■ archive.org II Gattopardo : Tomasi di Lampedusa, Giuseppe : Free Download, Borrow, and Streaming : Internet Archiv Borrow ends at 1:41 PM O Luglio 1883 Don Fabrizio quella sensazione la conosceva da sempře. Erano decenni che sentiva come il fluido vitale, la facoltá di esistere, la vita insomma, e forse anche la volontá di conti-nuare a vivere andassero uscendo da lui lentamente ma con-tinuamente come i granellini che si affollano e sfilano ad uno ad uno, senza fretta e senza soste, dinanzi alio stretto orifizio di un orologio a sabbia. In alcuni momenti d'inten-sa attivitá, di grande attenzione questo sentimento di conti-nuo abbandono scompariva per ripresentarsi impassibile alia piu breve occasione di silenzio o d'introspezione, come un ronzio continuo all'orecchio, come il battito di una pen-dola s'impongono quando tutto il resto tace; e ci rendono sicuri, allora, che essi sono sempře stati li vigili anche quando non li udivamo. In tutti gli altri momenti gli bastava sempře un minimo di attenzione per awertire il fruscio dei granelli di sabbia che sgusciavano via Levi, degli attimi di tempo che evadevano dalla sua vita e lo lasciavano per sempře; la sensazione del resto non era, prima, legata ad alcun malessere, anzi questa impercettibtle perdita di vitalita era la prova, la condizione per cosi dire, della sensazione di vita; e per lui, awezzo a scrutare spazi esteriori illimitati, a indagare vastissimi abissi interiori essa non era per nulla sgradevole: era quella di un continuo, minutissimo sgretolamento della personalita con-giunto pero al presagio vago del riedificarsi altrove di una ■ 2)5 ■ archive.org [ill II Gattopardo : Tomasi di Lampedusa, Giuseppe : Free Download, Borrow, and Streaming : Internet Archive Borrow ends at 1:41 PM 0 individualita (grazie a Dio) meno cosciente ma piú larga: quei granellini di sabbia non andavano perduti, scompariva-no si ma si accumulavano chissa dove per cementare una mole piú duratura. Mole pero, aveva ritlettuto, non era la parola esatta, pesante comera; e granelli di sabbia, ďaltron-de, neppure: erano piú come delle particelle di vapor ac-queo che esalassero da uno stagno costretto, per andar su nel cielo a formare le grandi nubi leggere e libere. Talvolta si sorprendeva che il serbatoio vitale potesse ancora contenere qualcosa dopo tanti anni di perdite. "Neppure se fosse grande come una piramide." Tal altra volta, piú spesso, si era inorgoglito di esser quasi solo ad awertire questa fuga conti-nua mentre attorno a lui nessuno sembrava sentire lo stessc; e ne aveva tratto motivo di disprezzo per gli altri, come il soldato anziano disprezza il coscritto che si illude che le pal-lottole ronzanti intotno siano dei mosconi innocui. Queste sono cose che, non si sa poi perché, non si confessano; si la-scia che gli altri le intuiscano e nessuno intorno a lui le aveva intuite ni.li. nessuna delle fíglie che sognavano un oltretom-ba identico a questa vita, completo di magistratura, cuochi, conventi e orologiai, di umo; non Stella che divorata dalla cancrena del diabete si era pure aggrappata meschinamente a questa esistenza di pene. Forse solo Tancredi per un attimo aveva compreso quando gli aveva detto con la sua ritrosa ironia: "Tu, zione, corteggi la mořte." Adesso il corteggia-mento era tmu. > la bella aveva detto il suo si, la fuga decisa, lo scompartimento nel třeno, ríservato. Perché adesso la faccenda era differente, del tutto diver-sa. Seduto su una poltrona, le gambe lunghissime awolte in una coperta, sul balcone dcll'albergo Trinacria, sentiva che la vita usciva da lui a larghe ondáte incalzanti, con un frago-re spirituále paragonabile a quello della cascata del Reno. Era il mezzogiorno di un Lunedi di fine Luglio, ed il mare di Palermo compatto, oleoso, inene, si stendeva di fronte a lui, inverosimilmente immobile ed appiattito come un cane che si sforzasse di rendersi invisibile alle minacce del padrone; ma il sole immoto e perpendicolare stava li sopra piantato a gambe larghe e lo frustava senza pieta. II silenzio era assolu-to. Sotto l'altissima luce Don Fabrizio non udiva altro suono che quello interiore della vita che erompeva via da lui. Era arrivato la mattina da Napoli, poche ore fa; vi si era recato per consultare il professore Semmola. Accompagnato dalla quarantenne figlia Concetta, dal nipote Fabrizietto, aveva compiuto un viaggio lugubre, lento come una cerimo-nia funebre. II tramestio del porto alia partenza e quello del-l'arrivo a Napoli, l'odore acre della cabina, il vocio incessan-te di iii.I'll.i citta paranoica lo avevano esasperato, di quella esasperazione querula dei debolissimi che li stanca e li pro-stra, che suscita l'esasperazione opposta dei buoni cristiani che hanno molti anni di vita nellc bisacce. Aveva preteso di ritornare per via di terra: decisione improwida che il medico aveva cercato di combattere; ma lui aveva insistito e cosi imponente era ancora l'ombra del suo prestigio che la aveva spuntata; col risultato di dover poi rimanere trentasei ore rintanato in una scatola rovente, soffocato dal fumo delle gallerie che si ripetevano come sogni febbrili, accecato dal sole nei tratti scoperti, espliciti come tristi realta, umiliato dai cento bassi servizi che aveva dovuto richiedere al nipote spaurito; si attraversavano paesaggi malefici, giogaie male-dette, pianure malariche e torpide; quei paesaggi calabresi e basilischi che a lui sembravano barbarici mentre di fatto era-no tali e quali quelli siciliani. La linea ferroviaria non era ancora compiuta: nel suo ultimo tratto vicino a Reggio faceva una larga svolta per Metaponto attraverso paesaggi lunari che per scherno portavano i nomi atletici e voluttuosi di Crotone e di Sibari. A Messina poi, dopo il mendace sorriso dello Stretto, sbugiardato subito dalle riarse colline pelorita-ne, di nuovo una svolta, lunga come una crudele mora pro-cedurale; si era discesi a Catania, ci si era arrampicati verso Castrogiovanm; la locomotiva che annaspava su per i pendii favolosi sembrava dovesse crepare come un cavallo sforzato; e, dopo una discesa fragorosa, si era giunti a Palermo. All'ar-rivo le solite maschere dei familiari con il dipinto sorriso di compiacimento per il buon esito del viaggio. Fu anzi dal sor- 236 257