>vkc:,,nt() tj bench. «We del vte (<> sott<> la nor-,ra«\delliana. °- Ecco per. íhe Sciaramé >P*rgli le de- 0 una traspa-^ne del realizme il signi-ramé diventa cose e piano ia profonditä vello, per co-ito. Ma pro-a pietosa, la r to, gli rende rano diretta-e. Per Piran-s cose. Ogni tore: e come ni norae pup etto ai nomi-io. Tra piano juaggio stabi-alle cose am- 1 parola umo-■o ambigui^-I'irrappresen-:ritica del lin-sue Bcciones stesso perso . un venerate í del suo sV*. e language iulio Cesare- LE FORME DEL RACCONTO i i Shakespeare e il teatro) forniranno la sceneggiatura di una messa a morte e ne modelleranno il senso. Le res gestae imi-teranno la historia verum gestarum. Ancora una volta: da una parte l'ambigua veritä del personaggio, dall'altra il suo senso. La finzione di Borges presenta omologie singolari con la novella di Pirandello. Borges appartiene invero alia letter atura del sospetto. E Pirandello e nel nostro secolo tra gli scrittori che l'hanno inaugurata. Immaginiamo adesso uno Sciarame che non fosse l'umi-le figura che e, ma mostrasse due anime incompatibili, due caratteri affatto opposti. Avremmo allora uno schema del-la novella di Palazzeschi. E saremmo passati alia poetica dei «buffi». Ma neppure questa volta saremmo lontani dal modello pirandelliano. Nella Premessa all'edizione monda-doriana di Tutte le novelle (1957), Palazzeschi ci da la se-guente definizione dei «buffi»: «Buffi - egli scrive - sono tutti coloro che per qualche caratteristica, naturale diver-genza e di varia natura, si dibattono in un disagio fra le generale comunitä umana; disagio che assume ad un tempo aspetti di accesa comicitä e di cupa tristezza; ragione per cui questo libro forma una commedia tragicomica nella quale "i buffi" vengono portati alia sbarra»4. Insisterei sull'ul-timo punto della definizione palazzeschiana: «"i buffi" vengono portati alia sbarra». II buffo ha una caratteristica che lo separa e isola dagli altri; e ne soff re. II suo prototi-po e il gobbo delPomonima novella del 1912 che vorrebbe far dimenticare la sua gobba, invece di esibirla allegra-mente. La sua sofferenza e una sofferenza non necessaria, non giustificata, una sofferenza per nulla. Per questo egli e un buffo. E l'autore lo punisce narrativamente. Nella novella di Palazzeschi c'e il personaggio che, come nel Re hello, rivendica il diritto della propria singolaritä, e che quin-di trasforma una condizione di disagio in una condizione di libertä. Questo personaggio e fönte di giovialitä, non di riso. E c'e il personaggio che fallisce nel tentativo di confondersi nella «generale comunitä umana». E il personaggio che neppure sospetta che i valori dominanti possa- 4 a. palazzeschi, Tutte le novelle, a cura di L. De Maria, prefazione di G. Ferrata, Mondadori, Milano 1975, P- 905. 12 I .A I'KOSA ITAI.IANA bl.l. Ní )VVci,k„. •'■''NKi |j no esscrc inlondati. I'', la sua «cupa tristC28t» .i ft CSndedj micitä. Buffa non c la sua soffercnza - chc anzi ottiene la C° patia dell'autore -, ma la sua cecitä, il suo non veder oltrc "ľ orizzonti consueti, la sua venerazione per il senso comunc^' La novella di Palazzeschi - del tardo Palazzeschi - Cui alludcvamo ě L 'amico Galletti, che apre // buffo integrále la raccolta del 1966. Due tipi tradizionali di personaggio comico sono il personaggio malinconico, afflitto da tutti i mali, e il personaggio gioioso, che ride di tutto e niente puô dcprimere. Palazzeschi giä nelľopera giovanile - ricordia-mo La piramide - si era divertito a contrapporli. Nella novella del Buffo integrále i due tipi vengono introdotti da due narratori. Sono due viaggiatori - Pulcinelli e Capponcini - che sul treno Roma-Milano ingannano il tempo raccon-tandosi delle storie. Ognuno dei due racconta un caso esemplare. Pulcinelli racconta la storia triste di un amico che sta a Firenze e conduce una vita dolorosissima, al limite del suicidio. Lo aveva appena lasciato piú disperato che mai, tanto da fare temere della sua vita. Capponcini racconta di un caro amico, imperturbabilmente allegro e vitale, che di ritorno da Milano avrebbe avuto il piacere di rivedere. Anch'egli naturalmente ě fiorentino. La trovata di Palazzeschi ě infatti che ľ amico dei due viaggiatori non solo vive a Firenze, ma fa lo stesso mestiere, porta lo stes-so nome - Galletti r, abita nella stessa strada, e alio stesso numero civico. E insomma la stessa persona. A questa rivelazione i due viaggiatori non possono che restare con-fusi e interdetti. Siamo quindi di fronte a una storia di ml" stificazione. C'e un equivoco da chiarire. Ed anche qui11 problema ě qual ě la vera identita del personaggio. Dello stesso personaggio vengono fornite due version1 retoriche. Palazzeschi costruisce non dei personaggi- ma delle finzioni, degli exempla ficta, delle iperboli di pers?' naggio. Dalla narrazione ě esclusa ogni pretesa di veritain senso naturalistico. L'istinto del gioco e della mistifica^0' ne prende il posto della veritä della rappresentazione. 1 lazzeschi - secondo una sua tipica maniera - si diverte giocare al rincaro: una volta scelta una figura retoric^ l'iperbole, la sua scommessa narrativa e sfruttarne tutte risorse, sfidare ogni vero, costruire dei pezzi di bravura r<- i.i; i'okmh oki. kaí:í:onto '3 torica. Invece che rendere credibile Ia storia, presentando personaggi nel quadro di una configurazione normale, di una strategia di persuasione, egli punta sull'esagerazione, sull'eccczione, sul caso fantastico. Mobilita la retorica con-tro il reale, la «menzogna» della letteratura contro la veritä. C'e un'istanza realistica. E questa e rappresentata dai due viaggiatori che si scambiano un racconto «vero». Ma la novella ha carattere metanarrativo. Palazzeschi ci da non ^ una storia, ma la comunicazione di una storia, il racconto di un racconto. Non ha importanza l'oggetto della storia, ma quello che accade sull'asse della comunicazione: per esempio la sorpresa che coglie i due viaggiatori alla fine dei loro racconti. La storia dell'amico Galletti e presentata secondo stereotipi comici, in maniera cioe aproblematica, proprio perche la novella riguarda i due viaggiatori: il loro modo di raccontare storie. II lettore si chiederä allora quäle gioco inventerä l'autore, dove miri, qual sia la sua posta narrativa. Palazzeschi fa in modo che, nello stesso giorno e nelle Stesse ore, Capponcini e Pulcinelli, impazienti di scoprire la veritä, s'incontrino con l'amico Galletti, il quäle, per parte sua, impedisce che i due s'incontrino tra loro. Lascia che Capponcini lo aspetti e va a passare la giornata in al-legria con Pulcinelli. A Capponcini che intanto si sarä ad-dormentato dirä poi di avere passato sette ore sul Ponte Vecchio meditando di gettarsi in Arno, senza avere il co-raggio di farlo. La seconda sorpresa della novella e infatti che l'amico Galletti inverte le parti dei gioco. Si mostra triste con chi lo aspettava allegro, e oltremodo allegro con chi lo aspettava triste. Pulcinelli e Capponcini hanno pre-so sul serio i propri racconti. Per loro la parola e vera o falsa. Le cose stanno in un modo o in un altro. E la beffa dell'autore si replica nella beffa dei personaggio. La veritä di Galletti si rivela cosf essere metaforica. Galletti e il dop-pio dell'autore, la proiezione dell'autore nella novella, il commediante che ne porta agli estremi il gioco. Tutta la novella e quindi una parodia dei senso comune. II riso col-pisce il pregiudizio di un senso univoco delle cose di an il racconto e il detentore. Nell'ultima parte della novella, 1 due viaggiatori, secondo la promessa che si erano scam- 14 raosA ITA LIANA DEL NOVECörr biata, si chiamano per tclcfono per trarrc lc loro c l lk forme del racconto lioni. Sarebbe questo il momcnto delPilluminazionJ M daH'illuminazione sono esclusi «i buffi ». Alia fine dfII a avremo percto un opposizionc tra 1 due viaggiatori I! Pulcinelli infatti mostra di avcre capito il gioco e intcrca la nel discorso la tipica risata palazzcschiana («Ahl Ah' Ah! Ah!»). Ladiscesadal scrio al comico lo haguaritodal la scrietä. Viccvcrsa il Capponcini dal comico é passatoal ücrio ed e sorpreso cd irritato dal riso che gli giunge dall'al-iro capo del telefono. Ixggcrczza o apertura alle cose e se-rietäo chiusura alle cose formano l'opposizione ultima delta novella. Alia fine resta qualcuno - il buffo appunto - che pcrsiste nel suo accccamcnto. 11 prcgiudizio di realtä per qualcuno si rivela piú forte. Ed č lui che c mostrato, esibi-to, offerto al divertimento del lettore. 11 naturalismo smaschcra le cose per darcele nella loro nudita. Le libera dagli schemi convenzionali e lettcrari, per rivelarnc il peso di realtä. II naturalismo č antiletterario. Palazzeschi irride questo procedimcnto. Con i nomi, con i tópoi, con le maschcre egli gioca. L'invenzione fantastica di un caso comico gli serve per togliere fondamcnto al reale. Ma qual é il senso del suo gioco? Per Palazzeschi non e'e evidenza che non possa essere dissolta. I casi del mon-do calamitosi o ridenti non sono sostanziali. Il teatro non e piú la metafora della realtä: ě la sua struttura. Palazzeschi c'insegna che bisogna saper cambiare parte, vivere I comrari. mantenere una continua mobilita. Al posto del vensimile pone il possibile. Che le cose assumano questao quella determinazione non ě piú necessario. Ě il possible che cenunda U reale e da ad osni fenoméne il carattere * maschera. E questo non depone contro la veritä del mon-do, anziTesalta. La categoria della possibÜitä ha un pn-mato sulla categoria della realtä. La scienza non ě mode"0 per lakrtterarura. La noveUa del resto contiene il prop"0 eommentano che ě poi una singolarissima condanna áf* cunoutts moderna. Un antico topos del pensiero filosof pS^JlPaWschi trovando una nuova application* 1 ^f^.coritrappone il sapere del mondo esterno - * ^ZaiíSirf112^ runico citato oggi, c che p«J n-iax, ««« ternbümente rovinoso, a un sapere inascol- 15 tato, ehe é dei poeti e ehe riguarda ľuomo. AJľinizio della novella leggiamo infatti: Esistono, a loro totale insaputa Íra gJi uomini, dei légami ignoti di cui s'intcressano i poeti e non gli scienziati i quali es-sendo capaci di avvicinare due continent), e magari di ereare uno scherzo per poterli distruggere insieme in un colpo, non vi saprebbcro dire come e perché due uomini si awicinino, di quale nátura siano lc forze ehe li fanno avvicinare e li tengono legáti in quel momcnto, tanto chc noi [...] poco o nulla cono-sciamo di quclľatomo chc si chiama uomo e per cui rimane nella sua zona essenziale sconosciuto non solo agli altri ma bensi a se stcsso e, gencralmente, per il pochissimo ehe ne sappiamo, in gran parte falsato [...J. H dire che gli scienziati sarebbero i soli a potergli recare lumi e conforto, un prowidenziale giova-mento, giacehé alle loro fantasie tutti prestano orecchio e fan-no credito, mentre le scoperte dei poeti lasciano il tempo che trovano ritenendole fantasticherie da fiaba o sogno [...]'. C'é dunque un sapere di mondi prevedibili e dominabili, e un sapere di mondi imprevedibili e aperti. Ed é appunto delle realtä date, degli schemi prevedibili, della riduzione dei mondi possibili ai mondi reali che Palazzeschi si fa bef- fe nella novella. Riassumiamo. La novella presenta una mistificazione di primo grado che consiste nel prendere il racconto come il rispecchiamento della veritä; e una contromistificazione che consiste nello smontare i significati del racconto, mo-strandoli come secondi, metaforici, teatrali. Chi gioca tra i due livelli é i] Galletti. E con il Galletti Palazzeschi in-venta una figura metanarrativa, una figúra di artista e acro-bata che aborrisce «le facili e bene lubrificate rotaie della vita comune, della deprecabile quanto diffusa e compia-ciuta mediocritä»'. L'amico Galletti é «uomo di ascesa continua, audace e sicuro, violentemente sicuro e impegnati-vo»7. E cosí, per esempio, nel momento in cui «la tristez- —la loro suorema za e possibÜitä, d'ora in avanti avrebbe dovuto contentarsi di ' Ibid., pp. 787-88. ' Ibid., p. 798. 'Ibid ^^^^ ^ la prosa itali an a del NOVECENTO ü una quota sempře piú in basso»8, rovescia il suo atteggia mento passando all'altro estremo. Profondamente reali so no sia la sua gioia sia il suo dolore, ma egli non ha la pro. pria verita nella gioia e nel dolore, bensí nella propria tra-scendenza, nella propria ulterioritä rispetto alia realtä di gioia e dolore. La posta della novella inoltre ě un atto di ri-conoscimento che non tanto riguarda 1'oggetto della rap-presentazione, quanto i modi della rappresentazione. I suoi attanti sono inřatti destinatori e destinatari di una parola. E anche il comportamento del Galletti ě una parola che qualcuno intende, e qualche altro non intende. Potremmo percio parlare di agnizione metanarrativa. Palazzeschi in-fine assegna alia poesia - a quella stravaganza che ě nella sua poetka la poesia - una posizione insieme di margina-litä e di liberta: non la capacitä di trasformare il senso co-mune - che ě un termine dialettico permanente -, ma la capacitä di provocare funambolicamente e mantener vivo 1'altro senso delle cose. E tuttavia ci sono i fatti. C'ě la presenza dei fatti. II senso comune ě appunto un termine dialettico permanente. Che l'esperienza sia costituita da abitudini, coazioni che la irrigidiscono, la rendono prevedibile, le dänno la forma di un destino, appartiene alia sua stessa struttura. Non ě qual-cosa di inessenziale. Ci sono le cose separate dalle loro p°s-sibilitä. E il disagio e l'infelicitä che ne consegue ě un oscu-ro senso di umiliazione cui non si da importanza e che si accetta come un dato della propria condizione. Gli scrit-tori umoristi disgregano le gravi superfici del reale. Alt» scrittori le sottolineano. E volendo parlare di questi ulti-mi, lo scrittore che dobbiamo prendere in considerazione, come antesignano di una poetka alternativa, ě Moravia. Dobbiamo infattiosservare che il titolodel suo primoe ce-lebrato romanzo contiene un programma di poetka. All'in' differenza corrisponde un atteggiamento descrittivo che diffida di tutto ciö che non sia tangibile e rappresentabik in termini di comportamento. Moravia conduce perciö una satira implicita dei mondi possibili del personaggio. H »' • Ibid le forme del racconto 17 vello di veritä del personaggio moraviano e dato dalle sue manifestazioni. La realtä lo conforma e gli impone la sua necessitä. Irrassegnazione e rivolta gli sono estranei o re-stano allo stato di abbozzo. Sono movimenti che non per-mettono al personaggio di identificarsi interamente con quello che fa, ma non interferiscono con il corso della sua azio-ne. Essi appunto si capovolgono in indifferenza. L'indiffe-renza e la distanza negativa del personaggio da se stesso. II racconto di Moravia che ci servirä a titolo di esem-plifkazione e L'ufficiale inglese del 1946. Una donna - la guerra non e ancora finita - si prostituisce con i militari al-leati senza averne strettamente bisogno. Si prostituisce per amore del «superfluo». Vuole comprarsi una sciarpa di se-ta. E ferma davanti alla vetrina dove e esposta la sciarpa di seta, e lascia che una macchina militare con l'ufficiale inglese a bordo la oltrepassi. La donna appare esitante. E irritata con se stessa («Se faceva quel mestiere, ormai, per-che non si decideva a smetterla una buona volta con le biz-ze e i soprassalti della dignitä?»'), ma non vuole rassomi-gliare «alle orribili ragazze che si vedevano per strada a braccetto coi soldati»10. Cosf prende una risoluzione: «Le venne un'improvvisa volontä, che le parve definitiva e fer-missima, di non lasciarsi piü indurre in tentazione dagli in-contri casuali»11. Senonche si accorge che la macchina si e fermata, e che l'ufficiale e deciso a seguirla. «Mi ha spet-tato, mi comprerö la sciarpa»12, e la conclusione di questa prima sequenza. E secondo questa struttura di esitazione / esitazione superata e costruito tutto il racconto. Quando alla fine i due si debbono separare, si ripete la stessa esitazione: farsi o non farsi pagare ? E il momento decisivo del racconto, perche la scelta dell'una o dell'altra alternativa ne determinerä il senso. Se la donna si fa pagare sarä un incontro mercenario; se non si fa pagare sarä un incontro sentimentale. Ma come all'inizio del racconto la donna era ' Cfr. a. moravia, I racconti (l9*7**93*)> Bompiani, Mikno 1983, H, p. 564. "Ibid., p. 565. " Ibid. " Ibid.