Ú MlolEbookReader Modifica a? & m w c > ; ^S" 4) 88% b' Q ABC esteso Mar 11:11 q. e ís • o • MlolEbookReader - Cruciverba O Q p 05 VILLA PALAGONIA «Salvatore Gravina e Cottone, principe di Palagonia, tien sua casena, ch'e una delle magnatizie della contrada detta della Bagaria. II fu principe di Palagonia, Ferdinando Francesco Gravina, cavaliere del Toson d'oro, ne fe' la fabbrica verso i primi del secolo XVIII; ed oggi essa ě molto in fama pel numero prodigioso di statue, che vi sorgono, non meno che pel superbo villeresco stradone, che vi conduce. Le statue, che son di marmi e pietre rustiche, formano tutte un ammasso di scon-nessioni e confusione, comeché fra loro diverse, e tutte raccolte da' ri-fiuti delle chiese e case cittadinesche. Lo stradone indi puó dirsi viale delle stravaganze e cianfrusaglie, perché le piramidi, ossian teatrini di simulacri, che vengono in due file a formarlo, non rappresentano altro che personaggi buff oni, pigmei, mostri ed animali di novella invenzione. Per volere del fu principe di Palagonia, Ferdinando giuniore Gravina ed Agliata, nipote del sullodato fondatore, vennero aggiunte le dette opere, ossiano aborti di bizzarra e folle fantasia; e spese appunto detto signore per tale impresa presso a centomila scudi, giacché non si saziava mai di acquistare e far lavorare di si stravaganti ed orride figure. Fu egli inva-so cotanto da questa frenesia, secondo il suo pensare, che arrivó a dire di avere avuto egli al mondo l'abilita di dar supplimento alia creazione degli animali, lasciata imperfetta da Domineddio. Non pertanto bisogna confessare che il primo aspetto del tutto di questa villa, che spira in vero magnificenza, non lascia di sorprendere chicchessia. Ma poscia, a voler quietamente osservarla di parte in parte, giunge essa a sconcerta-re i piü sani cervelli. II tutto in sostanza e sogno di un febbricitante; il tutto e favola, e il tutto oggetto di sganasciar dalle risa. Quid rides? De te fabula narratur. In tutto perö per tai malori ha bisogno di medico la magnificenza». Cosi il marchese di Villabianca. E bisogna dire che tra tutti i contem-poranei di don Ferdinando Gravina giuniore, tra tutti coloro che videro la villa Palagonia nel punto piü alto della sua realizzazione (poiche la realizzazione di una simile opera poteva soltanto fermarsi con la morte di colui che l'aveva concepita, e mai dunque avrebbe trovato un compi-mento, una conclusione); tra tutti il marchese di Villabianca e il piü intelligente. La stessa ottava che Giovanni Meli dedicö alla villa, la cui eco sembra si rifletta nella pagina del marchese, e piuttosto generica: Giovi guardau da la sua reggia immenza La bella villa di la Bagaria, Unni l'arti mpetrisci eterna e addenza Laborti di bizzarra fantasia. Viju, dissi, la mia nzufficienza, Mostri n'escogitai quantu putia, Ma duvi terminau la mia putenza, Dda stissu incuminciau Palagunia.1 piú informazioni < > • MIolEbookReader Modifica & i g <§• W ^ $ ^ * 87% B' Q ABC esteso Mar 11:13 Q. © ;s • o • MIolEbookReader - Cruciverba o p OS Dove le parole di Giove sono, secondo la testimonianza del marchese, quelle che don Ferdinando arrivava a dire; ne si puo far gran conto del-l'aggettivo «bella», indubbiamente pronunciato senza consapevolezza, per cosi dire, estetica, ma come per complimento, convenzionalmente (e del resto Meli lascera inedito un suo piu sentito apprezzamento sul principe di Palagonia, immaginando Dio che si vede comparire davanti l'anima del principe, e non sa che farsene, e se la sbatte «in quella parte ove non e che luca») . II brivido d'inquietudine, l'incrinatura di spavento che il Villabianca sente di fronte ai mostri, Brydone e Bartels, Arnolfini e Swinburne e Houel non l'awertirono nemmeno. E non parliamo di Goethe, che piu di ogni altro poteva e meno di ogni altro doveva sentirlo. Vero e che con-traddicendo alia premessa («Abbiamo sciupata tutta la giornata d'oggi dietro alle pazzie del principe di Palagonia ... Infatti, con tutto l'amore per la verita, colui che voglia render conto dell'assurdo, si trova in gran-de imbarazzo: solo a volerne dare un'idea, vi annette troppa importan-za; mentre in fondo non si tratta che di un nulla, che pretende di essere qualche cosa») egli si dilunga per cinque o sei pagine a descrivere la villa; ma con un distacco e un disprezzo mai minimamente toccati dall'inquietudine. Colpisce, nella pagina del Villabianca, quel finale movimento mimico, teatrale, che poi troveremo nell'Jspettore di Gogol', per cui dal riso, che nasce dall'orrore oggettivato in forme di reperto clinico che assumono ritmo decorativo, bruscamente si passa alia soggettivita, all'mtrospezio-ne, all'esame di coscienza. «Di che ridete? Di voi stessi ridete», dice Gogol' agli spettatori che stanno ridendo della sorte di quei notabili che erano riusciti a corrompere il falso ispettore e apprendono che e appe-na arrivato quello vero. «Di che ridi? - dice il marchese a se stesso, a Goethe, a noi. - Questi mostri raccontano la tua favola». Ma noi non saremmo piu capaci di ridere di fronte ai mostri di Palagonia. Abbiamo bevuto in ben altre cantine, direbbe Cardarelli. Con ben altri mostri l'uomo ha completato il mondo o lo ha negato. Quelli di Palagonia altro non sono che un anello della catena, nell'ordme di una creazione che si svolge e si evolve nell'umanita, nella storia: atrocemente. Ma da quale stato d'animo, da quale coscienza, esperienza e cultura sorse questa specie di campo di annientamento in cui don Ferdinando Francesco Gravina eleggeva di passare i suoi anni dal 1747 al 1789, i piii luminosi del secolo, gli anni della maturita di Voltaire e Diderot, dell'Enciclopedia, quelli di cui Talleyrand dira che mai sapranno cosa sia la gioia di vivere colore che non li vissero? Come mai mentre il mondo si votava alia grazia il principe di Palagonia si votava all'orrore? Era una premonizione, una penitenza, una perversione? Quella lettera che Voltaire mandava a Rousseau nell'estate del 1775, per ringraziarlo (ma c'e modo e modo: e quello di Voltaire era il piu giu-sto) del Discorso sull'origine dell'ineguaglianza tra gli uomini che gli aveva mandato, sembra trovare una rifrazione nel mondo di Palagonia: «Mai e stato impiegato tanto ingegno nel tentativo di renderci bestie; vien voglia di camminare a quattro zampe, quando si legge la vostra opera. Tuttavia, poiche e da piu di sessant'anni che ne ho perso l'abitu-dine, sento purtroppo che mi e impossibile riprenderla e lascio questo naturale modo di camminare a colore che ne sono piu degni di voi e di piii informazioni < > É Safari File Modifica Vista Cronologia Segnalibri Finestra Aiuto g SS W t ^ 4> 86% B' Q ABC esteso Vlar 11:14 P © ~ MIolEbookReader - Cruciverba O ^ Q p DP me. Non posso nemmeno imbarcarmi per andare a vivere tra i selvaggi del Canada...». Non sapeva che giä il principe di Palagonia aveva ridotto a quattro zampe l'aristocrazia del regno di Sicilia, dentro un'arca, un vascello fantasma, un San Dominique selvaggio di cui era, come Benito Cereno, comandante e prigioniero. E appunto come Benito Cereno, «patetica e conventuale figura» dice Pavese, «eroe accidioso del tedio», sta il principe tra i mostri, la sua sta-tua tra le statue dei mostri: vicino alia chiesa, ma certo non per impe-dirne la profanazione, per assistervi forse come un padrone di casa che lascia gli ospiti dilagare in ogni recesso e liberamente trascorrere dalla festa all'orgia: indifferente e abulico nell'apparenza, e forse nella co-scienza: ma nei suoi istinti divertito e appagato. E l'immagine che ne colse Goethe, tre giorni dopo aver visitato la villa, sembra corrisponde-re, anche per il fortuito simbolo del sudiciume su cui il principe cammi-na, a quella della statua: «Un signore magro allampanato, in abito da cerimonia, che procedeva disinvolto e corretto sopra il sudiciume nel bel mezzo della via. Era un vegliardo solenne e grave, tutto azzimato e incipriato, col cappello sotto il braccio, con lo spadino al fianco, ed una elegante calzatura con fibbie adorne di pietre preziose. Tutti gli occhi erano rivolti su di lui». Piů vecchio, certo, di quando si era fatto effigia-re in statua, piů magro e addirittura allampanato (nella magrezza gli occhi che aveva grandi saranno diventati spersi): ma indifferente agli sguardi che lo seguivano, come in statua tra le statue dei mostri, indifferente all'opera di bene che stava facendo con quella sua camminata per via Maqueda. «Ě il principe di Palagonia, - mi disse il mercante, -che di tanto in tanto va in giro per la cittä e fa una colletta per riscatta- re gli schiavi prigionieri in Barberia». «Avrebbe fatto meglio, - io repli-cai, - a impiegare le enormi somme che ha prodigate per le pazzie della sua villa!». Ma il mio mercante: «Cosa vuole, siamo tutti cosi; le nostre pazzie non ci par vero di pagarcele noi; quanto alle nostre virtu, ci piace farle pagare agli altri». Quanto alle pazzie, se le pagö da sé, spendendo circa centomila scudi (quattrocentosessantamila lire tornesi, valutava Brydone: «avrebbe potuto provare la sua follia piü a buon mercato») e dissestando cosi un patrimonio tra i piü cospicui della Sicilia. Nella valutazione della spesa, i viaggiatori della seconda metá del Set-tecento includevano probabilmente la fabbrica, ehe risaliva pero a don Ferdinando Francesco Gravina seniore e ai primi anni del secolo deci-mottavo. Ma giä nelľimpianto della fabbrica, dice Gioacchino Lanza Tomáši, «covavano anomálie psicologiche», «venature sinistre»: e Ferdinando Francesco giuniore non fara ehe popolare spazi giä predisposti alia follia. «La grazia settecentesca delle movenze curvilinee vi si carica di ten-sione e le figure grottesche e ľarredamento sadico voluto dal principe Ferdinando giuniore non sono in contrasto con il piano architettonico di Tommaso Maria Napoli, anch'esso critico verso le regole correnti, con soluzioni tanto personali nei rapporti tra casino padronale e dipendenze servili, da dover risultare bizzarramente egocentriche anche sul piano umano». «La villa Palagonia, quanto a esclusione dalla nátura, appartie-ne ancora al gruppo delle prime ville-palazzo di Bagheria; nessuno dei due prospetti si affaccia sullo spazio libero del giardino. Anche il pro- piů informazioni < > m • MlolEbookReader Modifica 5? m m w c > ; ^S" ^) 86% IS Q ABC esteso Mar 11:16 Q. © ;s • o • MlolEbookReader - Cruciverba O Q p OS spetto posteriore da su un'ampia corte, recintata da corpi bassi, che con ogni probabilita era il solo spazio destinato alia flora. Da questa facciata posteriore, di forma convessa, promana una dilatazione dei volumi verso lo spazio antistante, che la corte allungata accoglie, attutisce e infine respinge. E per quanto il moto curvilineo dell'ambiente contempli gli at-tributi ornamentali della grazia rococo, si resta investiti da una forza arcana che circola nella planimetria, cioě nei rapporti del prospetto ri-spetto ai suoi corpi bassi. Allora si pensa che la decorazione faccia parte di un progetto organico e tutte le strutture dell'edificio, comuni all'e-dilizia suburbana del tempo, acquistano un sapore particolare, come se fossero state ideate appositamente per questa villa. La decorazione bi-cromatica, la trasandatezza dell'esecuzione e pure lo stato d'abbandono ed il deperimento (che owiamente non sono intenzionali) s'adattano al quadro psicologico dei Palagonia, alia mania mostruosamente creatrice del principe Ferdinando. Ed in quanto posta in opera con materiali, arti-giani, dialettalitä di ornati ed esecuzione assolutamente locali, questa mania nella villa Palagonia risulta scritta inconfondibilmente nella lingua architettonica e sociale dell'isola, e puö sembrare rivelatrice di uno stato di geniale e recondita inquietudine nella Palermo settecentesca, che la villa dei mostri ci accenna senza risolverne l'enigma». E a parte il punto che da per non intenzionale lo stato d'abbandono e di deperimento, che a noi pare invece originariamente intrinseco, giä sufficientemente espresso ai tempi del giuniore e con effetti opportuna-mente registrati da Goethe («come in un camposanto abbandonato»), l'analisi ě senz'altro esatta: villa Palagonia s'appartiene a una societa, una cultura, un modo di essere tipicamente siciliani; ad una progressio- ne della follia siciliana che in don Ferdinando giuniore ascende al grado piü libero e assoluto. Giä erano una follia le ville, al cui sorgere presie-deva una specie di risveglio dell'antica anarchia baronale introvertita e incupita nella paranoia, un tetro gusto di rivolta e di competizione, una decisione di rinuncia e di autodisgregazione. Le ville di Bagheria sorse-ro infatti dopo il 1658, anno in cui don Giuseppe Branciforti edificö la sua e nell'apparenza di un magnifico disdegno, ma in effetti nella vergo-gna di un tradimento consumato e subito, vi si ritirö. «O corte a Dio», ancora si legge sull'arco dell'ingresso; e due altre lapidi dicono in spa-gnolo e in italiano, e in versi, la sua pena e il suo desiderio di morte: Ya la esperanza es perdida Y un solo bien me consuela Que el tiempo que pasa y buela Llevarä presto la vida.2 Al mio re nel servir qual'aspre e dure Fatiche non durai costante e forte? E sempre immerso in importanti eure Delle stelle soffrii la varia sorte; Fra le Campagne alfin, solinghe e scure Sovente miro la mia propria morte Mentre vedovo genitor per fato rio Qui intanto piango e dico: O corte a dio. II bilinguismo alquanto improbabile dei Branciforti aveva una ragion d'essere precisa: le sue pene e i suoi disdegni, la sua vergogna, nasce-vano dal fatto che, implicati in una congiura da cui si illudevano doves- piii informazioni < > Ú MlolEbookReader Modifica S? i g <ŠS M ^ > > <3> 4> 85% S Q ABC esteso Mar 11:18 Q. O ;s • o • MlolEbookReader - Cruciverba O ■ p 05 se uscire re di Sicília uno delia famiglia, i Branciforti si accorsero ad un certo punto ehe invece piú numeri al trono aveva il duca di Montalto; svelarono allora al viceré, ehe era don Giovanni d'Austria, la trama, guadagnandosi ľimpunitä ma non certo il favore degli spagnoli. Sei per-sone, tra i congiurati, ci rimisero la testa; e tra queste il conte di Racal-muto, loro parente: e forse il fatto di non aver potuto salvarlo era il punto delia cocente sconfitta. Comunque, le campagne di Bagheria non durarono a lungo «solinghe e scure», altre grandi famiglie seguirono ľesempio: e giä sorgevano una ventina di ville quando il principe di Palagonia diede mano alla sua. La Sicilia era in quegli anni «ricercata» nei prodigi, nei mostri. A leg-gere lettere, comunicazioni aceademiche e diári delľepoca, bambini, ca-pre e cani bicipiti non si contano. Ľesistenza dei ciclopi veniva certifica-ta da un prete di Scordia. Ľassunzione al cielo di un cane, awitato den-tro un fierissimo turbine, dalľarciprete di Favara. «Oh il bel mostro umano, ehe mi é toccato a vedere in questi giorni passati!», serive don Jacopo Gambacorta nel gennaio 1756. E il principe di Biscari, deseriven-do il suo museo, con particolare compiacenza indugia sulla sezione mostri. E non parliamo poi delle mostruositä ehe sono effetti di premi o pu-nizioni o awertimenti celesti. Un libro del canonico Mongitore, Delia Sicilia ricercata nelle cose piú memorabili, una specie di dizionario «che contiene quanto si é osserva-to di raro ne' viventi razionali, negli animali e nel cielo siciliano» faceva Itesto. Tra il dizionario di Bayle e quello di Voltaire, nel sonno delia ra-gione, la Sicilia produceva il suo: di mostri, di superstizioni, di mistiche depravazioni, di mondo alla rovescia. Per aver detto ehe una madonna che stava dipingendo «allora comincera a fare miracoli quando comin-ceranno a nascere le corna su la mia testa», il pittore Niccoló Buttafuo-co si porto per tutta la vita due corna somiglianti a zampe di gallina. La venerabile suor Maria Crocifissa (la Beata Corbera del Gattopardo) esa-lava dal petto, dove portava scolpiti, in color fosco e oro, croce e cuore, soavissimo odore; e suor Maria Seppellita, madre di lei, «con lamina in-fuocata, in cui era intagliato a rilievo il nome SS. di Gesu, applicata al petto sulla parte del cuore, impresse nella came quel SS. nome, e le re-stó l'impronta in tutta la vita; né di ció pienamente appagato il suo af-fetto, con un coltellino intaglio a lettere ben grandi le parole: Mariae sum, noli me tangere-. il che non fu senza straordinario dolore». Una mammella di sant'Agata, inawedutamente caduta durante la traslazio-ne, fu raccolta da una fanciulla che avidamente prese a succiarne netta-re di paradise Né con le mammelle il canonico si ferma a sant'Agata: «Ci somministrano le mammelle, - dice, - materia di scrivere delle cose memorabili della Sicilia»; e a questo punto la prosa del qualificatore del Sant'Uffizio sconfina nelle pagine della Mythologie du sein se non addi-rittura nelle immagini di «Playboy». E potremmo continuare, col «soprannaturale tetro» del Mongitore e della cultura siciliana del tempo: che era poi la folle dimensione che le «naturali esperienze» trovavano in Sicilia. Non a caso quella cultura, cosi intenta ai mostri e ai prodigi, strenuamente propugnava il privile-gio feudale: quasi che alla somma di eccezionalitá riscontrate «ne' viventi razionali, negli animali e nel cielo siciliano» dovesse corrisponde-re l'inamovibile eccezionalitá del privilegio di classe. E da queste sugge- I piú informazioni < > Ú MlolEbookReader Modifica S? i g <ŠS M ^ > > <3> 4> 84% (■]' Q ABC esteso Mar 11:19 Q. O ;s • o • MlolEbookReader - Cruciverba O ■ p 05 se uscire re di Sicília uno delia famiglia, i Branciforti si accorsero ad un certo punto ehe invece piú numeri al trono aveva il duca di Montalto; svelarono allora al viceré, ehe era don Giovanni d'Austria, la trama, guadagnandosi ľimpunitä ma non certo il favore degli spagnoli. Sei per-sone, tra i congiurati, ci rimisero la testa; e tra queste il conte di Racal-muto, loro parente: e forse il fatto di non aver potuto salvarlo era il punto delia cocente sconfitta. Comunque, le campagne di Bagheria non durarono a lungo «solinghe e scure», altre grandi famiglie seguirono ľesempio: e giä sorgevano una ventina di ville quando il principe di Palagonia diede mano alla sua. La Sicilia era in quegli anni «ricercata» nei prodigi, nei mostri. A leg-gere lettere, comunicazioni aceademiche e diári delľepoca, bambini, ca-pre e cani bicipiti non si contano. Ľesistenza dei ciclopi veniva certifica-ta da un prete di Scordia. Ľassunzione al cielo di un cane, awitato den-tro un fierissimo turbine, dalľarciprete di Favara. «Oh il bel mostro umano, ehe mi é toccato a vedere in questi giorni passati!», serive don Jacopo Gambacorta nel gennaio 1756. E il principe di Biscari, deseriven-do il suo museo, con particolare compiacenza indugia sulla sezione mostri. E non parliamo poi delle mostruositä ehe sono effetti di premi o pu-nizioni o awertimenti celesti. Un libro del canonico Mongitore, Delia Sicilia ricercata nelle cose piú memorabili, una specie di dizionario «che contiene quanto si é osserva-to di raro ne' viventi razionali, negli animali e nel cielo siciliano» faceva testo. Tra il dizionario di Bayle e quello di Voltaire, nel sonno delia ra-gione, la Sicilia produceva il suo: di mostri, di superstizioni, di mistiche depravazioni, di mondo alla rovescia. Per aver detto ehe una madonna che stava dipingendo «allora comincera a fare miracoli quando comin-ceranno a nascere le corna su la mia testa», il pittore Niccoló Buttafuo-co si porto per tutta la vita due corna somiglianti a zampe di gallina. La venerabile suor Maria Crocifissa (la Beata Corbera del Gattopardo) esa-lava dal petto, dove portava scolpiti, in color fosco e oro, croce e cuore, soavissimo odore; e suor Maria Seppellita, madre di lei, «con lamina in-fuocata, in cui era intagliato a rilievo il nome SS. di Gesu, applicata al petto sulla parte del cuore, impresse nella came quel SS. nome, e le re-stó l'impronta in tutta la vita; né di ció pienamente appagato il suo af-fetto, con un coltellino intaglio a lettere ben grandi le parole: Mariae sum, noli me tangere-. il che non fu senza straordinario dolore». Una mammella di sant'Agata, inawedutamente caduta durante la traslazio-ne, fu raccolta da una fanciulla che avidamente prese a succiarne netta-re di paradise Né con le mammelle il canonico si ferma a sant'Agata: «Ci somministrano le mammelle, - dice, - materia di scrivere delle cose memorabili della Sicilia»; e a questo punto la prosa del qualificatore del Sant'Uffizio sconfina nelle pagine della Mythologie du sein se non addi-rittura nelle immagini di «Playboy». E potremmo continuare, col «soprannaturale tetro» del Mongitore e della cultura siciliana del tempo: che era poi la folle dimensione che le «naturali esperienze» trovavano in Sicilia. Non a caso quella cultura, cosi intenta ai mostri e ai prodigi, strenuamente propugnava il privile-gio feudale: quasi che alla somma di eccezionalitá riscontrate «ne' viventi razionali, negli animali e nel cielo siciliano» dovesse corrisponde-re l'inamovibile eccezionalitá del privilegio di classe. E da queste sugge- piú informazioni < > Ú MlolEbookReader Modifica S? i g <ŠS M ^ > > <3> 4> 84% (■]' Q ABC esteso vlar 11:20 Q. O ;s • o • MlolEbookReader - Cruciverba O ■ p 05 stioni ideologiche ed estetiche sorse la villa dei Palagonia: delirio ultimo delľanarchia feudale e insieme presentimento, premonizione. II principe Ferdinando Francesco giuniore muore nel 1789. Lascia una figlia che a dodici anni va sposa allo zio Salvátore Gravina Cottone, di sessanťanni, fratellastro di don Ferdinando. La série dei mostri non ě finita. In quello stesso anno il marchese de Sade viene trasferito dalla Bastiglia a Charenton. Quando la Bastiglia cade sotto gli assalti del po-polo di Parigi, il marchese non ě tra i pochi prigionieri che vengono libe-rati. Quando riacquista la liberta, la rivoluzione gli sembra una faccen-da da trivio. II principe di Palagonia sarebbe stato ďaccordo. piů informazioni < >