Testi poetici 375 ,70 avesse voluto usare in modo puro, isolato, assoluto, neppure la poesia pre-grammaticale. Inoltre, se Pa-scoli usa elementi sprowisti di sémantická, come sa-rebbero interiezioni, le quali non contengono una no-zione, ďaltra parte gli accade pure, alľinterno di que- 175 sta sua innovazione, di simulare, se cosi ě permesso dire, un uso semantico delľinteriezione o delľonoma-topea. [...] 10. Testi poetici 10.1. Palazzeschi: «Chi sono?» Ě significativamente ad aprire, quasi exergo, le varie sillogi delle proprie poesie procurate da Palazzeschi (ad esclusione della prima del 13), cosi come apriva la raccolta da cui pro-viene e terza del poeta, i Poemi del 1909. II titolo in sostanza fa parte - modernamente - del těsto (cfr., piú ehe il v. [1] che lo specifica, il [20] che lo riprende in conclusione). Com e noto, la dichiarazione del proprio non essere poeti, ma qualcosa di diverso e minore, ě un luogo comune dei crepuscolari: bašti qui rimandare al reiterato (con variazioni) «Io non sono un poeta» della Desolazione del pověro poeta sentimentale di Co-razzini, legato a Palazzeschi da amicizia. Ma la novita di que-sťultimo non sta tanto nelľestendere quasi teorematicamente la negazione a pittura e musica, quanto nel dirsi non pověro ian-ciullo e cosi via ma saltimbanco, quindi nel volgere la negazione della poesia tradizionale, perché di questo si tratta, mat pani del circo, nel contrapporre al poeta il saltimbanco, » » gnificativa consonanza coi varii Picasso, Stravinskij ecc,s accennando quel passaggio daUa contemplazione ttonita bambinesca al moto sghignazzante del grottesco che eja^co anche della sua poesia dopo le prime raccolte, a cominciar aPMtoindcoS, ľattacco di C^?J^^T^ Per rovesciarlo il celebre passo dell ana cli £ ^ up della Bohéme di Puccini-Illica-Giacosa, <<(^n di poeta. Poeta», quintessenza delľidea borghese-ott . negeHtet . Qualche osservazione nel dettaglio. U v. U J v x ^ ora la caratteristica parola-chiave palazzescniana ' .saltimbanco, Pero sadica introspettrice del «cuore» dei F 376 Antologii dt testi rosí come ě masochistico il gesto di costui di fornirle la leňte ner suardarlo dentro, ridotto a un vuoto, clownesco altro-da-sé; si noti a questo proposito che 1'immagine dellaleňte ě anche in Govoni, da cui in Montale, ma li in tunzione di una poesia del vedere, o degli oggetti. Come spessissimo in Palazzeschi la struttura testuale ě dominata dal parallelismo o simili. Qui Ü procedimento ě vistosissimo, con rispondenze "narrative" fra ogni elemento delle botte e risposte^ o del microschema, fino alla variazione dei w. [16 ssj. Da ciö, importante per il senso, 1'anafora "semantica" dei varii elementi esprimenti negazione, No, Non, Neanche, Non, Nemmeno, Non, w. [2, 3] ecc, cui aggiungono risonanza i due son dei w. [1] e [6] (piú il sono del titolo e del v. [20]), nonché, piú sottilmente, i no- di «nota» e «nostalgia», w. [13] e [15]. Interessante ě anche che prima di pronunciare parole tipicamente crepuscolari come «malinconia» e «nostalgia», Palazzeschi parta col piede del crudo-grottesco «follia», parola, se non giä da «incendiario», certo da saltimbanco, sieche anche da questo lato il těsto ě apparentemente progressivo, in realta circolare. Insomma ě come se Palazzeschi "presupponesse" che la follia non puo es-sere dei poeti, ma proprio negando lo affermasse, e questa ě una delle sue novitä rispetto ai crepuscolari, e la sua apertura al temibile grottesco. Stilisticamente, notevoli ancora (e ancora parallelistiche) le metafoře di tipo preposizionale, simbolistico, ai w. [4, 9, 14, 21], con epifora ricorrente «deH'anima mia». Viceversa ě bene di Palazzeschi la sprezzatura "parlata" del v. Liöj sia pure determinata anche dallo schema anaforico. ^ia sostenuta dal traliccio delle anafore ed epifore, la poesia h,ri!tSTa nrT\poÍ peró Pr°cede regolarmente con rime, anche ~n(w- C4-5^' [9-10], [14-15], in corrispondenza), al mas-Ta) InnlfSOnan2e ldlora con -ore e ďaltra parte con nota, circolatSe Ú * [2°] rÍprende ^ ^ ' ***** cesso di W, ■ r 11 tutto Plenta, in varie forme, un ec- la forma cleílTn^ nÍd che ben configura per via di ecolalia ai versi Si 3 r r^CCa un P°' inebetita e insensata. Quanto Prime raccolte Pal Menug*ldo 19802: 217-41) che nelle due metnca a niedi , azzescmnlavora quasi esclusivamente con una trisillabico atona tSata riPetizione esclusiva del segmento tre in su (la celeb1103 at0na' pCr quanti versi non imPorta' dal c°me lo scheletro Trima Fontana malata, tutta a trisillabi, e ai questo sistema). Nelle raccolte successive TaU ponič 377 la tecnica trisillabica viene castigata o resta stw, I pero: fra trisillabi, senari (dominant^ ZlZ, at,,ca-.N™ ^ labo (v. [31: dialefe cbfuna) sono di tal fa«a ,7 Z col titolo che detta dunque il ritmo okre"he il T 18 eccezione un quadrisillabo, v. [15], un quinario, v.'uoj eTre endecaMlab, ,n vers, s.mdan, [9, 14, 21]. E appena ilcasod dire che il s.stema appena un po' meno di dove totalitTrin contnbmsce alia tonalita di stupefatta cantilena, fortemen e rat.va, del testo. E dunque sintassi semplificata, parallelVmi" nme e monotonia ntmica cospirano alio stesso effetto. FirenF:mValtthU94T?VPOCW °0WW* °Uima ***** Rinvii interni: cap. X, 1. Chi sono? Son forse un poeta? No, certo. Non scrive che una parola, ben strana, la penna dell'anima mia: «follia». Son dunque un pittore? Neanche. Non ha che un colore la tavolozza delFanima mia: «malinconia». Un musico1, allora? Nemmeno. Non c'ě che una nota nella tastiera dell'anima mia: «nostalgia». Son dunque... che cosa? Io metto una leňte davanti al mio cuore per farlo vedere alla gente. 11 a forma comune, an ' muško: oggi diremmo musiasta, ma >™"C0J™ I^jto dalle scritture ^ senza pensare a D'Annunzio, e non e ancora spa eVate dei piu anziani.