nessuno. Non menti con nessuno. Ah, fu degna dd J re. Britomarti, ricorda chi nacque quaggiu... britomarti Chi vuoi dire? saffo C e ancora un'isola che non hai visto. Quandosot '°t ge il mattino, e la prima ncl sole... britomarti Oh Saffo. saffo La balzo dalla schiuma quella che non ha nome l'inquieta angosciosa, che sorride da sola. britomarti Ma lei non soffre. £ una gran dea. saffo E tutto quello che si macera e dibatte nel mare.e sua sostanza e suo respiro. Tu Thai veduta, Britomarti? britomarti Oh Saffo, non dirlo. Sono soltanto una pic-cola ninfa. saffo Tu vedi, dunque... britomarti Davanti a lei, tutte fuggiamo. Non parlar ne, bambina. . ael simbolo e ďaltro • in mezzo a colline, fatta di prati e alberi a Unä Pl cessive e attraversate da larghe radure, nella mat-qUin!li «ttembre, quando un po' di foschia le spicca da ter-tina' teressa per ľevidente carattere di luogo sacro che do-^eassumere in passato. Nelle radure, feste fiori sacrifici sull'orlo del mistero che accenna e minaccia di tra le ombre silvestri. La, sul confine tra cielo e tronco, poteva sbucare udíc Ora, carattere, non dico delia poesia, ma della fiaba miticaéla consacrazione delluo^hi unki, legáti a un fatto a unägésta a un eventoT A uíí ructgöftra tum, si dá un si-gnificato assoluto, isolandolo nel mondo. Cosí sono nati i santuari. Cosí a ciascuno i luoghi delľinfanzia ritomano alla memoriajjn essi accaddero cose che Ii han iatti unici e 11 trascelgono sul resto del mondo con questo suggello mitico. Ma il parallelo delľinfanzia chiarisce subito come il luogo mitico non sia tanto singolo, il santuario, quanto quello ai nome comune, universale, il prato, la selva, la grotta, la spiaggia la casa, che nella sua indeterminatezza evoca tutti lbN u tCC'y e tUtti 11 anima del suo brivido simbo-lasni a- nella memoria delľinfanzia il prato, la selva, HiaggU SOn° 0ggetti reali ira 1 tanti> ma bensi il Prato> nia auf13 c^me ci si rivelarono in assoluto e diedero for: fefrsl ^°stra lmmagine. (Che poi queste forme primor-ric°rdo vT äncora.arricc1lite dei sedimenti successivi del signifir« 3 -COme ricc^ezza poetica ed é altra cosa dal loro Queste rfoupiriifrj^,^ej *Uog°k Parte» del resto, di quella gene-^•civ'coV- -8CSttí C d^l'eventq, assoluti e quindi simbo-tuisce ľagire mitico. Una definizione non retc arquesT~-tt^- mitlco- Una deňnizione non reto- * ■ Petcio ° ^^BeTTare una cosa una volta per tutté~ r'eiilPiend0S1, riemP^e dPsigniHcati e sempŕlTšéTne andrä 5 ln grazia appunto alla sua fissitä non piú reali- 140 st ku. Nclla realiä ^^^^^ ; Nciia^rcn^,,,,,,,,,;;;^ IA i, Ac Oll in Ur 80 a in d*1*1 rrninazi«ni cuhurali c geograuche ..impu-sa um noc nm,co non Ö talc perch • h cl. cas, soprannaturah o fratturc dtlla no n V 1SH,»'n.U 7.1 suppongono, ncl credente, la consapcvoW, (,1Uc«« an malita, cio che nun i- gran che propij al concc! "na n°'-bensí perelu itinge un valore assolutodi "mic°); v^nertc'---^^ senz »iSscc di event;' afcbbt^umci^^acuitra- en/aUro rchguiso. La vita insostituibili che, appunto tutte e sovrastanti l£tenncnlen a piu> perché immobile, si rivda te interpret .mil, Devi guardarti dal confondere il mito con lc reci; liché che ne sono state řatte o se ne vanno facendo-precede, non č, lespressione che gli si dá; ncl suo cí puó ben parlare di un contenuto distinto dalla forma pure di una forma, anche sommaria, non possa mai fare meno); e prova ció il fatto che il vero mito non muta valr> re, lo si esprima a parole, a segni, o a mimica. II mito ě insomnia una norma, lo schema di un latto avvenuto una volta per tutte, e trae il mio valore da questa unicita. assolma chelo solleva fuori del tempo e lo consaera rivelazione. Per questo esso avviene sempře alle origini, come nell'in-_ tan/.ia: ě fuori del tempo^yn uomo apparso un giorno, chi sa quando, sulle tue collíhe, che avesse chiesto dei salici e intrecciato un cavagno e poi fosse sparito, sarebbe il ge-nuino e piú semplice eroe incivilitore. Mitica sarebbe questa rivelazione di un'arte, quando quel gesto fosse, benin-teso, di un'unicita assoluta, non avesse presente e non avesse passato, ma assurgesse a una sacrale eternitá che fosse paradigma a ogni intrecciatore di salici. E un'aia tra tutte, dov'egli si fosse seduto, sarebbe santuario; ma questa ap-pare giá una concezione posteriore, piú materialistica, nel senso di naturalistiea. Genuinamente jnitko t un evento the come fuori del tempo cosi si compie fuori dello spazio. L*ain del mlo croc deVessereTutfe lc aie: e su ognuna di esse il credente assiste al ricelebrarsi della rivelazione. L u-nicitá materiále del luogo (il santuario) c una concessione alla matter-of-factness del credente ma soprattutto alia sua fantasia sempře bisognosa di espressione corposa, sempře piú poetica che mitica. Del resto, dire per esempio Olim-po era dire, in un certo momento della preistoria greca, qualcosa come montagna, come tutte lc montagne. All" stesso modo the Ercole era ogni croc di villaggio chc tor-nasse dall'avventura, tiascun mito trovando la sua espres- dollo, e tutte le anto ne mboli- {ermo a que Ii qui un e sempre^simnun •^er^iesiö non ha mai un signifi^^ljujbm/arti - ma vive di una vita ineapsulata che, a seconda del terre-^rä^umore che l'avvolge, puö esplodere nelle piii di-ma"(7c" verse e rnoltcplici iioriture. Esso e un eyento unico, assolu- ' [0. un coficentrato di potenxa vitale da altre stere che non la nostra quotidiana, e come tale versa un'aura di miracolo in tutto ciö che lo presuppone e gli somiglia. Akra definizione non si puö dare del simbolo se non che anch'csso e un og-getto. una aualitä, un evento che un valore uniccyassnluto, - - ignla.in.me/vo alla real- ^^TTtä naturaiisiM-a-w—~ . i-innamo- l\J »--- alistiea e lsolaini boli, ut ratö ha avuto in dono dalla bella, e tale in ijua.... . si&io un valore assoluto che lo carica di significati moltepli-ci, e questi durano Nessun bambino ha coscienza di vivere in un mondo mi-tico. Ciö s'aecompagna all'altro noto fatto che nessun bambino sa nulla del «paradiso infantile» in cui a suo tempo l'uomo adulto s'accorgerä * esser vissuto. "JJJJJJj - —Uli di esser di meglio da l'uomo adulto s attÁ w. o soltanto i,nd famish M?1*' (Chc/.nf,, • ^ Mo. nelh s„, "f,,SU t,e" erá mat,.ií*?** ti *3 Poe* ■ 1 -Su . matura). Ma ---«utuü, solleva alia sua atme« !. che col tempo divicne nostra ioin^j^" nativa assoluta. Talc la mitopeia infantile, e in ošs""1^^ ferma che le cose si icoprono, si battezzano, soltanto atbi verso i ricordi che se ne hanno. Poiché, rigorosamente n*' esiste un «veder Ic cose la prima volta»: quella the tonta ě sempře una seconda. 11 ct dcll'intanzia ě in.somma un sollcvare ■ilia sféra di eventi unici e assoluti le successive j^H^^ lelle cose, per cui queste vivranno. nclla coscieaza-come ni normativi dcíl'imraagJniUuone-aíle«ÍYa. Cosi ognu-no dt not possiede una mitologia personale (fievole eco di quell'altra) che da valore, un valorc assoluto, al suo man do piú remoto, e gli riveste povere cose del passato con un ambiguo c scducente lucore dove pare, come in un simholo. riassumers! il senso di tutta la vita. A questo «temps re-trouve» non manca del mito genuino nemmeno la ripetibi-litä, la facoltä cioe di reincarnarsi in ripetizioni, che ap-paiöno e sono creazioni ex novo, cosi come la festa ricele: bra il mito e insieme lo instaura come se ogni volta Josse 11a prima. La poesia e altra cosa. In essa si sa d'inventare, ciö che non accade nel concepire mitico. La ragione perche la poesia puo nascere sempre e dovunque e invece ogni popolo nmsce per uscire dal suo stadio mitologico, e che per tra-del|mkreun ,,invenzione non basta volere. L'ingenuitä eua barbane per cui la fantasia e conoscenza oggettiva, oresm ' Una Volta vioIata. II miracolo dell'infanzia e L^o^15^^^-^^^^ del reale e perriiHe~iol- ^ntinuamenrT^01' f°rma dd nostro ^tasticiire' tTvita"7(r^-^^H-d_alla coscienza che ne prendiamo- !K4uIrh^^^le ai9gni^oTcome q^oelJaJeiJ^ Ma no"~sl^u^^Tp2d^idjwrea chiarezzä 1 suoJjDJ"-ultima perche inr0nCc In e,ssi "onlTa il foco vitale, la ratio 5ote"te che se neAC*? de,l* vita interiore. II tonico d' questo nome l^ka e sola ispirazione degna chtarezza, CIOedistrUgge0rlisf^ N assiduo per ridurfi a ltant° ciö che ne rimarrä do- 143 tAvlcNA , (e aualcosa non puó non rimaner sempre, 'lo i*it0 b inesauribile)' P0trá Valere COmC Sidi vit'1- - envrnte di rinverginarsi, ricorrendo al r«teQl* „„ cnventC Ol linvv.iř'"«'«i --------— fí ř^aSSeSS^eU'inftmzia e anche ai miti. Con-^lismo. all«-" f spirituali un alta tenstone £ di *ntirVVq f 'la c s'illude che per derivare que-S-k**** i' í™K.»ti un atto della volontá. Ri- sa ui — v3ýnativa che Je fa goia, e s ujmuv t, titensione nel suo campo basti un atto della volonta^Ri-caka Je iormc dcl mito c dcl simbolo, sperando che in esse torni a battere magicamente il cuore. Ma dimentica che es-ü sa d'inventare, c che il mito vive invece di fede. Neue formule prese a prestito dorme un assoluto che, sohanto se aecolto come rivela7.ione vitale prima che poeti-ca, puö ridestarsi. Tuttavia accade talvoha che intorno allo scheletro vecchio cresca e fiorisca una nuova carne che ě tutt'ahro da queUo che il creatore s'attendeva e sapeva. Non si parla qui della poesia, che ě sempre possibile, specie quando Ja si vuole, e in definitiva dipende sohanto dalla pa-zienza e dall'occhio netto. Ma di qucU'immagine o ispira-zione centrale, formalmente inconíondíbUe, cui la_faniasia d^jžičun creatore tende inconsciamente a tornare e che piú Jo scalda con la sua onnipiesenza misteriosa. Mitica ě Jjěs íTnimagíné in quanto ú creatore vi torna sempře come ť*qualcosa~di unico. che slmEölegpia tum Ja sua espefiěnza. ssa e il foco centrale non soltanto deJJa sua poesia ma di tta la sua vita. Uuanto piú essa ě capace^ejobus ta, tan to P'ú umpia e vitale ě la pňěsla che {)«• sporaä. Ma. inutile di-re, non appěna il creatore se n'ereso conto criticamente e continua a sfruttarla, la poesia si spegne. Quesťispirazione afíondakjadiánel p^W piú rsmo-ddtttTťfVÍČuló-írt^^ de,,aL,suf.s™- Pct5 delle cose. A volte, attraverso gli schem. ch egh s illude di riesumare, trapela in brevi immagini marginali qua-»-:.', envente s'incarna in situaziom assorbenti, '—..o